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Sommario del 18/06/2011
◊ Tutto pronto nella Diocesi di San Marino – Montefeltro, che domani riceverà la visita di Benedetto XVI. Una giornata intensa di appuntamenti, che porterà il Pontefice prima nella Repubblica più antica del Mondo, e poi a Pennabilli, in provincia di Rimini, sede vescovile della diocesi. Da San Marino, il servizio del nostro inviato, Salvatore Sabatino:
“Signore, accresci in noi la fede”. Lo slogan scelto dagli organizzatori descrive bene questa breve, ma intensa visita. Benedetto XVI viene nella Diocesi di San Marino-Montefeltro per incontrare una Chiesa antichissima che a gran voce vuole essere riconfermata nella fede; una società che chiede al Papa di indicare la strada da seguire per uscire da quel secolarismo che la attanaglia. E non è un caso che le richieste di partecipazione siano state così grandi: 22 mila i fedeli che parteciperanno alle celebrazioni, 4.000 i giovani che incontreranno il Santo Padre a Pennabilli. ''Un sammarinese su tre vuole vedere il Papa'', ha detto il vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri, che parla di un evento principalmente di fede, ''segno evidente che i popoli della Diocesi e della Repubblica del Titano nel loro insieme, - ha aggiunto - e non solo i cristiani, sentono l’importanza di questa visita''.
Una giornata, quella di domani, che si concentrerà nella prima parte nella Repubblica di San Marino, dove il Papa arriverà intorno alle 9.15. Alle 10.00 la Messa nello Stadio di Serravalle, durante la quale Benedetto XVI terrà l’omelia e guiderà al termine la preghiera dell’Angelus. Saranno oltre 30 i concelebranti, fra cui i vescovi dell'Emilia - Romagna e alcuni delle Marche delle diocesi più vicine. Poi il trasferimento alla Casa San Giuseppe, in località Valdragone, per il pranzo; nella stessa struttura saluterà gli organizzatori diocesani della visita e i membri della Fondazione Internazionale “Giovanni Paolo II”. A seguire poi la salita sul Monte Titano, cuore pulsante di questo piccolo Stato, la Repubblica più antica del mondo; qui avverrà l’incontro con le sue istituzioni, con una rappresentanza del corpo diplomatico, la visita nella Basilica di San Marino ed infine il trasferimento a Pennabilli, in provincia di Rimini, sede vescovile della Diocesi, scenario di quello che sarà il momento, forse più emozionante di questa visita pastorale: l’incontro con i giovani.
La diocesi di San Marino–Montefeltro è unica nel suo genere: racchiude due Stati sovrani - San Marino ed Italia - e conta 81 parrocchie, delle quali 38 ubicate nelle Marche, 31 in Emilia-Romagna e 12 nella Repubblica di San Marino. Sulle caratteristiche sociali di questa diocesi, il nostro inviato a San Marino Salvatore Sabatino, ha intervistato il vescovo mons. Luigi Negri:
R. – L’orientamento fondamentale del cuore di queste popolazioni è ancora verso la tradizione della fede, di cui hanno vissuto per secoli e che, come ho già detto al Santo Padre, ha reso possibile la creazione di una cultura e di una civiltà autenticamente umana. Ma poi, anche queste popolazioni sono state investite dall’onda lunga del secolarismo e dell’anticattolicesimo che mi sembra che in qualche modo abbia conquistato – o stia conquistando – la ragione. Per cui, se con il cuore sentono la fede, con la mente ragionano come i mass media. E questo stabilisce la singolare debolezza di questa Chiesa, come del resto avviene per quasi tutte le Chiese, almeno quelle dell’Occidente europeo: la debolezza che esige che la fede ritorni ad essere forma della cultura.
D. – Lei parla spesso della gioia di un popolo che vive l’opportunità di incontrarsi con il Pastore supremo della fede e della Chiesa. Non a caso, nella preparazione ha volutamente evitato ogni concessione al folklore…
R. – Certamente. Abbiamo avuto due assi di riferimento per questa preparazione. Una grande peregrinatio di Maria Santissima, quella della Beata Vergine delle Grazie che nel 1489 pianse dall’affresco in cui è raffigurata e che ancora oggi è all’interno del grande Santuario diocesano. L’altro asse è stato quello culturale: approfondire nei vari incontri nelle parrocchie, nei gruppi, nelle associazioni, la figura del Pontefice, la sua funzione. Tutto questo ha avuto, come espressione sintetica e definitiva, la presentazione del libro del Papa su Gesù di Nazareth, fatta lo scorso 31 maggio dal cardinale Caffarra proprio qui, in uno dei luoghi più prestigiosi di San Marino.
D. – Quella che troverà il Pontefice sarà una realtà che sta pagando un prezzo molto alto sul fronte della crisi economica: scende la produzione industriale, aumenta la disoccupazione e con essa aumenta anche il dissenso. Quanto questa visita di Benedetto XVI può aiutare a risollevare gli animi?
R. – Io credo che il primo consistente aiuto che sono certo il Papa darà è quello di far percepire ad ogni singola persona che le crisi, oltre che da congiunture di carattere economico-sociale, dipendono da una crisi antropologica. E’ necessario che il popolo di San Marino si renda conto che è necessario recuperare la grande tradizione di libertà di San Marino, ma la libertà è una responsabilità: una responsabilità verso se stessi, verso gli altri, verso le persone, verso le cose… Soltanto un’umanità che si risvegli alla propria esperienza umana ha poi anche la forza, il coraggio di affrontare la crisi nei suoi aspetti specifici, e quindi di mettere in campo anche tutte le strategie di carattere tecnico per affrontare e risolvere i problemi.
D. – Il Pontefice incontrerà i giovani a Pennabilli, ultimo atto di questa breve ma intensa visita. Ha avuto modo di parlare con loro? Cosa si aspettano da questo incontro?
R. – Si aspettano parole forti per la loro vita umana, ancor prima che cristiana; che facciano fuggire la tentazione di questa sopravvivenza ai margini della società che caratterizza il mondo giovanile non soltanto qui. Questi giovani non sono carnefici: sono vittime. Su di loro sono state fatte le più assurde operazioni di carattere ideologico e di carattere economico. Noi come Chiesa abbiamo fatto un lungo ed intenso lavoro per riprendere qualche sintomo positivo di un riaccostamento dei giovani alla Chiesa, ma certo l’aiuto che può dare il Papa a riaprire la realtà della Chiesa alle loro esigenze umane e cristiane sarà eccezionale. Per questo ho voluto fino in fondo che il Papa venisse a Pennabilli, e ho voluto fino in fondo che l’incontro di Pennabilli fosse per i giovani. (gf)
Oltre ad un importante momento di fede per la Repubblica di San Marino, la visita di Benedetto XVI rappresenta una straordinaria occasione per ribadire al mondo intero i princìpi sui quali si basa questa antichissima repubblica, che sono poi la pace,la tolleranza e la difesa dei diritti umani. Il nostro inviato, Salvatore Sabatino, ha intervistato Antonella Mularoni, segretario di Stato per gli Affari Esteri della Repubblica di San Marino:
R. - Assolutamente sì: è la libertà, ma sono anche i valori cristiani sui quali la comunità sanmarinese ha da sempre basato la sua non solo origine, ma la sua vita e la sua esistenza. E oggi questi stessi valori - che sono anche il rispetto dei diritti degli altri, la responsabilità e il rispetto di tutti - sono la bandiera che noi portiamo avanti a livello internazionale.
D. - Signor ministro, lei ha detto che le parole del Pontefice saranno un dono prezioso per la vostra Repubblica. Come verrà custodito dalla società e dalle istituzioni di San Marino?
R. - Certamente, la visita del Santo Padre è stato un grandissimo regalo e come fu per la visita del suo predecessore, le sue parole saranno custodite in primis dai Capitani Reggenti della nostra Repubblica, che sono i capi di Stato, ma anche da tutti noi e da tutte le istituzioni che attendono con grande impazienza ormai questo evento, perché sono certi che il Santo Padre ci saprà indicare anche le vie migliori da seguire per il futuro.
D. - Le vie migliori soprattutto sul fronte della crisi economica che ha colpito in maniera importante questa Repubblica: quanto le parole del Papa riusciranno a risollevare gli animi, per esempio dei giovani che sono i più colpiti da questa crisi?
R. - Penso che il Santo Padre riuscirà a fare tantissimo in questa direzione. E’ chiaro che il terreno economico va rilanciato con regole e con strumenti diversi da quelli immediatamente riconducibili alla fede. Ma il fatto di essere cristiani può consentire uno sviluppo economico diverso e più rispettoso dei bisogni, dei diritti e degli interessi di tutti. (mg)
◊ E’ stato nominato oggi dal Santo Padre il primo nunzio apostolico presso l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico, nota con la sigla Asean, la scelta è caduta su mons. Leopoldo Girelli, arcivescovo titolare di Capri, nunzio apostolico in Singapore ed in Timor Orientale, delegato apostolico in Malaysia e in Brunei e rappresentante pontificio non residente per il Vietnam. Ma quali sono le attività dell’Asean? Le descrive in questo servizio Roberta Gisotti:
Una nomina che è certo "segno dell’attenzione della Santa Sede" per il Sud-Est asiatico, questa importante regione del mondo, emergente sulla scena internazionale, che attraverso l’Asean promuove i suoi interessi sul piano politico, economico e culturale. Nata già alla fine degli anni ‘60, l’Associazione dei Paesi del Sud-Est asiatico, vede 5 Stati fondatori: Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapore e Thailandia, firmatari l’8 agosto 1967 della Dichiarazione di Bangkok, ai quali si aggiungono il Brunei nell ‘84, il Vietnam nel ‘95, il Laos e il Myanmar nel ’97 e ultima la Cambogia nel ’99, portando a 10 i Paesi membri.
Ma quali sono gli scopi dell’Asean: accelerare la crescita economica, promuovere la pace e la stabilità regionale, incentivare la collaborazione e la reciproca assistenza su materie di comune interesse. Oggi, la cooperazione economica Asean riguarda i seguenti settori: commercio, investimenti, industria, servizi, finanza, agricoltura, foreste, energia, trasporti e comunicazioni, proprietà intellettuale, piccole e medie imprese, turismo. Ai principi base si sono aggiunti nel Trattato di amicizia e cooperazione, stretto nel ‘76: il mutuo rispetto dell’indipendenza, sovranità, eguaglianza, integrità territoriale e identità nazionale di tutte le Nazioni Asean, la libertà di ogni Stato da interferenze, pressioni e coercizioni esterne, la rinuncia alla minaccia e all’uso della forza.
Oltre mezzo miliardo, 560 milioni, gli abitanti nei Paesi dell’area Asean, oggi estesa su una superficie di 4,5 milioni di chilometri quadrati – circa il doppio degli statunitensi su metà del territorio Usa - con un prodotto lordo interno di circa 1.100 miliardi di dollari e un volume totale di scambi di 1.400 miliardi di dollari. Da segnalare l’apertura a Cina, Giappone e Corea, avviata con il Vertice ‘Asean Plus Three’ nel dicembre ’97.
◊ In Germania, Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Görlitz il Sacerdote Wolfgang Ipolt, del clero della diocesi di Erfurt, finora canonico del Capitolo Cattedrale e rettore del Seminario maggiore Regionale di Erfurt. Il nuovo presule, 57 anni, ha compiuto gli studi filosofici e teologici a Erfurt, concludendoli con la licenza in Teologia. Ordinato sacerdote, è stato parroco e vicerettore del Seminario Maggiore Regionale di Erfurt.
Il Papa ha nominato Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici il mons. Miguel Delgado Galindo, finora capo ufficio del medesimo Dicastero.
◊ “L’abuso sessuale da parte di un prete è un delitto e un abuso di potere spirituale”. Lo ha affermato questa mattina mons. Charles Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione del Simposio dal titolo “Verso la guarigione e il rinnovamento”. L’evento, che si svolgerà dal 6 al 9 febbraio 2012, è stato promosso, e sarà ospitato, dalla Pontificia Università Gregoriana allo scopo di dare una risposta al dramma degli abusi sessuali all’interno della Chiesa. A seguirne la presentazione c’era per noi Fausta Speranza:
Sostenere la Chiesa in tutto quello che fa contro il dramma degli abusi. Questo è l’obiettivo con cui l’Università Gregoriana sta preparando il Simposio, che vorrà far incontrare le dolorose esperienze di diverse parti del mondo. Lo spiega il rettore dell’illustre istituzione accademica, che parla di risanamento, di prevenzione, di attenta formazione dei sacerdoti. Il titolo scelto per l’incontro è “Verso la guarigione e il rinnovamento”. Offre dunque l’idea di un cammino da fare, così come incoraggia con forza Benedetto XVI. E, in questo cammino, l’Università Gregoriana intende contribuire a uno studio che non trascuri nessun aspetto per un approccio che possiamo definire scientifico, come assicura il responsabile del Comitato preparatorio del Simposio, padre Hans Zollner, che è preside dell’Istituto di psicologia dell’Università stessa:
“Certamente, come Università Gregoriana, vogliamo affrontare questi temi dal punto di vista dello ‘stato dell’arte’ della scienza della psicologia, della psichiatria e della giurisprudenza e anche all’interno della Chiesa, delle norme che sono ormai in vigore dopo la Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della fede del 16 maggio scorso. Abbiamo deciso anche di mettere a fuoco questo tema, perché la Congregazione stessa sollecita le Conferenze episcopali affinché sviluppino linee guida per come trattare gli abusatori e come provvedere affinché questi casi non si ripetano; come anche guarire, o contribuire per quanto possibile a guarire, le ferite delle vittime”.
Lo studio si avvarrà anche di un nuovo centro “e-learning multilinguistico”, strumento pensato per migliorare l’informazione e la prevenzione. Inoltre, l’approfondimento di studio, già da ora fino a febbraio, sarà reso pubblico: c’è l’impegno, infatti, a presentare comunicati stampa con una certa scadenza. Al Simposio parteciperanno vescovi ed esperti di tutto il mondo, tutti con il loro carico di esperienza, che sarà diverso ma che porterà sempre il peso del dolore per la grave ferita inferta dagli abusi sessuali alla Chiesa tutta e - come ha detto Benedetto XVI - al corpo di Cristo. In particolare, il dolore, ma non senza speranza, emerge dalle parole di Sheila Hollins, professore di Psichiatria alla St. George University di Londra, che ha assistito il cardinale O’Connor come visitatore in Irlanda dopo la Lettera del Papa ai cattolici irlandesi:
"Not in any way try to..."
In nessun modo può tentare di spiegare fino in fondo quanto accade nei casi di abusi, sottolinea Sheila Hollins e parla di ‘ascolto delle voci delle vittime, di costruzione della credibilità’. Parla di effetti gravi sugli equilibri mentali, di vergogna e di rabbia. Per due settimane con il cardinale O’Connor ha incontrato persone vittime di abusi e afferma che è stata esperienza fondamentale del suo percorso professionale. Parla, poi, anche di forte autocritica sentita tra gli uomini di chiesa. Le sue parole sembra ben si sposino con le raccomandazioni di monsignor Scicluna, promotore di Giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ricorda che ogni prevenzione deve partire dalla consapevolezza dei danni che gli abusi sessuali fanno alle vittime e che quello che subiscono è qualcosa di orrendo, che sottolinea, ha tre dimensioni: è peccato, è delitto canonico, è crimine per la giustizia civile. (ma)
Sugli aspetti salienti del Simposio in programma nel prossimo febbraio e, più in generale, sul complesso delle iniziative messe in campo dalla Chiesa per combattere il crimine degli abusi contro i minori commessi dal clero, la collega della nostra redazione francese, Helene Destombes, ha intervistato mons. Charles Scicluna, promotore di Giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede:
R. – Il Simposio è una iniziativa lodevole della Pontificia Università Gregoriana, per aiutare i vescovi ed i superiori religiosi a rispondere adeguatamente alla richiesta della Congregazione per la Dottrina della Fede – di cui sono promotore di giustizia – di preparare direttive e piani pastorali efficaci sul tema degli abusi sessuali. Noi vediamo un’esigenza, una richiesta da parte di alcuni episcopati di mezzi di approfondimento del problema e anche di poter condividere l’esperienza di altri episcopati, insieme con la possibilità di discutere alcune tematiche comuni per poter poi attualizzare meglio delle politiche su piano locale, perché evidentemente – come dice anche la Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede – ogni episcopato ha la responsabilità di prendere degli spunti dalla Lettera circolare e tradurli in normativa e politica ecclesiale adeguata alla cultura e alle circostanze particolari delle nazioni.
D. – E’, dunque, un modo di accompagnare i vescovi, magari di farli sentire meno soli davanti a questa grande impresa?
R. – Direi che questa sia una considerazione giusta, anche perché così si vive l’ecclesialità del momento: non solo per il fatto che dove una Chiesa particolare soffre, dove anche un singolo individuo soffre, tutto l’organismo ecclesiale subisce l’urto, ma anche per il fatto che, per poter rispondere adeguatamente a un problema, ci si sente parte della Chiesa universale, della Chiesa veramente “cattolica”.
D. – Concretamente, quali saranno le vie proposte per attuare tali direttive?
R. – La Lettera circolare parla di alcuni aspetti generali che saranno anche oggetto di approfondimento, di input da parte di diversi esperti. La Lettera circolare parla delle vittime degli abusi, di una risposta adeguata alla loro sofferenza, di una politica dei programmi che devono essere sviluppati nelle diocesi per la protezione dei minori, di formazione di futuri sacerdoti e religiosi e anche dell’accompagnamento dei sacerdoti. Nella Lettera circolare, si parla anche della giusta cooperazione con le autorità civili. Tutti questi temi avranno anche una eco nel programma del Simposio che si terrà a febbraio del 2012.
D. – Saranno dunque presi in considerazione tutti gli aspetti: giuridici, pastorali, psicologici …
R. – Avremo il pregio di avere prima di tutto esperti in ogni settore, come lei giustamente ha sottolineato, e anche l’ulteriore ricchezza di avere esperti da ogni parte del mondo: e mi riferisco all’Europa, all’America del Nord, all’America Latina, ma anche all’Asia.
D. – Saranno anche proposti alla riflessione casi concreti in diversi Paesi – penso in particolare all’Irlanda e agli Stati Uniti?
R. – In modo molto scientifico, e quindi anche molto positivo. Nel senso che l’esperienza degli Stati Uniti d’America sarà presente tramite una delle massime autorità, mons. Steve Rosetti, che terrà una relazione, nell’accompagnamento di coloro che sono colpevoli dell’abuso, una tematica molto impegnativa e molto difficile. Dagli Stati Uniti ci sarà anche l’input di un programma di protezione dei minori, di educazione della comunità alla protezione dei minori, che si chiama “Virtus”. E’ un programma che prevede anche l’uso di internet, molto seguito negli Stati Uniti, che sarà da condividere anche con altri episcopati. Per quanto riguarda l’Irlanda, ci sarà la baronessa Sheila Hollins, che è stata in Irlanda dove avuto l’opportunità di incontrare molte delle vittime: queste esperienze arricchiscono non solo il bagaglio di chi presenterà la questione al Simposio, ma tramite queste persone di grande rilievo, il bagaglio di tutti i partecipanti.
D. – Accanto al Simposio, sarà presentata la creazione di un Centro di formazione attraverso Internet: di che si tratta?
R. – Questa sarebbe una cosa auspicabile come frutto immediato e perenne del Simposio. Molti simposi incominciano, finiscono e dopo, cosa succede? Questo Centro di formazione – che è un momento di condivisione, ma anche di ascolto – è anche un database scientifico in continuo aggiornamento, frutto di un’iniziativa della Pontificia Università Gregoriana: rende tutta la scienza attuale, e in prospettiva quella del futuro, direttamente accessibile ai diversi episcopati che vorranno usufruire di questo servizio, e pone l’Università in un servizio veramente universale e cattolico, attraverso le metodologie e i mezzi straordinari che abbiamo oggi, tramite Internet.
D. – Si può parlare oggi di una ferma e decisiva strategia del Vaticano nella lotta contro la pedofilia all’interno della Chiesa?
R. – Direi che la Lettera circolare offre alla Chiesa un segnale molto forte di una ferma volontà, che nasce poi dalla determinazione del Sommo Pontefice stesso: quella di guardare in faccia al peccato e al crimine della pedofilia, affermando al contempo che nella Chiesa dobbiamo essere in grado di dare una risposta chiara, credibile, ferma ed efficace a questo problema. Di voler essere testimoni non solo del rispetto dell’innocenza dei bambini e dei giovani, ma anche delle esigenze della verità nella giustizia.
D. – Desidera aggiungere qualcosa sulle aspettative di questo Simposio, sulle eventuali problematiche che si potrebbero incontrare?
R. – L’atmosfera è quella di voler discutere il problema, di voler prendere iniziative. La cosa migliore sarebbe – e questa è anche l’ottica della Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede – di creare un atteggiamento sano nei confronti della sessualità nella formazione del clero, e anche del giusto occhio critico nelle comunità, che è alla base di ogni prevenzione. (gf)
I 60 anni di sacerdozio di Benedetto XVI. P. Lombardi: un dono coltivato con profonda fedeltà
◊ Era una bella giorna di sole il 29 giugno 1951, quando il giovane Joseph Ratzinger, assieme a suo fratello maggiore Georg e a una quarantina di altri candidati, si prostrava a terra nel Duomo di Frisinga per essere consacrato sacerdote. Sessant'anni dopo, tutta la Chiesa si appresta a festeggiare il traguardo di un uomo che ha vissuto la fedeltà al suo ministero sino al traguardo più alto, quello di Successore di Pietro. Il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, ricorda l'anniversario nel suo editoriale per "Octava Dies", il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
Il 29 giugno è il 60.mo anniversario dell’ordinazione sacerdotale del Santo Padre. Tutta la Chiesa vi si sta preparando con gioia. Le Conferenza Episcopali, incoraggiate dalla Congregazione per il Clero, invitano a celebrazioni di ringraziamento e di preghiera per le vocazioni sacerdotali, centrate soprattutto sull’adorazione eucaristica, per domandare al Signore della messe di inviare nuovi operai per la sua vigna.
La vita di Benedetto XVI è veramente una vita integralmente sacerdotale. Vocazione in età giovanissima, formazione nel seminario interrotta solo dalle drammatiche esperienze della guerra, ordinazione a 24 anni insieme al fratello maggiore e a un folto gruppo di giovani ben temprati nella fedeltà a Dio e alla Chiesa. Guardavano a modelli come il giovane sacerdote Alojs Andritzki, ucciso a 31 anni a Dachau nel 1943 e proclamato beato pochi giorni fa, che all’inizio del suo internamento aveva giurato: “Non dimenticheremo neanche per un attimo il nostro sacerdozio”.
Papa Benedetto ci ha donato riflessioni e parole sublimi sul sacerdozio, come un anno fa a conclusione dell’Anno sacerdotale. Si capisce immediatamente che nascono dal più profondo della sua esperienza personale di grazia ricevuta e coltivata con fedeltà. Ne ricordiamo una sola: “Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola "sacerdozio”.
Ci uniamo spiritualmente alla preghiera del Papa, chiedendo che l’esempio della sua umiltà e fedeltà gioiosa nel servizio di questo Dio audace sia stimolo efficace al nascere di nuove vocazioni e alla santità di tutti i sacerdoti.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Come si vende la morte: in prima pagina, Carlo Bellieni sulle campagne pubblicitarie per l'aborto e l'eutanasia.
Un'esperienza di fede comune che va oltre le differenze sociali: nell'informazione vaticana, alla vigilia della visita del Papa, intervista di Mario Ponzi a monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro.
In rilievo, nell'informazione internazionale, l'allarme di Ocse e Fao per i forti rincari dei prezzi agricoli che affamano i Paesi poveri.
Guai a tacere Dio: in cultura, Marco Agostini sulla teologia in immagini nella pala del "Trionfo della Trinità" nella cappella del Santissimo Sacramento in Vaticano.
Un articolo di Lucio Coco dal titolo "L'ultima offerta di Andrej": venticinque anni fa, a pochi mesi dalla morte, Tarkovskij firmava il film "Sacrificio".
Nuove frontiere del gioco: Claudia Di Giovanni su generazioni a confronto inseguendo i vertiginosi progressi della tecnologia digitale.
Monsignor Ganswein e il viaggio di Benedetto XVI: premio all'Università Cattolica del Sacro Cuore.
◊ Angoscia e inquietudine continuano ad animare la comunità cristiana del Pakistan per la sorte di Farah Hatim, la ragazza cattolica rapita nel sud Punjab, costretta a sposare un uomo musulmano e a convertirsi all’islam. Con il passare dei giorni è cresciuta la pressione della società civile e della comunità internazionale. La Chiesa pakistana è in prima linea nel chiederne la liberazione con la Commissione “Giustizia e Pace”, che sta ultimando la sua indagine sul caso. Mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, ha auspicato un intervento dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. L'opinione del presule al microfono di Marco Guerra:
R. - Il primo passo da fare è avere i dati precisi e le informazioni sicure su questa situazione, perché finora nessuno è riuscito a parlare con questa ragazza. C’è perciò bisogno di provvedere un meccanismo che permetta in questi casi di sequestro, di forzatura, di abbandono della propria fede di poter avere degli avvocati o dei rappresentanti dello Stato o persone della famiglia per poter parlare direttamente con le ragazze e sapere esattamente come stanno le cose. Secondo: penso che tutto il sistema educativo deve portare al rispetto delle persone, anche se sono minoritarie nella loro cultura o nella loro fede. Terzo, penso che sia importante che il sistema giudiziario in questi Paesi non ignori le minoranze, ma risponda non tanto alle pressioni di persone influenti, quando alle esigenze del rispetto dei diritti umani fondamentali di ogni persona.
D. - Come lei ha accennato, su questo caso si riapre la questione del sistema giudiziario pakistano e anche, direi, della legge sulla blasfemia…
R. - Sia in Pakistan che fuori, da parte di persone musulmane o cristiane, si è d’accordo che l’attuale legge sulla blasfemia non funziona: è solo usata come strumento di persecuzione per alcune persone o come abuso di potere o come scusa per sistemare problemi di altro genere, che non hanno niente a che vedere con la religione. Per cui l’urgenza è modificare ed abolire questo tipo di legge, in modo che la libertà religiosa possa essere praticata con serenità da parte di tutti. E’ un cammino difficile, perché in questo momento - certo - la maggioranza e l’opinione pubblica è particolarmente suscettibile a non accettare alcuna modifica di questa legge. Lentamente, però, bisognerà educare e camminare in questa direzione.
D. - In molti casi, dietro a questo fenomeno, troviamo persino minori rapiti e costretti in stato di schiavitù. Questo è stato più volte denunciato in Pakistan, dove spesso le giovani vittime appartengono alla minoranza cristiana…
R. - Sta avvenendo da anni che delle ragazze cristiane vengano costrette a sposare ragazzi musulmani e - in questo procedimento - obbligate a rinunciare alla loro fede contro la loro volontà e forzate a confessare la fede islamica. Sono circa 700 le ragazze che, ogni anno, vengono sottoposte a questo tipo di conversioni forzate. (mg)
Asia Bibi, la fede nell'inferno del carcere. Un libro racconta la sua storia
◊ “Ho bisogno di voi”: è l’appello di Asia Bibi, pakistana di 45 anni, madre di cinque figli, cristiana, condannata a morte per impiccagione con l’accusa di blasfemia. La donna attende ora il processo di appello presso l’Alta Corte di Lahore. Da due anni in prigione, è lei stessa a raccontare la sua storia nel libro, uscito in questi giorni ed edito da Mondadori, “Blasfema. Condannata a morte per un sorso d’acqua”. Scritto con la giornalista francese Anne-Isabelle Tollet, il testo ripercorre la sua drammatica vicenda, fatta di momenti di disperazione ma anche di fede e di attimi di gioia, come quando ebbe la notizia dell’appello del Papa per la sua liberazione. Il servizio è di Debora Donnini:
“Vi scrivo dal fondo del mio carcere, a Sheikhupura, in Pakistan, dove sto vivendo i miei ultimi giorni. Forse le mie ultime ore. Così ha deciso il tribunale che mi ha condannata a morte. Ho paura”. Questo grido di dolore è l’incipit del libro “Blasfema”, dove Asia Bibi ricostruisce la sua vicenda. Quella di una donna cristiana, analfabeta, una contadina di un piccolo villaggio del Punjab. Una donna che non ha mai ucciso o rubato eppure è stata condannata a morte. L’accusa: blasfemia, nella quale rientra l’offesa in qualche modo al Corano o a Maometto. Sono innocente, rispetto il profeta - dice Asia - ma in Pakistan con l’accusa di blasfemia “si può togliere di mezzo chiunque, quali che siano il suo credo religioso o le sue idee”. “Secondo i giornalisti, dieci milioni di pakistani sarebbero pronti a uccidermi con le loro mani”, racconta e un mullah ha promesso a chi la ucciderà 500 mila rupie: una fortuna in Pakistan. Le vittime dell’accusa sono i musulmani stessi, non sono solo i cristiani, gli indù e i seguaci di una setta non riconosciuta dal governo come musulmana, gli ahmadi.
“Le lacrime sono le mie compagne di cella”, racconta Asia che da due anni si trova in carcere, lontano dal suo amatissimo marito e dai suoi cinque figli. Tutto inizia un giorno d’estate, con 45 gradi: da una domenica di lavoro nei campi per 250 rupie e dal desiderio di bere un po’ d’acqua da un pozzo. Alcune donne dicono che così ha contaminato l’acqua, in quanto cristiana. Quindi nasce una discussione nella quale Asia Bibi viene accusata di blasfemia. La situazione precipita. Asia viene incarcerata. Arrivano gli oltraggi e le umiliazioni nella cella sporca e buia e la consapevolezza che né lei né la sua famiglia avrà più pace. Un calvario spezzato da attimi di gioia, come quando le raccontano dell’appello che Benedetto XVI ha fatto per lei all’udienza generale del 17 novembre 2010: “Chiedo - disse il Papa - che, al più presto, le sia restituita la piena libertà”. O come quando vanno a farle visita in carcere il governatore del Punjab, la regione dove abita, Salman Taseer, e Shahbaz Bhatti, cattolico, ministro per le Minoranze religiose, che vive il suo impegno come una testimonianza della fede in Cristo. Entrambi si sono battuti per la sua liberazione e si sono opposti alla legge sulla blasfemia. Per questo hanno pagato con la vita: uccisi nei primi mesi del 2011. “Un musulmano e un cristiano, che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c’è un messaggio di speranza”, dice Asia. La sensazione dopo questi eventi è di essere perduta, ma il suo avvocato le ricorda che c’è ancora Paul Bhatti, il fratello di Shahbaz, che ha deciso di continuare la sua battaglia ed è diventato consigliere speciale del primo ministro del Pakistan per gli Affari delle minoranze religiose. A lui abbiamo chiesto cosa si sta facendo per Asia Bibi in questo momento:
“Ci stiamo muovendo indirettamente o attraverso il governo. Abbiamo seguito la sua famiglia, che è chiaramente un po’ nascosta. Quello che ora stiamo facendo, lo stiamo facendo con le forze diplomatiche, in modo tale che questo, diciamo, non ci esponga ad ulteriori rischi e, quindi, per cercare di liberarla in maniera più mite: senza creare problemi. Noi, insieme a tanti altri politici e insieme anche alle persone che la pensano alla stessa maniera, stiamo facendo la nostra parte per Asia Bibi”.
“Supplico la Vergine Maria di aiutarmi a sopportare un altro minuto senza i miei figli”. Il suo è, infatti, soprattutto un libro di un combattimento nella fede, racconta di una donna che continua ad avere fiducia nell’amore di Dio, sapendo di essere un innocente. A volte subentra la disperazione ma poi la certezza: “Se oggi, nonostante tutto, sono ancora viva, certamente non è per caso, ma perché Dio mi ha affidato una missione”. Ma Asia Bibi, con i suoi grandi occhi neri, chiede qualcosa, a tutti i lettori: “Fate sapere quello che mi è capitato… Ho bisogno di voi! Salvatemi!”.
Batterio killer: variante aggressiva rilevata in un ruscello tedesco
◊ Tremila 500 casi d’infezione in 13 Paesi, 39 morti. E’ l’ultimo bilancio dell’infezione da Escherichia Coli, il batterio trovato in Germania che sta spaventando l’Europa. La variante aggressiva, dopo essere stata individuata su diversi vegetali, è stata rilevata in un ruscello nelle vicinanze di Francoforte. Intanto, rimangono stabili le condizioni dei sette bambini francesi, ricoverati a Lille, che hanno contratto il batterio dopo aver mangiato hamburger acquistati nei discount Lidl. Un ottavo è stato ricoverato oggi, senza però aver consumato gli hamburger. In Italia, la carne dell’azienda è stata sequestrata, misure analoghe sono state adottate anche da altri Paesi tra cui la Francia. Parigi comunque precisa che il ceppo del batterio non è quello tedesco. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano:
R. - Siamo in una situazione che è venuta alla luce sull’onda dell’episodio più grave tedesco, ma il problema delle infezioni gastrointestinali è presente nel continuo, ogni giorno quando prepariamo degli alimenti: il rischio è quello legato a una contaminazione crociata e quindi fra materiale crudo e materiale già cotto, che si contaminano con feci o con residui organici…
D. - Dunque, non c’è correlazione tra l’Escherichia Coli trovato in Germania e l’Escherichia Coli trovato in Francia?
R. - E’ responsabile un batterio, seppur della stessa specie, assolutamente diverso. La situazione non è correlata. Abbiamo circa 80 mila casi di gastroenteriti dovuti a diversi batteri: l’Escherichia Coli è uno dei più importanti, ma ci sono anche la salmonella e il Campylobacter… Recentemente, ho anche sentito purtroppo del decesso di un alpino a causa di un altro batterio cattivo - la Listeria - il cui contagio è avvenuto durante uno dei ritrovi degli alpini. Una situazione che, in altri momenti, non sarebbe arrivato al clamore della comunicazione nazionale o addirittura - come in questo caso - di quella internazionale.
D. - Per quanto riguarda il batterio dell’Escherichia Coli, in Germania è stato isolato in un ruscello vicino a Francoforte: ci si chiede se questo batterio, a questo punto, possa aver contaminato la fornitura d’acqua potabile nella zona...
R. - E’ possibile, tant’è che l’Escherichia Coli - a prescindere dal suo sottotipo - è uno dei parametri microbiologici che viene misurato sistematicamente, in tutte le reti per la fornitura di acqua potabile: questo proprio perché è il segno più frequente della contaminazione con sostanze organiche, con liquami umani e animali.
D. - Questo giustifica un motivo di allarme?
R. - Questo episodio - a mio avviso - è, in qualche modo, scaturito da quella che è stata una modalità produttiva, che ha permesso una grande dispersione in un lotto di produzione di questi germogli di varia specie e che ha determinato un episodio non più ripetibile.
D. - In questi giorni, diversi ortaggi sono stati messi sotto accusa: si arriverà mai a definire completamente il caso?
R. - Direi che quanto si è fatto a tutt’oggi è il massimo possibile che si potesse fare: si è individuata una fabbrica, si sono individuati i lotti e i periodi di produzione. Rimane - e presumibilmente rimarrà - oscuro il meccanismo esatto: questo perché, a distanza di tempo, molti elementi sono difficili da scoprire e quindi da esaminare.
D. - Secondo la sua esperienza, a questo punto l’epidemia è contenuta?
R. - Di fatto, il dato epidemiologico è che non ci sono più nuovi casi. Quella che è stata una comunicazione, che purtroppo ha colpito vari tipi di ortaggi, è stata comunque utile e necessaria per poter far sì che venissero statisticamente e quantitativamente rinforzate delle prassi di igiene più stringenti, che comunque sia - al di là della presenza del batterio nell’alimento - hanno eliminato l’effettiva trasmissione. (mg)
Il cardinale Vallini in visita nella parrocchia romana dell'Ordine dei Trinitari
◊ Grande attesa e gioia nella famiglia dell’Ordine della Santissima Trinità per la visita del cardinale vicario per la diocesi di Roma, Agostino Vallini, che domani si recherà nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, una delle più vicine al Vaticano. Alla presenza del sindaco, Gianni Alemanno, sarà inaugurata un’opera in bronzo posta sulla facciata della chiesa, che rivisita l’antico mosaico trinitario del 1200 ispirato ad una visione del fondatore Giovanni De Matha e oggi collocato sull’antico portale del convento di San Tommaso in Formis, a Roma. Massimiliano Menichetti ha intervistato padre Giulio Cipollone, trinitario e ordinario di Storia medioevale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma:
R. – Per noi, questa visita riveste grandissima importanza, perché si inquadra in un contesto pastorale e si realizza proprio a ridosso del Convegno diocesano, dove il grande tema è stato quello della catechesi. Per noi, quindi, significa incoraggiamento e significa avere delle linee per la catechesi stessa.
D. – L’Ordine della Santissima Trinità risale al 1193 ed Il suo fondatore fu Giovanni de Matha. Quando quest’Ordine è presente nelle vicinanze di San Pietro?
R. – I Trinitari sono presenti per la munificenza e la benevolenza dei Papi in Santa Maria alle Fornaci – prima piccolo Santuario, poi parrocchia – già dal 1700 e l’Ordine dei Trinitari venne qui alle Fornaci proprio per fondare un Collegio internazionale per le missioni. L’Ordine Trinitario è nato qualche decennio prima dell’esperienza di San Francesco d’Assisi, alla fine del XII secolo, per liberare i prigionieri cristiani e musulmani.
D. – Domenica scoprirete un’opera in bronzo che è il rifacimento di un mosaico del 1210, che adesso è sull’antico convento di San Tommaso in Formis, sul Celio, a Roma. Di cosa si tratta?
R. – Questo mosaico, opera dei Cosmati, presenta un Cristo nel piano dell’oro che prende per mano un cristiano e musulmano. Un Cristo, quindi, che libera le vittime di violenza bellica nel tempo di crociate e jihad. Si tratta di cristiani caduti nelle mani dell’islam, ma anche di musulmani caduti nelle mani dei cristiani. E’ la logica del nuovo impianto, che si può veramente dire nuovo canone di estetica, il bianco e il nero: l’umanità è immersa nel piano dell’oro della divinità.
D. – Questo mosaico raffigura appunto il Cristo seduto su un trono con accanto questi due uomini, come lei ha ricordato - che sono più piccoli nella rivisitazione - e sono incatenati. Nella rivisitazione questo cambia: come e perché?
R. – Innanzitutto, la tecnica dal mosaico - si passa ad un bassorilievo in bronzo – ed è incastonato il simbolo della perfezione cristiana, che è il tondo, nell’ambito della bellezza e della perfezione nel contesto della cultura islamica, che è il quadrato. Lo sfondo oro del tondo e lo sfondo verde del bronzo stanno a significare questi due colori del Paradiso e dell’eternità per le due grandi religioni. Cristo è stato reinterpretato non più seduto ma in piedi, con lo sfondo del sepolcro vuoto. Quindi, è un Cristo piagato nelle mani ma risorto e i due protagonisti della sofferenza – sia quello cristiano che quello musulmano – sono riprodotti liberi dalle catene. Le armi sono sotto i loro piedi, come se fossero realmente, oggi, liberi. Si tratta veramente di una reimpostazione di una buona, pacifica convivenza planetaria tra le distinte e diverse culture. E tutto questo nell’abbraccio di un Cristo risorto.
D. – Questa opera in bronzo sarà applicata sulla facciata della Chiesa. Che cosa vuole dire a chi passa davanti ad una parrocchia a ridosso della Basilica di San Pietro?
R. – Si tratta di un manifesto murale. Non è un fatto devozionale privato, interno alla Chiesa, ma è piuttosto una dichiarazione pubblica d’intenti. Un manifesto politico-culturale, in questo caso però è nel nome di Cristo e quindi è un manifesto ecclesiale. Vogliamo riproporre, sulla facciata esterna, una denuncia ed un annuncio: come risolvere, oggi, i problemi della sofferenza e dell’incontro tra le culture. Dialogo, confronto. Confronto sulle opere buone. Seconda cosa: dato che l’esperienza del dolore umano livella ed accomuna tutta l’esperienza dell’intera umanità, credo che questo sia il piano della carità vissuta. In fondo, noi Trinitari siamo nati con la certezza di un mistero chiaro, non un mistero difficile. Ogni volta che si ama, si entra nel mistero chiaro e laddove si rende visibile la Trinità come mistero chiaro, lì si pratica la carità. (vv)
Il commento al Vangelo della domenica della SS. Trinità del teologo, padre Bruno Secondin
◊ Nella Domenica dedicata alla solennità della Santissima Trinità, il Vangelo presenta un brano di Giovanni nel quale Gesù afferma che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Quindi aggiunge:
“Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Dio è essenzialmente comunione: una comunione d’amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Non una combinazione matematica complicata, ma una pulsione vitale, energia che genera novità sempre originale e speranza di futuro. È a questa misteriosa realtà che facciamo affidamento quando ci facciamo il segno della croce o iniziamo una azione sacra nel nome della Trinità: alla presenza di Dio Uni-Trino, con la sua grazia che salva e tutto guida noi vogliamo compiere ogni azione. Come dice Gesù nel Vangelo, dialogando con Nicodemo, noi dobbiamo sentirci amati in maniera sorprendente, diciamo divina, dal Padre: egli ha donato il proprio Figlio perché avessimo vita, vita eterna, salvezza e felicità. Per questo credere nella realtà misteriosa di Dio-Trinità è credere a questa storia di amore e redenzione, è farsi discepoli del Figlio che svela il cuore del Padre e dona assieme al Padre a tutti noi la forza misteriosa che lo ha guidato e trasformato, cioè lo Spirito Santo. Una fede che è scuola di relazioni nuove, di comunione e reciproca accoglienza. Contemplare e adorare la Trinità in autenticità è possibile solo per chi coltiva disegni di amore che generano vita, sa gettare ponti e non alzare muri, sa protendere le mani senza serrare le dita, sa amare senza calcoli, in totale gratuità.
Giornata mondiale del rifugiato, l’appello di monsignor Nubuash ai fedeli dell’Africa australe
◊ Si celebra lunedì prossimo la decima Giornata mondiale del rifugiato, in origine dedicata ai soli rifugiati africani. Per l’occasione, mons. Frank Nubuasah, vicario apostolico di Francistown in Botswana e membro della Conferenza episcopale che riunisce i vescovi di Sudafrica, Botswana e Swaziland, ha inviato un messaggio all’agenzia Fides in cui ricorda come la giornata non serva solo “a far crescere la consapevolezza sulla difficile situazione dei rifugiati e a mettere in luce le ingiustizie che la comunità umana ha fatto ai suoi membri, ma celebra anche i contributi positivi offerti dai rifugiati e dalla comunità dei migranti”. Sull’esempio della Santissima Trinità, modello perfetto per le relazioni umane, il presule chiede alle comunità cattoliche dell'Africa australe di fare un esame di coscienza su come vengano accolti i rifugiati che vivono nei loro Paesi: “Nel momento in cui i rifugiati e altre persone sfollate continuano a subire la mancanza di amore e le ingiustizie, vi imploriamo di creare comunità che imitino la Santissima Trinità e che vivano nell'amore e nella compassione reciproci”. “Mentre celebriamo la Giornata Mondiale del Rifugiato noi, i vostri vescovi, vi esortiamo ad aiutare i rifugiati”, ha concluso mons. Nubuasah, “vi chiediamo come seguaci di Cristo, di opporvi al male della xenofobia che minaccia di dividere la comunità degli esseri umani. Ogni persona deve fare quello che può per unirsi contro la malvagità della xenofobia e per impegnarsi a costruire la comunità dell'amore”. (M.R.)
Sri Lanka: cristiani riuniti per celebrare la Pentecoste
◊ Numerosi saranno gli eventi interconfessionali in programma in Sri Lanka per celebrare la Pentecoste. Questa notte, in occasione della festa della Santissima Trinità di domani, la Chiesa cattolica organizzerà una veglia di preghiera nella scuola di S. Anna a Colombo, che coinciderà con le celebrazioni del trentesimo anno di Pentecoste del Rinnovamento carismatico cattolico tamil. Riferisce AsiaNews che, per l’occasione, il cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, ha inviato un messaggio in cui si augura “che la solenne festa della Pentecoste possa risvegliare nei partecipanti una vera devozione allo Spirito Santo, e l’impegno a essere testimoni fedeli della parola di Dio e della sua Chiesa”. L’arcivescovo presiederà le benedizioni insieme a padre Emmanuel Fernando, vicario episcopale per l’apostolato tamil. Il prossimo 25 giugno, la Holy Trinity Community, un’associazione interconfessionale composta da membri di sette Chiese cristiane, organizzerà invece il primo raduno ecumenico nazionale per la Pentecoste nella cattedrale di Cristo salvatore, a Colombo, all’insegna del messaggio “unità nella diversità”. Louis Benedict, della Holy Trinity, ha dichiarato: “Siamo tutti chiamati a collaborare a questa missione. Le divisioni oggi sono così profonde e complesse che l’unità appare impossibile da raggiungere. Ma la Bibbia ci dice che niente è impossibile a Dio se collaboriamo con Lui nel fare la sua volontà”. La comunità del Signore risorto, infine, organizzerà il prossimo 9 luglio una “Giornata della rinascita” presso il Collegio S. Giuseppe di Colombo. La comunità organizza ogni anno il “ritiro dei quattro passi”, durante il quale migliaia di persone hanno avuto incontri che hanno trasformato le loro vite, sconfiggendo dipendenze e riconciliando matrimoni in crisi. Tutti questi eventi verranno celebrati in lingua singalese, tamil e inglese, per marcare l’unità tra i cristiani delle diverse Chiese. (M.R.)
Immigrazione: Medici Senza Frontiere chiede la chiusura di due centri di accoglienza in Sicilia
◊ Medici senza frontiere (Msf) ha espresso disapprovazione sulla decisione del governo italiano di prolungare a 18 mesi la durata massima della permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) dei migranti irregolari. Msf si dicono preoccupati delle conseguenze di tale misura sulla salute fisica e mentale dei migranti e chiedono la chiusura dei due centri siciliani di Kinisia e Palazzo San Gervasio. “In questi centri le condizioni di vita sono inaccettabili”, ha spiegato Rolando Magnano, capo missione di Msf in Italia. “Le persone dormono dentro delle tende e i servizi medici sono largamente insufficienti. A Kinisia manca l’elettricità, le condizioni igieniche sono pessime e l’accesso all’acqua saltuario”. Per Medici senza frontiere nei centri dove i servizi di base sono accessibili, il solo fatto di essere in stato di fermo prolungato per essere entrati irregolarmente nel territorio italiano ha forti ripercussioni sulla salute mentale delle persone, che "sono passate attraverso esperienze molto difficili e vivono attualmente nell’incertezza più totale sul loro avvenire, a causa di procedure di identificazione troppo lunghe e lente”, ha dichiarato Freya Raddi, coordinatrice delle operazioni. In due precedenti rapporti, pubblicati nel 2004 e nel 2010, Msf aveva già denunciato le conseguenze disastrose sulla salute fisica e mentale delle condizioni di detenzione nei Cie in Italia e aveva chiesto la chiusura degli stessi. “Ancora una volta, constatiamo che le conseguenze sulle persone della politica migratoria italiana non vengono considerate”, ha proseguito Freya Raddi, “invece di concentrare i propri sforzi ad inasprire le misure di detenzione, espulsione e controllo alle frontiere, le autorità italiane dovrebbero avere come priorità le condizioni di accoglienza dei migranti”. (M.R.)
Taiwan: Messa di solidarietà sul monte Yu, il più alto dell’isola
◊ Una messa ad alta quota per aiutare i poveri dello Swaziland. E’ quanto si propone mons. Martin Su Yao-Wen, vescovo della diocesi di Tai Chung, che martedì prossimo celebrerà la Santa Messa sulla cima del monte Yu, la vetta più alta dell’isola di Taiwan. Il presule, accompagnato da una ventina di volontari di Taiwan (sacerdoti, religiose, studenti universitari e della scuola superiore, ambasciatori, imprenditori…), raggiungerà la vetta, alta 3.592 metri intorno alle ore 4 del mattino del 22 giugno, e lì celebrerà la sacra liturgia. Riferisce l’agenzia Fides che questa iniziativa nasce dalla fondazione americana “Heart for Africa”, organizzazione no-profit e caritativa che si occupa degli orfani e dei bambini più vulnerabili del continente africano, e fa parte della campagna internazionale per la raccolta di fondi denominata “Summit 4 Hope 2011”, che si terrà dal 20 al 25 giugno. Quattrocento volontari di Canada, Taiwan e Stati Uniti si divideranno in 8 gruppi per scalare altrettante montagne, le più alte che si trovano in Canada, Tanzania, Swaziland e Taiwan. L’obiettivo è raccogliere 150 mila dollari da destinare ai poveri dello Swaziland. Oltre a mons. Su, il gruppo presente a Taiwan includerà anche mons. Paul Russell, incaricato d’affari della Santa Sede, l’ambasciatore dello Swaziland presso Taiwan Njabuliso Gwebu, l’ambasciatore del Guatemala presso Taiwan Kivan Espinoza Farfan e altre personalità. (M.R.)
Stati Uniti, in aumento l’impegno caritativo dei Cavalieri di Colombo
◊ I Cavalieri di Colombo, l’Ordine fondato dal venerabile padre Michael Joseph McGivney negli Stati Uniti, hanno riscontrato nel 2010 un costante aumento delle donazioni e delle ore di volontariato. A riferirlo è l’Osservatore Romano che, analizzando il rapporto annuale dell’ordine, ha contato in oltre 154 milioni di dollari la quantità di fondi raccolta dai fedeli e in oltre 70 milioni le ore di servizio dei volontari in attività di sostegno e di aiuto, sia a livello nazionale che internazionale. Si tratta di un trend in crescita. Già nel 2009, infatti, i contributi caritativi ammontavano a poco più di 151 milioni di dollari, con un milione in più rispetto al 2008, mentre le ore di volontariato prestate erano state invece 69 milioni. I membri dell’organizzazione, ha sottolineato il cavaliere supremo, Carl A. Anderson, “hanno allargato in maniera significativa nel 2010 il loro impegno a favore di tutti coloro che versano in difficoltà e continueranno a farlo, perché le difficoltà economiche stanno colpendo molte persone nelle nostre comunità”. L’associazione, ha aggiunto il cavaliere, “è quindi sempre più coinvolta nell’affrontare i bisogni del prossimo”. Fondato nel 1882, l’Ordine conta più di un milione e 800 mila membri nel mondo e ha donato negli ultimi dieci anni quasi un miliardo e mezzo di dollari. Nei mesi scorsi, l’attività si è concentrata, a livello nazionale, soprattutto nel sostegno alle comunità colpite dai tornado in Alabama, North Carolina e Missouri. I volontari sono tuttora impegnati nella ricostruzione delle strutture distrutte dagli eventi naturali e nel fornire ogni genere di aiuti alle famiglie. A livello internazionale prosegue, fra l’altro, l’opera di sostegno alle famiglie di Haiti all’interno delle strutture sanitarie dopo l’avvenuto terremoto del 2010. I Cavalieri di Colombo hanno messo a disposizione, in collaborazione con l’organizzazione no-profit “Project Medishare”, un milione di dollari per l’acquisto di protesi per i bambini haitiani che hanno subito amputazioni, in seguito alle gravi lesioni degli arti provocate dal crollo degli edifici. Oltre cento bambini, hanno beneficiato finora dell’assistenza di medici e volontari, mentre un altro migliaio sono stati forniti di sedie a rotelle per la deambulazione. A Port-au-Prince è stato aperto anche un laboratorio di protesi, che funziona come scuola di formazione del personale tecnico necessario per l’apertura di ulteriori laboratori. A tale riguardo, sono diversi i cittadini haitiani che già lavorano stabilmente all’interno della struttura come tecnici di riabilitazione, mentre altri allievi sono attualmente impegnati nei corsi: una speranza dunque concreta anche sul fronte della disoccupazione. (M.R.)
Appello del cardinale Sepe per un maggiore impegno internazionale nella lotta alla povertà
◊ “Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza la concreta lotta alla povertà attraverso una più equa distribuzione delle ricchezze”. Così il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli, è intervenuto questa mattina in occasione del convegno nazionale degli “Amici dei Poveri”, organizzazione che raccoglie circa 1500 operatori sociali in rappresentanza di 157 associazioni. Il porporato ha espresso apprezzamento per l’iniziativa, ricordando come una discussione sulla povertà, centrale dal punto di vista cristiano e umanitario, “non può essere considerata marginale tra le grandi questioni che impegnano i protagonisti della scena nazionale e internazionale, ai fini dello sviluppo globale e dell’indispensabile stabilità dei rapporti e degli equilibri tra i Paesi del mondo”. “Pochi uomini e Nazioni”, ha aggiunto il cardinale Sepe, “pretendono di controllare e governare in nome di una superiorità e di un diritto che, in alcuni casi, si traduce in sfruttamento, violenza, offesa alla vita e alla dignità della persona umana, profittando di uno stato di debolezza che non è soltanto sociale ma anche fisica e, in tale caso, porta e riduce veramente alla marginalità”. L’arcivescovo di Napoli ha poi ricordato come nei molti Stati attanagliati da crisi politica, economica e alimentare, la Chiesa, in obbedienza al comandamento di amore ricevuto da Gesù Cristo, da sempre si è data come suo compito quello di alleviare la miseria delle persone bisognose, “intervenendo attraverso l’impegno, premuroso e generoso, del volontariato cattolico e dei missionari, apostoli di Cristo e, senza dubbio, anche apostoli dell’umanità”. Il cardinale Sepe ha poi evidenziato la necessità di fissare obiettivi precisi e stanziamenti rapidi per la lotta alla povertà. Per sconfiggere la fame, ha detto, è necessario “ridisegnare gli assetti internazionali, stabilendo un rapporto prioritario tra Paesi che si trovano in un differente grado di sviluppo”, in nome della comune appartenenza alla famiglia umana universale. Accanto alla povertà “strutturale”, “che si manifesta agli angoli delle strade, sotto i porticati e all’ingresso delle chiese, per la quale si mettono in atto forme spontanee e volontarie di assistenza umanitaria”, il cardinale Sepe denuncia “una nuova e crescente povertà, che risente certamente della crisi economica internazionale ma è propria dei Sud del mondo, di quelle aree che, per ragioni storiche e non solo, sono rimaste vittime di uno sviluppo incompiuto o errato. E’ una povertà silente, vissuta spesso nel chiuso della famiglia, non rumoreggiante, ma grave e preoccupante perché in crescita, perché colpisce i giovani e le donne, i padri e le madri di famiglia". “Vogliamo essere costruttori, con gli altri, di un percorso di speranza”, ha concluso il cardinale Sepe, “che non è immaginazione, illusione o sogno, ma è rappresentazione e costruzione, sin da oggi, di un futuro diverso, fatto di giustizia e di pace, cui ciascuna persona ha il diritto di tendere, in nome del diritto alla vita, che è sacro e irrinunciabile” (M.R.)
Lourdes, al via da Milano il secondo pellegrinaggio dell’Oftal
◊ Partirà domani da Milano il secondo pellegrinaggio a Lourdes della stagione 2011 organizzato dall’Oftal, organizzazione che da oltre cinquant’anni si occupa di accompagnare i pellegrini a Lourdes e negli altri santuari. Particolarmente significativa, in questo viaggio che coinvolge 200 malati, 300 volontari e 500 pellegrini, è la presenza di oltre 100 giovani, tra i 17 e i 19 anni, alla prima esperienza di pellegrinaggio. I ragazzi hanno deciso di intraprendere questa esperienza, a pochi giorni dalla chiusura delle scuole, accogliendo la libera proposta che è giunta da alcuni dei loro insegnanti a loro volta volontari dell’Associazione. Un’esperienza, riferisce l’Oftal in un comunicato, “che si ripete ogni anno e che è considerata di grande importanza da parte dei ragazzi. Lo dimostrano ogni anno l’alto numero di adesioni e il passaparola che si verifica tra gli studenti più grandi a quelli più piccoli” (M.R.)
Milano, il cardinale Tettamanzi incontra i giovani al Duomo in vista della Gmg
◊ Si svolgerà questa sera nel Duomo di Milano, la veglia regionale di preparazione alla XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Madrid dal 16 al 21 agosto sul tema “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Alla veglia, che verrà presieduta dal cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, parteciperanno circa 13 mila giovani provenienti dalle dieci diocesi lombarde (Milano, Bergamo, Brescia, Como, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia e Vigevano) tra cui 6.300 ambrosiani. Il tema della celebrazione sarà “Abbiamo visto il Signore!” (Gv 20, 25), che sarà uno spunto di riflessione sul dono dello Spirito Santo che fa di ciascuno un pellegrino in questo mondo verso la pienezza della fede e della vita. I partecipanti alla veglia potranno assistere inoltre ad alcuni filmati: una breve storia delle precedenti edizioni della Gmg, un estratto dell’omelia rivolta da Giovanni Paolo II ai giovani a Tor Vergata, un messaggio di Benedetto XVI e l’itinerario compiuto dalla croce, simbolo della Gmg, verso Madrid. Per l’occasione, sarà inoltre presentata un’applicazione per Iphone ricca di contenuti audio e video, dove si potrà trovare un diario quotidiano per appuntare, giorno per giorno, i luoghi visitati e le esperienze vissute, oltre ad aggiungere gli amici conosciuti, scattare foto o registrare dei video, condividendo tutto ciò sulla propria bacheca di Facebook. (M.R.)
Incursione dell’esercito siriano in una città turca al confine
◊ Sempre delicata la situazione in Siria. Ha superato quota 10 mila il numero di profughi che ha trovato rifugio dalle violenze in Turchia, nelle tendopoli allestite dalla Mezza Luna Rossa. Stamattina le truppe di Damasco hanno attaccato la cittadina di Bdama, proprio nei pressi della frontiera, incendiando alcune case e arrestando almeno 70 persone. La Gran Bretagna ha richiamato i propri connazionali. Dagli Stati Uniti il segretario di Stato Clinton ha ribadito la necessità di una transizione democratica in Siria, mentre per il ministro della Difesa israeliano Barak, il presidente Siriano Bashar al-Assad ha ormai superato il punto di non ritorno e ha perso la sua legittimità.
Libano
Le conseguenze della situazione siriana si fanno sentire anche in Libano. L’esercito regolare oggi presidia la capitale Tripoli dopo i sanguinosi scontri armati di ieri tra alawiti fedeli agli al-Assad – la famiglia al potere in Siria da oltre 40 anni – e sunniti sostenuti dall’Arabia Saudita, che dimostravano in sostegno del popolo siriano. Il bilancio è di almeno sei vittime e di ingenti danni materiali soprattutto nei quartieri poveri della città, dove militari hanno eseguito numerosi arresti.
Afghanistan
Violenza protagonista stamattina in Afghanistan. 4 kamikaze sono entrati in azione nei pressi di un commissariato di polizia che si trova nel centro della capitale Kabul. Almeno due sarebbero riusciti a farsi esplodere. Il commando ha ingaggiato una dura battaglia con le forze regolari che sarebbe ancora in corso. Almeno due agenti avrebbero perso la vita. I talebani hanno rivendicato l’azione. In precedenza il presidente Karzai ha confermato ufficialmente colloqui in corso tra Stati Uniti e alti esponenti dei ribelli.
Economia: Germania-Francia-Grecia
Aiuti sostanziali dei privati nel quadro del sostegno economico da destinare alla Grecia. E’ l’auspicio espresso poco fa dalla cancelliera tedesca Merkel all’indomani dell’accordo con il capo dell’Eliseo, Sarkozy, proprio in merito alla condotta europea sul fronte greco. Dal canto suo il presidente dell’Eurogruppo Junker ha avvertito che la crisi del debito greco potrebbe contagiare anche l’Italia e il Belgio, prima di estendersi in Spagna, a causa soprattutto dell’elevato debito pubblico italiano. Intanto, mentre l’agenzia di rating Moody's ha annunciato che potrebbe tagliare il rating italiano, ieri la nuova compagine governativa greca, voluta dal premier Papandreou, ha prestato giuramento davanti al presidente Papoulias.
Marocco
Una nuova architettura costituzionale in Marocco che modifica, in senso democratico, quella esistente. E’ quanto deciso dal re Mohammed VI, che ieri ha così avviato il percorso di riforme alla Carta fondamentale del Paese nordafricano, che dovrebbe consentirgli di riallacciare il dialogo con il popolo, che, tuttavia, già domani scenderà nuovamente in piazza per dire che le riforme non bastano, ma occorrono cambiamenti più radicali. Protagonisti della protesta sono soprattutto il movimento dei giovani e le organizzazioni per i diritti umani. Ma la politica delle riforme può essere la strada giusta in Marocco e nel resto dei Paesi nordafricani e del mondo arabo, per evitare situazioni dolorose che abbiamo già visto in Egitto, Tunisia e Libia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all’Università di Trieste:
R. - Distinguerei alcuni tipi di Paesi che sono nella possibilità di poter - come dire - arrivare a delle riforme democratiche: sicuramente i Paesi produttori di petrolio e i Paesi che hanno già raggiunto un certo livello minimo di benessere, come il Marocco, sono favoriti verso questa strada. Infatti, la Cooperazione del golfo, che pure è molto lontana dal Marocco e dalla Giordania, ha cooptato questi due regni. E questo significa un lento cammino verso la democrazia. Queste monarchie hanno delle disponibilità da distribuire e, insieme al primo timido tentativo di riforma, stanno comunque versando denari alle famiglie per cercare di evitare, in qualche modo, le rivolte di piazza.
D. - Dal punto di vista culturale, qual è l’ostacolo che non consente a questi regimi un riconoscimento dei diritti umani fondamentali?
R. - La globalizzazione ha provocato una spaccatura profondissima non solo in Occidente, ma anche in tutto il mondo arabo. La società si è spaccata tra modernisti e custodi della tradizione, di cui l’ultima appendice erano fondamentalisti integralisti e quindi anche tutto il fenomeno del terrorismo. Questa spaccatura profondissima in tutto il mondo arabo musulmano non si è ricucita e da qui deriva la grande difficoltà. Naturalmente l’atteggiamento dei giovani, che sono una massa enorme e preponderante in questo mondo, in assoluta necessità di trovare un futuro e una speranza del benessere, sta cambiando anche questi termini. Questo dovremmo capirlo e, in qualche modo, riprendere una assoluta strada di cooperazione e di dialogo per cercare di far capire che la risposta dell’Europa e dell’Occidente non è soltanto quella dell’intervento preventivo. (mg)
Libia
Situazione di stallo in Libia all’indomani dell’audio messaggio di Gheddafi trasmesso dalla tv di Stato in cui il rais ha garantito che la Nato sarà sconfitta e che non costringerà il regime a cambiare. Intanto Tripoli continua a sostenere di aver avuto contatti con i ribelli, nonostante la smentita degli insorti. Oggi, invece, l’Austria ha riconosciuto ufficialmente il Consiglio nazionale di transizione come rappresentante legittimo del popolo libico.
Italia-Libia immigrazione
In Italia si intensificano gli sbarchi di immigrati provenienti dalla Libia. Un barcone con 235 persone a bordo è giunto stamani a Pozzallo, in provincia di Ragusa, scortato da motovedette maltesi. Ieri sera una seconda imbarcazione, su cui viaggiavano 150 immigrati, è approdata a Pantelleria.
Algeria
In Algeria non c’è alcuna crisi istituzionale in atto. Così il premier Ouyahia in un dibattito televisivo, precisando che le riforme democratiche avviate dal presidente Bouteflika rappresentano un momento del processo e non l’effetto di turbolenze sulla scia di quanto sta avvenendo in altri Paesi dell’area. L’obiettivo principale delle riforme – ha aggiunto – è quello di “ristabilire la fiducia tra il cittadino e il Paese”, dove comunque il “popolo è sovrano”.
Tunisia
Mandato d’arresto contro l’ex presidente tunisino Ben Ali per la repressione avvenuta nei mesi scorsi nel Paese. Ad emetterlo la giustizia militare tunisina ipotizzando il reato di omicidio di innocenti, che riguarda anche altri fedelissimi della passata leadership. Lunedì, invece, si aprirà il processo civile contro Ben Ali che verte sui beni trovati nella sua residenza dopo la fuga in Arabia Saudita. Le autorità di Tunisi stanno preparando la richiesta di estradizione indirizzata a Riad.
Francia-Tunisia
La procura di Parigi ha aperto un’inchiesta giudiziaria a carico dell’ex presidente tunisino Bel Ali e dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, accusati di associazione a delinquere finalizzata a riciclaggio in relazione ai beni che possiedono in Francia. L’indagine è partita in seguito ad una denuncia avanzata da due Ong. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 169