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Sommario del 17/06/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi dell’India: promuovete l’unità e l’armonia tra di voi e i sacerdoti
  • Altre udienze
  • Presentata la mostra “Lo splendore della verità, la bellezza della carità”, omaggio di artisti a Benedetto XVI per il 60.mo di sacerdozio
  • L'attesa nelle diocesi di San Marino e Montefeltro a due giorni dalla visita pastorale di Benedetto XVI
  • Convegno in Vaticano su etica e business. Il prof. Zamagni: l'economia senza valori ha i giorni contati
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La Giornata di lotta alla desertificazione, fenomeno che colpisce 100 Paesi
  • Italia, il governo prolunga da 6 a 18 mesi il trattenimento degli immigrati nei centri di identificazione
  • Presentato il libro di Stefano Costalli "La Chiesa nel dialogo multiculturale: Sarajevo, Beirut, Gerusalemme"
  • Chiesa e Società

  • Cuba: dichirazione del cardinale Jaime Ortega sul processo di scarcerazione dei dissidenti politici
  • Nigeria: l'arcivescovo di Abuja chiede di isolare gli estremisti islamici dopo l'attentato nella capitale
  • Pakistan: nel Punjab, famiglie cristiane in fuga per una falsa accusa di blasfemia
  • India: proteste dei cristiani per un leader politico indù che incita all’odio religioso
  • Malaysia: Partito islamico abbraccia politiche più moderate. Nuove speranze fra i religiosi
  • Mons. Vegliò: aprire canali umanitari per soccorrere i profughi in mare
  • A Vilnius incontro dei segretari generali delle Conferenze episcopali d’Europa
  • Appello dell’arcivescovo di Managua per una più incisiva strategia antiviolenza
  • Argentina: appello della Chiesa per l'eruzione del vulcano Puyehue in Patagonia
  • Congo Brazzaville: circa mille casi di febbre chikungunya
  • Malawi: professori e studenti contro le restrizioni sulla libertà di insegnamento
  • Giappone: Mfs sostiene la costruzione di due cliniche nelle aree colpite dal sisma
  • Emergenza disoccupazione a Gaza: quasi la metà della popolazione è senza lavoro
  • Portogallo: il cardinale Policarpo condanna l'aborto facile
  • Spagna: è cresciuto il numero di assistiti dalla Chiesa, soprattutto in campo sanitario
  • Repubblica Ceca: domani pellegrinaggio per i 200 anni della nascita di San Giovanni Neumann
  • Slovenia: preghiera e digiuno per il futuro della patria
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il regime di Gheddafi accusato di stupri come strumento di guerra
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi dell’India: promuovete l’unità e l’armonia tra di voi e i sacerdoti

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, in udienza un gruppo di vescovi della Conferenza episcopale dell'India, in Visita "ad Limina". Il Papa si è in particolare soffermato sulle responsabilità dei presuli nei confronti di sacerdoti e religiosi, incoraggiandoli a promuovere l’unità nella Chiesa indiana. Ancora, il Pontefice ha invitato i sacerdoti a testimoniare un amore vicendevole che superi le barriere delle caste e delle etnie. Infine, ha elogiato l’impegno per i più bisognosi da parte di missionari e religiosi, in particolare delle donne consacrate. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il vescovo sia pastore e padre che unisce e guida il suo gregge: è l’esortazione che il Papa ha rivolto ai presuli indiani in un discorso tutto incentrato sulle responsabilità dei vescovi verso il clero e i religiosi. Con il vostro esempio, è stato l’incoraggiamento del Papa, siate al servizio dell’unità e conducete il popolo verso una comunione più profonda:

    “Promoting the charism of unity, which is a powerful testimony…”
    “Promuovere il carisma dell’unità – ha affermato – che è una testimonianza potente dell’unicità di Dio” è “tra le responsabilità del vescovo”. Ed ha ribadito che, attraverso il loro ministero, i vescovi devono incoraggiare le persone chiamate da Dio. D’altro canto, ha soggiunto Benedetto XVI, uno dei modi in cui la comunione della Chiesa si mostra più chiaramente è proprio nella relazione tra i vescovi e i sacerdoti:

    “Thus, you are to be supportive of your priests…”
    “Per questo – ha detto – dovete sostenere i vostri sacerdoti, i vostri più stretti collaboratori, ed essere attenti ai loro bisogni e alle loro aspirazioni”. Ed ha osservato che i legami di amore fraterno tra i vescovi sono la base per superare ogni tensione:

    “Moreover, the witness of reciprocal love…”
    “In più – ha soggiunto – la testimonianza dell’amore reciproco” tra voi presuli e i vostri preti, “senza tenere conto delle caste o dell’etnia”, è fortemente desiderabile da parte del popolo che voi servite. I sacerdoti, ha evidenziato il Papa, guardano a voi come “un modello di santità, amicizia ed armonia che parla ai loro cuori e insegna loro” come vivere “il comandamento dell’amore”. Benedetto XVI ha quindi messo l’accento sull’impegno dei vescovi verso i religiosi, in particolare attraverso la cooperazione con i superiori delle Congregazioni. Ed ha riconosciuto il contributo unico di tutti i religiosi al rafforzamento dell’intera comunità ecclesiale. Quindi, ha rivolto un pensiero speciale alle religiose che, in India, si impegnano su più fronti:

    “They bear witness to its holiness…”
    “Loro – ha osservato – testimoniano la santità, la vitalità e la speranza” della Chiesa. Ed ha aggiunto: le religiose pregano instancabilmente e compiono “buone azioni, spesso nascoste” di valore inestimabile per la costruzione del Regno di Dio.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano; presidente della Fabbrica di San Pietro, il vescovo Paul Hinder, vicario apostolico dell'Arabia del Sud, il vescovo Camillo Ballin, vicario apostolico dell'Arabia del Nord. Alle 18 è in programma l’udienza al cardinale Marc Oullet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.


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    Presentata la mostra “Lo splendore della verità, la bellezza della carità”, omaggio di artisti a Benedetto XVI per il 60.mo di sacerdozio

    ◊   La tradizione cristiana e quella artistica contemporanea devono trovare adeguati spazi di dialogo. E’ quanto ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, presentando stamani nella Sala Stampa della Santa Sede la mostra intitolata “Lo splendore della verità, la bellezza della carità”. L’iniziativa è un omaggio di 60 artisti a Benedetto XVI in occasione del 60.mo anniversario, il 29 giugno, della sua ordinazione sacerdotale. L’esposizione, visitabile nell’atrio dell’Aula Paolo VI dal 5 luglio al 4 settembre, sarà inaugurata dal Santo Padre il prossimo 4 luglio. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Presentando la mostra, il cardinale Gianfranco Ravasi ha osservato che le strade percorse da arte e fede sono oggi sempre più distanti:

    “Le due strade si sono divaricate. La teologia, la liturgia sono andate su altre traiettorie quando dovevano introdurre nell’interno dei loro spazi il tema estetico. Dall’altra parte, le arti hanno avuto i loro percorsi, spesse volte in maniera abbastanza sorprendente e sconcertante, fino al punto di essere blasfeme, quindi provocatorie nei confronti del punto di partenza, che era quello religioso che, per secoli, è stato complice della cultura”.

    Me queste strade pur essendo distanti – ha aggiunto il porporato – hanno una meta comune:

    “Il dialogo tra arte e fede è necessario, data la parentela che intercorre tra queste due espressioni diverse dello spirito umano, che tendono entrambe, su strade diverse, verso l’eterno e l’infinito. Ed è per questo che è significativo che anche l’arte contemporanea, alla fine, desideri, continui a ripetere il desiderio di poter ancora inoltrarsi su questi sentieri d’altura del trascendente, del mistero”.

    La mostra segue l’incontro del Papa con gli artisti avvenuto il 21 novembre del 2009 nella Cappella Sisitna. Un incontro ricordato da mons. Pasquale Iacobone, responsabile del Dipartimento “Arte e fede” del Pontificio Consiglio della Cultura:

    “Il discorso del Santo Padre si chiudeva con una parolina: ‘arrivederci’. Il Papa mantiene la promessa: quell’arrivederci viene mantenuto da questo nuovo incontro, da questa nuova occasione, che è l’omaggio della creatività degli artisti al Santo Padre. E’ un omaggio delle arti. Abbiamo appunto le diverse categorie: dalla pittura e scultura all’architettura, alla musica, alla letteratura, al cinema. Per cui c’è questo mosaico di arti, che credo diano un’originalità, un tono particolarissimo a quest’evento”.

    E seguendo questa prospettiva, il percorso espositivo nell'atrio dell'Aula Paolo VI si compone di una ricca miscela di espressioni artistiche:

    “Sessanta opere, tutte originalissime, e si va dal manoscritto più semplice del poeta-scrittore che ha preparato un racconto dedicato al Papa, fino all’architetto, all’orefice, allo scultore, al pittore che ha meditato o che presenta un’opera non confezionata per l’occasione”.

    Il cardinale Gianfranco Ravasi, rispondendo ad una domanda sulla statua di Giovanni Paolo II alla Stazione Termini di Roma, ha infine ricordato che il Pontificio Consiglio della Cultura non doveva dare un’autorizzazione ma un parere estetico sull’opera. A una prima documentazione era seguito un parere negativo, mentre un parere positivo – ha precisato il porporato – era stato espresso sul secondo bozzetto.

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    L'attesa nelle diocesi di San Marino e Montefeltro a due giorni dalla visita pastorale di Benedetto XVI

    ◊   Una diocesi molto attiva, quella che visiterà domenica prossima Benedetto XVI. Un resoconto dettagliato di tutte le attività è possibile trovarlo nel periodico “Montefeltro”, che ha dedicato un numero speciale all’arrivo del Papa. Il nostro inviato a San Marino, Salvatore Sabatino, ha intervistato il direttore responsabile della rivista, Francesco Partisani, che ci parla di questa iniziativa editoriale:

    R. – Ci sono contributi di alcuni amici, soprattutto e in particolare quelli del nostro vescovo, che vanno al cuore dell’evento che noi stiamo per vivere. Sono contributi che aiutano tutti noi a prepararci nel miglior modo possibile, in questo lasso di tempo che ci separa dalla visita del Santo Padre, predisponendoci con il cuore e con l’anima ad accoglierlo a braccia aperte.

    D. – So che sono migliaia le richieste di partecipazione alla Messa che il Papa celebrerà il 19 giugno, c’è grande fermento in tutta al diocesi. Come si sta preparando la comunità locale a questo incontro?

    R. – Si è preparata molto bene e lo sta facendo da alcuni mesi. L’iniziativa più importante è stata anche la più seguita: una grande peregrinatio Mariae, che è consistita nel far passare l’immagine della Beata Vergine delle Grazie, conservata in un affresco a Pennabilli, nel Santuario omonimo, in tutte le parrocchie della diocesi. Ogni incontro è stato presieduto e seguito da altri incontri preparatori, da momenti di preghiera, da celebrazioni liturgiche. Tutti hanno avuto un grandissimo seguito e una grande partecipazione di fede.

    D. – Quali sono, invece, le vostre attese su questa visita di Benedetto XVI?

    R. – Il Papa incontra una Chiesa particolare, non solo perché geograficamente è l’unica che racchiude due Stati sovrani – San Marino e l’Italia. Incontra una Chiesa antica, ricca di una grandissima tradizione di fede. Abbiamo a tutt’oggi manifestazioni evidenti di carità che sono veramente da tenere in conto e delle quali dobbiamo essere gelosi.

    D. – Sappiamo che la vostra comunità è molto viva ed attiva anche nel sociale. Quali sono i punti forti della società civile locale, e quali invece i problemi che la attanagliano?

    R. – La missionarietà: c’è un grandissimo movimento che va incontro a questa esigenza che ci viene da tutto il mondo. Il nostro ufficio missionario opera nei Paesi dell’America Latina, nei Paesi dell’Africa, nei Paesi dell’Est con alcune associazioni che sono veramente il nostro fiore all’occhiello. I problemi, invece, sono legati alle difficoltà che ci sono per quanto riguarda il lavoro e colpiscono in modo particolare i giovani. Sono molti i disoccupati e sono molte le aziende in crisi e c’è quindi quel fermento, quell’agitazione, quell’insofferenza tipica di situazioni del genere. Il Papa, questo lo noterà. (gf)

    Domenica prossima, Benedetto XVI farà tappa anche a Pennabilli, in provincia di Rimini, sede vescovile della diocesi di San Marino – Montefeltro. Qui, oltre a visitare la Cattedrale, dove si raccoglierà in adorazione del Santissimo Sacramento, il Papa incontrerà i giovani, riuniti nell’antistante Piazza Vittorio Emanuele. Ma come si sta preparando questo piccolo centro all’arrivo di un ospite così importante? Il nostro inviato a San Marino, Salvatore Sabatino, lo ha chiesto al sindaco di Pennabilli, Lorenzo Valenti:

    R. – Ovviamente, si sta preparando da tempo a questa visita, che per noi è epocale. La cittadinanza si è anche costituita un comitato specifico d’accoglienza. Quindi tutte le autorità, noi come amministrazione comunale e la popolazione del piccolo centro - siamo tremila abitanti, come comune - si stanno preparando al meglio per ricevere festosamente e calorosamente Sua Santità.

    D. – Come può descrivere Pennabilli, quali sono le attività principali di questa cittadina?

    R. – Pennabilli è il capoluogo del Montefeltro. Siamo sostanzialmente una cittadina di montagna ed un po’ soffriamo i problemi della montagna. Però, si ha la speranza che nel campo turistico le cose possano migliorare: siamo vicini ad un parco naturalistico, abbiamo dei borghi storici molto belli ed anche una gastronomia particolare. Per cui, la gente viene da noi volentieri.

    D. – I giovani, che lei sicuramente ascolta tutti i giorni e che incontreranno Benedetto XVI proprio a Pennabilli, quali parole si attendono dal Papa?

    R. – Molti partono da qui per andare in realtà economico-produttive migliori, mentre vorremmo che le nostre forze migliori – soprattutto i giovani – restassero qui. Vorremmo che il Papa li spronasse, in questo senso, a rendersi protagonisti del proprio futuro. (vv)

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    Convegno in Vaticano su etica e business. Il prof. Zamagni: l'economia senza valori ha i giorni contati

    ◊   Continua in Vaticano il convegno “Executive Summit on Ethics for the Business World”, che vede imprenditori ed esponenti della finanza confrontarsi a due anni dall’Enciclica Caritas in veritate. Ieri, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, aveva detto che “l’assolutizzazione del profitto è un movente insufficiente in un’economia e in una società che oggi hanno a che fare con sfide nuove, tra le quali l’ambiente, i beni comuni e la globalizzazione”. Temi ripresi dall’economista Stefano Zamagni, che afferma come propria la mancanza di etica abbia provocato le crisi di questi anni. Alessandro Guarasci lo ha intervistato:

    R. – Si potrebbero usare la crisi della Grecia, così come quella della Spagna, del Portogallo e dell’Irlanda come esempi di studio che mostrano come aver separato l’economia dall’etica abbia i giorni contati; come pure l’aver fatto credere, sbagliando, che si potesse continuare sulla via del progresso economico e dell’avanzamento della produttività, slegandosi dall’etica.

    D. – L’Italia sta meglio secondo lei in questo momento? Si parla di manovre che possono oscillare dai 3 ai 30 miliardi; dipende anche dagli anni di esercizio dove si collocano queste manovre…

    R. - E’ chiaro che l’Italia sta molto meglio. Per fortuna, per tutta una serie di ragioni, da noi quella sottocultura che in altri Paesi ha fatto credere, come dicevo poc’anzi, che si potesse separare l’economia dall’etica, non ha mai attecchito. Questo non vuol dire che tutti i nostri imprenditori si comportino bene. Però, quando si comportano male sanno che fanno male: non c’è una giustificazione teorica come è avvenuto negli altri Paesi.

    D. – In questo caso, la Dottrina sociale della Chiesa ci viene in aiuto?

    R. – E’ ovvio, perché è da secoli che la Dottrina sociale della Chiesa predica il principio di sussidiarietà: lo predica, ma la gente non la ascolta, perché molti pensano che la sussidiarietà sia il contrario della solidarietà: sciocchezza più grossa non è mai stata detta. Ecco perché Benedetto XVI nella Caritas in veritate dice quella bella frase: la solidarietà e la sussidiarietà sono come le due facce della stessa medaglia. L’una realizza e sostiene l’altra. Una solidarietà senza sussidiarietà produce assistenzialismo, distruzione di risorse. Una sussidiarietà senza solidarietà produce particolarismi e quindi ingiustizie. Tutte e due devono marciare alla stessa velocità. (bf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Le donne fanno la differenza: in prima pagina, un articolo di Giulia Galeotti su donatrici e donatori di organi a confronto.

    Il discorso di Benedetto XVI ai vescovi indiani in visita “ad limina apostolorum”.

    Nell'informazione internazionale, la crisi libica in primo piano: Russia e Cina accusano la Nato, l'Alleanza atlantica avrebbe violato il mandato dell'Onu per le operazioni in Libia.

    Caucaso senza pace: Giuseppe M. Petrone sugli equilibri tra Russia, Europa e Medio Oriente.

    In cultura, Sandro Barbagallo presenta la mostra “Lo splendore della Verità, la bellezza della Carità”, organizzata dal Pontificio Consiglio della Cultura per il sessantesimo di sacerdozio di Joseph Ratzinger.

    Perché predicare non minaccia la libertà del prossimo: Inos Biffi sul senso antico dell'evangelizzazione.

    Le ragioni della storia e il “già e non ancora della Bibbia”: Federico Mazzocchi sul rapporto tra filosofia e teologia nel pensiero contemporaneo.

    Il vero significato del matrimonio: l'arcivescovo di New York, Timothy Dolan, sul progetto di legge per le nozze omosessuali.

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    Oggi in Primo Piano



    La Giornata di lotta alla desertificazione, fenomeno che colpisce 100 Paesi

    ◊   Il 17 giugno di ogni anno, le Nazioni Unite celebrano la Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione: un fenomeno che, spiegano gli esperti, non ha soltanto cause ambientali, ma anche climatiche o dovute alla sovrappopolazione e ad altri fattori umani, come lo sfruttamento eccessivo delle risorse, e riguarda oltre il 40 per cento delle terre emerse. Il servizio di Davide Maggiore:

    A rischio desertificazione, scrive il segretario dell’Onu, Ban Ki-moon nel messaggio diffuso per la giornata, c’è un ‘miliardo dimenticato’ di persone. Naoufel Telahigue, program manager della divisione ambiente e clima del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, indica quali sono le regioni più colpite:
    R. – If you look at desertification across the global …
    Se consideriamo la desertificazione in termini globali, questa colpisce circa un centinaio di Paesi; la maggior parte di questi si trovano in Africa e nell’Asia centrale. Se consideriamo il Maghreb e l’Africa subsahariana, entro il 2025 la desertificazione riguarderà i due terzi delle terre arabili, secondo le stime.

    Le conseguenze di questo processo sono prima di tutto ambientali, e di sussistenza per le popolazioni coinvolte, ma anche di altro tipo, chiarisce ancora Delahigue:

    R. – The impact is directly on the economy. …
    L’impatto è economico, ed in termini diretti. Per quanto riguarda i prodotti agricoli, la gente soprattutto in Africa, e in generale nei Paesi in via di sviluppo, è affidata direttamente alla terra e alla qualità del terreno. Se questa va persa, con essa va perso anche il maggiore fattore di entrate delle persone. Guardando al futuro in Africa e nell’Asia centrale, le popolazioni sono giovani e quindi la perdita della terra rappresenterebbe un forte impatto sul futuro di queste popolazioni giovani.

    La giornata mondiale di quest’anno coincide anche con l’Anno internazionale delle foreste, troppo spesso danneggiate da un’agricoltura non sostenibile, ma essenziali soprattutto nelle regioni semi-aride. Spiega il professor Antonio Ballarin-Denti, docente di Fisica ambientale all’Università Cattolica di Brescia:

    “Le foreste giocano un ruolo assolutamente cruciale per l’equilibrio ambientale e per gli ecosistemi del pianeta: catturano enormi quantità di anidride carbonica, regolano il clima, forniscono una possibilità di rigenerazione continua dei suoli e mantengono un’enorme quantità di biodiversità. Quindi, salvare le foreste significa frenare la desertificazione e frenare la desertificazione significa poi mantenere le foreste”.

    Affrontare questi problemi richiede l’impegno sia di singoli Stati che delle organizzazioni non governative e delle istituzioni internazionali, anche in vista del summit di Rio de Janeiro del 2012 sullo sviluppo sostenibile. Il professor Ballarin-Denti indica alcune importanti linee di intervento:

    “Innanzitutto, fermare il procedere del cambiamento climatico, controllare il più possibile la distribuzione dell’acqua, garantire politiche che portino ad uno sviluppo solidale tra Paesi del nord e del sud del mondo”.

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    Italia, il governo prolunga da 6 a 18 mesi il trattenimento degli immigrati nei centri di identificazione

    ◊   Immigrazione al centro dei provvedimenti approvati ieri in Italia dal Consiglio dei Ministri: dai 26 milioni di aiuti a Lampedusa alla procedura di espulsione coattiva immediata per gli extracomunitari clandestini e per i comunitari che commettono violazioni. E mentre l’Italia si prepara a firmare con il Consiglio di Transizione Libico un accordo di cooperazione per prevenire e contrastare il flusso di immigrazione irregolare, fa discutere il provvedimento del governo di prolungare il trattenimento nei Cie - i Centri di identificazione ed espulsione - da 6 a 18 mesi. Paolo Ondarza ha raccolto il parere di Christopher Hein, direttore del Cir, il Consiglio italiano rifugiati:

    R. – Bisogna dire che, effettivamente, la direttiva europea sul ritorno prevede - in casi estremi - un prolungamento del trattenimento fino a 18 mesi. Tuttavia, anche Paesi, come ad esempio la Germania, che la stanno attuando in questo periodo la esercitano in pochissimi casi. La nostra preoccupazione è che questo si possa in futuro applicare a tappeto. Penso che questo annuncio, insieme con gli altri provvedimenti decisi dal Consiglio dei ministri, sia veramente un atto di punizione: sappiamo molto bene che chi non può essere espulso perché non c’è l’identificazione, non c’è il rilascio del documento di viaggio da parte del Consolato di appartenenza entro le primissime settimane, non potrà certamente essere espulso neanche dopo il periodo attuale di sei mesi. Quindi, prolungare questo periodo di trattenimento in questo tipo di centri chiusi, che sono di fatto una detenzione, è assolutamente inutile ai fini di rendere la politica di immigrazione più ragionevole.

    D. – Sempre il Consiglio dei ministri ha approvato la procedura di espulsione coattiva immediata per gli extracomunitari clandestini e per i comunitari che commettono violazioni. Che cosa dire in proposito?

    R. – Questo comunque si deve ricollocare all’interno della normativa comunitaria dalla quale l’Italia certamente non può uscire unilateralmente. La normativa comunitaria prevede solamente per reati di certa gravità, e dopo una condanna definitiva, la possibile espulsione di un cittadino comunitario. Io voglio credere che questa decisione presa dal Consiglio dei ministri rientri all’interno di ciò che la normativa comunitaria permette.

    D. – Sempre in tema di immigrazione, l’Italia firmerà con il Consiglio nazionale di transizione libico un accordo di cooperazione per prevenire e contrastare il flusso di immigrati irregolari inclusa la problematica dei rimpatri. Voi riponete fiducia in accordi di questo tipo?

    R. – Assolutamente no. Mi sembra veramente fuori da qualunque regola voler rispedire in una zona di guerra - e in questo momento la Libia è una zona di guerra - le persone che sono fuggite da lì. (bf)

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    Presentato il libro di Stefano Costalli "La Chiesa nel dialogo multiculturale: Sarajevo, Beirut, Gerusalemme"

    ◊   Si è tenuta ieri pomeriggio, presso la Radio Vaticana, la conferenza di presentazione della pubblicazione di Stefano Costalli “La Chiesa nel dialogo multiculturale: Sarajevo, Beirut, Gerusalemme”, promossa dalla società editoriale Traguardi Sociali srl e dal Movimento Cristiano Lavoratori. Il servizio di Davide Dionisi:

    Si è parlato soprattutto dell’impegno della Chiesa nei Paesi interessati da divisioni interne e da conflitti armati, ieri nella Sala Marconi della Radio Vaticana, durante la presentazione del volume di Stefano Costalli. Obiettivo della ricerca è stato quello di comprendere in che modo le organizzazioni della società civile possano influire sulla vita di queste complesse società, sulle tensioni che le attraversano e sui loro delicati equilibri. Sullo specifico ruolo della Chiesa, abbiamo interpellato l’arcivescovo Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.

    R. - Di per sé la Chiesa agisce sempre, sia in intra che in extra. In primo luogo, agisce verso i propri membri, cercando anzitutto di approfondire la loro stessa identità religiosa e spirituale, che dovrebbe essere fermento in ogni società e in ogni cultura nella quale si trovano. Agendo in extra non si chiude nel suo ghetto culturale e professionale, ma - oltre a pronunciare la Buona Novella, che è il primo scopo dell’esistenza della Chiesa - agisce anche verso tutti gli uomini di buona volontà, portando avanti sia il messaggio evangelico che quello che poi riveste il significato culturale, sociale e politico di un lavoro di carità, di un portatore di pace in varie contesti di conflitti e di frammentazioni.

    D. - Quali sono i rischi di porsi come portatori di un’identità religiosa e culturale particolare?

    R. - Potremmo parlare di rischi nel caso la Chiesa fosse identificata o identificabile con un’unica componente etnica, sociale o culturale. Sono convinto che l’opera che la Chiesa svolge sia invece all’insegna dell’esatto contrario di questa chiusura: una grande apertura verso le varie realtà del mondo che la caratterizza. E’ per questo che viene apprezzata anche da coloro che ne fanno parta.

    Ma come nasce l’idea di avviare un'indagine sul ruolo delle identità religiose e culturali in società fortemente divise e teatro di conflitti armati? Ce lo ha spiegato direttamente l’autore, Stefano Costalli:

    R. - La sfida era capire se la Chiesa avesse delle possibilità di costruire un tessuto sociale che lenisse i dolori della guerra, oppure se questa sua azione, anche involontariamente, contribuisse a perpetuare le divisioni che si hanno in questa società. A quanto ci hanno detto coloro che operano sul campo - tanti sacerdoti, tanti operatori di associazioni, tanti insegnanti nelle scuole cattoliche - proprio approfondendo la loro identità cristiana riescono ad aprirsi all’altro. Quindi, il primo risultato importante per noi è che è possibile porsi come attori identitari e, allo stesso tempo, cercare di costruire un tessuto sociale condiviso che miri alla pace e alla pacifica convivenza. (mg)

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    Chiesa e Società



    Cuba: dichirazione del cardinale Jaime Ortega sul processo di scarcerazione dei dissidenti politici

    ◊   L’ufficio stampa dell’arcivescovo dell’Avana, cardinale Jaime Ortega, in relazione a dichiarazioni attribuite dalle agenzie al parlamentare spagnolo Teófilo de Luis, che avrebbe detto che il porporato assicurò che i dissidenti scarcerati “furono forzati all’espatrio” così come che sarebbe andato presso l’Unione Europea a perorare la causa cubana “inviato dal governo”, precisa che nulla di tutto ciò corrisponde alla verità. Nel caso del lungo e complesso processo di liberazione di decine di oppositori politici, il comunicato, anticipando che sulla materia la Chiesa cubana parlerà ampiamente nei prossimi giorni, afferma: “E’ assolutamente falso che l’arcivescovo dell’Avana, cardinale Jaime Ortega, abbia detto al deputato De Luis o ad un’altra persona che i prigionieri cubani sono stati forzati all'espatrio in Spagna senza offrire loro alternative. Nelle sue conversazioni con i carcerati, il cardinale Ortega informava loro dell’imminente scarcerazione e domandava se desideravano andare in Spagna. Solo 12 optarono per restare a Cuba e ad ogni modo sono stati ugualmente liberati”. Per quanto riguarda la visita che il cardinale Ortega fece a Bruxelles, lo scorso mese di maggio, Orlando Márquez capo ufficio stampa dell’arcivescovado dell’Avana precisa: “Possiamo affermare che il viaggio è stato il risultato di un invito ricevuto dalla rappresentante dell’Unione Europea presso La Habana poiché si desiderava conoscere, di prima mano, il corso del processo di dialogo avviato tra la Chiesa e il governo cubano così come sulle scarcerazioni e la mediazione della Chiesa. E’ dunque assolutamente falso affermare che il cardinale abbia realizzato il viaggio a Bruxelles per ordine o in rappresentanza del governo cubano”. “Mai – conclude la nota - nel corso di questo processo le autorità cubane hanno avanzato alla Chiesa una simile richiesta”. (A cura di Luis Badilla)

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    Nigeria: l'arcivescovo di Abuja chiede di isolare gli estremisti islamici dopo l'attentato nella capitale

    ◊   “È uno sviluppo molto preoccupante, perché è la prima volta nella storia della Nigeria che viene compiuto un attentato suicida al quale è seguita quasi subito la rivendicazione da parte degli attentatori” dice all’agenzia Fides mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, capitale della Nigeria, dove ieri due persone hanno perso la vita nell’esplosione di un’autobomba nel parcheggio del quartier generale della polizia federale. L’attentato è stato rivendicato dalla setta islamica radicale Boko Haram. “Questo gruppo non è sconosciuto. I nigeriani si aspettano che il governo faccia il proprio dovere di garantire la sicurezza del Paese nei confronti di un gruppo che si è schierato contro tutto il sistema di polizia della nazione” afferma mons. Onaiyekan, sottolineando le modalità clamorose dell’attentato: “l’autobomba si è infiltrata nel parcheggio del capo della polizia. Come è stato possibile? Questo dimostra che occorre un’inchiesta approfondita all’interno del sistema di sicurezza”. L’arcivescovo di Abuja nota inoltre che “si parla di un collegamento internazionale con i fondamentalisti stranieri. Un portavoce dei Boko Haram ha affermato che sono rientrati in Nigeria alcuni loro seguaci che si erano recati in Somalia per essere addestrati dagli estremisti locali. Questi uomini si sarebbero dispersi in tutta la Nigeria per seminare paura e terrore. Gli estremisti sono una sfida per tutti i nigeriani e specialmente per la comunità islamica nigeriana. Nessun musulmano può continuare ad affermare che il terrorismo non ha nulla a che fare con l’islam. Sono un uomo di pace e di dialogo, per questo dico sempre ai miei musulmani che devono isolare gli estremisti che sono presenti nelle loro comunità. Non basta dire ‘non sono dei nostri’, occorrono provvedimenti concreti per identificare e isolare quanti con le loro attività non sono in linea con il bene del Paese e con il bene dello stesso islam” rimarca mons. Onaiyekan. La setta è particolarmente attiva nel nord del Paese. Pochi giorni fa la cattedrale di Maiduguri è stata seriamente danneggiata in un attentato rivendicato da Boko Haram. “Le nostre chiese sono colpite anche perché sono un bersaglio molto facile: sono edifici ben visibili e non protetti. Non schieriamo soldati armati intorno alle nostre chiese, che sono invece luoghi di culto aperti a tutti” dice l’arcivescovo di Abuja. “Guardando alla situazione generale del Paese, dobbiamo riconoscere che abbiamo seri problemi” prosegue mons. Onaiyekan. “Si sono appena concluse le elezioni presidenziali, parlamentari e locali che, per quanto imperfette, con brogli qua e là, sono state considerate la prova di un miglioramento generale del sistema politico. Purtroppo questo lento miglioramento non è condiviso da tutti. La maggioranza della popolazione affronta ancora pazientemente i problemi di povertà, di disoccupazione, di mancanza di strutture, tuttavia diversi nigeriani stanno perdendo la pazienza e sono tentati dal ricorrere alla violenza. Ma questa non è la soluzione, anche perché la violenza è solo l’espressione della rabbia. Questo però ci deve far capire che non siamo semplicemente di fronte ad una questione di ordine pubblico, di arrestare dei malviventi, ma che dobbiamo assicurare condizioni di vita migliori alla gente”. Mons. Onaiyekan conclude il suo colloquio con una richiesta: “Chiedo la preghiera di tutti perché la Nigeria possa trovare la via della pace e della concordia nazionale”. (R.P.)

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    Pakistan: nel Punjab, famiglie cristiane in fuga per una falsa accusa di blasfemia

    ◊   Dieci famiglie cristiane sono state costrette a fuggire da Chak n.68 Arifwala, nel distretto di Khanewal, per timore delle conseguenze di un’accusa di blasfemia. Un bambino cristiano di otto anni, Ihtesham, soprannominato “Sunny” si è recato a comprare del ghiaccio in un mercato, ed è stato circondato e infastidito dagli studenti di una madrasa, una scuola religiosa islamica. Gli hanno chiesto di recitare dei versi dal Corano, quelli che ogni musulmano recita, la cosiddetta “Kalma”, cioè la dichiarazione “non c’è Dio se non Allah…”. Gli hanno chiesto di rinnegare la sua religione e di convertirsi all’islam. Uno zio di Sunny, Dildar Masih, vedendo che suo nipote era in difficoltà, a causa degli studenti, è intervenuto. Sunny gli ha spiegato che lo stavano maltrattando perché rinnegasse la sua religione. Dildar ha affrontato i ragazzi, li ha rimproverati e ha detto a Sunny di andare a casa. I ragazzi hanno raccontato l’incidente ai religiosi della madrasa. Questi ultimi hanno annunciato che Dildar Masih aveva commesso blasfemia, prendendosi gioco dei versi coranici, e l’altoparlante della madrasa ha incitato tutti a punire il blasfemo, per dare un esempio. Una folla è accorsa dove Dildar stava lavorando e lo ha aggredito. Dopo l'incidente, dieci famiglie sono fuggite dal villaggio. Padre Rufin John, di Khanewal, ha dichiarato all'agenzia AsiaNews: “In questa regione è una pratica comune. Molti casi di conversioni forzate non vengono resi noti. In molte scuole è obbligatorio per tutti leggere versi coranici, è nel programma, ed è obbligatorio per gli studenti di ogni fede leggerli. Se gli studenti di fedi diverse dall’islam non li leggono, sono soggetti a maltrattamenti, o sono buttati fuori dalle scuole”. Padre Afzal Masih di Rahim Yar Khan ha dichiarato: “A Rahim Khan gli studenti della madrasa danno fastidio ogni giorno ai ragazzi di fede diversa. Non permettono che giochino nei loro campi di gioco, non vogliono che passino vicini alle madrase; la scuola di pensiero estremista è al suo massimo in questa regione. Si insegna loro che i cristiani e le persone di altre religioni possono essere uccisi se non accettano l’islam. E le autorità chiudono gli occhi davanti a questo problema”. (R.P.)

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    India: proteste dei cristiani per un leader politico indù che incita all’odio religioso

    ◊   Una protesta ufficiale è stata inoltrata da leader e organizzazioni cristiane nei confronti di Prabath Jha, Presidente dello Stato del Madya Pradesh, nell'India centrale: il Presidente, leader politico che milita nel partito nazionalista indù “Bharatiya Janata Party” (Bjp), ha tenuto discorsi che incitano all’odio religioso e alla violenza contro i cristiani. L’occasione per tali esternazioni è l’imminente voto, nel distretto di Jabera, per eleggere un rappresentante nel Parlamento statale. “I missionari cristiani sono coinvolti in conversioni forzate di massa a Jabera. La gente deve vendicarsi per tali conversioni” ha detto pubblicamente il Presidente. Tali affermazioni che, come notano fonti dell'agenzia Fides “non dovrebbero mai venire da un rappresentante delle istituzioni”, hanno allarmato i cristiani in Madhya Pradesh, in quanto potrebbero infiammare gli animi e provocare episodi di violenza anticristiana. Padre Anand Muttungal, Coordinatore del Forum ecumenico “Isai Mahasangh” e portavoce della Chiesa cattolica in Madhya Pradesh, ha detto: “Il Bjp continua a fare di tutto per spaccare la comunità. Non è la prima che solleva accuse di conversioni alla vigilia di elezioni: quando vi è un candidato cristiano, la questione delle conversioni viene strumentalizzata a fini politici e i cristiani sono dipinti come demoni. E’ una chiara violazione del codice di condotta morale dei pubblici ufficiali”. Il Forum ha espresso preoccupazione per la sicurezza dei cristiani e ha richiesto la vigilanza della polizia in quanto tali discorsi possono indurre i militanti dei gruppi radicali indù, fiancheggiati dal Bjp, a scatenare attacchi di massa contro persone, chiese o istituti cristiani. (R.P.)

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    Malaysia: Partito islamico abbraccia politiche più moderate. Nuove speranze fra i religiosi

    ◊   Nuove speranze per la società civile della Malaysia dopo il cambio di rotta del Pas (Parti Islam Se Malaysia), principale partito islamico malaysiano che ha aperto una nuova era riformista, abbandonando la visione restrittiva dell’islam e sposando una linea maggiormente progressista, centrata sulle questioni dello stato sociale. La nuova linea politica della formazione è emerso dall’ultimo Congresso del Pas, conclusosi nei giorni scorsi, in cui il partito ha eletto i nuovi vertici e inaugurato una nuova stagione che alcuni osservatori hanno definito “una rivoluzione” sulla scena politica malaysiana. Il Congresso, riferiscono fonti dell'agenzia Fides nella comunità cristiana malaysiana, ha alimentato speranze in tutti i settori non musulmani della società, che rappresentano circa il 40% della popolazione. Il Pas, infatti, era noto come partito fondamentalista islamico, promotore della teocrazia e della legge islamica nella società. Nella recente assemblea il Pas ha depotenziato la sua agenda islamista e ha scelto di concentrarsi sulla costruzione dello “Stato sociale”. La scelta congressuale giunge in vista delle elezioni generali, previste in Malaysia nel 2013 ma che, per l’attuale situazione politica, potrebbero essere anticipate. “Il partito ha eletto nuovi leader che non sono più espressione degli ulama, ma che provengono dalla società civile: dottori, ingegneri, imprenditori, radicati nel mondo delle professioni e aperti alle aspirazioni delle minoranze non musulmane”. Si tratta di “persone con una visione pluralista della società e che hanno sempre espresso rispetto per i cristiani: questo lascia ben sperare per il futuro della politica in Malaysia”. Fra i temi nell’agenda del partito la lotta alla corruzione, al razzismo, all’abuso di potere, e l’impegno a operare “per la moralità nella vita pubblica”. Le comunità non musulmane sperano che, grazie a questo nuovo orientamento, si possa costruire in Malaysia una seria alternativa politica al Fronte Nazionale (l’Umno), al governo nel Paese da 54 anni. L’auspicio è che il Pas, grazie all’alleanza con il People Justice Party e con il Democratic Action Party (espressione della componente cinese della società), possa dare vita a una coalizione che si impegni a garantire i diritti di tutti i cittadini malaysiani, senza discriminazioni di fede, etnia, cultura. (M.G.)

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    Mons. Vegliò: aprire canali umanitari per soccorrere i profughi in mare

    ◊   “L’accoglienza è un dovere dell’Europa nei confronti di questi uomini e di queste donne e quindi chiediamo ai governi europei di fare tutto il possibile per soccorrere i barconi che si incontrano nel mare”. L’appello è stato pronunciato ieri sera da mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, in occasione della veglia di preghiera per le vittime dei viaggi verso l’Europa “Morire di speranza”, celebrata a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, e organizzata da Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Migrantes, Centro Astalli, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Caritas italiana e Acli. “A tutti chiediamo di vivere la dimensione dell’accoglienza – ha sottolineato mons. Vegliò citato dall'agenzia Sir - sapendo che nell’accogliere non si perde mai nulla, ma si coglie un’occasione preziosa per ritrovare anche la nostra umanità”. “Nei piccoli centri e paesi dove sono ospitati i rifugiati – ha aggiunto -, molti italiani hanno dimostrato con i loro gesti, offrendo i vestiti e andando a trovare i profughi, come hanno fatto i cittadini di Lampedusa, che c’è più gioia nell’accoglienza che non nel chiudersi”. Dal 1990 ad oggi almeno 17.597 persone sono morte nei viaggi lungo le frontiere dell’Europa. Nei primi cinque mesi del 2011 sono stati già 1820 i morti nel Mediterraneo, di cui 1633 in viaggio verso l’Italia. “Questi ultimi mesi – ha commentato mons. Vegliò - sono stati tragici per le morti in mare. Tra le imbarcazioni partite dalla Libia, alcune erano così mal ridotte che, appena fuori dalle acque territoriali libiche, già imbarcavano acqua”. “Ricordare queste persone – ha concluso - diventa un impegno per risvegliare le coscienze e aiutare ad agire per il bene di tutti”. Le organizzazioni promotrici fanno appello alla comunità internazionale e alle istituzioni affinché “si proceda all’apertura urgente di canali umanitari e si garantisca il trasferimento delle persone verso luoghi sicuri. Solo uno sforzo congiunto in questo senso può permettere alle persone in fuga di non rischiare la propria vita in mare”. (M.G.)

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    A Vilnius incontro dei segretari generali delle Conferenze episcopali d’Europa

    ◊   “L'evangelizzazione, così come tutto quello che comporta la comunicazione della Chiesa, non è tanto una questione di buona strategia di marketing, che cerca di rispondere a ciò di cui la gente pensa di avere bisogno, ma deve essere espressione della vita in Dio che corrisponde alle reali esigenze del cuore umano, anche se queste, purtroppo, nella nostra attuale Europa sono spesso addormentate”. Suona come un invito ad annunciare la vera essenza del messaggio cristiano, il discorso pronunciato ieri da mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, in occasione dell’apertura dell’incontro dei segretari generali delle Conferenze episcopali d’Europa a Vilnius per parlare e confrontarsi sulla “nuova evangelizzazione” e sulla comunicazione. “Credo quindi – ha poi spiegato il presule citato dall'agenzia Sir - che la nostra missione inizi esattamente con la cura della propria comunione personale con Dio e con gli altri fratelli. Solo così saremo nel mondo un segno e uno strumento di comunione capace di puntare a Colui che ci unisce: Gesù Cristo”. Domani arriveranno a Vilnius gli addetti stampa e i portavoce delle Conferenze episcopali per un pomeriggio di lavoro con i segretari generali riguardo il problema della comunicazione di ciò che accade alla Chiesa. “In un primo momento – ha detto mons. da Cunha - ci occuperemo delle questioni complicate e di crisi, ossia, quando c’è bisogno di spiegare alla società certi problemi della Chiesa e di presentare le soluzioni pensate. In una seconda sessione cercheremo di vedere come proponiamo il Vangelo e le buone notizie attraverso i Media”. “Credo – ha proseguito il segretario generale del Ccee - che possiamo dire che lo scopo principale di questi incontri ci sia proposto da Dio, ed è quello di stare insieme per parlare, per condividere le gioie e i dolori, e per guardare alla vita e alla missione con gli occhi della fede e quindi con la speranza che solo Dio può dare”. “Ora, poiché siamo la Chiesa di Dio – ha concluso il presule -, sappiamo che lo Spirito Santo è il vero protagonista della costruzione della comunione e della missione e quindi anche della comunicazione, e solo guardando alla realtà di quanto Lui ci offre, ci insegna e ci chiama a fare, possiamo valutare il nostro lavoro”. (M.G.)

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    Appello dell’arcivescovo di Managua per una più incisiva strategia antiviolenza

    ◊   L'arcivescovo di Managua, in Nicaragua, mons. Leopoldo Brenes ha lanciato ieri un accorato appello alle autorità del Paese affinché “siano più incisivi ed efficaci nella lotta contro ogni tipo di delinquenza”. Il prelato, preoccupato come lo sono i suoi confratelli, per i livelli di aggressività e arroganza e raggiunti da diversi gruppi di delinquenti, che come dimostrano i recenti fatti nella Chiesa di Sant'Agostino non si fermano neanche davanti alla sacralità dei templi, ha prospettato il bisogno di rilevanti riforme legali. “Ci sono nell'ambito legale - ha dichiarato mons. Brenes - alcuni vuoti che occorrerebbe affrontare” e in questo senso ha lanciato un invito ai giuristi affinché s'impegnino nella ricerca di contributi per migliorare gli strumenti di repressione e prevenzione. “D'altra parte - ha specificato l'arcivescovo - la Chiesa stessa è chiamata a dare il suo contributo, e in particolare penso ai movimenti diocesani della pastorale giovanile, così come ad altre confessioni religiose presenti in Nicaragua”. “Occorre arrivare ad una legge contro ogni forma di delinquenza - ha proseguito il presule - che sia rispondente alla grave situazione che attraversa il Paese. Occorre pensare a buone leggi, ma anche alla volontà di applicarle e farle rispettare non dimenticando mai la riabilitazione soprattutto dei più giovani". Mons. Brenes ha poi spiegato di ritenere non necessaria la via dell'aumento delle pene poiché, ha aggiunto, “siamo di fronte a una questione di valori nello spirito dei quali è necessario educare tutti fin da piccoli. Spesso i giovani che delinquono loro sessi, in passato, sono stati vittime di altri delitti e là dove la violenza era parte della propria vita, prima o dopo si finisce adottarla come metodo di vita personale”. Ricordando la dimensione sociale della questione, il prelato ha richiamato anche al dovere e al contributo della famiglia e dei genitori per poi rilevare l'importanza di un sistema scolastico adeguato soprattutto perché "capace di insegnare e trasmettere valori alti e trascendenti". La cultura della vita, alla base di una convivenza sana, produttiva e pacifica, è “un punto di partenza e di arrivo che non può mai mancare in qualsiasi strategia chiamata combattere ogni tipo di violenza”, ha concluso l'arcivescovo di Managua. (L.B.)

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    Argentina: appello della Chiesa per l'eruzione del vulcano Puyehue in Patagonia

    ◊   Tutte le comunità parrocchiali, le cappelle, le scuole e le istituzioni cattoliche del Paese, come tutti gli uomini di buona volontà a qualsiasi confessione religiosa appartengano, sono chiamati a mostrare la loro solidarietà, a riflettere e a pregare per condividere il dolore degli abitanti della Patagonia, che subiscono gli effetti nefasti dell'eruzione del vulcano Puyehue, in Cile. A lanciare l’appello è il Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Argentina, padre Osvaldo Pablo Leone, il quale ha diffuso un comunicato, pervenuto anche all’agenzia Fides, in cui invita ad offrire preghiere per gli abitanti del luogo in questo fine settimana, sabato e domenica prossimi. “L'accumulo di cenere nel sud del nostro paese a causa dell'eruzione del Vulcano Puyehue, in Cile, ha messo la regione in uno stato d’emergenza che ha causato ingenti danni. Ci preoccupa il dolore e l'angoscia di tanti fratelli in Argentina" scrive il direttore nazionale delle Pom. Padre Leone sottolinea inoltre che "il Signore non ci abbandonerà mai, malgrado noi lo facciamo con Lui, a volte trasportati dalle ambizioni eccessive", poi aggiunge: "speriamo che le ceneri non siano solo un problema che disturba la nostra quiete, ma queste situazioni difficili ci devono aiutare ad andare da Lui, chiediamo al Signore che quelle stesse ceneri non ci tolgano la possibilità di vedere la sua presenza nella nostra vita. Viviamo giorni d’incertezza – conclude padre Leone – in cui le province del sud dell'Argentina, rappresentate da migliaia di volti reali, soffrono e devono mobilitarsi mentre, allo stesso tempo, dimostrano la loro solidarietà le une con le altre... La terra, in questa parte del pianeta, grida ancora una volta, avvertendo l'uomo sulle conseguenze che lo aspettano quando si distrugge la natura, la creazione di Dio". (R.P.)

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    Congo Brazzaville: circa mille casi di febbre chikungunya

    ◊   Dopo circa mille casi sospetti di chikungunya, malattia virale trasmessa da un mosquito, sale l’allerta sanitaria a Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo. Il direttore generale sanitario Dokekias in una conferenza tenuta di recente, di cui da notizia la Fides, ha parlato di oltre "Oltre 900 persone che mostrano sintomi di chikungunya" con febbre e altre forme di dolore acuto. I sintomi della malattia includono dolori muscolari, mal di testa, nausea, stanchezza, eruzioni cutanee, e sono simili a quelli della dengue. Non esiste ancora una cura, il trattamento consiste nell’alleviare i sintomi. Dokekias ha dichiarato che i primi casi sono stati registrati all’inizio del mese di giugno nelle estreme periferie di Bacongo e Makelekele, a sud di Brazzaville. Dei 48 campioni analizzati in un laboratorio nel vicino Gabon, oltre la metà è risultato positivo al virus. L’urgenza primaria nel Paese è ora di informare le persone circa i sintomi della malattia, in modo tale da ricorrere subito al più vicino centro medico, e di fare appello all’intera popolazione affinchè si adoperi a tenere puliti gli eventuali possibili habitat dove i mosquitos potrebbero svilupparsi. “Chikungunya” prende il nome da un termine in lingua Kimakonde che significa “contorcersi”, in riferimento all’aspetto curvo che assumono le persone contagiate. (M.G.)

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    Malawi: professori e studenti contro le restrizioni sulla libertà di insegnamento

    ◊   In Malawi non si allenata la tensione tra il governo e il corpo accademico sulla libertà di insegnamento, riconosciuta sia dalla Costituzione locale oltre che dal Trattato di Kampala, di cui il Malawi è firmatario. Il 27 maggio si è svolta senza incidenti una manifestazione di protesta alla quale hanno partecipato professori e studenti, tutti con indosso una maglietta rossa, il colore scelto dal movimento di protesta. Lo scontro, originato a febbraio da una lezione tenuta da una professore sulle cosiddette “Rivoluzioni arabe”, si è progressivamente inasprito. “Il governo ha chiuso l'università e il Politecnico, trascinato davanti alla corte quattro professori, ha cancellato i loro salari, li ha espulsi dall'università con l'accusa di uno sciopero illegale, accusati sono poi i quattro responsabili dell’ Accademic Staff Union” dice all’agenzia Fides padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano. “Queste persone sono stati ridicolizzate dal governo in tutti i modi – racconta il religioso -, ma la loro forza è di aver già vissuto in passato sia la detenzione che l'espulsione, il silenzio e la persecuzione. La strada percorsa – aggiunge padre Gamba - nel confronto è molto vicina alla cultura del Malawi: senza violenza, pagando di persona, con la gente che sta a guardare sempre timorosa. Trent'anni di dittatura si guariscono forse dopo due generazioni, una non basta a far dimenticare la paura. La strategia usata dai professori è il ricorso alle corti giudiziarie, che di volta in volta hanno cancellato i provvedimenti che il governo voleva imporre” dice ancora il missionario. “Quando poi il governo non ha più potuto opporsi, la manifestazione c'è stata. Gli studenti e i professori nei loro vestiti rossi hanno attraversato la città di Zomba scortati da una presenza massiccia di polizia, questa volta senza lacrimogeni, perché era evidente che il governo non aveva una maggioranza morale in questa situazione di impasse creata dal governo” afferma padre Gamba. Il governo ha annunciato che il 4 luglio l'università dovrà essere riaperta. “Una scelta per salvare la faccia? Le tante divisioni create e la mancata certezza che le cose siano cambiate non sono di buon auspicio per il Presidente, che sempre più usa la tattica di creare problemi per apparire poi come il salvatore della patria, o anche solo per distrarre l'attenzione della gente da altri problemi più gravi per un Paese economicamente allo sbando” conclude il missionario. (M.G.)

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    Giappone: Mfs sostiene la costruzione di due cliniche nelle aree colpite dal sisma

    ◊   Non ferma l’impegno di Medici Senza Frontiere (Msf) per la popolazione del nord est del Giappone colpito dal devastante terremoto dell’11 marzo scorso. L’Ong, che da oltre 3 mesi offre assistenza psicologica alle vittime, sta sostenendo la costruzione e la riabilitazione di due cliniche nell’area. In una nota ripresa dall'agenzia Sir, l’organizzazione umanitaria osserva che nonostante gli sforzi del governo “ci vorranno molti anni prima che strutture mediche permanenti sostituiscano definitivamente quelle distrutte”. A Minami Sanriku, nella prefettura di Miyagi, Msf si occupa della progettazione e costruzione di una clinica di primo livello che servirà una popolazione di 23.000 persone. La struttura dovrebbe essere utilizzata dai tre ai cinque anni. A Taro, nella prefettura di Iwate, Msf sosterrà il rinnovo e l’allestimento di una clinica simile situata in un hotel. Anche in questo caso, la struttura servirà 5.000 abitanti finché non verrà completata quella permanente. Intanto gli psicologi sono impegnati in attività di sensibilizzazione e sostegno in un luogo di ritrovo simile a un “caffè” vicino alla Bayside Arena a Minami Sanriku. Ad oggi 2.220 persone hanno utilizzato quello spazio, usufruendo di oltre 300 visite. “A differenza dei problemi di natura fisica, il malessere mentale è più difficile da riscontrare e quantificare e rischia di essere sottovalutato”, avverte Suzanne Petrie, psicologa dell’organizzazione. (M.G.)

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    Emergenza disoccupazione a Gaza: quasi la metà della popolazione è senza lavoro

    ◊   Si acuisce l’emergenza disoccupazione nella Striscia di Gaza dove, secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, il tasso di senza lavoro è pari al 46% della popolazione, il più alto del mondo. I disoccupati sono oltre 260mila persone su 1,5 milioni di abitanti, si tratta di persone che vivono grazie agli aiuti umanitari. Padre Marcelo Gallardo, vice-cancelliere del Patriarcato latino di Gerusalemme, spiega all'agenzia AsiaNews che “a causa del blocco Gaza è isolata dal resto del mondo. Il porto è chiuso, non vi è circolazione di merci, ci vogliono ore per passare i posti di blocco al confine con Israele. Ciò rende impossibile qualsiasi tentativo di sviluppo”. Secondo il documento Onu, l’amministrazione pubblica è l’unica realtà che offre posti di lavoro, impiegando circa oltre 200mila persone. A tali posti si accede spesso per appartenenza politica e conoscenze. Oltre al blocco uno dei principali fattori di arretratezza della Striscia è la corruzione. Secondo l’Indice di percezione della corruzione (Cpi) la Palestina è fra i 50 Paesi più corrotti del mondo. Per padre Gallardo questa situazione di stallo politico ed economico disincentiva l’iniziativa privata e la ricerca di un lavoro. Il sacerdote spiega che oltre all’amministrazione statale la Chiesa è fra le poche realtà attive sul campo. Essa offre lavoro a centinaia di persone attraverso opere di assistenza sociale e tre scuole considerate le migliori della Striscia di Gaza. Il sacerdote giudica positivi i tentativi di collaborazione fra Fatah e Hamas, che possono dare stabilità, almeno sul piano istituzionale, rendendo più agevole la nascita di uno Stato palestinese. “Con la collaborazione fra i due partiti – sottolinea - forse ci sarà qualche miglioramento. Ma se resta l’embargo è difficile un cambiamento sostanziale della situazione economica e sociale della Striscia”. (M.G.)

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    Portogallo: il cardinale Policarpo condanna l'aborto facile

    ◊   L'attuale legge sull'aborto in Portogallo “non è stata rispettata”. La denuncia, ripresa dalla Zenit, è stata lanciata dal cardinale José Policarpo, riferendosi in particolare alla mancanza di “consulenza preventiva” e alla ripetizione delle interruzioni di gravidanza. Il presidente della Conferenza episcopale portoghese (Cep) ha detto che “la consulenza preventiva per la donna che chiede un aborto, prevista chiaramente nella legge, non è stata effettuata”, e ha parlato anche di “persone che effettuano un aborto varie volte”. La legge sull'aborto in Portogallo determina un periodo di riflessione non inferiore a tre giorni a partire dalla realizzazione della prima visita. Dopo aver affermato che non è “un segreto per nessuno che la Chiesa non si identifica” con la legge che permette l'aborto fino a 10 settimane di gestazione, il patriarca di Lisbona ha dichiarato che “queste leggi non sono mai definitivamente risolte”, perché possono sempre sorgere “nuove circostanze”. Il cardinale Policarpo ha ammesso, infine, che possono mancare “condizioni politiche” per rivedere la legislazione al riguardo, ma ha promesso che i vescovi “staranno attenti” a monitorare la situazione. (M.G.)

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    Spagna: è cresciuto il numero di assistiti dalla Chiesa, soprattutto in campo sanitario

    ◊   Il vice presidente per gli Affari economici della Conferenza episcopale spagnola (Cee), Fernando Giménez Barriocanal, ha detto che "nonostante la crisi economica", il numero di persone assistite dalla Chiesa cattolica in Spagna è aumentato del 31,8% nel 2009, raggiungendo oltre 3,6 milioni di persone, 881.613 in più dell'anno precedente. Nel presentare il rapporto dell'attività 2009, - riporta l'agenzia Fides - ha riferito che si contano un totale di 4.862 Centri sanitari della Chiesa, per un totale di 3.646.332 persone assistite durante quel periodo. "Chiaramente quando c'è crisi economica la gente sa dove andare" ha aggiunto Barriocanal parlando alla stampa locale, ed ha sottolineato che "la Chiesa si presenta come la prima rete di assistenza sanitaria per i cittadini in Spagna". Nel dettaglio, ha specificato che la Ong Manos Unidas e la Caritas hanno investito 271.500 milioni di euro, 41,5 e 230 milioni rispettivamente, nella cura dei bisognosi, con oltre mille progetti in 58 Paesi. Ha inoltre evidenziato il lavoro dei 17.000 missionari spagnoli che sono sparsi per il mondo, di cui circa 12.000 svolgono il proprio lavoro d’evangelizzazione in America Latina. In ogni caso, "non possiamo dimenticare che questa attività di carità e delle istituzioni caritative della Chiesa è una diretta conseguenza dell'azione liturgica e pastorale". Come indicato nella presentazione di Barriocanal, "i sacerdoti (18.825), i religiosi (54.890) e gli operatori pastorali (oltre 70.000) hanno speso oltre 43 milioni di ore per gli altri". Per quanto riguarda l'attività della Chiesa, il vice presidente per gli Affari economici della Cee ha detto che mentre il valutare in termini economici il contributo della Chiesa alla società è "una missione complessa", lo sforzo compiuto a livello pastorale, educativo, culturale e sociale, "comporta un risparmio di miliardi di euro per le casse pubbliche". (R.P.)

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    Repubblica Ceca: domani pellegrinaggio per i 200 anni della nascita di San Giovanni Neumann

    ◊   Il bicentenario della nascita di San Giovanni Nepomuceno Neumann sarà celebrato domani a Prachatice, nella Repubblica Ceca, con un pellegrinaggio nazionale al quale interverrà l’Inviato Speciale del Santo Padre, il cardinale Justin Francis Rigali, arcivescovo di Philadelphia. San Giovanni Neumann nacque a Prachatice, in Boemia, il 28 marzo 1811. Dopo il corso scolastico a Budweis, entrò nel seminario cittadino per trasferirsi quindi a Praga, dove frequentò gli studi di teologia presso l’Università Carlo. Non riuscendo ad essere ordinato sacerdote in Boemia, né in altri Paesi europei, per il rilevante numero di presbiteri già operanti nelle diverse diocesi, si rivolse ai vescovi americani e ottenne di essere ordinato nella diocesi di New York. Per seguire la vocazione sacerdotale, lasciò dunque la sua Patria e partì per l’America. Venne ordinato a New York, nella vecchia cattedrale di St. Patrick, dal vescovo John Dubois, il 25 giugno 1836 e destinato a Buffalo. Il territorio della sua parrocchia si estendeva dal lago Ontario alla Pennsylvania, tra montagne e paludi, ed era abitato da consistenti nuclei di immigrati tedeschi e irlandesi. Spostandosi di villaggio in villaggio, il giovane sacerdote iniziò a costruire chiese e scuole di legno e a svolgere un’intensa attività pastorale, in cui alle celebrazioni liturgiche si univano l’insegnamento, la catechesi, le visite ai malati. Dopo alcuni anni di ministero, sentì il desiderio di appartenere ad una comunità; entrò dunque nella Congregazione Redentorista, prendendo i voti nel 1842 a Baltimora. Fu subito stimato dai suoi compagni religiosi per il suo zelo apostolico, la carità e l’affabilità. La sua conoscenza di ben sei lingue lo rendeva particolarmente adatto a lavorare nella società multilinguistica americana del XIX secolo. Lavorò a Baltimora e a Pittsburgh, prima di essere eletto Superiore maggiore dei Redentoristi negli Stati Uniti. Alcuni anni più tardi, il padre Neumann venne nominato vescovo di Philadelphia e consacrato a Baltimora il 28 marzo 1852, assumendo come motto episcopale “Passione di Cristo, fortificami”. A lui si deve, fra l’altro, la costituzione del sistema scolastico diocesano, che giunse a comprendere ben 100 scuole cattoliche, e l’introduzione nella diocesi della pratica permanente delle Quarantore. Nel 1854 venne invitato a Roma dal Papa Pio IX alla solenne proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre. Tornato in America, fondò una comunità di religiose del Terz’Ordine di san Francesco per l’insegnamento nelle scuole. Nel corso del suo ministero americano, scrisse numerosi articoli in giornali e riviste cattoliche e pubblicò due catechismi, nonché una storia della Bibbia per le scuole. La morte lo sorprese il 5 gennaio 1860, in una strada di Philadelphia, prima di poter ricevere gli ultimi Sacramenti. Fu sepolto, come desiderava, nella cripta della Chiesa di St. Peter, accanto ai confratelli RedentoristI. Venne beatificato dal Papa Paolo VI il 13 ottobre 1963 e canonizzato il 19 giugno 1977, primo vescovo statunitense diventato santo. Una stola appartenuta a San Giovanni Neumann è stata donata dal presidente statunitense Barack Obama al Papa Benedetto XVI nel corso dell’udienza con il Santo Padre, il 10 luglio 2009. (A cura di Marina Vitalini)

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    Slovenia: preghiera e digiuno per il futuro della patria

    ◊   La preghiera ed il digiuno per il futuro della Slovenia: in occasione del XX anniversario dell’indipendenza della Slovenia, con il patrocinio del Consiglio dei laici cattolici sloveni, si è formato un movimento che ha dato vita all’Iniziativa civile di Preghiera ed il Digiuno per la Patria. L’iniziativa, che ha preso il via martedì scorso, sarà segnata dalla novena di preghiera che si concluderà con una veglia di preghiera e di digiuno. Al termine, dal 21 al 22 giugno, nella chiesa di S. Giuseppe a Ljubljana, per ventiquattro ore si svolgerà un’incontro ecumenico e interreligioso, dove si riuniranno in preghiera i fedeli ed i rappresentanti di alcune Chiese cristiane presenti in Slovenia. Insieme invocheranno “la pace, la prosperità e la concordia nel Paese”. Il programma delle attività - riferisce l'agenzia Sir - prevede anche una particolare dichiarazione congiunta dei rappresentanti delle quattro maggiori comunità religiose del Paese: la Chiesa cattolica, la Chiesa luterana, la Chiesa serbo-Ortodossa e la Comunità islamica in Slovenia. Insieme vogliono sottolineare “l’importanza dei valori comuni che uniscono il popolo sloveno e ribadire il desidero di vivere in una società che rispetti i valori non negoziabili, la vita umana e la libertà di religione”. I promotori sperano che la Slovenia, nel suo anniversario, “riprenda forza per i cambiamenti dettati dalle circostanze storiche e politiche, per poter guardare ad un futuro più sereno”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il regime di Gheddafi accusato di stupri come strumento di guerra

    ◊   La guerra in Libia continua ad avere ricadute sull’aumento della popolazione in fuga dalle violenze. Oggi il ministro degli Interni italiano, Roberto Maroni, ha illustrato l'ipotesi di un blocco navale, per fermare il flusso di immigrati dalla Libia, ma anche per impedire l’ingresso e l’uscita di merci dal Paese. Intanto, continua la cruenta guerra di posizione tra i militari di Tripoli e gli insorti, mentre un’altra gravissima accusa pesa su Muammar Gheddafi. Secondo gli Stati Uniti, così come già avanzato dalla Corte Penale Internazionale, il rais avrebbe ordinato lo stupro come strumento di guerra. Si aggrava, dunque, la posizione del colonnello, ma senza che concretamente la giustizia internazionale agisca nei suoi confronti. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto di Nord Africa:

    R. – L’intervento militare non ha dato gli effetti sperati, quanto meno nei tempi, e naturalmente questo pone interrogativi sul futuro di questo Paese e sulla soluzione possibile. Dall’altro, naturalmente, tutto questo tempo passato e l’intervento del Tribunale penale internazionale ha posto sotto la lente d’ingrandimento le azioni di Gheddafi con i crimini che aveva compiuto prima e durante la guerra e quindi è chiaro che l’immagine di questa persona si è notevolmente modificata.

    D. – Un temporeggiare dovuto alla mancanza di fiducia da parte della comunità internazionale nei confronti degli insorti?

    R. – Io credo che si sarebbe forse dovuto pensare ad una soluzione politica già quando è stata progettata e programmata l’azione armata, perché è chiaro che dopo una guerra bisogna comunque trovare una soluzione politica. Si è incominciata la guerra sperando che questa soluzione si sarebbe poi evidenziata da sé, cosa che si è dimostrata impossibile.

    D. – Oltre che un costo politico, per così dire, c’è anche un costo sociale di questa guerra. Erano prevedibili le conseguenze umanitarie del conflitto?

    R. – Penso di sì, perché si sarebbe dovuto tener conto della presenza di una numerosa comunità straniera che lavorava in Libia e quindi non ci si è posto il problema del destino di questa comunità. Inoltre, è chiaro che con la rete di complicità che il potere aveva sul territorio, sarebbe stato per lungo tempo nelle condizioni di esercitare un controllo e una pressione sulla popolazione libica. Questo intreccio ha fatto sì che i bombardamenti siano paradossalmente venuti ad ostacolare anche quella dinamica sociale che spontaneamente si mette in moto in una situazione di crisi. Invece, la società si è in un certo modo “fermata” e cristallizzata e, a parte la dinamica della resistenza armata da una parte e della repressione dall’altra, non si è riusciti a trovare una via d’uscita che partisse proprio dalla società, come è accaduto negli altri Paesi del Nord Africa. (gf)

    Proteste in quasi tutta la Siria: in alcune zone, spari sui manifestanti
    Proteste anti-regime sono in corso in quasi tutte le località della Siria, e in alcune zone le forze di sicurezza avrebbero aperto il fuoco contro i manifestanti e ci sarebbero feriti. Lo riferiscono attivisti su Twitter e la tv panaraba Al Jazeera. In particolare l'emittente del Qatar mostra inediti immagini “in diretta” da Daraa (sud) e da Hama (centro), teatro secondo le fonti di rispettivi cortei con “migliaia di persone”. Al Jazeera precisa che le immagini “in diretta” provengono da una webcam collegata a Internet. Secondo i testimoni oculari citati dagli attivisti e da Rassd, a Homs, terza città del Paese, circa 2.000 persone stanno marciando verso il centro cittadino per riunirsi nella piazza Firdaws (Paradiso). Ad Aleppo, “settecento” studenti dell'università hanno inscenato proteste all'interno della residenza universitaria che è “totalmente circondata dalle forze di sicurezza”. In piazza anche a Daraya, sobborgo di Damasco e nel quartiere centrale di Midan, dove sempre secondo le stesse fonti gli agenti hanno aperto il fuoco sui fedeli-dimostranti. Così come a Banias, nel nord-ovest, teatro da aprile di violente repressioni.

    Continuano ad aumentare a ritmo elevato i profughi siriani in Tunisia
    Il numero dei profughi siriani ospitati nelle tendopoli in Turchia è salito stamattina a 9.693, con un incremento di circa 700 unità rispetto a ieri. Lo ha riferito all'Ansa una fonte del governatorato provinciale, segnalando che Angelina Jolie, l'attrice americana ambasciatrice Onu per i rifugiati, si recherà ad Hatay, capoluogo dell'omonima provincia dove sono allestite le tendopoli. La star di Hollywood, precisano le fonti, visiterà nel pomeriggio il campo di Altinozu e forse quello di Boynuyogun, ma viene esclusa una visita anche a quello più meridionale e distante di Yayladagi.

    Donne al volante in Arabia Saudita: cominciata l’annunciata protesta
    Diverse donne oggi in Arabia Saudita si sono messe al volante, sfidando il divieto di guida imposto nel Regno alla popolazione femminile e aderendo alla prima giornata di disobbedienza civile lanciata attraverso i social network da “Women2drive”. Ancora a notte fonda, la prima donna a salire in macchina e a guidare è stata una cittadina di Riad, capitale del Regno. Ha messo su YouTube il filmato che la ritrae mentre, in una città semivuota, si dirige al supermercato. Indossava un niqab, un velo nero che lascia scoperti solo i suoi occhi. Il nome indicato è 2Nassaf. Nel frattempo, su Twitter e Facebook, molte altre cittadine saudite stanno raccontando la loro protesta. Chi accompagna i figli a scuola, chi si dirige in ospedale. Così come era stato indicato dal vademecum diffuso nei giorni scorsi, ognuna svolge la propria vita quotidiana, usando l'auto. Non ci sono assembramenti e, al momento, nessuna ha riferito di problemi con la polizia. La protesta è solo agli inizi.

    La Tunisia prepara le elezioni
    Il 23 e 24 ottobre prossimi la Tunisia è chiamata alle urne per le prime libere elezioni del Paese. Gli elettori voteranno per eleggere l’Assemblea Costituente che avrà il compito primario di redigere la nuova costituzione democratica. Lo ha annunciato oggi a Venezia il ministro per le Riforme Rafàa Ben Achour intervenendo alla sessione plenaria della Commissione per la Democrazia attraverso il Diritto del consiglio d’Europa (comunemente più conosciuta come Commissione di Venezia), che da quando il Paese ha manifestato la volontà di modernizzarsi sta assistendo la Tunisia nel processo di democratizzazione. Il ministro ha anche spiegato che il nuovo parlamento tunisino sarà composto in uguale misura da uomini e donne. “La Tunisia guarda all’Europa come un esempio di modernità, di libertà e di progresso”, ha dichiarato il presidente della Commissione di Venezia, Gianni Buquicchio. “Ecco perché l’Europa deve essere vicina alla Tunisia e a tutti i Paesi arabi che manifestano l’ambizione di evolversi e dimostrarsi disponibile ad assisterli e condividere i valori giuridici e sociali. Guai se la Tunisia e gli altri Paesi in fermento dovessero sospettare che l’Europa non rappresenta la modernità con tutti gli ideali che li ha spinti a ribellarsi alla dittatura e all’ingiustizia”.

    Continua la battaglia ad Al Qaeda: la risposta Usa al successore di Bin Laden
    La successione di Ayman Al Zawahiri alla guida di Al Qaeda non cambia la strategia degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo. Questa la risposta di Washington alla nomina del medico egiziano per il dopo Bin Laden, resa nota ieri da un comunicato del comando generale di Al Qaeda, ripreso dalla tv satellitare Al Arabiya. Al Zawahiri e Al Qaeda continuano ad essere una minaccia per gli Stati Uniti “ma, come abbiamo cercato e ucciso Bin Laden, allo stesso modo faremo con Zawahiri”, ha detto il capo degli Stati maggiori congiunti delle Forze Armate Usa, l'ammiraglio Mike Mullen. Gli ha fatto eco il segretario alla Difesa americano, Robert Gates, spiegando come alcuni analisti ritengano che Al Zawahiri non possieda la stessa caratura del suo predecessore e che siano in molti all'interno di Al Qaeda a non considerarlo un riferimento. Giada Aquilino ha raccolto il commento di Paolo Mastrolilli, esperto di questioni statunitensi e capo redattore del quotidiano "La Stampa":

    R. – C’erano dei dubbi su chi sarebbe stato il successore di Osama Bin Laden. Era molto probabile che si trattasse di Al Zawahiri, ma c’era stata una questione interna ad Al Qaeda per decidere il successore. Non c’erano dubbi, invece, sulla risposta americana. Per gli Stati Uniti non fa differenza che il capo di Al Qaeda sia Al Zawahiri o Osama: loro sono tutti considerati responsabili di quello che è accaduto l’11 settembre e, soprattutto, sono gli obiettivi di una campagna americana contro il terrorismo per evitare che atti del genere si ripetano. Quindi, chiunque avesse preso il posto di Osama Bin Laden avrebbe ricevuto la stessa risposta da parte degli Stati Uniti.

    D. – Robert Gates ha detto che Bin Laden era il capo di Al Qaeda fin dalla sua fondazione e aveva un carisma particolare che Al Zawahiri non possiede. Perché?

    R. – Tutti gli analisti dicono che ormai Al Qaeda è diventata un’organizzazione in franchising, le cui cellule in giro per il mondo operano anche autonomamente. Da questo punto di vista, è anche indifferente il fatto che il capo sia Al Zawahiri o un’altra persona: il pericolo rimane. È la minaccia che Al Qaeda pone alla sicurezza degli Stati Uniti e di tutti i Paesi occidentali. Per questo la lotta degli Stati Uniti contro il terrorismo continua invariata, indipendentemente da chi sia il capo dell’organizzazione.

    D. – Quale strategia verrà privilegiata dagli Stati Uniti a questo punto?

    R. – Gli Stati Uniti hanno cambiato strategia con l’avvento dell’amministrazione Obama. Si sono concentrati molto sull’intelligence per cercare di prevenire nuove azioni terroristiche e andare chirurgicamente a cercare i responsabili di quelle che sono già avvenute. Ciò ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden. E questa probabilmente è la strategia che continueranno ad adottare, sia per prevenire nuovi attacchi terroristici sia per andare a trovare Zawahiri che, come nuovo capo di Al Qaeda, adesso dovrà prendere iniziative e fare delle mosse che forse potrebbero esporlo alla cattura o all’uccisione, com’è capitato a Osama Bin Laden. (gf)

    Rimpasto di governo in Grecia
    In Grecia è stato presentato l’annunciato rimpasto di governo: nomi nuovi per le finanze, ma anche per gli Esteri e gli Interni dopo mesi di proteste e scioperi contro il piano di austerity proposto nella fase di grave crisi economica. Il servizio di Fausta Speranza:

    Dopo settimane di trend più che preoccupante, stamane, si è subito attenuata la pressione sui titoli di Stato della Grecia con i rendimenti che segnano un calo dopo aver toccato livelli record. Ma resta tutto l’allarme. Alla nuova squadra di governo spetterà di sanare quell’instabilità politica che impediva all’Unione Europea di avere fiducia nei confronti di Atene per poter assicurare il sostegno di Bruxelles. Ieri, la Commissione europea ma anche il Fondo monetario internazionale hanno chiarito che per la Grecia non esiste un 'piano B'. L'unica strada percorribile è quella di concedere subito i 12 miliardi della quinta tranche del prestito Ue-Bce-Fmi e trovare poi un'intesa, al più tardi entro settembre, sul secondo piano di salvataggio. Sempre che ad Atene, appunto, il nuovo governo e il Parlamento trovino prestissimo un'intesa per realizzare il programma di risanamento e di riforme concordato proprio con le istituzioni internazionali. Da parte sua, il presidente dell’eurogruppo Juncker fa sapere che anche per la cosiddetta seconda tranche di aiuti non si dovrebbe aspettare fino a settembre. In realtà tra i 27 e la Bce resta da chiarire come assicurare risorse per salvare la Grecia, in particolare sulle modalità di partecipazione dei privati. A questo proposito, nell’atteso incontro con il presidente francese Sarkozy, la cancelliera tedesca Merkel ha sottolineato che la partecipazione dei creditori privati al salvataggio della Grecia può avvenire solo su base volontaria. In conferenza stampa congiunta i leader di Germania e di Francia hanno ribadito la necessità di evitare un default della Grecia sostenendo anche per la Grecia l'iniziativa di Vienna, che prevede che le banche rinnovino su base volontaria i prestiti evitando così l'insolvenza. È stata la strategia adottata nel 2009 per i Paesi dell'Europa dell'Est.

    Israele ribadisce il no allo Stato palestinese prima degli accordi
    Un nuovo monito israeliano ai dirigenti dell'Anp, affinchè si astengano dal richiedere all'Onu, a settembre, il riconoscimento di uno Stato indipendente è stato lanciato dal ministro israeliano degli Esteri Avigdor Lieberman, durante un colloquio con Catherine Ashton, Alto rappresentante per la politica estera della Unione europea. Lieberman ha avvertito - secondo radio Gerusalemme - che se i palestinesi cercheranno di ottenere una proclamazione unilaterale dello Stato (ossia al di fuori di trattative di pace), Israele non si sentirà più vincolato dagli accordi raggiunti con loro negli ultimi 18 anni, a partire dalle intese di Oslo del 1993. Polemizzando con il presidente dell'Anp Abu Mazen (Mahmud Abbas) Lieberman ha affermato che questi non è interessato ad alcun accordo con Israele, bensì cerca un confronto. Israele desidera riprendere i negoziati con l'Anp - ha assicurato – ma ormai “la palla è nel loro campo”. La Ashton è impegnata in una spola che la vedrà domenica a Ramallah (Cisgiordania), ospite dell'Anp. Nei giorni scorsi ha fatto appello ad Israele e all'Anp affinchè riprendano al più presto negoziati di pace sulla base delle proposte espresse il mese scorso dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.

    Più Caschi blu Onu in Sudan
    L'Onu invierà altri Caschi blu di rinforzo a quelli già presenti nel Sud Kordofan (Stato del Sudan centrale) teatro di violenti combattimenti, e intende trasformare la loro principale base in un centro di accoglienza per gli sfollati. Lo hanno annunciato ieri fonti delle Nazioni Unite. Oltre 120 soldati del Bangladesh saranno inviati a Kadugli, principale città del Sud Kordofan, dove aspri combattimenti sono ricominciati il 5 giugno scorso fra l'esercito di Khartoum, appoggiato da milizie arabe locali, e combattenti legati all'Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla), gli ex ribelli del Sud diventati ora l'esercito del futuro Stato la cui indipendenza sarà proclamata il 9 luglio prossimo. Il capo delle operazioni dell'Onu di mantenimento della pace, Alain Le Roy, ha affermato al Consiglio di sicurezza che circa 6 mila persone sono già rifugiate intorno alla base dell'Unmis. Secondo l'Onu sono già circa 60 mila le persone fuggite dalle violenze.

    Maltempo nel sud della Cina: 550 mila evacuati nella provincia del Zhejiang
    Oltre 550 mila persone sono state evacuate dalle regioni della Cina colpite da violente inondazioni, e l'esercito è stato messo in stato d'allerta e si tiene pronto a intervenire in aiuto delle vittime. Lo affermano oggi i mezzi d'informazione cinesi, secondo i quali ieri venti persone sono morte e una decina sono disperse nella provincia meridionale del Zhejiang, una di quelle più pesantemente colpite dal maltempo. Per i prossimi giorni si prevedono ancora piogge torrenziali e venti forti. Secondo il governo provinciale le inondazioni sono le peggiori a verificarsi nella zona dal 1955.

    Ancora arresti nella zona di Guangzhou nel sud della Cina
    In Cina, altre 19 persone sono state arrestate in seguito ai violenti scontri che si sono verificati nello scorso fine settimana a Xintang, un sobborgo della metropoli meridionale di Guangzhou. Lo scrive oggi il locale Guangzhou Daily. Gli arresti si aggiungono a quelli di circa 30 persone effettuati nei giorni scorsi dopo che migliaia di persone, in gran parte immigrati dalle province più povere che lavorano per le imprese esportatrici, hanno attaccato uffici governativi e pattuglie della polizia. A scatenare le violenze - che si sono protratte per tre giorni e sono state fermate da un massiccio intervento della polizia anti-sommossa - è stato il maltrattamento da parte di agenti di polizia di una venditrice ambulante, che è in attesa di un bambino. Secondo il giornale, gli arrestati sono accusati di aver impedito a impiegati pubblici di svolgere il loro lavoro, di aver dato vita a violente dispute e di aver intenzionalmente danneggiato la proprietà pubblica.

    Risoluzione Onu contro le discriminazioni in base all'orientamento sessuale
    Con 23 voti a favore, 19 contrari e tre astensioni, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato nella tarda mattinata di oggi, a Ginevra, una risoluzione che promuove l'uguaglianza degli individui indipendentemente dal loro orientamento sessuale. La discussione sul testo, presentato dal Sudafrica ha causato – riferisce l’agenzia France Presse – “un acceso dibattito all'interno del gruppo africano presieduto da Nigeria, contrario alla risoluzione”. “La risoluzione - ha detto il rappresentante del Sudafrica presentando il testo - non cerca di imporre certi valori ai Paesi, ma cerca di favorire il dialogo”. Contattato telefonicamente poco dopo il voto, l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, ha detto che la “maggior parte” degli Stati firmatari, anche quelli contrari alle unioni omosessuali, non attribuisce altre interpretazioni alla risoluzione. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 168

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.