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Sommario del 07/06/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa invita a pregare perché lo Spirito Santo faccia sorgere nuove vocazioni missionarie
  • Pellegrinaggio degli zingari europei a Roma: sabato l'incontro col Papa. Impagliazzo: la Chiesa ama il popolo gitano
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L’Ue a consulto sull'E-Coli. Polemiche in attesa di un responso certo dei ricercatori
  • Yemen: la città di Taiz conquistata dagli insorti
  • Fmi ai Paesi europei in crisi: dopo gli aiuti, urgenti riforme strutturali
  • Ulisse e Lelia Amendolagine, coppia di sposi santi nell'ordinario
  • Chiesa e Società

  • Rapporto del Sipri: la minaccia nucleare grava ancora sul mondo
  • Unicef: le vaccinazioni possono salvare 4 milioni di vite entro il 2015
  • Punjab: per l'infermiera cristiana rapita, inascoltato intervento del ministro per le Minoranze
  • India: radicali indù contro la legge a tutela delle minoranze. La Chiesa: legge giusta e necessaria
  • Nel Karnataka la polizia indiana arresta con false accuse un pastore pentecostale
  • Venezuela: attacchi ai simboli religiosi cattolici. Per i vescovi un attentato alla convivenza
  • Documento dei vescovi del Cile sulla legge contro le discriminazioni
  • Usa: per i vescovi il suicidio assistito non è una risposta alla sofferenza
  • Mons. Zimowski agli operatori sanitari slovacchi: “Abbiate coraggio di difendere la vita”
  • Filippine: la Chiesa dice "no" alla legalizzazione del divorzio
  • New York: la Missione della Santa Sede all'Onu conferisce il premio "Path to Peace"
  • Nella sede dell'Onu a New York, incontro di 500 giovani in vista della Gmg di Madrid
  • La Chiesa in Australia: il governo non rispetta la Convenzione Onu per la tutela dei bambini
  • Regno Unito: a Pentecoste 60 pastori anglicani saranno ordinati sacerdoti cattolici
  • Uganda: per la Solennità dei Martiri d’Uganda ricordate anche le vittime musulmane dell’eccidio
  • Brasile: dichiarazione dei vescovi sull'assassinio del leader ambientalista Ribeiro da Silva e di sua moglie
  • Gerusalemme è la città più abitata della Terra Santa
  • Spagna: funerali del sacerdote ucciso a Cartagena
  • Documento della Chiesa ortodossa russa sulla cristianofobia
  • Messaggio del Consiglio Ecumenico delle Chiese per la Pentecoste
  • Cooperative italiane: nel 2010 occupazione cresciuta del 3%
  • 24 Ore nel Mondo

  • Strage di militari in Siria, oltre 120 uccisi in un’imboscata nel nord del Paese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa invita a pregare perché lo Spirito Santo faccia sorgere nuove vocazioni missionarie

    ◊   “Perché lo Spirito Santo faccia sorgere dalle nostre comunità numerose vocazioni missionarie, disposte a consacrarsi pienamente alla diffusione del Regno di Dio”: è l’intenzione missionaria di preghiera di Benedetto XVI per il mese di giugno. Un’invocazione che richiama naturalmente alla Solennità della Pentecoste che celebreremo domenica prossima. Nel servizio di Alessandro Gisotti riascoltiamo alcuni pensieri del Papa sulla natura missionaria della Chiesa:

    “La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana”: nel Messaggio per la Giornata Missionaria di quest’anno, Benedetto XVI riprende un passaggio della “Redemptoris Missio” del Beato Giovanni Paolo II per sottolineare come la Chiesa sia per natura missionaria. Di conseguenza, scrive il Papa, la Chiesa “non può mai chiudersi in se stessa”. I cristiani, come i discepoli nel Cenacolo, sono chiamati ad annunciare la Buona Novella, sospinti dallo Spirito Santo:

    “La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati (…) Vento e fuoco dello Spirito Santo devono senza sosta aprire quelle frontiere che noi uomini continuiamo ad innalzare fra di noi; dobbiamo sempre di nuovo passare da Babele, dalla chiusura in noi stessi, a Pentecoste”. (Messa di Pentecoste, 15 maggio 2005)

    Compito della Chiesa, osserva il Papa nel 40.mo del Decreto conciliare “Ad Gentes”, è “comunicare incessantemente” l’amore divino, “grazie all’azione vivificante dello Spirito Santo”. E ribadisce che ogni cristiano deve farsi missionario, ogni battezzato è chiamato ad annunciare il Vangelo a tutte le genti. Questo, avverte, “non costituisce qualcosa di facoltativo, ma la vocazione propria del Popolo di Dio”:

    “L’annuncio e la testimonianza del Vangelo sono il primo servizio che i cristiani possono rendere a ogni persona e all'intero genere umano, chiamati come sono a comunicare a tutti l'amore di Dio, che si è manifestato in pienezza nell’unico Redentore del mondo, Gesù Cristo”. (Udienza a Convegno 40.mo Decreto “Ad Gentes”, 11 marzo 2006)

    D’altro canto, il Papa sottolinea che, soprattutto oggi, l’impegno missionario va armonizzato con il dialogo:

    “La Chiesa è oggi chiamata a confrontarsi con sfide nuove ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme a ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli”. (Udienza a Convegno 40.mo Decreto “Ad Gentes”, 11 marzo 2006)

    Vivificati dallo Spirito Santo, esorta il Papa, siamo chiamati alla missione. Un impegno che “esige pazienza e lungimiranza, coraggio e umiltà, ascolto di Dio e vigile discernimento dei segni dei tempi”:

    “Lo spirito missionario della Chiesa non è altro che l’impulso di comunicare la gioia che ci è stata donata. Che essa sia sempre viva in noi e quindi s’irradi sul mondo nelle sue tribolazioni”. (Discorso alla Curia 22 dicembre 2008)

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    Pellegrinaggio degli zingari europei a Roma: sabato l'incontro col Papa. Impagliazzo: la Chiesa ama il popolo gitano

    ◊   Sabato prossimo, 11 giugno, il Papa accoglierà in Vaticano circa 1400 zingari europei, in occasione del loro pellegrinaggio a Roma nella ricorrenza del 75.mo anniversario del martirio e dei 150 anni dalla nascita del Beato Zeffirino Giménez Malla, gitano martire della fede di origine spagnola. Si stima che in tutto il mondo ci siano circa 36 milioni di zingari, di cui 18 milioni vivono in India, 15 milioni in Europa e oltre 2 milioni nel continente americano: in Italia sono 170 mila. Il pellegrinaggio è organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in collaborazione con la Fondazione “Migrantes” della Cei, la Diocesi di Roma e la Comunità di Sant’Egidio. Fabio Colagrande ha parlato di questo evento col presidente di Sant’Egidio, il prof. Marco Impagliazzo:

    R. - E’ il primo caso nella storia che un Papa riceva proprio in Vaticano, a San Pietro, accanto alla tomba dell’Apostolo Pietro, i rom, i sinti e tutti coloro che si riconoscono nelle popolazioni zingare. Già mi pare questo un fatto altamente significativo, oltre che storico, perché testimonia che la Chiesa ama gli zingari, che il Papa ama gli zingari e che la Chiesa vuole che vengano riconosciuti come una minoranza europea, con i loro diritti e con i loro doveri. Ha un significato molto importante in un momento in cui tanti episodi di antigitanismo si stanno diffondendo in molti Paesi europei: il tema dell’inaccoglienza delle popolazioni rom è sempre all’ordine del giorno. Ma ha anche un significato particolare, perché gli zingari stanno cambiando: c’è grande, grande voglia di integrazione nelle nostre società europee. Quindi, credo che la Chiesa con quest’udienza voglia favorire questo cambiamento nella storia degli zingari, che - nella maggioranza - non si sentono più nomadi, ma hanno voglia e desiderio di integrarsi.

    D. - Tra l’altro, l’incontro del Papa con gli zingari sarà un momento in cui il presidente del dicastero vaticano dei migranti, mons. Vegliò, descriverà a Benedetto XVI il crescente impegno degli zingari nella Chiesa, dove trovano forza spirituale e un aiuto per una vita spesso segnata da emarginazione e diffidenza…

    R. - In molti Paesi europei ed anche in Italia c’è un avvicinamento di tanti zingari e di tanti rom alla vita della Chiesa, attraverso il catechismo, attraverso i Sacramenti. Saranno presenti all’udienza anche alcune suore che provengono proprio da queste popolazioni, così come alcuni preti e diaconi che stanno per diventare preti. Sarà notata questa presenza di persone consacrate delle popolazioni rom alla Chiesa cattolica. Questo è un fatto che non tutti sanno e che è giusto che sia conosciuto.

    D. - Al Papa verrà anche illustrata la testimonianza di una zingara cattolica, superstite dei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau e Bergen-Belsen…

    R. - Sì, è Ceija Stoika: una donna che ha molto sofferto, una donna che faceva parte di una famiglia composta da 200 persone, di cui soltanto 6 sono sopravvissute alla guerra e allo sterminio. Ceija Stoika è di origine austriaca e fu deportata all’età di 9 anni ad Auschwitz e poi - come lei stesso ha detto - a Bergen-Belsen. Quindi una bambina deportata nei campi rom, che porterà la sua testimonianza, evidenziando come l’Europa non possa dimenticare il dolore di Auschwitz e sottolineando anche il fatto che seppure i campi di concentramento non esistono più - secondo lei, che anche un po’ una poetessa - si sono soltanto addormentati. Dunque, bisogna continuare a vigilare contro ogni forma di razzismo, antisemitismo e antigitanismo.

    D. - Prof. Impagliazzo, è vero che in questo momento numerosi Paesi stanno introducendo nuove iniziative per diversi gruppi zingari per favorire una positiva integrazione?

    R. - Ormai a livello europeo c’è una coscienza che sta maturando verso l’integrazione, anche perché se non c’è integrazione e queste persone continuano a vivere ai margini della società, ci saranno sempre problemi, saranno sempre rifiutate oppure saranno loro ad avere problemi verso l’attuazione delle nostre leggi. Secondo me, la vera rivoluzione oggi in Europa sta nascendo su come vengono trattati i bambini rom: è chiaro che la prima e più grande forma di integrazione per queste popolazioni è che i figli vadano a scuola, che i bambini rom studino, siano scolarizzati. Questo gli permetterà di avere un futuro!

    D. - Quindi una integrazione che passa per il rispetto dei diritti umani: istruzione, lavoro, alloggio dignitoso, cure mediche…

    R. - Assolutamente. Io credo che questi siano i temi all’ordine del giorno oggi, anche perché - come dicevo all’inizio - queste popolazioni stanno uscendo e stanno cambiando la loro mentalità: non vogliono più essere nomadi e cercano una loro stabilità, che spesso non hanno per mancanza di documenti. Dobbiamo ricordare che migliaia di queste persone, soprattutto quelle provenienti dalla Jugoslavia, sono fuggite da una guerra, quella dei Balcani agli inizi degli anni Novanta e quella del Kosovo…. Insomma c’è una sofferenza che va compresa!(mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, sul film “Corpo celeste” un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo “Alla ricerca di Gesù”.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’impegno della diplomazia russa e cinese per uscire dalla crisi libica.

    Onorate san Tommaso con lo studio del suo pensiero: in cultura, il testo inedito (grazie al recupero, da parte del Circolo San Tommaso d'Aquino, dell’audio dall’Archivio Sonoro di Radio Vaticana) del discorso in parte improvvisato da Paolo VI ad Aquino il 14 settembre 1974, con alcuni stralci dei discorso tenuto dal Pontefice all'abbazia di Fossanova e l’editoriale dell'allora vicedirettore de “L’Osservatore Romano” don Virgilio Levi.

    Narrava la Shoah in modo nuovo: Anna Foa ricorda Hans Keilson (1909-2011).

    Il “Giornale di Brescia” sullo storico Mario Bendiscioli e l’antisemitismo.

    Dall’epica della frontiera al crepuscolo dell'eroe: Emilio Ranzato sul western, ovvero la più grande invenzione del cinema americano.

    Un articolo di Marcello Filotei dal titolo “Il suono sospeso tra Impero e Repubblica”: la musica romantica francese recuperata nei festival del Palazzetto Bru Zane a Venezia.

    Tramontata? Forse no: da “il Fatto Quotidiano” Marco Politi e la famiglia.

    Aperti nuovi orizzonti per giovani e famiglie: nell'informazione vaticana, sul viaggio di Benedetto XVI in Croazia, intervista di Nicola Gori all'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.

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    Oggi in Primo Piano



    L’Ue a consulto sull'E-Coli. Polemiche in attesa di un responso certo dei ricercatori

    ◊   Prosegue l’allarme in Europa per l’epidemia da Escherichia Coli: 23 le vittime ed oltre 2200 i casi d’infezione registrati. Lussemburgo ospita oggi i ministri europei dell’Agricoltura dopo la riunione ieri dei ministri della Sanità. Sale intanto la tensione perché a tutt’oggi gli esperti non hanno individuato il vettore del batterio e non mancano le polemiche nella classe politica sul modo di gestire la crisi, mentre crescono le proteste degli agricoltori e l’opinione pubblica resta disorientata. Ma a cosa si deve la difficoltà per gli scienziati di offrire risposte certe? Roberta Gisotti lo ha chiesto al dott. Stefano Morabito dell’Istituto Superiore di Sanità, ricercatore presso il Laboratorio europeo di riferimento per il batterio imputato:

    D. – Dr. Morabito, c’è una certa ingenuità nell’aspettarsi soluzioni rapide a questa epidemia?

    R. – Tenga conto che la scienza, per quanti passi avanti possa fare, rimane comunque legata alle difficoltà che trova sul terreno. Nel caso specifico, parliamo di un batterio che è un batterio ubiquitario: esiste dappertutto, è parte anche della flora intestinale dell’uomo con effetti senza dubbio benefici, e tuttavia alcuni ceppi di questa specie hanno sviluppato la capacità di dare malattie. Ma dal punto di vista esteriore sono indistinguibili. Pertanto, questo è un primo livello di difficoltà tecnica che si ha nell’identificazione di questi patogeni.

    D. – In un primo tempo si è parlato dei cetrioli, poi dei germogli di soia quali veicoli dell’infezione, ed ora si aspettano i risultati di nuovi test. Perché allora sono state diffuse, queste notizie, prima dei dovuti riscontri? E’ colpa delle autorità sanitarie, magari pressate dalla stampa, o della stampa che diffonde ipotesi come certezze?

    R. – Guardi, come un po’ in tutte le cose, la verità sta nel mezzo. Questo batterio fa parte di una famiglia di batteri nota da tempo, che sono gli escherichia coli produttori di verocitodossina. L’allarme lanciato all’inizio sui cetrioli in particolare, era legato ad una prima positività per la presenza di possibili batteri produttori di verocitodosossina in questa matrice. Tenga conto della pressione del momento: si stava e si sta tuttora in episodio epidemico piuttosto grave, quindi sicuramente anche sugli investigatori la pressione applicata è stata di non poco conto; a fronte di questa positività si è senza dubbio un po’ esasperato il principio di precauzione.

    D. – Molte le polemiche, le critiche, anche, alla Germania che avrebbe esagerato nel diffondere – qualcuno ha detto – l’allarme a tutta l’Europa. Lei cosa ne pensa?

    R. – La mia opinione personale è che senza dubbio la dimensione del fenomeno è europea, anche se l’epidemia – e questo lo vorrei sottolineare in modo che sia chiaro per tutti – è confinata alla Germania e, in particolare, alla zona di Amburgo. Tuttavia, come sapete, in tema di globalizzazione, soprattutto in presenza di un episodio così grave, allertare gli altri Paesi dell’Unione Europea non è un principio sbagliato!

    D. – C’è un appello particolare da rivolgere alla stampa?

    R. – Quello di verificare sempre con molta attenzione le informazioni, prima di diffonderle, sui canali ufficiali: per quanto riguarda la stampa nazionale, ci sono i canali del Ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità; cercare di non puntare troppo al sensazionalismo della notizia e di mantenere le informazioni nei canali giusti, che poi sono quelli scientifici che vengono sostanzialmente dai laboratori. (gf)

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    Yemen: la città di Taiz conquistata dagli insorti

    ◊   Resta tesa la situazione nello Yemen, dove l’opposizione armata al regime del presidente Ali Abdallah Saleh ha annunciato di avere preso il controllo della città meridionale di Taiz. Intanto, Stati Uniti e Paesi dell’Unione europea hanno auspicato l’avvio di un processo di transizione democratica, guidata dal Consiglio di cooperazione del Golfo. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    E’ sempre più caotica la situazione politica dello Yemen dove da oltre 4 mesi è in corso una rivolta popolare contro il regime del presidente Saleh. Una crisi nata sulla scia della primavera araba, ma sulla quale si sono innestate tutte le istanze separatiste ed eversive del Paese. La città di Taiz, caduta oggi nelle mani dei ribelli armati, da non confondere con gli studenti che manifestano pacificamente a Sanaa, si trova a 270 chilometri a sud-ovest della capitale ed è stata nei giorni scorsi teatro di scontri tra la Guardia repubblicana, corpo d'elite fedele al regime, e i miliziani che millantano di proteggere i manifestanti. Intanto, si sono improvvisamente aggravate le condizioni di salute del presidente Saleh, ricoverato in gravi condizioni in Arabia Saudita e la possibilità di un suo rientro in patria si fa sempre più remota. I poteri del capo dello Stato sono stati assunti dal vice presidente Abed Rabbo Mansur Hedi e l’iniziativa di una nuova mediazione con le opposizioni potrebbe presto essere assunta dal Consiglio di cooperazione del Golfo. Ad Adib Fateh Ali, giornalista esperto di questioni arabe, abbiamo chiesto chi potrebbero essere gli interlocutori rappresentativi dell’opposizione yemenita:

    R. - Il Paese è davvero diviso in una miriade di schieramenti assolutamente non omogenei né d’accordo tra loro. Da una parte ci sono i secessionisti del sud, che storicamente si battono per ottenere l’indipendenza; dall’altra ci sono le potenti tribù sciite del nord, a ridosso del confine con l’Arabia Saudita. Poi c’è la grande forza dei giovani della rivolta. In un quadro di questo tipo si muove molto bene al Qaeda.

    D. – Sembrerebbe quasi esserci un interesse da parte dell’Arabia Saudita e degli Stati Uniti a tenere Saleh comunque fuori del Paese e a questo punto come si potrebbe gestire la crisi?

    R. – Secondo il piano dei Paesi del Golfo, che sono guidati dall’Arabia Saudita, cioè quello di una transizione pacifica del potere gestita però dall’esercito, esercito che è sempre stato legato all’Arabia Saudita e agli stessi Stati Uniti d’America che li hanno riforniti di armi per combattere il pericolo di Al Qaeda e del terrorismo fondamentalista che c’è in quel Paese.

    D. – Una soluzione del genere piacerebbe ai giovani che hanno dato inizio alla rivolta?

    R. – Stanno già alzando la voce in maniera forte. Molti loro esponenti stanno dicendo che si tratta di una congiura di palazzo per uccidere per l’ennesima volta una rivolta autentica dei giovani. Inoltre, un grave errore dell’opposizione intesa in senso lato, quindi sia quella secessionista sia le varie forze politiche che si trovano nel Paese è che nega l’esistenza di al Qaeda, dicendo che è uno spauracchio del presidente Saleh per indurre l’Occidente a dargli una mano e a sostenerlo. In realtà al Qaeda c’è ed il fatto di non riconoscere l’esistenza di questo pericolo nel Paese certamente non favorisce in prospettiva una partecipazione attiva al potere da parte di questa opposizione.

    D. - Insomma il fatto che Saleh non sia più nel Paese o che non ritorni più nello Yemen non risolve comunque tutti i nodi che sono all’origine di questa crisi …

    R. – Assolutamente no. L’uscita di Saleh, che secondo me sarà definitiva a costo di costringerlo a rimanere in Arabia Saudita, non risolve la crisi del Paese. (bf)

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    Fmi ai Paesi europei in crisi: dopo gli aiuti, urgenti riforme strutturali

    ◊   In Portogallo e Grecia continuano le difficoltà economiche, nonostante gli ingenti aiuti finanziari europei ed internazionali. A Lisbona il nuovo governo, che verrà scelto dalla maggioranza di centro-destra che ha vinto le elezioni di domenica scorsa, dovrà varare severe riforme, così come anche dovrà fare Atene, in base alle richieste odierne del Fondo Monetario Internazionale: "bene i progressi sul debito - è stato precisato - ma ora occorrono le riforme strutturali". Ma c’è il rischio che anche altri Paesi possano in futuro trovarsi in crisi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Mario Deaglio, docente di economia all’Università di Torino:

    R. – Questi Paesi presentavano una situazione veramente molto deviata rispetto alla normalità. L’Irlanda, per altri motivi, si colloca nella stessa situazione di Grecia e Portogallo, ma sono nettamente divergenti da tutto il resto dell’Unione Europea.

    D. – C’è la possibilità di fare un passo indietro, cioè tornare a delle economie più impermeabili e quindi, forse, meno soggette alle esigenze globali?

    R. – In linea teorica forse sì, ma quando dalla teoria si passa alla pratica è difficile farlo senza creare molti danni. Prendiamo in esame i casi di Grecia e Portogallo: in questo momento ci sarebbero molti vantaggi per loro ad avere una moneta autonoma, ma il processo di uscita dall’euro non è facile e richiede comunque un tempo molto lungo. Quindi, ci troviamo veramente in una sorta di rompicapo da cui non riusciamo ad uscire con facilità.

    D. – Stanno funzionando realmente le misure internazionali di salvataggio nei confronti dei Paesi in difficoltà? I principi di sussidiarietà hanno poi un’applicazione concreta?

    R. – Fino ad ora hanno funzionato nel senso che hanno evitato il collasso di questi Paesi. Una vera cura di lungo termine, però, non è stata ancora impostata o se è stata impostata è manifestamente inefficace. Perché questo? Soprattutto perché quando si dice “ridurre la spesa”, "are le riforme” si vogliono usare delle buone parole per una cosa molto più dura, cioè licenziare tanta gente. Togliere tutto questo in maniera rapida, come il resto del mondo sembra volere, è molto doloroso e, quindi, può provocare nella popolazione – e sta provocando – dei veri e propri moti di rivolta, perché non si vede quale sia il vantaggio per la gente.

    D. – Si tratta, forse, di aderire a parametri un po’ troppo severi in una situazione difficile come quella che c’è ancora oggi in tutto il mondo...

    R. – Direi che i parametri usati per la Grecia sono abbastanza severi, soprattutto nella tempistica del rientro. Se questa stessa manovra fosse spalmata su dieci anni, probabilmente non ci sarebbero troppi problemi, ma farla in tre o quattro è traumatizzante. Si vede, poi, la palpabile differenza che i mercati fanno tra un Paese piccolo e debole, come la Grecia, e un Paese come gli Stati Uniti, che ha più o meno lo stesso deficit di bilancio, ma ha molta tecnologia, ha la posizione più importante nel mondo nella politica estera, ha un forte esercito e così via. E allora gli si fa più credito, mentre alla Grecia che non ha nulla di tutto ciò si vanno a vedere i conti con molta severità. (ap)

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    Ulisse e Lelia Amendolagine, coppia di sposi santi nell'ordinario

    ◊   I Servi di Dio Lelia e Ulisse Amendolagine sono una coppia di sposi cristiani vissuti a Roma nel Novecento: in questi giorni si è chiusa, nel Palazzo Apostolico del Laterano, l’inchiesta diocesana su vita, virtù e fama di santità, alla presenza dei due figli ancora viventi, Teresa e il padre carmelitano Raffaele. Ce ne parla Federico Chiapolino:

    L’assiduità nella preghiera quotidiana e nell’adorazione eucaristica attestano l’esemplarità di Lelia e Ulisse Amendolagine come sposi e genitori cristiani. La loro vita insieme è stata un’autentica comunione coniugale e spirituale. Teresa, l’unica figlia femmina, fa di loro un breve ritratto:

    “Erano diversissimi nel carattere e nel modo di comportarsi. Mio padre e mia madre erano simili nel fare riferimento a Dio per ogni azione che compivano e questo li univa. Ulisse era mite, portato all’ascetismo e alla quiete; mentre Lelia era energica, più combattiva e vivace. Consideravano, però, la loro diversità una ricchezza ricevuta dal Signore”.

    Il loro cammino in particolare fu fortemente connotato dalla spiritualità legata al Carmelo: Ulisse era terziario carmelitano, mentre Lelia apparteneva alla Confraternita del Santo Scapolare. Ne parla padre Raffaele, l’unico dei cinque figli che ha seguito i genitori in questa specifica vocazione:

    “I miei genitori abitavano vicino alla parrocchia di Santa Teresa, a Corso d’Italia a Roma, tenuta dai Padri carmelitani scalzi. Per loro era un po’ respirare l’aria che aleggiava lì nella parrocchia e quando abbiamo conosciuto i Padri ci siamo affezionati a loro e loro hanno comunicato a me, più direttamente, questa attenzione al Carmelo. Ricordo le parole di mio padre: ‘Io amo il Carmelo, perché è l’Ordine di Maria, perché la sua spiritualità mi spinge verso l’intimità con Dio, perché i suoi numerosi e meravigliosi santi esercitano su di me un fascino irresistibile, perché Gesù mi vuole perfetto cristiano per questa strada’: questo mio padre me lo scrisse appena entrato nel noviziato. Si sentiva la sua gioia di essere carmelitano e nel vedere me seguire la stessa strada”.

    I coniugi Amendolagine hanno affrontato con grande fede diverse e dure prove: nel 1951, la malattia e la morte di Lelia, dopo 21 anni di matrimonio. Il postulatore della Causa, Luca Pasquale, laico incaricato del Centro diocesano per la pastorale familiare:

    “La santità di Lelia e Ulisse è, secondo me, una santità vissuta nell’ordinario. Una cosa molto particolare, in cui si vede il loro modo straordinario vivere, è stato proprio negli ultimi giorni di vita di Lelia. Lelia è morta di tumore che era abbastanza giovane, con una malattia lunga e con sofferenze atroci: proprio nei giorni prima di morire Lelia ha parlato della Madonna che le veniva incontro. E sicuramente, a testimonianza dei figli, questo era vero: la stava davvero vedendo!”.(mg)

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    Chiesa e Società



    Rapporto del Sipri: la minaccia nucleare grava ancora sul mondo

    ◊   Le otto potenze nucleari del mondo – Gran Bretagna, Cina, Francia, India, Israele, Pakistan, Russia e Stati Uniti - posseggono più di 20.500 testate. “Oltre 5 mila armi nucleari sono dispiegate e pronte all'uso, mentre quasi 2 mila sono mantenute in condizioni di alta allerta operativa”. E’ quanto emerge dal rapporto annuale pubblicato dall'Istituto per la Ricerca sulla Pace Internazionale di Stoccolma. Nel dossier si sottolinea inoltre che le potenze nucleari continuano ad investire in questo settore rendendo alquanto improbabile, nel prossimo futuro, la speranza del disarmo. L’Istituto svedese ricorda poi che i cinque Stati firmatari del Trattato di non proliferazione del 1968 – Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Cina e Francia – “o dispiegano nuovi sistemi di armi nucleari, o hanno annunciato l’intenzione di farlo”. Ci sono infine minacce nucleari non verificabili. Nel dossier si sottolinea che la Corea del Nord ha prodotto “plutonio sufficiente per costruire un piccolo numero di testate nucleari”, ma è impossibile verificare se il governo Pyongyang disponga effettivamente di armi nucleari. (A.L.)

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    Unicef: le vaccinazioni possono salvare 4 milioni di vite entro il 2015

    ◊   In vista della conferenza dell’Alleanza internazionale per i vaccini e l’immunizzazione, prevista la prossima settimana a Londra, l'Unicef invita i donatori a sostenere un impegno globale per vaccinare e salvare milioni di bambini entro il 2015. Oggi un bambino su cinque non viene vaccinato. “Dobbiamo abbinare la nostra conoscenza - ha affermato Anthony Lake, direttore dell'Unicef - con il nostro impegno per aiutare i più poveri, i bambini più vulnerabili”. “Nessuna campagna di vaccinazione – ha aggiunto - può dirsi pienamente riuscita se esclude i più difficili da raggiungere”. L’Unicef sottolinea che il miglior utilizzo dei fondi per i vaccini è di sostenere programmi che raggiungano prioritariamente i bambini attualmente esclusi da queste semplici misure salvavita. Attualmente il fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia fornisce vaccini al 56% della popolazione infantile mondiale e promuove progetti in oltre 150 Paesi. Oltre ad ampliare la rete per raggiungere tutti i bambini, va data attenzione anche all’introduzione di nuovi ed efficaci vaccini. Polmonite e diarrea – ricorda l’Unicef - causano un terzo di tutti i decessi infantili. Ma oggi esistono nuovi vaccini contro alcune cause di queste letali malattie. L’auspicio è che, attraverso un’adeguata campagna di vaccinazioni, si possano salvare 4 milioni di vite in più entro il 2015. Nonostante i significativi progressi nella riduzione della mortalità infantile, quasi due milioni di bambini continuano a morire ogni anno per malattie che si potrebbero prevenire grazie alle vaccinazioni. Nel 2010 l’Unicef ha fornito oltre 2 miliardi e mezzo di dosi di vaccini, tradizionali e di nuova generazione, per un valore di 750 milioni di dollari. (A.L.)

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    Punjab: per l'infermiera cristiana rapita, inascoltato intervento del ministro per le Minoranze

    ◊   Per liberare Farah Hatim, l’infermiera cristiana sequestrata e convertita forzatamente all’islam in Punjab un mese fa, occorre una sforzo della Chiesa e della comunità internazionale. È l’appello che giunge all'agenzia Fides dalla famiglia della giovane e dai fedeli cattolici del Punjab. La famiglia di Farah – riferiscono fonti locali che chiedono l’anonimato per motivi di sicurezza – si trova in uno stato di disperazione e di impotenza, dopo che anche le voci delle istituzioni locali sono rimaste inascoltate. La ragazza, 24 anni, è stata rapita l’8 maggio scorso nella città di Rahim Yar Khan (Sud Punjab) dal musulmano Zeehan Iliyas, con l’intento di convertirla all’islam e di indurla a un matrimonio forzato. A nulla sono valse le denunce della famiglia, dato che la polizia locale ha mostrato evidenti complicità con i rapitori e si è rifiutata di intervenire. La famiglia di Farah ha chiesto l’intervento delle autorità civili e nei giorni scorsi Kamran Micheal, cristiano e Ministro per le minoranze nella provincia del Punjab, si è esposto direttamente denunciando il rapimento e ordinando alla polizia di trovare la giovane e di restituirla alla famiglia di origine. Il Soprintendente del distretto di Polizia locale però, ha confermato il suo rifiuto di obbedire all’ordine e di adoperarsi per salvare la ragazza. A questo punto, afferma la famiglia di Farah, “non resta che la speranza di un intervento della comunità internazionale, dato che il sistema giuridico e le forze dell’ordine in Pakistan non ci rendono giustizia”. Anzi, la polizia ha anche cercato di arrestare due fratelli di Farah, per intimidire la famiglia e convincerla ad abbandonare il caso. Farah ha firmato, sotto tortura, una dichiarazione in cui afferma di essersi convertita all’islam di sua volontà. La famiglia dice che “la conversione è stata estorta, ed è assolutamente non valida”. Farah è orfana di padre; sua madre Balqees Hatim, oltre a Farah, ha altri due figli e tre figlie. (R.P.)

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    India: radicali indù contro la legge a tutela delle minoranze. La Chiesa: legge giusta e necessaria

    ◊   Per i cristiani indiani è una legge “giusta e necessaria” mentre per i gruppi estremisti indù è “frutto di un complotto internazionale, per colpire i credenti indù”. Come riferiscono fonti locali all'agenzia Fides, in India si infiamma il dibattito sulla proposta di legge contro la violenza intercomunitaria (denominata “Communal Violence Bill”) che mira a prevenire attacchi alle minoranze etniche o religiose. La legge, approvata nelle scorse settimane dal “National Advisory Council”, sarà discussa nella sessione estiva dei lavori parlamentari, a luglio. Il documento conferisce allo Stato centrale ampi poteri di intervento, per prevenire e fermare episodi di violenza di massa e abusi sulle minoranze religiose, etniche o culturali, a prescindere dall’autorizzazione dei singoli Stati della Federazione indiana. I gruppi radicali indù hanno lanciato una campagna per delegittimare la proposta di legge, nel tentativo di affossarla. Subhas Couhan, leader del movimento radicale “Bajrang Dal”, parlando a una platea di militanti riuniti in Orissa – Stato che fu teatro della violenza anticristiana nel 2008 – ha detto che “la legge obbedisce a poteri esterni, è il risultato di una cospirazione internazionale che intende colpire i fedeli indù”. “La legge – ha continuato – interferisce con i poteri dei singoli Stati e costituisce, dunque, un attacco alla politica federale del Paese”, annunciando un’intensa campagna di sensibilizzazione in tutta la nazione per bloccare il provvedimento. Padre Joseph Babu Karakombil, portavoce della Conferenza episcopale dell’India, spiega all’agenzia Fides che “tutte le comunità cristiane, i fedeli musulmani, le Organizzazioni non governative, le associazioni per i diritti umani, i gruppi indù moderati, sono favorevoli a questa legge”. “La legge – rimarca – è frutto di un dibattito durato alcuni anni. Intende essere un deterrente per nuove violenze di massa contro le minoranze. E’ uno strumento forte ed efficace per prevenire violenze intercomunitarie, in quanto obbliga lo Stato centrale ad agire. Guardando la storia dell’India negli ultimi 50 anni, crediamo che sia una legge giusta e necessaria. In molti casi – come per gli attacchi ai cristiani in Orissa o quelli ai musulmani in Gujarat – lo Stato centrale è rimasto a guardare o è intervenuto con molto ritardo perché poteva agire solo su richiesta degli singoli Stati”. Il portavoce della Conferenza episcopale spiega che “la legge serve anche a depotenziare le complicità politiche che si sono verificate in quei casi. E offre un strumento in più: una autorità nazionale indipendente per monitorare le situazioni di tensione”. “Crediamo sia una legge utile a costruire la pace sociale e l’armonia interreligiosa in India. Inoltre - conclude - protegge tutte le minoranze: cristiani, musulmani, dalit, fuoricasta e anche gli indù nei sette Stati indiani dove essi stessi sono una minoranza”. (R.P.)

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    Nel Karnataka la polizia indiana arresta con false accuse un pastore pentecostale

    ◊   In India “elementi dell’Hindutva, di estrema destra, continuano impunemente a fare quello che vogliono alle minoranze in varie parti del Paese”. “Domenica scorsa la polizia del Karnataka ha fatto irruzione in una chiesa pentecostale, durante la celebrazione domenicale, in seguito a false accuse di conversioni forzate rivolte contro il pastore Manjunath Venketappa Naik a Doddama Layout, a Bangalore”. E’ quanto ha dichiarato all'agenzia AsiaNews il presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), Sjan K George, aggiungendo che il pastore è stato trattenuto e poi rilasciato dopo l’intervento dei legali. Il presidente del Gcic ha anche condannato con forza i tentativi compiuti dal movimento radicale indù Bajrang Dal di bloccare il percorso della legge per prevenire la violenza interreligiosa. Il coordinatore nazionale del Bajrang Dal, Subhash Chouan, ha annunciato che la sua organizzazione lancerà una campagna nazionale per impedire che la legge sia approvata dal Parlamento. (A.L.)

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    Venezuela: attacchi ai simboli religiosi cattolici. Per i vescovi un attentato alla convivenza

    ◊   Statue decapitate, immagini della Madonna e dei santi profanate, Vergini dipinte di rosso o prese a colpi di pistola. Nelle ultime settimane, il Venezuela è stato teatro di diverse aggressioni a simboli cattolici, che hanno suscitato allarme e preoccupazione in tutta la Chiesa e la società del Paese sudamericano. I vescovi parlano di azioni che “attentano alla convivenza pacifica”. II vescovi venezuelani sottolineano che gli attacchi di questi ultimi giorni “feriscono il sentimento cattolico della maggioranza del popolo venezuelano” e mettono in pericolo “l'esercizio del diritto fondamentale della libertà religiosa e di coscienza”. I presuli esortano anche gli organismi competenti ad indagare “a fondo sull'accaduto per chiarirne le cause e sanzionare i responsabili”. L’episcopato venezuelano respinge “l'utilizzazione reiterata del linguaggio, delle immagini o di altri simboli religiosi per fini commerciali, politici o ideologici” e invita “tutti i settori della società e in particolare i suoi dirigenti a lavorare insieme” perché venga arginata la violenza. Al momento non sono ancora stati individuati i responsabili degli attacchi ma sembra evidente il coordinamento delle diverse aggressioni. Per esponenti socialisti della maggioranza si tratta di atti di vandalismo, pratiche di “ultra destra destinate a creare confusione e terrore nella popolazione”. Per alcuni deputati dell’opposizione si potrebbe invece trattare di azioni ispirate da sentimenti propri dell’ateismo e del comunismo. L’Assemblea nazionale ha condannato gli attacchi contro i simboli religiosi e lo Stato ha annunciato che verranno restaurate le immagini profanate. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Documento dei vescovi del Cile sulla legge contro le discriminazioni

    ◊   “Una legge che stabilisca delle misure contro le discriminazioni conta sul nostro sostegno ma riteniamo che l'attuale progetto in discussione abbia bisogno di essere perfezionato”. Così si esprimono i vescovi del Cile con un documento della presidenza dell'episcopato in merito alla fase finale, prima dell'approvazione nel Parlamento, di una legge contro ogni tipo di discriminazione. I vescovi ricordano che la pari dignità di tutti gli esseri umani deriva dal fatto di essere stati creati ad immagine e somiglianza di Dio e specificano che "questa pari dignità, fondamento della convivenza, non deve essere invocata erroneamente contro diritti inerenti la natura umana. Ci sembra, spiegano i presuli, che l'attuale redazione del progetto di legge può permettere un utilizzo estraneo alle intenzioni dei legislatori” al punto che potrebbe “diventare fonte di discriminazioni che si desiderano invece evitare”. I vescovi cileni ricordano che in alcuni casi e Paesi "la formulazione imprecisa, il giusto rifiuto di ogni discriminazione è stato utilizzato con altri propositi" come “nell'unione matrimoniale tra un uomo e una donna, aperta, in conformità con la natura, alla procreazione. Affermando che questa definizione è discriminatoria nel caso di coloro che desiderano utilizzare la propria libertà per contrare 'matrimonio' con persone del medesimo sesso, si è riuscito a far approvare queste unioni civili cercando, inoltre, di equipararle all'istituzione matrimoniale”. I vescovi cileni ricordano anche che, nell'ambito di una definizione poco precisa e giusta del concetto 'discriminazione', spesso si è tentato di far passare un presunto diritto di adozione che nega al bambino la possibilità di avere un padre e una madre. Secondo l'episcopato cileno, con il medesimo modo d'impostare la lotta contro le discriminazioni, si sono registrate casi di veri attentati alle libertà di espressione e di religione poiché sono state comminate delle pene a “sacerdoti, storici e pastori che manifestano le proprie convinzioni sulla natura del matrimonio, della famiglia e della sessualità”. In concreto, i vescovi chiedono che la medesima legge in discussione affermi con precisione “che le sue norme non possono essere invocate in nessun modo contro la natura del matrimonio e della famiglia o per autorizzare l'adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso”. Una legge contro le discriminazioni, conclude il documento dei vescovi cileni, “non può essere discriminatoria nei confronti delle confessioni religiose al punto di impedire loro la professione pubblica delle proprie convinzioni”. Per i presuli, in una corretta definizione del concetto 'discriminazione', è in gioco sia la libertà religiosa sia la libertà democratica di uno Stato e quindi si deve procedere con la massima serietà e severità anche nell'uso delle parole, evitando per esempio l'utilizzo nel testo legale parole aliene all'ordinamento giuridico cileno, come per esempio ‘genere’ e “orientamento sessuale”. (A cura di Luis Badilla)

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    Usa: per i vescovi il suicidio assistito non è una risposta alla sofferenza

    ◊   Sfatare le argomentazioni più diffuse a favore del suicidio assistito. Questo l’obiettivo del documento "To Live Each Day With Dignity" (“Vivere ogni giorno con dignità”) che i vescovi degli Stati Uniti esamineranno la prossima settimana alla loro sessione primaverile a Seattle. Il documento – riferisce l’agenzia Cns - si propone di dimostrare la fallacità dei due argomenti chiave addotti a sostegno della legalizzazione del suicidio assistito: quello della compassione verso il malato sofferente e quello della libertà di scelta della persona. Il suicidio medicalmente assistito – afferma il testo - non è un atto di compassione, perché non mira a eliminare la sofferenza, bensì il paziente. La vera compassione è invece impegnarsi fino in fondo ad assisterlo nei suoi bisogni e riconoscere il valore intrinseco della sua vita. Inoltre, contrariamente all’opinione diffusa, il suicidio assistito di fatto mina la libertà di scelta della persona, perché se è accettato come possibile soluzione dalla società, magari in alternativa alle cure palliative, espone il paziente alle pressioni di chi potrebbe avere interesse ad incoraggiarlo a questa scelta. Nel 1991 la Commissione amministrativa della Conferenza episcopale aveva già pubblicato una breve dichiarazione sull’eutanasia, ma è la prima volta che i vescovi americani si esprimono collegialmente su questo argomento sul quale l’opinione pubblica americana è molto divisa. Il motivo che li ha spinti ad intervenire con un documento è che negli ultimi venti anni il movimento a favore della legalizzazione del suicidio assistito ha preso piede negli Stati Uniti e, dopo l’Oregon nel 1994, diversi Stati americani si stanno muovendo in questa direzione. “La Chiesa deve rispondere in modo tempestivo e visibile a questa sfida che sicuramente si riproporrà sempre più spesso nei prossimi anni”, spiega in una nota il cardinale Daniel DiNardo, presidente della Commissione per le attività pro-vita della Usccb. Se approvato dall’assemblea di Seattle "To Live Each Day With Dignity" sarà pubblicato sul sito della Conferenza episcopale insieme a una serie di schede con informazioni aggiuntive e pareri di esperti. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Mons. Zimowski agli operatori sanitari slovacchi: “Abbiate coraggio di difendere la vita”

    ◊   “Abbiate il coraggio di tentare nuove iniziative per sostenere e rispettare la vita umana dal concepimento alla morte naturale”. Lo ha detto mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli operatori sanitari incontrando gli operatori sanitari slovacchi nel corso della sua visita nel Paese, svoltasi dal 2 al 4 giugno scorsi. “Abbiate il coraggio di garantire un’assistenza sanitaria equa ed economicamente accessibile per tutti – ha affermato il presule - e di rifiutare la discriminazione dei deboli e dei poveri. Siate al servizio della vita a tutti i livelli della società”. Mons. Zygmunt Zimowski ha esortato una maggiore cooperazione con il Camillianum, l’Istituto Internazionale per la Teologia della Pastorale Sanitaria, e alcuni istituti di altri Paesi europei. Il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli operatori sanitari – riferisce il Sir - ha anche elogiato il lavoro svolto dalla sottocommissione per la bioetica della Conferenza episcopale. La visita di mons. Zimowski è stata anche valutata positivamente dal Ministro della Sanità della Repubblica Slovacca, Ivan Uhliarik, con il quale l’arcivescovo ha discusso delle possibilità di una futura stretta collaborazione fra il dicastero vaticano e il suo Ministero. Prima di partire per l’Italia, mons. Zygmunt Zimowski è intervenuto ad una Conferenza sul tema “L’etica nel sistema sanitario” che si è tenuta nella Facoltà di Teologia cattolica “Cirillo e Metodio” presso l’Università Comenius di Bratislava. (A.L.)

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    Filippine: la Chiesa dice "no" alla legalizzazione del divorzio

    ◊   La Chiesa cattolica nelle Filippine è impegnata in una campagna per dire "no" al divorzio e a respingere il tentativo di legalizzarlo nel Paese. Si tratta - riferisce l'agenzia Fides - di un nuovo tema eticamente sensibile in cui la comunità cristiana è coinvolta a livello sociale e politico, dopo quello del controllo demografico e dei mezzi di pianificazione familiare, mentre è in corso in Parlamento la discussione sul "Reproductive Health Bill", avversato dalla Chiesa perché in contrasto con la dottrina morale cattolica. "Essere una nazione in cui il divorzio non è legale è un onore di cui ogni filippino deve essere fiero. L'amore per la famiglia è il cuore dell'identità culturale filippina e non può essere distrutto dal divorzio", afferma l'arcivescovo emerito di Lingayen-Dagupan Oscar Cruz, parlando a nome dell'episcopato filippino. Entrambe le proposte di legge - quella sulla salute riproduttiva e quella sul divorzio - "sono importate e sono risultati della globalizzazione", nota il presule. Il tema del divorzio nelle Filippine era stato sollevato già nel marzo scorso, dopo un sondaggio dell'istituto "Social Weather Stations", in cui si affermava che il 50% delle coppie intervistate era favorevole al divorzio, il 33% sfavorevole (con un 17% di indecisi o astenuti). La notizia dell'approvazione del divorzio, dopo il referendum nella cattolica isola di Malta, ha rilanciato il dibattito interno e rafforzato il fronte divorzista. Ora la Commissione parlamentare per la Revisione della legislazione ha in agenda l'esame del provvedimento "House Bill 1799", già soprannominato "Legge sul divorzio". Secondo le autrici della proposta di legge, le parlamentari Gabriela Ilagan e Emerenciana A. De Jesus, l'alto numero di domande di "nullità di matrimonio" presentate dal 1988 a oggi, in base all'art 36 del Codice di Famiglia delle Filippine, "mostrano che vi sono migliaia di coppie che vorrebbero avere la possibilità di rescindere il loro matrimonio". Inoltre andrebbero considerati - affermano - i numerosi casi di violenza domestica. La Chiesa ha espresso parere contrario alla legalizzazione del divorzio. Il cardinale Vidal , arcivescovo emerito di Cebu, ha rimarcato che "esistono nella Costituzione garanzie per la protezione del matrimonio e del Codice di Famiglia, perciò il documento è incostituzionale". Il vescovo di Butuan, mons. Juan De Dios Pueblos, ha dichiarato che "la legge sul divorzio porterebbe immoralità nella società", mentre mons. Ramon C. Arguelles, arcivescovo di Lipa, ha invitato i filippini a non seguire l'esempio dei paesi "scristianizzati". (R.P.)

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    New York: la Missione della Santa Sede all'Onu conferisce il premio "Path to Peace"

    ◊   Si tiene questa sera, a New York, l’annuale cerimonia di conferimento del premio “Path to Peace” attribuito ogni anno dalla Fondazione omonima operante in collaborazione con la Missione di Osservazione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Il riconoscimento è stato assegnato al Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta, S.A.E. fra’ Matthew Festing, per l’azione umanitaria svolta dall’Ordine in oltre 120 Paesi del mondo in diversi ambiti di attività: assistenza medico-sociale, servizi di emergenza, corpi di primo soccorso, assistenza ad anziani, disabili, bambini in difficoltà, organizzazione di corsi di pronto soccorso. Nelle aree segnate da conflitti, l’Ordine si adopera in favore delle vittime e dei rifugiati e sfollati, senza distinzione di razza, origine o religione, a servizio della pace e della riconciliazione. Fra’ Matthew, nato in Inghilterra nel 1949, è entrato nell’Ordine nel 1977, dopo la laurea in storia a Cambridge. Discende dal Beato Adrian Fortescue, cavaliere di Malta, martirizzato nel 1539. Tra il 1993 e il 2008, in qualità di Gran Priore d’Inghilterra, ha condotto missioni di assistenza umanitaria in Kosovo, Serbia e Croazia. Il Consiglio Compito di Stato lo ha eletto Principe e Gran Maestro l’11 marzo 2008. A nome del Gran Maestro, impegnato in visita ufficiale in Romania, ritirerà il riconoscimento il Gran Commendatore dell’Ordine, Fra’ Gherardo Hercolani Fava Simonetti. Nel corso della cerimonia odierna verranno inoltre conferiti i premi “Servitor Pacis”, per rilevanti meriti nella promozione del bene comune. Li riceveranno sr. Eugenia Bonetti, Missionaria della Consolata, direttrice dell’Ufficio contro la tratta di donne e minori dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia (Usmi), sr. Rachele Fassera, comboniana, missionaria in Aboke (Uganda) e Karen Clifton, direttore esecutivo della Rete cattolica di mobilitazione contro la pena di morte. Ad introdurre i profili dei premiati saranno il cardinale Renato Raffaele Martino, cui si deve l’istituzione nel 1991 della Fondazione “Path to Peace” nell’ambito delle sue funzioni di Osservatore Permanente della Santa Sede all’Onu (1986-2002) e l’arcivescovo Francis Chullikatt, attuale rappresentante della Sede Apostolica al Palazzo di Vetro di New York. (A cura di Marina Vitalini)

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    Nella sede dell'Onu a New York, incontro di 500 giovani in vista della Gmg di Madrid

    ◊   La Missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, insieme al Parlamento Universale dei Giovani e all’Associazione internazionale Gioventù Idente, il 3 giugno scorso hanno realizzato un incontro al Palazzo di Vetro dell’Onu, a New York, in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. Sono stati invitati all’incontro - riferisce l'agenzia Fides - 500 giovani tra i 16 e i 30 anni, che hanno avuto l’opportunità di dialogare su alcuni dei temi cruciali del momento, tra i quali la necessità di proteggere e promuovere la vita umana in ogni sua fase. Nel corso dell’evento sono stati annunciati i vincitori del Premio “Fernando Rielo per la Gioventù”, che è stato assegnato a un’opera sulla difesa della vita e sul ruolo dei giovani come fari di cultura e di speranza in un mondo minacciato dalla cultura della morte. Il Premio offrirà ai vincitori la possibilità di partecipare alla Gmg di Madrid e coprirà interamente le spese di viaggio e soggiorno. Fra i presenti all’incontro l’arcivescovo Francis Assisi Chullikatt, Osservatore Permanente della Santa Sede, e alcuni diplomatici. Il cantante portoricano José Feliciano ha dialogato con i giovani sul tema delle difficoltà della vita e sulla possibilità di superarle, quindi ha concluso l’incontro con una sua canzone. La Fondazione Gioventù Idente è un'organizzazione no profit fondata dallo spagnolo Fernando Rielo (1923-2004) nel 1975, che mira a unire nei più alti ideali morali e culturali, i giovani provenienti da diversi Paesi, razze e credo religioso, per la formazione di un Parlamento Universale dei giovani. Fernando Rielo è stato un poeta mistico, filosofo, metafisico e autore di numerosi libri, ha fondato anche l'Istituto religioso dei Missionari Identes che ha 70 centri in oltre 25 Paesi. (R.P.)

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    La Chiesa in Australia: il governo non rispetta la Convenzione Onu per la tutela dei bambini

    ◊   Il governo australiano ha deciso di inviare in Malesia 800 rifugiati, compresi i bambini rimasti soli, in una sorta di scambio di profughi. Questa iniziativa non solo metterebbe in pericolo la vita dei più giovani, ma non rispetterebbe la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Bambini, firmata anche dall’Australia. L’allarme, diffuso in un comunicato dell’arcidiocesi di Sydney pervenuto all’agenzia Fides, giunge da padre Jim Carty, Coordinatore dei Marist Asylum Seekers and Refugee Services. "Il Ministro per l’Immigrazione, Chris Bowen diverrebbe automaticamente il tutore legale di tutti i bambini soli immigrati, arrivati via mare in Australia in cerca di asilo. Inviarli in un Paese dove i diritti umani sono molto precari e la loro sicurezza non sarebbe affatto garantita, è una evidente rottura della Convenzione delle Nazioni Unite che l’Australia aveva assicurato di rispettare" ha dichiarato padre Carty. In un incontro con i rappresentanti dell’Australian Refugee Council, Amnesty International, House of Welcome, Jesuit Refugee Service, Croce Rossa e altri gruppi impegnati a favore dei profughi, padre Carty ha evidenziato la sua preoccupazione riguardo alla decisione del Ministro che sarebbe inclusa nella cosiddetta “Malaysian Solution”. “Nessuno può garantire la tutela né proteggere i bambini una volta arrivati in Malesia” ha insistito padre Carty nel corso dell’incontro che si tiene regolarmente per trattare le tematiche riguardanti i profughi. “Sarebbero sottoposti alla legge malese che include anche la fustigazione". Il sacerdote si è detto inorridito per questa proposta ritenendola solo una questione politica del governo che vorrebbe “barattare” gli 800 profughi in cambio di 4 mila rifugiati detenuti in Malesia. Il coordinatore dei Marist Asylum Seekers and Refugee Services ha anche dichiarato che il governo di entrambe le fazioni politiche ha fomentato una sorta di timore verso i boat people. La preoccupazione principale è per i richiedenti asilo, in particolare i bambini, che in Malaysia potrebbero andare incontro a denutrizione e maltrattamenti, all’impossibilità di frequentare la scuola e a rischio di essere detenuti per più di 4 o 5 anni. (R.P.)

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    Regno Unito: a Pentecoste 60 pastori anglicani saranno ordinati sacerdoti cattolici

    ◊   Saranno circa sessanta, in tutto il Regno Unito, i pastori anglicani che verranno riordinati il prossimo fine settimana, in occasione della Pentecoste, come sacerdoti cattolici e serviranno nell’Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham. Sette – come precisa l’agenzia Sir - sono stati ordinati dall’arcivescovo londinese di Southwark, Peter Smith, sabato scorso e cinque verranno ordinati venerdì prossimo nella Westminster Cathedral, la chiesa madre del cattolicesimo inglese, dal Primate cattolico Vincent Nichols. Gli ex pastori anglicani saranno riordinati nell’ambito dell’ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham previsto dalla Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus”, pubblicata dal Papa in risposta alle richieste di alcuni anglicani che volevano entrare in piena comunione con Roma. Hanno frequentato un programma di formazione di 14 settimane e per un giorno alla settimana hanno studiato nel seminario di Allen Hall, a Chelsea, a Londra, in vista della loro ordinazione a Pentecoste. L’ordinariato consente agli anglicani che ne fanno parte di diventare cattolici mantenendo alcune forme e tradizioni della liturgia anglicana ed è stato istituito con un decreto lo scorso gennaio quando è stato anche annunciato il nome dell’ordinario responsabile, Keith Newton. I primi sacerdoti dell’ordinariato sono stati, lo scorso gennaio, Keith Newton, John Broadhurst e Andrew Burnham tre ex vescovi anglicani che sono stati riordinati nella Chiesa cattolica e hanno ricevuto il titolo di monsignori. (L.Z.)

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    Uganda: per la Solennità dei Martiri d’Uganda ricordate anche le vittime musulmane dell’eccidio

    ◊   Decine di migliaia di fedeli cattolici e anglicani da tutta l’Uganda, dalla Repubblica Democratica del Congo, dal Kenya, dalla Tanzania e dal Sud-Sudan hanno partecipato, il 3 giugno, al tradizionale pellegrinaggio al Santuario di Namugongo, alla periferia di Kampala, per la Festa liturgica dei Martiri dell’Uganda. Il pellegrinaggio commemora i Santi Carlo Lwang, e i 21 compagni che insieme a diverse altre decine di giovani anglicani furono brutalmente trucidati tra il 1885 e il 1887 per ordine del re Buganda Mwanga. L’ultimo fu decapitato il 27 gennaio 1887 a Mengo, alla periferia di Kampala. A presiedere la celebrazione quest’anno – riferisce il quotidiano locale “The Monitor” ripreso dall’agenzia Apic - è stato mons. Sabino Ocan Odoki, arcivescovo di Arua che nell’omelia ha voluto ricordare anche le 72 vittime musulmane della persecuzione a cui è dedicata una vicina moschea fatta erigere dal dittatore Idi Amin Dada. “Questi martiri – ha ricordato - anche se appartengono a diverse confessioni ed erano di diversa estrazione culturale erano tutti credenti in Dio”. Egli ha quindi invitato gli ugandesi a risolvere le loro divergenze con il dialogo, sottolineando che l’unità è l’unico modo per risolvere pacificamente i problemi del Paese “invece della violenza e dei gas lacrimogeni” ha detto. Canonizzati nel 1964 da Paolo VI, che li ricordò durante il suo pellegrinaggio in Africa del 1969 con una celebrazione sulle loro tombe, i martiri di Namugongo vengono comunemente considerati i protettori dell’Africa moderna che, malgrado i suoi problemi, è capace di generare, attraverso la sua società civile, straordinari testimoni di speranza. (L.Z.)

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    Brasile: dichiarazione dei vescovi sull'assassinio del leader ambientalista Ribeiro da Silva e di sua moglie

    ◊   La Commissione episcopale per la Pastorale della Carità, Giustizia e Pace della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb) ha recentemente pubblicato una dichiarazione, ripresa dall’agenzia Fides, sull'assassinio del leader ambientalista José Cláudio Ribeiro da Silva, e di sua moglie, Maria do Espirito Santo Silva, avvenuto il 24 maggio a Nova Ipixuna, stato del Pará. La coppia è stata colpita a morte all'interno dell'insediamento Progetto Estrattivista, Praia Alta Piranheira, nel comune di Nova Ipixuna al sud-est dello stato. "La Commissione episcopale per la Pastorale della Carità, Giustizia e Pace della Cnbb, si unisce alle numerose espressioni di indignazione per il brutale assassinio della coppia" dice un passo della dichiarazione. La stessa Commissione, nel mese di novembre 2010, aveva pubblicato un’altra dichiarazione, firmata da José Cláudio davanti a più di 400 studiosi di diversi campi della ricerca, nella quale il leader ambientalista affermava: "vivo nella foresta, la proteggo comunque, così che vivo aspettando una pallottola in testa in qualsiasi momento, perché sono sempre in vista, davanti a tutti, e io denuncio ciò che vedo". Nella recente dichiarazione, la Commissione chiede, a nome delle Commissioni della Pastorale Sociale e degli organismi ad essa collegate, "solidarietà con le comunità della diocesi di Maraba, con la popolazione di Nova Ipixuna e con la famiglia della coppia". Secondo informazioni dalla stampa locale, la coppia lottava da anni contro i traffici illeciti di legname nella foresta amazzonica. La loro attività consisteva principalmente nell’ostacolare le attività delle aziende che tagliavano alberi illegalmente bloccando i loro camion e denunciandoli alle autorità. Il quotidiano brasiliano “Diario do Parà” scrive che la polizia aveva sempre negato qualsiasi forma di protezione alla famiglia Da Silva nonostante le loro richieste. La ricostruzione dell’omicidio non è ancora del tutto chiara, ma sembra che si sia trattato di un’imboscata. (R.P.)

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    Gerusalemme è la città più abitata della Terra Santa

    ◊   La città di Gerusalemme è la più popolosa della Terra Santa. Lo rivelano i dati diffusi dalla municipalità che ha registrato 789 mila abitanti, di cui il 64% ebrei e il 36% arabi. Circa la componente ebraica, il 31% si dichiara tradizionalista, il 29% ultra-ortodosso, il 20% semplicemente religioso. Solo un abitante su cinque si dice laico e non osservante. Tra gli arabi di Gerusalemme, rende noto il portale www.terrasanta.net, si assiste invece ad un calo delle nascite, mentre la media per ogni donna ebrea è di quattro figli e la maggior parte dei giovani in età scolare (ben il 64%) frequenta una scuola ultra-ortodossa. L’emigrazione fa registrare però numeri che includono in egual modo sia arabi che ebrei. Nel 2010 hanno lasciato Gerusalemme oltre 18 mila persone, di cui 14 mila al di sotto dei 35 anni. I motivi sono legati soprattutto alla mancanza di case a prezzi ragionevoli e particolarmente alla carenza di lavoro. Quanto al settore turistico sono stati 2 milioni e 788 mila i visitatori nello scorso anno e si è osservato anche il fiorire di piccole e medie imprese( più 30% rispetto al 2009). (T.C.)

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    Spagna: funerali del sacerdote ucciso a Cartagena

    ◊   Il vescovo della diocesi di Cartagena, in Spagna, mons. José Manuel Lorca Planes celebrerà oggi i funerali di padre Ricardo Muñoz Juárez, sacerdote castrense in pensione che svolgeva il ministero pastorale come collaboratore presso la Iglesia de la Caridad di Cartagena, ucciso venerdì scorso da un colpo alla testa inferto con un oggetto contundente. Il corpo del sacerdote è stato vegliato presso la chiesa de La Caridad fino ad oggi, come riferisce all’agenzia Fides la stessa diocesi di Cartagena. Il sacerdote è stato trovato morto nella sua casa sulla Calle Mayor, la via principale della città portuale. Come ha dichiarato il vescovo di Cartagena non appena trovato il cadavere, "le circostanze che circondano questa morte sono ancora più dolorose e tragiche se sarà verificata la notizia dell'omicidio". Nello stesso comunicato, mons. Lorca Planes desidera che si accertino rapidamente i fatti e le cause della morte, che ha sconvolto tutta la diocesi, e in modo particolare la città di Cartagena, dove il sacerdote era conosciuto e amato da molti. Il Pastore della diocesi chiede ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli di affidare al Signore l’anima di padre Ricardo e di chiedergli di rafforzare la fede della famiglia. Mentre le indagini della Polizia nazionale continuano, l'ipotesi principale è che alcuni ladri si siano introdotti nella casa della vittima, dove viveva anche la sorella del sacerdote, anziana e portatrice di handicap, e una volta scoperti abbiano colpito padre Ricardo uccidendolo. (R.P.)

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    Documento della Chiesa ortodossa russa sulla cristianofobia

    ◊   La discriminazione religiosa potrà essere sconfitta solo attraverso l’allargamento di un dialogo che coinvolga gli Stati, le organizzazioni internazionali, le varie confessioni e i rappresentanti della società civile. A ribadirlo è il Sinodo della Chiesa ortodossa russa, che in un recente documento, al termine di un incontro tenutosi a San Pietroburgo, affronta “con profonda inquietudine” il tema dell’aumento degli episodi di cristianofobia in alcune aree del mondo. La cristianofobia, afferma il Patriarcato di Mosca, si manifesta soprattutto quando le differenze religiose sono usate a fini politici, principalmente da gruppi estremisti, i cui obiettivi sono incompatibili con il bene della società nel suo insieme. Da qui l’appello della Chiesa ortodossa russa, rivolto alla comunità internazionale, ai responsabili religiosi e a tutte le autorità pubbliche, ad “elaborare dei meccanismi integrali ed efficaci di difesa dei cristiani e delle comunità cristiane che subiscono persecuzioni o restrizioni nella loro esistenza e nelle loro attività religiose”. Nel documento pubblicato al termine della riunione svoltasi a San Pietroburgo, il sinodo del Patriarcato di Mosca ricorda anche i recenti, tragici avvenimenti accaduti nella città egiziana di Giza, dove “chiese cristiane sono state bruciate e fedeli della Chiesa copta hanno perso la vita nel corso di disordini di massa”. Manifestazioni di cristianofobia – si legge nel testo ripreso dall’Osservatore Romano - che “non possono più essere interpretate come incidenti occasionali: in certe regioni del mondo si tratta di una consuetudine”. La Chiesa ortodossa russa ricorda poi le discriminazioni che, in alcuni Paesi, fanno dei cristiani dei “cittadini di seconda categoria”: atti di vandalismo legati all’estremismo religioso, restrizioni della libertà di culto, sentenze giudiziarie particolarmente dure, che arrivano fino alla pena di morte per blasfemia. “Il cristianesimo – sottolinea poi il Patriarcato di Mosca - insegna ai suoi fedeli a obbedire alla legge e a rispettare i governi legali”, ma gli Stati, responsabili dei propri cittadini, “hanno l’obbligo di rispettare la dignità e i diritti di tutti e, di conseguenza, di garantire la libertà di religione e la sicurezza delle comunità religiose”. Nessuno può essere discriminato a causa della propria fede. Per questo, la ferma condanna della Chiesa ortodossa russa si estende a qualsiasi forma di antisemitismo e di islamofobia. Si ribadisce infine l’impegno a favorire il dialogo tra i leader religiosi e la comunità internazionale allo scopo di “lavorare allo stabilimento di principi di coesistenza pacifica fra i credenti di differenti tradizioni”. (A.L.)

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    Messaggio del Consiglio Ecumenico delle Chiese per la Pentecoste

    ◊   “La celebrazione della Pentecoste offre ad ogni comunità ecclesiale e a ciascuno una nuova occasione di vivere in maniera eucaristica e dossologica la venuta e il dono dello Spirito Santo”: è quanto si legge nel messaggio per la Pentecoste del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Coe) firmato da diversi leader religiosi. Pubblicato sul sito www.oikoumene.org, il messaggio esorta a rinnovare la propria fiducia nella potenza Spirito e a pregarlo con più animo perché “rinnovi la Chiesa donandole un nuovo soffio e … doni la forza di diventare, nel mondo sofferente di oggi, martiri della croce e della resurrezione, testimoni di giustizia, di pace e di speranza”. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese sottolinea che lo Spirito rivela agli uomini il Cristo come Signore e Salvatore, portandolo, con la grazia, nel cuore umano ed ancora che “lo Spirito Santo persegue l’opera salvatrice del Cristo nel tempo e nello spazio facendo risplendere l’energia divina, in modi spesso incomprensibili per lo spirito umano”. Infine il messaggio ricorda che la potenza che i discepoli hanno ricevuto nella Pentecoste con la venuta dello Spirito Santo, è stata offerta per la trasmissione del Vangelo della salvezza a tutta la terra, “l’oikoumene, per continuare l’opera di trasformazione del mondo cominciata da Cristo”. (T.C.)

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    Cooperative italiane: nel 2010 occupazione cresciuta del 3%

    ◊   Le cooperative italiane hanno retto il contraccolpo della crisi. Nel 2010, infatti, l’occupazione è cresciuta del 3%, anche se questo ha comportato sacrifici: gli utili si sono ridotti di due terzi. Dunque l’obiettivo di Confcooperative, che oggi ha tenuto la sua assemblea nazionale a Roma, è creare benessere, avendo come punto di riferimento la dottrina sociale della Chiesa. Per continuare a crescere, però, bisogna tornare ad investire. Secondo Luigi Marino, presidente di Confcooperative, per fare questo serve una riforma fiscale che semplifichi il sistema, serve più legalità e meno burocrazia. Ed ancora una politica che guardi al bene comune. Marino afferma che “è un tempo di responsabilità eccezionale” e le associazione di ispirazione cristiana assicurano la loro collaborazione per far tornare il Paese a crescere. Responsabilità eccezionale che passa attraverso il contenimento del debito pubblico e il rilancio del lavoro giovanile. Secondo il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, è importante l’apporto che le associazioni cristiane stanno dando alla società e chiede di puntare sul capitale umane per dare slancio allo sviluppo. (A cura di Alessandro Guarasci)

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    24 Ore nel Mondo



    Strage di militari in Siria, oltre 120 uccisi in un’imboscata nel nord del Paese

    ◊   Potrebbe presto finire davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la brutale repressione delle manifestazioni antigovernative in Siria. Intanto, il governo di Damasco denuncia la strage di oltre 120 appartenenti alle forze di sicurezza, mentre resta altissima la tensione con lo Stato di Israele dopo gli incidenti di domenica sulle alture del Golan. Il servizio di Marco Guerra:

    Il presidente Assad ha perso la legittimità necessaria per restare al potere. È una presa di posizione netta e senza precedenti quella espressa dal ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, secondo il quale “in Siria il processo di riforme è finito” e ora di “far procedere” una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che condanna Damasco le sua dura repressione del dissenso. Il capo della diplomazia francese ne ha parlato ieri a Washington con il segretario di stato Usa, Hillary Clinton. Ma la possibilità che l’organo dell’Onu adotti la risoluzione non è scontata. La Russia, infatti, potrebbe opporre il veto. Un rischio, che Juppè si dice pronto a correre. Intanto in Siria non si fermano le violenze. Questa volta a farne le spese sono stati almeno 123 agenti delle forze di sicurezza uccisi in un agguato da uomini armati nella città di al-Shughur, nel nordovest del Paese. Il governo ha attribuito la strage a gruppi terroristici stranieri. Vittime anche tra i dissidenti. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani di Londra, almeno 40 persone sono state uccise ieri nell'ambito delle operazioni delle forze di sicurezza contro chi manifesta per la democrazia. E resta altissima la tensione con Israele dopo gli scontri, domenica, sulle alture del Golan, presso il confine tra i due Stati, che hanno provocato 23 vittime, tra siriani e palestinesi, e il richiamo della comunità internazionale che ha chiesto a Damasco di astenersi da provocazioni e a Israele di non eccedere nelle risposte. Il ritorno della violenza al confine con lo Stato ebraico ha inoltre provocato un duro scontro all’interno della comunità palestinese presente in Siria. Ieri, almeno 14 persone sono morte nella sparatoria nel campo profughi di Yarmuk che ha coinvolto miliziani palestinesi di fronti politici opposti a margine dei funerali di alcune vittime degli incidenti sul Golan. Da segnalare infine la fuga in Turchia di oltre 50 persone in fuga dalla repressione. Secondo una fonte diplomatica turca venti di loro sono in cura per ferite di vario genere.

    Aiea-Siria
    E la Siria è anche sotto osservazione da parte dell’Aiea. L’Agenzia internazionale per l'energia atomica, riunita a Vienna, ha accusato Damasco di non aver spiegato la vera natura del sito di Dair Alzour, dove forse le autorità siriane avrebbero costruito un reattore nucleare. Secondo l’Aiea, l’Iran avrebbe proseguito, fino a poco tempo fa, il suo programma di sviluppo di armi nucleari.

    Libia
    La Nato comincia a prepararsi all'uscita di scena di Gheddafi ed intensifica i raid contro gli obiettivi sensibili del regime. Dopo una notte di bombardamenti, questa mattina una colonna di fumo si è vista levare nel centro di Tripoli, nei pressi del bunker dove si ritiene possa nascondersi Gheddafi. Intanto, si riuniscono a Bruxelles i ministri della Difesa degli alleati, mentre a Bengasi è giunto l’inviato speciale della presidenza russa Mikhail Marguelov, per aprire un dialogo con i vertici del Consiglio nazionale di transizione.

    Usa-Medio Oriente
    Gli Stati Uniti bocciano la proposta francese di una conferenza di pace per il Medio Oriente. “Non sarebbe proficuo”, ha detto il segretario di Stato americano Hillary Clinton incontrando ieri a Washington il ministro degli Esteri francese Juppè. La Clinton ha poi spiegato che israeliani e palestinesi non sono al momento disponibili alla ripresa dei negoziati.

    Merkel-Obama
    Al via oggi una tre giorni di incontri a Washington tra la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il presidente americano Barack Obama dopo le divergenze in politica estera tra i due leader. Sul tavolo le crisi in Nordafrica e Medio Oriente, i problemi dell'euro, l'economia mondiale e le relazioni tedesco-statunitensi.

    Processo Strauss-Kahn
    E’ fissata al 18 luglio la prossima udienza del processo contro l’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale. Ieri davanti ai giudici di Manhattan, Dominique Strauss-Kahn si è dichiarato innocente, respingendo così le accuse di reati sessuali su una cameriera. Se riconosciuto colpevole rischia dai 5 ai 25 anni di carcere.

    Burkina Faso
    In Burkina Faso, nella fine settimana, le forze speciali hanno represso l’ultima di una serie di rivolte militari, in corso da oltre tre mesi. Intervistato da Davide Maggiore, il giornalista di "Nigrizia", Raffaello Zordan fa un’analisi della crisi, partendo dal ruolo dell’esercito:

    R. - Sicuramente le forze armate hanno un ruolo importante in questo Paese e hanno contribuito anche all’ascesa del presidente Compaoré. Vediamo però che ci sono vari ceti sociali che si stanno ribellando, soprattutto ad una questione: la maggior parte di questa popolazione vive sotto la soglia della povertà e, non a caso, infatti, il Paese è al 161.mo posto su 169 nell’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite.

    D. - Quali sono le radici di questa crisi?

    R. – Primo, l’incapacità di ridistribuire quel poco di ricchezza che c’è. Una delle radici della crisi poi è sicuramente il fatto che molti burkinabè, andati a lavorare in Costa d’Avorio, sono di ritorno in questi anni, perché si sono trovati senza lavoro a causa della crisi in Costa d’Avorio. Le informazioni che si hanno, anche se è difficile penetrare quegli ambienti, è che ci sia malcontento in vari settori dell’esercito e anche negli alti gradi: una preoccupazione perché ormai si punta all’alternanza.

    D. - Un golpe può essere lo sbocco di questa situazione?

    R. - Se Compaoré non riuscirà a capire cosa avviene veramente nel cuore dell’esercito è evidente che potrà avere delle difficoltà proprio a partire da lì. Oggi è difficile che Compaoré, se ha dalla sua parte una fetta consistente delle forze armate, possa essere mandato a casa da rivolte di strada. (ap)

    Italia-Referendum
    La Corte costituzionale ha giudicato ammissibile il nuovo quesito referendario sul nucleare, così come riformulato dalla Cassazione dopo le modifiche introdotte dalla legge "Omnibus". La decisione è stata presa all'unanimità. Su tale quesito gli italiani saranno dunque chiamati a decidere durante la consultazione del 12 e 13 giugno. Le motivazioni della decisione, scritte dal giudice Tesauro,saranno depositate in giornata. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 158

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