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Sommario del 24/06/2011
◊ Le rivolte nei Paesi arabi e la difficile condizione dei cristiani nella Terra Santa sono stati i temi portanti del discorso rivolto, stamani, da Benedetto XVI ai membri della Roaco, la Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali, ricevuti in udienza in Vaticano al termine della loro assemblea. Nel suo intervento in più lingue, il Pontefice ha auspicato pace ed armonia per i popoli del Medio Oriente, ribadendo che i cristiani di quella regione hanno il diritto di vivere come “concittadini” e non come “stranieri”. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Nel suo discorso alla Roaco, Benedetto XVI ha innanzitutto voluto esprimere la sua vicinanza ai cristiani della Terra Santa e della più ampia regione mediorientale, particolarmente provati:
“Je vous demande de faire tout votre possible…”
“Vi chiedo di fare tutto il possibile – ha esortato il Papa – interessando anche le autorità pubbliche con le quali avete contatti a livello internazionale”, affinché nella regione in cui sono nati, “i pastori e i fedeli in Cristo possano dimorare non come ‘stranieri’, ma come ‘concittadini’ che testimoniano Gesù Cristo come hanno fatto, prima di loro, i santi del passato anch’essi figli delle Chiese orientali”. Il Medio Oriente, ha soggiunto, è “a giusto titolo la loro patria”. E’ lì, ha detto, che “sono chiamati ancora oggi a promuovere, senza fare distinzioni, il bene di tutti, attraverso la loro fede”.
“Une égale dignité et un réelle liberté…”
“Un’uguale dignità – ha avvertito – e un’uguale libertà devono essere riconosciute a tutte le persone che professano la fede” cristiana, permettendo così “una collaborazione ecumenica e interreligiosa più fruttuosa”. Parlando in tedesco, il Papa non ha poi mancato di ricordare, come segno delle sofferenze patite dai cristiani orientali, il terribile attacco terroristico alla cattedrale siro-cattolica di Baghdad lo scorso ottobre, pochi giorni dopo il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Il Papa ha nuovamente condannato l’insensatezza di quell’atto di violenza, ricordando al contempo la fecondità del sangue dei martiri. Quindi, parlando in inglese, ha rivolto il pensiero alla cosiddetta “primavera araba” nel Nord Africa e nel Medio Oriente:
“The Pope wishes to express his closeness…”
“Desidero – ha sottolineato il Papa – esprimere la mia vicinanza” a coloro che soffrono e a quanti “stanno disperatamente cercando di fuggire, aumentando così il flusso di immigrazione che spesso rimane senza speranza”. Il Papa ha così esortato a fornire la necessaria assistenza ed ha chiesto che “ogni forma possibile di mediazione sia esplorata, così che la violenza possa cessare e l’armonia sociale e la coesistenza pacifica possano essere ristabilite, nel rispetto dei diritti dei singoli come delle comunità”. Il Papa ha rilevato, inoltre, che oggi l’intera comunità cattolica cammina “sulle vie non facili della storia, tra grandi povertà spirituali e materiali del mondo per offrire la carità di Cristo e della Chiesa”:
“La carità 'non avrà mai fine', dice l’Apostolo Paolo, ed è capace di cambiare i cuori e il mondo con la forza di Dio, seminando e risvegliando ovunque la solidarietà, la comunione e la pace. Sono doni affidati alle nostre fragili mani, ma il loro sviluppo è sicuro, perché la potenza di Dio opera proprio nella debolezza, se sappiamo aprirci alla sua azione, se siamo veri discepoli che cercano di esserGli fedeli”
Il Papa ha quindi concluso il suo discorso ricordando che si avvicina la solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Evento che, quest’anno, coincide con una felice ricorrenza:
“In quel giorno renderò grazie al Buon Pastore nel 60.mo anniversario della mia Ordinazione sacerdotale. Sono molto riconoscente per la preghiera e l’augurio, di cui mi fate gradito dono. Vi chiedo di condividere la mia supplica al 'Padrone della messe' perché conceda alla Chiesa e al mondo numerosi e ardenti operai del Vangelo”.
Altre udienze, rinunce e nomine
◊ Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. Nel pomeriggio, alle 18, è prevista l’udienza all’arcivescovo Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.
In Italia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, presentata da mons. Francesco Marinelli per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato a succedergli mons. Giovanni Tani, finora rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore. Nato nel 1947, a Sogliano al Rubicone nella diocesi di Rimini, mons. Tani è stato ordinato sacerdote nel 1973, e nominato rettore del Seminario Romano nel 2003. E’ cappellano di Sua Santità dal 1992.
Il nuovo rettore del Pontificio Seminario Romano maggiore è don Concetto Occhipinti, 46 anni di origine siciliana, parroco di Santa Galla a Circonvallazione Ostiense. Ne dà notizia l'ufficio comunicazioni sociali del Vicariato di Roma.
In Francia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Le Havre, presentata per sopraggiunti limiti d’età da mons. Michel Guyard. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Jean-Luc Brunin, finora vescovo di Ajaccio. Mons Brunin, 60 anni, ha compiuto gli studi secondari presso i Fratelli Maristi e ha proseguito gli studi superiori presso l’Università di Lille, ottenendo un diploma in Lettere. Ammesso al Seminario di Lille, ha iniziato il corso di studi presso la Facoltà di Teologia dell’Istituto Cattolico della medesima città, alla fine del quale ha ottenuto il dottorato in Teologia. Ordinato sacerdote, è stato vicario inserito nell’équipe sacerdotale della parrocchia di "Sainte Bernadette" di Roubaix e cappellano degli studenti delle scuole statali. In seguito è stato nominato coordinatore della Missione Operaia di Roubaix e docente di teologia al Seminario Interdiocesano di Lille, divenendone rettore. Vi è rimasto fino alla nomina di ausiliare della medesima diocesi, avvenuta nel 2000. È autore di varie pubblicazioni di carattere teologico-pastorale e di due libri: "Rencontre avec l’Islam" e "L’Eglise des Banlieues". È membro del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, ha fatto parte, fino a novembre 2010, del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale francese.
Il Pontefice ha nominato ordinario per gli Armeni cattolici dell’Europa Orientale l’arciprete Raphaël Minassian, dell’Istituto del Clero di Bzommar, finora esarca Patriarcale di Gerusalemme ed Amman per gli Armeni, assegnandogli la sede vescovile di Cesarea di Cappadocia degli Armeni, con il titolo di Arcivescovo ad personam. L’arciprete Raphaël Minassian è originario di Beirut 64 anni fa. Ha compiuto gli studi di Filosofia e di Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e poi ha frequentato il corso di specializzazione in psicopedagogia presso la Pontificia Università Salesiana. Ordinato sacerdote, come membro dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar, è stato parroco della cattedrale di "Sant’Elia a San Gregorio" di Beirut, segretario del Patriarca Hovannes Bedros XVIII Kasparian, e incaricato di fondare il complesso parrocchiale della Santa Croce di Zalka in Beirut. È stato giudice al Tribunale Ecclesiastico della Chiesa Armena a Beirut. Ha insegnato liturgia armena alla Pontificia Università di Kaslik, quindi è stato trasferito negli Stati Uniti d’America, dove ha lavorato per un anno come Parroco a New York. Successivamente, è stato parroco per gli Armeni Cattolici in California, Arizona e Nevada. Dal 2004 dirige Telepace Armenia, di cui è Fondatore. Nel 2005 è stato nominato Esarca Patriarcale di Gerusalemme ed Amman per gli Armeni.
◊ L’Eucaristia assimila l’uomo a Gesù e sulle orme di Cristo lo rende capace di farsi dono per gli altri, strumento per l’unità della famiglia umana. Così il Papa ieri, nell’omelia della Messa per la Solennità del Corpus Domini. Al termine della celebrazione, nella Basilica romana di San Giovanni in Laterano, il Santo Padre ha guidato la Processione Eucaristica lungo Via Merulana, fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, da dove ha impartito ai fedeli la Benedizione Eucaristica. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:
“Nell’Eucaristia avviene la trasformazione dei doni di questa terra – il pane e il vino – finalizzata a trasformare la nostra vita e ad inaugurare così la trasformazione del mondo”. Nella Solennità del Corpus Domini, il Papa invita a riflettere sul mistero di Cristo che nel dono di sé sulla Croce salva il mondo e mostra a ciascuno la via della redenzione. Un evento, quello del Calvario – spiega il Papa nell’omelia presso la Basilica di San Giovanni in Laterano – che Gesù anticipa e perpetua nell’istituzione dell’Eucaristia, in cui il pane spezzato e il vino versato si fanno corpo e sangue di Cristo, via di unione a lui e di salvezza:
“Tutto parte, si potrebbe dire, dal cuore di Cristo, che nell’Ultima Cena, alla vigilia della sua passione, ha ringraziato e lodato Dio e, così facendo, con la potenza del suo amore, ha trasformato il senso della morte alla quale andava incontro”.
Per amore – osserva Benedetto XVI – Cristo “accetta tutta la passione, con il suo travaglio e la sua violenza, fino alla morte di croce” e “accettandola in questo modo la trasforma in un atto di donazione”:
“Questa è la trasformazione di cui il mondo ha più bisogno, perché lo redime dall’interno, lo apre alle dimensioni del Regno dei cieli. Ma questo rinnovamento del mondo Dio vuole realizzarlo sempre attraverso la stessa via seguita da Cristo, quella via, anzi, che è Lui stesso”.
E’ per questo che Dio consegna al mondo il dono dell’Eucaristia, per offrire ad ogni uomo la possibilità della salvezza. Non ci sono scorciatoie infatti nel cristianesimo – evidenzia il Santo Padre – “tutto passa attraverso la logica umile e paziente del chicco di grano che si spezza per dare vita, la logica della fede che sposta le montagne con la forza mite di Dio”:
“Per questo Dio vuole continuare a rinnovare l’umanità, la storia ed il cosmo attraverso questa catena di trasformazioni, di cui l’Eucaristia è il sacramento. Mediante il pane e il vino consacrati, in cui è realmente presente il suo Corpo e Sangue, Cristo trasforma noi, assimilandoci a Lui: ci coinvolge nella sua opera di redenzione, rendendoci capaci, per la grazia dello Spirito Santo, di vivere secondo la sua stessa logica di donazione, come chicchi di grano uniti a Lui ed in Lui. Così si seminano e vanno maturando nei solchi della storia l’unità e la pace, che sono il fine a cui tendiamo, secondo il disegno di Dio”.
Per meglio comprendere la dinamica della comunione eucaristica, il Papa fa quindi riferimento ad un passo di sant’Agostino:
“Sant’Agostino ci aiuta a comprendere la dinamica della comunione eucaristica quando fa riferimento ad una sorta di visione che ebbe, nella quale Gesù gli disse: 'Io sono il cibo dei forti. Cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me'. Mentre dunque il cibo corporale viene assimilato dal nostro organismo e contribuisce al suo sostentamento, nel caso dell’Eucaristia si tratta di un Pane differente: non siamo noi ad assimilarlo, ma esso ci assimila a sé, così che diventiamo conformi a Gesù Cristo, membra del suo corpo, una cosa sola con Lui”.
Nella comunione eucaristica – continua il Santo Padre – Cristo “ci trasforma in Sé, la nostra individualità, in questo incontro, viene aperta, liberata dal suo egocentrismo e inserita nella Persona di Gesù (…). Così l’Eucaristia, mentre ci unisce a Cristo, ci apre anche agli altri, ci rende membra gli uni degli altri” al punto che “non siamo più divisi, ma una cosa sola in Lui”.
“Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; ed è attento ad ogni persona, si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità. Dal dono di amore di Cristo proviene pertanto la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società solidale, giusta, fraterna. Specialmente nel nostro tempo, in cui la globalizzazione ci rende sempre più dipendenti gli uni dagli altri, il cristianesimo può e deve far sì che questa unità non si costruisca senza Dio, cioè senza il vero Amore”.
Il Vangelo – rimarca Benedetto XVI - mira da sempre all’unità della famiglia umana (…) a partire dal senso di responsabilità gli uni verso gli altri, perché ci riconosciamo membra di uno stesso corpo, del corpo di Cristo, perché abbiamo imparato e impariamo costantemente dal Sacramento dell’Altare che la condivisione, l’amore è la via della vera giustizia”.
Domani a Lubecca la cerimonia di Beatificazione dei tre sacerdoti martiri del nazismo
◊ Si svolgerà domani mattina nella chiesa del Sacro Cuore della città, la cerimonia di Beatificazione dei Martiri di Lubecca: tre sacerdoti uccisi durante il nazismo. A concelebrare il rito, il presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il cardinale Walter Kasper, l’arcivescovo di Amburgo, Werner Thissen e il vescovo di Osnabrück, Franz-Josef Bode. In rappresentanza del Santo Padre, il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato. Il servizio di Roberta Barbi:
Furono decapitati uno dopo l’altro nel giro di pochi minuti in una fredda sera d’autunno, il 10 novembre del 1943, nel carcere di Holstenglacis ad Amburgo. Le loro colpe, come da sentenza del Tribunale del Popolo nazionalsocialista, erano “disfattismo, malizia, favoreggiamento del nemico e ascolto di trasmissioni ostili”. Johannes Prassek, Hermann Lange ed Eduard Müller erano solo tre sacerdoti tedeschi, cresciuti nella Parola di Dio e nell’adorazione dell’Eucaristia, che avevano in comune la cura pastorale dei fedeli e l’educazione dei giovani, l’assistenza agli ammalati e un amore per la vita così forte - come insegnava il loro modello, l’allora vescovo Clemens August von Galen - che li spinse a condannare con forza e senza appello l’ideologia nazista, che riteneva lecita la soppressione di vite definite “improduttive”. Per questo condivisero l’arresto e poi la morte, come racconta il cardinale Angelo Amato, al microfono di Roberto Piermarini:
“Erano consapevoli della gravità della loro situazione e nello stesso tempo erano convinti di dover difendere la Chiesa e la fede cattolica dalle prevaricazioni del regime. Il giorno dell’esecuzione ricevettero il conforto dei Sacramenti ed espressero il perdono per i loro uccisori. Solo il parroco di Behnen poté accompagnare ciascuno dei tre sacerdoti, divenendo così testimone dell’evento. E questo parroco racconta del nobile gesto di perdono dei tre sacerdoti verso i loro carnefici”.
Oggi i tre sacerdoti sono noti come i Martiri di Lubecca, città fortemente martirizzata durante la Seconda Guerra Mondiale, sulla quale venne sperimentata l’odiosa tecnica della “tempesta di fuoco” la notte tra il 28 e il 29 marzo 1942, in cui morirono 320 persone. Ai tre sacerdoti viene spesso affiancato il pastore protestante Karl Friedrich Stellbrink, che fu giustiziato assieme a loro: Papa Benedetto XVI, nel suo discorso al nuovo ambasciatore tedesco del 13 settembre 2010, ha definito i quattro ecclesiastici “luminose indicazioni” per i credenti; “uomini che insegnano a dare la propria vita per la fede, per il diritto a esercitare il proprio credo e per la libertà di parola, per la pace e per la dignità”. Il cardinale Amato spiega cosa può insegnare, oggi, il loro sacrificio:
“Il martirio di questi sacerdoti è di grande significato per i laici e i sacerdoti a non appiattirsi sull’agenda culturale laicista di oggi, ma a riproporre con coraggio e chiarezza la verità evangelica, soprattutto in fatto di etica familiare e sociale”.
Nella società di oggi, libera e democratica, verrebbe da chiedersi se ci sono ancora cristiani che si fanno garanti della propria fede. Ma di fronte al terrore nazista, come dimostra il numero dei Beati che risalgono a quel periodo, è stata fortissima la testimonianza dei credenti in difesa della Chiesa cattolica, che dai nazisti fu duramente perseguitata:
“È storicamente documentato l’odium fidei contro i cattolici e soprattutto contro quei sacerdoti coraggiosi che criticavano il regime. Bastava, del resto, essere sacerdote cattolico per rischiare l’arresto, il processo-farsa e l’uccisione. I tre cappellani di Lubecca rappresentavano una vera spina nel fianco del regime. Furono giustiziati perché nessuno di essi rinunciò alla propria fede e alla morale cattolica”.
Soltanto di uno dei tre sacerdoti le spoglie mortali furono restituite alla famiglia; gli altri due vennero cremati e le loro ceneri disperse nel vento. Di loro restarono i ricordi di chi li aveva conosciuti, come il compagno di cella di padre Müller, che scrisse: “Non dimenticherò mai il modo in cui mi dava il buongiorno ogni mattina, né come mi salutava la sera prima di dormire. Non dimenticherò mai i suoi occhi dolci”.
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza il capo del governo del Montenegro, Igor Lukšić, giunto in Vaticano per la firma dell’Accordo di Base che fissa il quadro giuridico dei rapporti tra il Paese balcanico e la Santa Sede. In particolare, spiega una nota della Sala Stampa Vaticana, l’Accordo “riguarda il riconoscimento della personalità giuridica pubblica della Chiesa cattolica e delle sue principali istituzioni nell’ambito della società civile e suggella le ottime relazioni tra la Santa Sede e il Montenegro, stabilitesi fin dall’inizio dell’indipendenza del Paese”. Il testo dell’Accordo – che entrerà in vigore con lo scambio degli strumenti di ratifica – riguarda nello specifico la libertà e indipendenza nell’attività apostolica della Chiesa nel Paese e la regolazione delle materie di competenza specifica, nonché la libertà di culto e di azione nei campi culturale, educativo, pastorale e caritativo. Il testo si sofferma anche sulla gestione dei Seminari, come anche l’assistenza spirituale alle Forze Armate, nelle prigioni e negli ospedali.
La firma sull’Accordo di base a nome della Santa Sede è stata posta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, mentre per il Montenegro è stato lo stesso capo dell'esecutivo del Paese, Igor Lukšić, a siglare il documento. Nel corso delle conversazioni fra loro intercorse, c’è stato – prosegue la nota della Sala Stampa – “un fruttuoso scambio di opinioni su alcuni temi di attualità internazionale, nella prospettiva dell’integrazione europea ed euro-atlantica, soffermandosi sull’impegno del governo montenegrino per promuovere la pace e l’equilibro fra le popolazioni e le confessioni religiose presenti nel Paese. Inoltre, è stata confermata la volontà di proseguire il dialogo costruttivo sui temi di interesse comune per la Chiesa e per lo Stato”.
Nel ricordare come nel 2006 la Santa Sede abbia riconosciuto il ritorno del Montenegro nella comunità Internazionale e quindi stabilito relazioni diplomatiche, il cardinale Bertone ha affermato nel suo discorso come, nei mesi scorsi, si sia “costatato con piacere il largo consenso politico” riguardo al documento. “La speranza – ha detto – è che ora si possa procedere presto alla discussione in parlamento e alla ratifica”. Il segretario di Stato ha voluto anche sottolineare come la Chiesa cattolica non ricerchi “privilegi, tantomeno a scapito delle altre confessioni”, ma intenda “semplicemente a definire il quadro giuridico dell’attività della Chiesa cattolica e dei suoi rapporti con l’Autorità civile, nel quadro del bene comune del Paese”. “E’ vivo desiderio della Sede Apostolica – ha concluso – che l’Accordo ispiri anche una rafforzata comprensione reciproca e una collaborazione ancora più fruttuosa tra le comunità religiose, per il bene del Paese in questa fase importante della sua storia”. (A cura di Alessandro De Carolis)
◊ È stata inaugurata in questi giorni la nuova “sala Matisse” ai Musei Vaticani, interamente dedicata all’unica produzione di arte sacra dell’artista francese, la Cappella del Rosario di Vance, in Provenza. Un’occasione per ribadire l’importanza riservata in ambito pontificio all’arte del Novecento. Michele Raviart ne ha parlato con il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani.
R. – Uno dei tesori più preziosi che esistono al mondo, la storia dell’arte del ‘900, è quell’insieme di disegni, oggetti e progetti che Henry Matisse, negli anni che vanno dagli ultimi ‘40 ai primi ’50, ha fornito per la Cappella del Rosario di Vance. E’ un fenomeno molto singolare, quasi provvidenziale in un certo senso, se si pensa a quest’uomo, questo grande artista che aveva attraversato tutte le avanguardie del '900, un uomo agnostico, a quanto si sa, in fatto di fede, che incontra una suora domenicana, madre Agnes de Jesus. Tra quest’uomo e questa donna si stabilisce un rapporto affettuoso, di reciproca stima fra una suora ed un artista che è ormai al crepuscolo della vita – morirà tra pochi anni – e vuole fare quest’omaggio alla religione.
D. – Come si inquadra quest’opera nella storia dell’arte sacra del ‘900?
R. – Probabilmente, il fatto più significativo è l’attenzione di un grande artista moderno per i valori della Chiesa cattolica e per la rappresentazione visuale del "dramma della Messa". Queste meravigliose carte dipinte furono poi donate dall’erede di Matisse, suo figlio Pierre, nel 1980 ai Musei Vaticani. Perché questa donazione? Perché qualche anno prima, nel 1973, quel grande intellettuale del Novecento che risponde al nome di Paolo VI aveva voluto riaprire il dialogo con l’arte moderna e contemporanea e nel 1973 aveva aperto il Dipartimento di Arte Religiosa Moderna e Contemporanea, tuttora esistente.
D. – Di questo materiale, cosa verrà esposto ai Musei?
R. – Abbiamo inaugurato – dopo un lavoro durato anni – l’esposizione di questi fragilissimi materiali, perché sono dipinti fatti di cartone. Chiunque va, vede esposti i disegni preparatori colorati per le vetrate, vede esposte le casule – che sembrano prati fioriti in primavera -, che sono bellissime, perché il genio di Henry Matisse è proprio questo: la sua gioia di vivere, la sua capacità di stupire come fa un bambino dinanzi all’iridescente bellezza del mondo. Si vede quel Cristo filiforme, destinato all’altare della Cappella, si vede questo pauperismo felice. Del resto, lui stesso ebbe a dire – lo ha proprio scritto – che considerava quest’arredo della Cappella di Vance ‘il suo capolavoro’. (vv)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Assistenza necessaria e immediata per chi fugge dalla sofferenza: nel discorso alla Roaco il Papa chiede libertà per i cristiani nel Vicino e Medio Oriente e la fine delle violenze in Nord Africa.
La logica umile e paziente del chicco di grano: il Pontefice celebra a San Giovanni in Laterano la solennità del Corpus Domini.
Oggi è apparsa la lampada del precursore: in prima pagina, Manuel Nin sull'innografia del Damasceno per la nascita di San Giovanni Battista.
Nell'informazione internazionale, la firma dell'accordo tra Santa Sede e il Montenegro, con il discorso del cardinale Tarcisio Bertone.
Il Vaticano aiutò gli ebrei di Roma: in cultura, l'intervento dell'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, in occasione della cerimonia di consegna della medaglia di Giusto fra le Nazioni alla memoria di don Gaetano Piccinini.
Quell'"Annunciazione" da ritrovare: Carlo Pedretti su un'ipotesi di ricerca che emerge dai documenti di Leonardo.
Geniali strumenti di comunicazione: Eric McLuhan analizza il linguaggio dei sacramenti.
Nelle acque della salvezza: Giovanni Carrù su origini ed evoluzione dell'iconografia di San Giovanni Battista.
Dopo millesettecento anni restaurata la casa di Ercole: aperto al pubblico l'antico santuario della divinità latina a Tivoli.
Una sintonia di giudizio: nell'informazione religiosa, Fernando Ocariz su Cornelo Fabro e san Josemaria Escriva de Balaguer.
◊ Insegnare ad adorare il Cristo presente nell’Eucaristia, da dove il cristiano può prendere consapevolezza e forza della propria missione nella società. Su questo tema di fondo si sono incontrati a Roma, da lunedì scorso a ieri, i partecipanti al Colloquio internazionale intitolato “Dall’adorazione all’evangelizzazione”. L’iniziativa è organizzata dai Missionari della Santissima Eucaristia, una nuova comunità clericale che il vescovo di Fréjus-Toulon, Dominique Rey, ha riconosciuto nel 2007 con lo specifico carisma di promuovere l’adorazione eucaristica perpetua nelle parrocchie e nelle chiese della cristianità. Sui temi del colloquio, Fabio Colagrande ha intervistato padre Justo Antonio Lo Feudo, missionario della Santissima Eucaristia:
R. – Il cardinale Cañizares ci ha incoraggiato, ha lanciato quest’idea del convegno – che ancora non esisteva – sull’adorazione eucaristica. Abbiamo fatto nostra quest’idea e adesso è diventata realtà.
D. – E’ stato un colloquio internazionale con interventi importanti_: fra gli altri quello del vescovo di Fréjus-Tolone, che è un po’ il vostro fondatore...
R. – Sì, mons. Dominique Rey. Al Colloquio hanno partecipato in totale sette cardinali. Tutti i temi hanno ruotato attorno all’evangelizzazione, da diversi punti di vista: l’adorazione e la nuova evangelizzazione, la spiritualità eucaristica, la guarigione, anche l'adorazione e la Sacra Scrittura. E’ stato davvero un grande ventaglio di prospettive sull’adorazione eucaristica, che ha mostrato soprattutto la centralità dell’Eucarestia, come pure l’adorazione non come una devozione in più, facoltativa, ma come necessaria, obbligatoria in quel senso in cui la intendeva Paolo VI, per il quale era "un dolce dovere adorare il Signore". Considerando che l’adorazione deve coincidere con la celebrazione, parlare di Eucarestia è quindi parlare dell’adorazione: non sono termini diversi. Il cattolico adora l’Eucarestia perché sa che l’Eucarestia è la presenza di Gesù Cristo.
D. – Come descriverebbe il legame importante che esiste tra l’adorazione eucaristica e la testimonianza, l’evangelizzazione?
R. – La prima condizione dell’evangelizzazione è l’adorazione, cioè l’incontro con Cristo. Evangelizzare, dunque, è promuovere quest’incontro. Come diceva il Santo Padre, Benedetto XVI, la nostra è molto più di una dottrina, va oltre la morale: è un avvenimento, è l’incontro con Cristo. All’interno dell’Eucarestia c’è perciò la missione: l’Eucarestia ci fa missionari, ci fa andare a portare quel tesoro che abbiamo ricevuto. Io non posso donare niente di buono e di bello se non lo ricevo da Dio, e se devo portare Cristo devo nutrirmi di lui.
D. – La vostra comunità clericale è nata in Francia per promuovere l’adorazione eucaristica perpetua nelle parrocchie e nelle comunità cristiane. Come lavorate per ottenere questo scopo?
R. – Ci sono due possibilità: andare nelle parrocchie, perché i parroci ci chiamano, o nelle diocesi. Noi andiamo lì tutte le domeniche, per le prediche, e per richiedere ai singoli l’impegno di almeno un’ora di adorazione a settimana, in modo da coprire tutte le ore della settimana, che sono 168. Contemporaneamente si costruisce un’organizzazione, il cui scopo è non far rimanere mai solo il Signore.
D. – Qual è il primo consiglio che lei darebbe ad un fedele che ha difficoltà a pregare di fronte all’Eucarestia?
R. – La prima cosa da fare è aprire il cuore, la seconda è essere perseveranti. A volte non è questione di sensazioni o di sentimenti, ma è soprattutto una questione di volontà. Il Signore ci chiama ad essere perseveranti. E’ un atto di fede: la fede è che lui è presente, è lì, e la sua presenza è quella che conta. Io non posso trovarmi sotto il sole senza che i raggi mi tocchino; non posso essere sotto la pioggia senza bagnarmi. Allo stesso modo, non posso trovarmi davanti alla Santissima con un minimo di fede e di apertura di cuore senza che la grazia mi tocchi e mi trasformi. (vv)
Rapporto di Antigone sulle carceri italiane: troppi detenuti, ambienti privi di dignità
◊ E’ sempre più critica la situazione delle carceri in Italia. In tre anni i detenuti sono aumentati del 50%, i posti letto non bastano e le risorse a disposizione sono sempre meno. A denunciarlo è l’Associazione Antigone che ieri a Roma ha presentato gli esiti delle sue ultime visite nelle carceri italiane. Anche il leader del partito dei Radicali, Marco Pannella, da due mesi è in sciopero della fame contro la condizione dei detenuti. Una situazione drammatica come conferma, al microfono di Irene Pugliese, il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella:
R. – E’ una condizione tragica determinata da un sovraffollamento intollerabile. I detenuti sono 77 mila, i posti letto 45 mila. Questo significa che la gente è stipata in condizioni di vita indecenti: 2, 3, 4 metri quadri a testa: non si può stare contemporaneamente in piedi, non sempre la doccia è consentita con quella regolarità utile a prevenire malattie. Poi ci sono situazioni in cui, come a Viterbo, i detenuti sono più o meno quasi sempre chiusi in cella, 20 ore su 24. Tutto questo produce malattia, produce morte: 27 suicidi dall’inizio dell’anno. Questa è un’anomalia italiana prodotta in particolare da un eccesso di uso di custodia cautelare, un eccesso di incarcerazione per violazione della legge sulle droghe e un eccesso di incarcerazione per motivi legati all’immigrazione rispetto alla media europea. Se affrontassimo senza ideologie ma con senso pratico questi tre temi, ritorneremmo in una situazione di ordinarietà. Poi ci sono luoghi come il nuovo complesso di Rebibbia a Roma o il Carcere di Bollate a Milano dove si dimostra - visto che sono gestiti nel rispetto della legalità - che invece, quando si vuole, si può colmare il "gap" tra prassi e norma.
D. – Un anno fa è stato approvato il piano carceri da realizzarsi entro la fine del 2012. Che cosa prevede e soprattutto saranno rispettati i tempi indicati?
R. – Il piano prevede novemila posti entro la fine del 2012. Ad oggi, però, pare sia stato inaugurato solo un cantiere.
D. - Quali sono le prospettive future: ci sono speranze che la situazione migliori?
R. – Quando rimetteremo al centro la persona e ci renderemo conto che quelli che sono stipati e maltrattati nelle galere, che si suicidano, sono persone; quando recupereremo una visione “umanocentrica” della pena, io penso che si prenderanno i provvedimenti.
◊ E’ dedicata alle persone separate e ai divorziati risposati, presenti nella comunità cristiana, la Settimana di formazione promossa dalla Conferenza episcopale italiana, in corso fino a domenica a Salsomaggiore. Rivolto in particolare agli animatori della pastorale familiare delle diocesi e alle associazioni familiari, il Convegno prevede un intenso lavoro di approfondimento con relazioni di esperti, laboratori e testimonianze. L'iniziativa, la prima di questo tipo, segna una nuova presa di coscienza riguardo a una realtà dolorosa purtroppo in crescita? Adriana Masotti lo ha chiesto a don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale di Pastorale familiare della Cei:
R. – Diciamo che si tratta di un cammino, iniziato da molti anni e che giunge ad una maturazione. Ci sono stati infatti già due precedenti convegni – uno nel ’99 a Roma sui matrimoni in difficoltà; e un altro a Paestum nel 2006 sul disagio e crisi di coppia – che hanno in qualche modo anticipato questo convegno. Perché questo è il primo convegno che mette al centro, con questa attenzione della Chiesa come madre e maestra, la situazione delle famiglie che vivono la separazione o che vivono il divorzio e le nuove unioni. Certamente è una realtà, nel nostro Paese, che è notevolmente cresciuta in questi ultimi anni come presenza rilevante e, allo stesso tempo, anche come esperienze pastorali di accompagnamento, che via via stanno nascendo in varie diocesi proprio per annunciare la verità e la carità del Vangelo di Cristo.
D. – "Coniugare carità e verità": con questa affermazione ci si riferisce chiaramente al divieto di ricevere il Sacramento dell’Eucaristia per i risposati. Ma cosa vuol dire in senso più ampio?
R. – Si avverte, talvolta, una certa confusione di comportamenti diversi, che vanno in certi casi da parrocchia a parrocchia. Questo crea, certamente, ancora più sofferenza in chi è già profondamente ferito. La verità del Vangelo è la verità anche dell’indissolubilità del matrimonio, sulla quale - se c’è chiarezza - è facile comprendere che corrisponda anche l’indicazione della Chiesa, per coloro che hanno acquisito una nuova unione, di astenersi dalla Comunione eucaristica. Questo, però, non toglie di essere accolti nella Chiesa con tutte le altre presenze di Cristo, che sono nella Parola, nella preghiera, nella comunità cristiana e nel sentirsi figli amati di Dio Padre e della Chiesa Madre. L’altro aspetto è quello della carità e talvolta sembra che ci sia una certa rigidità: ci sono addirittura persone che sono state abbandonate dal proprio coniuge, che vivono nell’orizzonte della fedeltà al Sacramento del matrimonio e alle quali magari sono state date indicazioni - in certi casi erronee - di non accostarsi ai Sacramenti. L’idea è di aiutare, in qualche modo, una maggiore chiarezza e, dall’altra, mostrare la Chiesa madre e maestra: una Chiesa che allarga le braccia, ma che indica la verità del Vangelo di Cristo.
D. – Si ha un po’ l’impressione che sia necessario un cambiamento di mentalità, anche in mezzo alla comunità dei credenti…
R. – Tra l’altro, queste situazioni dolorose portano anche una nuova ricchezza nella comunità cristiana, perché una persona che è passata per la separazione di solito diventa maggiormente consapevole anche del significato del Sacramento del matrimonio e, allo stesso tempo, anche di ciò che significa la parola perdono, trovandosi spesso a viverlo nei confronti del proprio coniuge. Tutto questo può essere una grande risorsa anche per la comunità cristiana. Pensiamo quindi ai separati e alle famiglie dei separati come soggetto, e non soltanto come oggetto di attenzione. Questa è anche la mentalità nuova che si può acquisire, pur nel rispetto delle indicazioni del magistero.
D. – Una delle richieste che è emersa, in questi giorni al Convegno, è quella di aiutare a prevenire le crisi coniugali: quali iniziative può mettere in campo la Chiesa in questo senso?
R. – Qui abbiamo tutta una rete di laboratori di riflessione pastorale. Uno di questi laboratori – sono 12 – si intitola proprio “Da famiglie spezzate a nuovi percorsi di accompagnamento alle nozze”: l’idea è che la presenza dei fallimenti matrimoniali richiama a un accompagnamento dei fidanzati che parta più da lontano, in una stretta collaborazione con la pastorale giovanile, con l’Ufficio catechistico. Come dice la Familiaris Consortio: non solo una preparazione immediata, ma anche prossima e soprattutto anche remota, che parta quindi fin dai primi anni dello sviluppo della persona, nell’ottica dell’amore sponsale. E’ l’idea di farsi compagni di viaggio, così abbiamo posto quattro tappe: accogliere, discernere – perché non tutte le situazioni sono le stesse – accompagnare mettendosi accanto ed educare. Che poi è un po’ il grande tema di questo decennio: illuminare orizzonti e luci di speranza per la famiglia ferita. (mg)
Siria: l’impegno di Caritas Turchia a favore dei profughi
◊ Caritas Turchia si sta attivando per mettere a disposizione aiuti materiali e psicologici alle frontiere tra Turchia e Siria, dove sono ammassati 12 mila profughi in cinque campi. “Sono in maggioranza donne, bambini e anziani e centinaia di feriti”, racconta all’agenzia Sir Chiara Rambaldi, operatrice umanitaria di Caritas Turchia, “non è consentito l’accesso ai campi, ma abbiamo dei contatti all’interno che ci segnalano i bisogni immediati: chiedono soprattutto kit sanitari, giochi, cibo e indumenti. Ma la distribuzione sarà affidata alla Mezzaluna rossa che sta gestendo i campi e in continuazione allestisce tende nella zona”. L’assenza di uomini tra i profughi fa scatenare numerose ipotesi: “Forse hanno difficoltà ad accedere alla frontiera, forse sono stati arrestati o forse hanno mandato avanti donne, bambini e anziani e stanno aspettando gli sviluppi della situazione”. Chiara Rambaldi precisa che finora “solo una decina di organizzazioni non governative e alcuni giornalisti hanno potuto verificare le condizioni nei campi durante una visita organizzata dalle autorità, per cui è difficile capire effettivamente i bisogni”. “Sembra che il governo turco e le organizzazioni stiano lavorando bene ed in fretta”, osserva l’operatrice di Caritas Turchia. Le persone fuggono da Jisr al-Sughur, una città siriana a 20 km dal confine turco e si ammassano nella città turca di Hatay. “Il flusso è in aumento”, prosegue Rambaldi, “e abbiamo notizie di violenze, arresti arbitrari e uso della forza. Purtroppo non è facile verificare perché in Siria non è consentito l’ingresso di giornalisti”. “Quello che ci preoccupa”, sottolinea l’operatrice umanitaria, “sono le condizioni psicologiche della gente che vive nei campi. Cercheremo di dare aiuti anche ai siriani che arriveranno ad Istanbul e avranno bisogno di sostegno per l’eventuale richiesta di asilo politico”. (M.R.)
◊ Il governo del Bangladesh fa marcia indietro sull’introduzione della laicità dello Stato nella Costituzione. La speciale Commissione parlamentare, incaricata dal governo del premier, Sheikh Hasina, di vagliare emendamenti alla Costituzione, ha infatti raccomandato di mantenere l’islam come religione di Stato, di conservare l’esordio religioso nel preambolo della Carta costituzionale (“nel nome di Allah, clemente e misericordioso”) e di consentire la presenza in parlamento di partiti religiosi. Secondo le minoranze religiose cristiane, induiste e buddiste, si tratta di un “cambio di rotta” dovuto alle pressioni dei gruppi fondamentalisti islamici. Il governo aveva infatti annunciato nel suo programma di voler ripristinare la laicità dello Stato, e di voler combattere l’estremismo religioso anche nella politica. Riferisce l’Agenzia Fides che il testo proposto per la modifica della Costituzione dichiara l’islam come religione di Stato, anche se assicura uguali diritti alle altre religioni. “Una palese contraddizione e crea confusione”, afferma un attivista cattolico di Dacca, “come cristiani ci ritroviamo a vivere diversi problemi sotto questo cosiddetto governo laico della Awami League”. “Le minoranze religiose, gli intellettuali, gli attivisti della società civile oggi chiedono il ritorno alla Costituzione del 1972, che era di stampo laico”, prosegue l’attivista, “il governo, che in un primo tempo si era detto disponibile, oggi ha paura delle reazioni degli islamici radicali e ha fatto un passo indietro”. “Anche il governo di Hasina”, rimarca, “sta facendo un uso strumentale dell’islam per assicurarsi legittimazione e consenso politico”. Il Bangladesh era stato dichiarato stato laico nel 1972, ma una serie di emendamenti costituzionali negli anni successivi e due dittature militari hanno abbandonato quel principio fino a dichiarare l’islam religione di stato nel 1988. Da quando ha assunto il potere, due anni fa, Sheikh Hasina ha pubblicamente annunciato una agenda per restaurare la laicità dello stato e reintrodurre gli originali “quattro principi” alla base della nazione: democrazia, nazionalismo, laicità e socialismo. I cristiani in Bangladesh sono lo 0,03% dei 160 milioni di abitanti, in larga maggioranza musulmani (M.R.)
Tagikistan: con la nuova legge sull'educazione insegnare catechismo può condannare al carcere
◊ La Camera bassa del parlamento tagiko ha approvato il 15 giugno scorso la controversa legge sulla Responsabilità dei genitori sull’educazione dei figli, proposta su iniziativa del presidente, Emomali Rahmon. La nuova legge conferma e inasprisce il divieto per chi ha meno di 18 anni di partecipare a qualsiasi attività religiosa, eccetto i funerali. La violazione del divieto sarà punita con gravi sanzioni e il carcere per i genitori. AsiaNews riferisce la denuncia dell’agenzia Forum 18, che sottolinea come il divieto colpisca sia le funzioni religiose che il catechismo che ogni altra attività: i ragazzi non potranno nemmeno accompagnare i genitori in chiesa o nella moschea. Il rischio per i genitori è di una condanna a gravi multe o al carcere fino ad 8 anni. La nuova legge aggrava le pene anche per chi “organizza e conduce incontri, seminari, dimostrazioni, cortei stradali” religiosi senza autorizzazione, con il carcere fino a due anni per la prima violazione e fino a 5 anni per il recidivo. In pratica, potranno avere un’istruzione religiosa solo i ragazzi che vanno a scuola in madrase e licei islamici o in istituti religiosi cristiani riconosciuti dallo Stato, nei quali l’insegnamento religioso sia previsto come curricolare. Peraltro simili istituti sono oggi poche decine, insufficienti per l’educazione religiosa dei giovani del Paese, e il Comitato statale per gli affari sembra non avere ancora l’intenzione di aprirne altri. Ora, la nuova legge sarà sottoposta alla Camera alta, ma nessuno dubita circa la sua rapida approvazione. I sostenitori della legge la giustificano con la necessità di combattere l’estremismo religioso ed evitare che i ragazzi finiscano sotto l’influsso di gruppi appartenenti a organizzazioni islamiche terroriste. Tuttavia, la legge non specifica chiaramente cosa si intenda per insegnamento religioso estremista. All’osservazione che il divieto punisce tutti, anche chi insegna catechismo al figlio, il deputato Sattor Kholov, relatore a favore della legge, risponde che sarà compito dei giudici distinguere e non punire l’insegnamento religioso non estremista. Faredun Hodizoda, esperto politico, osserva che il divieto è “eccessivo” e che persino durante l’epoca sovietica i ragazzi potevano frequentare le moschee. Altri critici osservano che nel Paese non c’è un radicato estremismo religioso e che la legge impedisce di fatto ai ragazzi di ricevere un’istruzione religiosa. Il parlamentare Muhiddin Kabiri, leader del Partito del rinascimento islamico (Irp), osserva che la legge “viola ancora di più i diritti dei cittadini” alla libertà religiosa. Esperti ritengono che la nuova legge restringerà la già scarsa libertà religiosa prevista dalla legge del 2009. Da allora, molte moschee sono state distrutte, i cristiani processati e condannati per riunioni e attività “illegali” e i Testimoni di Geova sono stati banditi dal Paese. (M.R.)
Giappone: appello dei vescovi all'impegno stabile dei cattolici per le vittime dello tsunami
◊ “Verso il recupero dopo la tragedia del terremoto nel Nord-est del Giappone”, è il titolo della lettera che i vescovi del Paese del Sol Levante hanno indirizzato a tutti i fedeli. “A causa di questa disgrazia”, affermano i presuli parlando del terremoto e dello tsunami dell’11 marzo scorso, “sono morte circa 20 mila persone, e fino ad ora sono senza numero gli scomparsi. Non smettiamo di pregare così: Dio di profonda misericordia, ti chiediamo di ricevere nelle tue mani tutte le persone che sono morte in questa disgrazia senza poter dire una parola di addio ai loro familiari e ai loro cari. Nello stesso modo ti preghiamo per tutte le famiglie che sono state distrutte per aver perso una persona cara, e che tu conceda loro una speranza sufficiente per continuare a vivere e superare questo grande dolore”. Riferisce AsiaNews che i vescovi si rammaricano del fatto che molte persone “sono obbligate a vivere in rifugi di fortuna, e altri in dimore temporanee in condizioni molto difficili e stressanti”, mentre “attualmente non si può parlare di un pieno controllo della contaminazione radioattiva a causa degli incidenti nella centrale nucleare”. Il documento approvato dai presuli afferma inoltre che “fino a questo momento la Chiesa cattolica ha indirizzato gli aiuti attraverso la Caritas Japan. Ma senza dubbio, osservando la grandezza del disastro abbiamo deciso che l’aiuto che daremo al recupero sarà d’ora in avanti una forma concreta attraverso tutte le diocesi del Giappone. Per questo desideriamo che tutti i sacerdoti, religiosi e tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede si uniscano in forma continua e stabile a questo appello che facciamo”, chiedendo nello stesso tempo “a tutti i nostri fratelli del Giappone e del resto del mondo preghiere e aiuto, e che camminino insieme a noi” (M.R.)
Inizia domani la 37.ma Conferenza biennale della Fao. Domenica l'elezione del successore di Diouf
◊ Al via domani a Roma la 37.ma Conferenza biennale della FAO, che avrà quest’anno il compito di eleggere il nuovo direttore generale per il triennio 2012-2105. Sei candidati alla massima carica dell’agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione, presenteranno nel pomeriggio il proprio programma all’assemblea, in attesa della votazione che si terrà domenica mattina. Uno tra l’austriaco Franz Fischler, il brasiliano José Graziano da Silva, l’indonesiano Indroyono Soesilo, l’iraniano Mohammad Saeid Noori Naeini, l’iracheno Abdul Latif Rashid e lo spagnolo Miguel Angel Moratinos, succederà al senegalese Jacques Diouf, in carica da 17 anni. Diouf inaugurerà i lavori, scoprendo una targa che celebrerà l’eliminazione a livello mondiale della peste bovina, una malattia infettiva che colpisce i ruminanti causando miseria e carestia. In mattinata seguirà la conferenza dell’ex segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, terrà un intervento su questioni attinenti la sicurezza alimentare globale e la nutrizione. Nella giornata di lunedì, Diouf interverrà nuovamente all’assemblea, tracciando un bilancio sulla linea politica seguita negli anni del suo mandato. Nell’agenda della Conferenza è inclusa inoltre la firma di una “Dichiarazione di intenti sulla cooperazione programmatica” ai fini della sicurezza alimentare e dell’assistenza alimentare umanitaria, tra Commissione Europea, Fao, Ifad e Programma alimentare mondiale (Pam). I ministri e rappresentanti di alto livello si soffermeranno anche sulla situazione attuale dell’alimentazione e dell’agricoltura, nonché sul ruolo delle donne nello sviluppo agricolo. La conferenza si protrarrà fino al 2 luglio (M.R.)
Spagna: per il suo impegno nel mondo sarà premiato a Valencia il Jesuit Refugees Service
◊ Verrà consegnato il 6 luglio nella cappella della Beneficenza di Valencia, il premio assegnato al “Servizio dei Gesuiti per i rifugiati” (Jrs) da parte della “Fondazione per la Giustizia-Banca, che da anni riconosce la dedizione costante di quelle persone o organizzazioni che spiccano per il loro apporto alla promozione e alla difesa dei diritti umani. “Il clamore dei 43 milioni di rifugiati o sfollati forzosi è più attuale che mai”, afferma la Compagnia di Gesù in una nota riportata da Zenit. Anche se il Jrs porta avanti il suo lavoro nei campi di rifugiati più remoti, la tendenza dei rifugiati a cercare asilo in aree urbane negli ultimi anni ha portato l’organizzazione a lavorare più intensamente nelle città. Come spiega il suo direttore, il gesuita Peter Balleis, “per 30 anni il Jrs non è stato guidato dalla restrittiva definizione legale di rifugiato, ma, in base agli insegnamenti sociali cattolici, da una nozione più generosa del termine, che abbraccia tutti gli sfollati forzosi”. Per il direttore, il Jrs “è così disposto a rispondere nei campi a sfollati, richiedenti asilo e persone senza documenti, immigrati vulnerabili nei centri di detenzione e ora più che mai nelle città”. L’Ong cattolica dei gesuiti ha iniziato a operare nella zona Asia-Pacifico, ma negli anni Novanta, con la crisi nella regione dei Grandi laghi, ha spostato il suo sguardo sull'Africa e, più di recente in Medio Oriente e in Afghanistan. Il Jesuit Refugees Service è nato nel 1980 ed è un'organizzazione non governativa cattolica la cui missione è servire, accompagnare e difendere i diritti dei rifugiati e di altre persone forzosamente sfollate. Lavora in 57 Paesi. Impiega più di 1.400 persone tra laici, gesuiti e altri religiosi per rispondere, tra le altre cose, alle necessità educative, sanitarie e sociali di più di 500 mila rifugiati e sfollati forzati. I suoi servizi vengono offerti a queste persone indipendentemente da razza, origine etnica o confessione religiosa (M.R.)
A Roma, in corso l'ottavo Simposio internazionale dei docenti universitari
◊ “L’università, oggi deve essere una comunità di docenti e studenti, ma perché questo possa accadere deve essere laica, cioè aperta al confronto per consentire agli universitari credenti di vivere nella convinzione che Dio regge la storia, con le implicazioni del vivere civile e del lavoro universitario”. Lo ha affermato, ieri pomeriggio a Roma, il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, salutando gli oltre 400 partecipanti all’VIII Simposio internazionale dei docenti universitari, dal titolo “L’università e la sfida dei saperi. Quale Futuro?”, promosso dall’Ufficio diocesano di Pastorale universitaria. L'Università, ha proseguito il porporato, "deve riconoscere pari diritti e doveri a chi nega questa ipotesi. Ma come si potrà perseguire questa armonia? Attraverso un confronto sempre aperto tra “soggetti” portatori di ermeneutiche diverse. Cioè la mia visione dovrà essere sempre e solo proposta, mai imposta, alla libertà dell’altro. E implicherà l’attendersi uguale rispetto e interesse dialogico da parte degli altri.” Monsignor Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense che ha ospitato l’evento, ha posto in evidenza l’emergenza educativa nelle Università, troppo spesso trascurata a discapito degli studenti. “L’ambiente universitario – ha spiegato – viene visto come un dominio dei docenti-baroni, che usano di questa struttura a scopo di potere, e non forniscono agli studenti ciò che essi chiedono, cioè una solida preparazione”. Bisogna invece sollecitare l’Università alla formazione dei formatori, affinché si apra un circolo tra le varie branche del sapere, e accolga la sfida per l’università del futuro. All’incontro ha partecipato anche Eric McLuhan, docente emerito di comunicazione dell’Università di Toronto, che ha sottolineato: “E’ tempo di riunire i frammenti dispersi della nostra comprensione cattolica del processo comunicativo, e affermare la teoria cattolica della comunicazione. La teoria tradizionale non ha la capacità di spiegare il presente e il conseguente stato di confusione offre certamente al padre della menzogna grandi opportunità”. Ma c’è anche un'altra forma di comunicazione che offre la base per qualsiasi teoria cattolica: “La simultaneità e la trasformazione - ha continuato McLuhan - caratterizzano l’azione non solo dei sacramenti, ma anche il nostro senso della tradizione e della comunione dei santi, cioè un ulteriore aspetto della comunicazione cattolica”. Poi, riferendosi al Simposio ha concluso: “Le quattro aree della ricerca universitaria – cioè la bellezza, la giustizia, il bene e la verità – invitano alla contemplazione di tutte le forme di comunicazione: ambientale, tecnologica, culturale e del pensiero critico”. Oggi, l’incontro prosegue con quattro workshops paralleli, nei quali i docenti si confronteranno sulle quattro aree del Simposio. ( A cura di Marina Tomarro)
Consiglio Europeo: accordo su piano austerity della Grecia e nomina di Draghi a presidente Bce
◊ La nomina di Mario Draghi al vertice della Banca Centrale Europea, il fondo "salva Stati", l’immigrazione e le crisi arabe sono i temi su cui oggi hanno proseguito a confrontarsi i leader dei 27 Paesi Ue, che stanotte hanno raggiunto l’accordo sul salvataggio della Grecia. Il servizio di Marco Guerra:
La Grecia ha trovato l’accordo con le istituzioni europee sul piano di austerity da 28,4 miliardi. Ora la questione passa al parlamento di Atene che dovrà ratificarlo entro il 30 giugno se vorrà sbloccare la quinta trance di aiuti finanziari destinati a evitare la bancarotta e un ampliamento della crisi a tutta l'eurozona. Per questo motivo, l’Ue sta esercitando pressioni affinché sia votato anche dall’opposizione ellenica che finora si è dichiarata contraria alle nuove misure di austerità. L’agenda economica del vertice ha visto anche il “si” politico di tutto il Consiglio europeo alla nomina di Mario Draghi come successore di Jean Claude Trichet alla presidenza della Banca centrale europea. Sono dunque cadute le riserve francesi sull’attuale direttore della Banca d’Italia, dopo che Binismaghi, l'altro banchiere italiano che adesso siede nel board della Bce, ha rassicurato Parigi circa le sue dimissioni entro fine anno per far posto ad un esponente della Francia. Sulla bozza del documento finale appaiono poi le raccomandazioni agli Stati membri per il risanamento delle loro finanze e per il rilancio della competitività nei servizi, e c’è il via libera al rafforzamento dell'attuale Fondo salva-Stati. Da segnalare anche il passaggio sulla proposta per un meccanismo comunitario che definirà l'eventuale reintroduzione “temporanea ed eccezionale” dei controlli di frontiera nell'area Schengen. Il nuovo meccanismo – si legge nel documento – dovrà entrare in funzione solo in caso di “circostanze eccezionali che mettano l'intero funzionamento della cooperazione di Schengen a rischio”. E nella bozza si parla infine dell’ingresso della Croazia nell’Ue, esortando “la conclusione dei negoziati di adesione entro la fine di giugno", con la prospettiva di firmare il trattato "prima della fine dell'anno".
Dunque il governatore di Bankitalia, Mario Draghi è stato nominato presidente della Banca Centrale Europea dal Consiglio europeo. Ad annunciarlo il presidente Ue, Herman Van Rompuy. Draghi prende la guida della Bce in un momento particolarmente delicato per l’Europa. Quali sono le sfide che dovrà affrontare immediatamente? Salvatore Sabatino ne ha parlato con Stefano Zamagni, docente di Economia Politica presso l’Università di Bologna:
R. – Le sfide sono fondamentalmente tre. La prima è di natura emergenziale: risolvere questo fuoco che ormai da qualche mese divampa e cioè la Grecia ma subito dopo il Portogallo poi la Spagna o l’Irlanda. Il rischio è grosso: se questo fuoco non viene spento in tempi rapidissimi la speculazione internazionale potrebbe veramente mettere a repentaglio la vita dell’Unione europea. La seconda sfida, più a medio termine, è quella di favorire in sede europea l’attivazione di una politica non soltanto monetaria, finanziaria, ma anche la politica del lato reale, la cosiddetta politica fiscale. Uno dei punti di debolezza dell’Unione europea è che ha realizzato la moneta unica ma non ha realizzato una politica fiscale unica. La terza sfida è rilanciare il processo di riunificazione europea partendo dal discorso delle radici e lui la può fare perché ha anche la cultura necessaria e sufficiente a questo riguardo. Sappiamo come è andata la questione quando a suo tempo si trattò di inserire i termini “radici cristiane”. Oggi c’è un modo intelligente di riprendere quel discorso, magari non usando le stesse parole, ma tornando ad affermare l’importanza dell’identità: senza identità un Paese, come un’unione di Paesi, non va da nessuna parte.
D. – Un ruolo di grande prestigio quello che ricoprirà Draghi ed un vanto anche per l’economia italiana…
R. – E’ chiaro. In un momento di particolare debolezza di certe nostre istituzioni, avere un italiano che ricopre quel ruolo è un segnale che all’estero probabilmente ci considerano meglio di quanto noi italiani consideriamo noi stessi. A questo riguardo mi piace sempre ricordare quel saggio fondamentale di Giacomo Leopardi sul carattere degli italiani quando dice che il problema degli italiani è solo uno: non riconoscono il proprio valore, devono denigrarsi ed autoflaggellarsi. Questa nomina potrebbe contribuire a modificare, almeno a livello di percezione popolare, questo antico e radicato convincimento.(bf)
Siria: Usa e Ue chiedono intervento Onu
Dal Consiglio d’Europa è arrivata anche una condanna per il governo siriano. L’Unione europea, che come gli Stati Uniti richiede un intervento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ieri, aveva anche varato nuove sanzioni contro Damasco. Intanto, mentre in varie località del Paese sono segnalati cortei con due vittime tra i manifestanti, sembra calare la tensione con la Turchia dopo le operazioni militari siriane di ieri nei pressi del confine. Il servizio di Davide Maggiore:
Di fronte a quelle che sono definite “inaccettabili e scioccanti violenze” delle forze di Damasco, i 27 Paesi dell’Unione sollecitano il Consiglio di sicurezza ad “assumere le proprie responsabilità e dare adeguate risposte”. Una condanna “chiara e inequivocabile” era già stata chiesta dall’ambasciatrice statunitense presso le Nazioni Unite, che aveva parlato di “atrocità e abusi”. E oggi sono diventate ufficialmente operative le nuove sanzioni decise dall’Unione Europea contro Damasco: oltre a quattro società legate alla cerchia del presidente Assad, sono colpite, con il blocco dei beni e il bando del visto d’ingresso, altre sette persone. Tre di queste sono ufficiali iraniani, del corpo delle Guardie rivoluzionarie e dell’intelligence di Teheran. Intanto, dopo le operazioni militari siriane in villaggi vicini alla frontiera con la Turchia, che ieri hanno spinto altri 1500 profughi a sconfinare, i ministri degli Esteri dei due Paesi hanno avuto un colloquio telefonico. Anche l’ambasciatore siriano ad Ankara è stato convocato dal ministro turco Ahmet Davutoglu per informazioni. Oggi, tuttavia, lo stesso Davutoglu ha sottolineato che con Damasco i contatti continuano: “Con la Siria – ha dichiarato - condividiamo lo stesso destino”.
Libia
Si fa sempre più stringente il cerchio interno al regime di Gheddafi. Secondo il premier britannico Cameron, il rais avrebbe le ore contate. Sulla stessa linea segretario generale della Nato, Rasmussen, secondo il quale il colonnello “appartiene al passato”. E in queste ore si moltiplicano le voci di una possibile fuga di Gheddafi, mentre alcuni media affermano che i ribelli potrebbero concedere la permanenza nel Paese solo a patto che il rais lasci il potere. Intanto, pieno appoggio alla missione militare dell’alleanza è stato espresso oggi dal vertice del consiglio Ue. Infine, alcuni ufficiali del regime che hanno voltato le spalle a Gheddafi hanno denunciato la morte di 15 persone dall’inizio della guerra. Inoltre, in questo momento oltre 30 mila persone si troverebbero in carcere per motivi legati agli eventi bellici. Cifre che al momento non trovano alcun riscontro nelle fonti ufficiali.
Afghanistan, ritiro truppe Usa
Secondo i vertici militari statunitensi, il parziale ritiro dall’Afghanistan deciso dal presidente Obama è troppo rapido, mentre il segretario alla Difesa uscente, Robert Gates, ha riconosciuto che Obama ha preso in considerazione “la situazione politica interna” degli Stati Uniti. Le elezioni presidenziali sono previste per il 2012, quando il ritiro di 33 mila uomini sarà terminato, e l’opposizione repubblicana ha criticato il presidente, ipotizzando rischi per la sicurezza in futuro.
Iraq, violenza
In Iraq sono 21 i morti e oltre 80 i feriti per un triplo attentato avvenuto ieri sera in un mercato di Baghdad. Secondo le prime ricostruzioni, tra le vittime ci sarebbe stato anche un imprenditore statunitense che lavorava per l’agenzia di aiuto allo sviluppo Usaid. secondo la stampa americana, però l’uomo sarebbe stato ucciso in un altro attacco, avvenuto nel quartiere di Sadr City.
Petrolio mercato
L’Agenzia internazionale dell’Energia (Aiea) immetterà sul mercato 60 milioni di barili di petrolio nei prossimi due mesi, ricorrendo alle riserve strategiche. L’iniziativa, a cui i soli Stati Uniti contribuiranno con 30 milioni di barili, ha due soli precedenti: nel 1991 all’epoca della prima guerra del Golfo e nel 2005 dopo l’uragano Katrina che colpì New Orleans. La decisione è stata motivata con la volontà di compensare le mancate forniture dovute alla crisi libica: gli analisti ritengono che l’aumentata offerta di greggio avrà effetti positivi sull’inflazione e la ripresa economica. Il prezzo del petrolio ha già toccato i minimi degli ultimi 4 mesi: a New York è poco sotto i 90 dollari al barile.
Sudan
Una bozza di risoluzione presentata al Consiglio di Sicurezza dell’Onu dagli Stati Uniti prevede l’invio di 4200 soldati etiopi nella regione sudanese di Abyei. L’Abyei è conteso tra la parte Nord e la parte sud del Paese che si separeranno ufficialmente il 9 luglio e nei giorni scorsi hanno raggiunto un accordo per la smilitarizzazione dell’area e il dispiegamento di truppe etiopi a garanzia della pace. Preoccupazione è stata espressa dagli Stati Uniti anche per la situazione nel Kordofan meridionale, parte del Nord ma in cui abitano popolazioni filo-sudiste, oggetto negli ultimi giorni, secondo quanto denunciato da alcune Ong, di attacchi dell’esercito regolare.
Senegal, proteste
A Dakar, in Senegal, almeno 102 persone, tra cui 13 poliziotti, sono rimaste ferite durante massicce manifestazioni di piazza. I dimostranti protestavano contro un progetto di riforma costituzionale sponsorizzato dal presidente uscente Abdoulaye Wade, che prevedeva l’elezione contemporanea del presidente e del vicepresidente nelle consultazioni in programma per il prossimo febbraio. La proposta, che era vista dall’opposizione come uno stratagemma per favorire il presidente e suo figlio Karim, è stata però ritirata dallo stesso capo dello Stato di fronte alla pressione della piazza.
Ucraina
Al via oggi in Ucraina il processo contro l’ex premier Iulia Timoshenko, la leader della "rivoluzione arancione" pro-occidentale del 2004. E’ accusata di abuso di potere in merito ai contratti per la fornitura di gas russo nel 2009. La Timoshenko ha dichiarato al giudice che il processo è una farsa, una vendetta ordita dal presidente Viktor Yanukovich. Fuori dal tribunale di Kiev migliaia di sostenitori della donna e numerosi poliziotti in assetto antisommossa.
Francia, batterio E. Coli
Otto persone sono state ricoverate in ospedale a Bordeaux, nel sud-ovest della Francia, con colite emorragica e complicazioni. Per una di loro, ha detto stamattina il ministro della Sanità, Xavier Bertrand, è confermato che si tratta di contaminazione da batterio E. Coli. Gli altri sono al momento dei casi classificati "sospetti". Non sono stati evidenziati collegamenti con la contaminazione da batterio E. Coli della settimana scorsa attorno a Lille, nel nord, in seguito alla quale furono ricoverati in ospedale in condizioni gravi otto bambini. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Davide Maggiore)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 175