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Sommario del 03/06/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza del Papa al presidente palestinese Abu Mazen: pace per la Terra Santa, urgente una soluzione giusta al conflitto israelo-palestinese
  • Il Papa domani a Zagabria in occasione della Giornata delle famiglie cattoliche croate
  • Il nunzio in Croazia: Benedetto XVI porterà la speranza che viene dall'amicizia con Gesù
  • L’ambasciatore croato: la visita del Papa, un grande evento per il Paese
  • Nomina
  • Il saluto del Papa al Rinnovamento nello Spirito Santo
  • Una rappresentanza di zingari europei incontrerà il Papa l'11 giugno
  • Mons. Vegliò: i pellegrinaggi ai Santuari, occasione di nuova evangelizzazione
  • Riunione per il Congresso Eucaristico Internazionale. Con noi, mons. Marini e mons. Martin
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Barcone affonda al largo di Tunisi: recuperati 150 corpi. La Caritas: urgenti soluzioni strutturali
  • Il batterio Escherichia Coli continua a spaventare l'Europa
  • Un anno fa l'uccisione di mons. Padovese. L'arcivescovo di Smirne: la Chiesa in Turchia non ha perso la fiducia nel dialogo
  • L'Unicef ribadisce l'importanza dell'allattamento al seno per mamme e bambini
  • Concerto di solidarietà a Lampedusa: intervista con Claudio Baglioni
  • Chiesa e Società

  • Incontro cristiano-islamico: nelle scuole anche l’insegnamento di altre tradizioni religiose
  • Egitto: nuova legge per costruire chiese e moschee
  • Pakistan. Nuovo attacco dei radicali islamici contro i cristiani: la Bibbia definito "libro blasfemo"
  • Rapporto Oxfam: l’aumento dei prezzi nel mondo è una grave minaccia per milioni di persone
  • L'arcivescovo di Tunisi: “gli eritrei accolti a Choucha sono stanchi di aspettare”
  • Mons. Bechara Raï: i cristiani libanesi siano uniti al di là delle differenze politiche
  • Sud Sudan: per i Comboniani è emergenza umanitaria per le violenze e l’embargo
  • Congo: inaugurato il primo ospedale di Kamanyola, dono della famiglia di padre Crippa
  • Giappone: prosegue l’impegno delle diocesi nel post terremoto
  • Stati Uniti. L’arcivescovo di Los Angeles: necessaria una riforma migratoria
  • Messico: i vescovi respingono la legalizzazione del consumo di marijuana
  • Amazzonia: la Commissione pastorale della terra denuncia quattro omicidi di ambientalisti
  • India: le reliquie di don Bosco nella diocesi del vescovo “candidato al Nobel per la pace”
  • Il cardinale Rouco Varela: la Gmg sarà una nuova Pentecoste
  • Nuova cappella maronita nel Santuario mariano di Washington
  • Hong Kong: celebrazioni nelle comunità parrocchiali per la fine del Mese Mariano
  • Venezuela: primo anniversario per l'emittente cattolica Radio Natividad
  • Per mons. Michalick il semestre della presidenza polacca dell'Ue difenderà la famiglia
  • Il vescovo di Dresda: "scopo dell'ecumenismo è una chiesa ringiovanita"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Yemen: Saleh scampato ad un attacco degli insorti contro il palazzo presidenziale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza del Papa al presidente palestinese Abu Mazen: pace per la Terra Santa, urgente una soluzione giusta al conflitto israelo-palestinese

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza in Vaticano il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, detto Abu Mazen, con il seguito. Nel colloquio, informa una nota della Sala Stampa della Santa Sede, è stata sottolineata l’urgenza di una soluzione “giusta e duratura” al conflitto israelo-palestinese. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Nel corso del colloquio tra Benedetto XVI e Abu Mazen, informa una nota della Sala Stampa vaticana, “ci si è soffermati sulla travagliata situazione della Terra Santa”. In particolare, è stata “sottolineata l’urgenza di trovare una soluzione giusta e duratura al conflitto israelo-palestinese, per assicurare il rispetto dei diritti di tutti e, quindi, il compimento delle legittime aspirazioni del Popolo palestinese ad uno Stato indipendente”. Nel colloquio, prosegue la nota, si è ribadito che “lo Stato d’Israele e quello Palestinese debbono presto vivere sicuri, in pace con i loro vicini e dentro confini internazionalmente riconosciuti”.

    Così, e “con il sostegno della comunità internazionale ed uno spirito di cooperazione e di apertura alla riconciliazione”, si legge ancora, “la Terra Santa potrà conoscere la pace”. Nell’incontro, prosegue il comunicato, “non è mancato il riferimento alla situazione delle comunità cristiane nei Territori Palestinesi e, più in generale, in Medio Oriente, e si è rilevato il contributo insostituibile che esse offrono alla costruzione della società”. Infine, il Papa e il presidente palestinese hanno “auspicato che i lavori delle delegazioni della Santa Sede e dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina procedano fruttuosamente nell’elaborazione di un Accordo globale tra le Parti”.

    Sempre nel corso della mattinata, il Papa ha ricevuto in udienza privata il vicepresidente degli Stati Uniti, Joseph R. Biden.

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    Il Papa domani a Zagabria in occasione della Giornata delle famiglie cattoliche croate

    ◊   La Croazia attende Benedetto XVI, che domani e domenica sarà a Zagabria per il suo 19.mo viaggio apostolico internazionale, in occasione della Giornata delle famiglie cattoliche croate. Il servizio della nostra inviata a Zagabria, Giada Aquilino:

    Un Paese che “da sempre vive nell'ambito della civiltà europea”. E' la Croazia nelle parole di Benedetto XVI, quando nel luglio 2006 ricevette in Vaticano i vescovi croati in visita ad Limina. Quasi cinque anni dopo quell’incontro, il Papa verrà in Croazia domani e domenica per il suo 19.mo viaggio apostolico internazionale, all’insegna del motto ‘Insieme in Cristo’. In effetti è un ritorno: perché Joseph Ratzinger è già stato nel Paese due volte da cardinale e perché per la Croazia, questa di Benedetto XVI, è la quarta visita di un Pontefice. I croati infatti abbracciarono Giovanni Paolo II nel settembre '94, nell'ottobre '98 - per la Beatificazione, nel santuario di Marija Bistrica, del cardinale Alojzije Stepinac, grande pastore della Chiesa croata, morto martire nel 1960 per le conseguenze di una dura prigionia sotto il regime comunista di Tito - e nel giugno 2003. Una visita, quella di Benedetto XVI, che avviene in occasione del primo Incontro nazionale delle famiglie cattoliche croate, affinché - come ha ricordato il Papa all’udienza generale di mercoledì scorso - “le famiglie cristiane siano sale della terra e luce del mondo”. Proprio per l’importanza data a tale aspetto pastorale del viaggio, ad accompagnare il Papa, oltre al cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, tra gli altri ci saranno anche il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il nuovo sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, al suo primo viaggio con tale incarico, e l’arcivescovo croato Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.

    Questo per la Croazia è anche un momento cruciale dal punto di vista politico. Il Paese è alla vigilia del ventennale dell’indipendenza, avvenuta nel 1991: già parte della Repubblica Jugoslava, la Croazia non dimentica la guerra degli anni ’90 e affronta oggi la crisi economica e sociale che attanaglia l’Europa e il mondo intero. Inoltre nel 2005 sono iniziati i negoziati d’adesione all’Unione Europea, ma i colloqui tra Bruxelles e Zagabria sono ancora in corso. Ed è proprio una città europea, dalla profonda tradizione cristiana, ad accogliere in queste ore chi arriva a Zagabria: un popolo che si fa comunità per abbracciare Benedetto XVI. Nonostante una nottata di pioggia, in piazza Josip Jelačić, i palazzi liberty fanno da cornice ai preparativi per il palco della Veglia di preghiera del Papa con i giovani, domani sera. All’Ippodromo di Zagabria, a pochi metri dal fiume Sava, le ruspe spianano il terreno su cui le famiglie croate si accingono a partecipare alla Santa Messa domenicale celebrata dal Pontefice in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche. Nelle parrocchie si provano canti e letture, come ieri sera a Santa Maria della Libertà, dedicata alle vittime della guerra del ‘91-‘95. Sulla collina di Ksaver si danno invece gli ultimi ritocchi alla nuova sede della Conferenza episcopale della Croazia, un edificio modernissimo dove il Santo Padre pranzerà domenica con i vescovi presenti a Zagabria. Per strada, soprattutto nella zona della Cattedrale, i volontari vendono magliette con l’immagine di Benedetto XVI: i proventi andranno in beneficenza. Ed è facile incontrare chi volentieri si ferma a parlare delle grandi figure che continuano a ispirare il cammino dei croati, come lo scienziato gesuita Ruggero Boscovich, nel 300.mo della nascita, il giovane Beato Ivan Merz e il Beato cardinale Stepinac.

    La visita del Papa avviene a 20 anni dall’indipendenza della Croazia: sulla situazione attuale del Paese ci parla Aldo Sinkovic, già giornalista presso la nostra emittente, ora corrispondente da Roma dei media cattolici croati. L’intervista è di Giada Aquilino:

    R. – Questi vent’anni sono stati duri per la Croazia e questo sotto diversi punti di vista. Sono stati anni duri anche per la crisi che attualmente riguarda anche altri Paesi e non soltanto la Croazia; sono stati anni duri per la ricostruzione, perché la Croazia è uscita – nel 1995 – da una guerra che ha distrutto la metà del Paese ed anche le fabbriche e quindi l’economia. C’è stato poi un periodo nel quale si era abbastanza rialzata, ma adesso con la crisi la situazione è nuovamente peggiorata: i giovani non trovano lavoro. E’ prevista in questi giorni la decisione dell’Unione Europea per l’entrata della Croazia: tutti speravano nel 2013, ma sembra che questa data ancora non sia confermata poiché alcuni Paesi sono tuttora contrari all’ingresso della Croazia nell’Unione Europea. Il governo e gran parte della popolazione guardano con speranza all’Unione Europea.

    D. – Che ricordo c’è delle tre visite di Giovanni Paolo II: nel settembre ’94; nell’ottobre ’98; e, nel giugno 2003?

    R. – Tutte e tre le visite sono state memorabili. Naturalmente la prima è stata quasi un sogno per molti, perché sembrava essere una cosa irrealizzabile. Il sostegno dato da Papa Giovanni Paolo II ai croati non è stato certamente dimenticato. Anche la seconda visita è stata molto importante, perché ha permesso alla gente di comprendere che la Chiesa cattolica, nella persona del Papa, le era vicino e che cercava di aiutarli e di confortarli il più possibile. La terza visita è stata molto importante perché, in quell’occasione, è stato proclamato beato il cardinale Alojzije Stepinac, considerato il simbolo della Chiesa cattolica in Croazia. Certamente tutti questi avvenimenti così come le visite nelle diverse città croate di Giovanni Paolo II – è stato infatti a Zagabria, a Dubrovnik, Osijek e naturalmente a Split – hanno permesso al popolo croato di sentirlo molto vicino e questo non si può dimenticare. Questa visita di Benedetto XVI è senz’altro molto apprezzata e si spera che possa coronare l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea, anche se in questa occasione il tema principale del viaggio è la famiglia: la famiglia, anche in Croazia incontra molte difficoltà, i giovani sono costretti, in un modo o nell’altro, ad andare lontano dalle loro famiglie per cercare un lavoro e molti di questi emigrano per cercare all’estero un lavoro e quindi più speranza. (mg)

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    Il nunzio in Croazia: Benedetto XVI porterà la speranza che viene dall'amicizia con Gesù

    ◊   Sulle attese di questo viaggio del Papa in Croazia, Giada Aquilino ha intervistato il nunzio apostolico a Zagabria, mons. Mario Roberto Cassari:

    R. - La Chiesa croata e tutti i fedeli si sono veramente ben preparati a questo incontro, e le attese e le speranze sono grandi e – dalla percezione che si ha – si potrebbero sintetizzare in questo modo: si è certi che il Signore, attraverso la profondità, la chiarezza dei messaggi che Papa Benedetto ci lascerà, potrà seminare nei cuori di tante persone ricchi frutti spirituali. Ma quello che sarà sicuramente un elemento comune sarà il suscitare la speranza, la rinnovata speranza di cui Papa Benedetto è un grande testimone. Questa speranza – come ci dice il Santo Padre - non può darcela il mondo veramente tormentato di oggi, ma la può dare solamente l’amicizia con il Signore, con Cristo Gesù. Papa Benedetto ci infonderà certamente con forza tale speranza. Egli ci inviterà, ci incoraggerà ad accoglierla, a coltivarla in ogni ambiente, anche con la santità della nostra vita di tutti i giorni e con il coraggio della testimonianza fattiva del Vangelo. Senza dubbio Papa Benedetto ci ricorderà le figure dei numerosi Santi della Croazia, della Chiesa croata e ce li additerà con vigore: per esempio, il Beato Stepinac, il giovane Beato Ivan Merz. Ecco: i fedeli croati ( e non solo, ne sono certo), come tutti noi, abbisogniamo di questa “iniezione” di speranza cristiana che solo il Papa – Successore di Pietro – può infonderci. Gli uomini e le donne che hanno speranza – speranza cristiana – non temono nessun ostacolo.

    D. - Quanto sulla storia della Chiesa in Croazia hanno influito le visite di Giovanni Paolo II? E ora, che Chiesa troverà Papa Benedetto?

    R. - Quando venne Papa Giovanni Paolo II in Croazia, come ben si sa, i tempi e le situazioni storiche di questo Paese erano differenti da oggi. La Croazia aveva acquisito la propria indipendenza, aprendo cosi la strada ad una reale democrazia. La Santa Sede – come ben risaputo – diede allora un vigoroso sostegno alla Croazia, e tutti conoscono e riconoscono tale sostegno. Il ruolo, infatti, della Chiesa e della Santa Sede a sostegno dell’indipendenza del Paese continua ad essere motivo di riconoscenza da parte della gente e anche delle autorità pubbliche, e viene espresso in molteplici circostanze. Adesso viene Papa Benedetto che, da cardinale, visitò alcune volte questo Paese. E senza dubbio sarà motivo di soddisfazione per il Papa constatare ancora e di persona come questa Chiesa sia guidata da pastori zelanti, preparati, coraggiosi, con cui collaborano bravi sacerdoti, religiosi, religiose, laici impegnati. Il Papa saprà proporre con forza il ruolo centrale dei valori cristiani del popolo croato, nonché il rafforzamento di una società sempre più libera e giusta. Infatti, la Chiesa croata nel suo insieme non ha mai smesso e non smetterà mai di essere messaggera di riconciliazione, di dialogo, di giustizia e di solidarietà. Ma il Santo Padre ben conosce quanto siano profondi la fedeltà, il rispetto, l’ammirazione del popolo croato per il Papa e per la Chiesa cattolica universale, e come questi sentimenti si può cogliere, credo, in ogni ceto della popolazione, tali esperienze che la Croazia cristiana ha sempre vissuto. Personalmente potrei dire che negli oltre tre anni che mi trovo in questo Paese, ho sempre ammirato lo spirito di comunione esistente tra questi vescovi, come pure le decisioni che essi prendono a “voce unica” su tutte le questioni ecclesiali e, in definitiva, in vista di una “nuova e profonda evangelizzazione” della Croazia, nonostante tutte le difficoltà che pure in questo Paese esistono. Dicevo che anche i fratelli nel sacerdozio (siano essi secolari o religiosi), come pure le religiose, sono di esempio, e tutti ammiriamo la loro “passione” messa in campo – in sintonia con i vescovi - nello stare vicini al popolo di Dio. Essi sono presenti in tutti gli ambienti. Devo citare, ovviamente, i fedeli laici che sono il “cuore” della Chiesa croata e sono uomini e donne di fede profonda, di grande testimonianza cristiana, partecipi nella maggior parte alla vita della Chiesa nelle parrocchie, nell’insegnamento, nella catechesi, nei gruppi di preghiera e di volontariato, negli ospedali, nei mass media eccetera. I nostri fedeli sono fieri della loro identità cristiana e tutti ci auguriamo che restino sempre tali, magari con una partecipazione più attiva e convinta in tutti gli ambienti della società croata.

    D. - La Santa Sede fu uno dei primi Stati a riconoscere la Croazia indipendente. Oggi il Paese punta a divenire membro a pieno titolo dell’Unione Europea. Qualcuno ha cercato perciò di dare al viaggio del Papa un significato “diplomatico”. Eppure Benedetto XVI viene da voi in visita pastorale…

    R. - Dopo la Slovenia, è la Croazia, tra i Paesi candidati dell’Europa Centro-Orientale, il più vicino all’entrata nell’Unione Europea. Come si sa, vi è ancora qualche ostacolo, ma si suppone che il tutto possa concludersi positivamente. E’ sotto gli occhi di tutti come la Croazia stia mettendo vigoroso impegno - sebbene in un non facile contesto socio-economico-politico – nel portare avanti programmi di riforme ben precisi e indispensabili. Papa Benedetto segue con attenzione il cammino della Croazia che si appresta a breve ad essere Stato membro dell’Unione Europea. E in tal senso la Santa Sede e la Chiesa croata hanno dato e danno il loro contributo positivo. Tuttavia è fuor di dubbio che la Croazia dovrà affrontare “le molteplici sfide dell’Europa”, di questa nostra Europa che si allontana dalle sue radici cristiane. Sono le sfide che tutti noi conosciamo e che provengono da una martellante mentalità che tenta di inculcare elementi non positivi che hanno nomi ben precisi: il secolarismo, il consumismo, il relativismo, il permissivismo, pericolose concezioni sulla famiglia e sulla vita, e cosi via. Tutto ciò mina o può minare o rendere più vulnerabile anche la società croata nel suo insieme, con effetti deleteri soprattutto tra i giovani e le famiglie. Papa Benedetto ben conosce queste “sfide” e si è certi che Egli, oltre all’invito a risvegliare la fede e la testimonianza cristiana, saprà toccare il cuore di tutti e saprà indicare metodi e strade giuste per un rinnovamento spirituale e un risveglio delle coscienze. L’auspicio più grande sarebbe che la Croazia possa entrare a far parte dell’’Unione Europea senza “svendere” o “sacrificare” le sue secolari radici cristiane, la propria identità che è prettamente cristiana. Di fatti, il Santo Padre ben conosce le radici secolari delle tradizioni culturali e cristiane della Croazia che si sono accresciuti negli ultimi decenni anche grazie all’azione della Chiesa a favore del popolo e delle vittime del confronto con il regime comunista, nonché a sollievo delle sofferenze causate dal tragico recente conflitto per l’indipendenza nazionale. In definitiva, il viaggio del Santo Padre è, e sarà, una visita pastorale ed è da escludere il dare un “significato diplomatico” o politico alla presenza in Croazia di Papa Benedetto.

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    L’ambasciatore croato: la visita del Papa, un grande evento per il Paese

    ◊   La valorizzazione del patrimonio cristiano dell’Europa. Ne ha parlato Benedetto XVI ricevendo in Vaticano lo scorso aprile il nuovo ambasciatore di Croazia presso la Santa Sede, Filip Vučak. Il Papa, in quell’occasione, ha messo in guardia da una certa amnesia collettiva che vorrebbe negare l’evidenza storica delle radici cristiane del Vecchio Continente. Ha quindi ricordato che il Paese “accelera il passo verso l’integrazione nell’Unione Europea”, essendo in fase conclusiva i colloqui con Bruxelles per l’adesione della Croazia. Alla vigilia del viaggio apostolico di Benedetto XVI in terra croata, una delle nostre inviate a Zagabria, Tracey McClure, ha chiesto all'ambasciatore Vučak, quali sono le relazioni tra la Repubblica di Croazia e la Santa Sede?:

    R. – Credo che la Santa Sede abbia rapporti speciali con la Croazia. La Santa Sede è stata tra i primi Paesi a riconoscere ufficialmente la Repubblica di Croazia e i croati lo hanno molto apprezzato. Oggi i rapporti tra i due Paesi sono molto buoni e lo testimoniano le tre visite di Giovanni Paolo II e adesso la quarta visita di Benedetto XVI. Pochi Paesi sono stati visitati dal Papa così spesso come la Croazia: la prima visita fu nel 1994 e adesso ci sarà la quarta. I presidenti e i premier croati sono stati più volte ricevuti in visita ufficiale presso la Santa Sede, l’ultima nell’ottobre del 2010 quando il nostro presidente ha visitato il Vaticano. I rapporti tra la Chiesa cattolica di Croazia e lo Stato sono molto buoni grazie anche ai quattro accordi che regolano la restituzione alla Chiesa degli immobili requisiti durante il comunismo, le questioni che riguardano la scuola e l'educazione religiosa nelle scuole e la questione del vicariato militare. Dell’applicazione di questi accordi, firmati 12 anni fa, si occupa la commissione mista tra Chiesa e Stato. Nel periodo del comunismo, in Croazia c’erano solo i seminari, non c’erano scuole cattoliche; negli ultimi anni sono state fondate alcune scuole cattoliche e l’anno scorso anche l’Università Cattolica di Zagabria e questo è stato molto apprezzato in Vaticano.

    D. – Come diceva, questo non è il primo viaggio di un Papa in Croazia. Può parlarmi un po’ di questi viaggi? Come è cambiata la Croazia che nel 1994, nel 1998 e nel 2003 ha visto Giovanni Paolo II dalla Croazia che vedrà Papa Benedetto nel 2011?

    R. - La Croazia è cambiata molto, considerando che quest’anno festeggiamo i vent’anni della nostra indipendenza. Quando nel 1994 Giovanni Paolo II visitò la Croazia, questa fu una visita eccezionale, perché si trattò della prima visita in assoluto di un Papa nella storia del Paese. Nel 1994 la guerra in Croazia ancora non era finita e un quarto del Paese era ancora occupato. Il fronte di guerra era a soli 40 chilometri dall’ippodromo di Zagabria, dove il Papa tenne la celebrazione eucaristica davanti a 800.000 fedeli e dove anche questa volta sarà celebrata la Messa. La seconda visita del Papa, nel 1998, fu altrettanto importante: infatti, a Marija Bistrica, il più grande santuario mariano della Croazia, Giovanni Paolo II proclamò beato il cardinale Stepinac, vittima del comunismo, condannato a 18 anni di prigionia e morto 10 anni più tardi mentre era agli arresti domiciliari. La terza visita, nel 2003, coincise con il 100.mo viaggio e noi fummo molto onorati di questo fatto. Nel corso di questo viaggio, il Papa visitò anche le città della costa adriatica: Rijeka, Zadar e Dubrovnik. Ecco che nei suoi tre viaggi in Croazia il Papa ha visitato praticamente tutte le più importanti regioni e città della Croazia.

    D. – Come vedono i croati questa visita di Papa Benedetto XVI?

    R. – L’arrivo di Papa Benedetto XVI è un grande evento per i croati. Si stima che all’ippodromo di Zagabria ci saranno circa 400mila fedeli. Nella principale piazza di Zagabria la sera del 4 giugno si terrà una veglia, alla quale parteciperanno circa 40 mila giovani. Lo stesso giorno, nel Teatro Nazionale Croato si terrà l’incontro con i politici e con i rappresentanti della vita culturale di Zagabria e con il corpo diplomatico. E come ultima manifestazione, il 5 giugno si terrà un incontro con il clero e la preghiera serale nella cattedrale di Zagabria. Il Papa incontrerà anche il nostro presidente e il nostro primo ministro. Ricordo che una parte del discorso del Papa, in occasione della presentazione delle mie lettere credenziali, l’11 aprile scorso, è stata incentrata sull’Unione Europea. La Santa Sede, come anche la Croazia stessa, non vogliono che, con l’adesione all’Unione Europea, il Paese perda la sua identità perché, anche se è un membro piccolo, porta qualcosa di nuovo all'Unione Europea, in particolar modo le sue radici cristiane.

    D. – Quale sarà il contributo che la Croazia potrà portare all’Unione Europea, quando ne diventerà membro a pieno titolo?

    R. – I negoziati tra la Croazia e l’Unione Europea durano già da sei anni. I negoziati sono quasi finiti – sono stati completati 30 dei 35 capitoli – e pensiamo che si potrebbero concludere entro la fine di giugno. In questo caso, l’accordo di adesione potrebbe essere firmato entro la fine dell'anno, tra ottobre e novembre. Alla firma segue la ratifica da parte di tutti i membri del Parlamento, che durerà all'incirca diciotto mesi; questo significa che la Croazia potrebbe diventare membro dell’Ue verso la metà del 2013. Però, esiste il rischio che tutto venga posticipato. Il principale problema è il capitolo 23 sui diritti umani e sul sistema giudiziario e molti altri criteri che bisogna soddisfare. Se questo capitolo verrà concluso, si propone di introdurre in Croazia – fino al momento dell’adesione – il monitoraggio in questo ambito; e questo si farebbe per la prima volta. Una cosa simile si è fatta in Romania e in Bulgaria, ma solo dopo la loro adesione.

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Montpellier (Francia), presentata da mons. Guy Thomazeau, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Pierre-Marie Carré, finora vescovo coadiutore della medesima arcidiocesi.

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    Il saluto del Papa al Rinnovamento nello Spirito Santo

    ◊   In corso, da ieri pomeriggio a Rimini, la 34.ma Convocazione nazionale del movimento ecclesiale “Rinnovamento nello Spirito Santo”. Ai partecipanti, oggi, è giunto anche il saluto del Papa. Il servizio di Luciano Castro:

    E’ entrata nel vivo a Rimini la grande Convocazione del Rinnovamento nello Spirito. Agli oltre 15 mila partecipanti, provenienti da tutta Italia, oggi è giunto anche un messaggio da Benedetto XVI, a firma del segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. “Questo incontro – si legge nel messaggio – susciti fervorosa adesione all’Eucarestia, grande mistero della fede, fonte e vertice della vita cristiana”. Nella missiva, inoltre, il Papa “incoraggia le iniziative del Movimento” e, in particolare, l’erigendo Centro Internazionale per la Famiglia a Nazareth. Ai partecipanti alla Convocazione riminese, è giunto anche il saluto del presidente della CEI, cardinale Angelo Bagnasco: “Il vostro appuntamento – ha scritto il porporato – è una scuola di preghiera” e si colloca “nel cuore dell’esperienza ecclesiale, chiamata a rendere incessantemente lode a Dio e ad intercedere per la salvezza del mondo”. Ma l’impegno nella preghiera è solo il primo passo del cammino che attende il Rinnovamento. Questo l’invito del presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, cardinale Stanislaw Rylko, il quale nel suo messaggio ha esortato il movimento ad un “rinnovato slancio missionario”, affinché possa “offrire al mondo quella testimonianza dell’amore di Dio per l’uomo che siete chiamati a dare”.

    Il tema scelto per questa Convocazione del Rinnovamento – “La mia carne per la vita del mondo” – è stato tratto dal Vangelo di Giovanni. “Niente più del sacrificio di Cristo”, ha spiegato Salvatore Martinez, presidente del Movimento, “è fonte di vita, di una vita piena, giusta, fraterna, felice”. I lavori dell’incontro riminese si sono aperti ieri pomeriggio con la presenza del cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano: “Il mondo di oggi, nonostante tanto luccichio, è disperato. L’uomo non può vivere senza Dio”, ha detto il porporato, invitando i presenti a prendere esempio dalla Vergine Maria. Oggi, l’assemblea riunita qui a Rimini ha vissuto un’intensa liturgia penitenziale e l’esperienza di lode e di adorazione del “Roveto Ardente”. Stasera, la concelebrazione eucaristica sarà presieduta dal Patriarca di Gerusalemme dei Latini, mons. Fouad Twal. Domani mattina, il programma prevede gli interventi di padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, e di Ralph Martin, testimone delle origini del Rinnovamento.

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    Una rappresentanza di zingari europei incontrerà il Papa l'11 giugno

    ◊   Sabato 11 giugno, alle ore 12.00, circa 1400 zingari europei saranno ricevuti dal Papa in Vaticano. Lo annuncia un comunicato del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. L'incontro avviene in occasione del pellegrinaggio degli zingari del continente europeo a Roma l'11 e 12 giugno prossimi, nella ricorrenza del 75° anniversario del martirio e dei 150 anni dalla nascita del Beato Zeffirino (Ceferino) Giménez Malla (1861-1936), gitano martire della fede di origine spagnola. Nella capitale giungeranno alcuni gruppi Rom, Sinti, Manuches, Kale, Yenish e Travellers d'Europa e d'Italia.

    L'arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio – afferma il comunicato - presenterà al Santo Padre la rappresentanza degli zingari "descrivendo il loro crescente impegno nella Chiesa, dove possono trovare forza spirituale e aiuto per la loro vita spesso segnata da emarginazione e diffidenza". Quindi il Santo Padre rivolgerà loro la sua parola e impartirà la Benedizione Apostolica. Nel corso dell'Udienza, sarà illustrata al Pontefice la realtà zingara con quattro brevi testimonianze, compresa quella di Ceija Stojka, zingara cattolica superstite dei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau e Bergen-Belsen. I suoi ricordi di quel terribile periodo sono raccolti in un libro che trae origine dalla necessità di ricordare per combattere la sopraffazione e l'oblio. "Anche in passato – prosegue il comunicato - le Comunità zingare sono state accolte dai Pontefici. Paolo VI li aveva incontrati a Pomezia, nel 1965, e Giovanni Paolo II, durante il Grande Giubileo del 2000, chiese perdono al Signore anche per i peccati commessi nei confronti degli Zingari dai figli della Chiesa”.

    Dopo l'Udienza Pontificia, il programma del pellegrinaggio prevede per il pomeriggio una celebrazione della Parola, presieduta da mons. Vegliò, nella Chiesa di San Bartolomeo all'Isola Tiberina, alle ore 18.30. Per l'occasione, nell'altare dei Testimoni della fede di Spagna, sarà posta una reliquia del Beato Zeffirino, uno dei rosari che egli stesso aveva donato alla figlia di un amico avvocato. Domenica 12 giugno, seconda giornata del pellegrinaggio, gli zingari si riuniranno al Santuario del Divino Amore per la Santa Messa, presso la “cappella a cielo aperto” dedicata al Beato Zeffirino. La celebrazione, che avrà inizio alle ore 11.00 e sarà trasmessa in diretta su RAI 1, sarà presieduta da mons. Pietro Santoro, vescovo di Avezzano.

    “Grazie all’interessamento e alla mobilitazione di Organizzazioni nazionali e internazionali – rileva il comunicato - numerosi Paesi stanno introducendo nuove iniziative per i Rom e per altri gruppi zingari, volte a favorire una loro positiva integrazione, che passa obbligatoriamente attraverso il rispetto dei fondamentali diritti umani, come l’istruzione, il lavoro, l’alloggio dignitoso e le cure mediche. È necessaria una sinergia di impegni da parte della società e dei Rom, Sinti e altri gruppi, per superare la diffidenza e incoraggiare nuove forme di incontro e dialogo finalizzate alla comprensione e all’accoglienza”.

    Il mondo zingaro, composto da diverse etnie (tra le quali le più note sono Rom, Sinti, Manousche, Kalé, Yéniches, Romanichals, Xoraxané, Kanjarija, Rudari e Ari) si stima che comprenda circa 36 milioni di persone sparse in tutto il mondo. Il maggior numero di loro, oltre 18 milioni, vive in India (considerata la loro terra d'origine), mentre tra i 12 e i 15 milioni si trovano in Europa, con un’alta concentrazione nell'Est europeo. Gli Stati Uniti d'America ne ospitano quasi un milione e circa 900 mila il Brasile. Romania e Ungheria sono i Paesi europei con la maggiore concentrazione di popolazioni zingare (tra 1.800.000 e 2.500.000). In Bulgaria e Spagna il loro numero si aggira attorno a 800 mila, in Italia 170 mila. L'organizzazione di questo pellegrinaggio è curata dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in collaborazione con la Fondazione “Migrantes” della Conferenza Episcopale Italiana, la Diocesi di Roma e la Comunità di Sant’Egidio.

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    Mons. Vegliò: i pellegrinaggi ai Santuari, occasione di nuova evangelizzazione

    ◊   L’arcivescovo Antonio Maria Vegliò è intervenuto oggi a Budapest al Convegno sul tema “Il ruolo dei Santuari nella nuova evangelizzazione in Europa”. Il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha sottolineato che i pellegrinaggi ai Santuari rappresentano “un’opportunità” per annunciare Gesù Cristo. Ribadendo che la Chiesa è chiamata ad evangelizzare tutti i popoli, ha messo l’accento sulla “presenza religiosa nello spazio pubblico che viene offerto nei pellegrinaggi” così “come tutte le manifestazioni della religiosità popolare”, un altro modo per evangelizzare. Mons. Vegliò non ha mancato di mettere in guardia dal “rischio di commercializzazione” nei santuari nei quali va sempre preservato la dimensione cristiana del pellegrinaggio. Ed ha avvertito: “Indipendentemente dalle motivazioni che spingono una persona a iniziare un pellegrinaggio o a visitare un santuario, non possiamo nascondere che alla base vi è un significato spirituale”. La vera mete del pellegrinaggio, ha infine detto il presule riprendendo le parole di Benedetto XVI al Santuario mariano austriaco di Mariazell, non è esso stesso, ma “l’incontro con Dio per mezzo di Gesù Cristo, in cui tutte le nostre aspirazioni trovano risposta”.

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    Riunione per il Congresso Eucaristico Internazionale. Con noi, mons. Marini e mons. Martin

    ◊   Si chiude oggi a Dublino la riunione preparatoria del 50.mo Congresso Eucaristico Internazionale, che si terrà nella capitale irlandese nel giugno 2012. Alla riunione hanno preso parte delegati di oltre 70 Paesi. Proprio sulla dimensione universale del Congresso del prossimo anno, si sofferma l’arcivescovo Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. L’intervista è della nostra inviata a Dublino, Emer McCarthy:

    R. – L’aspetto universale è quello che prevale in un Congresso eucaristico internazionale. A Dublino sarà il 50.mo, nel cinquantesimo anno dell’apertura del Concilio Vaticano II. Il Concilio è stato un Concilio universale, generale per la Chiesa. Così, questo Congresso è un congresso dove l’aspetto universale della Chiesa ha la prevalenza, dove tutti quelli che convengono qui si sentono – pur appartenendo a razze diverse, pur essendo di lingue diverse – parte della stessa Chiesa di Cristo.

    D. – Quant’è importante che non sia un Congresso statico, che sia un Congresso che guardi verso il futuro della teologia eucaristica?

    R. – Se noi guardiamo al passato perché dobbiamo guardare, nella celebrazione, all’Ultima Cena, lo facciamo per celebrare oggi, per gli uomini e le donne del nostro tempo. Anche la liturgia non è morta, continua il suo cammino. In questo senso, la riforma della liturgia non finisce mai, perché segue ogni tempo, le varie culture; c’è l’inculturazione, un contatto con le culture. Questo Congresso eucaristico è quindi anche per insegnare agli uomini e alle donne del nostro tempo il tesoro dell’Eucaristia, che è il primo atto di adorazione del Signore. Questo è lo scopo del prossimo Congresso eucaristico. (vv)

    Accanto all’aspetto internazionale, particolarmente significativo è il fatto che la Chiesa d’Irlanda sia protagonista di questo evento. Nel Paese, è ancora aperta la ferita dello scandalo degli abusi su minori perpetrati da alcuni membri del clero irlandese. La Chiesa locale ha dunque bisogno di “riconciliazione” e “rinnovamento”. E’ quanto sottolinea l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, intervistato da Emer McCarthy:

    R. - Oggi la Chiesa in Irlanda ha bisogno di riconciliazione e di rinnovamento: riconciliazione per le ferite e gli scandali, ma anche per altre tensioni interne alla Chiesa in Irlanda; e rinnovamento perché il processo di secolarizzazione in Irlanda è molto più avanzato di quanto molti vogliano ammettere. L’Irlanda ha una delle economie più aperte di tutto il mondo e con questa apertura economica viene anche un’apertura culturale. La grande sfida per me, come vescovo, è l’assenza dei giovani nelle nostre chiese: dico sempre che i ragazzi irlandesi sono i più catechizzati e i meno evangelizzati in Europa! Il Congresso eucaristico è un momento importante, perché è caratterizzato da un periodo di preparazione e di catechesi in tutte le parrocchie e negli istituti religiosi. E’ una catechesi che dovrà cercare di avvicinare quei giovani che sono un po’ delusi dalla Chiesa. Questo rinnovamento deve avere una dimensione eucaristica, perché se i ragazzi perdono ogni contatto con la Messa domenicale, possono avere una specie di fede culturale, ma non una fede radicata in quello che è la Chiesa. (mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina un articolo del cardinale arcivescovo di Zagabria, Josip Bozanić, in preparazione del viaggio di Benedetto XVI in Croazia.

    Un articolo di Marin Srakić, arcivescovo di Ðakovo-Osijek presidente della Conferenza episcopale, sull’attesa dei vescovi croati per l’arrivo di Benedetto XVI.

    Nell'informazione internazionale un approfondimento sul rischio che le agenzie internazionali abbassino il rating degli Stati Uniti.

    In cultura il percorso dello sviluppo del cristianesimo in Croazia a partire da reperti archeologici, Fabrizio Bisconti.

    Un anno fa veniva ucciso monsignor Luigi Padovese, studioso e vescovo cappuccino, un libro appena uscito per le Edizioni Dehoniane di Bologna lo ricorda.

    Hilaire Belloc e la questione ebraica, Roberto Pertici in cultura.

    Progetti imprenditoriali per la pace in Nigeria, per il servizio religioso internazionale.

    La storia della vocazione di Karol Wojtyła, in un articolo di monsignor Enrico dal Covolo.

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    Oggi in Primo Piano



    Barcone affonda al largo di Tunisi: recuperati 150 corpi. La Caritas: urgenti soluzioni strutturali

    ◊   E’ tragico il bilancio dell'affondamento di un barcone al largo delle coste tunisine, tra martedi sera e mercoledi. Finora sono 150 i cadaveri recuperati: sono tutti profughi africani. Le cattive condizioni del mare stanno rallentando le operazioni. Alessandro Guarasci:

    Dalla Tunisia arrivano notizie poco incoraggianti. Il capo della guardia costiera della città di Sfax ha detto che “le onde hanno bloccato l'inizio delle operazioni. Nella migliore delle ipotesi, domani, potremmo essere in grado di recuperare tutti i corpi''. Inizialmente si era parlato di 270 dispersi. E fa anche preoccupare la situazione a Lampedusa, dove quattro tunisini, che hanno ingoiato delle lamette per protesta contro il rimpatrio, sono stati trasferiti all'ospedale 'Cervello' di Palermo per essere curati. L’organizzazione Save The Children ha comunicato che da gennaio ad oggi sono circa 1.500 i minori arrivati nell’isola. Per la Caritas servono soluzioni strutturali, il vicedirettore Francesco Marsico:

    R. –E’ un fenomeno che va avanti da anni senza una soluzione effettiva. Credo che quello che non vada sia il fatto che per questo problema non sia prevista una politica davvero coordinata e congiunta da parte dell’Unione Europea. C’è una sottovalutazione strutturale di questo tema.

    D. – Secondo lei c’è un problema di coordinamento. Frontex non basta?

    R. – Frontex è uno strumento. A monte di Frontex ci dev’essere la politica europea che si faccia carico del tentativo di risolvere le questioni che portano questi flussi migratori. Chiaramente, ciò non avviene attraverso uno strumento di tipo operativo. Il problema è capire, sulle aree di crisi di quel continente, quali possono essere le politiche progressive che, negli anni, se non possono porre fine almeno alleggeriscano questi fenomeni.

    D. – Alcuni rappresentanti del governo italiano parlano di emergenza, quasi di ‘invasione’. Voi, in più di qualche caso, avete contestato questi termini...

    R. – E’ evidente che la situazione, di recente, con il movimento politico e militare in quelle aree, è peggiorata. Però è un fenomeno che va avanti da anni e quindi non può essere definito un’emergenza.

    D. – In sostanza, serve perciò una politica di lungo periodo…

    R. - Ovviamente sì. Una politica di lungo periodo che si faccia carico progressivamente delle situazioni di crisi. La situazione dell’Eritrea, quella somala, quella drammatica del Sudan: insomma, tutte le aree di crisi devono essere aiutate e soprattutto bisogna farsi carico di un’azione che metta insieme politica estera, politica economica ed un’idea diversa di Mediterraneo che ancora non vediamo. (vv)

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    Il batterio Escherichia Coli continua a spaventare l'Europa

    ◊   L’Escherichia Coli, il batterio che sta spaventando l’Europa, si starebbe stabilizzando. Lo confermano fonti tedesche. 11 le vittime confermate, 17 sono presunte, circa 2000 i contagiati in 12 Paesi. Alcuni casi si registrano anche negli Stati Uniti. Tutti però risultano avere un legame con la Germania. Esclusa la responsabilità diretta dei cetrioli spagnoli. E dopo lo stop delle importazioni di vegetali deciso dalla Russia nei confronti dell’Ue, l'Organizzazione Mondiale della Sanità precisa che ''non sono state chieste restrizioni al commercio''. Al microfono di Eliana Astorri, il commento del prof. Roberto Cauda, ordinario di malattie infettive del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma:

    R. - Si sta verificando un focolaio epidemico prevalentemente presente nel Nord della Germania, che ha una diffusione anche in altri Paesi, ma sembrerebbe in persone che sono state comunque in quell’area della Germania, dove sono stati segnalati il numero maggiore di casi. E’ un batterio l’Escherichia coli; è un germe altamente noto: si isola nelle feci degli uomini, degli animali ed ha una ampia diffusione nell’ambiente. Quello che è nuovo è il tipo di batterio che sembrerebbe avere una tossicità importante e una capacità di diffusione altrettanto importante.

    D. - Questo batterio è refrattario agli antibiotici?

    R. - E’ stato detto ed è vero che da un punto di vista genetico, questo batterio ha una resistenza agli antibiotici. Ma se noi lo guardiamo da un punto di vista clinico, l’utilità della terapia antibiotica è assolutamente nulla: è anzi controindicato utilizzare gli antibiotici e questo perché? Perché quando noi diamo una terapia antibiotica a questi soggetti non facciamo altro che, distruggendo il batterio, mettere in circolo la tossina, che è responsabile di tutti questi guai che vanno dal danno renale fino - nelle forme più gravi - al danno celebrale. E’ giusto, quindi, dire che si tratta di un germe resistente agli antibiotici, ma andrebbe anche detto che si tratta di una forma non suscettibile di terapia antibiotica, per la quale la terapia antibiotica non è indicata.

    D. - C’è pericolo per l’Italia?

    R. - Ovviamente le notizie si rincorrono di ora in ora e le previsioni sono sempre molto difficili. Io personalmente ritengo di no, anche perché c’è un sistema di sorveglianza altamente qualificato ed efficace. E’ vero che è stato descritto anche in altri Paesi, ma si tratta di singoli casi: il grosso del focolaio epidemico è comunque localizzato nel Nord della Germania. Quello che resta da capire è che cosa è avvenuto, perché conosciamo il colpevole - cioè l’Escherichia coli o 104 - però non sappiamo esattamente qual è l’alimento, se c’è, che ha determinato questa malattia. (mg)

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    Un anno fa l'uccisione di mons. Padovese. L'arcivescovo di Smirne: la Chiesa in Turchia non ha perso la fiducia nel dialogo

    ◊   Ricorre oggi il primo anniversario dell’uccisione a Iskenderun, in Turchia, di mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia. Dodici mesi fa il presule italiano veniva barbaramente accoltellato dal suo autista lasciando sotto choc la piccola minoranza cattolica in Turchia. Mons. Padovese fu instancabile studioso delle origini del cristianesimo e pastore che fondava sulla carità e il dialogo il suo servizio alla verità. Verrà ricordato domenica a Iskenderun con una celebrazione eucaristica presieduta da mons. Ruggero Franceschini, arcivescovo di Smirne, attuale amministratore apostolico del vicariato apostolico di Anatolia e presidente della Conferenza episcopale della Turchia. A lui Fabio Colagrande ha chiesto come la Chiesa locale si stia preparando a questa celebrazione:

    R. – La Chiesa turca ha risposto abbastanza bene. Sia la Chiesa docente – saranno presenti i vescovi della Turchia, la nostra Conferenza episcopale -, sia la Chiesa discente, la Chiesa che marcia, che impara, che studia, la Chiesa comune, tanto che non sappiamo più dove mettere la gente. Ovviamente ci sono molti alberghi, fuori, ma tutti vorrebbero rimanere con noi. Anche in Chiesa stiamo vivendo quest’anniversario, attraverso momenti di preghiera. Ci siamo chiesti se possiamo fare meglio, soprattutto se possiamo finalmente iniziare strade diverse, strade di maggior dialogo non solo proclamato ma vissuto concretamente. Ci pare che ciò sia stato accolto molto bene dai nostri giovani, che non vogliono rinnegare la loro origine turca ma vogliono invece completare l’educazione turca con la formazione cristiana.

    D. – Come si svolgerà la celebrazione eucaristica di domenica 5 giugno?

    R. – La celebrazione si svolgerà durante la Messa delle 11, Messa dell’Ascensione. Abbiamo scelto di non fare una Messa di suffragio, perché ci pare sia appropriata l’Ascensione al cielo, che è la patria comune, ed è la patria dalla quale Luigi Padovese continua a seguire la sua Chiesa. E’ una presenza invisibile, ma lo sentiamo comunque tra noi. Sarà un momento di forte riconciliazione, di volontà di riconciliazione. La Chiesa di Iskenderun non sarà sola in questa giornata, perché verranno persone da Smirne, da Istanbul, da Samsun. E’ la Chiesa di Turchia – almeno quella che si è riconosciuta in questa chiamata – che cerca di condividere con noi questo momento di serenità e di preghiera, che si riconosce in questa volontà di camminare insieme.

    D. – Come hanno reagito le autorità civili a queste iniziative?

    R. – Penso bene, perché ci sarà il sindaco della città, il prefetto della regione, il vice-prefetto, il capo dei singoli distretti islamici. Ci saranno nove o dieci arcivescovi ortodossi, qualche patriarca - della Siria, dell’Est della Turchia ed anche della Giordania - insomma, ci sarà tanta gente. Gente che si riconosce forse in questa volontà di cambiare il modo di vivere insieme, perché figli dello stesso Padre, anche se con fedi diverse.

    D. – Questa partecipazione è un po’ il segno dei rapporti di stima, collaborazione ed amicizia che il vescovo Padovese aveva stabilito durante la sua vita…

    R. – Certo. E’ questo che gli riconosciamo. Presto inizierà il processo e pensiamo – perché si sente nell’aria, ancora la documentazione rimane riservatissima – che lo Stato senta la necessità di non essere frettoloso nel processo ma di guardarci bene dentro. Noi abbiamo sentito la necessità di non perdere la fiducia e di camminare insieme, anche se quello che abbiamo pagato e forse ancora dovremo pagare è davvero molto.

    D. – Nella raccolta di contributi in memoria di Padovese, che è stata pubblicata in questi giorni, lei scrive: “La piccola Chiesa rimasta in Anatolia è troppo povera per trovare in se stessa le risorse per continuare a sperare almeno di esistere”. Sono parole che suonano come un appello…

    R. – Sì. Abbiamo bisogno che la Chiesa ci senta come suoi figli, anche se lontani, anche se in un momento difficile. (vv)

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    L'Unicef ribadisce l'importanza dell'allattamento al seno per mamme e bambini

    ◊   L'allattamento al seno protegge la salute del bambino e della mamma. Secondo numerose ricerche scientifiche, il latte materno nutre in modo completo, protegge da malattie e infezioni e contribuisce a mantenere il legame tra la mamma e il bambino. In Italia l’allattamento naturale è poco diffuso e spesso, anche nelle strutture materno-infantili, non si riscontra la sensibilità necessaria a facilitare questo percorso. In Paesi come l’Africa, la situazione è ancora più grave a causa delle campagne di grandi aziende per la promozione del latte artificiale che provocano invece seri problemi. Ce ne parla Leonardo Speri, coordinatore dell’Unicef Italia per il progetto “Ospedale Amici dei bambini”, intervistato da Salvatore Cernuzio:

    R. - Dobbiamo usare molta attenzione e molta cura quando si adopera il latte in polvere. C’è, a questo riguardo, un allarme dell’Organizzazione mondiale della Sanità che fornisce raccomandazioni molto precise sull’uso del latte in polvere e che sostengono che è necessaria molta attenzione sia alla qualità dell’acqua che si adopera, che deve essere bollita garantendo così che i batteri presenti nell’ambiente vengano meno, sia che non va assolutamente conservato perché il latte artificiale è facile alla contaminazione. Se questo lo si unisce al fatto che vi sono ambienti in grande difficoltà dal punto di vista della povertà, della salubrità delle acque, del sistema igienico-sanitario in generale, è responsabile di malattie e morte di tantissimi bambini al mondo.

    D. - I vostri rapporti sulle morti dei neonati sono allarmanti...

    R. - I dati che vengono riportati sono in diminuzione, anche se si tratta ancora di numeri enormi: si parla di circa 9 milioni di bambini sotto i cinque anni che ancora muoiono all’anno. La malnutrizione contribuisce per oltre il 60 per cento a queste morti: la mancata risorsa dell’allattamento materno fa parte di una delle cause principali della malnutrizione. Se pensiamo che il latte materno viene spesso confezionato con acqua contaminata e che la diarrea, per esempio, è responsabile di più del 15 per cento dei decessi, insieme a tutta una serie di altri problemi di salute che ci sono possiamo stabilire una relazione molto forte tra il mancato allattamento materno e la mortalità infantile.

    D. - Nonostante questo alcune grandi aziende promuovono l’uso del latte in polvere, tanto da violare anche il Codice Oms…

    R. - Questo rappresenta un problema molto grande, nel senso che il codice non è tanto contro la produzione del latte, ovviamente, che serve; il codice è contro un marketing scorretto che continua a proporre il latte materno, in qualche modo, alla pari con il latte artificiale: cosa che ovviamente non è! In molti Paesi, dove i governi non riescono a contestare e ad opporsi, la pubblicità è scorretta e la modalità di mercato è molto aggressiva: basti pensare che vi sono zone in cui un’infermiera che promuove attivamente il latte artificiale può arrivare ad avere un’automobile grazie allo stipendio che le passano le ditte produttrice, quando invece una normale infermiera – nelle stesse zone – normalmente non riesce ad arrivare a fine mese. E’ un po’ un paradosso: mentre nei Paesi occidentali si sta lavorando per il recupero dell’allattamento al seno, esportiamo contemporaneamente una cultura della nutrizione artificiale, che da noi si è rivelata una scelta non idonea.

    D. – Lei ha accennato all’Italia: secondo un’indagine Istat, c’è stato un calo in particolare nelle zone del Sud?

    R. – C’è un calo dell’allattamento materno e non nel senso di un calo dell’ultimo periodo, ma un calo tradizionale e proprio in posti in cui come idea ci saremmo aspettati, invece, una tradizione più favorevole. Abbiamo un percorso-nascita e un sistema sanitario, soprattutto per quel che riguarda l’assistenza al parto e al primo puerperio, che fino adesso non ha molto favorito l’allattamento materno. Proprio per questo l’Oms e l’Unicef hanno un programma, che si chiama “Gli amici dei bambini”, che - assistendo la mamma fin da subito; lasciando appena nato il suo bambino a contatto con la pelle; tenendolo 24 ore su 24 nella propria stanza e allattandolo ogni volta che lo chiede - permette di avere dei tassi di allattamento altissimi e anche un buon avvio che poi perdura nel tempo. (mg)

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    Concerto di solidarietà a Lampedusa: intervista con Claudio Baglioni

    ◊   Solidarietà a Lampedusa, accoglienza ai profughi, ma anche riconoscenza ai soccorritori che aiutano i migranti: sono gli obiettivi dell’iniziativa “Lampedusa sùsiti” la serie di concerti e incontri musicali in programma oggi e domani sull’isola pelagia. Sul palco, 33 cantautori, musicisti ed interpreti, membri della Nazionale Italiana Cantanti e dell’Associazione Artisti Amici. Ad ideare l’evento è stata la Fondazione O’ Scià, che da diversi anni opera a favore dell’integrazione culturale nel bacino del Mediterraneo. Isabella Piro ha intervistato il fondatore della Fondazione, il cantautore Claudio Baglioni:

    (musica)

    R. - “Sùsiti” in dialetto siciliano sta per alzati, rialzati, sollevati, tirati su: gli obiettivi sono manifestare l’intenzione dell’incontro, dell’incontro anche tra persone diverse, dimostrando che, appunto, attraverso l’arte si può dare il primo accordo ad una sinfonia generale. L’isola vive un’emergenza ancora più difficile e quest’anno è stata ancora più segnata proprio dall’immagine di tanti arrivi e di tanti recuperi, quasi di una - detto tra virgolette - invasione, che ha umiliato un po’ l’immagine e l’attività isolana, che si basa chiaramente quasi tutta sul turismo e parzialmente sulla pesca. Molta dell’opinione pubblica è ancora convinta che ci siano condizioni di grave disagio e questo, peraltro, non è vero: l’isola è quella che è sempre stata e quindi questo fenomeno - peraltro così complesso - dell’immigrazione non crea altri disagi che non quello morale, etico, psicologico al quale assistiamo tutti con il dovere di cittadini e di esseri umani. Però lo facciamo proprio per dare questo senso di voglia di rinascita, insomma; per muovere finalmente le acque in senso positivo.

    D. - A tuo parere la questione dei migranti è davvero un problema dimenticato?

    R. - E’ un problema sempre un po’ evitato: un po’ tutti tendono a sperare quasi che la questione si risolva da sola. Siccome però il problema è veramente spinoso, non è facile risolverlo e per risolverlo veramente significherebbe ristabilire un senso di giustizia in tutto il mondo, in tutto il Pianeta; significherebbe che l’economia non fosse più così feroce e riversata solo sull’accumulo di capitali, ma che potesse esserci una ridistribuzione del benessere; occorrerebbe che la politica crescesse di maturità e non bisognerebbe alimentare paure, perché le paure servono poi soltanto a crearne ancora altre. Diciamo che è un sistema anche culturale, al quale forse noi - come Italia - non eravamo neanche preparati; non eravamo preparati ad un mondo di differenze e di colori che fosse più ampio. Secondo me, invece, può essere una grande sferzata proprio per i giorni a venire: alimentarsi di ciò che non conosciamo; aprire un po’ le coscienze. Questo potrebbe anche servire ad alimentare il livello di legalità nel nostro Paese, perché troppo spesso anche questa immigrazione - tenuta volutamente clandestina e irregolare - ha fornito manovalanza a tutto quel mondo sommerso, che è fatto dalla criminalità organizzata e che nel nostro Paese è abbastanza presente.

    D. - Tu sei stato più volte a Lampedusa, anche nei giorni più critici dell’emergenza immigrazione: quale realtà hai visto?

    R. - E’ successo quasi un prodigio: gli abitanti, i lampedusani, senza fare tanti calcoli, hanno fornito assistenza, accoglienza giornaliera, privandosi anche di alcune cose come abiti, coperte; alcuni hanno aperto le loro case per offrire la possibilità di fare una doccia a qualcuno di questi migranti… Ci sono state delle scene di una piccola storia che non va dimentica e che va raccontata, proprio perché sarebbe bellissimo adesso poter aiutare chi tanto ha aiutato altri.

    D. - Nel campo dell’immigrazione, allora, l’isola può fare da ponte con l’Europa e con tutto il bacino del Mediterraneo?

    R. - Geograficamente è messa in quella condizione e simbolicamente può essere una nuova idea e anche un nuovo patto tra i popoli del Mediterraneo, cercando proprio questa integrazione culturale, non forzata, ma proprio verso l’idea di abitare un luogo e di abitarlo al meglio possibile. Quindi, secondo me, su Lampedusa si gioca una partita bella, in senso planetario, come esperimento pilota di una nuova maniera di ricomporre l’umanità.(mg)

    (musica)

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    Chiesa e Società



    Incontro cristiano-islamico: nelle scuole anche l’insegnamento di altre tradizioni religiose

    ◊   Al termine dell’incontro, tenutosi nei giorni scorsi a Torino, i delegati delle Conferenze episcopali per i rapporti con i musulmani in Europa hanno espresso, nel comunicato finale, la loro attenzione nei confronti di varie “iniziative che stanno sorgendo in seno alle comunità musulmane”. Iniziative – si precisa nel documento - finalizzate a fornire ai propri responsabili religiosi, imam e insegnanti, “una formazione teologica e culturale adeguata a svolgere con efficacia il loro ruolo religioso in contesto europeo”. La Chiesa auspica che tali proposte, inclusa l’istituzione di cattedre di Teologia Islamica nelle università, “possano essere organizzate, con i dovuti adattamenti, secondo lo schema giuridico dei rapporti esistenti tra Stato e Chiesa”. In questa prospettiva, la Chiesa vede in modo positivo che l’insegnamento confessionale della religione nella scuola pubblica “possa includere anche altre tradizioni religiose, tra cui l’islam, tenendo fermi i requisiti previsti nei diversi Stati”. Nel comunicato, diffuso al termine dell’incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), si ricordano anche “le espressioni di desiderio di democrazia, di libertà, di appello al rispetto della dignità della persona di cui si fanno promotori i giovani dei vari Paesi arabi in questi mesi di forte cambiamento politico”. Si auspica che il processo in corso possa condurre “ad una piena acquisizione del diritto alla libertà religiosa in tali Paesi, in modo che anche gli arabi cristiani possano godere in modo sostanziale di tale libertà nel quadro di una reale cittadinanza egualitaria”. La Chiesa cattolica segue infine con interesse “le dinamiche dell’inserimento dei residenti e dei cittadini di religione musulmana nel contesto europeo, sia a livello individuale sia comunitario”. Si tratta di un processo complesso e non privo di contraddittorietà – si legge nel comunicato - in cui emerge la sfida “della progressiva inculturazione dell’islam in Europa, con la conseguente manifestazione della sua dimensione più prettamente religiosa e morale, piuttosto che politica”. (A.L.)

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    Egitto: nuova legge per costruire chiese e moschee

    ◊   In Egitto il ministero dello Sviluppo ha elaborato una bozza di legge per la costruzione di luoghi di culto. Nella proposta normativa, vengono garantiti gli stessi diritti a cristiani e musulmani per procedere alla costruzione di chiese e moschee. Si tratta ancora di una bozza – sottolinea mons. Rafic Greiche, portavoce della chiesa cattolica – ma è piuttosto “buona”. “Anzitutto – spiega all'agenzia AsiaNews – si parla di regole comuni per la costruzione di chiese e moschee”. E’ anche importante “il limite di due mesi entro cui il governo locale deve rispondere”. In passato – ricorda mons. Rafic Greiche – a frenare la costruzione delle chiese era una “sfibrante burocrazia”. Nella nuova bozza è stata anche tolta la condizione, presente nella normativa vigente, di un certo numero di fedeli (fino a 100 mila) per ottenere l’autorizzazione a procedere. “Questa nuova legge – afferma infine mons. Rafic Greiche – è importante soprattutto per le nuove città satelliti emerse attorno al Cairo”, dove c’è bisogno di nuove chiese. (A.L.)

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    Pakistan. Nuovo attacco dei radicali islamici contro i cristiani: la Bibbia definito "libro blasfemo"

    ◊   Il partito islamico radicale Jamiat Ulema-e-Islam ha inoltrato un ricorso alla Corte Suprema del Pakistan e ha lanciato una campagna di sensibilizzazione chiedendo di vietare la circolazione della Bibbia, definita “libro pornografico” e “blasfemo”. Si tratta di un nuovo attacco alla comunità cristiana in Pakistan, impaurita per gli attacchi e le minacce subite dopo l’eliminazione di Bin Laden, e già sotto scacco per gli effetti nefasti della legge sulla blasfemia, che punisce con la pena di morte chi insulta il Corano o il Profeta Maometto. Il gruppo radicale Jamiat Ulema-e-Islam, con quartier generale a Karachi, ha lanciato la campagna in una conferenza pubblica. Secondo il leader del gruppo, Abdul Rauf Farooqi, alcuni passaggi della Bibbia descrivono come “viziosi e immorali” personaggi che i musulmani considerano profeti. “E’ una mossa che potrebbe alimentare l’odio religioso contro i cristiani. E’ una minaccia alla convivenza pacifica, un attacco al cuore della nostra fede” dice sconcertato all'agenzia Fides padre Saleh Diego, che presiede la “Commissione Giustizia e Pace” nell’arcidiocesi di Karachi. “Come cristiani siamo già molto deboli e sottoposti alle pressioni per la iniqua legge sulla blasfemia. Questi gruppi radicali vogliono cancellarci del tutto. Certo, sono solo dei gruppi minoritari, e auspichiamo che si levino voci di leader musulmani moderati per fermare questa campagna di odio” rimarca. “La nostra risposta, come cristiani in Pakistan, già nel mirino, non può essere che quella di ribadire l’urgenza del dialogo e del rispetto di tutti i simboli religiosi e dei libri sacri, di tutte le religioni. Ma ci aspettiamo che, a livello internazionale, possa nascere una risposta più forte e decisa, che ci sostenga” conclude padre Diego, chiedendo una mobilitazione dei cristiani e delle istituzioni internazionali per fermare la campagna contro la Bibbia. (R.P.)

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    Rapporto Oxfam: l’aumento dei prezzi nel mondo è una grave minaccia per milioni di persone

    ◊   Entro il 2030 il cibo costerà il doppio. Il mais potrebbe aumentare del 180% e nel mondo ci saranno sempre più rivolte e “ guerre del pane”. E’ allarme lanciato dall’Ong inglese Oxfam che nella sua ultima ricerca analizza la volatilità dei prezzi dei principali beni alimentari. Il prezzo globale dei cereali – si legge nello studio - ha registrato un aumento del 71%, raggiungendo un nuovo record nel mese di aprile. Nel dossier si prevede che i prezzi dei beni alimentari di base potrebbero essere all’origine della povertà di milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo, dove la spesa per l’alimentazione incide sull’80% del reddito. Nonostante il boom economico degli ultimi 20 anni – si legge nel documento ripreso dall’agenzia Fides – in India ci sono 65 milioni in più di persone a rischio fame, mentre “gli Stati Uniti continuano ad utilizzare il 15% del mais prodotto a livello mondiale per ottenere biocarburanti”. Ad influire sull’aumento dei prezzi sono diversi fattori, dalla corsa alla produzione di biocarburanti che sottrae terre alla produzione alimentare, all’impoverimento delle risorse naturali a causa dell’eccessivo sfruttamento, ai cambiamenti climatici, al dominio di poche aziende nel mercato alimentare. (A.L.)

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    L'arcivescovo di Tunisi: “gli eritrei accolti a Choucha sono stanchi di aspettare”

    ◊   “I rifugiati accolti nel campo di Choucha iniziano a stancarsi della lunga attesa per avere lo status di rifugiato e poter quindi lasciare questa situazione precaria” dice all’agenzia Fides mons. Maroun Elias Lahham, arcivescovo di Tunisi. Nel campo di Choucha, a circa 25 km dalla città di Ras Ajdir, in Tunisia, nei pressi del confine con la Libia, vi sono stati scontri tra i rifugiati eritrei e quelli di origine sudanese, fuggiti dalla Libia a seguito delle note vicende belliche. In seguito la popolazione locale ha assalito il campo dopo una manifestazione di protesta indetta da alcuni rifugiati. “La polizia tunisina ha rimpatriato i sudanesi che, d'altronde, non avevano diritto a richiedere lo status di rifugiato politico - prosegue mons. Lahham -. Sono rimasti solo coloro che hanno questo diritto, la maggior parte dei quali sono eritrei. Ma le cose vanno per le lunghe per ottenere il permesso dalle autorità italiane. Queste persone sono stanche di aspettare: non possono rientrare in Eritrea, sanno di avere diritto allo status di rifugiato ma vivono da mesi nei campi profughi. Anche la popolazione tunisina inizia ad essere snervata da questa situazione perché offrire da mangiare e da bere per mesi a migliaia di persone è un po’ dura, tenendo presente che stiamo uscendo da un vero e proprio ‘tsunami’ politico. La Chiesa cattolica è presente nel campo. In particolare vi presta la sua opera padre Sandro de Pretis che conosce bene l’eritreo perché ha lavorato in Eritrea, ed è in costante contatto con me” conclude mons. Maroun Lahham. (R.P.)

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    Mons. Bechara Raï: i cristiani libanesi siano uniti al di là delle differenze politiche

    ◊   Separazione tra religione e politica, “difesa” delle terre dei cristiani, maggiore presenza nelle istituzioni pubbliche e promozione del bene comune. Sono gli obiettivi indicati dal patriarca libanese, mons. Bechara Raï, indicati ai 34 esponenti politici maroniti, provenienti sia dalla maggioranza sia dall’opposizione, che hanno partecipato alla riunione svoltasi ieri nella sede patriarcale di Bkerke. I cristiani – ha detto mons. Bechara Raï – hanno la “responsabilità collettiva”, nonostante le diverse scelte politiche, di portare nella società del loro Paese i valori del Vangelo e gli insegnamenti della Chiesa. “Il solo modo per una presenza attiva – ha aggiunto il patriarca le cui parole sono state riprese dall'agenzia AsiaNews – è la partecipazione nelle istituzioni pubbliche”. Al termine dell’incontro, è stato deciso di dar vita ad un comitato con il compito di preparare future riunioni, destinate a “mantenere il Libano un esempio di democrazia e libertà”. (A.L.)

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    Sud Sudan: per i Comboniani è emergenza umanitaria per le violenze e l’embargo

    ◊   In Sudan, la ripresa degli scontri armati e l’embargo del governo settentrionale di Khartoum nei confronti del Sud Sudan stanno determinando una vera e propria emergenza umanitaria. A sostenerlo sono le missionarie e i missionari Comboniani di Leer, sul Nilo Bianco, attraverso una lettera di cui dà notizia l'agenzia Misna. Nel testo i religiosi ricordano la portata storica dell’appuntamento del prossimo 9 luglio, che vedrà la nascita del nuovo Stato sud-sudanese. Questa potrebbe portare a “una pace stabile” in un Paese da sempre mosaico di “comunità, lingue e popoli”. Ma dopo che il referendum ha sancito l’autodeterminazione del Sud, continuano i religiosi, le preoccupazioni non sono diminuite. E’ il caso della questione dell’Abyei, regione petrolifera occupata a maggio dall’esercito di Khartoum violando gli accordi di pace del 2005, ma anche degli scontri tra soldati e ribelli che si verificano in numerose aree di confine. Altro motivo di allarme è l’embargo commerciale imposto dal Nord al Sud: insieme al blocco dei trasporti su terra dovuto alla stagione delle piogge, sta provocando una forte scarsità di beni: i prezzi dei generi alimentari sono raddoppiati in pochi mesi. I missionari lamentano anche, in questo campo, abusi che sarebbero stati commessi dai dipendenti di alcuni organizzazioni internazionali. “Siamo indignati – dice la lettera - di vedere in vendita nei mercati prodotti alimentari che dovrebbero essere distribuiti ai più deboli gratuitamente”. Intanto, fanno notare i Comboniani, nelle stesse scuole di Leer ai bambini non sono garantiti i pasti. (D.M.)

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    Congo: inaugurato il primo ospedale di Kamanyola, dono della famiglia di padre Crippa

    ◊   “La diocesi di Uvira, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, ha inaugurato il 30 maggio, il suo primo ospedale”: lo comunica all’agenzia Fides don Etienne Esube, segretario-cancelliere diocesano. “La nuova struttura – scrive don Esube - la prima di questo genere, è collocata presso la parrocchia Mater Ecclesiae di Kamanyola (a 80 km dall’episcopio di Uvira), ed ha un’ampiezza di 17 ettari”. L’ospedale è un dono a titolo gratuito della famiglia di padre Giuseppe Crippa, dei Missionari Saveriani di Parma, morto nell’ottobre 2009, nel momento in cui avviava i lavori per la costruzione del futuro ospedale. Alla cerimonia di inaugurazione hanno partecipato mons. François-Xavier Maroy Rusengo, arcivescovo di Bukavu e amministratore apostolico di Uvira, la sorella di padre Crippa, la Superiora Generale delle Suore Francescane di Nostra Signora del Monte (rientrate ad Uvira dopo essere state costrette a lasciarla a causa della guerra del 1996 e che presteranno servizio nell’ospedale), il Superiore regionale dei Missionari Saveriani di Parma, diversi sacerdoti di Uvira e di Bukavu, le autorità civili. La nuova struttura è composta da 5 edifici principali e 7 secondari. L’ospedale inoltre si trova alla congiunzione tra Repubblica Democratica del Congo, Rwanda e Burundi. Vista la sua importanza, la struttura ha ricevuto numerose donazioni. In particolare il governo congolese ha fornito un lotto di medicinali, apparecchiature radiografiche e per l’ecografia, diverse sedie a rotelle. Il Capo dello Stato ha offerto un contributo per la creazione di un fondo per il sostegno della struttura sanitaria. Dopo la cerimonia di inaugurazione, le delegazioni si sono recate a 17 km da Kamanyola per visitare il Centro di Sviluppo Comunitario di Kiringye, un’altra opera della diocesi di Uvira, dove viene prodotto il riso padi e arachidi e le cui turbine forniscono l’energia elettrica all’officina per la produzione di olio, che ha ripreso da poco le sue attività dopo i danni subiti nelle guerre del 1996 e del 1998. “Questi avvenimenti si iscrivono nel quadro della rinascita che a poco a poco interessa la diocesi di Uvira, che si appresta a celebrare il giubileo d’oro a partire dal 16 aprile 2012” conclude don Esube. (R.P.)

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    Giappone: prosegue l’impegno delle diocesi nel post terremoto

    ◊   In Giappone la diocesi di Sendai ha messo in atto un piano articolato di sostegno alle persone colpite dal terremoto e dallo tsunami dello scorso 11 marzo, intitolato “Nuova creazione”. Il vescovo della diocesi, mons. martin Tetsuo Hiraga, ha sottolineato che “la missione è di essere insieme a questo immenso numero di persone che stanno soffrendo”. “E’ necessario vivere secondo questa attitudine”, essere una Chiesa che cerca di mantenere “un approccio speciale e profondo verso le persone e i luoghi più isolati”. La diocesi di Sendai, per rispondere a questa situazione di urgenza estrema, ricorda che “occorre promuovere in maniera programmata il Centro di appoggio, che si è costituito il 16 marzo scorso”. Il Centro, sotto la responsabilità del vescovo di Sendai, si rivolge ad una vasta area di soccorso. La Chiesa giapponese è sempre in prima linea per rispondere alle emergenze provocate dal sisma. Attualmente, la diocesi di Niigata – ricorda l'agenzia AsiaNews - gestisce Centri di rifugio e aiuto per le persone colpite dal disastro. La diocesi di Saitama è impegnata nella costa sud di Fukushima, specialmente nella città di Iwaki. L’arcidiocesi di Tokyo, grazie al suo Centro pastorale internazionale, assicura infine il proprio prezioso appoggio a tutte queste attività. (A.L.)

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    Stati Uniti. L’arcivescovo di Los Angeles: necessaria una riforma migratoria

    ◊   Negli Stati Uniti “il presidente e il Congresso non possono più aspettare nell’affrontare” il tema della riforma delle leggi e delle politiche sull’immigrazione. A ricordare questa necessità urgente è stato, come riporta l'agenzia Zenit, l’arcivescovo di Los Angeles, José Horacio Gómez, che è anche presidente del comitato sulle Migrazioni della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (Usccb). Il presule ha rivolto un appello ai leader politici ricordando che “in assenza di una riforma comprensiva, molti Stati e molte località si stanno assumendo la responsabilità di applicare per conto proprio le leggi sull’immigrazione. Ciò ha portato – ha continuato l’arcivescovo – ad abusi e a ingiustizie per molte famiglie statunitensi e comunità immigrate”. Mons. Gómez ha poi notato come sia necessario dare vita a politiche attraverso cui gli immigrati irregolari possano ottenere la cittadinanza, ma anche a politiche che difendano le famiglie. “Le nostre politiche attuali – ha osservato – disgregano le nostre famiglie in nome delle nostre leggi”, mentre, ha spiegato “non dovrebbe essere così. Dovremmo – ha precisato il presule – riunire e rafforzare le famiglie, non separare le mogli e i mariti dai propri genitori. Il Congresso e il Presidente – ha concluso l’arcivescovo – hanno la responsabilità di riunirsi per approvare una riforma che corregga questo problema umanitario, rispetti la dignità e il duro lavoro delle nostre sorelle e dei nostri fratelli immigrati e rifletta l’orgogliosa tradizione americana di società ospitale e cultura accogliente”. (D.M.)

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    Messico: i vescovi respingono la legalizzazione del consumo di marijuana

    ◊   La Conferenza episcopale del Messico (Cem) ha respinto la richiesta di alcuni leader latino americani di legalizzare il consumo della marijuana. “La lotta contro le droghe deve essere un impegno globale, non un'azione unilaterale. Di conseguenza, se una nazione permette il consumo di una droga, tanta gente proveniente da altri Paesi si sentirà libera di recarsi in quel Paese, e lo Stato in causa non sarebbe in grado di affrontare i gravi problemi di salute che ne deriverebbero” ha dichiarato mons. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla e presidente della Cem. Inoltre, ha aggiunto mons. Retes, recentemente nominato presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), legalizzare la marijuana in Messico in questo momento sarebbe oltretutto inopportuno, visto che il governo è impegnato a combattere il narcotraffico. Durante una conferenza stampa nel corso della 91.a Assemblea plenaria della Cem, il principale rappresentante della gerarchia cattolica messicana ha elogiato la lotta al narcotraffico avviata dal presidente Felipe Calderón. In un messaggio lanciato dalla Cem, i vescovi del Paese hanno espresso la loro preoccupazione di fronte “all’aumento dei gruppi criminali” e confermato il loro appoggio al governo per combatterli. Proprio in questi giorni The Global Commission on Drug Policy ha sollecitato l’adozione di modelli di legalizzazione e regolamentazione del consumo di droghe, “soprattutto marijuana”, al fine di “annullare il potere delle organizzazioni criminali e dare sicurezza e salvaguardia alla salute dei cittadini”. In un documento, la Commissione ha dichiarato che “la guerra contro le droghe non ne ha ridotto il consumo, ma ha riempito le carceri, costa milioni di dollari, ha aumentato la delinquenza organizzata e causato migliaia di morti”. (R.P.)

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    Amazzonia: la Commissione pastorale della terra denuncia quattro omicidi di ambientalisti

    ◊   In Amazzonia, quattro omicidi hanno colpito nell’ultima settimana chi si batte per la tutela della grande foresta sudamericana. “Sono caduti – ha fatto notare la Commissione pastorale della Terra (Cpt), secondo quanto riporta la Misna – quattro difensori dei diritti dei contadini e della foresta grazie al potere della persistente impunità”. In un contesto dove si verificano ancora episodi di lavoro in forma di schiavitù, di occupazioni illegali di terre, di sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, i grandi latifondisti, o ‘fazendeiros’, sono sospettati di pagare i sicari che eliminano attivisti come Adelino Ramos (ucciso nello Stato brasiliano di Rondonia), o José Claudio Ribeiro da Silva, che con sua moglie Maria do Espirito Santo difendeva i raccoglitori di caucciù (‘serigueiros’) del Parà. Secondo la Cpt sono 125 le persone minacciate di morte, di cui è stato consegnato un elenco alle autorità. In questo contesto, è stata approvata dalla Camera (e dunque rinviata al Senato) una riforma del codice forestale del 1965, che abbatte i limiti della ‘frontiera agricola’ amazzonica. “Non sono contrario all’estensione della ‘frontiera agricola’ - spiega Marcos Nunes, docente di Geografia politica all’Università del Minas Gerais – ma al modo in cui questa viene ampliata senza il controllo da parte del governo federale”. Il professore elenca anche quelli che, a suo parere, sono i rischi maggiori: “la perdita di bio-diversità, la riduzione della copertura vegetale, importante come regolatore climatico su scala mondiale, l’aumento degli effetti collegati all’erosione del suolo con la riduzione della capacità di trasporto delle acque dei fiumi”. (D.M.)

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    India: le reliquie di don Bosco nella diocesi del vescovo “candidato al Nobel per la pace”

    ◊   Preghiere, pellegrinaggi, veglie per la pace hanno caratterizzato il programma della visita delle spoglie di San Giovanni Bosco nella diocesi di Guwahati, nello stato di Assam, in India nordorientale. Le reliquie – che hanno sostato nella diocesi di Guwahati da ieri al 29 maggio – sono arrivate in India il 29 aprile e visiteranno diversi Stati indiani fino al 30 novembre 2011. A Guwahati l’evento è stato occasione per rilanciare un messaggio di pace e di riconciliazione nel territorio e in tutta l’India nordorientale, segnata da tensioni sociali e politiche: l’arcivescovo locale, mons. Thomas Menamparampil, proprio per la sua opera di grande pacificatore e di mediatore nei conflitti locali, è stato proposto di recente per la candidatura al Premio Nobel per la Pace. Come riferisce all'agenzia Fides la Chiesa locale, le spoglie del Santo sono state accolte negli istituti salesiani presenti nel territorio. Il “Don Bosco Institute of Management” ha organizzato una veglia di preghiera ininterrotta per 24 ore (fra il 30 e il 31 maggio), e tutta la popolazione della diocesi, cristiani e non cristiani, ha potuto gioire e fermarsi in preghiera. Soprattutto i giovani hanno goduto per la speciale opportunità: “Don Bosco – dice Sara Impana, allieva delle scuole salesiane – ci ricorda che nella vita possiamo essere migliori. La sua presenza incoraggia noi giovani a fare sempre bene e a seguire grandi valori e ideali, è un grande sostegno per noi”. I missionari Salesiani giunsero in Assam nel 1922. Oggi la comunità salesiana in Assam è molto impegnata nel campo dell’istruzione dei giovani, della sanità, dello sviluppo socio-economico. Le reliquie di Don Bosco stanno compiendo un pellegrinaggio nei cinque continenti, avviato in occasione del 150° anniversario di fondazione dei Salesiani. (R.P.)

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    Il cardinale Rouco Varela: la Gmg sarà una nuova Pentecoste

    ◊   La Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, in programma dal 15 al 21 agosto prossimi, avrà una “natura missionaria” e sarà un’occasione per dare un “forte impulso all’impegno apostolico dei giovani sotto il segno della nuova evangelizzazione rilanciata da Benedetto XVI”. E’ quanto ha detto il cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, in un’intervista rilasciata alla rivista “Palabra” e ripresa dall’agenzia Zenit. Il numero di giovani che si recherà a Madrid per la Gmg – ha osservato il porporato – “oscillerà tra mezzo milione e il milione”. “Le famiglie dei quartieri più popolari – ha aggiunto – sono quelle che stanno rispondendo meglio alla richiesta di accogliere i pellegrini nelle loro case”. Il cardinale Antonio María Rouco Varela ha poi sottolineato che i frutti della Gmg si tradurranno “in vocazioni, nella formazione spirituale, culturale e intellettuale dei giovani”. Se dopo la Gmg di Santiago si è parlato di una nuova tappa nel rapporto della Chiesa con i giovani d’Europa e del mondo – ha concluso il porporato – dopo la Gmg di Madrid si parlerà di una nuova Pentecoste nella Chiesa. (A.L.)

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    Nuova cappella maronita nel Santuario mariano di Washington

    ◊   Nella Basilica del Santuario dell’Immacolata Concezione a Washington, negli Stati Uniti, è iniziata la costruzione di una nuova cappella maronita. L’Eparchia di San Marone di Brooklyn ha annunciato che sarà dedicata a Nostra Signora del Libano. La cappella sarà una “presenza unica – si legge in una nota ripresa dall’agenzia Zenit – “del cattolicesimo mediorientale nel Santuario”. La cappella, dove verranno collocate le scene della crocifissione e della Madonna col Bambino, ricorderà l’interno delle chiese del Libano: una croce siriaca adornerà l’altare e un cedro del Libano si innalzerà dal pavimento piastrellato. La Basilica dell’Immacolata Concezione è il principale Santuario mariano negli Stati Uniti ed è visitata, ogni anno, da oltre un milione di fedeli. (A.L.)

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    Hong Kong: celebrazioni nelle comunità parrocchiali per la fine del Mese Mariano

    ◊   Le parrocchie della diocesi di Hong Kong hanno concluso il Mese Mariano con la solenne processione mariana, la celebrazione eucaristica e la recita comunitaria del rosario. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), la parrocchia di S. Giuseppe ha concluso il mese mariano la sera del 28 maggio, con la Messa solenne, la recita del rosario e la benedizione eucaristica. La parrocchia dedicata alla Madonna di Fatima ha vissuto con particolare intensità il mese dedicato alla Madonna, pregando ogni giorno per il mondo, per la Cina, per Hong Kong e per tutte le necessità del mondo intero. Alla celebrazione quotidiana si sono associate anche le comunità degli immigrati ad Hong Kong, soprattutto quella filippina. Culmine delle celebrazioni è stata la solenne processione mariana e della croce, cui hanno preso parte oltre mille fedeli, insieme a centinaia di aderenti alla Legio Mariae, che hanno così trasformato questa espressione della devozione mariana in una occasione di evangelizzazione. (R.P.)

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    Venezuela: primo anniversario per l'emittente cattolica Radio Natividad

    ◊   In Venezuela Radio Natividad, emittente radiofonica cattolica della regione andina del Táchira, festeggia il suo primo anniversario con una settimana di programmi speciali. La programmazione dedicata a questa ricorrenza prevede vari appuntamenti ai quali potranno partecipare anche bambini, giovani e famiglie. Durante questa settimana, gli ascoltatori potranno consegnare medicinali e strumentazioni mediche, nell’ambito dell’iniziativa denominata “Il buon samaritano”, alla sede della radio. In seguito, il materiale raccolto verrà distribuito ad alcuni centri sanitari della regione. L’impegno di evangelizzazione di Radio Natividad (Fm 88.5) – ricorda l’agenzia Fides - è cominciato il 5 giugno del 2010 con la diffusione di programmi dedicati alla crescita umana e spirituale. Spazi di approfondimenti sono dedicati inoltre alla vita della Chiesa nel mondo e, in particolare, alle informazioni riguardanti la diocesi di San Cristóbal de Venezuela. Per ulteriori informazioni si può consultare il sito www.radionatividad.com (A.L.)

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    Per mons. Michalick il semestre della presidenza polacca dell'Ue difenderà la famiglia

    ◊   Mons. Jozef Michalik, presidente dei vescovi polacchi si dice convinto che la presidenza polacca dell’UE che inizierà il 1° luglio prossimo offre la possibilità "di difendere i valori fondamentali e soprattutto il valore della famiglia" nel nostro continente. Scorgendo la necessità di "risvegliare la società europea", il presule - riferisce l'agenzia Sir - osserva che i giovani polacchi desiderosi di difendere la famiglia sono oggi più numerosi che prima, nonostante la Polonia sia fra gli ultimi Paesi in Europa per quanto riguarda la crescita demografica e le politiche a favore della famiglia. Mons. Michalik ammonisce che "l'Europa è condannata a morte se non difenderà i valori fondamentali" e osserva che nel nostro continente, cresciuto con il cristianesimo, quest'ultimo "deve poter continuare ad affermarsi liberamente. La promozione e la difesa della famiglia costituisce oggi l'imperativo categorico dell'esistenza", avverte il presule sottolineando con soddisfazione che le proposte della presidenza polacca "essendo basate su una millenaria cultura di uno dei più antichi popoli europei" possono contribuire al cambiamento dell'intero continente. Il presidente della Conferenza episcopale polacca definisce "suicida" l'attuale tendenza di marginalizzare la Chiesa per attenuare la sua influenza nella vita pubblica. (R.P.)


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    Il vescovo di Dresda: "scopo dell'ecumenismo è una chiesa ringiovanita"

    ◊   Camminare “mano nella mano con nuovo slancio”: questo l’appello di mons. Joachim Reinelt, vescovo di Dresda-Meißen, durante la grande celebrazione ecumenica svoltasi ieri alla presenza di 10.000 persone, nell’ambito della Giornata della Chiesa evangelica ancora in corso. “Scopo dell’ecumenismo è una Chiesa ringiovanita”, ha affermato mons. Reinelt. E il raggiungimento di una maggiore unità è qualcosa “che l’Europa, il mondo si attende”. Mons. Reinelt ha evidenziato gli aspetti che uniscono le Chiese: “I cristiani dicono lo stesso Credo, pregano gli uni per gli altri, sono uniti da un solo Battesimo. Dagli evangelici, i cattolici hanno imparato di nuovo la gioia della parola di Dio e molti evangelici, a loro volta sono stati influenzati dalla ricchezza della liturgia cattolica”. Il vescovo evangelico di Berlino-Brandeburgo, Markus Dröge, ha sottolineato che “sono uniti tutti coloro che riconoscono Cristo come Signore” e ha espresso perciò fiducia per il futuro dell’ecumenismo. La funzione - riporta l'agenzia Sir - è stata concelebrata anche dall’arcivescovo russo-ortodosso, Georgi Dawidow, e dalla vescova evangelica-metodista, Rosemarie Wenner. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Yemen: Saleh scampato ad un attacco degli insorti contro il palazzo presidenziale

    ◊   Il presidente dello Yemen, Ali Abdullah Saleh, è vivo ed è scampato ad un attacco da parte degli insorti: è quanto rendono noto fonti del Partito della conferenza popolare, al potere nel Paese, smentendo la notizia della morte del capo di Stato yemenita, diffusa dall’emittente televisiva locale ‘Suhayl’. La televisione panaraba “al Arabiya” precisa che il presidente Saleh è stato ferito alla testa in maniera lieve mentre si trovava all'interno del palazzo presidenziale, bersaglio dell'artiglieria delle milizie tribali alleate dell'opposizione. Questa mattina almeno 50 persone sono morte nei combattimenti tra i miliziani delle tribù dissidenti e le forze del regime. Un portavoce del governo, citato dalla Cnn, ha riferito inoltre che sono almeno sette gli alti funzionari del governo yemenita rimasti feriti in seguito al bombardamento della moschea vicino al palazzo presidenziale.

    Siria: nuove manifestazioni
    Tensione altissima anche in Siria, dove almeno 70 persone sono morte, dopo 4 giorni di scontri tra l’esercito e gli oppositori del presidente Bashar al Assad che, fino a ieri, si sono dati battaglia nella regione di Homs. Ed oggi si registra il dodicesimo venerdì consecutivo di proteste dall’inizio delle manifestazioni anti-governative. Le dimostrazioni sono state di nuovo indette sui social network e, secondo testimoni, da stamani gli accessi ad internet sono completamente bloccati. Intanto, dopo due giorni di incontri in Turchia, i gruppi di opposizione siriani hanno chiesto in una dichiarazione congiunta le "dimissioni immediate" del presidente.

    Stati Uniti-Iran
    Nuova tensione tra Stati Uniti e Iran. Il dipartimento di Stato americano ha accusato le forze di sicurezza iraniane della morte di Haleh Sahabi, figlia di un noto oppositore, deceduta mercoledì scorso durante i funerali di suo padre a Teheran. Il corteo funebre è stato interrotto dalla polizia, che ha tentato di disperdere la folla. La dissidente ha protestato con la polizia, e sarebbe colpita da infarto dopo essere stata maltrattata.

    Iraq: attentato contro una moschea, almeno 17 morti
    Ancora violenza in Iraq, almeno 17 persone sono rimaste uccise e circa 50 ferite in un attentato compiuto vicino a una moschea di Tikrit, 160 km a nord di Baghdad. L'attentato è avvenuto al termine delle preghiere del venerdì, ha riferito una fonte dei servizi di sicurezza. Tra i feriti ci sono due membri del consiglio provinciale e un ufficiale di polizia. L'ordigno era all'interno di un barile posto proprio all'entrata del luogo di culto.

    Libia, bombardamenti su Tripoli
    Resta sempre drammatica la situazione in Libia, dove anche la notte scorsa sono proseguiti i raid aerei della Nato. I caccia dell'Alleanza hanno attaccato alcuni obiettivi situati a Tripoli, colpendo anche l'area vicino al bunker del colonnello Gheddafi. Secondo fonti governative, sarebbero morte due persone. E intanto la diplomazia internazionale è al lavoro per risolvere la crisi: la Russia, che continua chiedere una soluzione politica, ha annunciato l’invio di un proprio emissario a Bengasi e Tripoli. Anche la Cina ha confermato di aver preso contatti con il leader dell'opposizione libica, Abdel Jalil.

    Medio Oriente, mediazione della Francia
    La Francia si è detta disponibile ad ospitare a luglio una conferenza di pace sul Medio Oriente. A riferirlo il ministro degli Esteri francese Juppè dopo alcuni incontri diplomatici a Ramallah. Sul tavolo un piano che ricalca la proposta del presidente americano Obama con il ritorno ai confini del 1967 ma con un’attenzione più forte alla sicurezza degli stati israeliano e palestinese.

    Afghanistan
    Non si fermano gli attacchi dei talebani in Afghanistan. Tre soldati della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) sono stati uccisi ieri in altrettante circostanze in diverse regioni del Paese. Lo ha reso noto la stessa Isaf a Kabul. In due diversi comunicati l'Isaf ha indicato prima che un militare è deceduto nel sud per lo scoppio di un rudimentale ordigno, e poi che altri due sono morti per l'esplosione di un'altra bomba nel nord e per un attacco degli insorti ell'est del Paese. I militari stranieri morti in Afghanistan sono 223 dall'inizio dell'anno e sei da ieri.

    Mladic davanti ai giudici del Tribunale Penale internazionale
    Ratko Mladic, l'ex capo militare dei serbi di Bosnia arrestato il 26 maggio scorso in Serbia dopo 16 anni di latitanza, si è presentato oggi, per la prima volta, davanti ai giudici del Tribunale Penale internazionale dell’Aja. Pesantissimo, per lui, il capo d’imputazione: crimini di guerra e contro l'umanità e di genocidio per la guerra di Bosnia. Ce ne parla Marco Guerra:

    L'ex generale serbo bosniaco, Ratko Mladic, si è rifiutato di dichiararsi ''colpevole o innocente'', oggi alla sua prima apparizione davanti ai giudici dell'Aja, definendo le accuse ''ripugnanti''. Mladic ha detto ai giudici di non avere letto l'atto di imputazione che in 37 pagine racchiude undici reati. Il giudice Alphons Orie allora ha letto una sintesi del documento e al passaggio sulle responsabilità nell'assedio di Sarajevo e nella strage di Srebrenica, l’ex capo militare dei serbi di Bosnia ha scosso la testa in segno di disapprovazione. Come è previsto dalla procedura, la corte ha quindi fissato la prossima udienza per il 4 luglio, dandogli 30 giorni di tempo per prendere in esame gli atti e iniziare a preparare la sua difesa. Su richiesta dello stesso imputato, i giudici hanno poi ascoltato Mladic in una “sessione privata” circa il suo stato di salute. Dopo di che, approfittando della presenza dei giornalisti di tutto il mondo, Mladic ha chiuso l’udienza con un sorta di comizio: ''Ho difeso il mio popolo, la mia terra e ora difendo me stesso, voglio vivere per mostrare che sono un uomo libero'', ha detto con tono fermo l’ex militare. ''Non ho ucciso individui in quanto musulmani o croati. ho solo difeso il mio paese'', ha ripetuto, assicurando che lui non ha paura di nessuno. Intanto fanno discutere le parole del presidente serbo, Boris Tadic, secondo il quale fino alla caduta di Milosevic, il generale Mladic girava liberamente e protetto dalle autorità. “Il prezzo pagato dalla Serbia di fronte alla comunità internazionale è estremamente alto – ha aggiunto Tadic – ma abbiamo dimostrato la determinazione per il ripristino della sua credibilità internazionale”.

    Fiat-Usa
    Raggiunto un accordo tra la Fiat e il Tesoro americano per Chrysler. Il Lingotto eserciterà l’opzione del 6% - quota ancora nelle mani di Washington – per acquistare la casa automobilistica di Detroit. L’intesa è di 500 milioni di dollari e permetterà alla Fiat di salire al 52% di Chrysler. Gratitudine è stata espressa dal Lingotto all’amministrazione Obama per l’aiuto ricevuto due anni fa. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 154

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.