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Sommario del 23/06/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Verso il 60.mo di ordinazione di Benedetto XVI: le parole del Papa sul sacerdozio, dono di Dio al servizio della Chiesa
  • Alle 19, il Papa presiede la Messa del Corpus Domini in S. Giovanni in Laterano e la Processione a S. Maria Maggiore
  • Presentata a Milano dal cardinale Tettamanzi la cerimonia di Beatificazione di domenica prossima in Piazza Duomo
  • La proclamazione della nuova cattedrale bielorussa di Vitebsk nel racconto di mons. Tejado Muñoz di "Cor Unum"
  • Oggi in Primo Piano

  • Dopo quasi cento anni, torna a San Pietroburgo la processione del Corpus Domini. Intervista con mons. Pezzi
  • Emergenza umanitaria in Congo: la denuncia del Cisp, Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli
  • L'associazione "Meter" apre una sede a Roma: con noi, il fondatore don Di Noto
  • Una "Notte bianca" per sensibilizzare sulla prevenzione dei tumori
  • Chiesa e Società

  • L'ambasciatore d'Israele, Mordechay Levy: "La volontà vaticana di salvare gli ebrei è un fatto"
  • Pakistan: perplessità dei cristiani per il primo arresto nell’assassinio di Shahbaz Bhatti
  • Indonesia: accuse di reticenza al presidente nel combattere le violenze contro i cristiani
  • Vietnam: mons. Girelli sull’importanza dell’evangelizzazione alle chiese del nord
  • Usa: un documento dei vescovi denuncia i rischi dell'eutanasia
  • Messico: preghiera per la fine delle violenze e processione con le reliquie del Beato de Palafox
  • Ecuador: i Missionari scalabriniani denunciano le condizioni dei rifugiati
  • Denuncia del Jesuit Refugee Service: la Convenzione Onu sui rifugiati non è attuata in pieno
  • Prima Giornata mondiale Onu delle vedove: il messaggio di Ban-Ki-moon
  • Visita ad Hebron di una delegazione del Patriarcato latino di Gerusalemme
  • Terra Santa: comincia oggi la visita pastorale del patriarca latino di Gerusalemme negli Stati Uniti
  • Terra Santa: nasce ad Akko il Tau Music Center per il dialogo fra le tre religioni monoteiste
  • Africa occidentale: i narcotrafficanti rischiano di minacciare la stabilità politica della regione
  • Burkina Faso: i vescovi mettono in guardia sulla crisi socio-politica
  • Ucraina: oggi commemorazioni per il 10.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II
  • Russia: programma di informazione del Patriarcato di Mosca per proteggere i cristiani nel mondo
  • Genova: il cardinale Bagnasco detta le proprie indicazioni per evitare scandali nella Chiesa locale
  • Divorziati risposati e coppie separate: la Chiesa italiana invita a prevenire le crisi familiari
  • Chiude a Firenze la 61.ma Settimana nazionale di aggiornamento pastorale
  • La Basilica di San Giovanni su iPod grazie all’iniziativa dell’Opera Romana Pellegrinaggi
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria: centinaia di civili in fuga in Turchia, dopo l’offensiva scatenata dalle truppe di Damasco nei villaggi al confine
  • Il Papa e la Santa Sede



    Verso il 60.mo di ordinazione di Benedetto XVI: le parole del Papa sul sacerdozio, dono di Dio al servizio della Chiesa

    ◊   La Chiesa si appresta a festeggiare con molteplici iniziative, in tutto il mondo, il 60.mo anniversario di ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI, il prossimo 29 giugno. Al sacerdozio, dono inestimabile di Dio, il Papa ha dedicato numerosi interventi culminati nella proclamazione del 2010 quale Anno sacerdotale, nel 150.mo della morte di San Giovanni Maria Vianney. Nel servizio di Alessandro Gisotti, riproponiamo alcune riflessioni del Papa sul ministero sacerdotale:

    “Una splendida giornata d’estate, che resta indimenticabile come il momento più importante della mia vita”: con queste parole, semplici e profonde, Joseph Ratzinger ricorda, nella sua autobiografia, il giorno della sua ordinazione, il 29 giugno del 1951 nel Duomo di Frisinga. Provvidenzialmente, il futuro Pontefice viene ordinato proprio nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo. E proprio il sacerdozio, la sua bellezza, il suo essere dono di Dio per l’uomo di ogni tempo, è tra i temi che ne stanno caratterizzando il Magistero. Il Pontefice sottolinea più volte quanto, in un tempo segnato dal relativismo, il sacerdote sia tenuto ad annunciare la Parola di Dio, non le proprie idee:

    “Rendere presente, nella confusione e nel disorientamento dei nostri tempi, la luce della parola di Dio, la luce che è Cristo stesso in questo nostro mondo. Quindi il sacerdote non insegna proprie idee, una filosofia che lui stesso ha inventato, ha trovato o che gli piace; il sacerdote non parla da sé, non parla per sé, per crearsi forse ammiratori o un proprio partito; non dice cose proprie, proprie invenzioni, ma, nella confusione di tutte le filosofie, il sacerdote insegna in nome di Cristo presente, propone la verità che è Cristo stesso, la sua parola, il suo modo di vivere e di andare avanti”. (Udienza generale, 14 aprile 2010)

    E ribadisce che, ancor più in tempi difficili come quelli in cui viviamo, il sacerdote è chiamato a testimoniare la Verità, ad essere profeta:

    “Quella del sacerdote, di conseguenza, non di rado, potrebbe sembrare 'voce di uno che grida nel deserto', ma proprio in questo consiste la sua forza profetica: nel non essere mai omologato, né omologabile, ad alcuna cultura o mentalità dominante, ma nel mostrare l’unica novità capace di operare un autentico e profondo rinnovamento dell’uomo, cioè che Cristo è il Vivente, è il Dio vicino, il Dio che opera nella vita e per la vita del mondo e ci dona la Verità, il modo di vivere”. (Udienza generale, 14 aprile 2010)

    “Essere fino in fondo sacerdoti e nient’altro”: questo, osserva il Papa parlando alla Congregazione per il Clero, è ciò che i fedeli chiedono a chi ha consacrato la propria vita a Dio. Benedetto XVI ribadisce la necessità per i sacerdoti di una “vita profetica, senza compromessi”:

    “C’è grande bisogno di sacerdoti che parlino di Dio al mondo e che presentino a Dio il mondo; uomini non soggetti ad effimere mode culturali, ma capaci di vivere autenticamente quella libertà che solo la certezza dell’appartenenza a Dio è in grado di donare”. (Udienza a Congregazione per il Clero, 12 marzo 2010)

    Ma qual è il cuore, il fondamento dell’istituzione del sacerdozio? Benedetto XVI lo ravvisa nella frase di Gesù “Non vi chiamo più servi, ma amici”:

    “È questo il significato profondo dell'essere sacerdote: diventare amico di Gesù Cristo. Per questa amicizia dobbiamo impegnarci ogni giorno di nuovo. Amicizia significa comunanza nel pensare e nel volere. (…) E questa comunione di pensiero non è una cosa solamente intellettuale, ma è comunanza dei sentimenti e del volere e quindi anche dell'agire”. (Messa Crismale, 13 aprile 2006)

    Dal Papa, in particolare durante l’Anno Sacerdotale, arriva l’incoraggiamento ai sacerdoti a riscoprire la bellezza del loro ministero. Il Pontefice indica la dimensione, anzi la relazione in cui trovare sempre nuova linfa per la propria missione, per il proprio cammino:

    “Occorre stare con Gesù per poter stare con gli altri. È questo il cuore della missione. Nella compagnia di Cristo e dei fratelli ciascun sacerdote può trovare le energie necessarie per prendersi cura degli uomini, per farsi carico dei bisogni spirituali e materiali che incontra, per insegnare con parole sempre nuove, dettate dall'amore, le verità eterne della fede di cui hanno sete anche i nostri contemporanei”. (Udienza alla Fraternità San Carlo, 12 febbraio 2011)

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    Alle 19, il Papa presiede la Messa del Corpus Domini in S. Giovanni in Laterano e la Processione a S. Maria Maggiore

    ◊   In Vaticano ci celebra oggi la Solennità del Corpus Domini. Questa sera, alle 18.40 Benedetto XVI si recherà alla Basilica di San Giovanni in Laterano, dove alle 19 presiederà la Santa Messa. Al termine, come da tradizione, il Papa guiderà la Processione Eucaristica lungo Via Merulana, fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, da dove impartirà ai fedeli la Benedizione Eucaristica.

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    Presentata a Milano dal cardinale Tettamanzi la cerimonia di Beatificazione di domenica prossima in Piazza Duomo

    ◊   La cerimonia di Beatificazione di don Serafino Morazzone, suor Enrichetta Alfieri e padre Clemente Vismara, che domenica prossima trasformerà il volto di Piazza Duomo a Milano, è stata presentata nella tarda mattinata di oggi dal cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, che domenica presiederà il rito. Il servizio di Fabio Brenna:

    Una risposta al bisogno di speranza di questi nostri giorni. Il cardinale Tettamanzi ha definito così le Beatificazioni che saranno celebrate domenica, in piazza Duomo, a Milano, con il collegamento alle 12.00 con l’Angelus del Papa. Tre i protagonisti della giornata: tre radiose figure di santità “ordinaria”, vissuta nella normalità di giorni intensi, secondo l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi:

    “Questi tre Beati mi sono vicinissimi. Sì, io li ho sentiti vicinissimi e chiedo a me stesso: 'Tu, ti senti non dico vicinissimo, ma almeno un pochino vicino a loro? Perché anche tu hai la tua ordinarietà pesante, faticosa: sei capace di portarla, però con quella speranza che - alla fine - è ciò che ci fa respirare anche nei momenti più faticosi e più difficili?'”.

    La figura più lontana nel tempo è quella di Serafino Morazzone, curato di Chiuso presso Lecco, paragonato già in vita al Santo Curato d’Ars, e di cui scrisse il Manzoni nella prima versione dei Promessi Sposi. Contemporanei sono invece padre Clemente Vismara, missionario del Pime che alla sua morte, nel 1988, venne chiamato “Patriarca della Birmania”, Paese dove spese tutta la sua vita. Suor Enrichetta Alfieri visse la sua missione nel carcere milanese di San Vittore, finendovi internata a causa del suo aiuto dato ai prigionieri vittime della repressione nazifascista:

    “Uno è santo perché è vicino a Dio, ma quando è vicino a Dio è vicino ad un Padre che è Padre di tutti, che ama tutti e che vuole il bene di tutti. Da questo punto di vista, la santità è sì spiritualità e quindi incontro con Dio, ma incontrando Dio si incontra l’intera umanità, tutta quanta l’umanità e in particolare quella che ha più bisogno di affetto paterno”.

    La cerimonia di Beatificazione sarà presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ed avrà inizio alle 10. Settemila i posti a sedere già attribuiti e un altro migliaio di fedeli seguirà il rito dalla piazza. Prevista la diretta televisiva e radiofonica. Le offerte raccolte nel corso della celebrazione verranno destinate alla popolazione birmana, colpita da un devastante terremoto lo scorso 24 marzo. (mg)

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    La proclamazione della nuova cattedrale bielorussa di Vitebsk nel racconto di mons. Tejado Muñoz di "Cor Unum"

    ◊   Il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, è rientrato a Roma dalla Bielorussia, dove ha presieduto sabato scorso – come inviato del Santo Padre – la celebrazione per la proclamazione della nuova cattedrale della diocesi di Vitebsk. Domenica scorsa, il porporato ha poi presieduto nella Piazza dell’Indipendenza della capitale Minsk, su invito dall’arcivescovo Kondrusiewicz, la celebrazione eucaristica per il 20.mo anniversario di fondazione della metropolia di Minsk-Mohilev. Presenti al rito tutta la gerarchia bielorussa, esponenti della Chiesa ortodossa russa, autorità civili e numerosi vescovi e sacerdoti di Russia, Ucraina, Lettonia e Polonia. Il cardinale Sarah è stato accompagnato dal sottosegretario di Cor Unum, mons. Segundo Tejado Muñoz, il quale spiega al microfono di Roberto Piermarini l’importanza per la Bielorussia della presenza del cardinale come inviato papale:

    R. - La visita del cardinale Sarah - dal mio punto di vista - è stata molto importante proprio per mostrare alla Chiesa di una nazione che ha sofferto, per tantissimi anni, un regime comunista, molto ferreo e molto chiuso, come la Chiesa universale le sia vicina. In questo contesto, la presenza di un cardinale africano ha veramente molto colpito le persone: i bambini lo guardavano con una tale espressione di ammirazione… Io credo che per questo tipo di Chiese, che hanno sofferto molto a causa di una chiusura patita poi dalla nazione intera, la presenza di persone come il cardinale Sarah - un cardinale africano, della Guinea-Conakry - apra nuovi orizzonti, mostrando che la Chiesa è realmente cattolica. Credo che questa sia la cosa che più è stato sottolineato, anche da parte dei vescovi e dei fedeli: la felicità di constatare che la Chiesa non è questa piccola realtà, ma è una realtà più ampia, più grande e più bella.

    D. - In che modo Cor Unum ha avuto contatti con la Caritas locale? E cosa fa la Chiesa nel sociale in particolare?

    R. - La Chiesa in Bielorussia è una realtà molto viva. Abbiamo avuto contatti con la Caritas, sia a Vitebsk che a Minsk, così come con gli operatori e tutti coloro che lavorano lì. E’ molto viva, ma trova delle difficoltà a lavorare in campo sociale. Questa difficoltà è dovuta non soltanto a difficoltà obiettive, ma anche e soprattutto a mancanza di mezzi per poterlo fare. Ci sono tanti operatori e abbiamo visto tantissima presenza di sacerdoti, di suore, di laici: loro fanno quello che possono con delle strutture abbastanza piccole, devo dire, ma è molto, molto viva: sono chiese che rinascono con una grande forza.

    D. - Qual è l’importanza della nuova evangelizzazione in Bielorussia, Paese che è stato per molti anni sotto l’ateismo?

    R. - Sottolineerei di nuovo questa apertura alla nuova evangelizzazione. Tutti questi movimenti e tutte queste realtà legate alla nuova evangelizzazione hanno la caratteristica di far unire diversi popoli, di mettere insieme diverse realtà. L’arcivescovo di Minsk ci diceva che, in occasione della Giornata mondiale della gioventù, porteranno un numero elevato di ragazzi. Questa, secondo me, rappresenta una grandissima ricchezza. Bisogna partire da qui: “Non siamo soli e non siamo in questa nostra realtà così piccoli; la vita della nostra Chiesa è in rapporto con tante altre chiese, con tante altre realtà e con tante altre vie di evangelizzazione. Bisogna considerare anche che la Chiesa ha mantenuto la sua fede attraverso una pietà popolare e questo ha permesso - grazie a Dio - di mantenere la fede in questi anni, di tramandare la fede di generazione in generazione. Credo che in questo momento, in una società globalizzata, siano necessari degli schemi, ma anche delle strutture e delle forme di evangelizzazione nuova, che mettano appunto in rapporto fra di loro le nazioni, i popoli, le Chiese e le persone. (mg)

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    Oggi in Primo Piano



    Dopo quasi cento anni, torna a San Pietroburgo la processione del Corpus Domini. Intervista con mons. Pezzi

    ◊   Un evento storico: domenica prossima, sfilerà sulla “Prospettiva Nevskij” di San Pietroburgo, la processione del Corpus Domini. Non accadeva dal 1918. L’amministrazione cittadina ha, dunque, accettato la richiesta avanzata dalla comunità cattolica locale. La celebre strada della città russa è anche chiamata “viale della tolleranza confessionale”, poiché qui si affacciano le chiese delle principali confessioni cristiane: ortodossa, cattolica, luterana e armena. La processione sarà presieduta da mons. Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, che al microfono di Federico Piana si sofferma sull’importanza di questo avvenimento:

    R. – E’ certamente una cosa bella, perché è il riconoscimento – anche da parte della città – di un gesto liturgico molto importante per la Chiesa cattolica, come lo è la processione del Corpus Domini.

    D. – Questo cosa vuol dire per la Chiesa cattolica?

    R. – Io penso che innanzitutto questo significhi da parte nostra una responsabilità nel mostrare come un gesto di fede, come la processione del Corpus Domini, sia capace di dare una testimonianza di bellezza e di positività della vita per la città.

    D. – Questo è anche un risultato soddisfacente per una Chiesa sempre in crescita …

    R. – La vita e l’attività della comunità cattolica di San Pietroburgo è certamente vivace ed effervescente. Registriamo soprattutto una crescita e una maturità nella fede e quindi anche una capacità di testimonianza nella città, da parte dei nostri fedeli.

    D. – Che cosa è cambiato perché dopo 93 anni fosse autorizzata questa processione?

    R. – E’ cambiato innanzitutto che l’abbiamo richiesta, questa possibilità. Forse, negli anni precedenti, non abbiamo avuto l’ardire di farlo. E’ certamente un evento, per noi: devo dire che noi stessi siamo rimasti stupiti – essendo una delle principali, se non la principale arteria della città, la Prospettiva Nevskij – che ci sia stata data comunque una possibilità che fino a ieri sarebbe sembrata più difficile, se non altro da un punto di vista logistico. Cosa avveniva, negli anni passati? Che spesso, ogni parrocchia faceva una sua processione. Negli ultimi anni abbiamo dato a questa processione un tono "cittadino", così come avviene, per esempio, a Mosca. E anche questo ha permesso – svolgendosi quest’anno la processione presso la parrocchia di Santa Caterina che da sulla Nevskij – la possibilità di chiederlo. (gf)

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    Emergenza umanitaria in Congo: la denuncia del Cisp, Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli

    ◊   Stupri di massa in Repubblica Democratica del Congo. La denuncia arriva dall’organizzazione umanitaria "Medici senza frontiere", che opera nella parte orientale del Paese. Nel villaggio di Nyakiele oltre cento donne sono state vittime di stupri e violenze fisiche commesse da militari dell'esercito congolese, guidati da un colonnello delle milizie "Mai Mai", e che sono fuggiti da un centro militare. La Repubblica Democratica del Congo, nonostante sia ufficialmente uscita da una lunghissima e sanguinosa guerra civile, continua a rimanere estremamente instabile. Stefano Leszczynski ha intervistato Francesco Mazzarelli, rappresentante dell’Ong Cisp – Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli.

    R. – La parte Est del Paese è considerata zona instabile. Infatti, nelle province del Nord e Sud di Kivu operano delle armate di ribelli rwandesi e burundesi. In più si è aggravata la situazione a Nord del Paese, ai confini con la Repubblica Centroafricana e con il Sudan, zona dove opera l’Lra, un gruppo molto violento sud sudanese.

    D. – In sostanza, la situazione del Congo è ancora quella di un Paese con delle frontiere fortemente permeabili e instabili. Questo cosa provoca nel Paese?

    R. – Sicuramente movimenti di popolazione, movimenti di gente che cerca di scappare dalla violenza dei conflitti e che però si trova a vivere situazioni di emergenza umanitaria, spostandosi in posti dove non c’è da mangiare per la popolazione locale, dove non ci sono risorse naturali per poter sfamare tutti: questo va ad aggravare una situazione che è già grave per le popolazioni autoctone.

    D. – Un Paese, tra l’altro, da un punto di vista umanitario di violenze tristemente noto per stupri di massa che sono stati commessi, con inchieste internazionali. Questo che segno ha lasciato alla popolazione?

    R. – Sicuramente un senso di sfiducia; uno Stato che comunque non riesce a proteggere la popolazione; e questi gruppi armati, che sono diretti sicuramente anche da spinte economiche per lo sfruttamento, perché queste sono tutte zone ricchissime di beni materiali: ferro, oro, diamanti, coltan.

    D. – Tutto questo che cosa provoca sul sistema Paese? Perché il Congo dovrebbe essere un Paese che dopo decenni e decenni di conflitti dovrebbe riuscire in qualche modo a riorganizzarsi politicamente, economicamente, a diventare responsabile delle proprie risorse e tutto questo invece viene bloccato da una situazione di insicurezza totale...

    R. – Sì, è questo quello che ci fa alcune volte disperare, e cioè il fatto che il Congo sia un Paese vastissimo e ricchissimo di risorse naturali. Forse alla fine la sfortuna di essere troppo ricchi e di avere troppe cose, troppe risorse, li penalizza. (ap)

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    L'associazione "Meter" apre una sede a Roma: con noi, il fondatore don Di Noto

    ◊   "Meter", l’associazione onlus impegnata nella difesa dei bambini, ha aperto una sede a Roma in via Niccolò Macchiavelli, in zona Termini. La nuova struttura, si avvale della presenza concreta di volontari e professionisti con l’obiettivo di educare alla cultura dell'infanzia per prevenire abusi e progettare interventi a favore delle piccole vittime. Nell’intervista di Emanuela Campanile, il fondatore di "Meter", don Fortunato Di Noto si sofferma sulla lotta alla pedofilia:

    R. – La pedofilia, l’abuso sessuale, l’abuso in genere sul’infanzia, oggi più che mai, è veramente una delle più grandi piaghe dell’umanità. Non dobbiamo fermarci agli appelli. La sede di Roma nasce dall’invito pressante che Benedetto XVI, proprio il 25 aprile scorso, ha rivolto a noi rappresentanti a Castel Gandolfo alla recita dell’Angelus quando ci ha incoraggiato e ci ha detto di continuare quest’opera. Ricevere questo messaggio del Santo Padre per noi è stato non solo un conforto ma un rilancio ulteriore di servizio ecclesiale e inoltre ci ha detto che dobbiamo aiutare anche le parrocchie, gli oratorii, coloro che si occupano di bambini, ad agire in rete, agire senza gelosie ma in una gioiosità pastorale per far sì che possiamo promuovere questo tipo di servizio.

    D. –C’è anche un sito web dell'associazione: www.associazionemeter.it. L’associazione "Meter" ha un numero verde: 800.455.270. Che cosa fa l'associazione? Come lavorate?

    R. – La cosa più importante è la nostra presenza nel territorio, in maniera non certamente virtuale ma reale. Per chi ha bisogno di contattarci per qualsiasi problema - non soltanto legato all’emergenza e quindi all’abuso in sé ma anche per richieste di percorsi di formazione, interventi nelle parrocchie per i catechisti, per i parroci, per i vescovi... - noi diventiamo servitori di tutto ciò che riguarda l’infanzia in un percorso educativo, in un percorso formativo, in un percorso informativo. Siamo nel territorio perché per noi questo è di fondamentale importanza; sarebbe inutile avere una sede virtuale tanto per ricevere una volta tanto qualche telefonata. I volontari, i nostri operatori - residenti a Roma e nella diocesi di Roma - sono a disposizione per l’emergenza, per i percorsi di prevenzione, per i percorsi di informazione, per incontri nelle scuole, incontri nelle parrocchie… Ma, poi, non dimentichiamo i rapporti con le università, i rapporti con il mondo culturale, con il mondo imprenditoriale, con il mondo artistico; portiamo avanti anche una rappresentazione attraverso una fiaba per aiutare i bambini a crescere in maniera attenta, vigile, sempre non legata solo all’abuso. Quindi, una serie di servizi che non vuole “colonizzare” Roma ma anzi, al contrario, vuole mettere un valore aggiunto, un valore positivo, a ciò che già c’è a Roma e quindi di conseguenza con la specificità, che è un carisma proprio di "Meter", che vuole incidere nella realtà. Quando abbiamo siglato con mons. D’Ercole, il vescovo ausiliare dell’Aquila, con il movimento “tra Noi”, che è della diocesi di Roma e che ci ha fornito questa possibilità, questo immobile, abbiamo detto che la nuova struttura vuole diventare un servizio e noi siamo servitori dei bambini di Roma, servitori dei piccoli fedeli di Roma, servitori dei piccoli cittadini di Roma: chiedete il nostro intervento, chiedete la nostra presenza, e noi saremo lì col nostro carisma, con la nostra specificità, con un nostro modo di agire senza allarmismi e senza "caccia alle streghe" di turno, come spesso sta accadendo in questi ultimi tempi, ma favorendo una cultura nuova alla luce del Vangelo, alla luce di un’esperienza ventennale riconosciuta in tutto il mondo. (bf)

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    Una "Notte bianca" per sensibilizzare sulla prevenzione dei tumori

    ◊   Per il secondo anno torna la Notte Bianca della Prevenzione. Un evento promosso dalla Lilt, Lega italiana per la lotta contro il cancro, volto a sensibilizzare ed educare tutti i cittadini a sani stili di vita e ad una corretta prevenzione. L’appuntamento unisce manifestazioni artistiche e culturali per incoraggiare ed invitare tutti a recarsi presso le sezioni e gli ambulatori Lilt, dove si potrà ritirare materiale scientifico ed effettuare visite mediche specialistiche gratuite. Al microfono di Eliana Astorri, il prof. Francesco Schittulli, presidente Lilt, illustra l’operato della Lega e la situazione del cancro in Italia:

    R. – La Lilt è un ente pubblico di notevole rilievo, è l’unico ente pubblico su base nazionale che ha rapporti internazionali con l’European Cancer League e con la Uicc, ed è impegnata nella lotta ai tumori. Oggi la Lilt riconosce nella prevenzione l’unica arma vincente contro il cancro. Prevenire il tumore significa intanto eliminare i fattori di rischio.

    D. – Cosa dobbiamo evitare?

    R. – Errata alimentazione, tabagismo, attività fisica sedentaria. Già mettendo in atto questi presidi noi riusciremmo a sconfiggere il 60 per cento di tutti i tipi di cancro. A questo si aggiunge poi la prevenzione secondaria, cioè l’anticipazione diagnostica, la diagnosi precoce. Nei confronti dei tumori più frequenti come quello della mammella, del collo dell’utero, del colon retto, della prostata, della cute, del cavo orale, tutto dipende da noi: se noi effettuassimo dei periodici controlli riusciremmo a guarire da questa malattia perché il tumore in fase iniziale ha un grado aggressività molto basso. Oggi registriamo un’incidenza in aumento per quanto riguarda i casi di cancro, nel mondo occidentale in particolare, e questo è dovuto a due fattori. Il primo è legato al fatto che l’età media della vita è aumentata. L’aspettativa di vita cresce di anno in anno e quindi ci sono maggiori possibilità di sviluppare questa malattia. Il secondo motivo è legato al fatto che sono aumentati i fattori di rischio sapendo che il cancro è una malattia ambientale su base genetica. L’ambiente e tutto ciò che ci circonda tutto ciò che sta al di fuori dell’uomo va a stimolare, a mutare, a cambiare i nostri geni e queste alterazioni a lungo termine portano lo sviluppo del cancro.

    D. – Per avere informazioni sia sui tumori che sulle iniziative di questa "notte bianca"?

    R. – L’evento di questa sera apre anche alla possibilità di poter effettuare visite preventive, di poter avere consigli dai medici della Lega contro i tumori, dai volontari. Si tratta di un’opera ulteriore di sensibilizzazione e di diffusione anche del ruolo della prevenzione. Noi dobbiamo cercare di far avanzare la cultura della prevenzione come metodo di vita. (bf)

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    Chiesa e Società



    L'ambasciatore d'Israele, Mordechay Levy: "La volontà vaticana di salvare gli ebrei è un fatto"

    ◊   “Sarebbe un errore pensare che l’aiuto agli ebrei durante la Guerra, a Roma, sia venuto da conventi e istituti religiosi come se fosse una loro iniziativa senza l’appoggio del Vaticano”. Lo ha detto stamattina a Roma l’Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, conferendo il riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni” alla memoria di don Gaetano Piccinini (1904-1972), religioso orionino della Piccola Opera della Divina Provvidenza che si è adoperato a salvare molti ebrei a rischio della sua stessa vita. “Sarebbe un errore dichiarare che il Vaticano ed il Papa si opponevano alle azioni a favore degli ebrei", ha dichiarato l'Ambasciatore Lewy, "la Santa Sede si è adoperata. Non ha potuto evitare la partenza del treno per Auschwitz il 18 ottobre 1943, tre giorni dopo il rastrellamento nel Ghetto. Certamente gli ebrei romani si aspettavano in quel momento protezione dal Papa, ma è un fatto che quello del 18 ottobre è stato il solo convoglio partito alla volta di Auschwitz”. Per l’Ambasciatore Lewy la “volontà vaticana” di salvare gli ebrei è “un fatto”. Nel corso della cerimonia sono state ascoltate le testimonianze di due delle persone salvate da don Piccinini. Don Giuseppe Sorani nel settembre 1943 era un ragazzo ebreo di 15 anni, salvato e nascosto da don Piccinini. “Era un sacerdote che sempre ha rispettato le mie convinzioni e la mia fede religiosa e mi ha recuperato alla vita sociale dopo anni di emarginazione in quanto ebreo”. In seguito Giuseppe Sorani si è convertito al cattolicesimo ed oggi è un religioso orionino. Bruno Camerini, salvato assieme alle sorelle ed alla madre da don Piccinini, ha preso la parola per dire che il religioso era “un uomo di azione che metteva in pratica quel precetto dell’amore per il prossimo già scritto nella Bibbia, portandolo a livelli più alti”. Ed anche Bruno Camerini, da cui è partita la richiesta del riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni”, ricorda che don Piccinini ha sempre rispettato la sua fede ebraica. Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, Livia Link, per l’Ambasciata di Israele; Antonio Floris, sindaco di Avezzano città natale di don Piccinini; mons. Andrea Gemma, orionino, vescovo emerito di Isernia-Venafro. Don Flavio Peloso, superiore generale degli Orionini, ha ricordato che con questo riconoscimento, abbiamo una nuova prova della “rivincita della carità e della solidarietà” nel mondo. Don Piccinini, ha aggiunto, “concentrava in se stesso una intera Protezione civile della carità” e dopo la guerra è stato infaticabile nel soccorrere i poveri e le vittime del terremoto in Irpinia nel 1962, del Vajont nel 1963, del Belice del 1972. (M.R.)

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    Pakistan: perplessità dei cristiani per il primo arresto nell’assassinio di Shahbaz Bhatti

    ◊   “È molto strano che dopo un lungo silenzio, la polizia abbia arrestato qualcuno che ha lavorato per oltre 10 anni con Shahbaz Bhatti, verso il quale nutriva rancori personali”. Interpellato dall'agenzia AsiaNews, non nasconde disappunto e contrarietà il vescovo di Islamabad, mons. Rufin Anthony, in merito all’arresto di Hafiz Nazar Muhammad. L’uomo è stato fermato il 19 giugno scorso ed è l’unico finora indagato dalla polizia per l’assassinio del ministro per le Minoranze religiose. Perplessità e “sorpresa” vengono manifestate anche da diversi leader cristiani pakistani, secondo cui la ricostruzione fornita dagli inquirenti lascia spazio a numerosi interrogativi e lati oscuri. Rivendicata dal gruppo estremista islamico Tehreek-e-Taliban Pakistan, la morte del parlamentare cattolico sembra derubricata a dissapori interni alla comunità cristiana. Il vescovo di Islamabad aggiunge un altro elemento che testimonia lo stato di emarginazione della minoranza religiosa: “Nemmeno Paul Bhatti – spiega, riferendosi al fratello di Shahbaz, nominato Consigliere speciale del premier sulle Minoranze – ha un’idea chiara del suo ruolo e del suo futuro. Sembra ricoprire un ruolo di facciata, perché se il Partito popolare pakistano (Ppp, al governo) cancella il ministero allora [Paul] perde tutti i suoi poteri. E finora non ha detto una sola parola per condannare un passo simile”. Kamal Dass, direttore esecutivo del Movimento cattolico per la pace, definisce “sorprendente” il fatto che solo oggi, a distanza di tempo, l’avvocato e attivista Tahir Naveed Chaudhry, legato al movimento di Bhatti Apma (All Pakistan Minorities Alliance) “affermi di aver ricevuto lettere che denunciano il coinvolgimento di Nazar Muhammad”. E aggiunge un altro elemento strano: che Chaudrhy, già membro dell’Assemblea provinciale del Punjab (il Parlamento locale) non sia stato interrogato in precedenza durante l’indagine. Le forze dell’ordine stanno interrogando Hafiz Nazar Muhammad, rintracciato attraverso la mappatura del suo telefono cellulare. Il sospetto è stato fermato il 19 giugno scorso, recluso nella caserma I-9 di Islamabad e incriminato in base all’articolo 302/34 del Codice penale pakistano (Ppc). Secondo la ricostruzione degli agenti, che suscita molti interrogativi e perplessità, Nazar avrebbe lavorato a stretto contatto con il parlamentare cattolico per almeno 10 anni e nutriva dissapori personali. Sulla vicenda è intervenuto anche Paul Bhatti, il quale conferma di essere stato informato da Chaudhry che “aveva ricevuto lettere anonime in cui si faceva il nome di Nazar Muhammad quale persona implicata” nell’assassinio di Shahbaz. Il fratello del ministro ucciso aggiunge che “[Chaudhry] ha contattato la polizia, che dopo una lunga indagine ha fermato Nazar Muhammad” e ora “aspettiamo gli esiti degli interrogatori”. Il consigliere speciale per le Minoranze ricorda infine che al momento si parla solo di “sospetti” ed è “prematuro rilasciare dichiarazioni”, anche se fin dall’inizio sono emerse strani scambi di accuse fra membri dell’Apma. (R.P.)

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    Indonesia: accuse di reticenza al presidente nel combattere le violenze contro i cristiani

    ◊   Dal 2006, ci sono stati più di 200 attacchi a chiese in Indonesia, ma il presidente Yudhoyono viene considerato “piuttosto reticente” nel difendere la minoranza cristiana del Paese. E’ quanto ha affermato Theophilus Bela, presidente del forum comunitario Jakarta Christian all'organizzazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), sottolineando che nei primi cinque mesi di quest'anno si sono verificati 14 attacchi a chiese, e in tutto il 2010 ne sono stati registrati 46. Riporta l’agenzia Zenit che Bela accusa l'Amministrazione del presidente indonesiano di non fare abbastanza per affrontare la violenza islamista anticristiana.“Il presidente Yudhoyono dorme se c'è un attacco alle chiese cristiane”, ha denunciato, e “se il presidente dorme, la polizia fa lo stesso”. Yudhoyono è giunto alla Presidenza del Paese nel 2004 e da allora ci sono stati 286 attacchi a chiese, in un bilancio mai così grave dalla fine degli anni novanta. Secondo Bela i 28,5 milioni di cristiani continuano ad essere il gruppo religioso più perseguitato del Paese. In Indonesia solo il 3% della popolazione è cattolico e circa il 6% è protestante. La maggioranza, l'86%, è di religione musulmana. Circa l'aumento a lungo termine degli attacchi estremisti contro i cristiani, Bela ha spiegato che i musulmani delle città hanno reagito male all'arrivo dei cristiani provenienti da aree rurali alla ricerca di impieghi creati dagli investimenti del Governo in fabbriche e altre attività. “Noi cristiani non abbiamo paura perché siamo cittadini di questo Paese, come altri gruppi della nostra società”, ha segnalato Bela: “Il nostro Paese si basa su un'ideologia pluralista e non abbiamo una religione di Stato” (M.R.)

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    Vietnam: mons. Girelli sull’importanza dell’evangelizzazione alle chiese del nord

    ◊   “Imitare i martiri ed evangelizzare”: sono queste le direttrici principali suggerite ai cattolici vietnamiti dal nunzio apostolico Leopoldo Girelli, che in questi giorni ha visitato il nord del Vietnam. Durante il suo viaggio, il suo secondo nel Paese, il nunzio, nominato da Papa Benedetto XVI “rappresentante pontificio non residente in Vietnam”, ha visitato le diocesi di Bac Ninh, Lang Son, Hai Phong, Bui Chu et Thai Binh. Riferisce l’agenzia Fides che mons. Girelli ha portato direttamente l’affetto del Santo Padre ai fedeli di 20 parrocchie, alcune piccolissime, come quella di Dong Dang, al confine con la Cina, che conta solamente 200 fedeli, altre molto estese, come quella di Ke Sat. Mons. Girelli, che ha trovato in Vietnam una comunità molto vivace e attiva a livello pastorale, ha celebrato la Santa Messa in diversi Santuari dedicati ai martiri vietnamiti, “per rimarcare la necessità di riconciliazione, il messaggio che viene dal martirio”, sottolinea un sacerdote vietnamita. Nella Messa celebrata nella diocesi di Bac Ninh, il nunzio ha sottolineato come in Vietnam “molti sono divenuti cristiani grazie al martirio, perchè il sangue dei martiri non grida vendetta ma porta riconciliazione. Il martirio non è stato una condanna, ma ribadisce che l’amore è più forte della violenza e della divisione, creando una nuova comunità. Infatti, grazie al sangue dei martiri, è nata la Chiesa a Bac Ninh”. Altro tema ricorrente è stato l’annuncio del Vangelo: mons. Girelli ha invitato ogni fedele vietnamita a impegnarsi a proclamare la Buona Novella nella sua vita, chiedendo ai vescovi e ai sacerdoti di essere “i primi, pazienti, evangelizzatori”. Ha poi definito i religiosi “missionari speciali”, invitandoli a vivere fedelmente i voti professati, mostrando il loro amore verso Cristo attraverso il dono speciale della loro vita. Ai laici ha ricordato la “missione nel mondo e nella società”, dove è loro compito mantenere salda la fede e proclamarla con la testimonianza di vita. Una speciale attenzione è stata dedicata ai giovani, che sono stati esortati a domandarsi “cosa posso fare io per Cristo, per la Chiesa, per il mio paese, per testimoniare la pace e la giustizie e l’amore ?” e sono stati poi invitati a portare il Vangelo ai loro coetanei “in ogni angolo del mondo”. (M.R.)

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    Usa: un documento dei vescovi denuncia i rischi dell'eutanasia

    ◊   “Il processo della morte può spaventare, ma la società può essere giudicata da come risponde a queste paure”, sostengono i vescovi degli Stati Uniti in un nuovo documento sull’eutanasia. Riferisce l’agenzia Zenit che i presuli si sono incontrati a Seattle per il loro meeting generale primaverile e hanno approvato giovedì una dichiarazione dal titolo “Vivere ogni giorno con dignità”. “Una comunità premurosa dedica più attenzione, non meno, ai membri che affrontano il momento più vulnerabile della propria vita. Quando le persone sono tentate di vedere la propria vita sminuita in valore o significato, hanno bisogno dell'amore e dell'assistenza degli altri per essere assicurati del loro valore intrinseco”, afferma la dichiarazione, che offre anche una breve storia dello sviluppo dei dibattiti sull’eutanasia. “Le persone suicide diventano sempre più incapaci di apprezzare delle opzioni”, e hanno una “sorta di visione a tunnel che vede sollievo solo nella morte. Hanno bisogno di aiuto per essere liberate dai loro pensieri suicidi attraverso la consulenza, il sostegno, e, quando necessario e utile, le cure mediche”, hanno dichiarato i vescovi che aggiungono: “scelte apparentemente libere possono essere indebitamente influenzate dai pregiudizi e dai desideri degli altri”, mentre, “annullando la difesa legale della vita di un gruppo di persone, il Governo comunica implicitamente il messaggio che potrebbero stare meglio da morti. In questo modo il pregiudizio di troppe persone sane contro il valore della vita per qualcuno che ha una malattia o una disabilità è incarnato in una politica ufficiale”. I presuli hanno riconosciuto che la sofferenza per le malattie croniche o terminali è spesso grave e chiede compassione, ma hanno anche affermato che “la vera compassione allevia la sofferenza mantenendo allo stesso tempo la solidarietà con quanti soffrono. Non mette nelle loro mani farmaci letali o li abbandona ai loro impulsi suicidi, o ai motivi egoistici di altri che possono volerli morti. Aiuta le persone vulnerabili con i loro problemi, anziché trattarle come il problema”. I vescovi hanno anche parlato dei rischi che si possono correre quando si viene privati della vita in nome della compassione, sottolineando come “i medici olandesi, che una volta limitavano l'eutanasia ai pazienti malati terminali, ora forniscono farmaci letali a persone con malattie croniche o disabilità, malattie mentali e perfino depressione”. I vescovi hanno inoltre avvertito della possibilità che i programmi governativi e le assicurazioni private possano limitare il sostegno alle cure che potrebbero allungare la vita, enfatizzando come una morte prescritta dai medici sottenda alla base un’idea basata sul rapporto costi-benefici. “Quando invecchiamo o ci ammaliamo e siamo tentati di perdere la fiducia, dovremmo essere circondati da gente che chiede 'Come possiamo essere utili?'”, concludono i Vescovi. “Meritiamo di invecchiare in una società che guarda alla nostra cura e alle nostre necessità con una compassione basata sul rispetto, offrendo un autentico sostegno nei nostri ultimi giorni”, si legge nella parte finale del documento,“le scelte che compiamo insieme ora decideranno se questo sarà il tipo di società premurosa che lasceremo alle generazioni future”. (M.R.)

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    Messico: preghiera per la fine delle violenze e processione con le reliquie del Beato de Palafox

    ◊   Oggi, in occasione della solennità del Corpus Domini, il cardinale arcivescovo di México, Norberto Rivera Carrera, presiederà nella capitale una celebrazione eucaristica nella piazza di Tlaxcoaque, dalla quale poi prenderà il via una processione che si snoderà fino alla piazza centrale della città, il Zócalo, dove è prevista la lettura di un messaggio ai fedeli. Ieri invece, si è svolta la processione durante la quale sono state portate dai fedeli le reliquie del beato Juan de Palafox y Mendoza, lungo un percorso che si snoderà per le strade del centro storico fino a raggiungere la cattedrale. Dall’arcivescovado si sottolinea che «è desiderio del cardinale Rivera Carrera che vengano mantenuti vivi gli atti di religiosità per le strade della città, come quelli per il Corpus Domini». Nella giornata di sabato, inoltre, si svolgerà il pellegrinaggio alla basilica di Nostra Signora di Guadalupe di 130 gruppi che compongono il movimento cattolico Unión de Voluntades, al fine di invocare l’intercessione della Vergine di Guadalupe e del beato Giovanni Paolo II per la cessazione della violenza nel Paese. «La nostra organizzazione — ha spiegato Guillermo Bustamante, coordinatore dell’Unión de Voluntades — invocherà l’intercessione del beato affinché Dio conceda il dono della pace che tanto desiderano i messicani». Alle preghiere rivolte al beato Giovanni Paolo II per la riconciliazione nel Paese, si uniranno oggi le invocazioni dei fedeli, sempre per la pace, al beato Juan de Palafox y Mendoza. Studioso, amante della musica e «uomo giusto», il beato è stato descritto più volte come il personaggio più importante del XVII secolo della Nuova Spagna. Nato nella cittadina di Fitero, in Spagna, nel 1600, Juan de Palafox y Mendoza giunse in Messico, come alto rappresentante della Corona spagnola per le sue doti spirituali e giuridiche. Divenne poi sacerdote, nel 1629, e dieci anni dopo ricevette l’ordinazione episcopale. Nominato vescovo di Puebla de los Ángeles in Messico (Nuova Spagna) ebbe importanti responsabilità come vicerè e visitatore apostolico. Sia lì, sia in seguito nella provincia di Soria, si distinse come zelante pastore. Morì a Osma nel 1659. Durante i nove anni di permanenza nella Nuova Spagna, la sua opera si è caratterizzata per aver difeso la popolazione indigena, vietando l’uso di qualsiasi metodo di conversione forzata». La comunità cattolica locale, si osserva, è stata la prima a essere sorpresa per l’interesse mostrato dalle autorità cittadine in occasione della celebrazione in onore del beato. Le iniziative di preghiera si svolgono, si sottolinea, in un clima di massima collaborazione con le autorità cittadine. (L.Z.)

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    Ecuador: i Missionari scalabriniani denunciano le condizioni dei rifugiati

    ◊   “Non serve a nulla avere 54.000 rifugiati riconosciuti, se non gli si offre sufficiente attenzione e sicurezza". È la denuncia di Janeth Ferreira, direttrice della Fondazione Scalabrini, che si occupa dei rifugiati politici in Ecuador. Riferisce l’agenzia Fides che la maggior parte di queste persone sono donne e bambini, che provengono principalmente dalla Colombia, il Paese con il maggior numero di persone accolte in altre nazioni dell’America Latina, secondo l'Alto Commissario dell'Onu per i Rifugiati (Acnur). Secondo gli operatori del settore la risposta dello Stato ecuadoriano alla questione, è ancora troppo limitata. "Lo Stato legalizza solo lo status di rifugiato, concedendo i visti. Ma per ciò che riguarda i servizi sociali, come la protezione e l'integrazione, praticamente non c'è nessun contributo da parte del Governo", aggiunge la Ferreira, “anzi, piuttosto ci sono difficoltà amministrative per il rinnovo annuale del visto, soprattutto per coloro che vivono nelle zone di confine come San Lorenzo e hanno bisogno di recarsi negli uffici di Quito, Tulcan o Ibarra per le pratiche”. Janeth Ferreira racconta che "alcune persone non vogliono neppure la tessera di rifugiato. Infatti, se fai domanda per un lavoro o per affittare una casa, quando mostri il documento di identità su cui c'è scritta la parola ‘refugiado’, le persone ti guardano con paura". In molte scuole e centri sanitari dicono loro "non c'è posto per gli ecuadoriani, figuriamoci per gli stranieri." L'assistenza dipende molto da quello che realizzano le organizzazioni della società civile. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, Antonio Gutierres, responsabile dell'Acnur a Quito, ha annunciato che circa 1.000 rifugiati lasceranno l'Ecuador per andare negli Stati Uniti, in Canada, Nuova Zelanda, Brasile e Cile. (M.R.)

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    Denuncia del Jesuit Refugee Service: la Convenzione Onu sui rifugiati non è attuata in pieno

    ◊   “Se alla Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati fosse data piena attuazione, sia nella lettera che nello spirito, tanti rifugiati in fuga dalla Libia che attraversano il Mediterraneo, somali che fuggono in Kenya, e innumerevoli altri fuggiaschi potrebbero trovare protezione e talvolta persino salvezza. La protezione dalle violazioni dei diritti umani è diritto di nascita di ciascuno di noi". Lo denuncia il direttore del Jesuit Refugee Service, il Servizio gesuita per i rifugiati (Jrs), padre Peter Balleis in una nota diffusa in occasione della Giornata mondiale del rifugiato celebrata il 20 giugno scorso. "Troppi governi - si legge nella nota ripresa dall’agenzia cattolica africana Cisa - continuano a ignorare i principi fondamentali della Convenzione, che viene da loro vista come inopportuna sotto il profilo politico o troppo onerosa sul piano economico. I rifugiati vengono spesso confinati in campi situati in zone remote o addirittura detenuti ingiustamente in violazione del loro diritto alla libertà di movimento. Analogamente, vengono loro negati i documenti personali, il diritto al lavoro, e l'accesso ai servizi di base. Gli stati limitano sempre più l'accesso ai propri territori e di fatto impediscono ai richiedenti asilo di accedere alle opportune procedure di determinazione del loro status". Padre Balleis riconosce peraltro che la Convenzione ha aiutato a salvare numerose vite umane: ”Essa è la pietra angolare della protezione internazionale. La sicurezza offerta a milioni di donne, uomini e bambini e la possibilità che viene loro data di ricostruirsi una vita dignitosa sono una chiara dimostrazione della sua importanza”, si legge nella nota, che cita il caso della Repubblica Democratica del Congo dove l’Unhcr assiste migliaia di donne rifugiate vittime di stupri. Con la sua rete di servizi sanitari, educativi e sociali il Jrs è oggi presente in più di 50 Paesi nel mondo. (L.Z.)

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    Prima Giornata mondiale Onu delle vedove: il messaggio di Ban-Ki-moon

    ◊   Si celebra oggi per la prima volta la Giornata mondiale delle vedove, un’occasione per richiamare l’attenzione sulle molteplici difficoltà affrontate dalle donne che hanno perso il loro marito. Tra queste, ricorda il Segretario generale delle Nazioni unite Ban-Ki-Moon in un messaggio, la mancanza di una rete di sicurezza sociale dopo il matrimonio e l’impossibilità di beneficiare di eredità, proprietà terriere, impieghi e a volte perfino la mancanza di accesso ai mezzi di sussistenza. “Nei luoghi dove lo status di vedova è legato al marito”, si legge nel messaggio, queste donne “all’improvviso, si ritrovano respinte ed isolate. Il matrimonio, indipendentemente dalla loro volontà, rappresenta l’unico modo per una vedova di riavere la propria posizione sociale”. Tra le circa 245 milioni di vedove nel mondo, più di 115 vivono in condizioni di estrema povertà. Una situazione che si aggrava nei Paesi lacerati da conflitti, dove spesso le donne rimangono vedove molto giovani e devono farsi carico dei propri figli tra guerre e spostamenti, senza aiuti né sostegni. “Tutte le vedove dovrebbero essere tutelate dai diritti enunciati nella Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e negli altri trattati internazionali sui diritti umani”, aggiunge Ban-Ki Moon, che precisa anche come “le interpretazioni di codici di comportamento tradizionali, come lutti e riti funebri, spesso negano alle vedove la quasi totalità dei diritti universalmente riconosciuti. La morte è inevitabile”, conclude il Segretario generale, “ma possiamo ridurre la sofferenza delle vedove migliorando il loro status ed aiutandole nel momento del bisogno. Questo contribuirà a promuovere la piena ed equa partecipazione di tutte le donne nella nostra società, avvicinandoci all’eliminazione della povertà e favorendo la pace nel mondo”.(M.R.)

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    Visita ad Hebron di una delegazione del Patriarcato latino di Gerusalemme

    ◊   Sono stati accolti ad Hebron dal governatore Kamid Hamilt e dal sindaco Khaled Osaily ieri il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, mons. William Shomali, vescovo ausiliare, l’amministratore generale del patriarcato, padre Humam Khzouz ed alcuni sacerdoti e seminaristi. Ne dà notizia il sito del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org. Una visita a lungo pianificata quella di lunedì nella città della Terra Santa dove, nonostante l’assenza di una comunità cristiana locale, il ruolo della Chiesa è considerato e apprezzato. “Gli incontri tra cristiani e musulmani sono importanti e sono la prova dell’unità del nostro popolo palestinese” ha affermato il governatore accogliendo le posizioni del Vaticano sulla questione israelo-palestinese e ringraziando il patriarca Fouad Twal per il suo impegno. La delegazione del patriarcato ha visitato la città, dove diverse aree sotto il controllo israeliano sono popolate dai palestinesi mentre la vecchia strada principale del centro è chiusa e alcune zone sono proibite ai palestinesi. La zona vicino alla Moschea di Abramo, dove si trova la Tomba dei Patriarchi, è invece isolata attraverso numerosi checkpoint. Al di là di questa realtà Hebron si sta comunque sviluppando positivamente. Il patriarca Twal ha inoltre visitato l'università, che oggi ha più di 5000 studenti, di cui il 73% ragazze che ricevono delle borse di studio e l’ospedale, rinomato tra i migliori del Medio Oriente per il reparto di cardiologia. (T.C.)

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    Terra Santa: comincia oggi la visita pastorale del patriarca latino di Gerusalemme negli Stati Uniti

    ◊   Da oggi e fino al 1 luglio, il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, sarà negli Stati Uniti per visitare la costa orientale ed incontrare le autorità religiose e civili del Paese. Questa visita costituisce un’importante occasione per il patriarca di incontrare i fedeli, soprattutto palestinesi e giordani, del Patriarcato latino, circa 120.000, che sono emigrati in Nord America. “Lo scopo della mia visita”, afferma il patriarca all’agenzia Sir, “è quello di incoraggiare i fedeli a custodire sempre il senso di appartenenza alla Terra Santa da cui provengono e di ricordare i loro fratelli che ancora vi abitano. Vengo per incoraggiarli a sostenere con la preghiera e finanziamenti i nostri progetti. Adesso che i fedeli sono ben integrati nel loro Paese di accoglienza, molti di loro hanno espresso questa disponibilità”. Tra i progetti che il Patriarcato latino sta realizzando c’è quello di un’università nella città giordana di Madaba, “i fedeli in America ci possono aiutare attraverso borse di studio o donazioni per il completamento dei lavori”, ha affermato mons. Twal. Diversi gli incontri in agenda: su tutti il 30 giugno la Messa del “Corpus Domini”, che sarà concelebrata con l'arcivescovo Timothy Dolan, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e l’incontro con i rappresentanti dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. (M.R.)

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    Terra Santa: nasce ad Akko il Tau Music Center per il dialogo fra le tre religioni monoteiste

    ◊   Si chiama Tau Music Center, è stato inaugurato ad Akko, in Terra Santa, la scorsa settimana e farà dialogare ebrei, cristiani e musulmani sul pentagramma. Il Tau Music Center è infatti un Centro per l’insegnamento musicale che vuole utilizzare come linguaggio comune quello, universale, della musica. Lo ha organizzato padre Quirico Calella, che dirige la Terra Sancta School, dove quotidianamente si vive la sfida del lavoro comune tra realtà differenti. Ad inaugurare il Centro, riferisce il sito della Custodia di Terra Santa www.custodia.org, e a benedirne gli spazi sono stati il ministro generale dell’ordine dei frati minori, fra Josè Carballo e il custode di Terra Santa fra Pierbattista Pizzaballa. L’idea del Tau Music Center è nata sulla scia della Tau Banda, la formazione in cui da tre anni suonano fianco a fianco ragazzi e ragazzi di tutte le etnie e religioni. Ora il centro vuole offrire l’educazione alla musica. Intanto la Tau Banda alla fine di luglio sarà in Italia per partecipare, a Cisternino (Puglia), al Festival Internazionale della Bande. Da lì, si sposterà per esibirsi in altre città tra cui Roma e Napoli. (T.C.)

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    Africa occidentale: i narcotrafficanti rischiano di minacciare la stabilità politica della regione

    ◊   Il consumo di droga in Africa occidentale è in aumento e così l’organizzazione dei narcotrafficanti. Sono questi i punti principali emersi dalla riunione dell’Iniziativa della Costa dell’Africa Occidentale (Waci), che si è tenuta ieri a Dakar in Senegal. La WACI, avviata nel 2009, promossa dall’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga ed al crimine organizzato (Unodc), dall’Interpol e dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecows/Cedeao), è volta a far fronte “al problema crescente dei traffici illeciti, del crimine organizzato e dell’abuso di droga” in quattro Stati della regione: Guinea Bissau, Liberia, Sierra Leone e Costa d’Avorio. Riferisce l’agenzia Fides che secondo Alexandre Schmidt, responsabile per la regione dell’Unodc, la quantità di droga sequestrata in Africa occidentale negli ultimi anni è diminuita, ma questo dato riflette più una migliore organizzazione dei narcotrafficanti che non un aumento dell’efficienza delle forze dell’ordine. Schmidt ha espresso il timore che l’Africa occidentale segua lo stesso sviluppo del Messico, con le organizzazioni criminali locali che soppiantano progressivamente i narcotrafficanti colombiani nei lucrosi traffici di cocaina provenienti dall’America Latina diretti in Europa, passando per le coste africane. Se si pensa che gli Stati della regione sono molto fragili, anche a causa delle recenti guerre civili (ad esempio in Costa d’Avorio), si comprende quale minaccia alla stabilità regionale rappresenti l’affermarsi di bande ben organizzate di criminali, dotate di imponenti mezzi economici. Secondo Schmidt nel 2010 sono state inoltre consumate nella regione 13 tonnellate di droga, principalmente cocaina. Per combattere questo fenomeno gli esperti hanno sottolineato l’importanza di adottare severe misure contro il riciclaggio del denaro di origine illecita. (M.R.)

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    Burkina Faso: i vescovi mettono in guardia sulla crisi socio-politica

    ◊   “La recente crisi vissuta in Burkina Faso è stato un forte segnale di avvertimento”. Questo il giudizio espresso dai vescovi del Paese, riuniti la settimana scorsa a Ouagadougou per la terza assemblea annuale della Conferenza episcopale del Burkina e del Niger (Cebn). La riunione – riferisce il comunicato stampa finale pubblicato oggi sul sito allafrica.com – è stata in parte dedicata a fare il punto dell’attuale situazione sociale e politica del Burkina Faso, scosso lo scorso febbraio da una delle più gravi crisi sociali vissute dal Paese dal 1987, segnata da ripetuti scioperi e ammutinamenti militari che hanno causato morti, oltre a gravi danni materiali. Una crisi che preoccupa i vescovi “per la sorprendente violenza” con cui si è manifestata e per il clima di insicurezza che ha creato, ma in cui essi leggono anche un segnale positivo della crescente insofferenza dei cittadini burkinabè verso “l’ingiustizia, l’impunità e il caro vita” denunciati dallo stesso episcopato lo scorso dicembre nel messaggio per 50° anniversario di indipendenza del Paese. I vescovi hanno quindi espresso l’auspicio che “la Nazione possa dotarsi di istituzioni forti, capaci di rispettare e proteggere tutti i cittadini, di ascoltare, di garantire giustizia, verità e servizi e di educare al rispetto dello Stato e dei suoi simboli, delle persone e dei loro beni”. Altro punto al centro dei lavori della Cebn è stato il bilancio del lavoro svolto dalle varie commissioni e organismi episcopali. I vescovi hanno elogiato, in particolare, il Consiglio nazionale dei laici per il suo impegno nella promozione di un laicato consapevole, responsabile e maturo nella Chiesa burkinabè e tutti coloro che sono impegnati nei vari ambiti della pastorale sociale. Essi hanno inoltre esortato le Commissioni per l’apostolato biblico, per la catechesi e per le vocazioni a promuovere una formazione “che aiuti i giovani a radicare la loro vita in Cristo e li confermi nella fede perché aspirino alla giustizia e alla pace”. L’assemblea ha infine rivolto un “appello urgente” a un impegno attivo per proteggere e promuovere la famiglia in Burkina Faso. (L.Z.)

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    Ucraina: oggi commemorazioni per il 10.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II

    ◊   La Chiesa cattolica in Ucraina commemora il 10.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Kiev e a Lviv, svoltasi dal 23 al 27 giugno 2001; alle manifestazioni si è attivamente associato il Consiglio comunale di Lviv, che ha realizzato una versione internet dell’atlante “La Lviv sacra: oggetti religiosi nella mappa della Città” e percorsi turisti speciali per pellegrini. Alcune iniziative sono rivolte ai giovani, tra le quali un giornale tematico, gruppi di discussione, lezioni sulla figura e l’opera del Beato Giovanni Paolo II, incontri tra giovani e membri del clero, con una tavola rotonda conclusiva, competizioni sportive. Gli eventi principali saranno promossi dalla Chiesa Cattolica greca e latina, che ha predisposto incontri con sacerdoti, serate tematiche e la pubblicazione di libri e riviste. Nelle chiese di rito latino si terranno celebrazioni liturgiche, una delle quali sarà presieduta dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi. E’ inoltre prevista la presentazione del libro “Amava soprattutto il martedì” dell’arcivescovo Mieczysław Mokrzycki, che fu segretario di Papa Wojtyła. In occasione della Beatificazione e in vista del decennale del viaggio apostolico, la Chiesa Greco Cattolica ha creato una pagina speciale nel portale “Catholic Observer”, contenente tra l’altro una mostra fotografica on-line. (M.V.)

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    Russia: programma di informazione del Patriarcato di Mosca per proteggere i cristiani nel mondo

    ◊   Preoccupata dalla diffusa “cristianofobia”, la Chiesa russo-ortodossa ha deciso di pubblicare informazioni con regolarità su episodi di violenza che colpiscono i cristiani nel mondo. A occuparsene, come riferisce l’agenzia Interfax ripresa da AsiaNews, sarà il World Russian People's Council, un forum pubblico che raccoglie diversi esponenti religiosi e politici in Russia ed è presieduto dal patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill. “La Chiesa russo-ortodossa avvierà un programma per proteggere i cristiani che sono diventati di recente la comunità religiosa più colpita”, ha spiegato Roman Silantyev, direttore del Centro. L’idea è quella di monitorare solo i crimini e le violenze commesse contro i cristiani, come omicidi, minacce, stupri, massacri e condanne a morte. La preoccupazione maggiore si concentra sul Medio Oriente, come spiega il metropolita Hilarion di Volokolamsk, capo del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa. “L’escalation della cristianofobia in alcuni paesi mediorientali può portare a serie conseguenze per la fede ortodossa, mettendo a rischio la vita di fedeli delle antiche Chiese locali, privati dei loro diritti”, ha denunciato in un’intervista a Interfax-Religion dopo aver incontrato il rettore dell’Università islamica egiziana di Al-Azhar. “Se i governi del Medio Oriente non prendono misure speciali per proteggere i cristiani, assisteremo presto a un’altra ondata migratoria”, ha continuato il metropolita. Che ha poi concluso con un auspicio: che “l’estremismo dietro slogan religiosi non sia identificato con l’islam, che predica la tolleranza tra i membri di differenti religioni”. (R.P.)

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    Genova: il cardinale Bagnasco detta le proprie indicazioni per evitare scandali nella Chiesa locale

    ◊   La vita spirituale del sacerdote e la sua rigenerazione spirituale e fisica, attraverso incontri zonali tra sacerdoti ed esercizi spirituali: iniziative annunciate dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, durante il consiglio presbiterale dei vicari foranei per richiamare alla fedeltà la vocazione sacerdotale. Occorre allargare l’orizzonte e chiedersi cosa il Signore voglia comunicare attraverso gli avvenimenti dolorosi che hanno riempito la cronaca di questo periodo. “Non si può aspettare che passi la tempesta”, ha detto il porporato con evidente riferimento alla triste vicenda del parroco di Sestri-Ponente arrestato per reati sessuali, “ma si deve scoprire la grazia specifica che viene donata attraverso la prova e la sofferenza, e leggere i fatti secondo verità, guardandosi più che dalla persecuzione esterna, da quella interna, dal male spirituale che è in noi: dai nostri peccati”. (Da Genova, Dino Frambati)

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    Divorziati risposati e coppie separate: la Chiesa italiana invita a prevenire le crisi familiari

    ◊   “La comunità cristiana dovrebbe elaborare compiutamente un progetto pastorale che aiuti a prevenire le crisi, o tutt’al più, a coglierle in tempo per fare sì che esse abbiano una risoluzione positiva”. Lo ha detto stamattina Ina Siviglia, docente di antropologia teologica nella Facoltà teologica di Palermo, alla settimana estiva di formazione “Luci di speranza per la famiglia ferita, persone separate e divorziati risposati nella comunità cristiana”, organizzata dall’Ufficio nazionale della pastorale della famiglia della Cei, in corso a Salsomaggiore. “Dopo una crisi devastante – ha continuato Siviglia ripresa dall'agenzia Sir - la capacità di discernere, di ritrovare l’orientamento e di ri-disegnare la propria vita all’interno di coordinate nuove è frutto della libertà dell’uomo, illuminata, corroborata e sospinta dall’azione della grazia”. Secondo la docente, “vivere il cambiamento come sfida, considerare la difficoltà o l’ostacolo come superabile, coltivare la fiducia nella vita, rafforzare relazioni positive, fare appello alla creatività e alla propria capacità di re-inventare l’esistenza costituiscono i presupposti per non farsi distruggere dal dolore, per risalire la china, per trovare nuove ragioni di vita, attingendo la forza nella fede in noi stessi, in Dio, negli altri, opponendosi così, con tutti i mezzi, alla tentazione della disperazione. “Da ogni frammento di vita, anche il più doloroso, è possibile trarre occasioni di crescita”, ha aggiunto Siviglia. È così che emerge “il disegno di Dio, pur in mezzo alle disavventure”. Per la docente,“mai ci deve abbandonare la fiducia del poter portare a compimento l’opera di Dio in noi, perché Egli è il Dio con noi e il Dio per noi, sempre, pur in mezzo alle tempeste e ai terremoti della vita”. Secondo Siviglia, il risollevarsi dalle crisi coniugali dipende “dalla capacità, dalle risorse e dal carattere di ciascuno, ma anche dallo spazio che i soggetti lasciano al Signore perché possa, con la Sua presenza efficace, potenziare il dinamismo antropologico. Voler coltivare la logica di una fede, fondata e radicata nel mistero pasquale, e non entrare nel compromesso delle logiche del mondo, secondo cui i beati sono i sani, i ricchi, i potenti, i forti, i furbi” è l’atteggiamento vincente secondo la docente. Per questi fedeli feriti occorrono, secondo Siviglia, “operatori pastorali preparati, competenti e sapienti”. Inoltre, “è urgente che le Chiese locali, dopo un discernimento accurato della situazione sul territorio, predispongano delle équipe, appositamente costituite e preparate per fronteggiare al meglio il problema”. (R.P.)

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    Chiude a Firenze la 61.ma Settimana nazionale di aggiornamento pastorale

    ◊   Una Chiesa tutta ministeriale non è una Chiesa clericalizzata ma è una Chiesa popolata anche di laici autentici ed evangelizzatori”. E’ questo uno dei passaggi fondamentali della “lettera al laico”, il documento diffuso al termine della 61a Settimana nazionale di aggiornamento pastorale organizzata dal Centro di orientamento pastorale, che si è conclusa oggi a Firenze e che ha avuto come tema “educarsi alla corresponsabilità. I battezzati nel mondo alla prova della vita quotidiana”. “Preti e laici, tutti”, si legge nella lettera, “siamo chiamati alla santità e ad annunciarla con la vita, con scelte concrete nel fare il prete, nel matrimonio, nella vita consacrata. Abbiamo una missione comune: annunciare il Vangelo”. Una relazione, quella tra preti laici, che deve essere sviluppata verso una corresponsabilità matura, non per togliere il governo della parrocchia al sacerdote, ma per “favorire il lavoro comune ciascuno con il suo livello di responsabilità”. “Il quadro della corresponsabilità è più ricco di una rivendicazione, è più vivo di un dovere, è più aperto di un impegno, è più concreto di un sogno, è più vero di un’illusione: è una vocazione esigente cui Dio chiama tutti i battezzati, nessuno escluso”, ha affermato mons. Domenico Sigalini, presidente del Cop oltre che vescovo di Palestrina e presidente della Commissione episcopale per il laicato della Cei. Il presule, durante le conclusioni della Settimana ha ricordato che essere corresponsabili “prima che un diritto da far valere, è un grande dovere da assolvere” e che il laicato “è la spina dorsale della vita di una chiesa locale”. Per mons. Sigalini la corresponsabilità del laico deve quindi uscire dalla logica della delega e deve obbedire alla vocazione del battezzato, prendersi le responsabilità nel territorio e vivere da adulto nella fede, evangelizzando nelle strutture sociali, politiche e amministrative. “Per cristiani impegnati nelle istituzioni corresponsabilità non significa distribuzione di compiti, ma confronto e convergenza tra cristiani che operano nel territorio. Non esiste oggi responsabilità senza corresponsabilità, impegno nel mondo senza comunione”. (M.R.)

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    La Basilica di San Giovanni su iPod grazie all’iniziativa dell’Opera Romana Pellegrinaggi

    ◊   La Basilica di San Giovanni in Laterano di Roma a portata di iPod. E’ l’iniziativa promossa dall’Opera Romana Pellegrinaggi, che permetterà ai visitatori della cattedrale di Roma di poter visitare il complesso lateranense grazie ad un iPod nel quale sono state caricate diverse applicazioni multimediali. Il dialogo tra un giornalista e i tanti protagonisti del complesso lateranense nel corso dei secoli sarà il filo conduttore del racconto dell’audio guida. Musica, voci, immagini e riproduzioni di affreschi, si mescoleranno dando luogo ad un “mix” di storia, cultura e spiritualità. Si parte dal benvenuto del cardinal vicario Agostino Vallini, per arrivare al racconto concitato della famosa battaglia di Ponte Milvio tra Costantino e Massenzio da parte di un pretoriano, testimone diretto del conflitto e anche del progressivo affermarsi del cristianesimo nella Roma dell’epoca. Si prosegue poi con lo sfogo rabbioso di Borromini, che tanti lavori realizzò per la Basilica di San Giovanni in Laterano, ma che proprio al loro termine soffrì molto a causa dell’accusa di omicidio. Nell’audioguida saranno presenti poi dialoghi-intervista con personaggi del passato come Costantino e Bonifacio VIII, mentre tra le testimonianze più toccanti spiritualmente spiccano quelle di un pellegrino del 1300 ed uno dei giorni nostri: quest’ultime sottolineano come da sempre la “ricerca” sia il cuore di questo viaggio dell’anima. Il tutto in perfetta armonia con le descrizioni di transetto, abside e chiostro, “un angolo di grazia medievale”, accompagnate da un immancabile sottofondo musicale. Insieme a questa iniziativa l’Orp metterà a disposizione un minibus che collegherà la basilica di San Giovanni in Laterano con quella di San Pietro, passando per il Carcere Mamertino. (M.R.)

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    24 Ore nel Mondo



    Siria: centinaia di civili in fuga in Turchia, dopo l’offensiva scatenata dalle truppe di Damasco nei villaggi al confine

    ◊   Non si allenta la tensione tra la Siria e la comunità internazionale. Alle nuove sanzioni che starebbe per varare l’Unione Europea, Damasco ha risposto rompendo ogni rapporto con Bruxelles. Situazione sempre più critica, intanto, alla frontiera con la Turchia sulla quale premono i profughi siriani, incalzati dai reparti corazzati dell’esercito. Il servizio di Marco Guerra:

    Questa mattina, oltre 600 siriani sono entrati in Turchia, nel giro di poche ore, in seguito ai movimenti di truppe e carri dell’esercito siriano fra i villaggi a campi profughi a ridosso del confine, dove migliaia di civili si erano rifugiati nelle scorse settimane per fuggire alla repressione delle proteste. Il villaggio di Khirbet al-Joz, secondo testimoni, sarebbe stato preso letteralmente d’assalto dai reparti militari siriani. Ma la tensione ha toccato il culmine quando i blindati di Damasco sono arrivati a meno di un chilometro dal confine. I profughi in fuga sono comunque riusciti a varcare la frontiera, per poi avanzare in territorio turco lungo la strada utilizzata dalle guardie di confine di Ankara. Immediato l’intervento della polizia paramilitare turca che, con alcuni minibus, ha scortato i rifugiati verso la tendopoli della Mezzaluna Rossa che già accoglie oltre 10 mila siriani. Dalla parte turca del confine, i militari hanno inoltre piazzato sacchi di sabbia e binocoli per monitorare la situazione, oltre ad issare una gigantesca bandiera turca sulla sommità di una collina. E l’arrivo di profughi dalla Siria viene segnalato anche in Libano. Fonti della municipalità di Wadi Khaled, zona di frontaliera libanese, parlano di oltre 200 arrivi nelle ultime 24 ore.

    Libia
    “Sono con le spalle al muro, ma non temo la morte”. Per la prima volta Gheddafi, in tv, ammette di essere in difficoltà, ma sottolinea pure che la battaglia contro l'Occidente proseguirà fino nell'aldilà. E mentre il segretario generale della Nato, Rasmussen, ha annunciato il proseguimento dei raid, Francia e Gran Bretagna si dicono contrarie alla proposta italiana di uno stop umanitario delle ostilità, con la creazione di corridoi che consentano di portare aiuti alla popolazione.

    Tunisia, Ben Ali
    La magistratura tunisina è alla ricerca dei beni portati all’estero dall’ex presidente, Ben Ali, e rogatorie internazionali in questo senso sono state avviate con 25 Paesi. Lo scopo della Commissione governativa che lavora sull’argomento è quello di recuperare e restituire al Paese il "tesoro" accumulato in 23 anni dall’ex capo di Stato e dal clan familiare della moglie, Leila Trabelsi. Le stime diffuse nelle scorse settimane avevano indicato in circa 10 miliardi di euro il valore dei beni accumulati dall’ex presidente e dai Trabelsi. Sulla stampa locale, continuano intanto a diffondersi indiscrezioni sul materiale ritrovato in un presunto archivio segreto della passata amministrazione tunisina, scoperto in un palazzo di Parigi.

    Afghanistan: Obama annuncia l’inizio del ritiro delle truppe Usa
    Gli stati Uniti inizieranno un graduale ritiro dall’Afghanistan: lo ha annunciato in televisione il presidente, Barack Obama, specificando che saranno 10 mila, sugli attuali 100 mila, i militari che lasceranno il Paese asiatico entro l’anno. Il discorso è stato accolto con scetticismo dai talebani e con favore dal presidente afghano, Hamid Karzai. Ce ne riferisce Davide Maggiore:

    Saranno complessivamente 33 mila i soldati coinvolti dal ritiro entro l’estate del 2012 e il numero totale degli effettivi statunitensi sul terreno scenderà a 25 mila due anni più tardi, quando il controllo del paese passerà completamente agli afghani. Il disimpegno, ha spiegato Obama, può iniziare “in posizione di forza” perché più di metà dei leader di al-Qaeda sono stati “neutralizzati”. Continuerà comunque l’impegno per rafforzare il governo afghano, anche attraverso il dialogo con quei talebani disposti a rompere con la rete terroristica. Il ritiro sarà accelerato rispetto a quanto suggerito dal comandante sul campo, il generale Petraeus: la Casa Bianca viene così incontro all’opinione pubblica interna, ma anche alle richieste di tagli alle spese dell’opposizione repubblicana. E il presidente afghano Karzai ha detto di considerare l’iniziativa americana “una buona misura” per entrambi i Paesi. Ostili invece le repliche dei talebani, che hanno definito “simbolica” la riduzione della presenza militare e confermato che la guerra continuerà fino al completo ritiro straniero. Intanto, dopo il discorso di Obama, anche la Francia ha annunciato un graduale disimpegno dalla guerra, con un calendario simile a quello di Washington.

    Bahrein
    Cresce la tensione in Barhein. Gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per la repressione avviata dai vertici del Paese nei confronti dell’opposizione. Washington ha puntato il dito contro la severità delle sentenze – emesse peraltro da una corte militare – che ieri hanno condannato otto esponenti dell’opposizione all’ergastolo per aver ordito un complotto contro lo Stato.

    Yemen
    “Una transizione immediata, pacifica e ordinata” è “nell’interesse del popolo dello Yemen”. Lo ha detto il sottosegretario di Stato americano per il Medio Oriente, Jeffrey Feltman. Secondo l’esponente del governo statunitense, il presidente yemenita Saleh – ricoverato dal 4 giugno in Arabia Saudita dopo essere stato ferito in un attacco al suo palazzo – “non tornerà presto nel Paese”. Si aggrava intanto il bilancio della maxi-evasione di militanti di al-Qaeda da un carcere nel sud: sarebbero 62 i detenuti che sono riusciti a fuggire: due di loro sono stati poi catturati, e altri tre sono morti dopo uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza.

    Colloqui India-Pakistan
    Nuovo round di colloqui tra India e Pakistan, nell'ambito del lungo processo di pace tra i due Paesi. Al centro della due giorni di incontri, al via oggi a Islamabad, questioni legate alla sicurezza, alla lotta al terrorismo e all'annosa disputa sul Kashmir, la regione himalayana contesa.

    Cina
    L’artista e dissidente cinese, Ai Weiwei, è stato rilasciato ieri a Pechino, dopo una detenzione di oltre due mesi seguita ad un'accusa di evasione fiscale. Dopo il pagamento di una cauzione e – sembra – dopo aver promesso di ripagare le tasse evase, l’uomo è ora in “residenza sorvegliata”, hanno fatto sapere le autorità cinesi. L'architetto, lo ricordiamo, è l’autore del celebre stadio futuristico di Pechino per le Olimpiadi del 2008, noto come il "nido d'uccello".

    Russia-Bielorussia, forniture gas
    La Russia potrebbe interrompere nei prossimi giorni le forniture di elettricità alla Bielorussia. La Repubblica ex sovietica, guidata dal presidente Nokolai Lukashenko, si trova in profonda crisi economica a causa del grave debito pubblico. Mosca rivendica il pagamento di 37 milioni di euro per forniture energetiche, ma contemporaneamente sta elargendo un cospicuo prestito a Minsk, a fronte della vendita di aziende pubbliche. Una situazione intricata che vede la Bielorussia fortemente esposta anche nei confronti del Fondo monetario internazionale (Fmi). Giancarlo La Vella ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, esperto dell’area ex sovietica:

    R. – Le forniture di energia elettrica della Russia alla Bielorussia valgono per il 10, 12 per cento dei consumi bielorussi, quindi sono importanti, non decisivi. La Russia non è in grado di “strangolare” immediatamente la Bielorussia, però questa crisi si trascina ormai da settimane. La Russia chiede il saldo del credito che ha nei confronti della Bielorussia che è di circa 400 milioni di euro. La Bielorussia non può pagare, quindi la Russia decide l’interruzione delle forniture; poi riprendono le trattative, la Russia rimanda e si va avanti così. Io credo che tutto questa durezza del Cremlino serva per poi poter ammorbidire le posizioni così da preparare e, forse anche favorire, la successione a Lukashenko. Il regime di Lukashenko è in crisi, l’economia è uno sfacelo, il debito cresce a vista d’occhio e certamente così non potrà andare avanti più per molto. La Russia, secondo me, si sta preparando a mettere politicamente le mani sul futuro della Bielorussia sulla sua posizione strategica importante per gasdotti e oleodotti e anche per alcune industrie che la Bielorussia ha e che non sono trascurabili come per esempio quelle del potassio.

    D. – Questo attraverso il prestito che Mosca, contemporaneamente, sta concedendo alla Bielorussia?

    R. – Sì, perché la Russia non ha interesse a distruggere la Bielorussia, a mandarla allo sfacelo, affamarla. Non é un nemico, è semplicemente un potenziale terreno di espansione politica ed economica. Da un lato, la sorregge perché il Paese non tracolli, ma dall’altro preme perché il regime si adegui oppure semplicemente cambi e se ne vada.

    D. – Quali altri Paesi dell’area ex sovietica sono nelle stesse condizioni della Bielorussia nei rapporti con Mosca?

    R. – Sono molti e proprio questo fatto che Eurasec - la comunità economica euroasiatica, in cui ovviamente c’è la Russia come parte preponderante e poi diversi altri Paesi dell’URSS - abbia deciso questo prestito, che è uno dei tanti prestiti fatti ad altri Paesi, dimostra che la Russia è costretta a tenere in piedi un certo equilibrio. Il discorso della riscossione dei debiti è sì importante, ma non può essere assolutizzato molto semplicemente perché, come nel caso della Bielorussia, altri Paesi che sono emersi dall’area sovietica, soprattutto in Asia centrale, rischierebbero veramente il tracollo e la bancarotta e la Russia che ha già qualche problema di suo non può certo permettersi tutta questa serie di turbolenze.

    Brasile, Battisti ottiene visto permanente
    Il Brasile ha concesso un visto permanente all’ex terrorista italiano, Cesare Battisti. Il Consiglio nazionale per l’immigrazione ha deciso di concedere il documento all’ex esponente dei "Proletari armati per il comunismo" a larga maggioranza. Ora, Battisti avrà tutti i diritti di un cittadino brasiliano, tranne quello di voto e di candidarsi alle elezioni. Se dovesse lasciare il Paese, però, potrebbe essere estradato in Italia dagli Stati che hanno un accordo in materia con Roma.

    Somalia
    Il presidente somalo, Sharif Cheikh Ahmed, ha nominato primo ministro Abduweli Mohamed Ali, in sostituzione di Mohamed Abdullahi Mohamed, costretto a dimettersi. Abduweli Mohamed Ali è stato incaricato di formare un nuovo governo che avrà come obiettivo primario la lotta alla ribellione. Le deboli autorità somale riconosciate dalla comunità internazionale controllano, infatti, solo parte del Paese che, in una buona parte, resta ostaggio delle milizie islamiche Al-Shabab. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Davide Maggiore)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 174

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.