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Sommario del 13/06/2011
◊ Benedetto XVI aprirà, stasera alle 19.30 nella Basilica di San Giovanni in Laterano, il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma, a conclusione dell’Anno pastorale. Il tema di quest’anno, dedicato all'iniziazione cristiana, è tratto da un passo degli Atti degli Apostoli: “Si sentirono trafiggere il cuore. La gioia di generare alla fede nella Chiesa di Roma”. Si tratta del settimo Convegno diocesano per Joseph Ratzinger da quando è stato eletto alla Cattedra di Pietro. Nel servizio di Alessandro Gisotti, riascoltiamo alcuni passaggi degli interventi del Papa nei precedenti Convegni diocesani:
Testimoniare la gioia della fede in ogni ambito della vita: si può riassumere così, in estrema sintesi, il mandato che Benedetto XVI ha consegnato alla sua diocesi in questi anni. Nel suo primo discorso ad un Convegno ecclesiale diocesano, ad un mese e mezzo dall’elezione al Soglio di Pietro, il Papa si è soffermato in particolare sulla trasmissione della fede nella famiglia, prima comunità cristiana. Ed ha legato l’annuncio della fede nelle famiglie alla difesa, senza condizioni, della vita:
“Nell’uomo e nella donna la paternità e la maternità, come il corpo e come l’amore, non si lasciano circoscrivere nel biologico: la vita viene data interamente solo quando con la nascita vengono dati anche l’amore e il senso che rendono possibile dire sì a questa vita”. (Discorso al Convegno ecclesiale diocesano, 6 giugno 2005)
L’anno dopo, il Papa volge lo sguardo ai giovani, alla sfida fondamentale dell’educazione auspicando che le nuove generazioni possano fare esperienza della Chiesa come di una compagnia di amici. Proprio ai ragazzi si rivolge direttamente, sottolineando che la fede e l’etica cristiana “non vogliono soffocare ma rendere sano e davvero libero l’amore”:
“Specialmente gli adolescenti e i giovani, che avvertono prepotente dentro di sé il richiamo dell’amore, hanno bisogno di essere liberati dal pregiudizio diffuso che il cristianesimo, con i suoi comandamenti e i suoi divieti, ponga troppi ostacoli alla gioia dell’amore, in particolare impedisca di gustare pienamente quella felicità che l’uomo e la donna trovano nel loro reciproco amore”. (Discorso al Convegno ecclesiale diocesano, 5 giugno 2006)
In tale occasione, inoltre, il Papa esorta i sacerdoti a “promuovere una vera e propria pastorale dell’intelligenza”, prendendo sul serio le domande dei giovani. E sull’importanza dell’educazione cristiana, torna a riflettere aprendo il Convegno diocesano del 2007. Di fronte al diffondersi del relativismo e del consumismo, avverte, serve un’autentica formazione cristiana:
“In concreto, questo accompagnamento deve far toccare con mano che la nostra fede non è qualcosa del passato, che essa può essere vissuta oggi e che vivendola troviamo realmente il nostro bene. Così i ragazzi e i giovani possono essere aiutati a liberarsi da pregiudizi diffusi e possono rendersi conto che il modo di vivere cristiano è realizzabile e ragionevole, anzi, di gran lunga il più ragionevole”. (Discorso al Convegno ecclesiale diocesano, 11 giugno 2007)
Di appartenenza ecclesiale, spirito missionario e della preghiera il Papa parla nei due successivi Convegni ecclesiali della diocesi di Roma. Quindi, l’anno scorso si sofferma sul binomio Eucaristia e Carità. Dal Pontefice si leva la vibrante esortazione a mettere l’Eucaristia al centro della vita delle comunità cristiane. E ribadisce che la Messa va preparata e celebrata con intensa partecipazione interiore:
“Esorto tutti a curare al meglio, anche attraverso appositi gruppi liturgici, la preparazione e la celebrazione dell’Eucaristia, perché quanti vi partecipano possano incontrare il Signore”. (Discorso al Convegno ecclesiale diocesano, 15 giugno 2010)
Nutrendoci di Lui, prosegue il Papa, siamo liberati dai vincoli dell’individualismo, e diventiamo una cosa sola. Solo così, soggiunge, possiamo seguire la logica del dono e trasformare il mondo intorno a noi:
“La carità è in grado di generare un cambiamento autentico e permanente della società, agendo nei cuori e nelle menti degli uomini, e quando è vissuta nella verità è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”. (Discorso al Convegno ecclesiale diocesano, 15 giugno 2010)
Fino al 16 giugno, dunque, le parrocchie della diocesi romana rifletteranno insieme sull’iniziazione cristiana, tema del Convegno. Già stasera, mons. Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico e del servizio per il catecumenato, illustrerà, dopo il discorso del Papa, la sintesi dei questionari che, sul tema, sono stati invitati a rispondere tutti i parroci. E’ il terzo anno dell’itinerario di verifica pastorale pensato per coinvolgere di più i fedeli nella vita della diocesi. Tiziana Campisi ha chiesto a mons. Lonardo di spiegarne i contenuti:
R. - La tappa specifica della verifica di quest’anno è sull’iniziazione cristiana e quindi sulla capacità che la Chiesa ha di generare alla fede, di far nascere nuovi figli, di accompagnare le persone a credere. E’ straordinario il fatto che possiamo trovarci tutti quanti insieme con il Santo Padre e la sua parola sarà proprio la prima realtà importante: sarà proprio lui ad illuminarci sul tema di questo straordinario versetto degli Atti degli Apostoli “Si sentirono trafiggere il cuore” e per cercare di comprendere cosa voglia dirci in questa direzione, per trovare questa forza dell’annunzio del Vangelo, questa gioia di comunicare il Vangelo in questo mondo.
D. - Quali dati ci può fornire a proposito della catechesi nella diocesi di Roma?
R. - Direi che un dato, che si può sicuramente anticipare, è la grande richiesta di un maggior legame con la famiglia, con il mondo degli adulti. E’ un dato estremamente significativo, che aiuta a capire come la catechesi si apre dal semplice rapporto con una fascia di età, quella dei bambini e dei ragazzi, e si sposta ad una attenzione ai genitori, agli adulti, ai giovani, a coloro che hanno la responsabilità di annunciare la fede.
D. - Chi è oggi il catechista?
R. - La maggior parte dei nostri catechisti sono donne, circa tre quarti; sono in crescendo le coppie: marito e moglie che, insieme, diventano catechisti. Evidentemente c’è proprio l’esigenza che i bambini abbiano due figure - la figura maschile e femminile insieme - che con il loro amore testimoniano una presenza grande. Un quarto dei catechisti è formato da giovani: il 26 per cento. Io penso - ma questo esattamente nessuno lo sa - che a Roma i catechisti siano più di 8 mila: ma proprio perché il loro lavoro è gratuito, è - come dire - discreto, nessuno sa esattamente quanti sono, perché non c’è un registro dei catechisti. E’ chiaro che senza di loro la catechesi sarebbe impossibile: è un tesoro enorme che la Chiesa ha ed è anche un servizio faticosissimo. Credo che si è convinti che il bambino, il giovane e l’adulto oggi abbiano veramente bisogno, come dell’acqua viva, della presenza di Dio nel loro cuore, allora la fede è il tesoro grande che a lui manca per essere pienamente uomo. Questa è - secondo me - la chiave di volta di tutta quanta la trasmissione della fede ed anche dell’iniziazione cristiana. (mg)
Riunione dei capi dicastero della Curia Romana
◊ Questa mattina, nella Sala Bologna del Palazzo Apostolico Vaticano, Benedetto XVI ha presieduto una riunione dei capi dicastero della Curia Romana.
◊ Benedetto XVI, in data 11 giugno 2011, ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kayes (Mali), presentata da mons. Joseph Dao, per raggiunti limiti di età.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Hiroshima (Giappone), presentata da mons. Joseph Atsumi Misue, per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev. Thomas Aquino Manyo Maeda, segretario generale della Conferenza episcopale. Il rev. Thomas Aquino Manyo Maeda è nato il 3 marzo 1949 a Tsuwasaki, Kami Goto, prefettura di Nagasaki, nell’omonima arcidiocesi. Terminati gli studi nel Liceo Nanzan di Nagasaki, è entrato nel Seminario maggiore San Sulpizio di Fukuoka. È stato ordinato sacerdote il 19 marzo 1975 ed incardinato nella diocesi di Nagasaki. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: vicario parrocchiale, parroco, editore del Bollettino diocesano e incaricato della Commissione diocesana per le Comunicazioni sociali, vicario foraneo. Dal 2006 è segretario della Conferenza episcopale giapponese.
Il Santo Padre ha nominato vescovi ausiliari dell’arcidiocesi di Chicago il rev. Andrew Peter Wypych, del clero della medesima arcidiocesi, parroco della Saint Francis Borgia Parish, assegnandogli la sede titolare vescovile di Naraggara; il rev. Andrew Peter Wypych, del clero della medesima arcidiocesi, parroco della Saint Francis Borgia Parish, assegnandogli la sede titolare vescovile di Naraggara; il rev. Alberto Rojas, del clero della medesima arcidiocesi, parroco della Good Sheperd Parish, assegnandogli la sede titolare vescovile di Marazane; il rev. Alberto Rojas, del clero della medesima arcidiocesi, parroco della Good Sheperd Parish, assegnandogli la sede titolare vescovile di Marazane.
Beatificato Alois Andritzki, sacerdote tedesco martire nel lager di Dachau
◊ Si è svolta oggi a Dresda, in Germania, la Messa di Beatificazione di Alois Andritzki, sacerdote diocesano, martire nel lager di Dachau: presente, a nome del Papa, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Sergio Centofanti.
Alois Andritzki è stato uno dei tanti sacerdoti morti nel campo di concentramento di Dachau: tra il 1933 e il 1945 furono imprigionati in questo lager circa 2.700 religiosi cattolici: più di mille persero la vita. Alois nasce a Radibor, in Sassonia, nel 1914, appartiene alla piccola minoranza slava dei sorabi. Nel buio del regime nazista decide, insieme con un fratello, di farsi sacerdote cattolico. Viene ordinato a 25 anni: un mese dopo le truppe di Hitler invadono la Polonia. Esplode la Prima Guerra Mondiale. Lavora nella pastorale giovanile in tempi difficili, la propaganda del regime imperversa: diventa direttore dei Pueri Cantores. I giovani lo ammirano per la sua coerenza, per la freschezza della fede, la forza della sua speranza: Cristo è la sua roccia.
E’ un prete che proclama senza paura il Vangelo: tanto che il regime nazista considera “malefica” la sua influenza sui giovani. Così a 27 anni viene deportato a Dachau. Nell’inferno del lager cerca di portare un po’ di serenità tra gli altri prigionieri: organizza incontri di preghiera e letture bibliche, ma anche giochi: fa l’acrobata, cammina sulle mani. Incoraggia tutti, aiuta i più deboli. Con un amico prete prende questo impegno: «Non ci lamenteremo mai. Non dimenticheremo neanche per un attimo il nostro sacerdozio». Si ammala di tifo: in fin di vita chiede di prendere la Comunione. Il carceriere risponde: “Vuoi Cristo? Riceverai un’iniezione letale”. Alois viene ucciso il 3 febbraio 1943: ha 28 anni. Il Papa ieri al Regina Caeli lo ha ricordato così:
“Lodiamo il Signore per questo eroico testimone della fede, che si aggiunge alla schiera di quanti hanno dato la vita nel nome di Cristo nei campi di concentramento. Vorrei affidare alla loro intercessione … la causa della pace nel mondo”.
Padre Stephan Delan, parroco di Radibor, così risponde a chi definisce il nuovo Beato un campione della Resistenza:
R. – Ein Widerstandskämpfer? Na gut und schön, aber das ist ein biβchen wenig, …
Un campione della Resistenza? Sì, ma è un po’ poco. Così non lo si comprende. Non è uno che sale armato sulle barricate, al contrario. Era una persona buona, buono e aperto nei riguardi di tutti, ma anche una persona critica, che ha analizzato a fondo quello che stava accadendo. La sua è una resistenza che nasce dalla fede, perché lui vedeva che quel regime dava un’immagine dell’uomo che non era quella giusta, e in quanto cristiano non poteva che rifiutarla!
Alois Andritzki, un anno prima della morte, così scrive dal lager al suo parroco di Radibor:
«Se il Signore apparentemente ha allontanato il suo volto da noi e veniamo per così dire schiacciati a terra, non lasciamoci smarrire nell’amore del nostro Padre Celeste. Se ora non possiamo essere i seminatori cerchiamo di essere almeno il seme, per portare abbondanza di frutti al tempo della raccolta».
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il dialogo deve sempre prevalere sulle armi: al Regina Caeli il Papa ricorda il beato Alois Andritzki e affida all’intercessione dei martiri la causa della pace nel mondo.
Con le bugie non si alimenta la speranza: in prima pagina, Augusto Pessina riguardo alla ricerca sugli embrioni umani.
Lo spazio da custodire come patrimonio dell’umanità: nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla cinquantaquattresima sessione del Copuos.
In cultura, un articolo di Eliana Versace dal titolo “Il catechismo risolve tutto”: novant’anni fa Achille Ratti il futuro Pio XI divenne arcivescovo di Milano.
Spunta un nuovo testimone sulla “fine” religiosa di Cavour.
Un articolo di Giulia Galeotti dal titolo “Da peso morto a strumento d’identità”: il giovane studioso Luca Baraldi spiega la nuova area della Rete Sicomoro dedicata ai beni culturali ecclesiastici.
Nell’informazione religiosa, la prefazione di Jiulian Carron, sacerdote presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, al libro “Ciò che abbiamo di più caro (1988-1989)”, che raccoglie lezioni e dialoghi di don Luigi Giussani con i responsabili degli universitari del movimento.
Papa Wojtyla in dialogo con i giovani: Javier Cotelo sulle origini del mosaico di Maria “Mater Ecclesiae” in Piazza San Pietro.
Siria: l'esercito riprende la città di Al Shughur ma aumentano le diserzioni
◊ In Siria, dopo 4 giorni di combattimenti, l’esercito ha ripreso il controllo di Jisr Al Shughur, città roccaforte degli insorti al confine con la Turchia. Fonti governative riferiscono che è stata trovata una fossa comune con i corpi di soldati e poliziotti. Secondo le autorità siriane, sono almeno 120 gli agenti delle forze di sicurezza rimasti uccisi negli scontri. Sull’altro versante, fonti dell’opposizione rendono noto che nei combattimenti a Jisr Al Shughur sono morti oltre 40 civili. Sui drammatici episodi avvenuti nelle ultime ore in questa città nel nord ovest del Paese, Amedeo Lomonaco ha intervistato Camille Eid, esperto di Paesi arabi del quotidiano “Avvenire”:
R. - Sono trapelate notizie attraverso i profughi che arrivano in Turchia, che parlano non certo di bande armate o di malavitosi - come affermato dal governo - ma di un gruppo di 200 abitanti della città che si erano costituiti in comitati locali. Qualcuno vede nella “resistenza” dei quattro giorni una specie di salto di qualità, nel senso che ci sono dei disertori dell’esercito ufficiale che hanno denunciato il comportamento dell’esercito nei confronti dei civili e quindi hanno preferito disertare. Sarebbero stati questi soldati ad opporre resistenza all’esercito regolare, ai loro ex compagni di armi. Lo stesso vale per la storia dei 120 soldati o carabinieri uccisi nella città di Jisr Al Shughur: alcuni dicono si sia trattato non tanto di un massacro ad opera dei ribelli contro degli elementi dell’esercito o delle forze dell’ordine, quanto di una faida interna all’esercito, ossia militari che hanno sparato contro altri militari che rifiutavano di eseguire gli ordini.
D. - La situazione è dunque drammatica. Secondo l’opposizione sono oltre 1.300 i civili che hanno perso la vita dall’inizio delle proteste ed inoltre sono oltre sei mila e 800 i profughi fuggiti dalla Siria verso la Turchia. Questi numeri, purtroppo, non bastano a fermare il regime…
R. - Purtroppo no. Abbiamo visto che il Consiglio di Sicurezza viene un po’ ostacolato nel suo lavoro da Russia e Cina, che si oppongono ad una risoluzione dura nei confronti della Siria, ma Damasco sta perdendo tutti i suoi amici, perché la stessa Turchia sta usando toni durissimi verso la Siria.
D. - Poi toccherà anche ad Europa e Stati Uniti alzare i toni?
R. - Damasco non sembra granché preoccupata perché vede che l’Europa e gli Stati Uniti sono indaffarati per la questione libica e adesso usano la mano dura proprio per questo motivo. Ma chiaramente le Ong premono sul Consiglio di Sicurezza e su altri organismi internazionali per avere una condanna della Siria riguardo questi comportamenti.
D. - E’ già ipotizzabile, oggi, in Siria, un post-Assad? C’è qualche forza politica in grado di poter prendere il potere?
R. - Una sola forza no. L’opposizione siriana è variegata: comprende la componente islamica dei fratelli musulmani, repressi negli anni Ottanta, ma anche dei liberali, dei laici, dei socialisti e addirittura degli ex baathisti che si sono costituiti in un nuovo Baath. L’opposizione, quindi, non è soltanto una ma stanno cercando di lavorare su un fronte comune, anche se siamo ben lontani dall’avere una comunione d’intenti che possa vederli coalizzati in un fronte unico. Fatto sta che la rivolta viene portata avanti non da questi partiti, che lavorano perlopiù all’estero - in Europa o in America - ma da componenti che sono sganciate da ogni formazione politica. C’è la gioventù, ci sono gli universitari ed i civili tout court ad opporsi all’attuale potere.
D. - Una componente importante è poi quella dei profughi, che con la loro presa di coscienza possono contribuire, dall'estero, ancora di più a informare e sensibilizzare…
R. - Esattamente. Purtroppo il numero dei profughi è destinato ad aumentare, per via della Turchia che ha chiuso, negli ultimi due giorni, le sue frontiere perché era in corso l’elezione del Parlamento. Vedremo, nei prossimi giorni, come il flusso migratorio continuerà e non solo verso la Turchia, ma anche verso il Libano e la Giordania. (vv)
Elezioni in Turchia: vince il partito di Erdogan
◊ Dai risultati delle elezioni in Turchia dovrebbe scaturire “un nuovo impulso ai negoziati di adesione” all’Unione Europea. E’ quanto auspicano, in una dichiarazione congiunta, il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ed il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, congratulandosi con il primo ministro Recep Tayyip Erdogan per il successo riportato ieri: il suo partito, l’Akp, ha infatti vinto le parlamentari, consegnando allo stesso Erdogan un terzo mandato consecutivo alla guida del Paese. “Un elettore su due ha votato per l’Akp”, ha detto Erdogan da Ankara. Eppure, non tutti gli obiettivi pre-elettorali sono stati raggiunti dallo schieramento del premier, che non ha ottenuto abbastanza seggi per varare riforme costituzionali senza concordarle con altri partiti. La riconferma del Partito islamico moderato per la Giustizia e lo Sviluppo giunge in un momento in cui in Turchia sono giunti oltre 5mila profughi dalla vicina Siria, in fuga dalle violenze a Jisr al Shugur. Sull’affermazione dell’Akp, Giada Aquilino ha intervistato Alberto Tetta, corrispondente da Istanbul dell’Osservatorio Balcani-Caucaso:
R. - L’Akp ha vinto le elezioni ma non è stato raggiunto l’obiettivo che Erdogan si era posto prima della consultazione, cioè quello di raggiungere i due terzi dei parlamentari. Anzi, si ferma sotto la soglia dei 330 parlamentari, avendone ottenuto solamente 326, il che lo costringe a doversi accordare con un altro partito anche per proporre modifiche costituzionali attraverso un referendum popolare. A questo punto l’Akp dovrà accordarsi con un altro partito. Potrebbe essere quello dei curdi. Più difficile un accordo con il movimento di opposizione, il Partito repubblicano del popolo, che hanno basato tutta la propria campagna su una opposizione dura a Erdogan. Difficile pure l’intesa con gli ultranazionalisti dell’Mhp, fortissimi oppositori di Erdogan, che lo hanno persino accusato di avere ordito un complotto a loro danno per fargli perdere voti.
D. – Puntando a una nuova Costituzione, Erdogan ha assicurato che rispetterà tutte le religioni, ma anche tutti gli stili di vita laici in Turchia. Come è possibile?
R. – Erdogan ora è costretto a cercare il più largo consenso possibile se vuole cambiare la Costituzione. Dopo che i risultati sono divenuti definitivi, ha parlato di una riforma costituzionale che deve essere condivisa, che deve essere inclusiva delle minoranze, in cui coinvolgere gli accademici turchi, in un percorso condiviso anche con le forze di opposizione.
D. – Ma quali modifiche vorrebbe apportare Erdogan alla Costituzione?
R. – Prima delle elezioni aveva proposto di istituire un sistema presidenziale in Turchia, chiaramente guardando alle elezioni del presidente della Repubblica del 2014, con una possibilità - per lui - di diventare capo dello Stato. Certo la riforma costituzionale è un’emergenza in Turchia, perché ricordiamo che la Costituzione che ora è in vigore, sebbene sia stata emendata l’11 settembre di quest’anno, è stata promulgata durante il colpo di Stato militare del 1980.
D. – Dai risultati delle elezioni in Turchia dovrebbe scaturire “un nuovo impulso ai negoziati di adesione” all’Unione europea, hanno auspicato il presidente della Commissione europea, Barroso, e il presidente del Consiglio UE, Van Rompuy. Che attese ci sono in Turchia?
R. - C’è da dire che l’Akp non ha messo l’adesione all’Unione europea al centro della sua campagna elettorale però è chiaro che Erdogan, che nel 2002 nel 2004 aveva portato la Turchia a dialogare con l’Europa e aveva iniziato il processo di adesione, con il suo partito, è quello che potrà continuare questo cammino.
D. – Nelle ultime ore in Turchia sono arrivati migliaia di profughi dalla Siria, perlopiù dalla cittadina di Jisr al-Shugur, epicentro della rivolta soffocata dalle autorità. Come la Turchia è pronta all’accoglienza?
R. – Nella provincia di Hatay, al confine con la Siria, sono già stati creati quattro campi profughi dalla Mezzaluna rossa turca. Ora però la Turchia ha chiesto alle Nazioni Unite di intervenire a sostegno dei profughi che vengono dalla Siria. Erdogan era stato uno dei principali sostenitori di Assad e negli ultimi anni i rapporti tra Siria e Turchia stavano andando molto bene grazie a ciò. Oggi il premier ha voltato le spalle completamente ad Assad. Inoltre, Erdogan ha dichiarato che la Turchia non potrà tollerare oltre questa situazione di emergenza al confine.
“Voglio vivere”: i medici cattolici chiedono politiche sanitarie per la vita
◊ “Voglio vivere”: è questo il titolo scelto per il convegno dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, Amci, che si è svolto ieri a livello regionale nelle Marche, nella città di Ascoli. Un titolo particolarmente significativo considerando che si è parlato di politiche sanitarie. Lo spiega, nell’intervista di Fausta Speranza, Stefano Ojetti, vice presidente dell’Amci:
R. – Oggi si parla sempre di chi vuol morire e non di chi vuol vivere. Basti pensare a tutto il dibattito politico che è in corso sulle disposizioni anticipate di trattamento. Mi è venuto in mente questo titolo, quando ho letto una frase di Mario Melazzini, che è il presidente della Associazione che si occupa di Sclerosi Laterale Amiotrofica, la malattia che portò a morte Giorgio Welby. Ebbene, lui dice: “Ho avuto la sfortuna di vivere troppo a lungo come normodotato, perché la malattia mi ha dato più consapevolezza dei miei mezzi e mi ha insegnato a vivere con più gioia”. Teniamo presente che Melazzini sta su una sedia a rotelle, è tracheotomizzato, e nonostante questo va in giro a sponsorizzare la vita. Ci siamo chiesti perché se oggi esiste un interessamento da parte dei media sul presunto desiderio che deve diventare diritto a morire, perché non avviene il contrario: cioè perché non si aiutano a vivere coloro che vogliono vivere. Ed ecco qui che è nato il dibattito alla presenza di politici ai quali abbiamo chiesto proprio di cercare di vedere quali siano in realtà le esigenze dei malati, che spesso magari sono costretti a fare una richiesta di eutanasia. Io credo, infatti, che la richiesta di eutanasia, dal punto di vista ideologico, sia proprio ridotta ad una percentuale minima. La gente – e questo lo dico come professionista chirurgo – vuole vivere, anzi ci sono richieste di accanimento terapeutico.
D. – E’ intervenuto anche mons. Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, e ha dedicato il suo intervento al Beato Giovanni Paolo II, ricordandolo come “il sofferente tra i sofferenti”. Che cosa resta ai medici di questo intervento?
R. – E’ stato un intervento molto toccante, perché, come tutti sappiamo, mons. Zimowski, essendo polacco, è stato molto vicino a Giovanni Paolo II. Lo conosceva molto bene e quindi ha portato una testimonianza diretta sul suo coraggio e sul messaggio che la sua attività pastorale ha lanciato in modo forte nei confronti dei deboli, dei malati, degli anziani. E’ stata messa in evidenza la grandezza di questo Papa, che ha voluto soprattutto testimoniare la sofferenza, perché non dimentichiamo che ha mostrato a tutti che la vita va vissuta con orgoglio anche quando si è sofferenti. E mons. Zimowski lo ha ricordato quando Giovanni Paolo II, aggrappato alla croce, sofferente, si è mostrato agli occhi del mondo intero senza alcuna vergogna, ma anzi con il coraggio della testimonianza, della sofferenza.
D. – Quanto è necessaria l’etica nella politica sanitaria?
R. – L’etica è necessaria dappertutto, maggiormente nella politica sanitaria, perché la politica sanitaria è fatta di allocazione delle risorse. E allora un conto è - faccio una provocazione - allocare le risorse nella chirurgia estetica e un conto è allocare le risorse nell’assistenza ai malati, nell’assistenza agli anziani, nel creare quelle condizioni di collaborazione, che devono esistere tra il terzo settore del volontariato, con l’assistenza domiciliare integrata, creare cioè delle strutture che aiutino i poveri malati a vivere meglio e mi riferisco anche ai centri della terapia del dolore. Dobbiamo creare una politica sanitaria che tenga conto di queste cose, perché non dimentichiamo poi che stiamo andando verso una generazione di anziani e quindi questi problemi di senilità cronica tenderanno sempre ad aumentare. Allora dobbiamo investire delle risorse in questo senso, nella ricerca della terapia del dolore: un investimento per credere di formare una società che accetti la vita anche quando la vita non è nel pieno fulgore. (ap)
Arriva sul web l'anagrafe dei beni culturali della Chiesa italiana
◊ Finalmente sul web un’anagrafe degli istituti culturali ecclesiastici e cioè archivi, musei e biblioteche appartenenti alla Chiesa Cattolica Italiana. Per consultarla è possibile visitare l’indirizzo www.chiesacattolica.it/anagrafe. L’iniziativa arricchisce il servizio online dedicato alle biblioteche già offerto dal Ministero per i beni e le Attività Culturali. Questa mattina, presso la Sala Marconi della nostra emittente, la presentazione alla stampa. C’era per noi Paolo Ondarza.
Un servizio chiaro, semplice e innovativo realizzato dall’Ufficio Nazionale per i beni ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana: per la prima sul web sono infatti censiti 1191 istituti, di cui 335 biblioteche, 640 archivi e 216 musei ecclesiastici. L’anagrafe on line permette di conoscere orari di apertura, condizioni di fruibilità, dotazione di servizi e documenti, quali libri o opere d’arte, di archivi, biblioteche, musei diocesani ed ecclesiastici su tutto il territorio nazionale. Quale il valore di questa pubblicazione? Risponde mons. Stefano Russo, direttore dell’Ufficio Nazionale Beni culturali ecclesiastici:
“Gli archivi, le biblioteche, i musei diocesani sono diffusi su tutto il territorio italiano. Se pensiamo che sono 225 le diocesi italiane, immaginiamo anche che ogni diocesi, in genere, ha anche un archivio storico, una biblioteca. Sappiamo che spesso gli archivi diocesani contengono carte, documenti e statuti importantissimi non soltanto per la storia della Chiesa ma della comunità locale e quindi, di conseguenza, anche della comunità nazionale”.
L’iniziativa costituisce un arricchimento del già esistente servizio realizzato dal Ministero per i beni e le attività culturali dedicato alle biblioteche. Questa mattina infatti nell’ambito della conferenza è stato firmata la Lettera circolare fra l’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Cei e l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane. Di cosa si tratta? Lo chiediamo al sottosegretario di Stato ai Beni culturali Francesco Maria Giro:
“Questi accordi come quello di oggi aiutano e favoriscono il dialogo fra la Conferenza episcopale e lo Stato. Questo è un accordo importante e significativo perché ci aiuta a trovare un linguaggio comune per gestire un enorme patrimonio. Noi non solo tuteliamo ma valorizziamo un patrimonio che dev’essere reso accessibile e soprattutto permettiamo che questo patrimonio venga consegnato integro alle generazioni future”.
Per accedere all’archivio basta un click all’indirizzo www.chiesacattolica.it/anagrafe.
Pakistan: la Chiesa impegnata per la liberazione di Farah, la ragazza cattolica islamizzata a forza
◊ “La Chiesa cattolica in Pakistan farà tutto il possibile per liberare Farah e restituirla alla sua famiglia”: è quanto dichiara all’agenzia Fides mons. Andrew Francis, vescovo di Multan, diocesi in cui si registra il caso di Farah Hatim, ragazza cattolica rapita nella città di Rahim Yar Khan (nel sud Punjab), costretta a sposare un uomo musulmano e a convertirsi all’islam. Nei giorni scorsi, la pressione della società civile e della comunità internazionale è cresciuta e la Chiesa pakistana inizia a nutrire speranze per la liberazione della ragazza: “La Commissione nazionale ‘Giustizia e Pace’ si è attivata e utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione. Inoltre stiamo tenendo contatti con alti ufficiali della polizia per cercare di sbloccare questa annosa vicenda. Sono fiducioso in una soluzione positiva. Abbiamo molto fiducia in Dio e nei frutti della nostra preghiera” osserva il vescovo di Multan. La Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale del Pakistan sta ultimando la sua indagine sul caso, che è emblematico di un fenomeno diffuso: sono almeno 700 le ragazze cristiane rapite e islamizzate con la forza ogni anno. Secondo fonti locali, come prossimo passo per definire il caso, la Chiesa potrebbe intentare un ricorso legale all’Alta Corte di Lahore, chiedendo il rispetto dei diritti e della libertà individuale della giovane, che oggi vive segregata. Un tribunale di primo grado aveva già dichiarato il caso “chiuso”, basandosi su una dichiarazione scritta in cui Farah afferma di essersi sposata e convertita di sua volontà. La famiglia della giovane spiega, però, che la dichiarazione le è stata estorta con minacce e torture. Inoltre, anche alcune Ong cristiane accreditate al Consiglio Onu per i Diritti Umani a Ginevra stanno seguendo il caso di Farah e intendono compilare un rapporto per sottoporlo all’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani. (R.P.)
Rappresentante vaticano in Vietnam per testimoniare la vicinanza del Papa ai cattolici
◊ Testimoniare la vicinanza del Santo Padre ai cattolici vietnamiti e diffondere fra i giovani l’amore per i valori del Vangelo. E’ questo l’obiettivo della seconda visita in Vietnam dell’arcivescovo Leopoldo Girelli, rappresentante della Santa Sede nel Paese asiatico. Le tappe della visita, in corso e in programma fino al prossimo 18 giugno, sono l’arcidiocesi di Hanoi e le diocesi di Bac Ninh, Lang Son, Hai Phong, Bui Chu e Thai Binh. Durante la visita dello scorso 9 giugno alla diocesi di Lang Son–Cao Bang, al confine con la Cina, l’arcivescovo ha incontrato sacerdoti, religiosi, seminaristi e laici provenienti dalle parrocchie delle zone tribali. “Il Santo Padre non vi ha dimenticato – ha affermato mons. Girelli le cui parole sono state riprese dall'agenzia AsiaNews - anche se siete una piccola comunità lontana da Roma avete un grande spazio nel cuore del Papa”. “Io sono venuto qui per testimoniare la sua vicinanza”. Parlando nei giorni scorsi ad oltre mille studenti della diocesi di Bac Ninh, il presule ha sottolineato il grande valore dell’Assemblea dei giovani dell’arcidiocesi di Hanoi che si terrà il prossimo 11 novembre. “Attraverso questo evento – ha affermato – potrete esprimere il vostro desiderio di diffondere il Vangelo e rendere migliore la vostra generazione”. Mons. Girelli ha invitato i giovani a domandarsi: “Cosa posso fare per Dio? Come posso aiutare il mio Paese a promuovere pace, giustizia e amore?” Il 13 gennaio scorso Benedetto XVI ha nominato mons. Girelli, nunzio apostolico a Singapore, delegato apostolico in Malaysia e in Brunei, affidandogli allo stesso tempo l’incarico di primo rappresentante non residente in Vietnam. Questa nomina è il primo risultato concreto dei negoziati in corso da lungo tempo fra la Santa Sede e il Vietnam. (A.L.)
Cina: Pentecoste nelle comunità cattoliche scandita dalla preghiera per la pace nel mondo
◊ Le comunità cattoliche cinesi continentali hanno celebrato la solennità di Pentecoste in comunione con la Chiesa universale, invocando la discesa dello Spirito Santo per la pace nel mondo, per la Chiesa, per i sacerdoti di tutto il mondo e in particolare della Cina. E’stata recitata la preghiera di Papa Benedetto XVI alla Madonna di She Shan composta per la Giornata di Preghiera per la Chiesa in Cina, e in diversi luoghi sono stati amministrati i sacramenti dell’iniziazione cristiana ai catecumeni. Secondo quanto l’agenzia Fides apprende da Faith dell’He Bei, la solenne celebrazione di Pentecoste nella cattedrale della diocesi di Ji Nan, capoluogo della provincia di Shan Dong, è stata presieduta dal vescovo ordinario, mons. Zhang Xian Wang, che ha amministrato i sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, cresima, eucaristia) a 12 catecumeni adulti. I fedeli hanno accolto con gioia i nuovi membri della comunità, pregando in particolare affinché il vento dello Spirito Santo scenda abbondantemente su di loro e sulla diocesi, per una stagione di evangelizzazione. Altri 16 catecumeni hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e sono stati accolti da oltre 500 fedeli nella parrocchia di Pi Zhou, della diocesi di Xu Zhou, nella provincia di Jiang Su. “Questa rinascita – hanno detto alcuni di loro - ci fa ricordare sempre che siamo figli di Dio e dobbiamo esserne degni con il nostro impegno e la nostra testimonianza di vita”. La Cattedrale della diocesi di Jing Xian (oggi Heng Shui) nella provincia dell’He Bei ha celebrato solennemente la Pentecoste anche con la presenza di tanti non cristiani. “Invochiamo lo Spirito Santo anche su di loro – hanno detto alcuni sacerdoti - perché conoscano al più presto possibile Gesù”. (A.L.)
A Londra la Gavi Conference per vaccinare 4 milioni di bambini entro il 2015
◊ Salvare le vite di 4 milioni di bambini in più entro il 2015, grazie alle vaccinazioni. E’ questo, come riferisce l'agenzia Sir, l’obiettivo di “Saving the children’s lives” (“Salvare le vite dei bambini”), l’incontro promosso dall’Alleanza internazionale per i vaccini e l’immunizzazione (Gavi). I membri di Gavi (organismi internazionali come L’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unicef, ma anche la Banca Mondiale, rappresentanti dei governi di vari Paesi e soggetti privati) si incontrano oggi a Londra con donatori, Paesi finanziatori e produttori di vaccini per “individuare – spiega una nota – il modo di raccogliere 3,7 miliardi di dollari tra 2011 e 2015 per sviluppare i necessari programmi di immunizzazione”. I promotori mettono in luce l’importanza della campagna spiegando che “un bambino su cinque non viene vaccinato, e nonostante i significativi progressi nella riduzione della mortalità infantile, quasi due milioni continuano a morire ogni anno per malattie che si potrebbero prevenire grazie alle vaccinazioni”. La maggior parte di queste morti si verifica in Paesi a basso reddito, in conseguenza di polmoniti e diarrea: sintomi che, secondo Gavi Alliance, potrebbero essere scongiurati con campagne di vaccinazione mirate. Il finanziamento richiesto permetterebbe inoltre di immunizzare altri 243 milioni di bambini nei Paesi in via di sviluppo contro le infezioni, tra le altre, da pneumococco e rotavirus, ma anche contro epatite B e febbre gialla. (D. M.)
Sud Sudan: la Chiesa chiede l’accesso ai beni primari come acqua potabile, sanità e istruzione
◊ Dopo decenni di conflitti, governi precari e disastri naturali, il 9 luglio 2011 il Sud Sudan diventa ufficialmente uno stato indipendente. Gli abitanti di questo nuovo Paese africano - il 54.mo - si trovano comunque a fronteggiare una grave carenza di infrastrutture e di servizi di base, come un alto tasso di povertà e di sottosviluppo. Attualmente un terzo dei bambini è sottopeso, oltre un terzo non supera i 5 anni di vita, metà della popolazione vive in condizioni di povertà estrema e i tassi di alfabetizzazione sono inferiori al 36%. Una giovane ragazza del Sud Sudan ha più probabilità di morire di parto che di finire la sua educazione primaria. I rappresentanti della Caritas lavoreranno insieme alla Chiesa cattolica locale per un programma congiunto del valore di 5.7 milioni di euro, fino a luglio 2012. Il lavoro si focalizzerà sulla riparazione e riabilitazione delle strutture idriche, sull’igiene, la sanità e l’istruzione, oltre che sulla fornitura di case, cibo e assistenza di genere diverso. La Caritas si prenderà cura di quanti ritornano alle loro case, degli sfollati interni e delle altre persone più vulnerabili. Tutto il lavoro verrà effettuato con la piena partecipazione dell’intera comunità, in quanto i progetti verranno affidati alla popolazione locale che li dovrà mantenere e gestire in futuro. Il rappresentante del Catholic Relief Services del Sudan, Darren Hercyk, che fa parte dei coordinatori Caritas, in un recente comunicato di cui è pervenuta copia all’agenzia Fides, ha dichiarato che “la popolazione del Sud Sudan ha l’opportunità storica di mettersi alle spalle anni di conflitti. La Caritas ha lavorato per anni a stretto contatto con loro e speriamo nel futuro del loro Paese. L’organizzazione cattolica continuerà a sostenere la Chiesa in Sud Sudan. Ci uniremo per far nascere un Paese dove l’accesso ai beni di prima necessità come acqua potabile, sanità, istruzione e parti sicuri, sia garantito.” Inoltre, per ridurre l’impatto di futuri disastri, la Caritas sosterrà lo sviluppo di un sistema precoce di allerta attraverso il Sudan Catholic Radio Network. Il programma della Caritas prevede anche di accrescere la collaborazione con i partner locali e nazionali. Questo comporterà la formazione del personale negli uffici nazionali e diocesani di Caritas Sudan, noti come “Sudan Aid”, circa la distribuzione dei programmi e la riduzione dei disastri naturali. I membri di Caritas International impegnati in Sud Sudan continueranno il gemellaggio con gli uffici diocesani locali. La Caritas sta sostenendo anche le iniziative di promozione della pace dei vescovi sudanesi, come una campagna di preghiera internazionale e l’iniziativa di una piantagione di alberi in ogni diocesi del Sud Sudan.
Argentina: in tutte le diocesi, colletta promossa dalla Chiesa per i più poveri
◊ “Milioni di argentini continuano a vivere in situazioni di povertà estrema. La Chiesa apprezza i programmi dei governo a favore della popolazione, ma la povertà rimane alta, nonostante la solidarietà e gli aiuti di tutti”. E’ quanto ha affermato il presidente di Caritas Argentina, mons. Fernando María Bargalló, vescovo di Merlo–Moreno, presentando la Colletta nazionale promossa dalla Chiesa in Argentina e svoltasi ieri e sabato in tutte le diocesi del Paese. Il presule ha aggiunto che si deve superare la mentalità secondo la quale bisogna “rassegnarsi a questo stato di povertà”. “Bisogna superare l’indifferenza, la sfiducia e la rassegnazione e impegnarsi tutti”. “Vivere la Colletta – ha detto mons. Fernando María Bargalló – significa orientare la nostra missione nella Caritas per avvicinarci alla realtà delle persone e alla nostra gente con uno sguardo di credente e un cuore fraterno”. “Occorre incoraggiare e assistere i processi partecipativi della comunità che promuovono la cura e la difesa della vita e lo sviluppo umano attraverso attività educative, inclusione sociale, partecipazione civile e tutela dell’ambiente”. L’obiettivo della Colletta, incentrata quest’anno sul tema “Povertà zero, impegno per tutti”, è di raccogliere fondi da destinare ad una serie di programmi e di progetti volti ad aiutare microimprese di produzione e di consumo. Saranno anche finanziati corsi di formazione professionale, corsi di educazione civica, laboratori di alfabetizzazione, borse di studio per università e attività di sostegno scolastico a tutti i livelli. “Ancora una volta Caritas Argentina – sottolinea ‘L’Osservatore Romano” – vuole andare incontro alla società con un messaggio che richiama la sensibilità di tutti con lo scopo di trasformare in meglio la triste condizione di tanti fratelli e sorelle che non possono accedere a una vita piena e dignitosa”. Negli ultimi due anni la Colletta ha avuto un successo straordinario grazie al coinvolgimento di numerose associazioni e al supporto di vari mezzi di informazione argentini. (A.L.)
El Salvador. Mons. Escobar Alas: le norme sul lavoro minorile non rimangano sulla carta
◊ La Chiesa cattolica esorta le istituzioni statali in El Salvador a rispettare i diritti dei bambini, perché è necessario che le norme al riguardo siano reali e non rimangano sulla carta, ha chiesto mons. José Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, in occasione della Giornata Mondiale contro il Lavoro minorile, celebrata ieri. Nella circostanza la Chiesa cattolica ha invitato la società salvadoregna a partecipare più attivamente alla lotta contro il lavoro minorile che coinvolge migliaia di bambini salvadoregni, obbligati a questa moderna schiavitù per sopravvivere. Secondo quanto pubblicato dalla stampa locale, le statistiche ufficiali di El Salvador dicono che un bambino ogni dieci lavora, ciò significa che sono circa 190.000 i bambini impiegati in lavori da adulti nel Paese centroamericano. Mons. José Luis Escobar Alas ha chiesto a tutte le istituzioni di “rispettare e far rispettare i diritti dei bambini nel Paese”, si legge nella nota inviata all’agenzia Fides. "Noi, come Chiesa, sosteniamo che i bambini vadano educati. I bambini devono avere il tempo per studiare, divertirsi, stare con i loro genitori, non è giusto che gli venga imposto di lavorare, è una forma di sfruttamento che non dovrebbe mai verificarsi, soprattutto in questo millenio” ha detto l'arcivescovo. Il problema tuttavia non è semplice, ha proseguito, in quanto bisogna trattarlo “con tutte le sue implicanze: la mancanza di formazione dei bambini può portarli in futuro a scelte sbagliate, come testimonia il problema delle bande, tra le altre cose”. Riguardo all’impegno della Chiesa, l’arcivescovo ha sottolineato: "Abbiamo un certo numero di orfanotrofi, di scuole... In ogni parrocchia c’è la catechesi, la preoccupazione per i bambini svantaggiati e per la formazione dei genitori, ma il problema è travolgente e la Chiesa non ha altra risorsa che l'impegno dei fedeli". (R.P.)
Honduras: la maggior parte dei bambini che lavorano, abbandonano la scuola
◊ L'Istituto nazionale per la Formazione professionale dell’Honduras ha promosso diverse attività per la Giornata Mondiale contro il Lavoro minorile, celebrata ieri. Secondo l’Inchiesta sulle famiglie dell'Istituto nazionale di statistica, in Honduras 377.182 bambini lavorano, e la maggior parte di loro non frequenta la scuola. Molti lavorano in attività pericolose, che li mettono in una situazione di rischio e di limitate possibilità di sviluppo. Ci sono lavori pericolosi per natura, che possono causare danni diretti ai bambini e agli adolescenti. Tra questi tipi di lavoro troviamo: la pesca subacquea, attività subacquee e nel settore minerario, le miniere, la produzione di fuochi d'artificio ed altri lavori che prevedono l'uso della polvere da sparo, lavori edili e simili. Altri lavori sono pericolosi per le condizioni in cui si svolgono: anche se l'attività lavorativa non è pericolosa in sé stessa, lo è per il contesto in cui si sviluppa, cioè per l’igiene, la sicurezza e l’ambiente di lavoro, come l'esposizione ad agenti chimici, biologici, meccanici, psicosociali. Il lavoro minorile ha una serie di conseguenze sul processo educativo perché la maggior parte dei bambini e adolescenti che lavora non frequenta più la scuola oppure spesso la abbandona prematuramente, o spesso devono ripetere l'anno scolastico o hanno un basso rendimento scolastico che li demotiva. (R.P.)
Singapore: crescono blogger e “social media”, opportunità per diffondere i valori cristiani
◊ La crescita dei “social media” e dei blog a Singapore è per la Chiesa locale una opportunità di diffondere i valori cristiani e di testimoniare il Vangelo. Come riferisce all’agenzia Fides Joan O’Reilly Fix, neo direttrice dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Singapore, “si notano segnali positivi di apertura nella comunicazione e nella società dell’isola: c’è maggiore coinvolgimento delle persone e maggiore iniziativa personale, soprattutto grazie ai social media e al web”. Nelle scorse elezioni politiche, tenutesi a maggio, ad esempio “la gente ha dibattuto sui programmi politici e dei candidati, ha scambiato pareri, e anche le opposizioni hanno avuto voce sui social network”. In questo sviluppo della comunicazione, “la comunità cattolica è presente e si inserisce per promuovere la diffusione dei valori cristiani”. Nella diocesi è nato nel gennaio scorso l’Ufficio comunicazioni sociali, che pubblica una newsletter in inglese e in cinese, e intende organizzare una Commissione diocesana coinvolgendo sacerdoti, religiosi e laici. Fra i programmi futuri, spiega Joan O’Reilly Fix, vi è quello di istituire un “Social Communication Award”, rinascimento che potrà premiare i comunicatori nel mondo di Internet, “aperto non solo ai cristiani, ma a tutti coloro che si fanno promotori di valori”. Mons. Nicholas Chia, arcivescovo locale, in occasione della Giornata delle Comunicazioni Sociali (5 giugno 2011) ha scritto un messaggio in cui ripercorre i contenuti del Messaggio di Benedetto XVI “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”, e ricorda: “ I social media rendono ognuno di noi un comunicatore. A questa libertà di espressione è connessa anche una responsabilità. La nostra ‘presenza virtuale’ o il nostro ‘profilo digitale’, ci offrono opportunità illimitate per diffondere la nostra fede” aggiunge l’arcivescovo, notando “l’aspetto missionario della comunicazione sociale, che rappresenta un nuovo tipo di presenza pastorale in Internet”. In tale campo sterminato i fedeli sono chiamati a diffondere “valori cristiani come amore, gentilezza, umiltà e carità”. Riconoscendo l’immenso potenziale dei nuovi media, l’arcivescovo conclude: “Preghiamo perchè possiamo compiere scelte sagge nelle nostre comunicazioni. Scegliendo di educare e non di alienare; di costruire ponti e non di chiuderci in noi stessi”. Secondo dati ufficiali a Singapore, con 5 milioni di abitanti, il tasso di penetrazione di Internet è al 72,4 %. Fanno utilizzo dei social network il 30% dei ragazzi fra 15 e 24 anni e il 19% dei giovani fra 25 e 34 anni, e tali dati registrano un continuo incremento. Nella città si svolge annualmente l’incontro asiatico del “Social Media WorldForum” previsto nella prossima edizione l’1 e 2 settembre 2011. (R.P.)
Polonia: Congresso dell'Infanzia missionaria di Czestochowa dedicato a Papa Wojtyla
◊ Sarà dedicato al beato Giovanni Paolo II il Congresso dell’infanzia missionaria dell’arcidiocesi di Czestochowa (Polonia). All’iniziativa, che si svolgerà domani nel santuario della Madonna del Santo Rosario a Myszkow Mrzyglod, parteciperanno tutti i responsabili delle Pontificie Opere Missionarie dell’arcidiocesi, il direttore diocesano don Jacek Gancarek, e i vari gruppi di giovani e bambini missionari. Il tema del Congresso è una frase di Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura di diventare santi”. In onore del Papa polacco - riferisce l'agenzia Sir - verrà celebrata dall’arcivescovo di Czestochowa, mons. Stanislaw Nowak, una messa di ringraziamento per l’avvenuta beatificazione. “Con Giovanni Paolo II impariamo a diventare santi” è anche il tema della catechesi missionaria che sarà presentata durante i lavori. A margine dell’iniziativa sarà aperta una mostra dedicata alle missioni della Chiesa, mentre l’edizione diocesana del settimanale cattolico “Niedziela” ha preparato del materiale sull’infanzia missionaria. (R.P.)
Spagna: dalla diocesi di Merida-Badajoz 16 volontari in partenza per Haiti e Perù
◊ Nei prossimi giorni un gruppo di volontari della diocesi di Merida Badajoz (Spagna) partirà per un periodo di missione in America. Sono 14 i volontari che avranno per destinazione Haiti, sotto la guida di suor Pilar, religiosa carmelitana. Si sono preparati per impegnarsi nei settori della cooperazione e dell’assistenza, ancora necessari in questo Paese, soprattutto per i bambini e gli anziani. Alcuni di loro si fermeranno per sei mesi, altri per due, altri solo per il periodo delle loro vacanze, vale a dire un mese, ma tutti sono particolarmente motivati dalla loro fede in Cristo e dalla volontà di impegnarsi a servizio dei fratelli. C'è anche il Perù come meta della missione, dove sarà inviata una religiosa, suor Coro. Come ogni estate, da più di dieci anni, viene inviato qualcuno in Perù che dedica il tempo delle vacanze a lavorare nella Casa Santa Ana, a Leymebamba, nella regione di Amazonas, nel nord della foresta peruviana. In questa casa vivono in comunità i ragazzi e le ragazze che avrebbero dovuto lasciare la scuola per mancanza di sostegno economico: qui trovano una casa e una grande famiglia che li aiuta a continuare gli studi e a prepare un avvenire migliore. La partenza di questi volontari è stata solennizzata da una Santa Messa con l’Invio dei Missionari, celebrata il 28 maggio, alla quale ha partecipato tutta la comunità cattolica locale e i responsabili diocesani delle Pontificie Opere Missionarie (Pom). A tutti è stata consegnata la croce del missionario: la croce di Cristo che rafforza coloro che si dedicano a proclamare la Buona Novella della salvezza e della liberazione, che si rivolge ai più piccoli, ai più svantaggiati. La Messa di invio è stata celebrata dopo l’incontro di coordinamento del Gruppo di formazione degli Animatori missionari, che ha stabilito il calendario delle attività future. A questa giornata ha partecipato anche il delegato episcopale per la catechesi, padre Francisco Romero, che ha proposto di coordinare il lavoro di catechesi con le Pom, in particolare con l’Infanzia missionaria, come una possibilità di lavorare insieme. (R.P.)
Patologie rare: in Italia nasce una “rete” dei genetisti cattolici
◊ Malati, talora incurabili, spesso alle prese con un male che la scienza medica non sa decifrare, “orfani” di diagnosi e di farmaco, il più delle volte soli, isolati, incompresi, senza conforto. Questa è la condizione in cui versano tanti di coloro che sono affetti da malattie cosiddette “rare”. In Italia, un popolo di oltre 3 milioni di persone, rappresentato da 80 associazioni. Un dato epidemiologico eclatante, che connota un oggettivo fenomeno sociale, oltre che sanitario. Il termine “malattia rara” – ricorda Avvenire - non significa affatto numericamente irrilevante. Infatti, se la classificazione di malattie rare indica quelle patologie di nicchia, che presentano un’incidenza di meno di 5 casi ogni 10 mila abitanti, bisogna però tener conto del fatto che la lista di questi malanni “misteriosi” è interminabile: 5mila, 7mila, addirittura 8mila, a seconda delle fonti scientifiche. Un problema e un rompicapo per i medici di base, generalmente impreparati a diagnosticare la varietà di sintomi diversissimi, per la farmacologia, per il sistema pubblico della salute, che attualmente riconosce e copre – in Italia – appena 500 di queste forme (1.500 nel resto Europa). Le difficoltà diagnostiche, le specifiche esigenze cliniche ed assistenziali, l’assenza di una terapia (le case farmaceutiche sono riluttanti a investire risorse per studiare prodotti con un mercato dai numeri bassi), fanno sì che i costi per i malati stessi e per i loro congiunti, in termini umani e materiali, siano a volte drammatici. La gran parte di questa vastissima (e pressoché sconosciuta) famiglia di malattie è di origine genetica: sono cioè causate da un’anomalia insita nel genoma dell’individuo. E sono anche ereditarie e si trasmettono alla prole da uno o da entrambi i genitori. Su questo fronte assume quindi rilievo sempre maggiore la ricerca genetica, mirata a identificare, con specifica diagnosi (basta un semplice prelievo del sangue), il cromosoma “difettoso” e le molecole che possano correggere tale difetto. Nuove frontiere di conoscenza e di terapia in cui stanno giocando un ruolo conclamato e trainante la cultura medica cattolica e l’impegno di persone davvero “speciali” fra cui il dottor Matteo Bertelli, 38 anni, giovane genetista di origini bresciane e animatore di Magi Onlus, il quale da tempo si sta prodigando per tessere una tela, o meglio una rete di contatti e di scambi fra le realtà d’eccellenza e di riferimento nel campo, su scala nazionale e internazionale, coinvolgendo istituti di grandissimo nome come il Dipartimento di genetica dell’ospedale "Sollievo della sofferenza" di San Giovanni Rotondo, gli ospedali "Gemelli" e "San Giovanni Battista" di Roma e, ora, l’Università di Navarra. Due esempi di questa preziosa collaborazione sono: il primo Rapporto sistematico in Europa sul linfedema primario familiare, grave malattia genetica dei vasi linfatici che può sfociare in terribili elefantiasi e amputazioni degli arti. E l’apertura, a Dro, di un centro d’avanguardia per la diagnosi genetica, gestito dalla Magi in convenzione con le Asl dell’intero territorio nazionale. Ma la nuova “rete” non si ferma all’Italia e all’Europa. Composta da medici specialisti, biologi e biotecnologi di altissima preparazione, Magi Onlus si sta anche adoperando per veicolare le più aggiornate conoscenze sulle malattie genetiche a realtà sanitarie “arretrate” come quelle dei Paesi in via di sviluppo o di alcune zone dell’Est europeo. Progetti internazionali che attualmente comprendono la formazione e l’ospitalità in Italia per medici provenienti da Repubblica Ceca, Albania, Slovacchia, Russia. (A.L.)
Libia: controffensiva delle forze governative contro le roccaforti degli insorti
◊ Quella appena trascorsa è stata una domenica di violenza in Libia, dove il colonnello Gheddafi è riapparso in tv, mentre in tutto il Paese infuriava la battaglia tra suoi sostenitori ed oppositori al governo. Solo ieri 26 i morti. Il servizio di Marco Guerra:
In Libia si fa serratissimo il confronto armato dopo il lancio della dura controffensiva lealista contro le roccaforti degli insorti sulla costa nord occidentale del Paese. I combattimenti imperversano da giorni Zawiya, città a 50 chilometri a ovest da Tripoli, e Misurata, dove i ribelli, che sembrano controllare saldamente la città, tentano di sfondare il fronte e marciare verso Zlitan per accerchiare le forze nemiche. Vittime si registrano anche a Zintan, sulle montagne occidentali a sudovest della capitale, a Brega e Ajdabiya. Secondo gli analisti, i ribelli puntano a isolare Tripoli e a fomentare la ribellione nella capitale. Ed è guerra anche di propaganda: il portavoce del regime ha informato che l'esercito libico ha eliminato le “sacche di resistenza'” a Zawiya. Notizia subito smentita dagli insorti. Dal canto suo la Nato ha ricordato che sta adottando “le misure necessarie per proteggere i civili. Lungo la costa tra Tripoli e la frontiera tunisina - si legge in un comunicato dell’Alleanza -, i libici da tempo rimettono in discussione legittimità del regime e, agendo in questo modo, sono sotto la minaccia di attacchi”. Ma nonostante sia sempre più in salita la via per una soluzione diplomatica del conflitto, l’inviato russo Marguelov ha annunciato che la prossima settimana si recherà a Tripoli in vista della presentazione da parte di Mosca di una sorta di 'road map' per l'uscita dalla crisi. Intanto, il regime ha fatto sapere che rifiuta tutti i negoziati che presuppongano la partenza di Gheddafi, mentre il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi ha incassato anche il riconoscimento degli Emirati Arabi.
Italia, Referendum
In Italia, va attestandosi al 57% l'affluenza alle urne per i quattro referendum (due sull’acqua, nucleare, legittimo impedimento), quando sono arrivati al Viminale i dati del 50% dei comuni italiani. Se il dato sarà confermato per gli altri comuni, il quorum per la validità dei referendum sarà raggiunto. Dal canto suo, il premier italiano, Silvio Berlusconi, già prima dell’esito del voto, ha affermato che l'Italia lascerà l’energia nucleare e s’impegnerà nel settore delle energie rinnovabili.
Algeria manifestazioni
Manifestazioni di protesta ieri anche in diverse città dell’Algeria. A Ouargla la morte di un giovane di 31 anni, impiccatosi dopo essere stato licenziato da una multinazionale, ha scatenato violenti scontri tra dimostranti e unità antisommossa della polizia. Nei comuni di Hadaiak e Lakdharia migliaia di persone sono scese in piazza contro i disservizi della pubblica amministrazione.
Egitto
In Egitto le autorità hanno dato il via libera alla creazione ufficiale del primo partito salafita. La formazione legata al movimento islamico radicale dovrebbe prendere, secondo la stampa locale, il nome di Nour, "Luce", e sarebbe la capofila delle cinque formazioni che i salafiti avrebbero intenzione di costituire. Nei giorni scorsi la commissione per gli Affari dei Partiti aveva autorizzato altri due movimenti di matrice islamica, legati ai Fratelli Musulmani.
Iraq
Ancora violenza in Iraq. Cinque persone sono rimaste uccise e quindici sono state ferite in seguito a un attentato kamikaze condotto con un'autobomba a Bassora, città portuale nel sud del Paese. L'attentatore suicida si è fatto esplodere con la sua auto all'estero di una caserma della polizia.
Vertice Italia-Israele
Il processo di pace in Medio Oriente, la primavera araba, l’Iran, la collaborazione economica: sono i principali argomenti emersi dal vertice intergovernativo fra Israele e Italia che si è tenuto oggi a Villa Madama, a Roma. Firmati anche otto accordi di collaborazione. Al termine, la conferenza stampa dei presidenti del Consiglio dei due Paesi, Silvio Berlusconi e Benjamin Netanyhau: c’è concordia nel sostenere che la pace debba passare per i negoziati e non per decisioni unilaterali. Il servizio di Debora Donnini:
“La pace può essere solo il risultato di un negoziato”, non può essere imposta da una risoluzione dell'Onu. Lo ribadisce il premier israeliano Netanyahu, facendo riferimento alla possibile richiesta, a settembre, dell’Associazione nazionale palestinese di un riconoscimento di uno Stato palestinese da parte delle Nazioni Unite, quindi in modo unilaterale. Anzi, una risoluzione del genere “potrebbe solo far indietreggiare la pace”, sostiene Netanyahu che ringrazia l’Italia per la sua posizione chiara. D’accordo Berlusconi che non crede che una soluzione unilaterale possa aiutare la pace “né da parte palestinese né da parte israeliana”. C’è concordia fra i due leader nell’affrontare una serie di questioni e molta cordialità. In particolare preoccupazione è stata espressa sull’Iran. Netanyahu parla di possibile minaccia nucleare per la pace non solo di Israele ma della regione e del mondo, aggiungendo che anche l’esito delle rivolte della primavera araba sarebbe influenzato dallo sviluppo dell’arma nucleare. Per il premier israeliano, in Medio Oriente è in atto uno scontro fra libertà e dittatura. E sul piano Marshall proposto da Berlusconi pensa sarebbe bene estenderlo a tutti i Paesi della regione che si stanno battendo per la democrazia. La radice del conflitto israelo-palestinese, afferma poi il premier israeliano, “non sono gli insediamenti” di Israele nei Territori, quanto piuttosto “il rifiuto dei palestinesi a riconoscere l'esistenza di uno Stato ebraico. Un rapporto di amicizia quello con Israele che anche Berlusconi ha voluto sottolineare con decisione.
Batterio Escherichia Coli, nuovi casi di contagio
Resta alta l’attenzione sul contagio provocato dal batterio Escherichia Coli, che ha colpito soprattutto la Germania. Ieri, erano stati ufficializzati due nuovi decessi, mentre il locale Istituto federale per la valutazione del rischio ha lanciato oggi un allarme sulle proporzioni dell’epidemia. Il servizio di Davide Maggiore:
“Fino ad oggi l’ondata di casi che ha investito la Germania è la più importante di questo tipo mai descritta al mondo”, ha detto Nelen Boehme, portavoce dell’Istituto. Ieri sera le autorità avevano fatto sapere che altri due morti a causa del batterio avevano fatto salire il bilancio delle vittime a 35, di cui una soltanto fuori dal territorio tedesco, in Svezia. I dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, indicano che i contagi confermati o sospetti sono stati oltre 3200 in 16 Paesi. Secondo l’organizzazione, numerosi sono anche i casi di complicazioni renali e urinarie: un centinaio di malati, ha fatto notare l’esperto sanitario e uomo politico Karl Lauterbach, è così colpito da rendere necessario il ricorso a trapianti o da far prevedere una vita in dialisi. Il ministro della Sanità tedesco, Daniel Bahr ha, però, sottolineato come il numero dei nuovi casi sia in continuo calo, circostanza che dà “ragioni di ottimismo”. Nei giorni scorsi le autorità avevano fatto sapere di aver individuato la fonte dell’infezione in alcuni germogli di legumi provenienti dalla Bassa Sassonia: secondo le ultime informazioni, la provenienza sarebbe confermata, ma i vegetali coinvolti sarebbero di tipo diverso.
Giappone, Fukushima
Livelli eccessivi di radioattività sono stati registrati nel mare davanti alla centrale nucleare giapponese di Fukushima. A farlo sapere è la Tepco, l’azienda che gestisce l’impianto: nelle acque sarebbero presenti tracce di stronzio, sostanza potenzialmente cancerogena, oltre 50 volte superiori al limite consentito. L’annuncio, il primo di questo genere dall’inizio della crisi, arriva a un giorno da quello sulla contaminazione delle falde acquifere della zona. Contaminazione che potrebbe, secondo la stampa locale, indicare una fuga di materiale radioattivo.
Nuova Zelanda, terremoto
In Nuova Zelanda, una serie di scosse di terremoto ha colpito la città di Christchurch, provocando alcuni feriti e numerosi danni, ma nessuna vittima. Prima della scossa più forte, di magnitudo 6 della scala Richter, centri commerciali e uffici erano stati già evacuati per precauzione. La città, la seconda del Paese, era stata colpita a febbraio scorso da un altro terremoto, che aveva fatto 181 vittime.
Tensioni Vietnam – Cina
La Marina militare vietnamita ha iniziato questa mattina una serie di esercitazioni nel Mar cinese meridionale, e, secondo fonti citate dall’Afp, altre seguiranno in serata. La decisione, annunciata tre giorni fa, arriva in un momento di tensioni crescenti con la Cina a proposito del controllo degli arcipelaghi delle isole Paracel e delle Spratly, considerati ricchi di petrolio e contesi tra i due Paesi. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Davide Maggiore)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 164