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Sommario del 15/06/2011
◊ All’assoluto di Dio, il credente risponda con un amore totale: è la vibrante esortazione di Benedetto XVI all’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, dedicata alla figura del profeta Elia. Il Papa ha rammentato che, in un tempo in cui Israele stava cedendo alla seduzione dell’idolatria, Elia rimise il popolo davanti alla propria verità, portandolo così alla salvezza. Quindi, ha avvertito che anche oggi, dove scompare Dio, l’uomo diventa schiavo delle ideologie e del nichilismo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La vera fede e l’idolatria. All’udienza generale, Benedetto XVI si è soffermato sul confronto tra il profeta Elia e i seguaci dell’idolo Baal, nell’Israele del IX secolo a.C. Parlando a braccio, ha spiegato che anche oggi, come tremila anni fa, quando l’uomo si allontana da Dio diviene schiavo:
“Dove scompare Dio l’uomo cade nella schiavitù di idolatrie, come hanno mostrato nel nostro tempo i regimi totalitari con la loro schiavitù di idolatrie, e come mostrano anche diverse forme del nichilismo, che rendono l’uomo dipendente da idoli, da idolatrie e lo schiavizzano”.
Il Papa ha così ricordato come, ai tempi di Elia, in Israele si era creata una situazione di aperto sincretismo, per cui accanto al Signore il popolo adorava Baal. Proprio per smascherare la stoltezza ingannevole di tale atteggiamento, Elia fa radunare il popolo di Israele sul Monte Carmelo e lo pone davanti alla necessità di scegliere tra il Signore e Baal. E qui, osserva il Pontefice, si evidenza la realtà “ingannatoria dell’idolo”:
“L’adorazione dell’idolo invece di aprire il cuore umano all’Alterità, ad una relazione liberante che permetta di uscire dallo spazio angusto del proprio egoismo per accedere a dimensioni di amore e di dono reciproco, chiude la persona nel cerchio esclusivo e disperante della ricerca di sé. E l’inganno è tale che, adorando l’idolo, l’uomo si ritrova costretto ad azioni estreme, nell’illusorio tentativo di sottometterlo alla propria volontà.
Ben altro è invece l’atteggiamento di preghiera di Elia che chiede al popolo di avvicinarsi, di essere partecipe dell’azione di Dio:
“Lo scopo della sfida da lui rivolta ai profeti di Baal era di riportare a Dio il popolo che si era smarrito seguendo gli idoli; perciò egli vuole che Israele si unisca a lui, diventando partecipe e protagonista della sua preghiera e di quanto sta avvenendo”.
Il Papa ha quindi sottolineato che Elia si rivolge al Signore chiamandolo Dio dei Padri, facendo così implicita memoria delle promesse divine e della storia di Alleanza che ha unito il Signore al suo popolo. Elia prega, dunque, che Israele sia rimesso davanti alla propria verità e faccia la scelta di seguire solo Dio. Un richiamo, quello di Elia, ancora attuale:
“All’assoluto di Dio, il credente deve rispondere con un amore assoluto, totale, che impegni tutta la sua vita, le sue forze, il suo cuore. Ed è proprio per il cuore del suo popolo che il profeta con la sua preghiera sta implorando conversione”.
Infine, il Pontefice ha ribadito, con l’esempio del profeta Elia, quale sia l’autentico scopo della preghiera:
“Lo scopo primario della preghiera è la conversione: il fuoco di Dio che trasforma il nostro cuore e ci fa capaci di vedere Dio e così di vivere secondo Dio e di vivere per l’altro”.
“La vera adorazione di Dio – ha soggiunto – è dare se stesso a Dio e agli uomini; la vera adorazione è l’amore”, un’adorazione che “non distrugge, ma rinnova, trasforma”. Al momento dei saluti ai pellegrini, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai Missionari alle Missionarie della Consolata, come pure alle Figlie della Divina Provvidenza, impegnati nei rispettivi Capitoli generali. Quindi, ha rivolto un affettuoso saluto ai giovani:
“Cari giovani, per molti vostri coetanei sono iniziate le vacanze, mentre per altri questo è tempo di esami. Vi aiuti il Signore a vivere questo periodo con serenità e a sperimentare l’entusiasmo della fede”.
◊ In Libano, Benedetto XVI ha aderito alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Melkita di mons. Cyrille S. Bustros, dei Missionari di San Paolo, ad arcivescovo Metropolita di Beirut e Jbeil dei Greco-Melkiti, vacante in seguito alle dimissioni presentate da S.E. Mons. Joseph Kallas, a norma del canone 210 – paragrafi 1-2 del Codice delle Chiese orientali, ed ha accolto la rinuncia di Mons. Bustros al governo pastorale della Eparchia di Newton dei Greco-Melkiti (USA). Mons. Cyrille S. Bustros, 72 anni, ha compiuto gli studi presso i Missionari di S. Paolo e nel Seminario Sainte-Anne di Gerusalemme. Ordinato sacerdote nella Società dei Missionari di San Paolo, più tardi ha conseguito nella Facoltà di teologia nell’Università di Lovanio il dottorato in Teologia. È stato, fra l’altro, rettore dell’Istituto di Filosofia e di Teologia di "Saint Paul" a Harissa (Libano) e docente di teologia dogmatica all’Université Saint Joseph dei PP. Gesuiti in Beirut. Nel 1988, è stato eletto arcivescovo di Baalbek, mentre nel 2004, Giovanni Paolo II lo ha trasferito con il titolo personale di arcivescovo all’Eparchia di Newton dei Greco-Melkiti (USA). Benedetto XVI lo ha nominato presidente della Commissione per il Messaggio del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente del 2010. È membro del Consiglio Speciale per il Libano e del Consiglio Speciale per il Medio Oriente della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Il Sinodo dei Vescovi Greco-Melkiti lo ha canonicamente eletto Arcivescovo Metropolita di Beirut e Jbeil dei Greco-Melkiti.
Sempre in Libano, il Papa ha aderito alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Melkita di mons. Issam Darwish, dell’Ordine Basiliano Salvatoriano, ad Arcivescovo di Zahleh e Furzol dei Greco-Melkiti, vacante in seguito alle dimissioni presentate da S.E. Mons. André Haddad, B.S., a norma del canone 210 – paragrafi 1-2 del Codice delle Chiese orientali, ed ha accolto la rinuncia di mons. Darwish al governo pastorale della Eparchia di St. Michael’s of Sydney dei Greco-Melkiti (Australia). Mons. Issam Darwish, 66 anni, ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel Convento di Saint-Sauveur e all’Università St. Esprit de Kaslik, conseguendo la licenza in Filosofia e in Teologia. Entrato nell’Ordine Basiliano Salvatoriano del Santissimo Salvatore e ordinato sacerdote, ha svolto diversi incarichi pastorali e missionari nell’Eparchia di Saïda. Nel 1996, Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo di Saint Michael’s of Sydney dei Greco-Melkiti. Il Sinodo Greco-Melkita Cattolico lo ha canonicamente eletto Arcivescovo di Zahleh e Furzol dei Greco-Melkiti (Libano).
Il Pontefice ha nominato vescovo dell’Eparchia di Newton dei Greco-Melkiti mons. Nicolas James Samra, trasferendolo dalla sede titolare Vescovile di Gerasa dei Greco-Melkiti (USA). Il presule 65 anni, è originario del New Jersey (U.S.A.). Entrato nel "St. Anselm’s College" (Manchester), vi ha compiuto gli studi filosofici, ottenendo il baccalaureato. In seguito ha frequentato i corsi di Teologia, prima nel "St. Basil’s Seminary" di Methuen e quindi nel "St. John’s Seminary" di Bringhton. Ordinato sacerdote, nell’89 è stato nominato ausiliare dell’Eparchia di Newton dei Greco-Melkiti. Nel 2005, ha rinunciato all’incarico di ausiliare, rimanendo vescovo titolare di Gerasa e svolgendo un apprezzato servizio pastorale.
Il Papa ha nominato consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede l’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari Generali.
In Australia, Benedetto XVI ha nominato vescovo dell’Eparchia di Saint Michael’s of Sydney dei Greco-Melkiti l’archimandrita Robert Rabbat, rettore della Cattedrale dell’Annunciazione a Newton (USA). Originario di Beirut, 51 anni, ha studiato ingegneria e matematica alla "Ohio State University", ottenendo il "Bachelor", quindi è entrato nel Seminario libanese della Chiesa Greco-Melkita, compiendo gli studi filosofici e teologici all’Istituto Saint Paul di Harissa e conseguendo la licenza in entrambe le discipline. Ordinato sacerdote, è stato inviato negli Stati Uniti come parroco. Ha anche ottenuto un "Masters Degree" in comunicazione sociale della "Purdue University" nello Stato dell’Indiana. Dal 1999 è responsabile della rivista eparchiale di Newton "Sophia".
In Brasile, Benedetto XVI ha nominato arcivescovo metropolita di Brasília mons. Sérgio da Rocha, finora arcivescovo di Teresina. Il presule ha 51 anni e ha frequentato i corsi di Filosofia presso il Seminario Diocesano di São Carlos e quelli di Teologia all'Istituto Teologico di Campinas. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Morale presso la Facoltà Teologica "Nossa Senhora da Assunção", a São Paulo, e il Dottorato nella medesima disciplina presso l'Accademia Alfonsiana di Roma. Ordinato sacerdote, ha esercitato, tra gli altri, i ministeri di parroco, docente, rettore del Seminario di Filosofia di São Carlos, coordinatore diocesano della Pastorale e rettore della Cappella São Judas Tadeu a São Carlos, membro dell'équipe di formazione dei Diaconi permanenti; Membro del Consiglio presbiterale e del Collegio dei Consultori. Nel 2001, è stato eletto ausiliare di Fortaleza. Come vescovo ha ricoperto numerosi incarichi, tra i quali quello di presidente del Regionale Nordeste 1 e di presidente del Dipartimento vocazioni e ministeri del Celam, il Consiglio Episcopale Latinoamericano.
In Brasile, il Papa ha nominato vescovo prelato di Coari padre Marek Marian Piatek, della Congregazione dei Redentoristi, parroco della Parrocchia "Ressurreição do Senhor" e professore di Teologia morale nell’arcidiocesi di São Salvador da Bahia. Il neo presule, 57 anni, polacco, è membro della Congregazione del Santissimo Redentore. Compiuti gli studi filosofici e teologici nel Seminario della sua Congregazione, ha conseguito il dottorato in Teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana di Roma. Ordinato sacerdote, sei anni dopo è stato inviato come missionario in Brasile, nell’arcidiocesi di "São Salvador da Bahia", dove ha svolto gli incarichi di formatore degli studenti di Teologia e docente di Teologia morale presso l’Università Cattolica di São Salvador da Bahia, oltre che in quella di São Bento e nell’Istituto Superiore di Studi per il Matrimonio e la Famiglia.
Nelle Filippine, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Tuguegarao, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Diosdado A. Talamayan. Al suo posto, il Papa ha nominato 68 anni mons. Sergio Lasam Utleg, finora vescovo di Laoag. Costui ha svolto gli studi secondari presso il "San Jacinto Seminary" di Cagayan e quelli filosofici e teologici presso l'Università "S. Tommaso d'Aquino" a Manila. Ha poi conseguito la Licenza in Teologia a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana. Ordinato sacerdote, è stato più volte parroco, svolgendo anche incarichi nell'Ufficio per la pastorale sociale dell'arcidiocesi di Tuguegarao. Nel ‘97 è stato eletto da Giovanni Paolo II coadiutore di Ilagan. Nel 2006 è stato trasferito alla sede di Laoag. Nell'ambito della Conferenza episcopale delle Filippine è presidente della "Episcopal Commission on Indigenous Peoples".
Sempre nelle Filippine, il Papa ha nominato vescovo di Masbate mons. José B. Bantolo, del clero della diocesi di San Jose de Antique, finora vicario generale. Il nuovo presule, 50 anni, ha svolto gli studi filosofici presso il St. Peter Seminary e il St. Anthony's College di Antique, e quelli teologici presso il San Jose Seminary di Quezon City. Più tardi ha conseguito la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, proseguendo studi di approfondimenti in Applied Theology a Berkeley, negli U.S.A. Ordinato sacerdote, dopo alcuni anni di servizio pastorale presso la St. Augustine parish, Patnongon, Antique, è stato nominato rettore del San Peter Seminary a San Pedro, Antique. È stato anche economo diocesano e presidente del St. Anthony's College di Antique.
Ancora nelle Filippine, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell'arcidiocesi di Nueva Segovia mons. David William Valencia Antonio, del clero della medesima arcidiocesi, finora vicario generale, assegnandogli la sede titolare vescovile di Basti. Mons. Valencia Antonio, 48 anni, ha frequentato i corsi di filosofia al "San Pablo seminary" di Baguio City, e i corsi di teologia all' "Immacolate Conception School of Theology" di Vigan City. Ha poi compiuto studi superiori presso la "Catholic University of America" di Washington ottenendo il Dottorato in Teologia. Ordinato sacerdote, dopo alcuni anni come docente all'"Immacolate Conception School of Theology" di Vigan, è stato nominato decano degli Studi e poi rettore del medesimo seminario. Ha svolto il ministero di parroco fino alla nomina di vicario generale dell'arcidiocesi di Nueva Segovia.
In Ucraina il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kyiv-Zhyrtomyr dei Latini, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Jan Purwiński. Al suo oposto il Papa ha nominato mons. Petro Herculan Malchuk,finora ausiliare di Odessa-Simferopol, conferendogli la dignità di Arcivescovo "ad personam".
◊ Si è svolta ieri, nel Palazzo Apostolico Vaticano, la riunione in sessione plenaria della Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele. Obiettivo: continuare i negoziati in base all’Articolo 10 – paragrafo 2 – del “Fundamental Agreement”, riguardante materie economiche e fiscali. L’incontro è stato presieduto da Mons. Ettore Balestrero, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, e dal viceministro degli Affari Esteri israeliano, Danny Ayalon, capo della delegazione. I negoziati, informa una nota ufficiale, “si sono svolti in una atmosfera aperta, amichevole e costruttiva, registrando progressi molto significativi”. Le parti, si precisa, “hanno concordato i passi futuri verso la conclusione dell’Accordo. La prossima riunione Plenaria si terrà il primo dicembre 2011 presso il Ministero degli Affari Esteri d’Israele”.
Tra le personalità della delegazione della Santa Sede, guidata da mons. Balestrero, erano presenti, fra gli altri, l’arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele, e mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario del Patriarcato Latino per Israele. La delegazione di Israele, guidata dal sig. Avalon, annoverava fra gli altri anche il capo dell’Ufficio per gli Affari Ebrei e Interreligiosi nel mondo, Shmuel Ben-Shmuel, e l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy. (A cura di Alessandro De Carolis)
◊ È stata presentata oggi a Roma l’edizione italiana del Glossario multilingue dei termini in materia di migrazione e di asilo, curata dalla Rete Europea Migrazioni, che ha lavorato per anni a stretto contatto con la Commissione europea. L’iniziativa ha ricevuto il plauso del presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, l'arcivescovo Antonio Maria Vegliò, che alla presentazione ha parlato dell’esperienza maturata dalla Chiesa a fianco delle persone coinvolte nel fenomeno della mobilità umana. Il servizio di Roberta Barbi:
Ci sono alcune caratteristiche imprescindibili che deve possedere chi si occupa del mondo migrante: un’equilibrata sintesi di orizzonti culturali, di sensibilità umana, di capacità di approfondimento e di predisposizione all’operatività. “Un obiettivo impegnativo – riconosce mons. Vegliò – ma alla portata di tutte le persone di buona volontà che non si lasciano intrappolare da interessi particolari”. Un compito di cui la Chiesa, “madre e maestra”, da sempre si fa carico: è quello dell’assistenza, intesa come vicinanza ai tanti uomini e alle tante donne che non hanno scelto spontaneamente di emigrare, ma vi sono stati costretti dalla disperazione, e si trovano all’improvviso in un Paese diverso, immersi troppo spesso in un clima di insensibilità e di avversione. Il magistero della Chiesa, che s’incentra sulla Via della salvezza che è Gesù, ricorda il presidente del dicastero vaticano, interviene sulla liberazione di ogni aspetto della vita umana, compresa la liberazione da tutte quelle condizioni che mortificano la dignità delle persone.
Anche l’attività missionaria della Chiesa si è sempre manifestata attraverso l’accoglienza dello straniero, come insegna la Parola di Dio: “Quando uno straniero si stabilirà nella vostra terra, non opprimetelo; al contrario, dovete amarlo come voi stessi”, si legge nel Levitico. “Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti – spiega mons. Vegliò – ha il compito di trasporre in concreto questi orientamenti, anche in collaborazione con organismi competenti”. Questo impegno, visto che di glossari si parla, è condensato in tre binomi chiave: il primo è irregolarità-solidarietà, che riporta l’attenzione da un criterio meramente economico a quello della promozione della dignità umana su scala globale; il secondo è diversità-intercultura, il confronto con ciò che è altro, diverso e perciò arricchente, non inquadrato negativamente. L’ultimo è presente-futuro: un futuro che, imparando dal passato, trovi nuove regole, che obbediscano, però, al principio fondamentale della solidarietà umana.
Presentare nella luce corretta il complesso fenomeno della mobilità umana necessita anche uno scambio più corretto a livello giuridico, economico e culturale. A queste esigenze vuole rispondere il Glossario appena pubblicato in lingua italiana, che segue di un anno l’edizione in inglese. Al microfono di Roberta Barbi, il curatore del sussidio della Rete Europea dei Migranti, Antonio Ricci, spiega come è nato questo progetto:
R. – L’esigenza era quella di dare a informazioni raccolte in maniera aggiornata, oggettiva e attendibile, una comparabilità a livello comunitario. Ci siamo resi conto che con gli altri Paesi membri non sempre ci intendevamo e quindi l’obiettivo era quello di trovare una piattaforma di concetti, che potessero essere condivisi. Il risultato è stato quello della nascita di un gruppo di lavoro, che ha dato vita a questo Glossario di oltre 300 termini, tradotti in tutte le lingue comunitarie, che fanno sì che le lingue nazionali non siano una Babele, ma siano una ricchezza, siano un momento di sintesi e non un momento di confusione.
D. – Quindi, uno strumento duttile, in continua evoluzione?
R. – Sì, sarà ampliato sia per i nuovi Paesi membri – come ad esempio per la Croazia – ma anche perché aumenteranno i termini da prendere in considerazione, cambieranno le politiche. A volte, la storia insegna, cambiano anche i significati dei concetti, perché i concetti in realtà sono dei contenitori. Chiaramente, la base su cui si è partiti per questo lavoro è stata di carattere giuridico. Le definizioni prese sono prese dall’Acquis communautaire o comunque da altre istituzioni di carattere comunitario. Quindi, è uno strumento che cerca di creare una piattaforma utile per le politiche. Il discorso riguarda, in sostanza, tutti i cittadini.
D. – Ci fa un esempio di un termine che è stato particolarmente difficile, più che tradurre, rendere?
R. – Molti sono stati i termini controversi e uno, per esempio, è stato quello di “rimpatrio”. Rimpatrio, deportazione, ritorno: tanti erano i sinonimi che, in realtà, non erano proprio sinonimi. Da questo punto di vista, discutendo, ci siamo resi conto che in Italia viene utilizzato nell’ambito delle espulsioni e questo non è molto corretto, perché in realtà il rimpatrio è un termine che riguarda un ritorno in patria, una migrazione di ritorno, riguarda i nostri italiani all’estero che ritornano. Ci si è resi conto che ci sono termini più corretti o comunque più propri da utilizzare. In questo caso, la Commissione europea da anni propone di utilizzare il termine “ritorno” che non ha un’accezione negativa, perché l’esperienza di un migrante fallimentare non deve essere una colpa, ma deve essere un’occasione per ripartire.
D. – A chi serve il Glossario e a cosa serve?
R. – Serve un po’ a tutti: serve agli operatori che lavorano nel campo dell’immigrazione, serve agli avvocati, ai giuristi, a chi fa le politiche. Serve per avere uno sguardo d’insieme, e, non ultimo, il Glossario serve non solo per creare un minimo comune denominatore linguistico, ma anche per fare una corretta comunicazione: dunque, serve anche ai giornalisti. E’ vero che i giornalisti si sono molto impegnati sul fattore della comunicazione in tema di immigrazione, con la cosiddetta Carta di Roma, il famoso protocollo deontologico che nel 2008 è stato firmato dall’Ordine dei giornalisti, ma questo è uno strumento in più, per una comunicazione che sia corretta, che si basi sull’utilizzo delle giuste parole. (ap)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Dove scompare Dio l'uomo è schiavo delle idolatrie: la catechesi settimanale di Benedetto XVI.
La ricchezza spirituale patrimonio comune dell'Europa: messa (nella basilica di Santa Maria Maggiore) dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, per la festa nazionale della Repubblica slovacca.
La difficile estate africana: nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia sulle crisi in Sudan e in Somalia.
All'inseguimento del Volto: in cultura, Silvie Barnay su Rembrandt e la raffigurazione di Cristo in mostra al Louvre.
Sandro Barbagallo e Stefania Zuliani sulla cinquantaquattresima Biennale d'arte a Venezia.
Infaticabile Lullo: stralci dell'intervento di Stefano Malaspina, curatore della prima traduzione italiana della "Vita coetanea" del filosofo e missionario spagnolo.
Staminali adulte tra scienza e cultura: Fabio Colagrande intervista Tomasz Trafny, direttore del Dipartimento Scienza e Fede del Pontificio Consiglio della Cultura, sul prossimo convegno in Vaticano.
◊ In Italia sono pochi, soprattutto minori, e vivono in campi nomadi in condizioni drammatiche. E’ questa la fotografia scattata dal Rapporto conclusivo dell’indagine condotta sulle etnie rom, sinti e caminanti, e curata dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio. Sullo studio, presentato ieri a Roma, riferisce in questo servizio Irene Pugliese:
Non superano i 170 mila; il 40 per cento ha meno di 40 anni e non sono nomadi. Sono i rom, i sinti e i caminanti in Italia. Il Rapporto del parlamento italiano ha esaminato le condizioni di queste etnie: condizioni, spesso, avvolte da ignoranza e pregiudizio. L’istruzione, un lavoro e una casa dignitosa: tre punti - ora carenti - da cui partire per sconfiggere il problema dei campi nomadi, una realtà drammatica, che esiste solo in Italia. Come denuncia Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del Senato, che ha condotto l’indagine:
“I campi sono, in molti casi, delle vere e proprie discariche a cielo aperto e ci sono persone che sono state obbligate a vivere lì per generazioni… Tutto questo è una vergogna. Noi dobbiamo liberarci di questa vergogna in un modo molto semplice: offrendo in alternativa ai campi soluzioni abitative accettabili e accettate. Sono, queste, due parole non mie, ma le ha usate il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano”.
“Bisogna scrivere una nuova pagina della storia”, ha detto il Papa durante la storica udienza di sabato scorso in Vaticano con gli zingari. Ed è questo il nodo centrale prima di tutto per riuscire a scattare una fotografia reale della situazione, anche per Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che ieri ha colto l’occasione per ribadire l’importanza del gesto di Benedetto XVI:
“Benedetto XVI ha fatto un grande discorso. E’ stato grande. Prima di tutto li ha ricevuti nella casa del Papa e i rom erano felici, perché dava loro dignità: ha parlato a loro, ha preso a cuore i loro problemi, ha ricordato la storia che nessuno ricorda mai, quella dell’olocausto zingaro. Ha detto: io, ad Auschwitz, mi sono inchinato davanti alla lapide che ricorda voi e come voi siete morti. E’ stata una cosa molto, molto toccante. Poi ha capito, ha colto immediatamente qual è il problema dei rom: la casa, la scuola, il lavoro e, quindi, il superamento dei campi. Ha dato loro fiducia e ha detto: ‘Voi siete nel cuore della Chiesa’”.
Quello che serve nella strada verso l’integrazione - ha concluso Riccardi - è uno sforzo comune sia da parte dei rom che da parte delle istituzioni a fare il proprio dovere. (mg)
◊ E' morto nella notte fra lunedì e martedì scorsi, all'età di 85 anni, il gesuita padre Pio Parisi, assistente spirituale delle Acli dal 1975 al 2000. Padre Parisi, afferma il presidente nazionale dell’associazione, Andrea Olivero, ha avuto il grande merito di mantenere le Acli ancorate al Vangelo, con un'attenzione particolare ai poveri. I funerali si terranno domani alle ore 16, nella Cappella universitaria della Sapienza, a Roma. Sentiamo lo stesso Olivero al microfono di Debora Donnini:
R. – C’è un grande dolore per questa scomparsa di un uomo buono, un uomo appassionato che ha dedicato la sua vita agli altri, in particolare ai lavoratori. Un uomo semplice, rigorosissimo nel suo stile di vita, grande appassionato dello studio, capace di far sì che le persone, attraverso di lui, scorgessero sempre l’amore del Signore. Proprio questa era la sua caratteristica maggiore: non parlare di sé, ma in qualche modo far sì che noi guardassimo al Vangelo e alla Parola. Questo era il suo continuo, costante orientamento da gesuita rigoroso e da uomo anche appassionato al mondo.
D. – Padre Parisi per 25 anni è stato assistente spirituale delle Acli. Qual è stata l’impronta che lui ha dato all’Associazione?
R. – Ha saputo costantemente chiedere che dentro alla nostra organizzazione vi fosse vita cristiana, non solo generica ispirazione cristiana. Nel senso che ci ha mostrato come soltanto un’Associazione capace di vivere il Vangelo, di essere radicata nella fede, di essere attenta soprattutto ai piccoli e ai poveri, possa avere una speranza di futuro. Quando Giovanni Paolo II disse: “Solo il Vangelo fa nuove le Acli”, in qualche modo mostrò di avere scorto un percorso all’interno della nostra organizzazione: un percorso compiuto grazie soprattutto all’opera preziosa e spesso anche nascosta di padre Pio Parisi. Lui ci richiamava sempre alla necessità di fare una vera e autentica esperienza di fede, prima di tutto come cristiani e poi come aclisti.(ap)
Via Francigena: sei detenuti in pellegrinaggio fino a Roma
◊ Per la prima volta in Italia, sulla scorta di quanto succede in altri Paesi come Belgio e Spagna, un piccolo gruppo di detenuti ha compiuto un’esperienza di pellegrinaggio: un cammino sulla via Francigena di oltre 168 chilometri, da Radicofani, in provincia di Siena, fino a Roma. L’iniziativa, conclusasi sabato scorso, è nata dalla collaborazione tra la Confraternita di San Jacopo di Compostella, il penitenziario romano di Rebibbia e il Tribunale di sorveglianza di Roma. Si è trattato di un’esperienza straordinaria, come sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il rettore della Confraternita, il prof. Paolo Caucci von Saucker:
R. – Per circa nove giorni abbiamo camminato insieme, siamo stati insieme, abbiamo dormito negli stessi luoghi e abbiamo condiviso le difficoltà del cammino e quindi loro si sono realmente sentiti riaccolti dalla società.
D. – I detenuti dunque sono diventati autentici pellegrini?
R. – Hanno partecipato a tutti i riti di un pellegrinaggio: dalla Messa alle soste nelle chiese, all’incontro con le comunità religiose lungo il cammino.
D. – E la meta del pellegrinaggio lungo la via Francigena è stata la città di Roma?
R. - Si è concluso a San Pietro sabato 11 giugno e hanno ricevuto il Testimonium che è il documento che la Basilica di San Pietro dà a coloro che hanno compiuto il pellegrinaggio con spirito di fede. Questo li ha emozionati moltissimo e hanno detto: "La Chiesa ci riconosce come pellegrini". Questo documento, che già tutti vogliono incorniciare e tenere nelle proprie celle, 'li ha fatti' pellegrini. Io penso sia stata una bellissima esperienza per tutti.
D. – Un’esperienza straordinaria non solo per i detenuti...
R. – Un’esperienza anche per noi, di arricchimento enorme: vedere queste persone che escono dal carcere, qualcuno per la prima, vederli affrontare con questa determinazione un percorso, è un’altra prova di volontà della quale hanno assolutamente bisogno. Sono qualità che loro devono esercitare per reinserirsi quando usciranno.
D. – Tra l’altro, i detenuti hanno utilizzato dei permessi per partecipare al pellegrinaggio?
R. - Su circa 300 reclusi che stanno a Rebibbia ne sono stati scelti sei. Hanno utilizzato dei permessi. Hanno sacrificato alcuni giorni che potevano dedicare all’incontro con le proprie famiglie, che poi sono pochi durante l’anno, a questa esperienza. Qualcuno aveva delle pene pesanti. Un detenuto usciva per la prima volta, stava in carcere da 17 anni.
D. – Cosa ha lasciato questa esperienza nei detenuti?
R. – Sono tornati in carcere a Rebibbia con le lacrime agli occhi e hanno detto che vogliono continuare a stare in contatto con noi e che quando terminerà la reclusione, vorranno ripetere questa esperienza.
D. - Perché il pellegrinaggio può rientrare nell’ambito di un percorso rieducativo?
R. - Anzitutto è un percorso che ha una meta, quindi questa è una metafora un po’ anche della vita. Noi ne parlavamo in questi giorni con questi reclusi e dicevamo loro: voi dovete avere una meta, quella di reinserivi nella società, quella di fare una famiglia, o di ricostruirla, o di trovare un lavoro. Devono pensare che il pellegrinaggio, passo dopo passo, è come la vita: deve essere orientato da un obiettivo. Questo abbiamo cercato di farglielo capire ed è stato un contatto continuo con loro durato dalla mattina alla sera. Penso che il pellegrinaggio sia uno strumento molto utile per mettere a contatto due realtà della società, una libera e una reclusa. E non è l'esperienza, ad esempio, di un educatore che durante la settimana ha tre ore di colloquio e di contatto con loro. Con il pellegrinaggio c’è proprio un’immersione completa, c’è una condivisone totale.(bf)
A Montecitorio, convegno dedicato a Igino Giordani, figura di sintesi tra cristianesimo e politica
◊ Igino Giordani: da Montecitorio al mondo. E’ il titolo del Convegno che si è svolto ieri alla Camera dei deputati italiana, introdotto da Gianfranco Fini, in ricordo di una delle figure più rappresentative del Novecento. Scrittore, giornalista, politico, ecumenista, Giordani - di cui è avviata la Causa di beatificazione - è stato anche il cofondatore del Movimento dei Focolari del quale raccolse e ampliò il principio della fraternità universale. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Igino Giordani, classe 1894, umili origini, fede profonda, alta coscienza morale e democratica: sono le coordinate di tutta la sua vita che si tradussero in rispetto anche per gli avversari politici, in militanza nel pensiero cristiano - mai per ambizione ma sempre per amore alla comunità - in difesa della dignità umana della libertà, della pace a costo dell’isolamento e delle persecuzioni, come avvenne dopo le sue denunce contro le violenze in epoca fascista. Citando i suoi scritti di Giordani, Gianfranco Fini ne riassume così il pensiero politico:
“Nel 1945 scrisse: La politica è fatta per il popolo e non il popolo per la politica. Prima la morale, prima l’uomo. La politica non deve diventare padrona, non farsi abuso, qui è la sua funzione e la sua dignità: essere servizio sociale, carità in atto”.
La svolta nella vita di Giordani arriva all’apice della carriera. Era già tra i padri costituenti, nelle file del Partito popolare, già direttore di Fides e del Popolo, quando incontra Chiara Lubich. Giordani fa propria, declinandola nel suo ambiente, la spiritualità di comunione e il principio della fraternità universale. Sentiamo la sua voce del 1975:
“Nasce una nuova coscienza civica la quale abbatte le divisioni di partiti o fazioni o correnti e di privilegi di casta, di razza, di classe e dilatandosi supera i confini statali sino a vedere che i cristiani partecipano alla vita pubblica come cittadini ma da tutto sono spaccati come stranieri. Ogni nazione la loro patria. Insomma, i cristiani sono nel mondo quel che è l’anima nel corpo”.
La Causa di beatificazione di Igino Giordani è avviata. Questo può essere un faro, una luce per la classe politica dirigente non solo italiana. Maria Voce, attuale presidente del Movimento dei Focolari.
“Penso che possa voler dire tanto: può aprire sempre di più la politica al bene comune, ma anche al trascendente. Può rendere la politica cosciente che senza l’aiuto di Dio è difficile vedere davvero in tutti gli uomini dei fratelli”.
Sudan: Chiesa e Unicef auspicano l’apertura di corridoi umanitari per gli sfollati
◊ “Qualsiasi accordo deve permettere il ritorno degli sfollati nelle loro case”. E’ quanto ha affermato il vescovo coadiutore della diocesi sudanese di El Obeid, mons. Michael Didi Adgum Mangoria, dopo l’intesa, trovata ieri tra Nord e Sud Sudan, sulla regione contesa di Abyei. L’accordo prevede che venga smilitarizzata l’area e che vengano dispiegate truppe etiopiche per il mantenimento della pace. Ma i termini dell’intesa – ha detto mons. Michael Didi Adgum Mangoria – “non sono ancora chiari”. La speranza – ha aggiunto il presule le cui parole sono state riprese dall'agenzia Misna – è affidata ad “una soluzione rapida per le decine di migliaia di persone fuggite verso sud”. Ad essere scossa da tensioni e violenze non è solo la regione petrolifera di Abyei. Nelle scorse settimane – ricorda l’Unicef in un comunicato – si è assistito anche nella zona di Kadugli e in altre aree del Sud Kordofan, Stato al confine tra Sud e Nord Sudan e politicamente sotto il controllo del governo di Khartoum, “ad una totale mancanza del rispetto dei principi umanitari internazionali”. Questo – si legge nel documento – è il momento per il presidente del Nord Sudan, Oamr Hassan al Bashir, di mandare un “messaggio chiaro e inequivocabile”. “Negare l’accesso umanitario - sottolinea l’Unicef - costituisce una grave violazione dei diritti umani. Quando prevalgono i combattimenti alle parole - si ricorda nel testo - sono le mamme e i bambini che pagano il prezzo più pesante”. Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia chiede inoltre che nelle zone teatro delle violenze ci sia “piena libertà di circolazione e libero accesso” per gli operatori umanitari. Tutto quello che occorre – si legge infine nel comunicato – è che le forze militari consentano il passaggio a quanti intendono aiutare e sostenere la popolazione. Il Sud Sudan, che ha una popolazione a maggioranza cristiana e animista, diventerà indipendente il prossimo 9 luglio e sarà il 54.mo Paese dell’Africa. (A.L.)
Costa d’Avorio: 300 mila gli sfollati all’interno del Paese e 200 mila i rifugiati in Stati africani
◊ A due mesi dalla fine del conflitto post-elettorale, in Costa d’Avorio la situazione degli sfollati comincia a farsi più nitida. Nel corso delle ultime tre settimane l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e le agenzie partner hanno registrato 322.277 sfollati all’interno del Paese. Gli sfollati si trovano in insediamenti o sono accolti da famiglie. La maggior parte di loro si concentra nella parte occidentale del Paese (132.188), seguita dalle regioni settentrionali (62.676) e dalla città di Abidjan (55.912) nel sud. Altri invece sono ancora nascosti nella boscaglia - riferiscono gli stessi sfollati agli operatori dell’Unhcr. In alcune delle aree più colpite dai combattimenti le condizioni per il ritorno sarebbero migliorate, come ad esempio nelle zone di Zouan-Hounien e Teapleu, nell’ovest della Costa d’Avorio. Sono invece ancora accese le tensioni locali nella regione sud-occidentale di Sassandra. Si tratta dell’area in cui all’inizio di maggio 280 civili in fuga da Abidjan sono stati uccisi da gruppi di mercenari pro-Gbagbo. Molte delle vittime sono state sepolte in fosse comuni. Secondo le stime, gli sfollati nella regione sarebbero circa 17 mila, tra cui un numero imprecisato di persone ancora nascoste nella foresta. Alcuni sfollati sono accusati di aver sostenuto i mercenari. La protratta presenza di vigilanti armati, poi, impedisce il ritorno delle comunità di sfollati. L’Unhcr e le agenzie partner sono tutt’ora impegnati nella ricerca di nuovi gruppi di sfollati. L’Agenzia sta inoltre allestendo nuovi campi per garantire una migliore assistenza e fornire un alloggio a coloro che per il momento non sono in grado di far ritorno a casa. Gli ivoriani rifugiati in diversi Paesi dell’Africa occidentale sono invece ancora più di 200 mila. (R.G.)
Congo. Allarme dell’arcivescovo di Kisangani: i ribelli dell'Lra potrebbero collaborare con Al Qaida
◊ “Se non si mette fine alla regionalizzazione della crisi, i ribelli dell’Lra estenderanno geograficamente la loro pericolosità e potranno attaccare persino gli interessi della nazioni al di là delle frontiere africane, offrendo i suoi sporchi servigi a movimenti terroristi ben costituiti e virulenti, come Al Qaida”. È l’allarme lanciato da mons. Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani, nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), di fronte ad un gruppo di ambasciatori accreditati a Kinshasa che hanno incontrato, il 9 giugno, la Rete Regionale e Interconfessionale dei Leader Religiosi per la Pace. Questa rete è formata dai leader religiosi di Uganda, Rdc, Sud Sudan e Repubblica Centrafricana, i Paesi che sono colpiti dalle violenze commesse dall’Esercito di resistenza del signore (Lra), un gruppo di guerriglia costituitosi nella seconda metà degli anni ’80 in nord Uganda, che da tempo imperversa in diverse aree dell’Africa centrale. L’Lra compie razzie e massacri nei villaggi, costringendo la popolazione alla fuga. Nel corso dei raid, giovani e bambini sono rapiti per rimpolpare i ranghi del gruppo, al punto che ormai questo movimento è multietnico e multinazionale. Mons. Utembi Tapa, ha ribadito la necessità di trovare una soluzione pacifica, rilanciando i negoziati di Juba (che sono stati interrotti nel 2007) ma ha invocato, allo stesso tempo, l’urgenza di proteggere la popolazione civile tramite la costituzione di una brigata regionale “disciplinata, motivata e ben equipaggiata”. A questa formazione militare dovrebbero partecipare tutti gli Stati minacciati dall’Lra, per evitare “un’eventuale agenda nascosta a beneficio di una parte o di un governo e a sfavore delle altre”. Mons. Utembi Tapa ha inoltre chiesto di perseguire coloro che forniscono sostegno logistico all’Lra. Mons. Utembi Tapa ha riaffermato la disponibilità dei leader religiosi a contribuire alla trattativa di pace, ed ha infine rivolto un appello perché si porti aiuto alle popolazioni colpite dall’Lra che non sono state ancora raggiunte dalle organizzazioni umanitarie. (R.P.)
Arcivescovo di Canterbury: con la primavera araba, cristiani bersaglio di estremisti islamici
◊ La primavera araba ha reso i cristiani un bersaglio per i gruppi estremisti. Lo sottolinea in un’intervista alla Bbc Rowan Wiliams arcivescovo di Canterbury. Secondo il primate della Chiesa anglicana, la caduta dei dittatori è positiva e un giorno porterà alla democrazia, ma l’attuale vuoto di potere rischia di essere riempito da gruppi estremisti islamici. "E’ un momento di grande paura e ansia per le comunità cristiane - afferma Wiliams - le violenze sono già iniziate, soprattutto in Egitto, dove si registrano molti di più casi di quelli apparsi sui media”. Secondo Rowan Williams - riporta l'agenzia AsiaNews - vi sono forze esterne legate all’Arabia saudita che stanno tramando per distruggere i cristiani. “In Iraq – spiega – l’estremismo islamico ha reso impossibile la vita dei cristiani che stanno subendo una vera e propria pulizia etnica, ciò potrebbe accadere anche in Egitto e Siria”. (R.P.)
Turchia: soddisfazione della Chiesa locale per il risultato delle elezioni
◊ “Un risultato che soddisfa la Chiesa locale che con questo Governo aveva dialogato e fatto progressi”: così il portavoce della Conferenza episcopale turca (Cet), Rinaldo Marmara, commenta, in una intervista all'agenzia Sir, il risultato del voto di domenica scorsa in Turchia che ha visto l’affermazione, con circa il 50% dei consensi, del partito islamico, “Giustizia e sviluppo”, del premier turco Tayyip Erdogan, che, tuttavia, non è riuscito a superare la soglia dei 330 seggi, utile a modificare la Costituzione. “I risultati – dice il portavoce - hanno mostrato un certo equilibrio, ora Erdogan dovrà negoziare con gli altri partiti se vorrà promuovere un referendum per modificare la Costituzione attuale”. Soddisfazione che nasce anche dalla presenza, la prima dopo 50 anni, di un cristiano in parlamento, l’avvocato Erol Dora: “E’ un buon segnale per il Paese. La sua presenza è la conferma al fatto che in questi anni con il Governo Erdogan sono stati compiuti diversi passi in avanti” soprattutto sul piano culturale ma non su quello del riconoscimento giuridico da tempo atteso dalla Chiesa cattolica poiché le consentirebbe di giovarsi di una piena libertà religiosa. “Prima che un riconoscimento giuridico, per il quale lavoriamo alacremente ma che richiede ancora del tempo – spiega Marmara - si potrebbe stipulare un Concordato necessario alla Chiesa per condurre le proprie attività in modo tutelato”. Migliore la situazione in ambito culturale: è prevista per fine settembre, infatti, “la presentazione di una pubblicazione di un manoscritto della Biblioteca Vaticana, del 1627, su Istanbul e le sue religioni in quel tempo. Questa pubblicazione – conclude Marmara - ha un valore altamente simbolico, in quanto vede due Continenti, due culture, due religioni collaborare sul piano culturale”. (R.P.)
Santiagio del Cile: incontro regionale sulla prevenzione della tortura
◊ Da oggi fino al 17 giugno, a Santiago del Cile, oltre 40 esperti dell'America latina e dei Caraibi, sotto la presidenza del Relatore speciale Juan Méndez, nominato "ad hoc" dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, discuteranno sulla prevenzione della tortura nell'intera regione che in un passato non lontano ha vissuto tragici esperienze in questa materia, in particolare durante numerosi regimi militari. Juan Méndez ha precisato che non si "deve smettere mai di lavorare in favore della fine della tortura e dei maltrattamenti poiché sono pericoli in agguato anche in una piccola caserma di polizia", ma soprattutto ha aggiunto "si deve lavorare molto ancora per far rispettare gli obblighi internazionali, le politiche nazionali adottate dai parlamenti così come tante riforme statali introdotte in questi ultimi anni". Sarà questa, in definitiva, ha spiegato poi il Relatore Onu l'esortazione che sarà fatta ai rappresentanti di Paesi come Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Giamaica, Messico, Venezuela, Ecuador, Nicaragua e altri. L'incontro è stato organizzato sotto il patrocinio dell'Alto Commissario Onu per i diritti umani, dell'Associazione per la prevenzione della tortura e diversi Centri di studi legali e legislativi sulla materia. Nel corso dei contatti per preparare l'incontro, la stampa cilena riferisce un'annotazione particolare: è opinione unanime fra i partecipanti con rappresentanza politica e fra gli esperti che il modo migliore, più efficace e solido per creare la consapevolezza di quanto gravemente lesiva della dignità umana sia la tortura, è l'educazione, e dunque la cultura della vita, da insegnare, promuovere e spiegare sin dai primi anni della scuola. Tutti gli strumenti giuridici sia nell'ambito della prevenzione e poi anche nel campo della repressione e della punizione sono necessari e utili, ma la cosa fondamentale, ha dichiarato Juan Méndez, "è la presenza e il consolidamento di una coscienza, singola e collettiva, dove la solo idea di tortura non abbia cittadinanza". (L.B.)
Etiopia: i mendicanti di Addis Abeba e la Giornata del bambino africano
◊ L’Unione Africana ha promosso nel mese di giugno la Giornata del bambino africano. I missionari Salesiani, presenti nel continente da oltre 100 anni, hanno sviluppato molti progetti a favore dei più piccoli e bisognosi della popolazione, come informa l’agenzia Ans. Sono presenti in Etiopia dal 1975 e da allora hanno sempre lavorato con e per i bambini e i giovani più vulnerabili fornendo principalmente istruzione primaria e secondaria, oltre che iniziative per lo sviluppo, attraverso il supporto nei settori della sicurezza alimentare, dell’accesso all’acqua, della prevenzione delle malattie, dell’assistenza d’emergenza e dell’agricoltura. Dal 1998, ad Addis Abeba, è stato promosso il progetto dei “Bambini mendicanti di Donato”, sostenuto dalla Procura missionaria Salesiana di New Rochelle e dall’agenzia umanitaria statunitense Usaid (United States Agency for International Development) attraverso il programma “Caring Orphans and Vulnerable Children”. Unico nel suo genere, il progetto è un’attività esemplare nell’ambito delle azioni di recupero dei bambini che vivono in condizioni di pericolo per le strade della capitale del Paese, in primo luogo quelli che, pur avendo i genitori, trascorrono le giornate facendo accattonaggio. Questi bambini vivono molto spesso in ambienti molto precari e i loro genitori o tutori semplicemente non possono permettersi di mandarli a scuola e fornire loro dei pasti regolari. Gli operatori sociali del programma vanno personalmente per la città a cercare i genitori o i responsabili dei bambini mendicanti per convincerli a mandare i piccoli al Centro Giovanile “Don Bosco” di Makanissa, Addis Abeba. Una volta che i bambini prendono parte al progetto hanno un pasto completo e due merende al giorno, oltre all’opportunità di ricevere un’educazione e di sfruttare gli altri servizi di supporto alla formazione. Attualmente sono iscritti al programma 513 bambini, che vengono anche seguiti e accompagnati attraverso dei corsi ausiliari, per permettere loro il successivo ingresso nelle classi d’istruzione formale. Il progetto prevede anche opportunità adeguate per i ragazzi più grandi: ai giovani al di sopra dei 15 anni vengono fornite competenze e istruzioni nell’ambito del commercio, per far sì che diventino autonomi e possano guadagnarsi da vivere onestamente. (R.P.)
◊ Il tema del suicidio medicalmente assistito - riferisce l'agenzia Zenit - è all’esame dei vescovi statunitensi, che nella loro Assemblea generale di primavera, aperta oggi a Seattle, dibatteranno e voteranno il documento “Vivere ogni giorno con dignità”. “Dopo anni di relativa inattività a seguito della legalizzazione del suicidio medicalmente assistito nell'Oregon, nel 1994, il movimento pro-suicidio assistito ha ripreso con forza le sue attività”, ha osservato in una nota il cardinale Daniel DiNardo, di Galveston-Houston, presidente del comitato per le Attività Pro-Vita della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (Usccb). “Questo sforzo ha portato l'approvazione di una legge simile a quella dell'Oregon nello Stato di Washington, per referendum popolare, nel novembre 2008, una decisione della Corte Suprema statale del Montana che dichiara essenzialmente che il suicidio assistito non è contrario alla politica pubblica e impegni per approvare la legislazione in vari Stati del New England e dell'Ovest”. Quindi “la Chiesa - ha aggiunto il porporato - deve rispondere in tempo e in modo visibile a questa sfida rinnovata, che il prossimo anno verrà sicuramente portata avanti in vari Stati”. E tale risposta verrà con il documento finale, di cui sono stati resi noti i punti principali, che sarà divulgato al termine dell’Assemblea dei vescovi il 17 giugno. La dichiarazione sottolinea che “la via dell'amore e della vera misericordia” che Giovanni Paolo II ha indicato nell'Enciclica “” è il modello per quanti realizzano cure palliative, volte ad eliminare la sofferenza, non colui che soffre. I temi che i presuli discuteranno includono la sofferenza e le paure dei pazienti con malattie croniche e terminali, la preoccupazione per quanti sono tentati di suicidarsi, l'opposizione della Chiesa al suicidio medico assistito e “la coerenza di questo atteggiamento con il principio di uguaglianza e inerente ai diritti umani e ai principi etici della professione medica”. I vescovi tratteranno anche gli argomenti del movimento pro-suicidio assistito che sostengono la “scelta” del paziente ed esprimono “compassione” per la sofferenza. La dichiarazione dice che il suicidio medicalmente assistito non promuove la compassione perché si concentra non sull'eliminazione della sofferenza, ma su quella del paziente. La vera compassione si dedica a far fronte alle necessità dei pazienti. Il testo aggiunge che la compassione che non si basa sul rispetto incontra inevitabilmente sempre più persone la cui sofferenza è considerata sufficiente per essere oggetto della morte assistita, come quanti soffrono di malattie croniche o handicap. Pazienti con malattie terminali meritano di ricevere cure palliative che affermino la vita e ne rispettino la dignità e il valore. “Il suicidio assistito non è un'aggiunta alle cure palliative”, afferma il comunicato, “ma un povero sostituto che alla fine può essere una scusa per negare assistenza medica a persone gravemente malate, inclusi quanti non avevano mai preso in considerazione il suicidio”. Citando esempi dei Paesi Bassi, la dichiarazione afferma che il suicidio assistito volontario ha condotto in alcuni casi all'eutanasia involontaria. La pratica, inoltre, mina la libertà dei pazienti, esercitando pressioni su di loro visto che la società ha dichiarato ufficialmente che il suicidio di certe persone è buono e accettabile, mentre lavora per prevenire il suicidio di altri. Una volta che il valore della vita della persona diminuisce, diminuiscono anche la sua libertà e la sua autonomia. (R.G.)
India: un vescovo cattolico nella giuria del Premio “Indira Gandhi per la protezione dell’ambiente”
◊ Si chiama mons. Matthew Arackal ed è titolare dell’Eparchia di Kanjirapally, in India. A lui, l’onore di far parte della giuria del premio nazionale “Indira Gandhi per l’ambiente”, indetto dal Ministero per l’ambiente locale. La notizia ha una particolare importanza, poiché è la prima volta che un presule cattolico viene chiamato a questo compito. Il premio, istituito in memoria del primo ministro indiano Indira Gandhi uccisa nel 1984, viene assegnato a due organizzazioni e a tre persone distintesi nella tutela del Creato e nella promozione di uno stile di vita eco-compatibilie. Evidente la soddisfazione di mons. Arackal, per il quale “questa nomina è il riconoscimento del ruolo della Chiesa in India”. “La protezione dell’ambiente – spiega il presule – è una delle sfide principali di tutti gli uomini, al di là delle divisioni religiose. La nostra diocesi e la nostra Chiesa ha sempre promosso numerose iniziative per educare la popolazione alla necessità di una vita ecologica e di un’agricoltura organica”. La regione ecclesiastica di Kanjirapally, infatti, situata nello Stato meridionale del Kerala, ospita molti terreni agricoli e la maggior parte dei suoi fedeli cattolici sono contadini. Secondo gli ultimi dati, su una popolazione di 1.214.620 persone, l’eparchia conta192mila battezzati, corrispondenti al 15,8% del totale. (I.P.)
Congo: i vescovi preparano la Plenaria che inizia il 20 giugno
◊ Le riunioni dell’episcopato sono l’occasione di una espressione forte della collegialità e della corresponsabilità: è questo in sintesi quanto ha detto ieri mons. Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe, presidente della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco), all’apertura dell’incontro del Comitato permanente dell’episcopato, al Centro di accoglienza Caritas di Kinshasa-Gombe. “Le nostre assise ricercano il pensiero di Cristo e il suo disegno d’amore sul popolo affidato alla nostra sollecitudine pastorale” ha affermato il presule che ha anche ricordato “l’appuntamento decisivo della storia” che sta vivendo la Repubblica Democratica del Congo, ossia il periodo elettorale, a fronte del quale, ha aggiunto mons. Djomo, i vescovi devono continuare il loro ruolo profetico assicurando l’educazione civica ed elettorale. Al Cento Caritas, si legge sul sito www.cenco.cd, il Comitato permanente dei vescovi sta studiando le relazioni delle Assemblee episcopali provinciali e delle Commissioni episcopali per preparare l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale che dal 20 giugno riunirà una cinquantina di presuli. Il presidente della Conferenza episcopale ha spiegato che la riunione del Comitato permanente è un momento d’ascolto della parola di Dio, attraverso la Parola proclamata e l’analisi della situazione socio pastorale del Paese. Dal 17 al 19 giugno invece i vescovi saranno impegnati in una sessione di formazione alla cultura mediatica. Domenica, alle 9.30, i presuli concelebreranno una Messa al santuario di Nostra Signora della Pace di Kinshasa, al Centro pastorale Lindonge, alla quale sono invitati a partecipare i giornalisti e quanti lavorano nella comunicazione. La sessione di formazione alla cultura mediatica mira a far si che i vescovi si confrontino con gli strumenti della comunicazione sociale moderna, perché possano meglio gestirli anche al fine di affrontare le sfide dell’evangelizzazione. L’incontro presenterà le grandi linee del pensiero della Chiesa sulle Comunicazioni sociali, quindi i vescovi saranno anche invitati ad elaborare un piano pastorale sulla comunicazione a livello diocesano, provinciale e nazionale. La sessione di formazione alla cultura mediatica è stata organizzata dalla Commissione episcopale delle comunicazioni sociali (Cecos) e sarà curata da membri dell’equipe internazionale di formatori del Centro di Ricerca e d’Educazione in Comunicazione (Crec). Fondato nel 1971, tale centro si è specializzato nella formazione principalmente a servizio di istituzioni cristiane. Le equipe di formatori sono presenti particolarmente in Europa e in Africa dove hanno già lavorato con i vescovi del Burkina Faso, del Mali e del Sudafrica. (T.C.)
Roma. Veglia di preghiera per le vittime del Mediterraneo: 1.820 fra gennaio e maggio 2011
◊ In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, la Comunità di Sant’Egidio, l'Associazione Centro Astalli, la Federazione Chiese Evangeliche in Italia, la Fondazione Migrantes, la Caritas Italiana e le ACLI, anche quest’anno, organizzano una veglia di preghiera in memoria delle vittime dei viaggi verso l’Europa a cui partecipano comunità e associazioni di immigrati, rifugiati e organizzazioni di volontariato, rappresentanti ecumenici e parenti delle vittime. La veglia – che avrà per titolo “Morire di Speranza” - si terrà domani nella Basilica di Santa Maria Trastevere alle 18. In un comunicato diffuso questa mattina dalle organizzazioni promotrici dell’evento, si ricorda che dal 1990 almeno 17.597 persone sono morte nel viaggio lungo le frontiere dell’Europa. E si aggiunge: “Il cambiamento degli assetti geopolitici che sta interessando i Paesi del Nord Africa e in particolare il conflitto in Libia, hanno spinto molte persone ad intraprendere le pericolose traversate in mare. In questo contesto - riferisce l'agenzia Sir - sono allarmanti i dati dei primi 5 mesi del 2011: si registrano già 1.820 morti in tutto il Mediterraneo, di cui 1.633 in viaggio verso l’Italia. Il bilancio è, probabilmente, più tragico se si pensa a quanti si trovavano a bordo di imbarcazioni delle quali non si è avuta più notizia e che non sono mai riuscite a raggiungere le nostre coste”. Due le rotte principali da cui si sono originati i flussi di migranti via mare dall’inizio del 2011: la Tunisia e la Libia. Secondo i dati Fortress Europe, 187 persone sono annegate sulla rotta tunisina, mentre, la rotta libica è quella che desta maggiore preoccupazione e che ha fatto registrare, nel periodo considerato, la morte in mare di 1633 migranti sub sahariani. “Di fronte a questi dati – si legge nel comunicato diffuso oggi dalle associazioni - non si può rimanere in silenzio. Si tratta di uomini, donne e bambini in fuga da situazioni di conflitto, di gravi violazioni dei diritti umani e di persecuzioni”. La preghiera “Morire di Speranza” è nata “pensando a ciascuno di loro. Anche una sola di queste vite perse in mare in un viaggio di dolore e disperazione è una sconfitta per tutti che non può e non deve lasciare indifferenti. Queste morti sono un richiamo alla responsabilità, per guardare alla realtà della migrazione mettendo sempre in primo piano la vita di ognuno e il pieno rispetto dei diritti umani”. Le organizzazioni promotrici della veglia di domani fanno “appello alla comunità internazionale e alle istituzioni affinché si proceda all’apertura urgente di canali umanitari e si garantisca il trasferimento delle persone verso luoghi sicuri. Solo uno sforzo congiunto in questo senso può permettere alle persone in fuga di non rischiare la propria vita in mare”. (R.P.)
Messaggio dei vescovi italiani per la Giornata per la salvaguardia del Creato
◊ Una “occasione di un’ulteriore immersione nella storia, per ritrovare le radici della solidarietà, partendo da Dio, che creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, con il mandato di fare della terra un giardino accogliente, che rispecchi il cielo e prolunghi l’opera della creazione”: con queste parole la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, e la Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, presentano congiuntamente il Messaggio per la 6ª Giornata per la salvaguardia del creato, che verrà celebrata il 1° settembre. I vescovi italiani - riporta l'agenzia Sir - propongono ai fedeli di riflettere sul tema “In una terra ospitale, educhiamo all’accoglienza”, unendo due concetti: la tutela dell’ambiente e la solidarietà umana. “Accogliendo l’intero creato come dono gratuito di Dio e agendo in esso nello stile della gratuità – afferma il messaggio - l’uomo diviene egli stesso autentico spazio di ospitalità: finalmente idoneo e capace di accogliere ogni altro essere umano come un fratello, perché l’amore di Dio effuso dallo Spirito nel suo cuore lo rende capace di amore e di perdono, di rinuncia a se stesso, “di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace”. Dopo aver posto l’accento sull’accoglienza della vita, a partire da quella nascente, il messaggio dei vescovi sottolinea che, di fronte ai tanti migranti dei nostri giorni, “l’ospitalità diventa... la misura concreta dello sviluppo umano”. Un altro aspetto che viene affrontato è quello dei “rifugiati ambientali”, mossi da fattori quali “la variazione repentina e non sempre prevedibile delle sua fasce” che “rischia di intaccare l’abitabilità di intere aree del pianeta e di incrementare, di conseguenza, i flussi migratori”. Viene fornito anche un dato: “Per quanto sia possibile prevedere, non si è lontani dal vero immaginando che entro la metà di questo secolo il numero dei profughi ambientali potrà raggiungere i duecento milioni”. Infine, i vescovi esortano ad “educare all’accoglienza”, sulla scorta dell’impegno più complessivo che la Cei ha indicato ai credenti italiani di un decennio orientato all’educazione. “Educare all’accoglienza” significa – per i vescovi – “coltivare un atteggiamento di gratitudine a Dio per il dono del creato”, in secondo luogo significa “vivere personalmente la responsabilità di rendere sempre più bella la creazione” e quindi, come terzo atteggiamento di fondo, “divenire testimoni autentici di gratuità e di servizio nei confronti di ogni persona umana”. (R.P.)
Dal cardinale vicario Vallini l’invito a ripartire dal Vangelo per "trafiggere il cuore dell’uomo"
◊ “Ripartendo dal Vangelo, dobbiamo imparare nuovamente a ‘trafiggere’ il cuore dell’uomo”. Così il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, nella sua relazione – riferisce l’agenzia Sir - al Convegno ecclesiale sul tema “Si sentirono trafiggere il cuore. La gioia di generare alla fede nella Chiesa di Roma”, in corso fino a domani. “Iniziamo la verifica sull’iniziazione cristiana”, ha spiegato il cardinale vicario parlando ieri sera nella basilica di San Giovanni in Laterano, che “con gli apporti delle parrocchie, delle cappellanie e il Convegno del 2012, ci permetterà di formulare gli orientamenti pastorali da realizzare successivamente”. “L’iniziazione cristiana – ha aggiunto - è un ambito pastorale fondamentale” e, di fronte al “clima culturale che sembra invadere le menti e i cuori di tante persone” e agli “stili di vita che si vanno imponendo, soprattutto tra le nuove generazioni”, la pastorale “è chiamata ad un ‘aggiornamento’” in senso “più marcatamente missionario”. Richiamando il “legame tra fede e vita” evidente nel Battesimo, nell’Eucaristia e nella Confermazione, il cardinale Vallimi ha affermato che “itinerari poco incisivi e scarsamente formativi” rendono l’iniziazione cristiana “ininfluente per la vita quotidiana”, mentre “se è vissuta come un cammino di luce non manca di far ricadere i suoi benefici effetti sulla vita presente e futura delle nuove generazioni, esaltandone il valore educativo”. Per il porporato l’iniziazione cristiana “non può esaurirsi nelle lezioni di catechismo che preparano ai sacramenti”; è piuttosto “un cammino spirituale”, un “itinerario progressivo e di crescita” scandito da tre “componenti parimenti essenziali: l’ascolto della Parola, la celebrazione dei divini misteri e la testimonianza dell’amore-carità di discepoli del Signore”. Di qui il monito: “Dobbiamo imparare nuovamente a ‘trafiggere’ il cuore dell’uomo, mostrando” come “la Parola di Dio sia l’unica forza capace” di illuminarne le attese più profonde, e ciò si fa “spiegando la Parola, rivelandone la bellezza, la plausibilità, la necessità per la vita”. Nell’incontro con Cristo sono centrali anche “il sacramento” e la “testimonianza credibile” attraverso la quale la comunità parrocchiale “può diventare grembo di iniziazione e polo di attrazione”. “L’azione della Chiesa madre - ha tuttavia spiegato il cardinale Vallini - si esplica attraverso varie mediazioni”. Prima, “fondamentale e insostituibile”, quella “della famiglia”. Importanti anche le figure del catechista e del sacerdote, e dei diversi “momenti di vita ecclesiale”. Tra gli ambiti di valutazione del cammino percorso e di riflessione per il futuro indicati dal cardinale vicario, “l’iniziazione cristiana degli adulti”, gli itinerari da offrire ai battezzati che “si riavvicinano” alla Chiesa, gli itinerari per il Battesimo dei bambini e quelli specifici per i fanciulli e i ragazzi. (R.G.)
Rapporto Croce Rossa Italiana: assistiti nel 2010 oltre 340 mila indigenti
◊ 340.499 gli indigenti assistiti con alimenti e viveri dalla Croce Rossa Italiana, lo scorso anno, sull’intero territorio della penisola. E’ quanto emerge dal rapporto annuale della CRI, presentato stamane nel Palazzo Chigi a Roma. A beneficiare degli interventi di aiuto - realizzati in collaborazione con l'Agenzia governativa per le Erogazioni in agricoltura – sono stati persone senza tetto o senza fissa dimora, immigrati e poveri temporanei per l’acuirsi della crisi economica. La Cri ha anche realizzato 1.243 interventi di carattere sociale e sanitario, oltre che 1.011 interventi di protezione civile. Fra le attività che hanno richiesto nel 2010 maggiore impegno è stata l’assistenza alle migliaia di persone che vivono per la strada, attraverso 500 volontari operativi in 20 città. A commentare il rapporto con la stampa è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, che ha invitato i giornalisti a divulgarlo in tutte le Tv e inviarlo anche alla Rai, come una “buona risposta” al programma Report, che lo scorso dicembre ha trasmesso una documentata critica inchiesta sulla gestione della Croce Rossa, ente pubblico fortemente indebitato, di cui ha denunciato sprechi, clientele, dispersione del patrimonio immobiliare, confusione nell’utilizzo delle donazioni dei cittadini e la mancata presentazione del bilancio alla Corte di Conti dal 2004. La Croce Rossa - ha ribattuto Letta – “è nel cuore di ogni italiano”, annunciando che si sta pensando “a qualche intervento sulla struttura stessa della Croce Rosa per adeguarla ai tempi e alle regole delle organizzazioni internazionali”. (A cura di Roberta Gisotti)
Polonia: oltre 2 mila bambini al Congresso dell’Infanzia missionaria di Czestochowa
◊ “Non abbiate paura di diventare santi”: questa espressione del Beato Giovanni Paolo II è stata il tema del secondo Congresso dell’Infanzia Missionaria dell’arcidiocesi di Czestochowa, che si è svolto ieri presso il santuario della Madonna del Santo Rosario, a Myszków Mrzyglód, al quale hanno partecipato oltre 2 mila bambini e ragazzi dei diversi gruppi di giovani e di bambini missionari che fanno riferimento all’Infanzia Missionaria. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, al Congresso erano presenti tutti i responsabili delle Pontificie Opere Missionarie dell’arcidiocesi, insieme al direttore diocesano, don Jacek Gancarek, e a don Bogdan Michalski, segretario nazionale della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede e della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo. La Santa Messa di ringraziamento per la beatificazione di Giovanni Paolo II è stata presieduta da mons. Stanislaw Nowak, arcivescovo di Czestochowa. Hanno concelebrato alcuni sacerdoti missionari in Ecuador, Camerun, Oceania, Papua Nuova Guinea. La liturgia è stata animata dal gruppo musicale “Promyczki dobra” (“I raggi della bontà”). Durante l’omelia mons. Nowak ha sottolineato che “i missionari svolgono un ruolo importante per l’annunzio del Vangelo, e tante volte offrono anche la loro vita per il Vangelo di Cristo”. L’arcivescovo ha chiesto quindi ai bambini di pregare sempre per i missionari, perché “con la vostra preghiera anche voi diventate in qualche senso piccoli missionari”. Durante il Congresso è stata presentata la catechesi missionaria sul tema “Con Giovanni Paolo II impariamo a diventare santi”, ed è stata aperta la mostra dedicata alle missioni della Chiesa. Il primo Congresso dell’Infanzia Missionaria dell’arcidiocesi di Czestochowa si era svolto nel 1999. (R.P.)
Padre Carlos Cabecinhas prende possesso dell’incarico di rettore del Santuario di Fatima
◊ Nuovo rettore per il Santuario di Fatima: padre Carlos Cabecinhas ha preso possesso del nuovo incarico - riferisce l'agenzia Zenit - sabato scorso, succedendo a mons. Virgílio Antunes, nominato vescovo di Coimbra. Parole di riconoscenza al rettore uscente - che sarà ordinato il prossimo 3 luglio nello stesso Santuario – è stato mons. António Marto, vescovo di Leiria-Fatima, sottolineando “lo zelo, l'amore, la dedizione e l'intelligenza” che mons. Antunes “ha posto nel suo servizio in stretta e leale collaborazione” con il vescovado. “Un saluto molto speciale” al suo predecessore ha rivolto anche padre Cabecinhas, osservando che “l'azione feconda” svolta da mons. Antunes “lascia aperti importanti orizzonti per il cammino che il Santuario deve seguire per mantenersi fedele alla sua missione”. Quindi domenica scorsa, nell'Eucaristia internazionale, padre Cabecinhas ha riflettuto sulla situazione di crisi che il Portogallo sta attraversando ed ha ricordato che la vera testimonianza cristiana passa per l'attenzione ai più bisognosi, invitando tutti anche oggi, come al tempo dei primi discepoli, “a testimoniare la propria fede in Cristo Risorto. La più importante e credibile testimonianza cristiana” – ha aggiunto - è quella “dell'amore e della carità, di mettere al servizio degli altri i nostri doni e le nostre capacità”, in particolare “nella situazione attuale di crisi, in cui le persone devono affrontare situazioni molto difficili”. Per questo, nella prima celebrazione eucaristica che ha presieduto come rettore del Santuario di Fatima, padre Cabecinhas ha lanciato un appello a compiere gesti concreti “per cercare il bene comune, per costruire un mondo più umano e più cristiano”. (R.G.)
Algeria: all'assemblea diocesana di Laghouat-Ghardaïa il dialogo cristiano-islamico
◊ Ospitalità e compassione: su questi temi si è sviluppata l’assemblea degli operatori pastorali della diocesi di Laghouat-Ghardaïa, in Algeria, che si è svolta nelle scorse settimane a Ghardaïa e alla quale hanno preso parte una settantina di persone. Un tempo per rafforzare i legami di comunione tra quanti condividono la stessa fede in una immensa diocesi dalle grandi distanze, che talvolta provano, ha definito l’incontro il vescovo mons. Claude Rault. Nel corso dell’assemblea, si legge sul bollettino del mese di giugno della diocesi, si è discusso della realtà che sta vivendo l’Algeria e del contesto geopolitico nel quale il Paese si trova inserito dall’inizio dell’anno. Di ospitalità si è parlato sia riguardo ai numerosi studenti che giungono dalle nazioni subsahariane sia riguardo all’islam. Su quest’ultimo argomento i partecipanti all’incontro si sono confrontati su alcune sure del Corano che esortano alla generosità e all’altruismo, quindi sono stati ricordati i versetti della Bibbia che si riferiscono all’ospitalità. Circa la realtà della diocesi, mons. Rault ha ricordato che i suoi fedeli – un centinaio – vivono la sfida della comunione in una società che conta 4 milioni di musulmani e dinanzi alla quale si caratterizzano come una Chiesa di testimonianza, per la qualità dell’essere e dell’amore. È stato ribadito che la Chiesa di Laghouat-Ghardaïa vuole essere una Chiesa in dialogo con i musulmani, un luogo d’incontro tra culture, una Chiesa che vuole essere presente e vuole far emergere il proprio lavoro umano. A tal proposito sono stati approfondite le tematiche della contemplazione, della carità e della cultura. (T.C.)
Cina: un Centro di evangelizzazione nella cattedrale di Pechino, nell’Anno dei Laici
◊ Per rafforzare e coordinare meglio le attività di evangelizzazione rispondendo così alle esigenze suscitate dall’Anno dell’Evangelizzazione dei Laici promosso dalla diocesi, la cattedrale di Pechino dedicata al Santissimo Salvatore (la cosiddetta “Bei Tang”), ha dato vita ad un Centro dell’Evangelizzazione. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, questa nuova struttura di coordinamento dell’evangelizzazione comprende il gruppo di catechismo pre-battesimale, il gruppo di formazione post-battesimale, il coro giovanile, l’Associazione cattolica giovanile, il gruppo di condivisione della Sacra Scrittura dei giovani. Tutti si ritrovano la domenica pomeriggio o il sabato sera, secondo le esigenze lavorative dei membri. Inoltre ogni componente del Centro ha il suo sito o il suo blog, per ampliare la comunicazione e per unire soprattutto i giovani, usando il loro linguaggio. Il gruppo di condivisione della Sacra Scrittura dei giovani, fondato nell’aprile 2002, riscuote grande successo nell’evangelizzazione giovanile. Oggi è uno dei gruppi maggiormente impegnati dei giovani parrocchiani della cattedrale, “perché ci sia un maggior numero di persone che conosca la Parola di Dio, perché si promuova la crescita spirituale dei giovani cattolici, perché il Vangelo sia più vicino alla vita della gente e la vita della gente sia sempre più evangelizzata, cosìcché tutti siano servitori fedeli del Signore”. (R.P.)
Aumentano i profughi dalla Siria dove la tensione è altissima
◊ In Siria, dopo l’offensiva con cui le forze governative hanno represso nuove rivolte nel nord ovest del Paese, le autorità invitano i profughi a rientrare nelle loro case. Intanto, la tensione nel Paese è altissima e all’Onu si studia una risoluzione. Il servizio è di Davide Maggiore:
I cittadini delle località vicine al confine turco interessate dalle rivolte degli ultimi giorni possono tornare alle loro case, perché dopo “l’ingresso dell’esercito” la situazione è “tornata alla normalità”, riferisce l’agenzia ufficiale siriana. Alcuni militari hanno anche accusato i ribelli, definiti “terroristi”, di aver utilizzato “bambini come scudi umani”. Secondo attivisti e testimoni oculari, invece, l’esercito e le forze di sicurezza di Damasco avrebbero sparato sui civili disarmati, usando anche carri armati ed elicotteri da combattimento. In queste ore l’offensiva dell’esercito siriano si sta spostando più a ovest, verso la località di Maarrat an-Numan, da dove sono in fuga migliaia di persone, che si aggiungono agli oltre 8.400 profughi già censiti dal governo turco. Intanto, a Damasco, si sta svolgendo una manifestazione filo-governativa, promossa in Rete, che secondo i media locali dovrebbe portare in strada un milione di persone. Sul fronte diplomatico, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha risposto duramente al governo iraniano che aveva definito “gravi” le possibili conseguenze di un intervento esterno, con riferimento agli Stati Uniti. “L’Iran – ha ribattuto la Clinton – appoggia gli attacchi brutali del regime di Assad contro i suoi stessi cittadini”.
Libia: ancora raid Nato, mentre i ribelli assediano Kikla e premono verso Zlitan
Nuovi raid Nato nella tarda serata di ieri hanno colpito Tripoli, con il governo del rais che accusa l'Alleanza di aver colpito obiettivi civili, mentre i ribelli avanzano verso ovest stringendo sempre di più la capitale libica nella morsa. Intanto, i ribelli assediano Kikla, 150 km a sudovest della capitale libica, e premono sulla periferia di Zlitan, lungo la strada costiera che porta da Misurata a Tripoli. Le forze ribelli affermano di aver ricevuto "istruzioni dalla Nato" di arretrare dalle proprie posizioni in attesa dei raid dell'Alleanza. La Nato ha sganciato centinaia di volantini sulla zona invitando i soldati fedeli a Gheddafi ad abbandonare le proprie postazioni. Intanto, la portavoce della Nato, Oana Lungescu, assicura che le forze dell'Alleanza sono dotate dei “mezzi necessari per svolgere la missione in Libia”. Ha voluto così rispondere alle dichiarazioni rese dal segretario alla Difesa statunitense, Robert Gates, su una presunta mancanza di investimenti militari capace di minare l'efficacia della missione in Libia. Ribadendo le dichiarazioni rese la scorsa settimana dal segretario generale della Nato Rasmussen, Lungescu ha concluso dicendo che “c'è fiducia nel successo dell'Alleanza”.
In Yemen, il presidente rassicura sulle sue condizioni di salute
Ieri, nello stesso giorno in cui il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh ha rassicurato sulle sue condizioni di salute, la stampa americana ha parlato di possibili nuovi attacchi di droni contro i militanti di al Qaeda nel Paese. Il capo dello Stato, ancora ricoverato in Arabia Saudita dopo l’attacco al suo palazzo del 3 giugno scorso, ha dichiarato all’agenzia ufficiale Saba di stare bene e che il suo stato di salute è “in costante miglioramento”. Intanto un programma di attacchi di aerei senza pilota contro i militanti qaedisti sta per essere messo a punto dalla Cia. Lo scrive il "Wall Street Journal" sul suo sito. Nel Paese asiatico sarebbero stati progettati, secondo i servizi di intelligence, molti degli ultimi tentativi di attentati sul territorio americano. Qui vive anche Anwar al-Awlaki considerato una delle figure chiave del nuovo organigramma di al Qaeda.
Circa 100 morti in Sud Sudan nell’ultima settimana
Il presidente statunitense Barack Obama ha lanciato un appello perché cessino le violenze in Sudan e ha chiesto alle parti rivali di fermare le ostilià che mettono a rischio il processo di pace nel Paese. Nell'ultima settimana in Sud Sudan si sono registrati quasi 100 morti per gli scontri e le sortite dei ribelli. Il 9 luglio prossimo sarà proclamata ufficialmente la nascita del nuovo Stato del Sud Sudan, ma in vista della secessione le tensioni si sono acuite, in particolare nell’area di Abyei, regione fertile e ricca di acqua e petrolio contesa dalle due parti, e in altre zone per altre questioni non risolte. Karthoum ha preso il controllo di Abyei, inviando carri armati e truppe, lo scorso 21 maggio, causando la fuga di decine di migliaia di civili. L’Unione africana ha fatto sapere ieri che sarebbe stato raggiunto un accordo per la regione di Abyei.
Accordo sull’unità dei palestinesi: prossimo governo con Al Fatah e Hamas
I palestinesi si avviano alla formazione di un unico governo formato da componenti di Al Fatah e di Hamas. L’accordo è stato raggiunto dai negoziatori riunitisi, ieri, al Cairo in Egitto. Il 21 giugno prossimo dunque il presidente palestinese Mahmud Abbas incontrerà Khaled Meshaal, leader di Hamas, per definire la formazione del nuovo governo di unità nazionale. A Maria Grazia Enardu, docente di relazioni internazionali ed esperta di Medio Oriente, Stefano Leszczynski ha chiesto quali siano gli ultimi ostacoli da superare per arrivare ad un governo palestinese unitario:
R. – Il difficile è trovare il nome del primo ministro perché sull’intesa di massima sono tutti d’accordo compresi gli egiziani che hanno veramente appoggiato questa iniziativa. Il problema è che Hamas non vuole la conferma del primo ministro Salam Fayad che considera troppo vicini agli occidentali, anche se Fayad ha dato ottima prova di sé e dagli occidentali è ritenuto garante degli aiuti che arrivano ai palestinesi. Bisognerà vedere se in questo confronto Hamas cederà, oppure se si troverà per Fayad un ruolo presente o futuro che possa soddisfare tutte le esigenze.
D. - Il governo unico palestinese deve servire ad avere un’unica faccia con cui parlare a livello internazionale o è incentrato sulla possibilità di rilanciare i negoziati con Israele?
R. - Presentarsi sul fronte esterno internazionale come una sola voce è determinante su tutto: sia sui negoziati - se si riavviano - con Israele che non potrà più sfruttare, come ha sempre fatto, le divisioni tra i palestinesi, sia in campo internazionale dove c’è l’importantissimo appuntamento di settembre all’Onu. Comunque vada all’Onu, se i palestinesi si presentano come una sola voce saranno considerati più credibili in qualunque sede per qualunque futuro sviluppo. Nel frattempo un unico governo riuscirà ad amministrare in modo organico quelle due entità totalmente separate e totalmente diverse che sono nel frattempo diventate il West Bank e Gaza.
D. – In un unico governo anche la figura di Hamas dovrà cambiare?
R. – Hamas è considerata da tempo un’organizzazione terroristica dimenticando che è un’organizzazione politica che ha anche praticato il terrorismo, cosa che si può dire di molti partiti al governo in giro per il mondo. Quindi, in questa fase può riacquistare una veste puramente politica. Avrà semmai la difficoltà di tenere sotto controllo le altre fazioni estremiste, come la jihad islamica, però di solito si dimostra "attenta curatrice" del territorio che controlla.
D. – Di fronte a questo processo abbiamo l’impressione di un premier israeliano che invece si "chiude a riccio" …
R. – Perché sia chiaro che in Israele vi sono molte voci che vogliono l’avvio di un vero negoziato di pace ma purtroppo Netanyahu è il primo ministro di una coalizione di destra, di estrema destra, che andrà letteralmente in pezzi al primo segno di cedimento. Lui questo lo sa, difende anche il suo ruolo, e questo rischia di sacrificare le istanze generali di un Paese che tutto sommato vorrebbe anche un’altra soluzione.(bf)
3 anni fa in Kosovo, il voto per la Costituzione dopo l’indipendenza
Il Kosovo celebra oggi il terzo anniversario della nuova Costituzione. La legge fondamentale venne varata quattro mesi dopo la dichiarazione di indipendenza dalla Serbia, giunta dopo un doloroso conflitto con Belgrado, a cui seguirono diversi anni di amministrazione Onu. Ma come è il Kosovo di oggi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a don Lush Gjergji, vicario generale della diocesi di Pristina:
R. - Sicuramente sono stati compiuti progressi, ma i problemi ci sono e ci sono soprattutto con il nord del Kosovo, che non è ancora completamente integrato. Il Kosovo ha il riconoscimento di 75 Stati e speriamo di poter arrivare ai 101 per poter così accedere direttamente alle Nazioni Unite.
D. - I rapporti con la Serbia, come sono oggi?
R. - I rapporti stanno sicuramente migliorando e questo soprattutto con la popolazione serba. Il problema di fondo che abbiamo con la Serbia è che non riconosce i confini del Kosovo: quindi con i documenti del Kosovo non possiamo andare in Serbia o attraversare la Serbia per andare in altri Paesi. La stessa cosa vale anche per la Bosnia, proprio perché non riconoscendoci non abbiamo possibilità di avere scambio di diverso genere.
D. - Qual è la situazione sociale oggi in Kosovo?
R. - La situazione sociale è abbastanza pesante, come purtroppo in tutta la zona balcanica: manca il lavoro, ci sono diverse famiglie che sono state colpite dalla guerra e quindi abbiamo vedove, bambini e orfani. Questi sono i problemi più grandi sia del Kosovo, sia dell’area balcanica.
D. - C’è un desiderio di avvicinarsi, in tempi più o meno lunghi, all’Europa?
R. - Il nostro desiderio e il desiderio di altri Stati Balcani è quello di una “casa comune”, è quello dell’Europa. Stiamo cercando di fare tutto il possibile - a livello di Costituzione e di legislazione - per riuscire ad essere in regola con la realtà della Comunità Europea. Io sono contento e grato al Signore che la mia nazione sia riuscita a superare, almeno in parte, quelle che erano le difficoltà dovute alla guerra, all’odio e alla vendetta… Adesso, però, c’è il desiderio di vivere insieme con gli altri, anche con la stessa Serbia, ma in un ambito molto più largo, che è proprio quello rappresentato dalla Comunità Europea. (mg)
Ad Atene, scontri tra manifestanti e polizia di fronte al Parlamento
Scontri davanti al Parlamento di Atene tra dimostranti e polizia: i manifestanti hanno lanciato sassi e yogurt contro gli agenti, che hanno risposto sparando lacrimogeni. In Grecia è in atto uno sciopero generale per chiedere il ritiro delle misure che il Parlamento dovrebbe approvare oggi. Per impedire fisicamente l’accesso dei deputati all’aula è stata organizzata una catena umana intorno all’edificio. Stamane, la Commissione europea fa sapere di ritenere che la Grecia riceverà a luglio la prossima tranche di aiuti nell'ambito del piano di sostegno finanziario varato dall'Ue circa un anno fa. Intanto, pesa la situazione di stallo fra i Paesi europei sul nuovo pacchetto di aiuti necessario ad Atene. Il premio di rendimento pagato dai titoli di Stato decennali greci rispetto al bund tedesco vola a 1.500 punti. Si tratta di un livello mai raggiunto dall'introduzione dell'euro nel 1999.
In Pakistan arrestati presunti collaboratori della Cia
I servizi segreti del Pakistan (Isi) hanno arrestato cinque collaboratori della Cia nel Paese. Come riferisce il "New York Times", gli arrestati avrebbero passato al servizio segreto statunitense informazioni nei mesi precedenti il blitz di Abbottabad in cui è rimasto ucciso Osama bin Laden. Secondo alcuni funzionari Usa la sorte degli informatori sarebbe stata anche al centro dei colloqui della settimana scorsa ad Islamabad tra i vertici dei servizi segreti pakistani e il capo della Cia, e segretario alla Difesa in pectore, Leon Panetta.
Tensioni tra Cina e Vietnam
Un decreto sulla leva in tempo di guerra è stato emesso ieri dalle autorità del Vietnam, in un periodo di forti tensioni con la Cina a causa di due arcipelaghi contesi. Nel provvedimento si specificano le otto categorie di cittadini esenti dalla leva obbligatoria e la sua entrata in vigore è fissata al 1 agosto prossimo. Nei giorni scorsi la marina vietnamita aveva sostenuto lunghe esercitazioni nel mar Cinese meridionale, ma il governo le aveva in seguito definite di routine, negando che fossero collegate alla disputa con Pechino sugli arcipelaghi delle Spratly e delle Paracel, isole potenzialmente ricche di petrolio e gas. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Davide Maggiore)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 166