![]() | ![]() |

Sommario del 02/06/2011
◊ In Vaticano si celebra oggi la solennità dell’Ascensione, che il calendario liturgico fissa invece a domenica prossima per la maggior parte delle Chiese del mondo. L’ascesa al cielo di Gesù è il mistero della fede cristiana che rende particolarmente vicino alla sensibilità umana il concetto del viaggio verso la “patria celeste”. Benedetto XVI si è soffermato a parlarne in più circostanze, come ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis:
(musica)
E poi Gesù si stacca da terra e una nube lo sottrae agli occhi dei suoi Discepoli. È il suo ultimo atto terreno dopo la Risurrezione. Da quell’istante sul Monte degli Ulivi, come vuole la tradizione, Gesù esce fisicamente dalla storia umana per entrare fisicamente nel Regno di suo Padre. Ma tra le due dimensioni del cielo e la terra resta una continuità. Le nubi dalle quali Cristo viene coperto non sono il simbolo di una porta che si è chiusa. La continuità, la porta che rimane aperta tra terra e cielo – spiega Benedetto XVI – è Gesù stesso:
“Nel Cristo asceso al cielo, l’essere umano è entrato in modo inaudito e nuovo nell'intimità di Dio; l'uomo trova ormai per sempre spazio in Dio. Il ‘cielo’ non indica un luogo sopra le stelle, ma qualcosa di molto più ardito e sublime: indica Cristo stesso, la Persona divina che accoglie pienamente e per sempre l’umanità, Colui nel quale Dio e uomo sono per sempre inseparabilmente uniti”. (Messa a Cassino, 24 maggio 2009)
Il dinamismo dell’Ascensione non può che trasportare i pensieri dell’anima al dinamismo inverso, quello dell’Incarnazione, quando il figlio di Dio ha schiuso per la prima volta, con la sua venuta tra gli uomini, la via di comunicazione tra il cielo e la terra. Ma già in quella “discesa”, afferma il Papa, è contenuta l’ascesa che verrà. E lo è in un modo che nessun asceta potrà mai eguagliare, perché è solo di Cristo:
“Egli infatti è venuto nel mondo per riportare l’uomo a Dio, non sul piano ideale – come un filosofo o un maestro di saggezza – ma realmente, quale pastore che vuole ricondurre le pecore all’ovile. Questo ‘esodo’ verso la patria celeste, che Gesù ha vissuto in prima persona, l’ha affrontato totalmente per noi. E’ per noi che è disceso dal Cielo ed è per noi che vi è asceso, dopo essersi fatto in tutto simile agli uomini, umiliato fino alla morte di croce, e dopo avere toccato l’abisso della massima lontananza da Dio”. (Regina Caeli del 4 maggio 2008)
L’Ascensione è, per così dire, la “strada” opposta alla massima lontananza. Con essa Gesù torna al fianco del Padre. E tuttavia, ha detto una volta Benedetto XVI, l’Ascensione non è neanche una “temporanea assenza dal mondo”. Perché Gesù ha promesso che resterà accanto ai suoi per sempre. Dunque, quella elevazione che lascia ammutoliti i pochi privilegiati che vi assistono non è l’inizio di una fine, e nemmeno una straordinaria uscita dalla scena del mondo. È di più: l’indicazione di una direzione, la traiettoria cui sono chiamati coloro che seguiranno il Vangelo. È l’immagine che dà un’altezza e una profondità al mistero del “già e non ancora”:
“Il Signore attira lo sguardo degli Apostoli verso il Cielo per indicare loro come percorrere la strada del bene durante la vita terrena. Egli, tuttavia, rimane nella trama della storia umana, è vicino a ciascuno di noi e guida il nostro cammino cristiano: è compagno dei perseguitati a causa della fede, è nel cuore di quanti sono emarginati, è presente in coloro a cui è negato il diritto alla vita”. (Regina Caeli, 16 maggio 2010)
L’Ascensione rende tangibile anche un’altra realtà: quella della trascendenza della Chiesa. Mentre costruisce il Regno di Dio sulla terra, la Chiesa marcia verso l’altra sua destinazione. La Chiesa, ha osservato il Papa…
“…non è nata e non vive per supplire all’assenza del suo Signore ‘scomparso’, ma al contrario trova la ragione del suo essere e della sua missione nella permanente anche se invisibile presenza di Gesù, una presenza operante mediante la potenza del suo Spirito. In altri termini, potremmo dire che la Chiesa non svolge la funzione di preparare il ritorno di un Gesù ‘assente’, ma, al contrario, vive ed opera per proclamarne la ‘presenza gloriosa’ in maniera storica ed esistenziale”. (Messa a Cassino, 24 maggio 2009)
(musica)
◊ In Croazia fervono gli ultimi preparativi per la visita pastorale che Benedetto XVI compirà sabato e domenica prossimi a Zagabria in occasione della Giornata delle famiglie cattoliche croate. Ieri il Papa, durante l'udienza generale, ha invitato i fedeli a pregare per questo viaggio perché “porti molti frutti spirituali e le famiglie cristiane siano sale della terra e luce del mondo”. Quattro gli eventi principali del viaggio: l’incontro con la società civile e i leader religiosi, la veglia di preghiera con i giovani, la Messa per la Giornata delle famiglie e la preghiera presso la tomba del Beato Stepinac, vescovo e martire sotto il regime comunista. Come sempre, la visita apostolica di Benedetto XVI si svolge all’insegna di un motto: ce ne parla mons. Marin Srakic, arcivescovo di Dakovo-Osijek, presidente della Conferenza episcopale croata, intervistato dalla nostra inviata a Zagabria Giada Aquilino:
R. - Come motto del viaggio del Santo Padre la Conferenza episcopale croata ha scelto “Insieme in Cristo”. Esso esprime il bisogno della comunione a tutti i livelli in Cristo. La comunione in Cristo rimanda alla natura della Chiesa, all’approfondimento dell’identità ecclesiale della famiglia e della vocazione cristiana, nonché ad essere più riconoscibili nella società grazie al nostro impegno per il bene comune, grazie al dono di se stessi e alla forza della Croce. Il Santo Padre ci fa visita in un momento in cui tutto il mondo, e con il mondo anche il nostro popolo croato, respirano un’aria di seria crisi culturale, economica e politica, dietro alla quale si cela una profonda crisi spirituale. Questa crisi propaga l’indifferenza, accentua le divergenze ideologiche e di altro tipo; predomina una certa apatia, scetticismo, immobilità e stanchezza spirituale; e quando non si riesce a fare il bene, il Papa, come padre di tutti i fedeli, con il suo amore ci conduce a prendere il largo, dove si può vedere un futuro sereno.
D. - Il Papa partecipa domenica 5 giugno all'Incontro nazionale delle famiglie croate: che realtà sono le famiglie oggi in Croazia? E quante persone sono attese all'Incontro delle famiglie col Papa il 5 giugno?
R. - Come ragione principale della sua visita apostolica, il Santo Padre ha menzionato, nella sua risposta al nostro invito, la celebrazione dell’Incontro nazionale delle famiglie croate, che la nostra Chiesa organizza per la prima volta. Con questa celebrazione vorremmo porre l’attenzione della società croata, delle sue istituzioni legislative e dei suoi mass media un accento sul matrimonio e sulla famiglia come cellula vitale del popolo croato e della società croata intera. Vogliamo risvegliare la coscienza, dicendo che la famiglia rappresenta l’insostituibile cellula embrionale della vita del popolo e della Chiesa croata; essa non è soltanto fonte di una nuova vita, ma è anche il nucleo ideale, in cui l’essere umano può crescere fisicamente e spiritualmente. Siamo consapevoli che un futuro felice e la rinascita di un popolo possono realizzarsi soltanto tramite la famiglia. Purtroppo, la famiglia è corrotta dall’individualismo, dall’edonismo e dal materialismo pratico, il che si manifesta nel crescente numero di coppie legate dal vincolo del matrimonio che si separano. Ci sono forti pressioni che non solo negano, ma anche attaccano apertamente i valori del matrimonio e della famiglia. Si ha come conseguenza anche un basso tasso di natalità. Nella piazza di Ban Jelačić, a Zagabria, ci saranno 25 mila giovani; nell’Ipodromo attendiamo almeno 300 mila persone, o forse più. La nostra gente, in occasioni simili è imprevedibile.
D. - Eccellenza, che ricordo oggi c'è della guerra degli anni '90 in Croazia?
R. - Ci sono ancora le ferite della guerra degli anni ’90: le fabbriche, le case, le chiese, ancora non sono state ricostruite e ancora tante sono le ferite psichiche, ma anche spirituali. Dobbiamo però riconoscere che comunque finora abbiamo fatto dei passi grandi per quanto riguarda il perdono, la riconciliazione e la collaborazione quotidiana fra i cittadini croati di nazionalità croata e serba.
D. Come la figura del Beato Stepinac può aver aiutato la Croazia durante la guerra?
R. - La figura del Beato Stepinac era simbolo della speranza e perseveranza nei momenti difficili della storia recente. Il suo motto era: "In te Domine speravi". Il suo esempio sollecitava il coraggio della fede dei cattolici croati. Il suo esempio della dignità nella sofferenza nutre la speranza cristiana del popolo croato.
D. - Che ricordo c'è delle visite di Giovanni Paolo II in Croazia?
R. - Giovanni Paolo II ha visitato il nostro Paese per tre volte. Il popolo croato ha conservato un ricordo indimenticabile di Beato Giovanni Paolo II. La Santa Sede è stata tra i primi, che nel 1991, ha riconosciuto la Repubblica di Croazia come Stato indipendente.
D. - Oggi la Croazia che Paese è alla vigilia della visita di Benedetto XVI e nel cammino di avvicinamento all'Unione Europea?
R. - Il Papa Benedetto XVI viene tra noi nel momento in cui la Croazia si avvicina all’Unione Europea. Ricordiamo ancora le sue parole paterne pronunciate a noi vescovi cinque anni fa, in occasione della visita “ad Limina”. Ci disse allora: “Il vostro Paese, la Croazia, vive da sempre nella cornice della civiltà europea e vuole giustamente essere riconosciuto quale membro dell’Unione Europea. Con l’ingresso in questa istituzione è suo desiderio collaborare per il bene di tutti gli abitanti del continente... Nell’incoraggiarvi a perseverare, vi garantisco il sostegno della Santa Sede, che ha sempre apprezzato e amato la Croazia”.
◊ Il dialogo e l’educazione sono gli strumenti indispensabili per promuovere l’integrazione dei migranti in Europa: è quanto affermato oggi dall’arcivescovo Antonio Maria Vegliò alla Conferenza sul dialogo interreligioso, in corso a Budapest, promossa dalla presidenza dell’Ungheria del Consiglio dell’Unione Europea. Il presidente del dicastero vaticano per i Migranti e gli Itineranti si è in particolare soffermato sul ruolo delle religioni nell’integrazione degli immigrati. All’evento, che si conclude domani, prendono parte il cardinale Peter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa, e numerosi rappresentanti istituzionali. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“La diversità culturale è innanzitutto una ricchezza”: è quanto sottolineato dall’arcivescovo Vegliò che, nel suo articolato intervento a Budapest, ha ribadito il ruolo positivo delle religioni nell’integrazione dei migranti, soprattutto nel Continente europeo. Dopo una disamina sul contesto culturale in cui si pone il fenomeno dell’emigrazione verso l’Europa, il discorso del presule si è focalizzato sul binomio dialogo-educazione. Questi, ha detto mons. Vegliò, sono gli strumenti indispensabili per dar vita ad una reale convivenza ed integrazione di persone con culture differenti. Il presule ha indicato alcuni degli obiettivi di questo impegno: l’accoglienza, la cooperazione, il rispetto, il contrastare quegli atteggiamenti di paura o indifferenza verso la diversità. Mons. Vegliò ha tenuto quindi a sottolineare che non bisogna puntare ad un’assimilazione dei migranti che ne cancelli la storia. Piuttosto, ha affermato, è da ricercare un’integrazione autentica, attraverso “la conoscenza serena e senza pregiudizi” della cultura altrui.
L’immigrazione, ha affermato ancora il presule, non deve essere percepita come una minaccia contro l’identità sociale e culturale della nostra società. Per questo, ha avvertito, serve un cambio di mentalità che va favorito innanzitutto dalle confessioni religiose impegnate nella formazione delle coscienze. “Le religioni – ha detto – devono assumere un ruolo fondamentale”, poiché per una reale integrazione, non basta considerare “le istanze politiche, economiche e sociali”. Mons. Vegliò ha d’altro canto evidenziato che l’Europa non può pensare di favorire una reale integrazione dei migranti nascondendo le sue radici cristiane, i valori e i principi che ne hanno determinato la nascita. Ed ha ribadito che la tolleranza non va confusa con l’accettazione acritica di ogni stile di vita. Il capo dicastero vaticano ha infine assicurato l’impegno della Chiesa cattolica a “mettersi al servizio della costruzione europea”, a promuovere il dialogo interculturale collaborando con le altre realtà religiose e le istituzioni civili.
◊ “La Santa Sede apprezza la revoca del sequestro dei fondi dello Ior” disposta ieri dalla Procura di Roma: è quanto ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, rispondendo alle domande dei giornalisti sulla vicenda. Si tratta di una decisione – ha sottolineato che “conferma la correttezza con cui vuole operare lo Ior e la serietà dell’impegno con cui la Santa Sede, nell’aderire pienamente agli standard internazionali per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario, ha costituito tra l’altro l’Autorità di Informazione Finanziaria, dotandola di qualificate professionalità e di adeguati poteri per proseguire con decisione e coerenza il processo avviato”.
◊ Serve un maggiore impegno da parte della comunità internazionale per fronteggiare fame e povertà in Sud Sudan, alle prese con le continue minacce del Nord, in particolare in relazione alla regione petrolifera dell’Abyei. L’appello è di mons. Cesare Mazzolari, vescovo della diocesi sudanese Rumbek. Ieri, il presule - presso la sede della nostra emittente - ha partecipato ad una conferenza stampa in vista della dichiarazione ufficiale, che, a Juba, il prossimo 9 luglio, sancirà ufficialmente la nascita del Sud Sudan come Stato indipendente da Khartoum. Ecco la testimonianza di mons. Mazzolari al microfono di Eugenio Bonanata:
R. - Purtroppo, viviamo una difficile situazione anche nella nostra diocesi: persone nella povertà che vivono di pastorizia … Adesso inizia la stagione della pioggia e i granai sono vuoti. Questo incide molto anche sulla loro fame, sulla loro situazione di disagio. Verranno molte malattie perché questa gente adesso vive nella foresta sotto le intemperie e molti saranno colpiti da polmoniti; non ci sono medicine nella foresta e quindi saranno purtroppo decimati da questa situazione.
D. – Cosa fa la Chiesa nel Sud Sudan?
R. – Durante tutta la guerra abbiamo fatto il lavoro umanitario a livello materiale e di trasporto. Noi adesso siamo la voce che fa appello al mondo e dice: la Chiesa non ha queste risorse, neppure è il suo vero compito; noi faremo un lavoro complementare, saremo lì con i nostri catechisti, insegnanti e laici, educati a come intervenire nell’emergenza; ma noi non abbiamo il cibo, non abbiamo le cose di cui la gente ha bisogno e deve essere la Comunità internazionale che a questo punto deve impegnarsi insieme al governo.
D. – Dunque bisogna darsi da fare in prospettiva del 9 luglio perché altrimenti la situazione rischia di precipitare?
R. – Esatto. Senz’altro è da aspettarsi, e ce l’aspettavamo, la tensione che Khartoum continuerà a generare. Li conosciamo bene. Hanno concesso la secessione perché il 98 per cento della gente ha chiesto la secessione; a quel punto, sbalorditi, insieme a tutti gli Stati hanno concesso la separazione ma a malavoglia: per loro questo referendum era una tregua dalla guerra, loro avrebbero voluto continuare a conquistare la terra del Sud che è piena di risorse.
D. – La regione dell’Abyei resta il centro delle tensioni, secondo lei, c’è il rischio di una recrudescenza delle violenze nell’area?
R. - Sì, alcune violenze sono già state commesse e quindi la gente è fuggita da Abyei. Sono morte 7, 8 persone in un bombardamento. Il Sud non vuole essere messo in una posizione di provocazione verso la guerra: abbiamo avuto 22 anni di guerra. Noi sappiamo precedentemente dal presidente del Sud che il suo atteggiamento è quello di mantenere la tranquillità senza però causare quello che vorrebbe Khartoum, che è veramente una provocazione alla guerra.
D. – I militari di Khartoum hanno occupato la zona dell’Abyei mentre il Nord e il Sud sono riusciti a trovare un accordo per creare una zona smilitarizzata al confine?
R. – Si sono già radunati una volta per creare quello che loro chiamano a “joint military council” allo scopo di calmare queste dispute sul possesso del territorio e di favorire la condivisione di beni. Questo non vuol dire soltanto cedere un pezzo di terra; vuol dire permettere, per esempio, il pascolo degli animali a Sud e a Nord di questa frontiera, che sarebbe il 12.mo parallelo e che divide il Sud dal Nord. Vuol dire anche poter fare il commercio andando dal Nord al Sud e viceversa e che i bambini del Nord potrebbero venire a scuola in strutture che sono attive nel Sud e poi tante altre cose. (bf)
Tensione nello Yemen: scontri tra esercito e oppositori nella capitale Sanaa
◊ Torna a salire la tensione nello Yemen. Nella capitale Sanaa sono in corso combattimenti tra l’esercito regolare e le milizie della potente tribù al Hashid, che ha appoggiato la rivolta contro il presidente Saleh. In mattinata sono stati sospesi i voli in partenza dalla capitale: solo ieri ci sono stati una quarantina di morti, quindici quelli che hanno perso la vita la notte scorsa. Scontri, in queste ore, si segnalano anche nella città meridionale di Taiz. Ma quale sarà l’esito del processo rivoluzionario nel Paese? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Farian Sabahi, docente di Storia dei Paesi islamici all’università di Torino e autrice del libro "Storia dello Yemen":
R. – Il ruolo dei miliziani che fanno capo alla tribù degli al Hashid è molto importante perché di quella stessa confederazione fanno parte anche il clan e la tribù dello stesso presidente Saleh che è al potere da 33 anni. Il ruolo dei miliziani tribali è importante anche perché si aggiunge alla ribellione del generale Alì Mohsin e dei suoi uomini che un tempo erano tutti fedeli al presidente Saleh.
D. - Assisteremo ad una recrudescenza della violenza?
R. – C’è stata di fatto una escalation di violenza proprio negli ultimi 10 giorni, nell’ultima settimana, perché il presidente Saleh sembrava voler firmare la transizione sponsorizzata dai Paesi arabi del Golfo, ma in realtà poi si è trattato di un bluff e quindi l’opposizione è nuovamente insorta.
D. – Secondo lei quale sarà l’esito della rivolta alla luce dell’impegno dei miliziani tribali?
R. – L’impressione è che Saleh abbia ormai perso consenso in Yemen e che quindi l’opposizione sia decisa a lottare fino al momento in cui riuscirà a scacciarlo. Molto dipenderà dalla posizione che prenderà l’Occidente perché non dobbiamo dimenticare che se Saleh regna da 33 anni è perché è capace di mettere una tribù contro l’altra e anche di agitare lo spettro del terrorismo di al Qaeda per ottenere aiuti militari e consenso dall’Occidente. Dopo l’11 settembre, Washington ha dato al presidente yemenita diversi milioni di dollari, soprattutto il sostegno militare necessario a schiacciare alcuni gruppi di opposizione al nord, che sono stati spacciati per pericolosi terroristi e sono stati colpiti dai droni statunitensi. Al sud, invece, c’è un movimento secessionista che cerca di abbandonare il nord a 21 anni dall’unificazione.
D. – Secondo lei possiamo assistere ad una saldatura tra i due movimenti, cioè quello secessionista al sud di ispirazione qaedista e quello antigovernativo?
R. – Sì, di fatto ormai il sud secessionista sta combattendo nell’opposizione perché in questi 21 anni di unificazione si è sentito colonizzato. Il grosso problema è che il regime di Saleh ha fatto di Sanaa la capitale dello Yemen unificato il 22 maggio 1990, ma non ha fatto gli investimenti necessari al sud. Pensiamo al porto di Aden che è stato dato in concessione alla stessa società che gestisce il porto di Gibuti nel Corno d’Africa: i due porti sono ovviamente in concorrenza e la società che gestisce il porto di Gibuti non ha nessuna intenzione di fare gli investimenti ad Aden. Detto questo, il sud si sente colonizzato dal nord.
D. – A quattro mesi dall’inizio della rivolta quali sono gli effetti sulla società yemenita?
R. – C’è molto timore. Già era un Paese dove non era così facile muoversi da una parte all’altra del Paese. Anche l’Italia ha chiuso temporaneamente l’ambasciata e rimpatriato il personale per le minacce che ci sono state nei confronti dei diplomatici. Quindi una situazione estremamente pericolosa, ma una situazione in cui paradossalmente le donne si stanno non dico emancipando ma stanno avendo una maggiore partecipazione sociale. Questo perché quando mariti, padri, figli e fratelli sono rinchiusi nelle carceri e sono perseguitati queste donne sono state obbligate a scendere in strada e a reclamare la liberazione dei loro cari. Dunque, maggiore democrazia, ma anche maggiori diritti per sé in un Paese dove la violenza domestica non è ancora reato, dove soltanto tre donne siedono in Parlamento; il Paese delle “spose bambine”, dove soltanto il 31 per cento delle femmine viene iscritto alle scuole elementari.(bf)
Brasile: killer contro chi difende l'Amazzonia. Mons. Giovenale: vince il profitto a tutti i costi
◊ In Brasile quattro omicidi in pochi giorni, tra cui quello di una coppia di sposi, hanno preso di mira attivisti ecologisti e contadini nella regione amazzonica. Intervistato da Davide Maggiore, il vescovo di Abaetetuba, mons. Flavio Giovenale, individua le cause di questa emergenza ancora irrisolta:
R. – E' il problema dell’ingiustizia, il problema di non avere una regolamentazione chiara sulla proprietà della terra. Non è stato risolto neanche il problema del rapporto tra l’agricoltura piccola, quella familiare, e la grande produzione che è specialmente quella delle grandi segherie o delle grandi, enormi, piantagioni. Purtroppo ci sono ancora molte persone che pensano di risolvere le cose con lo stile del Far West.
D. – Gli omicidi di questo tipo sarebbero stati oltre 1100 dal 1988 ma solo un centinaio sono i casi che sono arrivati in tribunale. Perché è difficile perseguire i responsabili?
R. – La prima cosa è che gli omicidi avvengono in posti molto lontani dalle città e poco abitati. La seconda è che testimoniare è un grandissimo rischio. Allo stesso tempo c’è molta corruzione e allora è difficile avere documenti che comprovino la proprietà legale della terra …
D. – A 23 anni dal più noto di questi delitti, l’uccisione dell’attivista Chico Mendes, cosa è cambiato nella società, nelle istituzioni e sul territorio?
R. - E’ cambiata la coscienza: la natura deve essere preservata, deve essere usata per l'uomo ma in modo ragionevole per non distruggerla perché la capacità di rifarsi della natura non è così veloce quanto la capacità di distruzione che l’umanità ha. La seconda cosa è che la natura sta lì e che perciò noi possiamo usarla, ma usarla per averla sempre, per viverla meglio. Infine è cambiata la voglia del popolo di fare giustizia.
D. – In che modo la Chiesa si impegna concretamente su questi temi?
R. – La Chiesa in Brasile ha strumenti fortissimi, specialmente quella che noi chiamiamo la “Campagna di fraternità”. Sono temi sociali in cui si invita tutto il popolo brasiliano, non solo i cattolici, a fare una riflessione e un cambiamento di vita. Molti, sia laici sia religiosi, sono molto impegnati in questo campo. Inoltre, abbiamo la pastorale della terra, in alcune diocesi ci sono gruppi ecologici di ispirazione cristiana …
D. - Come può incidere su questa situazione la legge sulla terra recentemente approvata dalla Camera e criticata dagli ambientalisti?
R. – E’ stata approvata dalla Camera proprio il giorno stesso dell’uccisione della coppia di sposi ambientalisti e il peggio è che quando uno dei deputati ha annunciato questo assassinio, per far sì che il progetto non fosse approvato, ci sono stati alcuni deputati che hanno invece applaudito per l’uccisione. Ci sono molte persone che guardano semplicemente agli interessi economici, costi quello che costi. Questa legge è stata molto criticata, anche la Chiesa è molto preoccupata perché uno dei punti è che si conceda l’amnistia ha chi ha disboscato illegalmente fino all’anno scorso. La speranza è che in Senato si riesca a fare qualche cambiamento anche per proteggere i piccoli agricoltori perché è una legge che tratta piccoli e grandi tutti allo stesso modo. (bf)
L'Italia festeggia i 65 anni della Repubblica nel 150.mo dell'unità
◊ L’Italia celebra oggi la Festa della Repubblica a 65 anni del referendum popolare del 1946 che abolì la monarchia. La ricorrenza ha oggi un particolare significato anche perché cade nel 150.mo dell’Unità d’Italia. In Via dei Fori Imperiali, a Roma, si è svolta la tradizionale parata militare alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. In molti hanno ribadito che questa è una festa per rafforzare i valori condivisi, a partire dall’unità del Paese. Alessandro Guarasci ha sentito il costituzionalista dell’Università Cattolica Enzo Balboni:
R. - Mai come in questo periodo gli elementi di democrazia sostanziale, il voto largamente partecipato di domenica scorsa, ed anche adesso poter fare i referendum, segnalano che abbiamo un Paese che, in qualche modo, si sta risvegliando. Io, a prescindere dai risultati, ho visto molti giovani - finalmente - di nuovo interessati alla politica, alla Costituzione e alla Repubblica. Questo è un bellissimo segno.
D. - C’è però il federalismo che continua ad essere vissuto, in una parte del Sud, un po’ come un’imposizione…
R. - Il federalismo di adesso ha, in realtà, una qualche riforma fiscale che pure è necessaria per aumentare l’autonomia ma anche la responsabilità di Regioni e Comuni. Il federalismo non lo vedo più così male o così dirompente dell’unità nazionale, come potevamo temere cinque anni fa.
D. - Professore, un 2 giugno per mettere fine anche al clima di rissa che ha caratterizzato la politica negli ultimi mesi?
R. - Il fatto che Berlusconi cominci ad essere meno in primo piano e che nella vita politica emergano anche altre personalità, secondo me fa bene a tutti: una giusta leadership nel centrodestra, altrettanto nell’opposizione, e nel Terzo Polo se avrà la capacità di imporsi. Direi che rispetto all’anno scorso è un 2 giugno migliore. (mg)
Sul significato di questa festa si sofferma al microfono di Luca Collodi l’ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi:
R. - Quest’anno la felice coincidenza - nascita della Repubblica e 150 anni dell’Unità d’Italia - diventa una spinta, una scossa di cuore, perché dobbiamo cambiare il modo di vedere le situazioni della storia ed essere aperti alla democrazia e alla solidarietà.
D. - Quali auguri possiamo formulare per la festa della Repubblica Italiana e delle Forze Armate?
R. - Riprendo il pensiero del nostro presidente della Repubblica: riferiscono quanto è nello spirito della preghiera recentemente vissuta a Santa Maria Maggiore con il Santo Padre e i vescovi italiani: “L’Italia è una ed è indivisibile”. Penso che questo possa essere l’augurio più bello: un Paese sempre più amalgamato, al di là dei soggettivismi e degli egoismi, e una patria che il Signore ci ha donato e che dobbiamo custodire nelle sue radici cristiane. (mg)
Nel 1946, per la prima volta in Italia le donne si avvalsero del diritto di voto e il 2 giugno furono chiamate alle urne per scegliere tra Monarchia o Repubblica e per l’elezione dell’Assemblea costituente: le donne votarono nella stessa percentuale degli uomini e 21 vennero elette. Anche grazie a loro furono inseriti nella Carta diritti fondamentali e venne introdotto l’articolo 3 che, oltre a dichiarare tutti i cittadini uguali indipendentemente dal sesso, stabiliva che la Repubblica avrebbe dovuto agire per rimuovere gli ostacoli che a quell’uguaglianza si frapponevano. Al microfono di Paolo Ondarza sentiamo la storica e saggista Giulia Galeotti.
R. – Ricordare il 2 giugno 1946 è estremamente importante, perché in quell’occasione le donne votarono per la prima volta. Si temeva non si presentassero al voto: i giornali dell’epoca lo sottolineavano in continuazione. Invece, se poi andiamo a consultarli, gli stessi giornali dell’epoca pubblicavano immagini in cui sembrava che ci fossero solo donne in fila per votare; le 21 donne che poi furono elette all’Assemblea costituente – nove democristiane, nove comuniste, due socialiste e una donna dell’“Uomo qualunque” di Giannini - furono veramente le donne che permisero – e questo è un obbligo morale, da parte della Repubblica, ricordarlo – l’introduzione di quei principi costituzionali che favorirono l’emancipazione femminile.
D. – E oggi, la parità è stata raggiunta?
R. – Direi che da un punto di vista legislativo, tutto sommato – anche se ci sono voluti anni, decenni – la parità, sulla carta, almeno, è stata raggiunta. Quello che invece rimane ancora da fare è un lavoro sul piano sociale, della mentalità. Le faccio un esempio: nel 1996, il Parlamento italiano è riuscito a cambiare la legge sulla violenza sessuale che prima era un reato contro l’onore e finalmente – e solo dal 1996! – è diventato invece un delitto contro la persona. Se però noi entriamo in un’aula di tribunale e vediamo il modo in cui, ancora, la nostra società si relaziona con la violenza sessuale ci accorgiamo di una persistente mentalità secondo la quale le donne sono ancora ritenute inferiori e quindi il fatto che si abusi di loro è considerato come qualcosa di socialmente giustificabile.
D. – Persistono anche difficoltà di accesso al mondo del lavoro?
R. – Questo è un grande problema che rimane. Penso che forse, a molte di noi sotto i 40 anni sia successo di ricevere durante colloqui di assunzione per lavori più o meno precari, la famosa domanda se si è sposate e intenzionate ad avere un figlio: la maternità è ancora percepita, dai datori di lavoro, come un handicap.
D. – Una soluzione potrebbe essere il potenziamento, ad esempio, dei congedi di paternità …
R. – Esatto. Ma è un po’ come un cane che si morde la coda: infatti, i congedi parentali sono legati allo stipendio e finché gli uomini continueranno a guadagnare di più, anche a parità di mansioni, sarà difficile – per ragioni anche comprensibili – che in una coppia sia l’uomo a decidere di rimanere a casa.
D. – Diceva che da un punto di vista legislativo oggi, tutto sommato, c’è un’uguaglianza riconosciuta tra uomo e donna …
R. – Le dirò di più: ci sono forse delle leggi che sembrano tutelare quasi più le donne che gli uomini. So che entriamo in un terreno minato: mi riferisco alla legge 194. Come noi sappiamo benissimo, questa legge non ammette in alcun modo che l’uomo, e quindi il padre, abbia voce in capitolo. Mettiamo tanta enfasi sul ruolo paterno però poi, quando si tratta di decidere se interrompere o meno la gravidanza, anche laddove questa avvenga all’interno di una matrimonio, l’uomo non è mai chiamato in causa, non ha possibilità di decidere.
D. – Non giova sicuramente alla piena parità uomo-donna una certa ideologia che, purtroppo, ha accompagnato il processo di emancipazione femminile …
R. – Questo, sicuramente, è vero. Abbiamo creduto che, per emanciparci, dovessimo in qualche modo diventare molto simili agli uomini – quasi uguali agli uomini. E di questo, secondo me, oggi stiamo pagando le conseguenze. Aver diritto all’uguaglianza, alla parità non significa fingere che le differenze non esistano: perché le differenze ci sono ed è anche un bene che ci siano. Sono un valore, sicuramente, non un disvalore. (gf)
Scandalo scommesse: subbuglio nel mondo del calcio
◊ Il mondo dello sport in subbuglio dopo il nuovo scandalo calcio-scommesse, che ha portato a 16 arresti e vari avvisi di garanzia nei confronti di giocatori in attività e non. Per un commento su questa nuova desolante vicenda, Giancarlo La Vella ha intervistato don Claudio Paganini, consulente ecclesiastico nazionale del Centro Sportivo Italiano e presidente della Clericus Cup, il campionato di calcio per seminaristi, quest’anno vinto dalla squadra della Pontificia Università Gregoriana:
R. – La cosa sicuramente non fa onore né allo sport, che vive anche di scommesse, e neppure a chi in modo indegno scommette per guadagnare comunque sui calciatori.
D. – C’è un problema di formazione dei calciatori, a partire da quando – in tenera età – cominciano a dare i primi calci ad un pallone. Di chi è la responsabilità?
R. – I procuratori, i dirigenti … gente che promette un grande guadagno perché uno gioca bene. Ma è responsabilità di tutto l’entourage che millantando successo, fama e ricchezza, illude il giocatore dimenticando l’umiltà, il sacrificio, la fatica.
D. – Quando succedono episodi del genere, come questo del calcio-scommesse, c’è una grande delusione, e quelli che sono più delusi sono i tifosi, gli appassionati, soprattutto i più giovani. Come è possibile recuperare questi ragazzi allo sport?
R. – Amo ricordare: fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce: i tanti campetti oratoriani, i tanti allenatori onesti, volontari che danno tempo, energie, i propri soldi. I cattivi esempi, i cattivi modelli, non vanno mai seguiti.
D. – In questo contesto è importante che esista un torneo calcistico, anche molto piccolo, come la “Clericus Cup” che fa proprio di certi valori di lealtà e non solo, il suo vanto...
R. – Certo. La scommessa della “Clericus Cup” è far sì che i sacerdoti, giocando a calcio da protagonisti, testimonino che si può anche giocare bene a calcio, con grande slancio, con grande passione senza secondi fini. La “Clericus Cup” che ricorda quanto la Chiesa voglia scommettere per promuovere valori alti, sportivi e umani. La vera grandezza nasce da fatica e sacrificio, non dai successi facili. Quindi, lo sport può ripartire come un vero strumento educativo. In questo, parrocchie e oratori e “Clericus Cup” fanno veramente da capofila.(gf)
La Chiesa di Barcellona rende omaggio a Giovanni Paolo II con un Atto accademico
◊ Un Atto accademico in onore del Beato Giovanni Paolo II si è svolto ieri presso il Seminario diocesano di Barcellona, promosso dal cardinale Lluís Martínez Sistach, arcivescovo della città catalana. L’incontro è stato concluso da una conferenza del cardinale Camillo Ruini sulla figura e l’opera di Papa Wojtyla. Rafael Alvarez Taberner, della nostra redazione spagnola, ha chiesto al cardinale Martinez Sistach il valore di questa iniziativa ad un mese dalla Beatificazione:
R. – Il 12 maggio avevamo celebrato, nel Duomo di Barcellona, una Messa di ringraziamento per la Beatificazione di Giovanni Paolo II; in quell’occasione, abbiamo pensato che sarebbe stato opportuno compiere anche un Atto accademico sul magistero, sulla ricchezza del pontificato del nostro caro Beato Giovanni Paolo II. E questo lo abbiamo celebrato ieri nel Seminario diocesano di Barcellona, nel quale ha sede anche la Facoltà di Teologia e Filosofia della Catalogna. Ho invitato a questo Atto accademico il cardinale Camillo Ruini, perché lui è stato per tanti anni vicario di Roma con Giovanni Paolo II, ed è stato anche per tanti anni presidente della Conferenza episcopale italiana; quindi conosceva tanto bene il Papa! Per questo ho pensato che avrebbe potuto offrirci un buon intervento. Il cardinale Ruini, che ringrazio ancora per essere venuto, ha parlato della santità e della figura storica del Papa. Ci ha lasciato una testimonianza diretta, per il suo rapporto continuo con Giovanni Paolo II. Prima della sua conferenza, ricchissima, ci sono stati quattro interventi su alcuni aspetti del ministero del Pontefice. Il direttore del nostro Istituto di Teologia spirituale di Barcellona ha parlato della sua spiritualità. Un’altra relazione è venuta dal direttore dell’Istituto superiore di liturgia di Barcellona su “Giovanni Paolo II e la liturgia: dalla riforma all’approfondimento”. Quindi ha preso la parola il decano, presidente della Facoltà di Filosofia di Catalogna, che ha parlato del pensiero filosofico di Giovanni Paolo II; infine, ha concluso il decano della Facoltà di Teologia di Catalogna, che ha illustrato il pensiero teologico del Beato. A questo punto ha preso la parola il cardinale Ruini, che ci ha commosso perché ha parlato in castigliano davanti ad un auditorium al completo. Siamo stati tutti molto soddisfatti di questo Atto accademico che credo sia stato anche un atto di giustizia, perché i partecipanti hanno potuto rivivere la vita cristiana dei quasi 27 anni di pontificato di Giovanni Paolo II. (gf)
Al via a Rimini la Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo
◊ Si svolge da oggi al 5 giugno, a Rimini, la 34.ma Convocazione nazionale dei Gruppi e delle Comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo, un movimento ecclesiale che in Italia conta 200 mila aderenti. Tanti gli ospiti attesi, tra cui il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano; il cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo; mons. Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme dei Latini; mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini; Jean Pliya, scrittore e già coordinatore nazionale del Rinnovamento Carismatico Cattolico del Benin; Ralph Martin, testimone delle origini del Rinnovamento negli Usa; mons. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo; Marco Tarquinio, direttore di Avvenire; il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura; padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia; mons. Pawel Ptasznik, responsabile della Sezione polacca della Segreteria di Stato vaticana. L’evento, che vedrà la partecipazione di oltre 15 mila persone, si tiene alla luce di un passo del Vangelo di Giovanni, laddove Gesù dice che chi mangia il pane che discende dal cielo vivrà in eterno e che questo pane è la sua “carne per la vita del mondo”. Ascoltiamo in proposito il presidente nazionale del Rinnovamento, Salvatore Martinez, intervistato da Sergio Centofanti:
R. – E’ un problema che si impone alla nostra coscienza di cristiani e di uomini del nostro tempo. “La mia carne per la vita del mondo” sono parole di Gesù e dinanzi a un mondo che muore, dinanzi alle crisi che stanno attanagliando i sistemi politici, economici, culturali, c’è invece un annuncio che cade proprio nel tempo della Pasqua, della Risurrezione: c’è possibilità di vita, di una vita piena, di una vita buona, di una vita felice. I cristiani sperimentano questa novità di vita nella Chiesa ma non sempre questa fede viene confessata, viene professata nella consapevolezza di questa bellezza, di questa potenza, di questa pienezza di vita che Gesù Cristo viene a portare. Pertanto, ancora una volta, a Rimini noi faremo di questa Parola, di questo annuncio, un’esperienza, faremo di questa Parola una pedagogia: incoraggeremo i giovani, le famiglie, i bambini, i sacerdoti gli anziani, le persone ammalate, le persone sole, a credere che questa offerta di Gesù è la migliore possibilità, che gli uomini hanno da 2000 anni, di sperimentare che cosa significa essere uomini, pienamente uomini, uomini incarnati, uomini felici.
D. – Come si svolge questa Convocazione?
R. - Da anni abbiamo ormai consolidato un modello. Una giornata è interamente dedicata alla interiorizzazione della grazia di Dio, un tempo riservato alle confessioni sacramentali - oltre 400 sacerdoti offrono il loro ministero - e poi alla guarigione interiore, alla conversione. Ci sono persone che da 20, 30 anni, non vanno in Chiesa, non partecipano ad un evento di fede: è meraviglioso vedere il miracolo di una vita, di un cuore duro che si apre, che ritorna a sperimentare la misericordia. Una seconda giornata è riservata invece ad esplicitare questa grazia ricevuta, quindi come una spiritualità si può incarnare nella storia e diventare evangelizzazione. Quest’anno, in modo particolare, ricordando il Beato Giovanni Paolo II nel 25.mo della “Dominum et vivificantem”, vogliamo vedere come questa azione dello Spirito può rinnovare tutta la terra, può fecondare la sociologia, l’antropologia, l’economia. La soluzione alla crisi è nello Spirito Santo, noi lo vogliamo dire e vogliamo aiutare la gente a raccontarlo.
D. – quali sono i progetti del Rinnovamento nello Spirito Santo?
R. – Il tema della Convocazione si sintonizza con il 25.mo Congresso eucaristico nazionale che si svolgerà ad Ancona e abbiamo inteso trasferire il Pellegrinaggio nazionale delle famiglie per la famiglia, che si è svolto nelle prime edizioni a Pompei, proprio ad Ancona, sotto lo sguardo della Madonna di Loreto, per raccontare che la famiglia cristiana è viva e che la fede si trasferisce a livello generazionale dai nonni ai genitori ai figli. Quindi vogliamo mettere in cammino tre generazioni: la preghiera del Rosario sarà l’elemento che unisce e che permette di trasferire la fede, di interiorizzarla attraverso questo sguardo eucaristico. L’appuntamento prossimo, dopo la Convocazione nazionale, sarà ad Ancona il 10 settembre insieme all’Ufficio di pastorale familiare della Cei e al Forum delle famiglie. Sarà un grande gesto di unità, sarà un grande gesto di solidarietà intorno al tema della famiglia per dire che la famiglia è viva e per gridare: “Evviva la famiglia!” (bf)
Arriva a Roma il Josp Fest, il Festival Internazionale degli itinerari dello Spirito
◊ Inizia oggi a Roma la terza edizione del Josp Fest, il Festival Internazionale degli itinerari dello Spirito, ideato e realizzato dall'Opera Romana Pellegrinaggi. L'evento vuole essere una vera e propria festa dei pellegrinaggi e di chi sceglie di farne uno stile di vita. Il servizio di Salvatore Cernuzio.
Un festival, ma anche una celebrazione collettiva, nonché un’opportunità di incontro con comunità di credenti di diverse tradizioni e religioni. E’ il Josp Fest: quattro giorni dedicati a valorizzare l’esperienza del pellegrinaggio. L’edizione 2011 del festival, il cui tema è Pilgrim Lifestyle vedrà nella capitale 120 spazi espositivi e diverse iniziative che ci racconta padre Caesar Atuire, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi e ideatore del progetto:
“Oltre all’area espositiva presente lungo Via della Conciliazione e in cinque piazze a Roma, nel centro di Roma ci saranno convegni, seminari, dibattiti e poi la sera faremo anche concerti, soprattutto a Piazza di Spagna e Piazza Navona. Sono una serie di cose che ci permettono di vivere questi quattro giorni sotto il titolo ‘Pilgrim Lifestyle’”.
Al contrario delle precedenti edizioni realizzate nei capannoni della Nuova Fiera di Roma, quest’anno il festival si sposta nel cuore della città, coinvolgendo le più belle piazze della capitale, nel segno di una nuova sensibilità ecologica, con la scelta di mezzi elettrici e biciclette, l’obbiettivo è una partecipazione più elevata e un maggiore avvicinamento delle persone a vivere l’esperienza del pellegrinaggio, come spiega ancora padre Atuire:
“Uno che partecipa ad una manifestazione come il Josp Fest può anche vivere un piccolo assaggio di quello che è andare veramente a fare un pellegrinaggio. Il mio augurio è che chi viene a Roma per il Josp Fest dopo decida di fare un pezzo della Via Francigena o un pezzo del Cammino di Santiago o anche andare in Terra Santa. Credo che spesso molte persone non si avvicinano a questa realtà perché la vedono molto lontana, ma noi la portiamo in città per farla vivere; in fondo è possibile ed è aperta a tutti”.
Il pellegrinaggio quindi, come un cammino da percorrere, che oltrepassa il semplice momento del viaggiare e diventa una scoperta dell’interiorità, un’apertura verso Dio, verso gli altri nella loro diversità e nel rispetto responsabile del creato, come afferma mons. Liberio Andreatta, vicepresidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi:
“Il pellegrinaggio è un cammino interiore, è scoprire dentro di sé la presenza di un Dio che ci ama, e riporta l’uomo a riscoprire all’interno di sé il suo progetto. Ma soprattutto è una capacità di stupirsi. Oggi non ci si stupisce più. Il pellegrinaggio è una forma di vera e autentica nuova evangelizzazione, è una profonda capacità di catechesi, un annuncio, una testimonianza, perché il pellegrinaggio è la metafora della vita: all’interno del pellegrinaggio rivivi quello che sono i momenti della tua vita. Se tu sai viverlo con silenzio, come ascolto, come attenzione, ma soprattutto come impegno, ti cambia la vita”.
Convegno cristiano-islamico: per l’arcivescovo di Tunisi “la paura è una cattiva consigliera”
◊ “La paura è una cattiva consigliera” quando si affronta il tema delle relazioni tra cristianesimo ed islam. Lo ha detto ieri, come riporta l'agenzia Sir, l’arcivescovo di Tunisi, mons. Maroun Lahham, intervenendo al convegno torinese del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. “Noto un po’ dappertutto in Europa - ha detto il presule – una certa fatica e una certa paura che possono determinare un rifiuto dell’islam. “Le relazioni tra cristiani e musulmani – ha specificato – non saranno mai esenti da ombre né da incomprensioni. Ombre sì, ma non crisi, e assolutamente mai panico”, ha però chiarito l’arcivescovo. “I responsabili religiosi, di una parte e dell’altra – ha proseguito mons. Lahham – hanno una grande sfida, quella di andare spesso controcorrente”. Per quanto riguarda i cristiani, il loro compito è di affermare “che la presenza cristiana nel mondo arabo non è frutto di un caso, ma piuttosto il segno della volontà di Dio”. L’appello ai responsabili islamici è invece di “dire a chiara voce che le società arabe musulmane non sono concepibili senza gli arabi cristiani”. In questo contesto, ha chiarito l’arcivescovo, bisogna tenere conto del fatto che “il cristianesimo non è un mondo monolitico, e non lo è nemmeno l’islam. Il vasto mondo del dialogo cristiano-islamico in Medio Oriente e in Nord Africa è quindi assai variegato”. Però bisogna anche dire – ha ripreso il presule – che la lunga storia di dialogo non può che portare del bene agli uni e agli altri soprattutto se conduce, come è stato per la famosa primavera araba, alla libertà religiosa, al diritto alla differenza e a una certa separazione dei poteri. Mons. Maroun ha quindi concluso il suo intervento invitando a non seguire la strada della “sfiducia o addirittura del conflitto” e a leggere invece “i segni dei tempi” che permettono di individuare “quei semi di verità che Dio ha seminato nel cuore di ogni uomo” e di dare “all’uomo di oggi la testimonianza che la vera fede in Dio non può che avvicinare i credenti gli uni agli altri nel rispetto e nella collaborazione”. (D.M.)
Usa: il 26 giugno chiese, sinagoghe e moschee aperte a ministri del culto di diverse confessioni
◊ Il 26 giugno decine di luoghi di culto cristiani, ebraici ed islamici in tutti gli Stati Uniti accoglieranno sui propri pulpiti i ministri del culto delle altre due religioni abramitiche che leggeranno brani dai rispettivi testi sacri. L’iniziativa, cui aderiscono anche esponenti cattolici, si intitola “Faith Shared” (“La fede condivisa”) ed è stata promossa dalla Interfaith Alliance, un’associazione interconfessionale americana nata nel 1994 per promuovere il dialogo tra le religioni contro il fanatismo e l’intolleranza, e da Human Rights First, un’associazione apolitica internazionale per la difesa dei diritti umani con sede a New York. L’obiettivo – riferisce l’agenzia Cns - è di dimostrare come nonostante le differenze di credo, riti e tradizioni una convivenza rispettosa tra le tre religioni monoteiste sia una realtà negli Stati Uniti, nonostante quanto avvenuto in quest’ultimo decennio. “Gli Stati Uniti sono il Paese più multi-religioso del mondo e il pluralismo e la libertà religiosa sono una condizione indispensabile per relazioni pacifiche tra le religioni e per la nostra democrazia”, ha spiegato alla conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa il reverendo Welton Gaddy, presidente dell’Interfaith Alliance. Il pastore battista ha sottolineato che essa vuole correggere l’errata idea oggi diffusa nel mondo, secondo cui la maggioranza degli americani è ostile all’Islam: “Servirà a dimostrare che gli americani rispettano i musulmani e l’Islam, come rispettano la diversità e la libertà religiosa in generale”, ha detto. (A cura di Lisa Zengarini)
Somalia: allarme infanzia. Circa la metà della popolazione è nata, cresciuta e vive nel conflitto
◊ Allarme infanzia per i minori coinvolti nel conflitto civile in Somalia. Le principali cause di morte tra i bimbi al di sotto dei 5 anni nel Paese africano, sono infatti – come documenta l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) - “ustioni, emorragie interne collegate ad esplosioni e proiettili vaganti”. Oltre all’inasprimento del conflitto, spiegano i responsabili dell’Oms, l’aumento delle piccole vittime è dovuto al sovraffollamento nelle abitazioni intorno al mercato di Bakara, epicentro di combattimenti e scontri tra i soldati del governo di transizione ed i gruppi dell’insurrezione armata. Nel solo mese di maggio su 1590 casi di feriti ricoverati in ospedale, 735 ovvero il 46% erano bambini. Bambini che in Somalia “non conoscono altro che la guerra” – osserva Ahmed Dini, attivista dei diritti umani intervistato dall’agenzia ‘Irin’ - se si considera che la metà della popolazione attuale è nata dopo il 1991, anno della caduta del regime di Siad Barre. In un contesto come quello somalo, - spiega Dini - giovani e giovanissimi hanno sviluppato tre diverse strategie di sopravvivenza: arruolarsi in un gruppo armato, stordirsi nelle droghe o tentare la traversata del golfo di Aden o dei deserti africani per arrivare in Europa. Se non si farà qualcosa, - sostiene ancora l’attivista - l’attuale generazione e le successive saranno irrimediabilmente perdute”. Si calcola che nella sola Mogadiscio siano tra i 4 e i 5 mila i bambini abbandonati o orfani che vivono per strada, esposti alle violenze, senza nessuna forma di tutela. (R.G.)
Rapporto Ecri sul razzismo: in Azerbaigian, Cipro e Serbia ancora discriminazioni e intolleranze
◊ Desta preoccupazione in Azerbaigian “la situazione dei gruppi religiosi non registrati e delle persone che chiedono protezione internazionale”. Lo ha dichiarato Nils Muiznieks, presidente della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri), nel presentare questa settimana i suoi rapporti su Azerbaigian, Cipro e Serbia. Secondo Muiznieks - riferisce l’agenzia Sir - nei tre Paesi si sono registrati dei progressi, ma rimane ancora molto da fare, se in Azerbaigian “sono state adottate misure per migliorare l'accesso dei rifugiati ai diritti sociali”, ma sono state pure inasprite “alcune disposizioni e prassi già restrittive in materia di comunità religiose”, e cosi anche le domande di ri-registrazione in corso “sono esposte a trattamenti arbitrari”. “Ci sono casi – ha aggiunto il presidente della Commissione - di abusi da parte di funzionari di pubblica sicurezza contro i membri dei gruppi minoritari” e manca “un meccanismo indipendente per la gestione delle denunce contro la Polizia”. A Cipro, rimangono invece critiche – ha sottolineato Muiznieks - la “sproporzionata concentrazione di alunni turco-ciprioti e rom in alcune scuole” e “la situazione vulnerabile dei collaboratori domestici stranieri”. Tra le raccomandazioni formulate dalla Commissione contro il razzismo e l’intolleranza alle autorità cipriote, quella di “adottare misure urgenti per attuare pienamente il programma ‘zone’ di priorità educativa” al fine di “garantire che il diritto all'istruzione sia rispettato nella pratica”; di rivedere “i propri piani legislativi per adottare una politica che imponga ai cittadini di Paesi terzi che intendano sposare un cittadino cipriota o dell'Unione europea di passare un colloquio prematrimoniale con le autorità per l’immigrazione”; di migliorare il sistema di archiviazione del Tribunale affinché i casi vengano classificati anche per argomento e vengano chiaramente indicati gli elementi di razzismo”. Riguardo la Serbia, il presidente dell’Ecri ha detto che “la legge sulle Chiese e le comunità religiose continua a discriminare tra Chiese tradizionali e non tradizionali” e “le comunità di minoranze religiose, in precedenza riconosciute”, devono registrarsi nuovamente con una procedura “invasiva e complicata”. (R.G.)
Onu: a New York incontro promosso dalla Santa Sede in vista della Gmg di Madrid
◊ La Missione di Osservazione della Santa Sede presso le Nazioni Unite, insieme al Parlamento Universale dei Giovani e all’Associazione internazionale Gioventù Idente, organizza domani un evento al Palazzo di Vetro di New York in preparazione alla riunione di alto livello dell’Onu sui giovani e alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. Sono stati invitati all’incontro giovani tra i 16 e i 30 anni, che avranno modo di dialogare su alcuni dei temi cruciali del momento, tra i quali la necessità di proteggere e promuovere la vita umana in ogni sua fase. Nel corso dell’evento verranno annunciati i vincitori del Premio “Fernando Rielo per la Gioventù”, che sarà assegnato a un saggio, canzone o video sulla difesa della vita e sul ruolo dei giovani come fari di cultura e di speranza in un mondo minacciato dalla cultura della morte. Il Premio offrirà la possibilità di partecipare alla Gmg di Madrid e coprirà interamente le spese di viaggio e soggiorno. Prenderanno la parola durante l’incontro di domani, l’arcivescovo Francis Assisi Chullikatt, Osservatore Permanente della Santa Sede e alcuni altri diplomatici di alto rango. Il cantante portoricano José Feliciano canterà davanti ai giovani e dialogherà con loro sul tema delle difficoltà della vita e sulla possibilità di superarle. (A cura di Marina Vitalini)
L’Onu celebra a Vienna i 50 anni dal primo volo umano nello spazio e li dedica alla pace
◊ Sono stati dedicati alla pace i 50 anni dal primo volo umano nello spazio, celebrati ieri nella sede delle Nazioni Unite a Vienna. Insieme alla prima missione tra le stelle, il Comitato dell’Onu per l'uso pacifico dello spazio extra atmosferico (Copuos) ha festeggiato mezzo secolo della sua fondazione. Per questa occasione si è riunita l’Assemblea plenaria straordinaria con i rappresentanti dei 71 Stati membri del Comitato insieme ai delegati delle varie organizzazioni delle Nazioni Unite e altre organismi governativi e intergovernativi. In una dichiarazione il Comitato ha fissato le priorità per le future missioni spaziali: l'osservazione del Sistema solare, l'esplorazione umana e la ricerca sullo spazio profondo. Tra i 18 fondatori del Copuos è anche l’Italia. ''50 anni fa - ha commentato Enrico Saggese presidente dell'Agenzia spaziale italiana (Asi) - si è dato vita a questo incredibile organismo, che ha saputo vedere con intuizione l'apporto che la tecnologia spaziale, sviluppata per usi pacifici, poteva offrire alla risoluzione di determinati problemi della Terra''. Se 50 anni fa il primo volo umano nello spazio è avvenuto ''in un quadro di elevata competizione tra le grandi potenze, oggi - ha rilevato Saggese - il volo umano spaziale si svolge nella piena e totale collaborazione internazionale tra le Nazioni”. E, “la Stazione spaziale internazionale ne è il più grande e valido esempio”. (R.G.)
L’arcivescovo di New York respinge l’accusa di omofobia per chi si oppone ai matrimoni gay
◊ Si intensifica nello Stato di New York la campagna contro la legalizzazione del matrimonio omosessuale. In queste settimane si sono moltiplicate le manifestazioni per contrastare il progetto, sostenuto dal Governatore Andrew Cuomo che ha annunciato l’intenzione di firmare il provvedimento se avrà i numeri al Senato statale. Intanto – riferisce l’agenzia Cns – la National Organization for Marriage, un’organizzazione per la difesa del matrimonio tradizionale, ha annunciato l’intenzione di stanziare 1,5 milioni di dollari per una vasta campagna pubblicitaria per la bocciatura del progetto. Contro la proposta sono scesi in campo anche i vescovi cattolici dello Stato, che parlano di un “passo radicale” che vuole “modificare l’essenza stessa del matrimonio”. L’arcivescovo di New York Timothy Dolan, sul suo blog, respinge come “insensata” l’accusa di bigotteria e omofobia rivolta ai cattolici e a tutti coloro che si oppongono alle unioni omosessuali. “Non siamo contro nessuno, siamo per il matrimonio”, scrive il presule in un post intitolato: “Il matrimonio al centro di ogni civiltà”. “La definizione del matrimonio - afferma - è un dato acquisito: è un’unione d’amore e fedeltà lungo una vita tra un uomo e una donna che, a Dio piacendo, porta figli. Difendere questa definizione non esprime un atteggiamento bigotto o prepotente, né significa negare un diritto a qualcuno. In una società civile e morale abbiamo il diritto di fare ciò che dobbiamo, non quello che vogliamo”, ricorda ancora l’arcivescovo, ammonendo che “mettere in discussione la definizione di matrimonio, o cercare di manipolarne la natura e lo scopo con un’operazione di ingegneria sociale di stampo orwelliano, è pericoloso per tutti”. (L.Z.)
Slovacchia: nasce il movimento dei “Giornalisti per la vita”
◊ Il presidente del pontificio consiglio per la Salute, mons. Zygmunt Zimowski è da oggi e fino al 4 giugno in Slovacchia, come riporta l'agenzia Sir. Oltre a presiedere, il giorno 4, la Messa d’apertura della conferenza internazionale “L’etica nel sistema sanitario” che si terrà all’università Comenius, mons. Zimowski incontrerà il ministro della sanità, Ivan Uhlarik, e visiterà l’istituto di oncologia Santa Elisabetta a Bratislava. Il programma della visita prevede anche un discorso alla facoltà di teologia dell’Università di Trnava sui compiti della conferenze episcopali nel settore del sostegno alla cultura della vita. E proprio in Slovacchia, 14 redattori dei mass media hanno lanciato l’iniziativa “giornalisti per la vita”, che vuole incidere sull’atteggiamento prevalente nella società rispetto all’interruzione volontaria di gravidanza. “Vogliamo dimostrare – spiega uno dei promotori, Martin Hanus – agli occhi dei nostri colleghi e dell’opinione pubblica che anche tra gli operatori dei mass media laici ci sono giornalisti, cristiani e non cristiani, conservatori e liberali, che contraddicono l’opinione comune secondo cui soltanto i credenti sono contrari all’interruzione volontaria di gravidanza”. La campagna sottolinea anche come in Slovacchia siano 1,3 milioni negli ultimi 50 anni i bambini non nati in conseguenza di questa pratica. Il testo della Dichiarazione per la protezione della vita dei bambini non nati è disponibile all’indirizzo web www.novinarizazivot.sk. (D.M.)
Francia: ribadito il divieto di ricerca sull’embrione
◊ Ristabilimento del principio che vieta (con alcune deroghe) la ricerca sull’embrione umano, rifiuto di estendere alle coppie formate da donne l’accesso all’assistenza medica alla procreazione, allargamento della donazione di gameti (che resta anonima) anche da parte di persone che non hanno mai procreato, «no» al trasferimento post mortem degli embrioni: sono alcuni dei punti contenuti nel progetto di legge sulla bioetica approvato, in seconda lettura, dall’Assemblea nazionale francese. Hanno votato a favore del testo, che adesso torna al Senato, - riferisce L'Osservatore Romano - duecentottanta deputati; i «no» sono stati duecentodiciassette, trentasette gli astenuti. Per quanto concerne la ricerca sull’embrione, dunque, l’Assemblea è restata sulla posizione difesa dal Governo, quella cioè di conservare l’attuale dispositivo (divieto con deroghe) respingendo l’opzione del Senato — appoggiata con favore da numerosi medici — che aveva proposto un’«autorizzazione inquadrata» della ricerca. I deputati si sono in pratica espressi come a febbraio, in occasione della prima lettura. Decisivo è stato l’emendamento presentato, durante la discussione, da Jean Leonetti, relatore della commissione incaricata di esaminare il provvedimento, e votato a larga maggioranza. «In materia di ricerca è stato trovato un punto di equilibrio — ha commentato Leonetti — cercando di fare chiarezza su ciò che è proibito e ciò che è consentito». Anche il ministro del Lavoro, dell’Impiego e della Sanità, Xavier Bertrand, ha detto che il divieto con deroghe, stabilito nel 2004, è la migliore soluzione possibile poiché «non chiude la porta davanti ai progressi della scienza». Una soluzione auspicata nei giorni scorsi anche dal cardinale André Vingt-Trois, presidente della Conferenza episcopale, che aveva parlato del rischio di un «regresso di civiltà». Come detto, il progetto di legge deve ora tornare in Senato per la seconda lettura. Nel caso persista un disaccordo su punti fondamentali del testo, sarà l’Assemblea nazionale ad avere l’ultima parola. (R.P.)
Spagna: Giornata delle Comunicazioni sociali. I vescovi contro la pubblicità del mercato del sesso
◊ In vista della celebrazione, domenica 5 giugno, della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, la Conferenza episcopale spagnola, attraverso la commissione per i media, ha diffuso un messaggio per mettere in guardia contro i pericoli della pubblicità del mercato del sesso. La Chiesa spagnola ha dato così il suo appoggio alla campagna già lanciata dal quotidiano madrileno “La Razón», per la soppressione di questo tipo di pubblicità dalle pagine dei giornali. Ma la Chiesa – riferisce l’Osservatore Romano - fa un ulteriore passo avanti e condanna in modo esplicito questo tipo di annunci, sottolineando inoltre i cambiamenti apportati dalle nuove tecnologie, come internet. La rete - si legge nel messaggio - “non può essere un terreno estraneo a una considerazione etica e morale della comunicazione umana. Non può essere aliena dalle più elementari norme di corretto comportamento nelle relazioni personali e sociali, basate sulla dignità della persona e sulla ricerca del bene comune”. Seguendo questa linea, la commissione episcopale si esprime sugli annunci a pagamento pubblicati da alcuni giornali: “Per la Chiesa la pubblicità sessuale sui mezzi di comunicazione non solo attenta alla dignità della persona, soprattutto della donna, ma danneggia quanti la promuovono o la permettono, basandosi su una cattiva interpretazione della libertà di espressione e di mercato”. Non si deve comunicare e neppure vendere o comprare tutto ciò che si può, aggiungono i vescovi spagnoli. Il ministero della Sanità, Politica sociale ed Eguaglianza, sta attualmente cercando formule per regolamentare questi annunci sui mezzi di comunicazione sociale sebbene alcuni editori di giornali abbiano espresso il loro dissenso. Il Consiglio di Stato ha dato il via libera all’iniziativa del ministero diretto da Leire Pajín, che dovrebbe essere discusso dal Congresso dei deputati nel prossimo mese di luglio. Ora la Chiesa ha espresso il suo sostegno a quanti «portano avanti la campagna di rivendicazione di una stampa libera da pubblicità e annunci di commercio sessuale». E tra questi c’è anche “La Razón”. (L.Z.)
Italia: i genitori dei bimbi delle scuole cattoliche scrivono al governo per maggiori contributi
◊ Centinaia di migliaia di cartoline sono in arrivo in Italia al presidente del Consiglio Berlusconi ed ai ministri dell’Istruzione Gelmini e dell’Economia Tremonti. Le hanno spedite i genitori dei 550 mila bambini delle scuole paritarie aderenti alla Federazione Italiana Scuole materne (Fism). “Con questo gesto simbolico, ma anche molto concreto, si vuole focalizzare l'attenzione del Governo – spiega una nota della Fism - sulla situazione ancora irrisolta dei contributi statali previsti dalla Finanziaria 2011 per le scuole paritarie e quindi delle difficoltà economiche in cui versano molte delle 8000 scuole dell'infanzia Fism sparse su tutto il territorio nazionale, in 4800 comuni, non solo nelle grandi città, ma anche in piccoli paesi. Negli organi di informazione si leggono spesso – prosegue la nota - interventi contrari all'erogazione di contributi pubblici alle scuole paritarie. A questo proposito si ricorda, ancora una volta, che un bambino che frequenta la scuola dell’infanzia statale costa allo Stato 6.116 euro all’anno contro i 584 euro – contributo rimasto immutato da 10 anni - per un bambino frequentante una scuola dell’infanzia paritaria e che se lo Stato volesse sostituire le scuole dell’infanzia non statali, dovrebbe spendere poco meno di 4 miliardi di euro all’anno, ogni anno, soltanto per la spesa corrente. Nonostante ciò in questi ultimi mesi – sottolinea la Fism - abbiamo assistito ad una politica del ‘taglia e cuci’ per quanto riguarda l'erogazione dei contributi statali alle scuole paritarie”. La Fism si dice “ben consapevole della crisi economica che attraversa il Paese”, ma invita a non “scaricare sulle famiglie, oltre alle difficoltà economiche che già devono affrontare, un ulteriore aggravio di spesa, inevitabile in mancanza dei contributi promessi. Dopo una riduzione dei contributi, rimasti immutati dal 2001, ed il successivo reintegro nella Finanziaria 2011, il Governo ha operato un taglio successivo ed infine ad aprile scorso è stata comunicata la ripartizione di 167 milioni 917.727 per tutte le scuole paritarie rispetto ai 526 milioni promessi ed inseriti nella Finanziaria 2011. la Fism chiede quindi il recupero dei 526 milioni prevista dalla legge finanziaria 2011 entro settembre prossimo, anche per evitare la chiusura forzata di non poche delle 8000 scuole dell'infanzia Fism. Di suddividere i fondi dello Stato in capitoli distinti tra scuole dell'infanzia paritarie, scuole primarie paritarie e scuole secondarie di primo e secondo grado paritarie, ad evitare una ‘guerra tra poveri’. Una concreta attenzione ed interventi per gli alunni diversamente abili e per l’integrazione di alunni che appartengono a famiglie straniere. “Tutto questo – dichiara il Segretario nazionale della Fism Luigi Morgano – per consentire alle scuole dell'infanzia cattoliche e di ispirazione cristiana paritarie di continuare il loro impegno di qualità alta del loro servizio educativo: servizio e qualità messi a dura prova dalla condizione di persistente precarietà dei finanziamenti erogati dallo Stato italiano”. (R.G.)
Mostra all'Onu di Ginevra celebra la “Storia italiana dell'innovazione” per il 150.mo dell’unità
◊ ''Storia italiana dell'innovazione'' è il titolo della Mostra inaugurata questa settimana all’Onu di Ginevra in occasione del 150° anniversario dell'unità d'Italia. La rassegna allestita presso l'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (Ompi) è stata inaugurata nel quadro delle celebrazioni per la Festa nazionale della Repubblica italiana dall'ambasciatrice italiana presso le Nazioni Unite a Ginevra Laura Mirachian. ''Senza innovazione, avremmo avuto un destino di ristagno economico ed umano'', per questo - ha sottolineato la signora Mirachian - ''abbiamo voluto celebrare gli scienziati italiani le cui ricerche e innovazioni attraverso i secoli hanno contribuito a fare dell'Italia quello che oggi è. E quello che il mondo è oggi. Da Galileo al Premio Nobel Carlo Rubbia''. Tra gli ospiti, presenti alla cerimonia, il direttore generale dell’Ompi Francis Gurry, il direttore generale del Cern Rolf Heuer, lo scienziato Antonino Zichichi e il direttore dell'Oim (Organizzazione internazionale delle Migrazioni) William Swing. Rendendo omaggio ai numerosi italiani che lavorano o hanno lavorato al Cern, esempio della collaborazione e del dialogo tra i diversi continenti e le diverse culture, l'ambasciatrice ha espresso fierezza per la loro ''dedizione, passione'' e i loro ''brillanti risultati''. Poi soffermandosi sull'Italia e la sua storia ha sottolineato come la Repubblica Italiana e le Nazioni Unite siano nate nello stesso periodo: ''In quegli anni - ha detto - dopo la tragedia della Seconda Guerra mondiale, l'Italia ha abbracciato la democrazia e l'ordine multilaterale mondiale, che sono le due facce della stessa medaglia''. (R.G.)
Pompei: sabato e domenica il XIV convegno degli sposi cristiani
◊ Sabato 4 e domenica 5 giugno torna a Pompei il convegno degli sposi cristiani. Giunto alla XIV edizione, l’incontro, organizzato dall’Ufficio per la pastorale familiare del santuario della B.V. del Rosario, vedrà l’alternarsi di numerosi interventi e testimonianze di vita coniugale. Ad introdurre i lavori, sabato, nella Sala Marianna De Fusco del santuario, sarà don Giuseppe Lungarini, direttore dell’Ufficio organizzatore. A seguire il saluto di mons. Carlo Liberati, arcivescovo prelato e delegato pontificio di Pompei. I relatori della due giorni di riflessione e studio saranno don Carlo Panzeri, consulente familiare morale e direttore dell’Ufficio Famiglia della diocesi di Albano e della Commissione famiglia della Conferenza episcopale laziale; i coniugi Ileana e Luca Carando, responsabili della Commissione regionale famiglia del Piemonte; Marco Giordano, presidente nazionale dell’Associazione Progetto Famiglia-Affido. La prima giornata d’incontro si concluderà con la Via Lucis e la fiaccolata per la pace universale per le famiglie e la vita. Il corteo partirà alle 20 dal piazzale Beato Giovanni XXIII e giungerà al santuario. Domenica i lavori riprenderanno alle ore 9 e troveranno il loro culmine nella celebrazione eucaristica presieduta da mons. Carlo Liberati. Nel corso della messa, gli sposi rinnoveranno le promesse matrimoniali. (R.P.)
Batterio E-Coli: aumentano le vittime. Fonte dell'infezione non ancora identificata
◊ Si aggrava in Europa il bilancio delle vittime causate dal batterio killer Escherichia-coli: il numero dei morti è salito a 18, di cui 16 in Germania. Le persone contagiate sono oltre 1500. Le autorità tedesche e l’Unione Europea hanno riconosciuto che il batterio, rivelato su alcuni ortaggi provenienti dalla Spagna, non è lo stesso di quello riscontrato nelle vittime. Restano da accertare le cause dell’epidemia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha reso noto che l’epidemia è stata generata da un ceppo mai rilevato prima. La Commissione europea ha revocato l’allarme sui cetrioli spagnoli, ritenuti nei giorni scorsi all’origine dell’epidemia. Le autorità sanitarie tedesche precisano che la fonte dell'infezione non è stata ancora identificata. E’ stato invece accertato che il focolaio dell'epidemia è la zona intorno ad Amburgo. La Russia, in seguito alla diffusione del batterio killer Escherichia-coli, ha vietato l’importazione di verdura e ortaggi freschi da tutti i Paesi dell’Unione Europa. La Commissione europea, che ha definito “sproporzionata” la decisione di Mosca, chiederà alla Russia chiarimenti sulla decisione. Il premier spagnolo, Josè Luis Rodriguez Zapatero, ha annunciato intanto che chiederà i danni economici per il pregiudizio subito dall’agricoltura iberica. Secondo gli agricoltori spagnoli, le perdite ammonterebbero a 200 milioni di euro a settimana. Le ripercussioni economiche sono rilevanti e non riguardano solo la Spagna: da una ricerca condotta da Coldiretti, emerge che l’arrivo del batterio killer in Europa, a dieci anni esatti dal primo caso di “mucca pazza”, fa salire a cinque miliardi i danni provocati dalle psicosi nei consumi generati da emergenze alimentari, vere e presunte.
Libia, ancora raid a Tripoli
E’ ancora alta la tensione in Libia. Nuovi raid aerei della Nato hanno scosso Tripoli stanotte. Intanto, una commissione d'inchiesta istituita dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu, a Ginevra, ha denunciato il regime di crimini contro l'umanità e di guerra. A preoccupare gli Stati Uniti è la questione terrorismo: il capo del comando americano per l'Africa ieri ha parlato del rischio che armi libiche finiscano nelle mani di Al Qaeda. Esiste veramente questo pericolo? Per fare un punto sulla situazione, Irene Pugliese ha intervistato il direttore di Limes, Lucio Caracciolo:
R. – Ci sono certamente, nell’ambito della Cirenaica, tradizioni e componenti islamiste anche di al Qaeda. Però immaginare che al Qaeda si possa impossessare delle rivolta di Bengasi mi pare eccessivo. Per gli americani quello che conta non è tanto la Libia quanto i collegamenti, le connessioni, tra la Libia ed eventualmente anche elementi qaedisti libici ed altri terroristi della regione.
D. – Si può parlare, per quanto riguarda Al Qaeda, ancora di una rete estesa e fortemente collegata in tutte queste zone, come nel 2001, oppure ormai si tratta di singoli gruppi che operano in maniera indipendente nei vari Paesi?
R. – Non solo si può parlare di singoli gruppi, ma spesso anche di singoli individui. Poi, non dimentichiamo che il "qaedismo", o comunque il terrorismo islamico, spesso viene enfatizzato o addirittura creato dai regimi per legittimarsi: Solo che quando uno crea queste bestie pericolose non sempre poi riesce a domarle.
D. – Intanto, il conflitto in Libia va avanti. La Nato parla di una guerra agli sgoccioli, mentre Gehddafi continua a dichiarare che non lascerà il potere. Qual è secondo lei il futuro di questo conflitto?
R. – Direi che in Libia la situazione, dal punto di vista militare, è abbastanza in stallo. La Cirenaica è in mano ai ribelli, gran parte della Tripolitania e del Fezzan è ancora in mano a Gheddafi, ma soprattutto all’interno della Tripolitania stanno emergendo linee di frattura: si vede che il regime è entrato in una fase di avvitamento finale, che può durare anche parecchio. Penso che sarebbe opportuno arrivare, quantomeno, ad un cessate-il-fuoco. Ma non mi pare ci siano al momento disponibilità in questo senso. (bf)
Proteste in Siria, si aggrava il bilancio delle vittime
Si aggrava la situazione in Siria. Fonti locali riferiscono che oggi 15 persone sono state uccise dalle forze della sicurezza nella città di Rastan. Un attivista per i diritti umani ha reso noto inoltre che l’esercito del presidente, Bashar al-Assad, ha ucciso almeno 43 civili durante le proteste avvenute martedì scorso, sempre a Rastan, nel centro del Paese. Il servizio di Davide Maggiore:
La città di Rastan, sotto assedio da domenica, sarebbe stata bombardata con l’artiglieria durante i rastrellamenti. Tra i morti ci sarebbe anche una bambina di quattro anni. Un’altra, di undici anni, sarebbe una delle nove persone rimaste uccise martedì scorso, nella città meridionale di Hirak, durante irruzioni delle forze di sicurezza in case private. Secondo l’Unicef, sono almeno 30 i minori che hanno perso la vita nella repressione delle proteste, e molti altri sarebbero stati feriti, incarcerati o torturati. Anche i dissidenti riuniti in Turchia stanno raccogliendo prove che permettano di denunciare al Tribunale internazionale dell’Aja il presidente Assad, che intanto, da Damasco, promette aperture. E’ di ieri l’annuncio della costituzione di un ente per il dialogo nazionale, che è però composto in prevalenza da membri del partito al potere, e non comprende esponenti dell’opposizione. Anche la prossima liberazione di qualche centinaio di prigionieri politici, in seguito a un’amnistia, lascia scettici i dissidenti, mentre gli Stati Uniti hanno definito il provvedimento un gesto “insufficiente”. Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha parlato, invece, di “tentativi” della comunità internazionale di ottenere un cambio di regime in Siria, specificando che a questi “va messa fine”.
Somalia, scontri a Mogadiscio
Almeno 17 civili sono rimasti uccisi oggi a Mogadiscio in violenti combattimenti. Gli scontri, secondo fonti locali, sono avvenuti per il controllo del mercato centrale di Bakara tra insorti shebab e forze filogovernative sostenute dalla forza di pace dell'Unione Africana (Amisom).
Immigrazione, centinaia di migranti partiti dalla Tunisia dispersi in mare
Nuova tragedia del mare. Almeno 200 migranti sono dispersi al largo della Tunisia, in seguito a un guasto del loro barcone, diretto verso le coste italiane. Lo ha riferito l'agenzia tunisina Tap. La Guardia costiera di Tunisi ha recuperato centinaia di persone, ma si teme che nella ressa molti migranti siano finiti in mare.
Giappone, il premier supera la mozione di sfiducia
Il primo ministro giapponese, Naoto Kan, ha superato la mozione di sfiducia presentata in parlamento dall’opposizione. Secondo diversi osservatori, è stato decisivo l’impegno - assunto poche ore prima della votazione dallo stesso premier - a rassegnare le dimissioni dopo il superamento dell’emergenza provocata dal terremoto dello scorso 11 marzo, seguito dallo tsunami e dalla crisi nucleare. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), è stato sottovalutato il rischio legato allo tsunami per diverse delle 54 centrali nucleari, non solo a Fukushima. Ascoltiamo Nevio Zitellini, ricercatore del Cnr, intervistato da Francesca Sabatinelli:
R. - E’ stato sottovalutato, perché non si aspettavano un terremoto magnitudo 9, con associato uno tsunami proporzionale alla magnitudo del terremoto. I fatti hanno dimostrato che c’è stata una sottostima.
D. - Professore, ad oggi, il sistema di stima di quello che può essere l’impatto di uno tsunami, che modalità segue?
R. - I terremoti non si possono prevedere e nemmeno gli tsunami. Lo tsunami si genera quando il terremoto avviene in mare: quindi appena avviene il terremoto, l’onda sismica, che è molto più veloce dello tsunami, viene ricevuta dalle stazioni sismiche a terra, fanno i conti e lanciato l’allerta tsunami. Il problema però qual è? Quando c’è questo grande terremoto in mare, non si sa mai se si genererà o no lo tsunami e quindi è necessario dare poi la conferma dell’allerta oppure l’allerta tsunami viene cancellata. Tutto questo funziona quando lo tsunami si genere lontano dalla costa, quando lo tsunami si genera vicino alla costa non c’è il tempo per fare tutte queste misure. Purtroppo il nostro pianeta, nella sua interezza, è fortemente antropizzato lungo la linea di costa. (mg)
Pakistan, funerali del giornalista Saleem Shahzad
In Pakistan, si sono svolti stamani i funerali di Syed Saleem Shahzad, il giornalista dell'International il cui corpo senza vita è stato trovato ieri a 150 km da Islamabad. In base agli esami dell’autopsia il giornalista, prima di essere ucciso, è stato torturato. Secondo diversi analisti, l’omicidio sarebbe connesso alle inchieste del giornalista riguardanti i presunti legami dei Servizi segreti pakistani con organizzazioni terroristiche. Il governo di Islamabad ha aperto un’inchiesta. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 153