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Sommario del 06/06/2011
◊ La Croazia, Paese dalla fede “sincera”, motivo di “gioia” per Benedetto XVI che ha constatato “quanto sia ancora viva nell’oggi l’antica tradizione cristiana” della popolazione locale. Queste le parole del Papa a conclusione, ieri, del suo 19.mo viaggio apostolico internazionale: per la pioggia battente la cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Zagabria ieri sera è stata annullata. Le delegazioni vaticana e croata si sono salutate in un hangar. In serata il rientro del Pontefice in Vaticano. Da Zagabria, il servizio della nostra inviata Giada Aquilino:
(musica)
Un “esempio di zelo apostolico e di cristiana fermezza, la cui eroica esistenza ancora oggi illumina i fedeli delle diocesi croate, sostenendone la fede e la vita ecclesiale”. E’ il beato cardinale Alojzije Stepinac nelle parole di Benedetto XVI, ieri pomeriggio alla celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Zagabria, dedicata a Maria Santissima Assunta e a Santo Stefano re d’Ungheria.
(canto)
Con i 1000 tra vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi croati, il Papa – prima di soffermarsi a pregare sulla tomba del beato - ha ricordato l’“intrepido pastore” della Chiesa croata, morto martire nel 1960 per le conseguenze di una dura prigionia sotto il regime comunista di Tito. I meriti del cardinale Stepinac, beatificato nel ’98 da Giovanni Paolo II nel santuario di Marija Bistrica, “derivano essenzialmente dalla sua fede”:
“Proprio grazie alla sua salda coscienza cristiana, ha saputo resistere ad ogni totalitarismo, diventando nel tempo della dittatura nazista e fascista difensore degli ebrei, degli ortodossi e di tutti i perseguitati, e poi, nel periodo del comunismo, «avvocato» dei suoi fedeli, specialmente dei tanti sacerdoti perseguitati e uccisi. Sì, è diventato «avvocato» di Dio su questa terra, poiché ha tenacemente difeso la verità e il diritto dell’uomo di vivere con Dio”.
D’altra parte, il martirio cristiano - ha spiegato Benedetto XVI – “è la più alta misura di santità, ma lo è sempre e soltanto grazie a Cristo”. Il martirio di Stepinac segnò il culmine delle violenze perpetrate contro la Chiesa durante la terribile stagione della persecuzione comunista. Il Pontefice ha ricordato che “i cattolici croati, in particolare il clero, sono stati oggetto di vessazioni e soprusi sistematici, che miravano a distruggere la Chiesa cattolica, a partire dalla sua più alta Autorità locale”, l’allora presidente della Conferenza episcopale croata, proprio Stepinac:
“Quel tempo particolarmente duro è stato caratterizzato da una generazione di Vescovi, di sacerdoti e di religiosi pronti a morire per non tradire Cristo, la Chiesa e il Papa. La gente ha visto che i sacerdoti non hanno mai perso la fede, la speranza, la carità, e così sono rimasti sempre uniti. Questa unità spiega ciò che è umanamente inspiegabile: che un regime così duro non abbia potuto piegare la Chiesa”.
E anche oggi, ha notato il Pontefice, la Chiesa croata è chiamata ad essere unita “per affrontare le sfide del mutuato contesto sociale. Ai vescovi e ai sacerdoti, in particolare, il Papa ha chiesto di operare “al servizio della riconciliazione tra i cristiani divisi e tra i cristiani e i musulmani, seguendo le orme di Cristo”. L’insegnamento morale della Chiesa, oggi spesso non compreso – ha aggiunto – non può essere svincolato dal Vangelo. Spetta ai pastori proporlo ai fedeli in modo che si possa avanzare “in quella svolta culturale” necessaria per promuovere una cultura della vita e una società a misura d’uomo.
Il Papa ha poi ricordato le difficoltà dei compiti dei sacerdoti, “in un’epoca nella quale la scarsità di presbiteri comincia a farsi fortemente sentire”, esortandoli a essere “operatori efficaci della nuova evangelizzazione, che - ha detto - siete chiamati a realizzare unitamente ai laici”. Ai consacrati e alle consacrate, il Papa ha raccomandato di lasciarsi “plasmare” da Dio. Rivolgendosi ai giovani che si preparano al sacerdozio o alla vita consacrata il Pontefice ha quindi auspicato che l’“eroica testimonianza del Beato Alojzije Stpinac” ispiri un rinnovamento delle vocazioni” in Croazia. Infine un pensiero a tutta la Chiesa del Paese:
“Amata Chiesa in Croazia, assumi con umiltà e coraggio il compito di essere la coscienza morale della società, 'sale della terra' e 'luce del mondo'. Sii sempre fedele a Cristo e al messaggio del Vangelo, in una società che cerca di relativizzare e secolarizzare tutti gli ambiti della vita. Sii la dimora della gioia nella fede e nella speranza”.
(musica)
Il Pontefice si è congedato dalla Cattedrale, dove era stato anche 10 anni fa per la commemorazione del cardinale Franjo Seper, predecessore dell’allora cardinale Joseph Ratzinger “nell’ufficio di Prefetto della Congregazione della Fede”, come ha ricordato nel suo intervento l’arcivescovo di Zagabria, il cardinale Josip Bozanic. Come ricordo della sua nuova visita alla cattedrale, il Pontefice ieri ha donato un calice, così come aveva fatto alla nuova sede della Conferenza episcopale croata, sulla collina di Ksaver, pranzando con i vescovi presenti a Zagabria: nell’occasione era stata scoperta anche una targa commemorativa dell’evento.
Dopo una visita alla residenza del cardinale Bozanic e un veloce saluto ai seminaristi croati, per la pioggia battente la cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Zagabria è stata annullata. Il Santo Padre ha comunque salutato in un hangar il presidente Ivo Josipovic. Al termine della sua due giorni, Benedetto XVI ha constatato che, in questo tempo in cui sembrano mancare punti di riferimento stabili e affidabili, la vitalità ecclesiale della Croazia “non mancherà di produrre i suoi effetti positivi sull’intera società”. Il capo dello Stato ha invece sottolineato che nessuno “è rimasto indifferente ai messaggi del Papa sulla famiglia, la morale, la fede, l’Europa quale comunità di popoli e culture”.
◊ Una visita pastorale all’insegna della famiglia, dell’Europa e della figura del Beato Stepinac. All’indomani della conclusione del viaggio apostolico in Croazia, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, si sofferma sui momenti e i messaggi salienti della due giorni in terra croata di Benedetto XVI. L’intervista è di Alessandro Gisotti:
R. - Possiamo dire che il viaggio è riuscito pienamente, anche al di là delle aspettative che potevano avere i vescovi croati. C’è stata una risposta molto grande, molto cordiale e io direi che nell’atmosfera si sentiva che era un’accoglienza non solo da parte della Chiesa più impegnata, dei fedeli veramente convinti, ma anche del popolo. Ecco, il popolo croato con le sue radici cristiane era contento di ricevere il Successore di Pietro: questo rapporto profondo, continuo, solido tra la Santa Sede e il popolo croato lo si è “respirato”. Naturalmente, nei momenti fondamentali, più esplicitamente di preghiera – l’incontro con i giovani e l’incontro con le famiglie – Cristo è stato al centro; Cristo anche nel Sacramento dell’Eucaristia, adorato e celebrato.
D. – Dalla Croazia, il Papa ha parlato a tutta l’Europa, in particolare nel discorso al Teatro nazionale dove, incontrando la società civile croata si è soffermato sui temi a lui molto cari della coscienza e della relazione tra fede e scienza …
R. – La Croazia appartiene a pieno titolo alla storia d’Europa e quindi è naturale che un discorso che il Papa faceva per il popolo croato più o meno direttamente, ma in certi momenti anche molto direttamente, diventava un discorso anche sulla cultura europea, sullo sviluppo della comunità dei popoli in Europa, sui suoi aspetti positivi e sui suoi rischi. E certamente, il discorso al mondo della cultura, alla società in generale ha toccato punti classici del Magistero del Santo Padre. Questo tema della coscienza, che diventa – mi pare – sempre più profondo e frequente: io ero rimasto molto toccato da come il Papa ne aveva parlato anche a proposito di Newman, per esempio … In questo discorso ho trovato un riferimento che mi ha molto colpito e che mi è sembrato anche abbastanza originale: ha collegato questo discorso strettamente alle famiglie: cioè, il Papa ad un certo punto ha detto: Qual è il luogo?, dov’è che si forma la coscienza dell’uomo, questa coscienza ispirata dei valori oggettivi, questa coscienza luogo di dialogo per la ricerca della verità e del bene? Si forma attraverso tutta la storia della vita della persona, a cominciare dalla sua infanzia, dal suo modo di giocare, dal suo modo di intrattenersi e di entrare in rapporto, in relazione con gli amici intorno a sé. Quindi, la formazione della coscienza al vero e al bene, alla convivenza in dialogo positivo con gli altri, è qualcosa che accompagna tutta la vita e in particolare l’ambiente familiare, che è quello dove si mettono veramente le basi profonde della personalità.
D. – Nella grande Messa a Zagabria, il Papa ha rivolto un forte, accorato appello in favore della famiglia. Qui, evidentemente, non si rivolgeva solo alla società croata …
R. – Il Papa desidera proporre la bellezza, la grandezza, la profondità dell’ideale della visione cristiana della famiglia anche come un vero aiuto, attraverso la spiritualità, attraverso il Sacramento del matrimonio, per viverla bene, nella gioia, nella fecondità, nella costruttività; e così dare un contributo positivo per questa realtà della famiglia che è fondamentale per la vita della società, ma che incontra tanti problemi e tante difficoltà, come vediamo in particolare oggi anche nelle nostre società. Quindi, quando il Papa, come a Zagabria, mette in rilievo dei rischi o fa degli ammonimenti, questo non è per fare polemica, ma è per far capire come nella visione cristiana profonda, positiva della famiglia fondata sull’amore e anche appoggiata sull’amore di Cristo, si possa dare un contributo che serve a “salvare” i valori più belli della famiglia per tutta la società umana. Quindi, non polemica ma veramente offerta di un contributo positivo.
D. – Momento conclusivo della visita è stato l’omaggio alla tomba del Beato Stepinac. I tempi sono cambiati ma – ha detto il Papa riecheggiando il vescovo martire – i cattolici sono chiamati ad annunciare anche oggi il Vangelo con coraggio, vincendo il male della mediocrità...
D. – L’evocazione della figura di Stepinac, la sua memoria riguarda certamente tempi duri, tempi oscuri del secolo passato: due totalitarismi di segno opposto ma ugualmente orribili e omicidi; però, il messaggio continua. E’ Stepinac stesso che ce l’ha detto, nelle sue parole che sono state ricordate dal Santo Padre, ma ce lo dice anche il Papa oggi. La missionarietà, di fronte a pericoli che non sono così violenti, così orribili e omicidi come quelli in cui è vissuto Stepinac a suo tempo, ma che possono essere insidiosi, perché possono essere gravi proprio perché, a lungo andare, minano elementi importantissimi per la nostra buona convivenza, per l’orientamento delle giovani generazioni. Ecco, quindi, il coraggio nell’annunciare una missione di rispetto per la persona umana, per i valori fondamentali su cui noi possiamo salvare la dignità della persona umana, è qualcosa che dobbiamo sentire anche come nostro. (gf)
Mons. Alberto Bottari de Castello nominato dal Papa nunzio apostolico in Ungheria
◊ Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Ungheria l'arcivescovo Alberto Bottari de Castello, finora nunzio apostolico in Giappone.
◊ Si è conclusa, secondo le scadenze previste, la prima fase della Visita apostolica nelle quattro diocesi metropolitane della Chiesa irlandese, sullo sfondo della vicenda degli abusi commessi sui minori dal clero locale. La Visita, iniziata nel novembre scorso, era stata annunciata da Benedetto XVI nella sua Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
L’intento, aveva affermato Benedetto XVI nella sua Lettera, era quello di “aiutare la Chiesa locale nel suo cammino di rinnovamento”. E secondo questo spirito si sono mossi i quattro visitatori apostolici, che nei mesi scorsi si sono recati nei seminari e negli istituti religiosi irlandesi, trovando – afferma un comunicato ufficiale – una “collaborazione” che ha consentito uno svolgimento del lavoro “molto proficuo”. Nella sostanza, informa la nota, i visitatori nominati da Benedetto XVI hanno verificato tre aspetti: se i rapporti reciprocamente esistenti fra le varie componenti della Chiesa locale, i seminari e le comunità religiose, “siano tali da sostenerle nel cammino di profondo rinnovamento spirituale già perseguito dalla Chiesa in Irlanda”, quindi l’efficacia delle procedure attualmente seguite nel rispondere ai casi di abuso e, terzo, le forme di assistenza attualmente offerte alle vittime.
Mentre ai quattro arcivescovi metropoliti “va – si legge – il più sincero ringraziamento da parte del Santo Padre”, il comunicato informa che i Rapporti stilati dagli inviati papali, consegnati ai competenti dicasteri della Santa Sede, sono stati –“singolarmente e poi nel contesto di appositi incontri interdicasteriali” – oggetto di una prima e costruttiva valutazione. Le decisioni scaturite da questi incontri sono state sintetizzare in quattro punti. Per ciò che concerne le diocesi e i seminari irlandesi, la nota ufficiale afferma che “la Congregazione per i Vescovi e la Congregazione per l’Educazione Cattolica non prevedono altre Visite apostoliche”. Ciò perché, si spiega, i Visitatori, incontrando diverse realtà e persone, tra cui i vescovi suffraganei, “hanno potuto configurare un quadro sufficientemente esaustivo della situazione della Chiesa irlandese riguardo agli ambiti dell’indagine”. Da parte loro, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha analizzato le risposte ai questionari inviati a tutti gli Istituti con case religiose in Irlanda. “Secondo quanto previsto dalla metodologia adottata – si asserisce – seguiranno visite in loco ad alcune realtà religiose”.
Inoltre, nei prossimi mesi, i dicasteri competenti – sottolinea il comunicato – “daranno indirizzi ai Vescovi per il rinnovamento spirituale delle diocesi e dei seminari, mentre la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica lo farà con gli Istituti religiosi”. Infine, si conclude, “per gli inizi del 2012 la Santa Sede renderà nota una sintesi complessiva con i risultati e le prospettive evidenziate dalla Visita, in vista anche della missione a livello nazionale annunciata nella menzionata Lettera del Santo Padre”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un’editoriale del direttore dal titolo “Come la fiamma di una lampada preziosa”, per interpretare il senso della visita apostolica.
È l’ora della famiglia: Benedetto XVI conclude la visita in Croazia invitando i cristiani a impegnarsi per una cultura della vita e una società a misura d’uomo. All’interno, i discorsi del Papa e i servizi sulla visita.
Nell’informazione internazionale, in primo piano il Vicino Oriente: sanguinosi disordini al confine tra Siria e Israele.
San Francesco e l’Italia: in cultura, Giuseppe Buffon sulla legittimità della rivendicazione nazionale del santo di Assisi.
La rivoluzione della lettura: Jorge J. Fernández Sangrador, direttore della Biblioteca de Autores Cristianos, sul rapporto tra editoria e trasformazioni del mercato librario.
Il banchiere dei poveri divenuto Papa: Silvia Guidi sulla vita di Benedetto XIII a fumetti.
Innovazione e creatività: Giulia Galeotti sulle difficoltà dello sviluppo culturale in Italia.
Per la dignità di tutti i malati: il documento dei vescovi degli Stati Uniti contro la pratica del suicidio medicalmente assistito.
Alta tensione al confine israelo-siriano, ancora proteste e scontri in Siria
◊ Stato di massima allerta lungo il confine tra Israele e Siria, dopo le manifestazioni di protesta, ieri, sulle alture del Golan, da parte di centinaia di palestinesi e siriani. I dimostranti, nell’anniversario della sconfitta araba nella "Guerra dei sei giorni" del 1967, hanno cercato di varcare il confine ma i soldati israeliani hanno aperto il fuoco. Secondo le autorità siriane, sono morte almeno 23 persone. L’esercito israeliano, invece, parla di 10 morti. Su questo episodio si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, la prof.ssa Marcella Emiliani, docente di Storia e Istituzioni del Medio Oriente all'Università di Bologna-Forlì:
R. – Manifestanti palestinesi – e si presume anche siriani – hanno attraversato la zona smiritalizzata, tentando di entrare dentro le alture del Golan, che erano della Siria ma che dal 1967 sono sotto il controllo israeliano. Sicuramente i palestinesi, in questa maniera, volevano sottolineare il fatto che dalla guerra del 1967 tutti i territori conquistati allora da Israele sono in una situazione di limbo per quanto riguarda il diritto internazionale. Israele non potrebbe cioè acquisirli, perché per le Nazioni Unite non si possono acquisire territori con le armi. Israele ha però annesso le alture del Golan nel 1981. Da questo punto di vista, quindi, è una protesta più che legittima.
D. – Ma dietro queste proteste ci sarebbero anche altri interessi...
R. – Il problema è che qui si ha il sospetto – non solo in Israele ma anche nel resto dell’Occidente – che questo sia stato permesso dall’esercito e dal regime di Bashar al Assad come mossa diversiva per distrarre l’opinione pubblica internazionale dalla pesantissima repressione che il regime di Assad sta infliggendo ai dimostranti presenti nelle piazze e nelle strade di tutte le città siriane.
D. – Una mossa che pone in grande difficoltà le autorità israeliane. L’esercito, ricorda oggi la stampa dello Stato ebraico, deve agire cercando da una parte di impedire che il confine sia violato e dall’altra cercando di evitare la morte di civili...
R. – Perché la cosa che Israele non vuole è creare dei motivi di conflitto con la Siria. Israele non ha nessuna voglia di andare ad uno ‘showdown' aperto con la Siria di Bashar al Assad.
D. – La pressione fisica e demografica che Israele, in queste ore, deve fronteggiare alle sue frontiere costringerà, alla fine, il governo di Netanyahu ad accettare il negoziato per la nascita dello Stato palestinese?
R. – E’ certo che questa situazione sta arrivando ad un punto di esasperazione, perché queste pressioni che vengono dai confini sono anche controllabili. La cosa più seria sono i problemi che possono verificarsi in Cisgiordania e a Gaza, visto che, soprattutto in Cisgiordania, Israele sta moltiplicando le sue colonie ad un ritmo vertiginoso.
D. – In Cisgiordania ed anche nella Striscia di Gaza, dopo il recente accordo tra Hamas e Al-Fatah, si può prevedere che ci sia una sorta di ‘primavera araba’?
R. – Si spera. Hamas è arrivata alla conclusione di doversi riappacificare con Fatah, perché stava pagando a carissimo prezzo l’isolamento internazionale di cui soffre dal 2006 e soprattutto perché, all’interno della Striscia di Gaza, si sta manifestando un’opposizione ad Hamas nel nome dell’islamismo ancora più radicale di quello di Hamas stesso. Per cui, diciamo che ha ritenuto più salutare ricongiungersi alla ‘casa madre’. Adesso, però, lo scoglio è rappresentato dal tentativo che farà a settembre, in seno all’Onu, il presidente dell’Autonomia Nazionale Palestinese, Abu Mazen, di far proclamare la Palestina indipendente, cosa che sappiamo essere vista come fumo negli occhi da parte di Israele ma che viene osteggiata anche dagli Stati Uniti. La situazione, perciò, è estremamente fluida e tesa, sia all’interno dei Territori sia sui confini di Israele. (vv)
E mentre resta alta la tensione lungo le alture del Golan, è sempre più drammatica la situazione in Siria. A Jisr ash Shughur, città nella parte nord-occidentale del Paese al confine con la Turchia, sono morte nelle ultime ore almeno 28 persone a causa della repressione da parte delle forze speciali siriane. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nella città al confine con la Turchia, centinaia di manifestanti sono ritornati in piazza per protestare contro il governo di Bashar al-Assad. Alle proteste ha fatto seguito la dura reazione delle unità speciali che da ieri presidiano la città, dove sarebbe anche stata interrotta l’erogazione di acqua ed energia elettrica. La tensione è alta anche ad Hama, a nord di Damasco, dove le forze di sicurezza hanno imposto il coprifuoco. Nella città, teatro nei giorni scorsi di un’imponente manifestazione antigovernativa e presidiata in queste ore da carri armati dell’esercito, è stata rinvenuta una fossa comune con almeno 15 corpi. Drammatiche notizie arrivano anche dalla regione meridionale di Daraa. Secondo testimoni locali, sono stati riconsegnati alle loro famiglie i corpi senza vita di 13 civili con evidenti segni di torture “inflitte dalle forze di sicurezza”. Il bilancio è sempre più pesante: i morti, dall’inizio delle proteste, sarebbero oltre 1100. Tra le vittime ci sono anche decine di minori. Organizzatori delle mobilitazioni e attivisti indipendenti riferiscono che in oltre due mesi, più di 70 tra bambini e adolescenti sono stati uccisi dalle forze di sicurezza. Una delle storie che ha scosso l’opinione pubblica è quella di Hamza al Khatib, un ragazzino di 13 anni, arrestato dai servizi di sicurezza per aver canticchiato un motivo ostile al governo. Secondo fonti locali durante la prigionia, durata quasi un mese, sarebbe stato torturato. Il suo corpo, senza vita, è stato recentemente restituito ai genitori. In Siria molti oggi accostano il suo nome a quello di Bouazizi, il giovane venditore ambulante tunisino che, dopo essere rimasto senza lavoro, si era dato fuoco dando di fatto inizio alla ‘Rivoluzione dei gelsomini’.
Batterio killer: sospetti sui germogli di soia, ma non sono stati esportati dalla Germania
◊ I germogli di soia prodotti in Bassa Sassonia, in Germania, e ritenuti responsabili dell’epidemia da Escherichia Coli non sono stati esportati. Lo conferma la Commissione europea, mentre sono in corso gli accertamenti nella provincia di Uelzen, tra Amburgo e la Hannover, dove si ritiene ci sia la cooperativa biologica che ha prodotto i vegetali contaminati. Domani a Lussemburgo si terrà un consiglio straordinario dei ministri dell’agricoltura dell’Ue. Intanto resta fermo a 22, il numero di decessi a causa del cosiddetto batterio killer, oltre 2200 i contagiati. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Fabrizio Pregliasco virologo dell’Università di Milano:
R. - E’ stato importante individuare - e speriamo che sia vero, perché i cetrioli sono stati i primi indiziati e poi scagionati - che la causa sia nei germogli di soia: su questi c’è abbastanza accordo, anche perché in passato sono stati causa di altri episodi proprio per la loro disponibilità alla 'contaminazione' nella fase di produzione e quindi di capacità di accumulo di carica batterica e quindi ancora nell'entità di contaminazione che possono presentare.
D. - Un’azienda è sotto i riflettori. Ma il problema è relativo allo stabilimento oppure ad un’area di coltivazione?
R. - E’ probabile che si tratti di una zona geograficamente circoscritta e presumibilmente legata alla modalità di produzione della soia in quel territorio specifico, e all’utilizzo di prodotti naturali, presumibilmente di letame.
D. - Esattamente in cosa risiede la causa d’infezione?
R. - Probabilmente si tratta di liquame di animali dove più facilmente si ha una moltiplicazione di questo tipo di batterio e, purtroppo, di questa variante. E' possibile quindi che sia stato usato come concime, oppure che sia stata usata acqua contaminata da un versamento nel sistema idrico e di diffusione dell’acqua.
D. - Comunque è stato ripetuto che il batterio si è stabilizzato. In concreto, cosa significa?
R. - Di fatto, ha acquisito una capacità nuova e diversa attraverso l’acquisizione di un gene ed è una cosa tipica: i batteri cercano variazioni per poter essere più aggressivi e quindi colpire più soggetti in modo diverso. Quello che è successo l’avevamo già visto con altre varianti; la peculiarità dell'attuale variante è quella di colpire adulti con una sindrome che tipicamente si manifesta nei bambini più piccoli, sotto i cinque anni. Si tratta di una patologia grave legata all’azione di una tossina emolitico-uremica che danneggia i globuli rossi e poi provoca un’insufficienza renale che deve essere assolutamente trattata per garantire la sopravvivenza del paziente colpito.
D. - Chi contrae questo batterio come si può curare?
R. - Di fatto, attraverso idratazione, quindi acquisizione di acqua in grande quantità, di antidiarroici, ma non antibiotici. E' importante dire, però, che queste forme sono riconoscibili: in questo momento possono esserci anche in Italia gastroenteriti dovute ad altri agenti, perché sono usuali; ma questa si riconosce per crampi fortissimi, per una diarrea con sangue e molto liquida, quindi assolutamente diversa e più grave rispetto al solito.
D. - Dopo un bollettino che si andava aggiornando molto rapidamente nei primi giorni, in questo periodo le morti da Escherichia Coli sembrano essere diminuite ...
R. - E’ una buona notizia. In effetti, salvo qualche ulteriore caso grave, qualche decesso, la dimensione complessiva non sta espandendosi in modo esponenziale in questi ultimi giorni. Credo che la comunicazione - nonostante un po’ di agitazione, di eccessiva psicosi che, come sempre, queste notizie danno - è servita, perché l’elemento fondamentale di controllo è l’igiene: l’igiene degli alimenti in ogni momento, non solo per questo tipo di batterio, ma anche, in particolare, in questa situazione.
D. - Va evitato quindi il consumo di soia?
R. - In questo momento tutta la filiera italiana è sotto controllo e non c’è nessun problema. Deve però essere gestita come tutto il resto degli alimenti mangiati crudi. (ma)
Perù: Humala si proclama vincitore delle presidenziali
◊ Imminenti i risultati delle elezioni presidenziali di ieri nel Perù. L’ex generale dell’esercito, Ollanta Humala, sulla base degli exit poll, ha dichiarato di aver vinto le consultazioni contro la parlamentare di centrodestra Keiko Fujimori, figlia dell'ex presidente Alberto Fujimori. Per quanto riguarda lo spoglio ufficiale, dopo lo scrutinio di quasi il 90% delle schede, Humala è in testa con il 50,71 % delle preferenze, contro il 49,29 % della Fujimori. Un voto che, se confermato, indica un sensibile cambiamento politico nel Paese andino. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Roberto Montoya, giornalista peruviano in Italia del quotidiano La Repubblica:
R. – E’ stato un voto più che altro degli esclusi dalla politica dell’attuale governo del presidente Alan Garcia Pérez. Si tratta di quelli che appartengono ad una classe sociale medio-bassa. In più, c’è stata un’opposizione, molto forte, contro la dittatura che di recente il Perù ha subìto. Un secco ‘no’ contro le sterilizzazioni delle donne andine peruviane, che impose il governo di Alberto Fujimori e contro la probabile uscita dalle carceri peruviane dei colpevoli della dittatura: lo stesso Fujimori e Montesinos.
D. – Dunque è un voto di protesta che, secondo te, rappresenta un reale cambiamento nell’attuale storia peruviana?
R. – Credo di sì. Prima Humala era visto come un rivoluzionario e la sua politica non era compatibile con la crescita economica. Dobbiamo ricordare che il Perù, in questi ultimi anni ed anche ora, ha avuto una crescita dell’8%, nonostante il fatto che le economie negli Stati Uniti ed in Europa fatichino a ripartire. Con il passare del tempo, invece, lui stesso ha basato la sua politica su tre punti con cui è riuscito a convincere quasi tutti i peruviani: lo sviluppo economico, cioè continuare con la politica iniziata da Alejandro Toledo dieci anni fa e di cui oggi si vedono i frutti, l’inclusione sociale, molto importante, perché finora, nonostante la crescita economica che sta avendo il Perù, ci sono ancora delle situazioni di povertà che oggi Ollanta Humala ha il dovere di risolvere. Infine, la corruzione ed un ‘no’ alla dittatura di Fujimori.
D. – Con il nuovo presidente come si pone il Perù nei rapporti con gli altri Stati latino-americani e con gli Stati Uniti?
R. – Per dare un colore politico, potremmo dire che Humala è uno di centro-sinistra. I rapporti con l’America Latina penso siano ottimi, tant’è vero che ieri, ad esempio, il presidente del Cile si è congratulato per la vittoria delle elezioni. Lo stesso ha fatto Evo Morales, il Brasile e così via. I rapporti con l’America Latina penso siano più che positivi e allo stesso modo saranno anche ottimi con il presidente statunitense, Barack Obama. Humala ha detto che la politica del presidente venezuelano Higo Chavez in Perù è incompatibile, perciò il destino del Perù è molto diverso da quello del Venezuela. Anche questo ha fatto sì che la popolazione vedesse Humala come un vincitore, come uno che dovrebbe portare avanti lo sviluppo economico e soprattutto quest’inclusione sociale. C’è davvero molto da fare per lui. (vv)
◊ E’ stato sequestrato e poi liberato dopo un breve periodo mons. Eduard Mathos, vescovo di Bambari, nella Repubblica Centrafricana. Il presule - rientrato nel suo episcopio sotto scorta militare - è caduto in un’imboscata tesa da un gruppo di ribelli, secondo il racconto reso da fonti della Chiesa locale, riportate dall’agenzia Fides. “Mons. Mathos si era recato nel villaggio di Ngerengou, a nord di Bria, per amministrare il sacramento della Cresima. Anche se sapeva bene che nell’area operano diversi gruppi di ribelli, il vescovo non si è tirato indietro, nonostante i rischi, pur di continuare l’opera pastorale”. “Il gruppo di ribelli, venuto a conoscenza che il vescovo si trovava nell’area, si è mosso per catturarlo. Il rapimento – testimoniano le fonti locali - è avvenuto il 2 giugno. Dopo poco tempo, per fortuna, lo hanno liberato, ma hanno trattenuto il suo autista e l’automobile. In seguito i ribelli sono tornati per sequestrargli il cellulare. “Non si sa - aggiungono le stesse fonti - quale gruppo sia responsabile di questo atto, perché nell’area operano almeno 3 o 4 formazioni ribelli. Sono comunque in corso indagini e ricerche da parte dei militari centrafricani e dei Caschi Blu dell’Onu”. (R.G.)
Rapporto sul Pakistan: cristiani perseguitati e minoranze sotto assedio
◊ In Pakistan si registra un aumento costante della violenza contro le minoranze religiose e i cristiani “sono le prime vittime delle persecuzioni”: è una questione che il governo deve affrontare per garantire la libertà, la democrazia e lo stato di diritto. E’ quanto afferma un nuovo rapporto intitolato “Una domanda di fede” (A Question of Faith), pubblicato nei giorni scorsi dal “Jinnah Institute”, prestigioso centro di ricerca e di analisi pakistano, ispirato ai principi del fondatore della patria, Mohammed Ali Jinnah. Il Centro studi è oggi presieduto dalla parlamentare musulmana Sherry Rehman, del Pakistan People’s Party, il partito attualmente al governo in Pakistan. Il rapporto, di cui è giunta copia all’agenzia Fides, ritiene cruciale la condizione e la libertà delle minoranze religiose nel Paese, per questo presenta al governo 23 raccomandazioni che includono: abolire la legge sulla blasfemia o almeno modificarla sensibilmente per prevenirne gli abusi; approvare nuovi articoli del Codice penale pakistano per punire chi incita all’odio religioso o alla violenza; rimuovere l’impunità garantita ai leader musulmani che predicano nelle moschee; riformare la polizia e il sistema giudiziario. Il Rapporto invita il governo a rivedere il sistema delle Corti islamiche e a istituire una nuova autorità indipendente, lo “Special Ombudsman” (sul modello del difensore dei diritti dei cittadini esistente nell’Unione Europea), che possa essere figura di riferimento per la protezione delle donne e delle minoranze. “Siamo totalmente d’accordo e siamo felici che un istituto di tale livello e prestigio, espressione dell’intelighentia musulmana del paese, evidenzi questi temi e parli della persecuzione dei cristiani” nota padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan. “Sappiamo che Sherry Rehman rischia la sua vita perchè si espone su tali delicate questioni: la ringraziamo e le esprimiamo la nostra piena solidarietà. Non credo, però, che il governo intenda affrontare seriamente la questione dello status delle minoranze religiose. Ma questo Rapporto ci fa sperare che qualcosa si muova nell’opinione pubblica e nella società civile del Pakistan”. Il Rapporto denuncia la grave condizione di discriminazione in cui versano le minoranze religiose in Pakistan. La ricerca si basa su interviste a 125 leader della società civile, di organizzazioni non governative, delle comunità religiose di minoranza, realizzate fra dicembre 2010 e aprile 2011. Il testo documenta il progressivo deterioramento dello status sociale ed economico delle minoranze religiose e “la crescente violenza nei loro confronti”. Analizzando la situazione di cristiani, indù e ahmadi – tutti bersaglio di violenze e discriminazioni – si nota in special modo che “la condizione dei cristiani è notevolmente peggiorata” e che “i cristiani sono le prime vittime di persecuzioni”, “si sentono cittadini di seconda classe”, “sono discriminati in tutti i settori della vita pubblica”. Nelle aree rurali essi sono particolarmente deboli e indifesi, vittime di abusi e sopraffazioni da parte di ricchi musulmani. (R.P.)
India: la Chiesa sostiene la condidatura a Nobel per la pace dell'arcivescovo di Guwahati
◊ La Chiesa indiana sostiene con forza la candidatura di mons. Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati, al Premio Nobel per la pace: “Sarebbe un legittimo riconoscimento all’impegno e alla dedizione profusi da oltre 25 anni per costruire la pace e l’armonia” dice all’agenzia Fides padre Joseph Babu Karakombil, portavoce della Conferenza episcopale dell’India. “L’arcivescovo Menamparampil da decenni opera instancabilmente per la pace, la riconciliazione e la stabilità nell’India nordorientale, regione segnata da continui conflitti territoriali e da scontri etnici. La sua opera è riconosciuta dai leader religiosi e civili, a livello locale, ed è nota e apprezzata in tutta l’India e in tutta l’Asia. Pace e riconciliazione, nel nome del Vangelo, sono la missione a cui ha dedicato l’intera vita. Per questo i vescovi indiani sostengono con convinzione la sua candidatura al Nobel per la pace” spiega padre Karakombil. L’arcivescovo attualmente è presidente della Conferenza dei vescovi dell’India Nordorientale, mentre presiede anche la Commissione per l’Educazione e la cultura, in seno alla Conferenza episcopale dell’India. Opera, inoltre, a livello continentale e nella Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (Fabc) guida la Commissione per l’Evangelizzazione. Il suo lavoro è molto apprezzato da tutti i vescovi del continente. La candidatura di mons. Menamparampil al Nobel per la pace è stata lanciata dal magazine italiano “Il Bollettino Salesiano”, e ha trovato subito unanimi consensi. L'arcivescovo, abile mediatore e grande pacificatore, ha contribuito con successo alla pacificazione di almeno sette conflitti etnici nel Nordest dell’India. La sua strategia di mediazione, racconta lo stesso arcivescovo, è una sola: “far vivere la Parola di Dio nei cuori e nella vita delle persone e delle comunità che sono in conflitto. Così fiorisce la pace”. (R.P.)
Turchia: il nunzio apostolico Lucibello ricorda mons. Padovese e invoca la libertà religiosa
◊ Mons. Antonio Lucibello, nunzio apostolico in Turchia, insieme a mons. Franceschini ed a rappresentanti delle Chiese ortodosse e armena, ha ricordato ieri ad Iskenderun, la figura di mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, ucciso dal suo autista il 3 giugno dello scorso anno. “La nostra presenza” in questo Paese – ha dichiarato mons. Lucibello all’agenzia AsiaNews – “è inconsistente dal punto di vista numerico: in tutto siamo come una piccola parrocchia di un paesino in occidente. Eppure la nostra testimonianza discreta porta frutto e vi è stima e seguito”. Per il nunzio, in questo anno, segnato dal martirio di mons. Padovese e da altri segnali di violenza, la Chiesa ha potuto approfondire la sua missione. “La Chiesa sta vivendo – ha detto - un passaggio ‘dalla presenza alla testimonianza’. Questo slogan era stato usato in un convegno ecclesiale in Turchia alla fine degli anni ’80 e rimane importante”. “Non c’è bisogno di una presenza chiassosa, fatta con ‘tamburi battenti’. Invece è fondamentale una testimonianza di vita, una testimonianza discreta che non si impone con lo spettacolo”. “L’umiltà della testimonianza – ha proseguito mons. Lucibello – corregge l’impressione che qui si ha della Chiesa cattolica come un’organizzazione potente. Tener conto di queste sensibilità è fondamentale”. Sul cammino della Turchia verso l’Europa, mons. Lucibello ha molta speranza. Ma sottolinea anche che un punto fondamentale è la libertà religiosa. “Tale libertà significa non solo libertà di culto, – ha specificato - ma anche di coscienza. È importante sottolineare che una persona deve avere la possibilità di credere o non credere o anche di cambiare religione”. (R.G.)
Libia: mons. Martinelli condanna la profanazione del cimitero italiano
◊ “Questa mattina ho chiamato l’Islamic Call Society per segnalare la profanazione del cimitero italiano” dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. Il 3 giugno ignoti hanno assalito il cimitero italiano di Tripoli, causando ingenti danni pur senza essere riusciti a penetrare nei locali dove si trovano gli ossari. Sui muri sono state tracciate scritte contro la Nato e i bombardamenti alleati in corso sulla Libia, oltre a insulti e messaggi minatori. “Ancora non mi sono recato al cimitero, ma spero di farlo quanto prima - dice mons. Martinelli -. Sono in costante contatto con il guardiano e ho interpellato alcune persone che in qualche modo possono fare qualcosa. Bisogna far capire che il cimitero va rispettato in quanto luogo sacro. Staremo a vedere quale piega prenderà questa situazione”. Secondo il vicario apostolico di Tripoli l’episodio “è stato un atto di rabbia evidente. La tensione è molto forte e la gente è arrabbiata. La città è triste, tutto è bloccato. Si è in fervida attesa di un qualsiasi evento”. Mons. Martinelli continua comunque a credere nel dialogo: “ieri diverse persone sono venute da me per cercare di capire se ci sono possibilità di mediazione o comunque di sospensione dei bombardamenti. Esiste la volontà di trovare una soluzione pacifica e di una riconciliazione”. Il vicario apostolico però si dice avvilito “perché i bombardamenti sono aumentati di intensità. Non sembra proprio che si abbia voglia di sospenderli”. (R.P.)
Nepal: un nuovo codice penale punisce le conversioni al cristianesimo
◊ Con un nuovo codice penale, che si discute in questi giorni, il governo nepalese mette al bando il proselitismo e propone di fermare le conversioni al cristianesimo e alle religioni diverse da induismo e buddismo. Secondo l’art. 160 del nuovo codice, chi predica o tenta di persuadere un cittadino a cambiare religione rischia fino a 5 anni di carcere e multe superiori a 400 euro. La notizia ha scatenato paura e rabbia fra i cristiani che temono per una riduzione della libertà religiosa nel Paese. Proposto lo scorso 15 maggio, il nuovo codice deve essere ancora approvato dal parlamento e dal presidente Ram Baran Yadav. Prabhu Sah, ministro della Giustizia nepalese, spiega all'agenzia AsiaNews, che “la legge non è contro i cristiani, che con le loro opere fanno un grande servizio al Paese, ma è contro l’imposizione forzata del cristianesimo”. Sah sottolinea che in questi anni indù e buddisti hanno denunciato diversi casi di conversioni e proselitismo aggressivo, da parte delle comunità protestanti. “Tuttavia – spiega il ministro – queste accuse non riguardano la comunità cattolica”. Isu Jang Karki, leader protestante della Nepal Christian Society, condanna la proposta del governo e sottolinea che le accuse di conversioni forzate sono false. Secondo Karki la legge deve essere analizzata in ogni sua parte prima di essere approvata. A tutt’oggi le minoranze religiose non hanno rappresentanti in parlamento. Per molti il nuovo codice rischia di passare senza il benestare dei cristiani e potrebbe essere strumentalizzato dagli estremisti indù. Nel 2007, il Nepal è diventato uno Stato laico, dopo secoli di monarchia assoluta di stampo indù. La costituzione provvisoria, approvata sotto la supervisione dell’Onu, vieta il proselitismo, ma consente a tutti i cittadini di manifestare la propria fede, anche con attività missionarie e caritatevoli. Secondo personalità ecclesiastiche, dalla fine della monarchia migliaia di indù si sono convertiti al cristianesimo e ogni domenica oltre 200 non cristiani assistono alla messa nella cattedrale cattolica di Kathmandu. Tuttavia, l’instabilità politica ed economica di questi ultimi anni, dovuta alla lotta di potere fra i partiti laici, ha rafforzato i movimenti indù, che premono per il ritorno della monarchia e vogliono frenare in tutti i modi l’aumento delle conversioni. (R.P.)
El Salvador: all'Assemblea dell'Osa, mons. Escobar chiede la fine delle violenze nel continente
◊ La Chiesa cattolica in El Salvador ha espresso la speranza che la 41° Assemblea Generale della Organizzazione degli Stati Americani (Osa), che ha iniziato i suoi lavori ieri, possa giungere alla stipula di accordi per combattere concretamente la criminalità nel Paese e nel continente. "La speranza è che ci possano essere degli accordi che ci diano davvero dei benefici" ha detto nella solita conferenza stampa della domenica l'arcivescovo di San Salvador, mons. José Luis Escobar Alas, dopo aver celebrato la Messa nella cattedrale metropolitana. "Spero anche che possiamo unirci tutti come un unico continente. Spero che il mondo ci sosterrà in questo Forum internazionale" ha ribadito mons. Escobar Alas. "L'incontro è importante, e deve arrivare a soluzioni praticabili per aiutare i Paesi dell'emisfero sulla questione della sicurezza" ha aggiunto. El Salvador, Paese ospitante l'Incontro Osa, è molto colpito dall’ondata di criminalità, per questo l’arcivescovo ha proposto che questa Assemblea Generale abbia come tema centrale la sicurezza cittadina nelle Americhe. "In El Salvador siamo preoccupati per la sicurezza" ha ribadito mons. Escobar Alas a nome della Chiesa cattolica salvadoregna. "Non è possibile continuare a questi livelli di violenza in questo continente e in questo Paese" ha lamentato ancora l'arcivescovo di San Salvador, esortando le popolazioni della regione a contribuire a fermare questa piaga. I rappresentanti della Oea si riuniscono in El Salvador dal 5 al 7 giugno. Alla 41° Assemblea Generale prendono parte 22 Ministri degli Esteri e 12 delegazioni ufficiali dei 34 Paesi membri dell'Osa, come confermato dal suo Segretario, José Miguel Insulza. L’intervento di apertura dell’Assemblea ha visto la presentazione di una strategia di sicurezza contro il narcotraffico, le bande e il crimine organizzato nella zona, a cura del segretario generale del Sica (Sistema d’Integrazione CentroAmericano), Juan Daniel Alemán. (R.P.)
Caritas Argentina: domenica la colletta annuale “Povertà zero, impegno per tutti”
◊ In Argentina milioni di persone “continuano a vivere in situazioni di povertà estrema” ma non sono pochi “i gesti di solidarietà, i programmi sociali”. E’ quanto ha affermato il presidente di Caritas argentina, il vescovo di Merlo-Moreno, mons. Fernando María Bargalló, in occasione della presentazione della colletta annuale che si terrà l’11 e il 12 giugno prossimi. L’iniziativa, promossa dalla Caritas argentina e incentrata sul tema “Povertà zero, impegno per tutti”, riguarderà tutto il Paese. Obiettivo della campagna è di “fare appello alla generosità della gente” e di superare la rassegnazione a questo stato di povertà. “La Chiesa – ha sottolineato mons. Fernando María Bargalló – apprezza i programmi del governo a favore della popolazione ma la povertà rimane alta, nonostante la solidarietà e gli aiuti”. Le offerte raccolte con la colletta annuale sono destinate a sostenere azioni solidali e di promozione umana. La Caritas in Argentina – ricorda l’agenzia Fides – è impegnata anche in programmi di promozione per l’educazione, il lavoro e la salute. (A.L.)
Liberare il mare dall’immondizia: appello per la Giornata mondiale degli Oceani
◊ “Una comunità o un Paese che agisce in maniera isolata non sono la risposta” allo smaltimento dei rifiuti - spiega Achim Steiner, direttore esecutivo del Programma Onu per l'Ambiente (Unep) - in vista della prossima Giornata mondiale degli Oceani, che verrà celebrata l’8 giugno. L’immondizia è infatti una minaccia globale che interessa ormai tutti i mari del Pianeta, fino agli abissi più profondi, e che può causare inquinamento cancerogeno. C’è bisogno allora di un'azione comune per gestire un fenomeno, fuori controllo: 270 specie marine rischiano di ingerire i rifiuti tossici negli oceani, con conseguenze sulla catena alimentare, dannose per la salute umana. I rifiuti arenati sulle spiagge e sulle coste possono inoltre avere un grave impatto economico sulle comunità dipendenti dal turismo e gli oggetti pesanti possono danneggiare habitat come le barriere coralline. ''La spazzatura in mare - afferma Steiner - colpisce ogni Paese” e mostra “l'urgenza di passare ad un'economia verde”. Allora “dobbiamo occuparci del problema al di là dei confini nazionali e insieme al settore privato che ha un ruolo critico da giocare – sollecita il responsabile Unep - sia nel ridurre i tipi di rifiuti che finiscono in mare, sia nella ricerca di nuovi materiali. E' raccogliendo insieme” “che potremo fare la differenza''. Nel Mediterraneo, secondo dati dell’Unep, il 40% della spazzatura marina è costituita da mozziconi di sigarette, avanzi di sigari e confezioni di tabacco, A seguire sono le bottiglie (9,8% ) e le buste di plastica (8,5), e poi le lattine di alluminio (7,6%), i coperchi (7,3%), le bottiglie di vetro (5,8%), set da picnic (bicchieri, piatti e posate) usa e getta (3,8%), imballaggi e contenitori di cibo (2,5%), cannucce (2,1%) e linguette di lattine o altro (1,9%). Ma un’immagine può farci capire più di qualunque dato o relazione: esiste una grande isola di immondizia, si trova nell’Oceano Pacifico centrale, una sorta di 'grande pattumiera', tra la California e le Hawaii, grande due volte il Texas. (A cura di Roberta Gisotti)
Kazakhstan: timori per l’estremismo, il governo crea nuova Agenzia per gli affari religiosi
◊ Il governo del Kazakhstan dà vita a una nuova Agenzia per gli affari religiosi: l’organismo dipenderà, riferisce l'agenzia Fides, direttamente dalla presidenza della Repubblica, che così, secondo fonti locali, avrà il controllo diretto sulla legislazione, sui regolamenti e sui rapporti tra Stato e religioni. Il precedente “Comitato per gli affari religiosi”, ora trasformato in Agenzia dal presidente Nursultan Nazarbayev, dipendeva dal ministero della Cultura. La creazione dell’Agenzia, proseguono le fonti di Fides, sarebbe stata dettata dai timori del governo per la crescita dell’estremismo religioso nella società. Proprio ieri ad Astana, capitale del Paese, una conferenza sul tema ha lanciato l’allarme, mostrando come nel 2010, secondo le ong locali, le vittime dell’estremismo religioso in Kazakhstan siano state 940, il 15% in più rispetto all’anno precedente. A destare preoccupazione, sono stati soprattutto i recenti attentati dinamitardi ad Astana e Aktobe, e la presenza di numerosi cittadini kazaki tra i talebani afghani. Nel Paese, è stato notato durante la conferenza, esistono circa 4500 associazioni religiose, non tutte registrate o legali: questo ha portato alcuni a proporre un adeguamento della legge sulla libertà di religione. Inoltre, il governo potrebbe finanziare in prima persona i 14 centri locali già esistenti per la difesa dei diritti umani e della libertà religiosa e la tutela delle vittime. Le autorità di Astana già organizzano, ogni tre anni (in collaborazione con Onu, Osce, Unesco e Organizzazione della conferenza islamica), un congresso che riunisce i leader delle grandi religioni mondiali. In Kazakhstan il 51% della popolazione è musulmano, mentre i cristiani sono circa il 13% e un numero molto alto di cittadini si dichiara ateo. (D.M.)
Regno Unito: Movimento per la vita nominato consulente del governo
◊ Con una decisione che è stata definita “un cambiamento radicale di politica”, il governo britannico ha invitato un gruppo del Movimento per la vita a fornire consigli in materia di salute ed educazione sessuale. “Life”, questo il nome del gruppo, è l’unica associazione a favore della vita ad essere stata nominata nella nuova commissione, un comitato di dieci membri scelto dal ministero della salute per sostituire il vecchio “gruppo di consulenza indipendente sulla salute sessuale e l’Hiv” che offrirà consigli al governo in materia di politiche di educazione sessuale. Nel Regno Unito, che ha uno dei numeri più alti di ragazze madri del mondo occidentale -riferisce l'agenzia Sir - le politiche in materia di educazione sessuale sono state fino ad oggi molto liberali, a favore di contraccezione ed aborto. E’ quindi un cambiamento significativo la decisione del governo britannico di scegliere tra i propri consulenti persone del Movimento per la vita. Secondo il vescovo cattolico di Brentwood, Thomas McMahon, che è molto attivo all’interno del movimento per la vita, l’invito del governo a “Life” “è un passo radicale nella direzione giusta”. (R.P.)
Africa: l’Hiv continua a mietere vittime a 30 anni dalla scoperta del primo caso
◊ A distanza di 30 anni dalla scoperta del primo caso del virus Hiv, sono morte circa 30 milioni di persone, altre 34 milioni sono sieropositive e ogni giorno si registrano 7 mila nuovi contagi. Tuttavia, secondo l’ultimo rapporto dell’Unaids, 1.4 milioni di persone nel 2010 hanno iniziato la cura con gli antiretrovirali (Arv) e il tasso globale dei nuovi casi di Hiv è calato del 25% circa tra il 2001 e il 2009. Le statistiche riportano che tra il 1981 e il 2000, il numero dei sieropositivi è aumentato da meno di un milione a circa 27.5 milioni; nel 2010, circa 34 milioni di persone sono risultate contagiate. Tra il 2001 e il 2010, il numero dei pazienti in cura con i farmaci antiretrovirali è aumentato di circa 22 volte, attualmente sono 6.6 milioni. Circa 9 milioni di persone avrebbe bisogno degli Arv ma non ne hanno ancora avuto la possibilità. Per quanto riguarda la prevenzione della trasmissione materno infantile della malattia, fino al 2005 solo il 15% delle donne incinte sieropositive nei Paesi a basso e medio reddito avevano ricevuto la profilassi antiretrovirale. Fortunatamente l’assistenza aumenta e il numero dei nuovi contagi tra i bambini nel 2009, circa 370 mila, è inferiore del 26% rispetto al 2001. La percentuale dei Paesi con programmi orientati a combattere lo stigma e la discriminazione è aumentata dal 39% nel 2006 al 92% nel 2010, ma meno della metà di questi ha avuto un budget per realizzarli. Cina, Namibia, Ucraina e Usa hanno ultimamente aumentato le restrizioni di viaggio ai sieropositivi; 47 Paesi, territori e aree, ancora impongono misure di sicurezza all’entrata, alla permanenza e alla residenza di persone affette da Hiv; oltre 56 Paesi hanno ancora leggi che puniscono la trasmissione o la dichiarazione dell’Hiv. Sono 32 i Paesi che prevedono leggi che impongono la pena di morte per i reati collegati alla droga, e 27 prevedono il carcere obbligatorio per chi fa uso di droga. Tra i gruppi a rischio, in almeno 69 Paesi dove si registra l’uso di droga non esistono programmi contro lo scambio di siringhe. In 19 dei 39 Paesi che seguono i programmi Arv, nel 2010 solo il 10% è stato trattato. (R.P.)
Germania: cattolici ed evangelici per un impegno contro l'Aids
◊ Maggior impegno contro l’Aids: lo hanno chiesto l’opera assistenziale cattolica Misereor e l’omologo Servizio evangelico per lo Sviluppo (Eed) in un comunicato diffuso ieri in vista del vertice Aids dell’Onu, in programma dall’8 e al 10 giugno. “Oltre dieci milioni di persone continuano a non ricevere i trattamenti necessari contro l’immunodeficienza” ha affermato Claudia Warning, del direttivo Eed. Nonostante i “successi tangibili” riportati, “nel 2009 sono morti oltre 1,8 milioni di persone a causa dell’immunodeficienza, perché le risorse disponibili erano insufficienti e in molti posti le medicine sono troppo care”, ha riferito Martin Bröckelmann-Simon, direttore di Misereor, aggiungendo che “la Hiv è ancora correlata alla povertà e all’emarginazione”. I rappresentanti delle organizzazioni - riferisce l'agenzia Sir - hanno sottolineato che da parte dei governi occorrono “azioni a livello politico e finanziario. Solo così è possibile contrastare efficacemente la diffusione globale dell’Aids”. “Anche le Chiese devono sempre ribadire la propria responsabilità”, ha aggiunto Warning: “Pertanto, anche in futuro Eed e Misereor continueranno a dare il proprio contributo, sostenendo le Chiese e altri partner nel loro lavoro contro l’Aids”. (R.P.)
Francia: mons. Podvin ricorda i giornalisti francesi ancora in ostaggio in Afghanistan
◊ L’omaggio della Chiesa cattolica Francia ai due giornalisti francesi Hervé Ghesquière e Stéphane Taponier di France Televisions che da oltre 500 giorni sono stati presi in ostaggio in Afghanistan insieme ai loro tre accompagnatori. A renderlo è stato ieri il portavoce dei vescovi francesi mons. Bernard Podvin, in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si è celebrata in Francia con una Messa nella sede parigina della Conferenza episcopale trasmessa su France 2. Mons. Podvin - riferisce l'agenzia Sir - ha ricordato i due giornalisti francesi e chi “paga con la vita e con la libertà il servizio alla comunicazione”. Ed ha anche rivolto una preghiera a “chi paga con la vita e la libertà il prezzo della sua fedeltà a Cristo: i nostri fratelli cristiani di Oriente, perseguitati”. E un pensiero a “chi non ha alcuna visibilità, e fa del bene senza fare notizia?”. Facendo quindi riferimento allo “zapping planetario” e al “rumore mediatico” che suscitano alcune notizie a scapito di altre, il portavoce ha detto: “Il mondo – ha detto mons. Podvin - è stanco, saturo e diviso da notizie che fanno molto rumore per nulla. Ha fame di un messaggio che sappia annunciare la vita. Aspira ad un’altra melodia”. Da qui l’invito del portavoce dei vescovi francesi a “non vergognarsi di essere cristiani e a comunicare ciò che si crede e condividere ciò che si è”. (R.P.)
Cina: la devozione al Sacro Cuore delle comunità cattoliche
◊ Le comunità cattoliche continentali cinesi stanno vivendo intensamente il mese di giugno, dedicato al Sacro Cuore, con varie iniziative. La devozione al Sacro Cuore di Gesù è molto sentita in Cina e si è trasmessa di generazione in generazione. Oltre a parrocchie e congregazioni religiose diocesane, sono numerose anche le associazioni, i gruppi o gli enti cattolici di diverso tipo che hanno inteso rendere omaggio al Sacro Cuore assumendone il nome. Ad esempio, la Fondazione del Sacro Cuore della diocesi di Ji Ning, nella provincia di Shan Dong, ha celebrato nei giorni scorsi il suo primo anniversario di fondazione e un anno di servizio alle famiglie povere, ai bambini disagiati ed agli ammalati, cattolici e non cattolici, nel nome del Sacro Cuore. Grazie alla generosità dei fedeli che hanno offerto i fondi necessari, addirittura con la propria pensione o donando i risparmi di una vita, la Fondazione ha aiutato i bambini a ritornare a scuola, sostenuto i lebbrosi emarginati o abbandonati dalla famiglia, visitato gli infermi in ospedale. Così l’opera caritativa si è trasformata, grazie alla testimonianza viva della fede, in opera di evangelizzazione. Tra le altre iniziative di cui è pervenuta notizia all’agenzia Fides, la parrocchia del Sacro Cuore di Gan Liao Gou della diocesi di Tai Yuan, ha conservato la tradizione di dedicare al Sacro Cuore un’ora di preghiera ogni venerdì sera: l’iniziativa, partita nel luglio 2006, prosegue fino ad oggi. La Parola di Dio è il centro della preghiera settimanale, perché i fedeli possano avvicinarsi sempre di più al Cuore del Signore. Anche la congregazione delle Pie Figlie del Sacro Cuore di Gesù della diocesi di Kun Ming, fondata nel 1940 e riaperta nel 2005, sta vivendo intensamente il mese del Sacro Cuore con il massimo impegno missionario e pastorale. (R.P.)
Congo-Brazzaville: concluso il Forum nazionale della gioventù cattolica
◊ Il laicato nella società, il legame di Giovanni Paolo II con i giovani, le giornate mondiali della gioventù, formazione e apostolato delle nuove generazioni: sono alcuni degli argomenti affrontati in questi giorni al IX Forum nazionale della gioventù cattolica che si è chiuso ieri alla Città di Don Bosco di Massengo, nell’arcidiocesi di Brazzaville, in Congo. Da mercoledì, si legge sul sito www.lasemaineafricaine.com, il forum ha radunato cappellani diocesani che si occupano di bambini e giovani e ragazzi provenienti dalle diocesi di Owando, Nkayi, Kinkala, Ouesso, Ponte-Noire, oltreché di Brazzaville, che hanno riflettuto sul tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Madrid “Radicati e fondati in Cristo, saldi nelle fede”. I giovani sono stati esortati in particolare ad affrontare le sfide di oggi e a fare affidamento nell’aiuto di Dio. “Che le sfide non siano motivo di scoraggiamento nella vostra vita” ha detto durante la messa d’apertura mons. Daniel Mizonzo, vescovo di Nkayi e presidente della Commissione episcopale per la pastorale dell’infanzia e della gioventù che ha organizzato l’incontro. Il presule ha inoltre incoraggiato i giovani a far tesoro degli insegnamenti del forum e ha ricordato loro che fondamento della fede cristiana è la resurrezione di Cristo che è anche la speranza dei cristiani. Il Forum si è concluso con una messa celebrata nella basilica di Sant’Anna del Congo. (T.C.)
Congresso eucaristico di Dublino 2012 “occasione di rinnovamento"
◊ Il Congresso eucaristico internazionale di Dublino sarà un vero e proprio “cammino”, e soprattutto “un’occasione di rinnovamento per tutti”. A sostenerlo, riferisce l'agenzia Sir, è il suo segretario generale, padre Kevin Doran. Secondo padre Doran il congresso si inserisce in un contesto nazionale in cui si è verificato un duplice “fallimento della fiducia”: nei confronti della Chiesa, per via degli abusi e degli scandali, ma anche nei confronti dell’economia, dove è prevalsa un’eccessiva attenzione al profitto, a discapito della solidarietà sociale”. “Noi abbiamo bisogno – ha detto il sacerdote – di riscoprire il significato della presenza di Gesù Cristo in mezzo a noi, perché solo così possiamo rinnovare quella comunione dell’uno con l’altro che è stata così compromessa, ed egli stesso ce lo insegnerà”. Il Congresso si svolgerà dal 10 al 17 giugno 2012, e sarà concluso dalla cerimonia della “Statio Orbis”, a Croke Park, per cui è prevista un’affluenza di 80 mila persone, a cui parteciperanno, i delegati di tute le Chiese presenti. In preparazione alla settimana dei lavori è in corso in questi giorni nella capitale irlandese un incontro di ‘familiarizzazione’ con i temi e i luoghi del Congresso alla presenza di rappresentanti dei media cattolici internazionali e di delegati provenienti da 75 Paesi. Le 26 diocesi irlandesi (che invieranno ognuna un rappresentante all’evento) celebreranno inoltre quest’anno un congresso eucaristico nazionale nel santuario mariano di Knock, per avvicinarsi all’appuntamento internazionale. In tutte le diocesi andrà inoltre in pellegrinaggio la campana del congresso, benedetta lo scorso 17 marzo, giorno di san Patrizio, che toccherà chiese, scuole, strade, ma anche centri commerciali e altri “luoghi di vita” del territorio. Per quanto riguarda le risorse necessarie all’allestimento del Congresso, padre Doran ha sottolineato come sia stato scelto “uno stile sobrio”. In questo momento di difficoltà - ha spiegato - non abbiamo intenzione di chiedere finanziamenti pubblici”. “Fino ad ora – ha precisato – abbiamo promosso, tra i nostri fedeli, due collette e abbiamo raccolto, solo in Irlanda, 2 milioni di euro”. (D.M.)
Yemen, i “giovani della rivoluzione” chiedono una nuova Costituzione
◊ Gli oppositori del contestato presidente yemenita, Saleh, chiedono la creazione di un Consiglio presidenziale ad interim, che governi il Paese ed elabori una nuova Costituzione. Il capo dello Stato si trova ancora in Arabia Saudita, dove è stato operato ieri dopo essere stato ferito venerdì scorso in un attacco al palazzo presidenziale. Le sue condizioni sarebbero buone. Sulla situazione nel Paese, il servizio di Davide Maggiore:
La prima richiesta dei cosiddetti “giovani della rivoluzione” yemeniti è che l’auspicato Consiglio presidenziale rappresenti “tutte le forze politiche” e formi un “governo di tecnici” in vista della scrittura di una nuova Carta fondamentale. Ieri, il vicepresidente, Abed Rabbo Mansur Hadi, che svolge le funzioni del convalescente Saleh, ha offerto una tregua alle milizie tribali della tribù al Ahmar, proponendo anche di ritirare le truppe dai quartieri di Sanaa, teatro degli ultimi scontri. Gli insorti avrebbero accettato, ma fonti tribali, questa mattina, hanno attribuito a cecchini "fedeli al regime" l’uccisione di tre miliziani nella capitale. In ogni caso, a preoccupare l’opposizione è la questione della gestione del potere: il timore è che il figlio del presidente Saleh, Ahmad, possa imporsi sullo stesso Mansur Hadi. Con lui, ha fatto sapere il portavoce dei dissidenti “siamo disposti a coooperare. Il problema – ha però concluso – è sapere se i figli e i nipoti di Saleh sono disposti a rimettere il potere nelle mani del vice presidente”.
L'Aiea denuncia la Siria per scarsa collaborazione sul sito di Al Kibar
Il direttore dell'Agenzia atomica internazionale Aiea, il giapponese Yukiya Amano, ha denunciato oggi la scarsa cooperazione della Siria, difendendo la linea ferma adottata dall'organizzazione dell'Onu, con sede a Vienna. “L'Agenzia ha concesso abbastanza tempo al governo siriano per cooperare pienamente circa il sito di Al Kibar ma non l'ha fatto”, ha detto Amano intervenendo al board, il Consiglio dei governatori dell'Aiea a Vienna. “Ho ritenuto appropriato – ha aggiunto – informare gli Stati membri, poiché non è nell'interesse di nessuno tirare per le lunghe questa situazione”. All'origine della disputa c'è il sospetto che Damasco stesse in segreto costruendo nel sito di Al Kibar un reattore nucleare. L'impianto era stato bombardato da Israele nel 2007, prima che venissero chiariti i dubbi sulla sua vera natura. “E' deplorevole che l'impianto sia stato distrutto”, anziché l'uso della forza si sarebbe dovuto informare l'Aiea, ha detto Amano. Nonostante la distruzione dell'impianto, gli esperti Aiea hanno raccolto lo stesso sufficienti elementi per affermare nell'ultimo rapporto sulla Siria del mese scorso, che “con grande probabilita”' Ali Kibar era un impianto atomico segreto. L'Agenzia ha avuto sufficienti informazioni a disposizione per arrivare a questa conclusione, ha affermato Amano.
I ribelli entrano a Yafran, città a sud ovest di Tripoli
I ribelli libici sono entrati a Yafran, città a sudovest di Tripoli prima occupata dalle forze pro-Gheddafi. E’ quanto afferma un fotografo della Reuters. Secondo il testimone, nel Paese sveltola la bandiera dei rivoltosi e non c’è traccia invece dei lealisti del rais.
Diversi episodi di violenza in Iraq: almeno 19 i morti
Almeno 13 persone sono morte e 15 sono rimaste ferite in un attacco suicida nel centro della città irachena di Tikrit, mentre un’autobomba ha ucciso un uomo a Baghdad e in un’altra località centrale non identificata hanno perso la vita cinque militari statunitensi. Il numero di militari Usa morti in Iraq dall'invasione, nel marzo 2003, sale a 4459 secondo un conteggio tenuto dal sito indipendente www.icasualties.org.
Drone nel sud Waziristan: uccisi numerosi talebani
Sarebbero 18 i militanti talebani morti in Pakistan, nel sud Waziristan, dopo tre incursioni di droni, gli aerei senza pilota dell’esercito statunitense. Secondo fonti della sicurezza locale citate dall’Ansa, però, tra i morti nella regione al confine afghano non ci sarebbe nessun comandante di primo piano. E sempre 18 persone, questa volta civili, hanno perso la vita nell’attentato terroristico compiuto nella serata di ieri nel nord-ovest del Paese e rivendicato dai talebani.
Elezioni in Portogallo: vince il centrodestra
Il partito di centrodestra Psd di Pedro Passos Coelho è il vincitore delle elezioni politiche portoghesi di ieri. Netta sconfitta, dunque, di José Socrates, capo del governo portoghese dal 2005, e leader del Partito socialista. Per la prima volta dalla rivoluzione dei garofani del 1974 e dalla fine della dittatura, tutte le cariche istituzionali in Portogallo saranno ora nelle mani del centrodestra, che dovrà gestire il difficile processo di uscita dalla crisi e le dure politiche di austerity imposte dal Ue e Fondo monetario internazionale (Fmi). Riccardo Carucci:
Chiara vittoria del centrodestra in Portogallo, nelle elezioni anticipate di ieri. Il Partito socialdemocratico – di centrodestra nonostante il nome – ha avuto il 38,6 per cento dei voti eleggendo 105 deputati. Si potrà formare un governo di coalizione maggioritario con il Partito popolare di destra, che ha eletto 24 deputati. L’unica Camera del parlamento portoghese è formata da 230 deputati. L’opposizione sarà costituita da 73 socialisti, 16 comunisti alleati con i Verdi e otto membri del blocco di sinistra. Nato 47 anni fa, di aspetto giovanile e laureato in economia, Pedro Passo Coelho ha esperienze politiche e imprenditoriali, ma nessuna esperienza di governo. Un tempo ultraliberale, ha mostrato negli ultimi mesi maggiori preoccupazioni sociali, alla luce dell’austerità e delle misure antipopolari prese già dal governo di Socrates. Misure che si aggraveranno con l’attuazione dell’accordo concluso tra il Portogallo e l’Unione Europea con il Fondo monetario internazionale per un prestito d’emergenza di 78 miliardi di euro, 12 dei quali sono già arrivati per rimpolpare le esangui casse dello Stato portoghese. E’ un accordo che prevede riduzione di spese e benefici sociali, aumenti di imposte, privatizzazioni, riforme di vario genere per le amministrazioni locali alla giustizia e due anni di recessione. (vv)
In Germania è ufficiale l’addio al nucleare
E’ ufficiale l’addio della Germania al nucleare entro il 2022. Il progetto di legge in materia è stato approvato dal governo. Le nove centrali nucleari ancora in funzione nel Paese verranno chiuse gradualmente, a partire dal 2015 e contemporaneamente il Paese investirà sulle energie rinnovabili, ha dichiarato il ministro dell’Economia. La decisione era stata annunciata a fine maggio, dopo che lo scorso anno la chiusura degli impianti era stata fissata per il 2035. Subito dopo il disastro di Fukushima, però, erano già state chiuse definitivamente le sette centrali più vecchie del Paese.
I conservatori vincono in Macedonia ma forse sarà governo di coalizione
E’ il partito conservatore ad aver vinto le elezioni politiche anticipate che si sono svolte ieri nella Repubblica ex jugoslava di Macedonia. Secondo i primi dati, tuttavia, la formazione dell’attuale premier, Nikola Gruevski, non avrebbe la maggioranza in parlamento, e dovrebbe trattare con i possibili alleati, primi tra tutti i partiti della minoranza albanese. Le elezioni anticipate erano state indette lo scorso aprile, al termine di una lunga crisi politica culminata nella decisione dell’opposizione socialdemocratica di disertare per protesta i lavori del parlamentari.
Referendum boccia la riforma delle pensioni in Slovenia
In Slovenia, la riforma delle pensioni è stata bocciata da un referendum che gli analisti consideravano importante per la tenuta del governo nazionale. Secondo dati non ancora definitivi, oltre il 70 per cento degli elettori si è espresso contro la legge varata dall’esecutivo di centrosinistra, che tra l’altro innalzava da 63 a 65 anni l’età pensionabile. Il premier Borut Pahor ha tuttavia escluso le dimissioni, nonostante proprio sulle pensioni il suo governo abbia perso la maggioranza in parlamento. L’esecutivo, però, potrebbe chiedere già questo mese la fiducia, forse durante il voto sulla manovra finanziaria. In ogni caso, secondo la stampa il governo esce indebolito dal voto, mentre l’opposizione chiede elezioni anticipate.
Tracce di plutonio anche fuori dell’area di Fukushima
Tracce di plutonio sono state trovate nel terreno fuori dalla centrale nucleare giapponese di Fukushima. La quantità di plutonio rilevata è piccola, ma è la prima volta che si osserva qualcosa del genere dal giorno dell’incidente. Lo sostengono gli esperti giapponesi che hanno condotto l’indagine nella città di Okuma, a oltre un chilometro e mezzo dall’impianto. L’indagine era stata effettuata prima della fine di aprile: il governo giapponese aveva già vietato anche ai residenti l’accesso all’area coinvolta, in un raggio di 20 chilometri dalla centrale.
Il presidente sudcoreano parla di unificazione della Corea come “preciso dovere”
L’unificazione della Corea “non è una scelta, ma un preciso dovere”: lo ha dichiarato il presidente sudcoreano, Lee Myung-bak, che si è anche rivolto alla Corea del Nord invitando il Paese confinante ad “abbandonare la via del confronto e del conflitto e intraprendere quella della pace e della prosperità”. A questo scopo, ha specificato Lee, l’unificazione è la strada maestra. Il presidente sudcoreano ha pronunciato il suo discorso durante le cerimonie del Memorial day, commemorazione dei caduti nella guerra che oppose i due Paesi. Combattuto tra 1950 e 1953, il conflitto si concluse con un armistizio, mai seguito da un trattato di pace: i due Stati sono dunque ancora formalmente in guerra. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Davide Maggiore)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 157