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Sommario del 01/06/2011
◊ L’episodio del “vitello d’oro” raccontato nel Libro dell’Esodo è stato il filo conduttore dell’udienza generale di questa mattina, presieduta da Benedetto XVI in Piazza San Pietro davanti a 20 mila persone. Il Papa ha riflettuto ancora una volta sulla forza della preghiera di intercessione, in particolare sul modo in cui Mosè ha convinto Dio a non punire il popolo ebreo, che gli aveva preferito un idolo. Al termine dell’udienza, Benedetto XVI ha chiesto preghiere per il suo imminente viaggio apostolico in Croazia. Il servizio di Alessandro De Carolis:
È indubbio che il popolo ebreo in marcia verso la Terra promessa debba a Mosè il fatto di essere stato protetto da Dio nei mille pericoli che hanno costellato la sua lunghissima impresa. Dalla libertà iniziale implorata e ottenuta dal Faraone, alle continue preghiere levate via via perché lebbra, fuoco, serpenti, ma anche paura e ribellione, non infrangessero l’Alleanza tra Dio e il popolo eletto, in ogni circostanza – ha affermato Benedetto XVI – Mosè brilla “come mediatore di salvezza per Israele”. Un episodio più degli altri è emblematico, quello del “vitello d’oro”. La storia è nota: mentre sulla cima del Sinai Dio consegna a Mosè le Tavole della Legge, a valle gli ebrei rumoreggiano. “Stanco di un cammino con un Dio invisibile”, ora che anche “Mosè, il mediatore, è sparito”, il popolo, ricorda il Papa, chiede “una presenza tangibile”, un 'dio' “accessibile, manovrabile, alla portata dell’uomo”:
“È questa una tentazione costante nel cammino di fede: eludere il mistero divino costruendo un dio comprensibile, corrispondente ai propri schemi, ai propri progetti. Quanto avviene al Sinai mostra tutta la stoltezza e l’illusoria vanità di questa pretesa perché, come ironicamente afferma il Salmo 106, ‘scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia erba’”.
Dio comunica di voler punire gli israeliti che hanno tradito la sua benevolenza; Mosè reagisce invocando clemenza in un gioco che ricorda quello tra Dio e Abramo quando si tratta della salvezza di Sodoma e Gomorra. Un gioco nel quale – spiega Benedetto XVI - è il Creatore a volere in realtà che sia la creatura a rivelare, attraverso la sua supplica, che il perdono è l’unico “desiderio di Dio”:
“Questa è la salvezza di Dio, che implica misericordia, ma insieme anche denuncia della verità del peccato, del male che esiste, così che il peccatore, riconosciuto e rifiutato il proprio male, possa lasciarsi perdonare e trasformare da Dio. La preghiera di intercessione rende così operante, dentro la realtà corrotta dell’uomo peccatore, la misericordia divina, che trova voce nella supplica dell’orante e si fa presente attraverso di lui lì dove c’è bisogno di salvezza”.
Benedetto XVI si sofferma sugli argomenti che Mosè porta per convincere Dio. Ad esempio, che l’aver liberato Israele dagli egiziani, per poi farlo morire nel deserto, potrebbe indurre il popolo a ritenere Dio “incapace di vincere il peccato e di mostrarsi più forte del male:
“L’opera di salvezza iniziata deve essere completata; se Dio facesse perire il suo popolo, ciò potrebbe essere interpretato come il segno di un’incapacità divina di portare a compimento il progetto di salvezza. Dio non può permettere questo: Egli è il Signore buono che salva, il garante della vita, è il Dio di misericordia e perdono, di liberazione dal peccato che uccide. E così Mosè fa appello a Dio, alla vita interiore di Dio contro la sentenza esteriore”.
Mosè, prosegue il Papa, non è dunque preoccupato solamente della salvezza del suo popolo, bensì del “nome” di Dio, che cioè la sua promessa si riveli in tutta la sua “verità”:
“L’intercessore infatti vuole che il popolo di Israele sia salvo, perché è il gregge che gli è stato affidato, ma anche perché in quella salvezza si manifesti la vera realtà di Dio. Amore dei fratelli e amore di Dio si compenetrano nella preghiera di intercessione, sono inscindibili. Mosè, l’intercessore, è l’uomo teso tra due amori, che nella preghiera si sovrappongono in un unico desiderio di bene”.
Nel chiedere di perdonare Israele, Mosè – afferma Benedetto XVI – “si appella alla fedeltà di Dio”, senza minimamente di preoccuparsi di se stesso. Mosè, dice, è “mediatore di vita”, l’intercessore “che solidarizza con il suo popolo”:
“L’intercessore non accampa scuse per il peccato della sua gente, non elenca presunti meriti né del popolo né suoi, ma si appella alla gratuità di Dio: un Dio libero, totalmente amore, che non cessa di cercare chi si è allontanato, che resta sempre fedele a se stesso e offre al peccatore la possibilità di tornare a Lui e di diventare, con il perdono, giusto e capace di fedeltà”.
In un intenso finale pronunciato a braccio, il Papa conclude la catechesi rammentando come anche questa pagina dell’Antico Testamento riporti al Nuovo, alla figura del vero mediatore inviato da Dio una volta per tutte per salvare l’umanità di tutti i tempi, non con l’imposizione di una legge, ma con l’offerta della propria vita:
“In Mosè, che sta sulla cima del monte faccia a faccia con Dio e si fa intercessore per il suo popolo e offre se stesso (…) i Padri della Chiesa hanno visto una prefigurazione di Cristo, che sull'alta cima della croce realmente sta davanti a Dio, non solo come amico ma come Figlio (…) la sua intercessione è non solo solidarietà, ma identificazione con noi: porta tutti noi nel suo corpo. E così tutta la sua esistenza di uomo e di Figlio è grido al cuore di Dio, è perdono, ma perdono che trasforma e rinnova”.
Di rilievo, fra i saluti nelle varie lingue, quello in lingua polacca nel quale Benedetto XVI è tornato a parlare della Beatificazione di Giovanni Paolo II, indicandolo ai giovani come loro “padre”, “guida” e “amico” e ricordando la sua perseveranza nella preghiera e la sua apertura verso ogni uomo. Poi, in lingua croata, il Papa ha fatto cenno all’imminente viaggio apostolico a Zagabria del 4 e 5 giugno prossimi per la Giornata delle famiglie cattoliche croate:
“Dok s radošću iščekujem taj susret...
Mentre attendo con gioia questo incontro, vi invito a pregare affinché il mio viaggio in quella cara terra porti molti frutti spirituali e le famiglie cristiane siano sale della terra e luce del mondo”.
◊ La Croazia, dunque, si prepara ad accogliere il Papa sabato e domenica prossimi. Sull’attesa e le sfide di questo viaggio pastorale, ascoltiamo il cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, al microfono di Isabella Piro:
R. - Innanzitutto, desidero dire che in Croazia c’è una grande attesa per la visita del Santo Padre Benedetto XVI. Non appena è stata resa nota ufficialmente la notizia del viaggio apostolico del Santo Padre a Zagabria il 4 e 5 giugno, come Chiesa abbiamo iniziato un cammino di preparazione sia a livello diocesano che nazionale. Ogni diocesi ha elaborato dei programmi in cui si è cercato di coinvolgere soprattutto i giovani e le famiglie. I giovani si stanno preparando attraverso diverse attività, con incontri di preghiera e di adorazione. Devo dire che subito, in tanti hanno aderito all’invito di partecipare all’incontro con il Papa: questo sarà per loro l’Incontro nazionale dei giovani che si svolge ogni due anni, ma è il primo a cui sarà presente il Santo Padre. E i giovani lo attendono con tanto entusiasmo. Per le famiglie, sono state elaborate delle speciali catechesi che si stanno svolgendo in questa fase di preparazione, nei gruppi parrocchiali. Ma anche tutti i fedeli nelle parrocchie, invitati dai parroci sin dal giorno in cui è stata annunciata la visita apostolica, accompagnano ogni cosa con una preghiera intensa e viva gratitudine. E tutto ruota intorno al motto dell’incontro con il Santo Padre in Croazia, cioè “Insieme in Cristo”.
D. - Perché è stato scelto proprio questo motto?
R. - Noi vescovi della Chiesa in Croazia abbiamo scelto questo tema perché la parola “insieme” fa riferimento al desiderio di incontro, di comunione di ogni essere umano. E questo aspetto, che è la dimensione antropologica, trova il suo compimento e la sua pienezza nella dimensione teologica e cristologica, cioè in Cristo, nella novità di Cristo. Cristo è la roccia su cui ogni fedele, ogni famiglia cristiana deve costruire la propria casa per poter percorrere le vie della vita.
D. - Quali sono le sfide pastorali più urgenti della Chiesa in Croazia?
R. - Penso che la sfida maggiore sia quella della secolarizzazione che è sempre più presente nella nostra società e che mostra il suo influsso soprattutto sulle nuove generazioni. La Chiesa sente, inoltre, l’appello a dedicarsi alle famiglie, anch’esse colpite dalla cultura secolarizzata, e che in questo periodo appaiono colpite dalla mancanza di lavoro, in questa situazione di difficoltà sociali ed economiche generalizzate. La nostra preoccupazione per le famiglie vuole giungere a sensibilizzare anche le istituzioni civili, perché sappiano intervenire a favore della famiglia, non solo a parole, ma anche con veri interventi. La famiglia è un’istituzione che va tutelata: infatti, nella famiglia risiede il futuro della Chiesa e della società.
D. - La sera del 4 giugno, Benedetto XVI incontrerà i giovani croati: qual è la realtà giovanile del Paese?
R. - I giovani che incontreranno il Santo Padre appartengono, per lo più, alle generazioni nate dopo la caduta del regime comunista. Condividono, quindi, la stessa realtà degli altri giovani europei, ma sono anche molto sensibili ai valori spirituali e alle iniziative della Chiesa, sentono che la Chiesa è la loro casa, che dà loro spazio e si occupa di loro. Spesso sono gli stessi giovani a proporre, nelle parrocchie, varie iniziative: incontri di preghiera, pellegrinaggi…I nostri giovani partecipano anche volentieri alla vita sacramentale e cercano anche la possibilità di confessarsi.
D. - Domenica 5 giugno, poi, il Papa pregherà presso la tomba del Beato Stepinac. Il popolo croato quale significato attribuisce a questo gesto?
R. - Per la Chiesa in Croazia, il card. Stepinac è – si può dire – un modello di fedeltà a Cristo, alla Chiesa, alla Santa Sede. Il Beato Stepinac fu un vero pastore: lui si prodigò per difendere i diritti fondamentali di ogni uomo e di ogni popolo, per difendere chi era vittima di persecuzioni. È stato per noi e per la Chiesa un vivo testimone della speranza cristiana; con la sua vita ha saputo testimoniare la speranza cristiana che nasce dalla piena fiducia nella fedeltà di Dio, che porta alla vittoria del bene. Il Beato Stepinac fu anche uomo di coscienza: per non tradire la propria coscienza e venire meno alla parola data a Cristo e alla Chiesa, non cedette a nessun compromesso, accettando consapevolmente anche il martirio.
D. - Qual è oggi il ruolo della Croazia in Europa?
R. - La Croazia è aperta all’Unione Europea e si sta preparando ad entrarvi. Da parte della Chiesa, siamo aperti a ciò: in fondo, la Croazia da sempre – si può dire – vive nell’ambito della civiltà europea. Siamo, però, anche consapevoli delle difficoltà e delle possibilità che l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea può comportare. Dinanzi a questo passo, ci sembra importante sottolineare la logica dello scambio: solo nella conoscenza reciproca della propria identità, cultura, storia e costumi, i popoli europei possono costruire insieme una “casa comune”. Penso anche che la Croazia, essendo situata in una regione del continente in cui si incontrano e convivono sia persone che professano la fede cristiana - appartenenti o alla Chiesa cattolica o alla Chiesa ortodossa - sia persone che professano la religione musulmana, è chiamata ad essere luogo di dialogo confessionale ed interreligioso. La Croazia è chiamata, si può dire, ad essere ponte per l’Europa.
D. - Eminenza, quali sono le speranze della Chiesa e della nazione croata per la prossima visita del Papa?
R. - Per noi, è un dono speciale poter trascorrere questi due giorni con il Santo Padre, incontrarci con lui e pregare con lui. Il nostro cuore è aperto e desideroso di accogliere le sue parole ed il suo messaggio. Noi guardiamo a questo evento con grande gratitudine e riconosciamo in esso un’importante occasione per rendere più viva la nostra risposta cristiana, per essere veri testimoni della fede, mossi dalla speranza e dalla carità.
◊ Benedetto XVI ha ricevuto stamani la signora Quentin Bryce, governatore generale dell’Australia, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - si sono ricordati il contributo della Chiesa cattolica alla società australiana, l’accoglienza dei rifugiati ed altri temi di mutuo interesse. Ci si è inoltre soffermati sull’attuale situazione internazionale e regionale, con particolare riferimento ai disastri naturali e alle problematiche ambientali, nonché al dialogo interreligioso”.
◊ Ieri sera il Papa ha preso parte alla celebrazione della conclusione del mese mariano nei Giardini Vaticani. Il Pontefice si è unito ai fedeli al termine della processione aux flambeaux partita dalla chiesa di Santo Stefano degli Abissini e conclusasi alla Grotta di Lourdes e durante la quale il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, ha presieduto il Rosario. Nella sua riflessione, al termine della preghiera mariana, Benedetto XVI ha esortato ad essere “veri discepoli” di Cristo come lo è stato Giovanni Paolo II e a rispondere generosamente ed incondizionatamente ai progetti di Dio, anche quando in essi si è chiamati ad abbracciare la croce. C’era per noi Tiziana Campisi:
(canto)
E’ stato accolto da un clima di preghiera intenso Benedetto XVI quando ha raggiunto i fedeli che hanno gremito i viali alberati dei Giardini Vaticani meditando i misteri dolorosi del Rosario.
Lettrice:
"Guardiamo Gesù, per sentire il disgusto del peccato e per unirci in un grande desiderio di amore fino a condividere con lui la Passione che salva".
Lettore:
"Il male si vince con il bene; l’odio si vince con l’amore; la cattiveria si vince soltanto con una sovrabbondante bontà. Impariamo lo stile di Gesù".
(canto)
Nel suggestivo scenario creatosi al crepuscolo che ha fatto da sfondo all’ultimo giorno di maggio, Benedetto XVI ha voluto ricordare la figura di Giovanni Paolo II, la cui beatificazione ha aperto proprio il mese mariano:
“Quale grande dono di grazia è stata, per la Chiesa intera, la vita di questo grande Papa! La sua testimonianza continua ad illuminare le nostre esistenze e ci è di sprone ad essere veri discepoli del Signore, a seguirLo con il coraggio della fede, ad amarLo con lo stesso entusiasmo con cui egli ha donato a Lui la propria vita”.
E sul coraggio della fede ha insistito Benedetto XVI parlando poi della figura di Maria, “che ha creduto all’annuncio dell’Angelo e ha risposto con fede, accettando con coraggio il progetto di Dio per la sua vita”, accogliendone così in sé la Parola:
“Come sottolineava il mio beato Predecessore nell’Enciclica Redemptoris Mater, è mediante la fede che Maria ha pronunciato il suo fiat, ‘si è abbandonata a Dio senza riserve ed ha consacrato totalmente se stessa, quale ancella del Signore, alla persona e all’opera del Figlio suo’”.
Ad ascoltare la riflessione del Papa c’erano diversi cardinali, presuli, centinaia di persone che insieme al cardinale Angelo Comastri hanno pregato con queste parole:
"O Maria, Madre di misericordia, talvolta come i bambini, abbiamo paura del buio: il buio della disonestà tanto diffusa, il buio della famiglia senza valori, il buio dei giovani senza ideali".
A ciascuno Benedetto XVI ha suggerito di rivolgersi a Maria per poter pronunciare “si” ai disegni di Dio con la sua “stessa fede umile e schietta”:
“Ella che, accogliendo in sé la Parola di Dio, si è abbandonata a Lui senza riserve, ci guidi ad una risposta sempre più generosa e incondizionata ai suoi progetti, anche quando in essi siamo chiamati ad abbracciare la croce”.
Infine, prima di soffermarsi in preghiera davanti alla Grotta di Lourdes, il Papa ha affidato “alla materna intercessione della Madonna la Chiesa e il mondo intero”.
Eretta nuova diocesi in Brasile
◊ Benedetto XVI ha eretto la diocesi di Naviraí (Brasile), con territorio dismembrato dalla diocesi di Dourados, rendendola suffraganea della chiesa metropolitana di Campo Grande. Il Papa ha nominato primo vescovo della nuova diocesi di Naviraí padre Ettore Dotti, attualmente parroco della parrocchia Bom Pastor nella diocesi di Serrinha. Padre Ettore Dotti è nato il 1° gennaio 1961 a Palosco (Bergamo), Italia. Entrato nella Congregazione della Sacra Famiglia di Bergamo, ha emesso i voti religiosi il 19 marzo 1993. Dopo gli studi preparatori nella sua città natale (1967-1974), ha compiuto gli studi di Filosofia presso il Seminario vescovile di Brescia e quelli di Teologia presso il Seminario vescovile Giovanni XXIII di Bergamo (1988-1994). Il 28 giugno 1994 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Nel 1995 è stato inviato missionario in Brasile, dove ha ricoperto i seguenti incarichi: vice formatore, economo e vicario parrocchiale in Itapeví, nella diocesi di Osasco, nello Stato di São Paulo (1995-1996); superiore locale, maestro dei novizi e rettore del Seminario della Congregazione in Itapeví (1997-1998); superiore, maestro dei novizi e rettore del Seminario della Congregazione in Peabiru, nella diocesi di Campo Mourão, nello Stato di Paraná (1999-2002 e 2007-2009); superiore e maestro dei novizi a Curitiba (2003-2005); amministratore parrocchiale della parrocchia São Gabriel Arcanjo e São Sebastião a Ivailândia, diocesi di Campo Mourão (2005-2007). Dal 2010 è parroco della parrocchia Bom Pastor in Serrinha, nell’omonima diocesi, nello Stato di Bahia.
Il nunzio a Parigi: Asia Bibi sia rimessa in libertà
◊ La figlia e il marito di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte in Pakistan per blasfemia, si trovano in questi giorni in Francia, dove hanno incontrato autorità religiose e civili. Ieri a Parigi, il nunzio apostolico in Francia, mons. Luigi Ventura, ha espresso loro la vicinanza del Santo Padre. Su questo incontro ascoltiamo lo stesso mons. Ventura, intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. – Ho espresso soprattutto la preghiera del Santo Padre, consegnando un Rosario benedetto dal Papa, li ho rassicurati, ho ripetuto quello che Benedetto XVI aveva detto nell’udienza del mercoledì di novembre, quando aveva espresso la preoccupazione per la difficile situazione dei cristiani in Pakistan e aveva assicurato la sua prossimità alle vittime della violenza e della discriminazione. Ho quindi sottolineato questa vicinanza spirituale del Santo Padre ad Asia Bibi per la famiglia, auspicando che le sia data la libertà.
D. – La vicenda di Asia Bibi, condannata a morte in Pakistan per blasfemia, ripropone anche la contrapposizione tra le spinte del fondamentalismo e il diritto alla libertà religiosa...
R. – Il caso è emblematico. E’ un caso personale, che coinvolge le persone, ma è anche un caso simbolico per i valori che devono trovare spazio per affermarsi. In Pakistan c’è una situazione di legge imposta, però ci sono delle forze, delle realtà che sono dinamiche, che stanno lavorando per l’evoluzione della situazione. La famiglia stessa di Asia Bibi riconosce che tra i musulmani ci sono persone che sono a favore dell’amicizia, del rispetto, della solidarietà, di questa relazione umana più fraterna e rispettosa, ma che al contempo ci sono anche dei radicalismi e dei fanatismi che sono duri da estirpare.
D. – Fanatismi difficili da estirpare anche se la difesa della libertà religiosa è un valore ed un principio per molti musulmani...
R. – I familiari di Asia Bibi mi dicevano che nell’incontro con l’imam della moschea di Parigi lo stesso imam li ha confortati citando questa frase del Corano: Dio non vuole la morte, ma salvando una persona si salva l’umanità. In questo senso, aveva espresso anche lui lo stesso auspicio di libertà religiosa per tutti. C’è, quindi, la via per lavorare per la soluzione di questo caso che è molto importante, perché la libertà religiosa è legata ad ogni altra libertà.
D. – L’auspicio, dunque, è che si possa passare, percorrendo questa via, dalla solidarietà, dalla preghiera, dalla vicinanza ad un cambiamento concreto...
R. – Credo che questo faccia parte di una coscienza e di una maturazione di coscienza, ed è senz’altro utile alla sensibilizzazione. Quelli che sono i sentimenti devono diventare anche azioni politiche. (vv)
La procura di Roma dispone il dissequestro di un deposito dello Ior
◊ In Italia, il procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi e il pm Stefano Rocco Fava hanno disposto il dissequestro di un deposito dello Ior (Istituto per le Opere di Religione) di 23 milioni di euro su un conto del Credito Artigiano, che lo scorso settembre il gip Maria Teresa Covatta aveva 'congelato' nell'ambito dell'inchiesta che vedeva indagati il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, e il direttore generale, Paolo Cipriani, per violazione della normativa antiriciclaggio. Accogliendo l'istanza presentata il 20 maggio scorso dalla difesa degli indagati, la procura di Roma ha preso atto che negli ultimi cinque mesi "si sono verificati rilevanti mutamenti sul piano normativo ed istituzionale che hanno ridisegnato il contesto entro cui occorre valutare la permanenza o meno delle ragioni poste a base del decreto di sequestro preventivo dei 23 milioni di euro". Il primo aprile scorso – ricordiamo – è entrata in vigore la nuova Legge vaticana sulla prevenzione e il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo, pubblicata il 30 dicembre 2010 assieme alla Lettera Apostolica "Motu Proprio" di Benedetto XVI sullo stesso argomento.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Sulla cima della croce faccia a faccia con Dio: nella catechesi Benedetto XVI ripropone la preghiera come momento di identificazione con Gesù.
Il coraggio della fede nel sì incondizionato di Maria: il Papa alla conclusione del mese mariano davanti alla Grotta di Lourdes in Vaticano.
Alziamo lo sguardo e i sensi verso le porte celesti: in prima pagina, Manuel Nin sull’Ascensione del Signore nell’iconografia di Romano il Melode.
Nell’informazione internazionale, sui rapporti fra Stati Uniti, Afghanistan e Pakistan un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “L’Afpak e la coperta troppo corta”.
Quante sorprese dal Quirinale: in cultura, Raffaele Alessandrini intervista l’archeologo Louis Godart, consigliere per la Conservazione del Patrimonio Artistico del Presidente della Repubblica Italiana.
Quando si respira il soffio della Bellezza: Inos Biffi sull’Ascensione e la dimensione autentica della teologia.
L’ultraromano che credeva nella povertà evangelica: dal libro “La Chiesa croata e il concilio Vaticano II”, stralci del capitolo scritto da uno dei curatori, Emilio Marin, ambasciatore di Croazia presso la Santa Sede dal 2004 al 2011.
Un articolo di Sandro Barbagallo dal titolo “‘Deposizione’ on the road”: nel 1966 Jack Kerouac firmò in via Oslavia con Franco Angeli un Cristo sorretto da Maria e Giovanni.
Prosegue la protesta in Siria nonostante l'aministia annunciata da Assad
◊ Nonostante l’amnistia decisa dal governo siriano per i detenuti politici ed i membri della Fratellanza musulmana, proseguono le rivolte contro il presidente Bashir el Assad. Nella regione centrale di Homs l’esercito prosegue la sua opera di repressione che in tre giorni di combattimenti ininterrotti ha provocato numerosi morti e feriti. Intanto, per discutere del futuro del Paese e di un possibile processo di democratizzazione si è aperta in Turchia la conferenza degli oppositori siriani. Ad Eric Salerno, corrispondente per il Medio Oriente del quotidiano il Messaggero, Stefano Leszczynski ha chiesto qual è il ruolo della Turchia nell’attuale crisi siriana:
R. - La Turchia ha un rapporto molto stretto con la Siria, e la Turchia ha un rapporto importante anche con Teheran: è un Paese che sta cercando di fare da mediatore in tutti i conflitti mediorientali. A questo punto non è chiaro se non sia, tutto sommato, un tentativo del governo turco di arrivare ad una mediazione con Assad.
D. - Potrebbe essere un modo diverso anche per la Nato di esercitare una funzione di mediatore in tutta quest’area così pericolosa da un punto di vista strategico?
R. - Certamente, perché la Nato, che è coinvolta in maniera massiccia anche al di là del mandato concesso dalle Nazioni Unite nella vicenda libica, vuole mantenere quanto meno la stabilità in quell’altra regione, anche se tutti caldeggiano il cambio di regime. Per la Siria, "cambio di regime" non vuol dire necessariamente la fine di Assad, ma vuol dire un altro tipo di governo, un altro tipo di politica, una democratizzazione del Paese.
D. - Allo stesso tempo, all’interno della Siria la situazione appare quanto mai confusa: un’ampia amnistia da parte del regime anche nei confronti dei Fratelli musulmani da un lato, dall’altro le proteste che continuano e vengono represse ...
R. - Il regime siriano ha dato dei segnali molto chiari: non intende cedere ed a questo punto arriva - se ci riesce - a fare delle concessioni. La concessione dell’amnistia è molto importante; è chiaro che dovrà fare anche concessioni politiche di tipo diverso.
D. - Non c’è il rischio che questi gruppi di persone che hanno beneficiato dell’amnistia vadano a rafforzare i ranghi dell’opposizione e, quindi, di coloro che manifestano contro il regime?
R. - Teoricamente è possibile, ma è anche possibile che all’amnistia ci si sia arrivati attraverso qualche tipo d’intesa, anche con le persone che sono in carcere. (ma)
Sahara Occidentale: un popolo dimenticato
◊ La rivolta giovanile che attraversa il Nord Africa ha avuto ampia eco in tutto il mondo. Non altrettanto vale per le rivendicazioni del popolo Sahrawi. Il 10 ottobre scorso, nel Sahara Occidentale, circa 20 mila sahrawi si sono accampati a una decina di km dalla capitale El Aiun (leggi El Aiun), per chiedere al Marocco condizioni di vita più dignitose e la fine delle discriminazioni ai danni della popolazione. Il campo è stato sgomberato un mese dopo dalla polizia di Rabat: è impossibile fare un calcolo preciso delle vittime, ma la notizia ha avuto scarso rilievo sulla stampa internazionale. E’ quanto raccontato da Ahmed Naciri, difensore dei diritti umani dei sahrawi, in conferenza stampa a Roma, presso la sede dell’Associazione Nazionale della Stampa Italiana. Il servizio di Silvia Koch:
“Il caso del Sahara Occidentale dimostra che in sede Onu si usano due pesi e due misure”, è stato detto alla conferenza. Da 35 anni il territorio è occupato dalle forze marocchine, i sahrawi chiedono lo svolgimento di un Referendum per l’autodeterminazione, ma il Marocco è disposto a concedere solo l’autonomia politica e le Nazioni Unite non riescono nella mediazione tra le parti. La missione di pace Minurso è autorizzata a svolgere un monitoraggio sul cessate-il-fuoco, ma non sulla tutela dei diritti umani, come chiesto da Amnesty International, da altre organizzazioni umanitarie e recentemente anche dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Per Luciano Ardesi, giornalista italiano esperto della realtà nordafricana, l’eventuale concessione del voto ai sahrawi minerebbe la stabilità politica stessa del governo marocchino. Oggi i sahrawi si apprestano a sperimentare nuove forme di lotta, anticipa Ahmed Naciri, che ha appena scontato 18 mesi di carcere e maltrattamenti, imprigionato al ritorno dai campi profughi nel sud dell’Algeria, dove vive la sua famiglia. Le motivazioni del suo viaggio in Italia:
R. – (parole in lingua hassanya)
Lo scopo del mio viaggio è quello di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale, chiedendo sostegno. Il secondo per annunciarvi che nel mese prossimo farò un altro viaggio per visitare i miei familiari che si trovano nei campi profughi nel Sud dell’Algeria: la mia grande preoccupazione, così come degli altri attivisti, è che al nostro ritorno, potremmo essere di nuovo messi in carcere.
La speranza di Naciri è di riuscire con queste azioni ad abbattere quel muro fisico ed ideologico che separa in due la popolazione sahrawi al confine con l’Algeria. (mg)
Conferenze episcopali in Europa: a Torino l’incontro sul rapporto tra Chiesa e Islam
◊ Il rapporto tra “Chiesa e islam in Europa”, “la crescita dell’islamofobia” e l’inserimento “delle comunità islamiche nel quadro legislativo dei singoli Paesi europei”. Sono questi i temi al centro dell’incontro, apertosi ieri a Torino e in programma fino a domani, tra i delegati delle Conferenze episcopali in Europa responsabili per i rapporti con i musulmani. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Aprendo l’incontro, il cardinale Jean–Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e vice presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), ha ricordato che “molti Stati cercano di entrare in dialogo con le differenti comunità musulmane”. “Ma questo sforzo si confronta oggi con una serie di tensioni etiche, nazionali o ideologiche che attraversano queste comunità musulmane”. Il populismo che ha “il vento in poppa in alcune elezioni europee” – ha aggiunto il porporato – si accompagna spesso, anche tra le comunità cristiane, ad un “movimento di rigetto” che unisce tra loro il rifiuto dell’immigrazione e quello dell’islam. L’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha sottolineato come le ideologie dei movimenti o dei partiti, nei diversi Paesi europei, usino l’islamofobia come “reagente della loro riuscita elettorale”. Resta il non facile compito – ha spiegato il presule – “di pensare, o ri-pensare, il quadro legislativo di convivenza pacifica delle religioni nei diversi Paesi dell’Unione Europea”. E’ compito di uno Stato laico – ha affermato infine mons. Duarte Da Cuhna, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa – garantire che “le religioni e le persone abbiano libertà e sicurezza”. Questo impegno - ha concluso - presuppone “una cultura e una formazione al rispetto per le differenze”.
In Europa, dove i musulmani sono oggi oltre 11 milioni, la convivenza e il confronto non possono prescindere dalla mutua conoscenza. Ma quale è oggi, nell’attuale contesto europeo, lo stato del dialogo tra cattolici e musulmani? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al segretario della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale regionale Piemonte – Valle d’Aosta, don Andrea Pacini:
R. - In Europa il dialogo tra cattolici e musulmani è particolarmente attivo a livello più organizzato, in particolare, in Francia. In altri Paesi non ci sono incontri di carattere formale ma si tratta, piuttosto, di rapporti che si sviluppano in particolare a livello diocesano miranti a favorire una convivenza locale, almeno sul piano di una mutua conoscenza in una prospettiva di costruire una convivenza di tipo armonico.
D. - Dunque un dialogo basato su una mutua conoscenza. Ma come viene percepito oggi l’islam nei vari Paesi europei?
R. – Io credo che in generale, all’interno dell’Europa, ci siano discrete possibilità per conoscere l’islam sia attraverso i canali universitari sia attraverso lo sforzo della Chiesa perché uno degli obiettivi degli uffici delle varie Conferenze episcopali è proprio quello di promuovere la conoscenza dell’islam nella maniera più adeguata e realistica possibile. Naturalmente, rimane poi la questione di quanto questi sforzi possano incontrare interferenze nell’opinione pubblica o di altre letture, più di carattere ideologico, che possono dare anche disinformazioni.
D. – A proposito di questa possibile distorsione dei messaggi che arrivano anche attraverso le immagini di violenze che spesso vediamo oltre il Mediterraneo, come arginare questo rischio che negli europei possa nascere un senso di paura, di intolleranza?
R. – La grande questione è quella di avere un supplemento di cultura che, per un verso, non neghi l’oggettiva pericolosità di queste frange dell’islam radicale attive a livello internazionale e che, per l’altro verso, non cada nell’identificazione di ogni singolo musulmano con queste espressioni che, per quanto reali, sono però anche circoscritte a gruppi particolari.
D. – Come Chiesa cattolica e comunità musulmana insieme si possono rapportare agli Stati e alle istituzioni europee per costruire la cultura della convivenza?
R. – Credo che sia soprattutto a partire da un impegno concreto su iniziative di promozione umana, caritativa, di valori condivisi, che sia importante che le comunità cristiane e quelle musulmane possano dare prova di questa condivisione di valori comuni. Patrimoni che si iscrivono, più in generale, anche all’interno dei valori fondamentali delle società europee in cui entrambe vivono. (bf)
Immigrazione: l'esperienza della Germania al centro di un incontro nella sede della Radio Vaticana
◊ Ultimo incontro ieri, nella sede della nostra emittente, del ciclo “ Immigrati a Roma” organizzato da Caritas diocesana, Camera di Commercio e Provincia di Roma e promosso dal Dossier Statistico Immigrazione e dalla Cna. Nel percorso di prossimità tra Paesi uniti dal fenomeno migratorio, il tema è stato “Italia -Germania. Esperienze di integrazione”, introdotto dal direttore generale della Radio vaticana, padre Federico Lombardi. L’incontro ha offerto dati e prospettive importanti. Il servizio è di Gabriella Ceraso:
Sin dal 1952 la Germania vanta un grande passato migratorio ed è attualmente il più grande Paese d’immigrazione, in Europa, con oltre sette milioni di cittadini stranieri, contro i poco più di quattro dell’Italia. “Questa storia ci ha insegnato molto”, spiega Dagmar Feldgen, addetta sociale dell’Ambasciata di Germania:
“Abbiamo imparato che non basta più scommettere sul mondo del lavoro. Soprattutto abbiamo riconosciuto, con la legge sull’immigrazione, che noi siamo un Paese di immigrati. Da allora, c’è un piano nazionale per l’integrazione trattato ai livelli politici più alti. Nel frattempo, si è compreso ampiamente che l’integrazione non può essere disposta dall’alto”.
La città di Mannheim, col 30 per cento di stranieri presenti, è l’esempio di integrazione illustrato in giornata, basato soprattutto sullo sforzo di creare un senso di appartenenza nei nuovi arrivati. E’ l’esperienza di Giacomo Salmeri, coordinatore Cna a Mannheim da 11 anni:
“Una persona che adesso decidesse di andare a vivere in Germania avrebbe come primo aspetto relativo all’accoglienza la possibilità di imparare il tedesco gratuitamente e poi ci sarebbe la possibilità di orientarsi nella città dove si è deciso di vivere. Non è obbligatorio frequentare i corsi: questa è solo un’offerta che viene data tra le tante, come ad esempio i progetti per aiutare la carriera scolastica dei ragazzi, per aiutare i disoccupati, per acquisire una qualifica nel mondo del lavoro. La Germania ha cercato di imparare dagli errori commessi, di recuperare un rapporto paritario di dialogo con i migranti. Credo che questa possa essere una strada importante da percorrere anche per l’Italia”.
Modelli unici per l’integrazione non esistono. In Germania, come in Italia, tuttora esistono delle difficoltà, soprattutto riguardo le nuove generazioni. Appare però evidente – soprattutto per gli italiani – la necessità di fare tesoro delle esperienze positive vissute in Germania. Infatti, l’immigrazione in Italia aumenta ogni anno e in un decennio si raggiungeranno i livelli dei vicini tedeschi. Fondamentale per il successo dell’integrazione in Germania, in tanti anni, è stato l’apporto dei missionari italiani, così come oggi è l’esperienza cristiana dei due Paesi che può costituire un valore aggiuntivo nel contesto europeo delle migrazioni. E’ quanto afferma mons. Giancarlo Perego, direttore generale Fondazione Migrantes:
“Il cristianesimo non è semplicemente un’idea ma è una vita. Quindi le persone che uniscono fede e vita, fede e cultura possono ricostruire anche qualcosa di importante in termini di tutela del lavoro e valorizzazione di alcune esperienze politiche che oggi sono deboli – penso ai ricongiungimenti familiari - in termini di scolarizzazione. Buone prassi che effettivamente possono aiutare a rendere ‘cittadinanza’ e ‘integrazione’ delle parole vere”.
Calcio: nuovo scandalo scommesse
◊ Ennesimo scandalo nel mondo del pallone italiano. Ex calciatori di serie A, calciatori di serie minori ancora in attività, dirigenti, titolari di agenzie di scommesse e liberi professionisti: sono in tutto 16 gli arresti ed una trentina gli indagati per ora, nell’ambito dell’operazione della squadra mobile di Cremona sul calcio scommesse. Le accuse vanno dalla truffa alla frode sportiva: si parla di pianificazione di partite di campionato in serie B e Lega Pro, di calmanti somministrati ai calciatori, “di impressionanti manipolazioni”. Tra i nomi anche quello dell’ex capitano della Lazio, e attaccante della Nazionale, Beppe Signori, ‘leader indiscusso’ della organizzazione, secondo il Gip. Per un primo commento Gabriella Ceraso ha sentito Italo Cucci giornalista sportivo:
R. – Il destino ha voluto che questa vicenda fosse pubblicizzata nel momento in cui si ascoltavano le richieste del pubblico ministero di Napoli a proposito dello scandalo di calciopoli. Il primo commento può essere solo che il calcio non impara mai, non c’è sentenza che lo turbi, non c’è scandalo che lo pieghi e tra l’altro sopravvive anche brillantemente alle proprie malefatte. Quindi, niente di nuovo. Un grave sconforto da parte di chi nel calcio crede. Probabilmente una discreta indifferenza da parte degli addetti ai lavori, e infine un turbamento per gli appassionati che ormai dal calcio si aspettano di tutto e di più.
D. - Lei dice “niente di nuovo” perché chi è del settore sa che esistono queste cose, una realtà che c’è…
R. – Questa mattina, appena avuta notizia, tutti mi hanno detto: ma non lo sapevi? Diciamo piuttosto che c’è il radicamento di sospetti che a volte vengono cancellati dai fatti, altre volte vengono confermati da indagini come questa.
D. – Non ci si può arrendere all’idea anche tutto ciò che vediamo o è manipolato o è pianificato…
R. – Guai ad arrendersi! Mi dico tuttavia che forse non è ancora arrivato il massimo livello di malavita nel calcio e forse stiamo ancora vivendo exploit di mascalzoni isolati. D’altra parte il calcio rappresenta, a volte meglio che altri settori, la vita di questo Paese. L’importante è che vi siano indagini serie, condanne serie, in maniera che a qualcuno passi la voglia di fare il truffatore anche in un lato della nostra vita che dovrebbe essere più sereno.
D. – Cosa dire ai tanti, soprattutto ragazzi, che guardano ai giocatori - anche quelli coinvolti, perché i nomi sono eccellenti - come modelli?
R. – Io dico ai ragazzi che i campioni erano quelli che in tempi molto andati rappresentavano nell’agonismo il meglio della società cui appartenevano. Spesso e volentieri noi usiamo questo termine unicamente per brillantezza di piedi o fortuna di testa ma non per particolari virtù umane dei titolari di queste fortune. Non è un caso che si sottolineano le imprese di un ragazzo di 23 anni che si chiama Leo Messi, il quale risulta essere un grandissimo giocatore di calcio, quindi da quel punto di vista un sicuro campione, ma che altrettanto risulta essere dai comportamenti personali: quando uno è così bravo è così serio è così virtuoso e così campione sembra più un personaggio di una favola che della realtà.
D. - Cosa fa male a questo calcio?
R. - Quando il denaro diventa come è diventato il primo oggetto del desiderio, il primo livello dell’attenzione, ci si deve aspettare che dietro al denaro corrano poi altre storie sicuramente meno commendevoli. (bf)
◊ Ha preso il via, ieri, la Missione Mariana del Rosario negli Stati Uniti per accompagnare il quadro della Madonna di Pompei nelle parrocchie americane. Fino al 27 giugno la Madonna, infatti, sarà per le strade di New York, Washington e altre città della costa orientale del Paese, per un tempo di preghiera e di evangelizzazione che coinvolgerà non solo gli italiani emigrati, ma l’intera comunità cattolica. A guidare la missione è mons. Carlo Liberati, arcivescovo di Pompei, che, al microfono di Salvatore Cernuzio, ci racconta come è nata questa iniziativa.
R. - Come arcivescovo di Pompei sto assistendo ad un crescendo formidabile della devozione mariana. La gente, il popolo di Dio, i fedeli accedono sempre di più al nostro Santuario, ormai siamo più o meno sui 4 milioni di pellegrini annui. Pompei è rimasta famosa nel mondo per le sue opere di carità: qui sono cresciuti per oltre 80 anni mille orfanelli all’anno dagli asili infantili, fino al momento di consegnarli alla vita e alle professioni. La gente non ha dimenticato - anche all’estero - che qui molti di loro sono cresciuti, sono diventati uomini e donne veri, nella società e nella Chiesa, quindi, gli emigranti degli Stati Uniti d’America hanno richiesto a noi questa missione, per parlare loro del Signore Gesù crocifisso e risorto e la sua Mamma che lo ha generato e che è Madre di tutta la Chiesa cattolica.
D. - Come mai si è sentita la necessità di realizzare questa missione di preghiera e di evangelizzazione proprio negli Stati Uniti?
R. - Perché negli Stati Uniti, soprattutto nella fascia delle diocesi di Newark, Washington, Philadelphia, Brooklyn, ecc. ci sono tantissimi figli dei nostri emigrati italiani che conservano della Madonna di Pompei un ricordo straordinario. Quindi, noi, che siamo stati aiutati per il sostegno delle opere dei nostri orfanelli dobbiamo sentire la gratitudine. Poi, c’è il problema della scristianizzazione del mondo di oggi, dove ogni sacerdote e ogni vescovo, ogni laico impegnato nella vita cristiana si deve sentire collaboratore nella catechesi, nella carità viva. Il nostro è un intento apostolico.
D. - Effettivamente come si svolge la missione?
R. - Noi andremo nelle diocesi e nelle parrocchie che ci hanno già invitato e lì ci sarà non solo la predicazione, ma ci sarà la celebrazione dell’Eucarestia e del Sacramento della Penitenza, come due momenti indispensabili per la conversione e poi la recita del Santo Rosario, perché ci mette attraverso Maria in comunicazione diretta con Gesù e con i misteri della sua vita.
D. - Qual è l’obiettivo, quindi, di questa missione mariana?
R. - Una nuova evangelizzazione. Riportare per mezzo di Maria, la gente, anche quella tiepida, fredda o allontanata dalla Chiesa e dalla pratica cristiana, al Signore Gesù, in modo che nel cristiano ci sia effettivamente un cambiamento di mentalità, che non si faccia travolgere dall’indifferenza, dall’agnosticismo, dal silenzio nei confronti di Dio, perché l’uomo e la donna del nostro tempo non peccano tanto di ateismo; il problema di Dio oggi non si pone più per tanti, che pensano di poter vivere tranquillamente senza il Signore: non c’è più bisogno di un Padre, che ci ha mandato un Figlio, che è morto e risorto per noi e questo Figlio ci conserva l’amore immenso di Dio attraverso lo Spirito Santo e la Madonna intercede per ciascuno di noi e se la lasciamo fare ci prende per mano nel cammino della vita, questo è il nostro scopo! Vogliamo essere Chiesa, evangelizzazione, rinnovamento, non vogliamo più i cristiani pigri, indolenti, assonnati, distratti, vogliamo apostoli nella società di oggi. (ma)
Pakistan. Giornalista ucciso: attivisti e minoranze religiose in piazza per “difendere la verità”
◊ Giornalisti, attivisti per i diritti umani, organizzazioni della società civile, comunità religiose sono scesi oggi in piazza e manifestano davanti alle sedi delle associazioni della stampa, nelle principali città del Pakistan (Lahore, Islamabad, Karachi), per “protestare contro l’impunità e difendere il diritto a dire la verità”, dopo l’uccisione del giornalista pakistano Syed Saleem Shazad. Shahzad, reporter per Asia Times online, è stato rapito due giorni fa e ucciso ieri. Nei suoi articoli aveva denunciato legami fra l’esercito, i servizi segreti (Isi) e le reti integraliste islamiche come Al Qaeda o a gruppi terroristi talebani. Alle manifestazioni di oggi partecipano anche sacerdoti, religiosi e fedeli cristiani, impegnati nella difesa della democrazia e della legalità nel Paese. “Non possiamo tacere la verità. Anche noi continueremo la nostra missione”, dice all’agenzia Fides padre John Shakir Nadeem, direttore di “Radio Veritas” in lingua urdu e Segretario della Commissione per le Comunicazioni sociali in seno alla Conferenza episcopale del Pakistan. “Shahzad lavorava anche per alcune radio pakistane. Il suo lavoro era apprezzabile, era persona onesta e pulita, che ha avuto il coraggio di dire la verità. E’ stato ucciso per aver denunciato realtà nascoste. La sua morte è un chiaro messaggio che giunge a tutti gli operatori dell’informazione e agli attivisti per i diritti umani in Pakistan. E non è l’unica: tante persone come lui sono state uccise. Anche noi di Radio Veritas, la radio della verità, ci uniremo a questa campagna in difesa della verità”. Padre Nadeem assimila l’omicidio di Shahzad a quello di Shahbaz Bhatti: “Il problema è che tutte queste esecuzioni extragiudiziali restano impunite. Anche l’omicidio del ministro Bhatti non ha i colpevoli e nessuno più ne parla. Questa è una malattia seria della democrazia pakistana, che altrimenti resta solo una parola vuota”. Per le minoranze religiose, conclude, “è una questione cruciale, in quanto tocca i diritti fondamentali di ogni persona e l’architettura stessa di uno stato di diritto. Noi continueremo a fare la nostra parte e a proclamare la Verità”. (R.P.)
India: il governo annuncia lo stanziamento di 500 milioni di rupie a favore delle comunità cristiane
◊ Alla prossima finanziaria 2011-2012, il governo del Karnataka stanzierà 500 milioni di rupie (pari a 8 milioni di euro) a favore delle comunità cristiane dello Stato. Lo ha annunciato a una conferenza stampa il Ministro della Giustizia S. Suresh Kumar. L’esponente del governo guidato dal partito ultra-nazionalista Bharatiya Janata Party (BJP), ha precisato – secondo quanto riferisce l’agenzia Eglises d’Asie - che una prima tranche di 35 crore (pari 350 milioni di rupie) sarà destinata a progetti di sviluppo e a borse di studio a favore dei cristiani poveri, mentre i restanti 150 milioni di rupie saranno impiegati per ricostruire i luoghi di culto cristiani distrutti durante le violenze anti-cristiane nello Stato del 2008. L’iniziativa è inedita per il Bjp, noto per la sua ostilità ai cristiani, e per questo è stata accolta con qualche scetticismo da una parte della comunità cristiana, secondo la quale si tratterebbe di un’operazione di facciata per tacitare la richiesta di porre fine alle discriminazioni contro i cristiani nello Stato e per ridare un‘immagine di moderazione al partito di governo, accusato di essere dietro alle violenze anti-cristiane dell’estate del 2008 e a quelle successive. Durante gli incidenti, scoppiati tra l’agosto e il settembre di quell’anno, si contarono oltre 113 attacchi in 29 distretti, mentre negli ultimi tre anni si sarebbero registrati più di cento attacchi contro persone, luoghi o istituzioni cristiane. (L.Z.)
Libia. Il vescovo di Tripoli: "I bombardamenti Nato hanno danneggiato una chiesa copta"
◊ “La Nato ha intensificato i bombardamenti e continua a fare vittime. I missili stanno cadendo ovunque e purtroppo non colpiscono solo zone militari, ma anche civili. La gente a Tripoli soffre, anche se nessuno ne parla”. È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. Il prelato afferma che i bombardamenti di questa notte hanno danneggiato diversi edifici, fra cui una chiesa copta situata a poche centinaia di metri da una caserma militare. Mons. Martinelli spiega che nella città manca il carburante e la popolazione ha paura di uscire di casa; i danni psicologici si aggiungono a quelli materiali provocati dai bombardamenti. Il prelato sottolinea la presenza attiva degli oltre 3mila migranti cattolici filippini, impiegati in diversi ospedali della città e del Paese, che partecipano tutte le settimane alla messa in cattedrale nonostante i bombardamenti. Per il prelato essi “rappresentano il fulcro della comunità cattolica locale e sono una testimonianza di carità e servizio per il popolo libico che soffre”. (R.P.)
Sudan. Mons. Mousa: "colera e malnutrizione uccidono i bambini dell'Abyei"
◊ “Alcuni bambini sfollati da Abyei sono morti per la malnutrizione mentre cresce l’allarme colera” dice all’agenzia Fides mons. Roko Taban Mousa, amministratore apostolico di Malakal, nel sud Sudan, sotto la cui giurisdizione ricade Abyei, la località contesa tra nord e sud Sudan, occupata il 21 maggio dalle truppe di Khartoum. Gli abitanti dell’area sono fuggiti determinando una grave emergenza umanitaria. “La pioggia continua a battere incessantemente l’area aumentando i casi di colera. Medici Senza Frontiera ha inviato delle medicine agli sfollati ma le necessità sono tante” conclude l’amministratore apostolico di Malakal. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) sono oltre 60.000 gli sfollati da Abyei e il loro numero sembra che sia destinato a crescere. (R.P.)
L’Onu: i Paesi in tutto il mondo proteggano, più di quanto fatto finora, i giovani dall’Aids
◊ “Opportunità nella crisi: prevenire l’Hiv dalla prima adolescenza alla giovane età”: il titolo del rapporto congiunto di diverse agenzie dell’Onu: Unicef, Unaids, Unesco, Fondo per la popolazione (Unfpa), organizzazioni del Lavoro (Oil) e della Sanità (Oms), Banca mondiale. Per la prima volta i riflettori accesi su un’età dai 10 ai 24 anni particolarmente soggetta all’infezione. Lo studio individua i fattori di maggior rischio ma anche le possibilità di aumentare la protezione, se "per molti giovani, il contagio da HIV – sottolinea il direttore generale dell'Unicef Anthony Lake - è conseguenza di negligenze, esclusioni e violazioni che non si verificano all'insaputa di famiglie, comunità e leader politici e sociali”. Un'accusa grave che pesa sulle istituzioni e sulle coscienze. Da qui l’esortazione ai leader di ogni Paese a tutti i livelli “a costruire - spiega Lake - una catena di prevenzione per mantenere informati, protetti e sani gli adolescenti e i giovani". E veniamo ai dati del rapporto: è leggermente calata la diffusione dell’Aids, ma l’obiettivo fissato nel 2001 di ridurre entro il 2010 del 25% i contagi tra i giovani è fermo al 12%, meno della metà. Così ancora oggi 2500 giovani contraggono ogni giorno il virus Hiv e in tutto il mondo si stima che i sieropositivi tra 15 e 24 anni siano circa 5 milioni e 2 milioni tra i 10 ai 19 anni, in maggioranza ragazze e giovani donne, oltre 60% sul totale dei contagi, percentuale che supera il 70% nell’Africa sub-sahariana, la regione del mondo più colpita dal virus: 1 su 3 tra i giovani infettati è sudafricano o nigeriano. (A cura di Roberta Gisotti)
Fao: ridurre le perdite post-raccolto è cruciale per la sicurezza alimentare in Africa
◊ Investire nelle tecnologie post-raccolto per ridurre le perdite di cibo potrebbe contribuire notevolmente ad aumentare l'offerta alimentare nell'Africa sub sahariana. È quanto afferma il rapporto Fao/Banca mondiale “Missing Food: The Case of Postharvest Grain Losses in Sub-Saharan Africa”, presentato ieri in occasione di un incontro tra esperti e tecnici dell'area riunitisi per discutere il problema. Secondo il documento - riferisce l'agenzia Sir - le perdite post-raccolto di grano nell'Africa subsahariana sono stimabili attorno ai 4 miliardi di dollari l'anno. “Tutto questo cibo che va perso basterebbe a soddisfare i requisiti minimi nutrizionali di almeno 48 milioni di persone - afferma il vicedirettore generale della Fao Maria Helena Semedo -. Se siamo d'accordo che bisogna sviluppare sistemi agricoli sostenibili che riescano a sfamare 9 miliardi di persone per il 2050, affrontare il problema degli sprechi lungo tutta la catena alimentare deve essere un punto chiave delle future strategie alimentari nazionali”. Secondo le stime del Sistema d'informazione africano sulle perdite di grano post-raccolto, le perdite fisiche di grano prima della fase di lavorazione possono variare tra il 10 e il 20% del raccolto. Solo nell'Africa orientale e meridionale le perdite di cibo sono stimate intorno al valore di 1,6 miliardi di dollari l'anno, circa il 13,5% del valore totale della produzione di grano. (R.P.)
Voci critiche al Vertice di Brazzaviile per tutelare le foreste tropicali in Africa, Asia e America
◊ Riserve e perplessità sono state espresse da esponenti della società civile del Congo in merito al Vertice ad alto livello in corso questa settimana a Brazzaville per la salvaguardia delle foreste tropicali del Congo, dell’Amazzonia e del Borneo-Mekong. “Nessuna organizzazione non governativa impegnata nella protezione delle foreste e delle comunità che vi abitano, è stata coinvolta o inviata a partecipare al Vertice”, ha detto all’agenzia Misna da Brazzaville, Roch Euloge N’Zobo, portavoce della Piattaforma congolese per la gestione sostenibile delle foreste. “Siamo stati molto sorpresi e amareggiati dalla nostra esclusione – ha spiegato – così come dal fatto che nella dichiarazione finale, già reperibile sul sito dedicato al Vertice, sia dedicato poco spazio al coinvolgimento della società civile e quasi nulla alla situazione dei popoli delle foreste”. La foresta del Bacino del Congo è, dei tre bacini presi in esame nel Vertice, quella meno danneggiata dallo sfruttamento industriale dei boschi. “Tuttavia – ha sottolineato N’Zobo – le comunità che vivono nella foresta soffrono molto perché non traggono in nessun modo vantaggio dallo sfruttamento. Tra le richieste della società civile – aggiunge il portavoce ecologista – c’è l’augurio che i politici s’interessino maggiormente a queste comunità e accettino di condividere con esse i proventi dello sfruttamento della foresta”. Una decina di Ong, della Repubblica del Congo, della Repubblica Democratica del Congo, del Gabon, del Centrafrica e del Camerun hanno firmato un comunicato congiunto, nel quale espongono le loro riserve. Accese sono le critiche a soluzioni “basate sul mercato” come quella dei cosiddetti crediti di carbonio, ovvero i meccanismi di scambio e transazioni di crediti di riduzione di gas serra. “Un meccanismo attraverso il quale gli attori inquinanti potranno continuare a inquinare, sdebitandosi grazie alla compravendita di questi crediti” ha sottolineato Roch Euloge N’Zobo. L’obiettivo sulla carta del vertice di Brazzaville, che accoglie capi di stato e di governo ed esperti di una trentina di Paesi dei tre bacini di foreste tropicali, è di preparare un progetto di gestione concertata e sostenibile degli ecosistemi forestali. Secondo gli organizzatori, mira alla creazione di una cooperazione Sud-Sud e Nord-Sud a tutela delle foreste, che possa influire sugli effetti negativi dei cambiamenti climatici e contribuire allo sviluppo dei Paesi che ospitano i bacini. (R.G.)
◊ Si è aperto ieri nella città uruguayana di Rivera, al confine con il Brasile, il XXVI Incontro delle diocesi di frontiera, dedicato quest’anno al tema della droga. Ad organizzare quest'anno la riunione, in corso fino a domani, è stata la diocesi di Tacuarembó. Alla Messa di apertura, celebrata nella parrocchia dell’Immacolata Concezione, hanno preso parte - riferisce l'agenzia Fides - anche autorità locali e membri della Commissione nazionale delle droghe. Presenti ai lavori cinque Vescovi e delegazioni di Argentina, Brasile, Uruguay. Le relazioni guida sono state affidate al responsabile tecnico Santiago Fielitz e a padre Gustavo Larrique. A seguire una tavola rotonda con la presentazione di diverse esperienze sul campo. Gli Incontri delle diocesi di frontiera hanno avuto inizio nel dicembre 1991 nella città di Bella Union, in Uruguay, per iniziativa di due sacerdoti, padre Francisco Barbosa e padre Augusto, allora vicario pastorale della diocesi di Uruguaiana (che si trova in Brasile). Incoraggiati dalla realtà del Mercosur (Mercato comune dell’America meridionale) e dalla consapevolezza che i confini sono linee sempre più sottili, i partecipanti iniziarono a riflettere sulle situazioni comuni che interessavano aree geografiche vicine, anche se appartenenti a Stati e diocesi diverse, con la possibilità di esprimersi liberamente e di impegnarsi per la comune risoluzione dei problemi più urgenti. (R.G.)
Perù: i vescovi auspicano un clima elettorale sereno in vista delle elezioni del 5 giugno
◊ I vescovi del Perù indicano ai fedeli i criteri per la scelta dei candidati a pochi giorni dal ballottaggio delle elezioni del 5 giugno, nelle quali gli elettori sono chiamati a scegliere il prossimo Presidente fra due canditati (Ollanta Humala di Gana Perù e Keiko Fujimori di Fuerza 2011), e i rappresentanti del Congresso della Repubblica. Nel messaggio pubblicato dalla Conferenza episcopale, inviato all'agenzia Fides, i vescovi affermano: "In questo momento decisivo, ribadiamo la disponibilità della Chiesa cattolica - la cui prima responsabilità è di predicare il Vangelo di Cristo morto e risorto; proclamare la difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale, e indicare il valore della famiglia come cellula essenziale della società-, a collaborare per lo sviluppo storico, culturale e morale del Paese, come riconosciuto dalla Costituzione del Perù. In questo senso, non possiamo dimenticare che la Chiesa cattolica ha realizzato, realizza e continuerà a svolgere un ruolo importante di promozione umana in tutti gli strati della nostra società, soprattutto fra i più poveri e nei posti più lontani del territorio del Perù”. Nel loro messaggio i vescovi rivolgono inoltre un appello ai media: "Chiediamo ai giornalisti e ai media d'informare con la massima responsabilità, differenziando la propria opinione dalla obiettività nelle informazioni. Vi invitiamo ad esercitare la libertà d’espressione, nella imparzialità e con trasparenza, cercando la verità, la giustizia e il bene comune”. Alla fine del messaggio, la conferenza episcopale chiede a tutti di vivere un clima elettorale di rispetto, tolleranza e concordia, per facilitare il diritto e il dovere di votare liberamente. Il documento è firmato da: mons. Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo metropolitano di Trujillo e presidente della Conferenza episcopale peruviana, e da mons. Lino Panizza Richero, vescovo di Carabayllo e segretario generale dei vescovi peruviani. (R.P.)
Messico: la condizione di sacerdoti e seminari al centro dell’Assemblea Plenaria dei vescovi
◊ "Non vogliamo essere una Chiesa statica, reazionaria e sorpassata", hanno detto i vescovi durante l'apertura della XCI Assemblea Plenaria della Conferenza episcopale messicana (Cem). In una nota inviata all’agenzia Fides, si spiega che l'Assemblea, che si concluderà il 3 giugno, ha come tema "il sacerdozio e il seminario", sulla base del motto: "La formazione dei discepoli pastori per il Messico di oggi". I partecipanti rifletteranno sulla realtà dei sacerdoti e dei seminari in tutto il Paese, e su come rilanciare con speranza il dinamismo della formazione e della carità pastorale, sempre sotto la guida della Missione Permanente. Durante il primo giorno di lavoro i pastori della Chiesa in Messico hanno osservato che nel contesto di rapidi cambiamenti, influenzati dai processi globali, la Chiesa promuove e difende i diritti delle persone e lo sviluppo di tutti i popoli, assicura il rispetto della vita e la dignità, la condivisione dei valori umani e cristiani. Di fronte a questi cambiamenti, i vescovi sottolineano: "non vogliamo una Chiesa statica, reazionaria e sorpassata, al contrario, in conformità con gli insegnamenti di Papa Benedetto XVI e in comunione con il pensiero dei vescovi latino-americani, ci prepariamo ad offrire maggiore attenzione alle nostre comunità, con la partecipazione opportuna e necessaria, degli agenti pastorali alla Missione Continentale, alla nuova evangelizzazione e alla conversione di ciascuno di noi". (R.P.)
Colombia: un sacerdote eletto leader degli indigeni nella tormentata regione del Cauca
◊ Un sacerdote è stato eletto leader degli indigeni colombiani del Cauca. Protagonista della nomina senza precedenti, riferisce l'agenzia Fides, è padre Jesus Chavez, che già ha guidato comunità e associazioni locali. Ora ha la responsabilità di difendere i territori e le popolazioni di una delle più importanti comunità indigene del suo Paese, come riporta la stampa locale. Le minacce principali arrivano dalla forte presenza di gruppi armati illegali e dal conflitto che continua nel Paese. La regione del Cauca, in particolare è diventata, anche per la vicinanza a Cali, terza città della Colombia, un corridoio vitale per le Forze armate rivoluzionare della Colombia (Farc), gruppo guerrigliero di ispirazione marxista. Proprio le Farc, il 29 maggio scorso hanno fatto esplodere una bomba nella caserma di polizia di Jambalò, paesino della zona, che come quelli vicini è oggetto di continue minacce. Una settimana prima, inoltre un ragazzo di 18 anni aveva perso la vita e 17 persone erano state ferite gravemente in alcuni violenti scontri tra le comunità indigene e quelle afro-colombiane, provocati dalla contesa per alcuni terreni. (D.M.)
Myanmar: le popolazioni colpite dal ciclone ricostruiscono le chiese
◊ Le popolazioni del Myanmar colpite dal ciclone Giri, pur tra le difficoltà, stanno ricostruendo le chiese colpite dal disastro naturale. “Hanno una fede forte, continuano a praticare il culto, a pregare instancabilmente – spiega all'agenzia Fides il vescovo di Pyay, mons. Alexander Pyone Cho – e sono impegnati a ricostruire Chiese e cappelle distrutte dalla tempesta o dalle inondazioni”. Il ciclone Giri aveva colpito lo stato birmano di Arakan nello scorso ottobre, distruggendo oltre 3mila case, mentre altri danni erano stati provocati da inondazioni e frane. “Raccolti e piantagioni – spiega il Vescovo – sono andati distrutti. Interi villaggi sono stati spazzati via”. “La Caritas diocesana di Pyay – prosegue il presule – si è subito attivata per gli aiuti di emergenza, insieme con le Ong. Intendiamo distribuire cibo almeno per un altro mese, fino alla fine della stagione delle piogge”. Mons. Pyone Cho ha da poco concluso una visita pastorale nella zona, che conta 24 mila cattolici (su 9 milioni di abitanti) e 20 parrocchie, di cui 6 in territori remoti o montuosi abitati anche da gruppi tribali. Il vescovo ha tracciato un bilancio del suo viaggio: “Ho incontrato persone semplici ma di fede incrollabile. Sono popolazioni che vivono in aree remote e difficilmente raggiungibili – spiega – vivono di agricoltura e sono vittime indifese dei disastri naturali”. (D.M.)
Belgio: i vescovi pronti a risarcire finanziariamente le vittime di abusi sessuali
◊ La Chiesa cattolica belga accetta di risarcire finanziariamente le vittime di abusi sessuali commessi da esponenti del clero e delle comunità religiose, che non hanno potuto ricevere indennizzi attraverso i tribunali. È quanto afferma una nota diffusa ieri a Bruxelles in risposta alla richiesta formulata dalla speciale Commissione parlamentare sulla pedofilia. ''Coscienti della propria responsabilità morale e dell'attenzione della società nei loro confronti – si legge nella dichiarazione - i vescovi e i superiori religiosi si impegnano a riconoscere le vittime e ad adottare misure riparatrici delle sofferenze subite”. Essi accettano dunque di collaborare con gli esperti della suddetta commissione “all’istituzione di una procedura pluridisciplinare di arbitrato per i reati prescritti di cui i tribunali non possono più occuparsi”. Nella nota i vescovi elogiano il lavoro svolto dalla Commissione presieduta da Karine Lalieux, e si dicono "profondamente toccati", esprimendo "sgomento per i gravi fatti commessi da membri del clero e delle comunità religiose". Riconoscendo che tali atti "hanno causato sofferenze e traumi per le vittime, spesso per molti anni", essi sottolineano "il coraggio delle vittime che sono state testimoni di fatti dolorosi” e si impegnano “unanimemente ad adottare tutte le misure a loro disposizione per evitare che fatti, che tutta la nostra società a ragione deplora, non si riproducano in futuro”. (L.Z.)
◊ Cessazione dell’erogazione dei servizi di assistenza e perdita di numerosi posti di lavoro: è il difficile quadro che emerge per le strutture caritative cattoliche nello Stato dell’Illinois, negli Stati Uniti, dove dal 1° giugno entrerà in vigore l’House Bill 1826: Religious Freedom Protection and Civil Union Act, ovvero la legge sulle unioni civili, anche fra persone dello stesso sesso, che riconosce diritti al pari delle coppie formate tra un uomo e una donna e regolarmente unite in matrimonio. La legge, infatti, non prevede eccezioni per le organizzazioni religiose cattoliche che non potranno rifiutare l’offerta di servizi come quelli volti, per esempio, al sostegno delle adozioni o degli affidi e per questo molte strutture si vedranno costrette a chiudere, nel rispetto dei propri principi di fede. La legge - pur stabilendo nelle intenzioni “la volontà di non costringere le comunità religiose a riconoscere le unioni civili” - di fatto, pone in seria difficoltà l’attività di numerose agenzie e associazioni caritative, provocando anche un’ emergenza lavorativa. La diocesi di Rockford, fra le altre – come riferisce l’Osservatore Romano - ha già annunciato che non fornirà più la cura dei servizi di adozione e di affido, a partire dalla data di entrata in vigore della legge. Nello Stato dell’Illinois, come altrove, le organizzazioni caritative cattoliche coprono spesso gran parte della rete di servizi a favore della famiglia. Nel solo Illinois, almeno il 20% delle adozioni e degli affidi familiari risulta come frutto dell’impegno degli uffici del Catholic Charities. Secondo le stime, negli ultimi dieci anni oltre 3.500 bambini in situazione di profondo disagio sociale sono stati adottati da coppie di sposi o dati in affido a nuclei familiari. Il Catholic Charities, nella sola diocesi di Rockford, fornisce aiuto a 350 famiglie affidatarie. Come accennato, l’entrata in vigore della legge pone a rischio anche molti posti di lavoro. Numerosi collaboratori di agenzie caritative e strutture sanitarie potrebbero restare disoccupati. Il direttore amministrativo del Catholic Charities nella diocesi di Rockford spiega: «I nostri operatori sociali fanno questo lavoro non solo perché è il loro lavoro, ma perché si tratta innanzitutto di una chiamata. Le famiglie alle quali forniscono i servizi rappresentano soltanto un prolungamento del loro impegno a servire l’umanità, quindi è una perdita non soltanto per loro ma anche per tutte le persone che beneficiano dei servizi di assistenza». (R.P.)
Strage dei Gesuiti in Salvador: Tribunale spagnolo emette 20 mandati di cattura
◊ Dopo due anni di indagini, la magistratura spagnola ha riaperto una delle pagine più nere della storia recente del Salvador ordinando l’arresto e l’incarcerazione di 20 militari ed ex militari per la loro presunta partecipazione nell’assassinio di sei religiosi Gesuiti, di una loro collaboratrice e della figlia adolescente nel 1989, durante la guerra civile (1980-1992). Il giudice della ‘Audiencia Nacional’ di Madrid, l’alto tribunale penale spagnolo, Eloy Velasco, ha disposto che le persone interessate dal provvedimento si presentino di fronte alla corte entro 10 giorni. Tra gli accusati figurano gli ex ministri della Difesa salvadoregni Humberto Larios e René Emilio Ponce, quest’ultimo deceduto il 2 maggio, e l’ex colonnello dell’esercito Guillermo Alfredo Benavides. Il sacerdote spagnolo Ignacio Ellacuría, rettore della ‘Universidad Centroamericana José Simeón Cañas’ (Uca), fu ucciso il 15 novembre 1989 in un’incursione dei soldati del battaglione anti-guerriglia Atlacatl, addestrato negli Stati Uniti, nell’ateneo, insieme ai confratelli spagnoli Ignacio Martin Baro, Segundo Montes, Amando Lopez, Juan Ramon Moreno, e al salvadoregno Joaquin Lopez, oltre alla cuoca Elba Julia Ramos e a sua figlia quindicenne Celina Mariceth Ramos. Secondo gli inquirenti spagnoli, i Gesuiti, e in particolare Ellacuría, si stavano adoperando per favorire l’apertura di negoziati di pace tra l’esecutivo, presieduto all’epoca da Alfredo Cristiani con l’appoggio della Casa Bianca, e la guerriglia del ‘Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional’ (Fmln, oggi al governo). Per il giudice Velasco questo fu il principale motivo dell’operazione. Alcuni dei militari coinvolti furono processati nel 1991 per la strage ma la maggior parte furono assolti; con la fine della guerra, nel 1993 arrivò anche un’amnistia che chiuse di fatto il caso, riaperto nel 2009 in Spagna sulla base di una denuncia presentata dalla ‘Asociación Pro Derechos Humanos’ iberica e dall’organizzazione statunitense ‘Center For Justice & Accountability’. Invocando il principio della giurisdizione universale per gravi crimini, la magistratura spagnola ha indagato tra l’altro anche sull’ex-dittatore cileno Augusto Pinochet, ma solo in un’occasione è stato celebrato un processo, quello dell’ex gerarca argentino Adolfo Scilingo, condannato per violazioni e abusi durante l’ultima dittatura militare (1976-1983). (R.P.)
Filippine: storia, cultura e religione necessarie per costruire la pace a Mindanao
◊ La pace nelle Filippine Sud non è solo una questione di “negoziati politici”, ma “necessita di uno sforzo che coinvolga e consideri la storia, la cultura, la religione di tutti gruppi sociali presenti nell’area: cristiani, musulmani e indigeni lumad”: è quanto rimarca in un colloquio con l’agenzia Fides padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), impegnato da 30 anni nel dialogo interreligioso nelle Filippine Sud. Padre D’Ambra, fondatore del movimento per il dialogo “Sislsilah” e del “Villaggio dell’Armonia”, dove vivono insieme cristiani e musulmani, ha organizzato di recente a Zamboanga City un incontro per approfondire “le molteplici prospettive” sul conflitto di Mindanao, la grande isola delle Filippine meridionali dove da oltre trent’anni si registra la ribellione di movimenti islamici. “Non c’ è in ballo solo il negoziato politico fra governo e Moro Islamic Liberation Front (Milf), il maggiore gruppo islamico impegnato nei colloqui di pace con il governo. Occorre soprattutto pensare al contesto culturale, entro cui calare un accordo politico, che contempli le diverse posizioni e sensibilità locali e che faccia progredire dal basso il cammino verso la pace”, spiega il missionario. Padre D’Ambra rileva “un clima favorevole e un vento nuovo, che spira da quando c’è al governo il presidente Benigno Aquino”, ma rimarca le difficoltà esistenti: “la corruzione e la radicata struttura dei clan che imperano a Mindanao possono costituire seri ostacoli”. Il dibattito attuale è incentrato sulle prossime elezioni politiche nella Regione Autonoma di Mindanao Musulmana. Il voto sarebbero fissato nel prossimo agosto, ma il governo intende rimandarlo al 2013 per cercare, in un biennio, di intervenire preventivamente su fenomeni quali la corruzione, il nepotismo, il voto di scambio, il dominio dei clan. Il rinvio, però, non è gradito ad alcuni gruppi e poteri locali. I punti chiave dei negoziati fra Manila e il Milf (l’ultima sessione si è tenuta due mesi fa in Malaysia, dopo due anni di interruzione) sono: la sicurezza, la sovranità sul territorio, l’autodeterminazione, i programmi di sviluppo economico nella regione. (R.P.)
A 100 giorni dall’arresto di un docente, restano sospese le lezioni dell’Università del Malawi
◊ Sono passati cento giorni dal 12 febbraio, quando la Polizia del Malawi ha arrestato Blessing Chinsinga, un professore che aveva parlato degli avvenimenti in Nord Africa, creando un parallelismo con la situazione del Paese africano. Lo riferisce all’agenzia Fides padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano che da oltre 30 anni vive ed opera in Malawi. “Di fronte all’indebito attacco alla libertà di insegnamento accademico sancita dalla Costituzione, da parte della Polizia, i membri dell'Unione dei professori dell'Università (Chanco Academic Staff Union) avevano chiesto le scuse delle autorità” ricorda il missionario. “La risposta è venuta dallo stesso presidente, Bingu wa Mutharika, che ricopre anche la massima carica dell'Università locale, che ha accusato i professori di incitare alla violenza”. Da allora sono passati cento giorni senza che le lezioni siano riprese al campus universitario. “Nonostante la pesante repressione delle manifestazioni e le forti intimidazioni a tutti i livelli, i professori e gli studenti hanno continuato la loro protesta per oltre tre mesi, anche se sanno che pagheranno cara questa sfida. Per loro non ci sarà posto in nessuna istituzione statale e il governo spera solo che il movimento si sfaldi da solo”, spiega padre Gamba. “Senza salari per i professori e con gli studenti presi di mira dalla Polizia, si pensava che la protesta si sarebbe spenta a poco a poco. Il governo ha più volte presentato ricorso alla Corte giudiziaria per espellere i manifestanti dall'Università, senza riuscirci. Ha addirittura pagato alcuni studenti per denunciare all’autorità giudiziaria i loro insegnanti”, ricorda il missionario. “Stranamente non è andata come il governo sperava, perché è cresciuto invece il sostegno da parte di diverse Università di tutto il mondo”. Di fronte alla grave situazione politica, economica e sociale del Paese, padre Gamba afferma che “l'unica speranza resta il ‘vento del Nord Africa’, che possa scendere a sud come movimento di liberazione. La guerra continua della Nato in Libia purtroppo non contribuisce a fare spazio a un'immagine di democrazia e di dialogo. Anche le antiche democrazie dimostrano di usare i mezzi e i modi che più rispondono ai loro interessi”, conclude il missionario. (R.G.)
Le Suore di Santa Brigida festeggiano il centenario di fondazione del loro Ordine
◊ Le Suore di Santa Brigida hanno indetto un triduo di celebrazioni in occasione del centenario di fondazione dell'Ordine del Santissimo Salvatore ad opera della Beata Madre Maria Elisabetta Hesselblad (1911-2011). Domani, alle ore 18.00 è programmata una celebrazione Ecumenica nella Chiesa di Santa Brigida, in Piazza Farnese, a Roma. Sarà presieduta dal cardinal Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Venerdì 3 giugno, dalle 10.30 alle 18.00 si svolgerà sempre a Roma, nel Palazzo della Cancelleria Apostolica, in Piazza della Cancelleria, il Convegno sull’Originalità e la continuità dell'Ordine di Santa Brigida a cento anni dalla Fondazione (1911-2011). Sabato 4 giugno, alle ore 18.30 la Santa Messa Solenne nella Chiesa di Santa Brigida, in Piazza Farnese, celebrata dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Dal 24 al 29 giugno, infine, è previsto un viaggio in Svezia ‘Sulle tracce di Santa Brigida’, organizzato dalla Fondazione ‘Centro Internazionale di Farfa’ del medesimo Ordine del Ss.mo Salvatore di Santa Brigida. La Beata Maria Elisabetta Hesselblad nacque a Fåglavik, in Svezia, nel 1870. Battezzata nella Chiesa luterana, aderì più tardi al cattolicesimo. Seguendo l'esempio della sua connazionale Santa Brigida, si stabilì a Roma presso l'antica dimora della Santa svedese, e intraprese, con l'approvazione dì Papa Pio X, la fondazione dell'Ordine delle Suore del Santissimo Salvatore e di Santa Brigida, sulla base dell’antico Ordine fondato da Santa Brigida nel 1369, il quale aveva subito nel corso dei secoli un lento declino. Madre Elisabetta morì a Roma nel 1957. Rifulse per le virtù religiose ed il suo ardente desiderio di pregare e lavorare per l'unità della Chiesa, specialmente nelle nazioni del Nord dell'Europa. E’ stata beatificata da Giovanni Paolo II il 9 aprile dell'anno giubilare del 2000. L'Ordine del SS. Salvatore di Santa Brigida, guidato oggi dall’abbadessa generale madre Tekla Famiglietti, conta circa 700 religiose, ed è presente oggi in Europa: Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Estonia, Polonia, Germania, Paesi Bassi, Inghilterra,Svizzera, Italia; in Medio Oriente; in Asia: www.brigidine.org/Brigidine/83/0/India.html India, Filippine, Indonesia; in America del Nord: Stati Uniti; in America Centrale: Messico e Cuba. La felice sintesi tra vita attiva e contemplativa ha permesso all’Ordine un equilibrio basato su una grande attenzione alla Parola, nell'esercizio dell'apostolato e nella formazione religiosa, su un cristocentrismo inteso come perno della vita ecclesiale e su una forte sottolineatura della dimensione ecumenica ed eucaristica. (A cura di Giovanni Peduto)
Convocazione nazionale di RnS sul tema “La mia carne per la vita del mondo”
◊ Oltre 15mila persone sono attese alla 34ma Convocazione italiana dei gruppi e delle Comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo (Rns), che si svolgerà dal 2 al 5 giugno a Rimini. Come riporta l'agenzia Zenit, il tema dell’appuntamento sarà “La mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 51b). Il programma delle quattro giornate prevede preghiere comunitarie, liturgie penitenziali, confessioni sacramentali, ma anche testimonianze. Tra gli ospiti attesi, il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la città del Vaticano, il cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme. Il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del pontificio consiglio della Cultura, insieme a padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, sarà tra i partecipanti alla tavola rotonda “Giovanni Paolo II. Un uomo, un Papa, capolavori dello Spirito”, moderata da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Al Beato Karol Wojtyla, sarà dedicata la sessione pomeridiana di sabato 4 giugno, nel 25mo anniversario dell’Enciclica “Dominum et vivificantem”. Durante la Convocazione saranno anche presentati all’Assemblea i neoeletti coordinatori dei Gruppi, delle diocesi e delle regioni per il quadriennio 2011-2014: contemporaneamente all’evento, si svolgeranno anche tre Meeting per giovani e giovanissimi, divisi nelle fasce d’età 3-5 anni, 6-10 anni e 11-14 anni. A proposito dell’incontro, ha dichiarato Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento: “E’ un evento ecclesiale e sociale insieme, un momento di forte coesione spirituale – ha detto - che ricorda a tutti gli italiani, nell’anno del centocinquantenario, come l’unità della Nazione abbisogni sempre più degli ideali e dei valori alti del cristianesimo per la promozione dell’uomo e la protezione dell’umano vivere”. Per quanto riguarda gli aderenti al Rns, ha spiegato poi “ci muove l’idea post-conciliare che è il popolo di Dio, rinnovato dallo Spirito, che deve difendere e diffondere la fede”. “Il cristianesimo - ha concluso – non conosce crisi, e può rappresentare la sola, vera alternativa allo spirito di morte e alla cultura del nulla che serpeggiano nella Storia, solo se ciascun membro del popolo di Dio si lascerà dinamizzare dallo Spirito”. (D.M.)
Yemen: decine di morti nei nuovi scontri tra esercito e milizie tribali
◊ Sono almeno 37 i morti negli scontri della scorsa notte in Yemen: sono andati avanti per ore i combattimenti nella capitale Sanaa tra le forze fedeli al contestato presidente, Ali Abdullah Saleh, e i combattenti sostenitori del capo tribale al-Ahmar. Che cosa differenzia le proteste e le violenze nello Yemen da quelle che si sono avute in altri Paesi? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Francesco Zannini, ordinario di islam contemporaneo al Pontificio Istituto di Studi Arabi e di islamistica, Pisai:
R. - Credo che qui giochino molti fattori che non sono tutti presenti negli altri Paesi. Lo Yemen è un Paese che ha avuto un suo grosso sviluppo, ma che ha mantenuto un assetto tribale tradizionalistico. Quindi, l’elemento tribale è molto forte, anche negli ultimi scontri. All’elemento politico - questa forma di dittatura - reagisce una massa che lotta per i diritti umani, una massa pacifica alla quale si affiancano elementi sia di fondamentalismo islamico che elementi tribali. Ultimamente, sta acquistando sempre più l’aspetto di una guerra civile, più che di una protesta popolare come era negli altri Paesi.
D. - Professore, il ruolo dell’esercito in questa situazione qual è?
R. - Penso che mentre in Egitto - per esempio - il ruolo dell’esercito alla fine è stato in qualche modo fondamentale per approdare a una qualche forma risolutiva, qui non credo che l’esercito abbia le stesse capacità e la stessa indipendenza, in quanto o è asservito al potere, oppure è legato ai vari gruppi tribali. Di fatto, è di uno degli elementi all’interno della lotta, per cui è difficile che possa giocare quel ruolo di mediazione o di soluzione che può aver avuto per esempio in Egitto. (ma)
La Nato estende di altri tre mesi la missione militare in Libia
In Libia, continuano i bombardamenti su Tripoli, mentre la Nato annuncia che la missione militare sarà prolungata di tre mesi. Il servizio di Davide Maggiore.
“Siamo determinati a continuare le nostre operazioni per proteggere il popolo della Libia”, ha dichiarato il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen. “Con questa decisione - ha aggiunto - la Nato e i suoi partner inviano un chiaro messaggio al colonnello Gheddafi”. ll rais, tuttavia, non sembra intenzionato a lasciare il potere: il portavoce del governo ha smentito che nell’incontro di ieri con il presidente sudafricano, Jacob Zuma, Gheddafi abbia parlato di una exit strategy che gli permetta di abbandonare il Paese. Il colonnello ha anzi chiesto ufficialmente alle Nazioni Unite di sbloccare i beni del regime depositati all’estero. Secondo le lettere inviate al rappresentante libico al Palazzo di Vetro, il denaro servirebbe a ottenere cibo, medicinali e benzina: la domanda è stata però respinta. La stessa richiesta era stata formulata dai ribelli di Bengasi, che hanno ricevuto una risposta positiva dall’Italia attraverso Eni e Unicredit. Ieri, il regime ha diffuso una stima dei civili morti dall’inizio dei raid aerei della Nato: sarebbero 718 e oltre 4000 i feriti, mentre il numero dei militari uccisi non è stato reso noto. Ai giornalisti stranieri presenti a Tripoli, però, non sono state presentate prove a supporto di queste cifre, che l’Alleanza atlantica ha seccamente smentito. Intanto, dagli Stati Uniti intanto giunge la preoccupazione concreta sulla possibilità che armi libiche finiscano nelle mani di al Qaeda. Lo ha detto il capo del comando americano per l'Africa, il generale Carter F. Ham.
Iran, uccisa in scontri la figlia di noto dissidente
Una nota dissidente iraniana è morta durante scontri con la polizia a Teheran. Haleh Sahabi, 54 anni, ha avuto un arresto cardiaco durante tafferugli con le forze dell’ordine, secondo quanto riferisce il sito d’opposizione Kaleme. La donna stava partecipando al funerale del padre, celebre esponente dell’opposizione: per essere presente alla cerimonia, le autorità le avevano consentito di lasciare il carcere, dove sta scontando una condanna a due anni dopo essere stata arrestata durante le proteste contro la rielezione del presidente Ahmadinejad, nel 2009.
Iran, Ahmadinejad contestato da 165 deputati
Sempre in Iran, il presidente Ahmadinejad deve affrontare l’accusa di aver violato la Costituzione. Il parlamento ha infatti denunciato alla magistratura la decisione del presidente di assumere l’interim del ministero del Petrolio due settimane fa, dopo un rimpasto di governo. La lettera ufficiale firmata da 165 deputati su 290 è considerata dagli analisti l’ultimo sintomo dei contrasti tra Ahmadinejad e l’ala più conservatrice della sua fazione.
Italia, "sì" della Cassazione al referendum sul nucleare del 12 giugno
In Italia la Corte di Cassazione ha stabilito che il referendum sul nucleare si farà. Ha stabilito infatti che le recenti modifiche apportate dal governo alle norme sull'energia nucleare non precludono lo svolgimento del voto referendario. Il referendum sul nucleare si terrà il 12 e 13 giugno, insieme con i due sulla privatizzazione dell'acqua e a quello sulla norma del cosiddetto legittimo impedimento. In sostanza, la Corte ha accolto l’istanza presentata dal partito di opposizione Pd che chiedeva di trasferire il quesito sulle nuove norme appena votate nel decreto legge omnibus: quindi la richiesta di abrogazione rimane la stessa, ma invece di applicarsi alla precedente legge si applicherà appunto alle nuove norme sulla produzione di energia nucleare (art. 5 commi 1 e 8).
Aiea: esemplare il Giappone a Fukushima, ma sottovalutato lo tsunami
La reazione del Giappone all'incidente verificatosi nella centrale nucleare di Fukushima è stata "esemplare", ma il rischio tsunami è stato sottovalutato. È un passaggio della relazione preliminare del team di esperti dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica (Aiea), dal quale emerge anche la richiesta di un'Authority indipendente. Il Giappone ha sottovalutato i rischi legati allo tsunami in diverse delle 54 centrali nucleari sparse sul suo territorio, ha scritto il team degli esperti Aiea, l'Agenzia atomica dell'Onu, e non solo a Fukushima dove l'11 marzo, dopo il sisma di magnitudo 9.0, si è abbattuta un'onda anomala stimata in circa 15 metri di altezza. La sintesi consegnata al governo di Tokyo è un’anticipazione del rapporto completo da presentare nella riunione del 20-24 giugno in programma a Vienna.
L’Arabia Saudita parla di 16 centrali nucleari entro il 2030
L’Arabia Saudita intende costruire 16 centrali nucleari entro il 2030. Pur essendo uno dei più grandi esportatori di petrolio, il regno wahabita vuole coprire il 20 per cento del suo fabbisogno energetico grazie all’atomo. I primi due reattori, secondo il governo, dovrebbero essere pronti in 10 anni, con un costo di circa 7 miliardi di dollari ciascuno. Dopo il disastro nella centrale giapponese di Fukushima, i Paesi del Golfo sono tra i pochi ad aver manifestato l’intenzione di investire ancora fortemente sull’energia nucleare.
Mladic davanti ai giudici dell’Aja venerdì
Ratko Mladic farà la sua prima apparizione davanti ai giudici dell'Aja venerdì 3 giugno alle 10. Lo ha comunicato il Tribunale penale internazionale (Tpi). Intanto, il procuratore capo del Tpi, Brammertz, ha elogiato il buon lavoro fatto dalla polizia e dalle autorità serbe nella cattura di Ratko Mladic, e ha detto che esprimerà tale soddisfazione nel suo intervento del 6 giugno prossimo al consiglio di sicurezza dell'Onu, nel quale presenterà il suo nuovo rapporto semestrale sulla collaborazione di Belgrado con il Tpi. Ma ha poi dichiarato che Mladic poteva essere arrestato prima e 16 anni di attesa sono un periodo “troppo lungo” per la giustizia. Brammertz ha sottolineato che a Mladic, nel carcere di Scheveningen dove è detenuto da ieri sera, sarà messa a disposizione la migliore e più completa assistenza medica e sanitaria, in modo che possa sostenere al meglio il processo a suo carico.
Germania: sconosciuta l’origine dell’epidemia-killer che sta colpendo anche l'Europa
L'origine dell'epidemia di E. Coli che ha colpito la Germania e si sta rapidamente diffondendo in Europa è ancora avvolta nel mistero e, secondo il ministro tedesco dell'Agricoltura e della Protezione dei consumatori - Ilse Aigner - non si può escludere alcuna fonte di possibile contaminazione. Intervistata dall'emittente televisiva Zdf, la Igner ha difeso la gestione della crisi da parte delle autorità tedesche dopo le critiche lanciate dalla Spagna. In particolare, ha sottolineato che su alcuni cetrioli contaminati provenienti dalla Spagna sono stati trovati patogeni del ceppo Ehec, anche se poi i risultati dei test hanno indicato che non si trattava degli stessi patogeni rilevati nei pazienti. Ad annunciare che probabilmente l'epidemia era legata al consumo di cetrioli dalla Spagna, era stato - la settimana scorsa - il ministro della Sanità di Amburgo, Pruefer-Storcks. Ma la stessa Pruefer-Storcks ha annunciato ieri i risultati dei primi esami, che "scagionerebbero" i cetrioli spagnoli. Finora, si sono registrati 16 decessi.
Il commissario Ue al Mercato interno oggi a Washington
Gli Stati Uniti devono accelerare la riforma delle banche per prevenire vantaggi non corretti degli istituti di credito americani sulle controparti europee. È quanto scrive il commissario europeo al Mercato interno, Michel Barnier, al segretario al Tesoro statunitense, Timothy Geithner. Barnier invita l'amministrazione Obama a premere sull'acceleratore delle riforme e a inasprire le regole, perchè Bruxelles è più avanti rispetto agli Usa in varie aree, dai requisiti di capitale ai limiti ai bonus. Il Financial Times cita la lettera di Barnier datata 27 maggio, in vista dell'arrivo del francese a Washington oggi. L'amministrazione Obama – precisa Barnier nella missiva – ha approvato la riforma di Wall Street, ma non si sta muovendo abbastanza velocemente per attuare le nuove norme. Nella lettera, Barnier mette in evidenza le preoccupazioni europee riguardo all'impegno degli Stati Uniti sugli standard di Basilea 3, con gli Usa che non hanno ancora adottato del tutto Basilea 2.
No della Camera Usa all’aumento del debito senza un piano di riduzione del deficit
La Camera boccia un aumento del debito americano di 2.400 miliardi di dollari. Con un voto simbolico, il cui esito era ampiamente atteso, i repubblicani inviano al presidente Barack Obama un messaggio chiaro: senza un piano di riduzione del deficit, non ci sarà alcun aumento del tetto del debito, ora pari a 14.290 miliardi di dollari. Un limite già toccato ma con le misure d'emergenza messe in campo dal Dipartimento del Tesoro il governo potrà far fronte ai propri impegni fino al 2 agosto prossimo: se entro quella data il Congresso non avrà approvato l'aumento, ci sarà il default con - secondo il Dipartimento guidato da Timothy Geithner - “conseguenze catastrofiche”. La proposta è stata bocciata con 318 voti contrari e 97 favorevoli, distante dalla maggioranza di due terzi necessaria per il passaggio. I democratici definiscono rischioso il “teatrino politico” dei repubblicani, che scommettono che la bocciatura non avrà effetti sui mercati finanziari perchè attesa. Obama incontrerà nelle prossime ore i repubblicani alla Camera sul bilancio e sul piano di riduzione del deficit e del debito.
Seul propone tre round di colloqui con Pyongyang per sbloccare i negoziati
La Corea del Nord ha riferito che Seul ha proposto tre round di colloqui al vertice per sbloccare la situazione di stallo nei rapporti intercoreani. La potente Commissione nazionale di Difesa ha sostenuto, scrive l'agenzia Kcna, che - quando le delegazioni delle due parti si sono confrontate segretamente il 9 maggio scorso - il Sud ha offerto di tenere incontri alla fine di giugno e del prossimo agosto, nonché a marzo 2012, così come colloqui a livello ministeriale. Durante l'incontro del 9 maggio, Seul “pregò con insistenza” il Nord di presentare le scuse per i due attacchi mortali del 2010 contro il Sud, che hanno fatto esplodere la tensione intercoreana. La risposta, come prevedibile, è stata negativa.
Shuttle: rientrato a Cape Canaveral, l'Endeavour non volerà più
E’ atterrato per l’ultima volta prima di essere dismesso lo space shuttle Endeavour questa mattina a Cape Canaveral, in Florida. La navetta della Nasa, con a bordo sei astronauti, tra cui l’italiano Roberto Vittori, ha toccato terra come previsto alle 2.35 ora locale, con un suggestivo atterraggio notturno. Era la penultima missione dell’era Shuttle, un esperimento importante come conferma il presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Enrico Saggese al microfono di Irene Pugliese:
R. – Lo Space shuttle è stato un esperimento importantissimo, perché ha provato a configurare un sistema di rientro, un sistema cioè riutilizzabile più volte. Non ha avuto il successo che meritava nel senso che l’aspettativa era quella di avere almeno 400 voli mentre ne abbiamo avuti soltanto 135, il costo è stato superiore alle attese. Però, la cosa importante è che ha dimostrato che si può creare una sorta di navicella con uomini e con esperimenti a bordo e che questa navicella è una navicella abbastanza sicura. In effetti, abbiamo avuto due grandi disastri, un disastro al lancio e un disastro al rientro, però purtroppo i sistemi di lancio dell’uomo non possono raggiungere la sicurezza totale.
D. - Quali i risultati più importanti raggiunti?
R. – Il fatto di aver fatto partire una collaborazione importante prima tra russi e americani e poi con partner di tutto il mondo, canadesi, europei, giapponesi.
D. – Una missione che ha visto anche un colloquio con il Papa…
R. – E’ stata una cosa veramente emozionante. Innanzitutto, per l’estrema disponibilità mostrata dal Papa che in questa veste storica ha accettato il ruolo di chi pone le domande e non dà le risposte. Le domande sono state estremamente interessanti e le risposte altrettanto importanti. Credo che il fatto che gli astronauti abbiano detto al Papa che vedono la terra come un elemento delicato fragile, che la tecnologia deve in qualche modo proteggere, sia stato un elemento importantissimo.
D. – Qual è ora la sfida spaziale?
R. – Dobbiamo riconquistare la voglia di cooperare anche con la Cina, anche con altri Paesi, in maniera tale che quando si pensa alla prossima generazione tutti siano presenti. Dobbiamo pensare poi a una navicella che possa viaggiare, che possa proteggere gli abitanti e che possa in qualche modo assisterli nei loro viaggi, viaggi che possono essere anche lunghi e quindi anche proteggerli quando andremo fuori della magnetosfera, fuori della zona della terra in cui la protezione dai raggi cosmici è ancora efficace. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Davide Maggiore)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 152