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Sommario del 19/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al Pontificio Collegio Filippino: cogliete ogni opportunità per crescere nella fede
  • Altre udienze e nomine
  • Beatificazione di Giovanni Paolo II. Il maestro delle cerimonie pontificie, mons. Marini: la venerazione dei fedeli avverrà davanti al feretro in San Pietro
  • Presentato al Papa l'Annuario Pontificio 2011: cattolici in aumento nel mondo, la metà vive in America
  • Patti Lateranensi, cerimonia all'ambasciata italiana. Il presidente Napolitano annuncia la partecipazione del Papa ai festeggiamenti per il 150.mo dell'unità d'Italia
  • Malati e Chiesa: l’editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mondo arabo in fiamme, l'Europa latita. L'opinione di Federiga Bindi
  • Il vescovo di Tunisi ricorda il sacerdote polacco ucciso ieri a Manouba
  • Il cardinale Péter Erdő: i responsabili dell'Europa difendano le diverse confessioni cristiane
  • Presentato ieri alla Lateranense il volume “Custodi e interpreti della vita – attualità dell’enciclica Humanae Vitae”
  • Il commento al Vangelo della domenica del teologo padre Bruno Secondin
  • Chiesa e Società

  • Haiti: la ricostruzione non decolla e la popolazione vive nell’insicurezza alimentare
  • Pakistan: nel Punjab, Sherry Rehman non verrà processata per blasfemia
  • India: digiuno e sit-in di vescovi e fedeli contro un falso rapporto sulle violenze in Karnataka
  • Nel Tamil Nadu ucciso un sacerdote per poche rupie da un giovane che aiutava
  • Sostegno dei vescovi canadesi all'afghano condannato a morte per essersi convertito
  • Onu: messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata mondiale per la giustizia sociale
  • Vescovi del Celam: "Lo sviluppo umano deve essere sempre al servizio della dignità dell'uomo"
  • Guatemala: Lettera dei vescovi sulla giustizia, fondamento della convivenza umana
  • Venezuela: sostegno del cardinale Urosa allo sciopero degli studenti per il rispetto dei diritti umani
  • Messico: appello alle istituzioni di mons. Botello dopo le violenze ad Oaxaca
  • Brasile: i vescovi criticano il "degrado morale" della tv e dei reality show
  • Nigeria: appello dei vescovi alla pace in vista delle elezioni di aprile
  • Bangladesh: si è spento mons. Gomes, apostolo degli indigeni Garo
  • Tagikistan: le autorità di Dushanbe vietano la vendita di un fumetto con Gesù
  • Il cardinale O'Connor sulla visita in India di 25 anni fa di Giovanni Paolo II
  • Australia: al via la campagna di solidarietà della Caritas
  • Il Consiglio ecumenico delle Chiese riunito su "I cristiani e le sfide della secolarizzazione"
  • Gran Bretagna: una guida per approfondire la conoscenza del Covenant anglicano
  • Hong Kong: entusiasmo per il pellegrinaggio delle reliquie dei genitori di Teresa di Lisieux
  • Un nuovo servizio per portare la connessione Internet nelle zone remote del mondo
  • Berlino: al Festival del cinema, storia e dramma
  • A Ouagadougou tutto pronto per la XXII edizione del Festival del cinema africano
  • 24 Ore nel Mondo

  • 84 morti in Libia e fermento e scontri in Bahrein, Yemen, Algeria e Gibuti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al Pontificio Collegio Filippino: cogliete ogni opportunità per crescere nella fede

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in Vaticano la comunità del Pontificio Collegio Filippino, in occasione del 50.mo anniversario di fondazione ad opera di Giovanni XXIII. Il Papa si è soffermato sugli aspetti più importanti che devono caratterizzare gli anni di formazione dei giovani sacerdoti, dagli studi teologici al servizio pastorale. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal rettore del Collegio, padre Gregory Ramon D. Gaston. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Cinquant’anni al servizio della Chiesa e del popolo filippino. Benedetto XVI ha elogiato l’impegno del Pontificio Collegio voluto da Papa Roncalli che, in mezzo secolo, ha permesso a centinaia di sacerdoti di tornare nelle Filippine dopo aver perfezionato i propri studi nelle istituzioni e università pontificie presenti a Roma:

    “Let me encourage you, the present generation…”
    Il Papa ha incoraggiato la presente generazione di studenti del Collegio a “crescere nella fede”, “eccellere negli studi” e “cogliere ogni opportunità disponibile per conseguire una maturità teologica e spirituale” così da affrontare le tante sfide future:

    “A complete priestly formation includes not only academic…”
    “Una formazione sacerdotale completa – ha poi osservato – non si esaurisce nell’aspetto accademico”. Gli studenti filippini, ha soggiunto, sono infatti formati anche attraverso “la storia viva della Chiesa di Roma e il luminoso esempio dei suoi martiri” per Gesù Cristo. Ha dunque invitato i sacerdoti a rispondere alla chiamata alla santità. Ed ha auspicato che possano tornare nella loro terra con la consapevolezza della storia della Chiesa di Roma, delle sue radici nel mistero pasquale di Cristo e della sua meravigliosa universalità:

    “While you are in Rome, pastorale necessity should…”
    “Anche quando siete a Roma – ha poi avvertito il Papa – non trascurate la dimensione pastorale”. Ha dunque esortato gli studenti del Collegio a rispondere alle necessità dei più bisognosi, in particolare dei membri della comunità filippina che vive a Roma. Il Papa ha infine voluto sottolineare il suo affetto per il popolo e i fedeli delle Filippine, invocando ogni benedizione per l’amata nazione filippina.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani, nel corso di successive udienze, un gruppo di presuli della Conferenza episcopale delle Filippine, in Visita ad Limina. Nel pomeriggio, il Papa riceverà in udienza il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    In Argentina, il Papa ha nominato vescovo ausiliare di Río Gallegos mons. Miguel Angel D’Annibale, finora vicario generale della diocesi di San Isidro, assegnandogli la sede titolare di Nasai.
    In Guinea Equatoriale, il Pontefice ha nominato vescovo della diocesi di Ebebiyin, il reverendo Juan Nsue Edjang Mayé, finora parroco delle parrocchie di Nostra Signora del Carmen e di Maria Ausiliatrice nell'isola di Bioko.

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    Beatificazione di Giovanni Paolo II. Il maestro delle cerimonie pontificie, mons. Marini: la venerazione dei fedeli avverrà davanti al feretro in San Pietro

    ◊   La veglia di preparazione, la celebrazione della Beatificazione, l’esposizione del feretro del nuovo Beato, la Messa di ringraziamento e la tumulazione in privato della bara. Sono i principali momenti della Beatificazione di Giovanni Paolo II, che la Chiesa proclamerà Beato il prossimo primo maggio. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La Beatificazione di Giovanni Paolo II sarà “un grande evento ecclesiale”, articolato in cinque momenti. Il primo appuntamento è la veglia di preparazione che avrà luogo nella sera di sabato 30 aprile al Circo Massimo. Sarà organizzata dalla diocesi di Roma e sarà guidata dal cardinale Agostino Vallini, vicario generale per la diocesi di Roma. Benedetto XVI si unirà spiritualmente tramite un collegamento video. Il secondo momento – ricorda la Sala Stampa Vaticana – è la celebrazione della beatificazione, domenica primo maggio in Piazza San Pietro. La celebrazione, che sarà presieduta dal Santo Padre, avrà inizio alle ore 10. Subito dopo la cerimonia nella Basilica di San Pietro, davanti l’Altare della Confessione, sarà esposta, fino all’esaurimento del flusso dei fedeli, la bara del nuovo Beato. Il giorno successivo, lunedì 2 maggio, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, presiederà alle ore 10.30, in Piazza San Pietro, la Messa di ringraziamento. Avverrà poi in forma privata nella Basilica Vaticana, presso la Cappella di San Sebastiano, la tumulazione della bara di Giovanni Paolo II.

    La Prefettura della Casa Pontificia ricorda inoltre che per partecipare alla cerimonia di Beatificazione non occorrono biglietti e nessuna persona o ente può pretendere un qualsiasi pagamento, come invece diffuso soprattutto su Internet attraverso improprie offerte. Si ribadisce anche che in occasione di cerimonie pontificie e udienze generali, i biglietti sono sempre gratuiti. Il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi, ha confermato infine che saranno oltre 2,5 milioni i pellegrini e i fedeli che accoreranno a Roma, da tutto il mondo, per la cerimonia di beatificazione di Giovanni Paolo II.

    Sulla cerimonia di Beatificazione del primo maggio ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, mons. Guido Marini:

    R. – La celebrazione di Beatificazione avrà le caratteristiche di ogni celebrazione di Beatificazione, per cui all’interno della Messa ci sarà il momento della proclamazione del nuovo Beato e sarà letta una breve sintesi della vita di Giovanni Paolo II. Il Papa solennemente proclamerà il nuovo Beato, ci sarà lo svelamento dell’immagine, che penderà davanti alla Basilica, dalla loggia centrale, e poi anche la venerazione di una reliquia che verrà portata al momento. Questi sono i momenti del rito di Beatificazione, inseriti all’interno della celebrazione eucaristica.

    D. – Poi, subito dopo la cerimonia, nella Basilica di San Pietro, davanti all’altare della Confessione sarà esposto, fino all’esaurimento del flusso dei fedeli, il feretro del nuovo Beato...

    R. – Sì, è stato deciso in questi termini: la bara contenente le spoglie di Giovanni Paolo II, opportunamente adornata – perché non si potrà vedere il corpo di Giovanni Paolo II – sarà disposta in Basilica, davanti all’altare della Confessione, e lì potranno accedere i pellegrini per una breve venerazione. E’ stato pensato di esporre il feretro del nuovo Beato in Basilica per favorire un clima di raccoglimento e di preghiera, in modo che i pellegrini possano fare questo atto proprio in un contesto autenticamente religioso.

    D. – E poi, proprio in vista della cerimonia di Beatificazione, è opportuno ricordare che per partecipare alla cerimonia non è previsto alcun biglietto...

    R. – Sì, la Prefettura ha comunicato a più riprese, in modo ufficiale, che non vi sarà alcun biglietto per accedere al luogo della celebrazione.

    D. – Quindi, alcune offerte che troviamo su Internet sono assolutamente improprie e vere e proprie truffe?

    R. – Sì, decisamente. Questo è importante metterlo bene in chiaro.(ap)

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    Presentato al Papa l'Annuario Pontificio 2011: cattolici in aumento nel mondo, la metà vive in America

    ◊   Aumentano i cattolici nel mondo, come pure i sacerdoti e i seminaristi, mentre è in lieve flessione il numero delle religiose. Sono i dati principali che emergono dall’edizione dell’Annuario Pontificio 2011, presentata questa mattina a Benedetto XVI dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e dall’arcivescovo Fernando Filoni, sostituto alla Segreteria di Stato per gli Affari Generali. Il dettaglio delle cifre nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Da un miliardo e 166 milioni a un miliardo e 181 milioni. Il nuovo Annuario Pontificio registra questo aumento, in termini assoluti, dei fedeli battezzati nel mondo, tra il 2008 e il 2009. In termini relativi, la crescita dei cattolici si misura nell’1,3%; un dato identico a quello riguardante l’aumento dei vescovi, passati nello stesso arco di tempo da 5002 a 5065. Il continente che più ha contribuito alla crescita dei presuli è l’Africa (+1,8%), seguito da Oceania (+1,5%), Europa (+1,3%), America (+1,2%) e Asia (+0,8%). Anche La popolazione sacerdotale, si afferma, “rimane sul trend di crescita moderata inaugurata nel 2000, dopo un lungo periodo di risultati piuttosto deludenti”. Dal 2000 al 2009, infatti, il numero dei sacerdoti, sia diocesani che religiosi, è cresciuto di un +1,34% a livello mondiale, ovvero si è passaio da poco più di 405 mila a circa 410 mila 600. Restringendo invece l’esame alla “forbice” 2008-2009, l’aumento dei sacerdoti è stato di un +0,34%, in gran parte determinato, si rileva, dalla crescita del clero diocesano – in tutti i continenti eccetto l’Europa – mentre quello religioso, “tranne che nell’Asia e nell’Africa è ovunque diminuito”. Anche il numero dei candidati al sacerdozio nel mondo è lievemente cresciuto, tra il 2008 e il 2009, dello 0,82%, passando da 117 mila unità a 118 mila. “Gran parte” di questo specifico aumento, afferma l’Annuario Pontificio, “è attribuibile ad Asia e Africa, con ritmi di crescita del 2,39% e del 2,20%, rispettivamente”, mentre l’Europa e l’America hanno registrato nello stesso periodo “una contrazione, rispettivamente, dell’1,64% e 0,17%”.

    Cresciuti di oltre il 2,5% anche i diaconi permanenti (dai 37.203 del 2008 ai 38.155 del 2009). La presenza dei diaconi, osserva l’Annuario, migliora in Oceania (+19%) e in Asia (+16%) “a ritmi elevati” e soprattutto aumenta, si osserva, “anche in aree dove la loro presenza è quantitativamente più rilevante”. Anche in America e in Europa, “dove al 2009 risiede circa il 98% della popolazione complessiva dei diaconi”, la crescita è passata dal 2,3% al 2,6%. In “flessione”, invece, i numeri delle religiose professe, passate dalle 740 mila del 2008 alle 730 mila del 2009. “La crisi quindi rimane – riconosce l’Annuario – nonostante l’Africa e l’Asia, dove invece c’è un loro aumento”. Curato da don Pietro Migliasso, Antonio Maggiotto e Giuseppe Canesso, rispettivamente direttore generale, direttore commerciale e direttore tecnico della Tipografia Vaticana, l’Annuario Pontificio 2011 si sofferma anche sulla distribuzione dei cattolici nei singoli continenti, che “differisce notevolmente – si spiega – da quella della popolazione”. In sostanza, nel 2009, in America è stata riscontrata la presenza della metà (49,4%) della popolazione cattolica mondiale. La restante metà è risultata distribuita tra Europa (24%), Asia (10%), Africa (15,2%) e Oceania (0,8%).

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    Patti Lateranensi, cerimonia all'ambasciata italiana. Il presidente Napolitano annuncia la partecipazione del Papa ai festeggiamenti per il 150.mo dell'unità d'Italia

    ◊   Il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ha definito importante la partecipazione della Chiesa ai festeggiamenti per i 150 anni dall’Unità d’Italia. Lo ha detto lo stesso capo dello Stato, ieri sera, al termine dell’incontro tra i vertici della Santa Sede e dell’Italia presso l’ambasciata italiana a Roma. L'inviato, Alessandro Guarasci:

    Dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, un commento senza dubbio positivo al termine del ricevimento ieri sera a Palazzo Borromeo:

    “Un clima di cordialità nelle relazioni tra l’Italia e la Santa Sede. E’ stato molto importante anche l’impegno – fortemente sottolineato anzitutto dalla Segreteria di Stato e dal presidente della Cei – per la partecipazione della Chiesa e anche direttamente in qualche forma del Pontefice, alle celebrazioni del 150.mo dell’Unità di Italia”.

    Il premier, Silvio Berlusconi, si è limitato da aggiungere che è andato tutto bene. Nessuna dichiarazione, ma sorrisi invece, da parte della delegazione della Chiesa, composta tra l’altro dal segretario di Stato vaticano il cardinale Tarcisio Bertone e dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. Dunque, colloqui collegiali, come ogni anno, pensati per celebrare i Patti Lateranensi, firmati nel 1929, e la revisione del Concordato siglata nel 1984, ma che quest’anno sono caduti nell’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia. D’altronde, nelle scorse settimane, i vertici della Conferenza episcopale italiana avevano più volte sottolineato l’apporto dei cattolici all’unificazione del Paese. Ma ieri sera non potevano mancare i temi internazionali: nei colloqui si è infatti discusso anche di Maghreb e Medio Oriente, in questi giorni scossi da rivolte di piazza.

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    Malati e Chiesa: l’editoriale di padre Lombardi

    ◊   In tutto il mondo cresce l’attesa per la cerimonia di Beatificazione di Giovanni Paolo II, il primo maggio prossimo. Uno degli aspetti più luminosi della testimonianza di Karol Wojtyla è stato il modo in cui ha vissuto la sua lunga malattia. Proprio da qui muove la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, sul binomio malati-Chiesa, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Era stato Giovanni Paolo II a volere che la Chiesa celebrasse ogni anno una Giornata mondiale del malato, in febbraio, nel giorno dedicato alla Madonna di Lourdes. La malattia è parte così essenziale dell’esperienza umana da essere necessariamente anche nel cuore di ogni esperienza di fede. Tocca ogni persona, o direttamente nella sua carne e nella sua mente, o nelle persone vicine e care, o nell’ambiente circostante, e coinvolge nel più profondo dell’animo, sfidando l’amore, la speranza, la fede stessa. Gesù Cristo, con la sua attenzione ai sofferenti, con la sua personale passione e morte, è la parola di conforto più credibile per i malati, e così deve cercare di esserlo la Chiesa intera, animatrice di solidarietà e amore in ogni dimensione della comunità umana.

    Ci prepariamo alla Beatificazione di Giovanni Paolo II, grande testimone della malattia vissuta nella fede. Il modo in cui l’ha vissuta – per sé e per noi – è uno dei motivi principali per cui tutti siamo convinti della sua santità. Come Gesù che porta la croce, è anch’egli un grande amico e intercessore per ogni malato. Ma oltre al conforto, c’è l’impegno. Dice Benedetto XVI: “La misura dell’umanità si determina nel rapporto con la sofferenza e il sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e a contribuire perché la sofferenza sia condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Spe salvi, 38). La sofferenza chiama e può suscitare amore. Tantissimo amore. Senza di essa non conosceremmo le profondità dell’amore. Chiediamo di capirlo e di viverlo, per crescere nell’umanità.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Non è un Paese per vecchi: in prima pagina, Carlo Bellieni sul disagio dell'occidente di fronte al malato.

    Tempesta araba: in rilievo, nell'informazione internazionale, i sanguinosi disordini in numerosi Paesi e la condanna, da parte di Obama, delle violenze contro i manifestanti.

    Celebrati, a Palazzo Borromeo, i Patti Lateranensi.

    Che vita insopportabile senza la Rivoluzione: in cultura, Inos Biffi sul volto di Dio che ci svela l'identità del Padre.

    Perché non possiamo non dirci amici: Roberto Pertici sul carteggio tra Benedetto Croce e don Giuseppe De Luca, che abbraccia tre decenni di storia italiana.

    Anticorpi sociali nell'Europa delle banche: anticipazione dell'articolo di Giandomenico Mucci contenuto nel nuovo numero della "Civiltà Cattolica".

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Vi spiego come leggere Ratzinger": un incontro con il cardinale Georges Cottier.

    Sacerdoti intrepidi per affrontare il futuro: nell'informazione vaticana, il Papa al Pontificio Collegio Filippino nel cinquantesimo di fondazione.

    Novità e dinamiche della Chiesa cattolica nel mondo: presentato a Benedetto XVI l'Annuario pontificio 2011.

    Nell'informazione religiosa, il metropolita ortodosso Emmanuel sull'identità cristiana della democrazia europea.

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    Oggi in Primo Piano



    Mondo arabo in fiamme, l'Europa latita. L'opinione di Federiga Bindi

    ◊   L’ondata delle proteste nel mondo arabo e musulmano rischia di provocare un vero e proprio effetto-domino in diversi altri Paesi dell’area. Una delle conseguenze, già ampiamente dimostrata, riguarda l’intensificarsi del flusso di immigrati verso l’Europa. Il commissario europeo agli Affari Interni, Malmstrom, nel rifiutare le critiche arrivate dall’Italia ha ribadito che nei prossimi giorni partirà la missione di pattugliamento del Canale di Sicilia, denominata Frontex. Ma sul ruolo dell’Europa nell’emergenza immigrazione Eugenio Bonanata ha intervistato Federiga Bindi, docente di Integrazione Politica Europea all’Università Tor Vergata di Roma:

    R. – Per la seconda volta, nel giro di 20 anni abbiamo una crisi che potrà avere delle conseguenze importanti nel "cortile di casa", così come furono i Balcani, e per la seconda volta l’Europa è assolutamente impotente. Con la differenza che, questa volta, dovremmo teoricamente avere anche gli strumenti per agire. Quindi, la prima considerazione è che l’Europa manca, non c'è.

    D. – A che cosa possiamo imputare questo ritardo?

    R. – Secondo me, a vari fattori. Intanto, pochi riescono a capire effettivamente cosa succede. Infatti, in prima battuta tanto gli Stati Uniti che gli europei hanno subito avuto il riflesso condizionato di difendere Mubarak. Dopo, quando anche gli americani hanno cambiato posizione, cioè quando dalla posizione alla Clinton si è passati alla posizione di Obama – che è più importante la libertà piuttosto che la repressione – anche nei Paesi del Mediterraneo si è creata molta perplessità: chiaramente, tutti quelli che si reggono perché gli americani li sostengono hanno paura che succeda a loro la stessa cosa che è successa a Mubarak. C’è, dunque, tutta una serie di segnali contraddittori e in questa serie di segnali contraddittori l’Europa non sa come comportarsi.

    D. – Il fronte più caldo sembra essere quello dell’immigrazione. Qualcuno ritiene che la sola missione Frontex non basti per fronteggiare l’emergenza...

    R. – No, assolutamente. E qui viene fuori un punto che l’Italia affermava già da lungo tempo: e cioè che l’immigrazione dal Sud, l’immigrazione clandestina, non è un problema italiano – come ha sempre voluto ritenere in un certo modo l’Unione Europea – ma è un problema comunitario. Il governo italiano ora è riuscito a far mettere all’ordine del giorno del Consiglio Europeo la questione “immigrazione”, ma stiamo parlando di un Consiglio Europeo che si terrà tra un mese e non è che ci si possa permettere di aspettare un mese per agire. Al contrario, bisognerebbe prendere una decisione veloce così come, in fin dei conti, è stata presa sull’operazione antipirateria in Somalia.

    D. – Un tempo si parlava del Patto euro-mediterraneo, quindi questa strategia europea volta al Sud. Che fine ha fatto?

    R. – Il Patto euro-mediterraneo è miseramente fallito. E’ stato prima lanciato dalla presidenza italiana, con l’allora ministro degli Esteri De Michelis, poi fu ripreso dalla presidenza spagnola nel ’94, quindi ripreso in gran pompa da Sarkozy e mai creato. Dopo di che, la presidenza spagnola, l’anno scorso, ha altrettanto fallito miseramente e non se ne è fatto nulla. Il problema è che oggi sarebbe stato uno strumento molto utile. A questo punto, però, poiché non abbiamo più neanche l’interlocutore nel mondo arabo, è impossibile metterlo in piedi in questo momento.

    D. – Forse dipende dal fatto è che Francia e Germania sono poco interessate da questo fenomeno?

    R. – Fino ad un certo punto, perché se cominciasse ad arrivare un’immigrazione pesante, l’Italia sarebbe Paese di transito: una parte si fermerebbe, ma una buona parte andrebbe in Francia e in Germania. Quindi, sarà bene che si rendano conto che saranno investiti anche loro.(ap)

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    Il vescovo di Tunisi ricorda il sacerdote polacco ucciso ieri a Manouba

    ◊   Dura condanna dalle autorità tunisine per l’uccisione a Manouba del sacerdote salesiano polacco, don Marek Rybinski. Il corpo dell’uomo di 34 anni è stato ritrovato ieri nel garage della scuola in cui prestava servizio. Il governo punta il dito contro un “gruppo di terroristi estremisti” e ricorda che la Tunisia è sempre stata un Paese di pacifica coesistenza di culture e religioni. Intanto, intorno ai luoghi di culto cristiani sono state rafforzate le misure di sicurezza. “Nei giorni scorsi i salesiani avevano ricevuto una lettera, firmata con una svastica, in cui si minacciavano gli ebrei e si chiedevano soldi”, spiega il vescovo di Tunisi, mons. Lahham Marun Elias. Paolo Ondarza lo ha intervistato.

    R. – Nessuno se lo aspettava, ma abbiamo saputo dopo l’accaduto che 15 giorni prima, esattamente il 30 gennaio, i padri salesiani avevano ricevuto una lettera di minaccia scritta in francese ed indirizzata agli ebrei, che chiedeva loro i soldi e che diceva che se non li avessero dati, sarebbero venuti ad ammazzarli nella loro casa. Il padre ucciso era l’economo. Per la gente semplice, se non sei musulmano sei ebreo, e la lettera era firmata con una croce nazista.

    D. – In qualche modo lei ritiene ci sia un collegamento tra le proteste, i disordini di questi giorni e quanto accaduto a don Marek Rybinski?

    R. – Ci sarà certamente, ma sarà la polizia a dircelo. Sembra, però, che sia nato in Tunisia un movimento islamista che si indirizza contro tutti i non musulmani. E questi hanno fatto, una settimana fa, una manifestazione davanti alla Sinagoga di Tunisi, dicendo agli ebrei di andarsene perché l’esercito di Maometto stava per arrivare. Il partito islamico di Tunisi ha detto che questi non dipendevano da lui. Ieri sul sito Internet del ministero degli Interni tunisino c’era la condanna dell’atto contro il prete salesiano, che diceva che questi gruppi sono dei fondamentalisti e che andavano condannati.

    D. – I cristiani, in questo momento, si sentono minacciati?

    R . – E’ esagerato dire che tutti i cristiani sono minacciati. La polizia però ha rafforzato la sorveglianza e le guardie davanti alle nostre chiese per un’eventuale protezione.

    D. – Anche perché episodi di violenza tanto cruenta nei confronti dei cristiani non sono …

    R. – Non sono mai capitati in Tunisia.

    D. – Chi era don Marek Rybinski?

    R. – Era un prete polacco salesiano di 33 anni, che era arrivato in Tunisia da tre anni. Appena aveva saputo che cercavano un sacerdote per la Tunisia si era presentato. Aveva appena pubblicato un libro in lingua polacca, dove parlava del suo amore per la Tunisia e per i tunisini.

    D. – Lei ha detto: “E’ stato sgozzato come un agnello di Dio”...

    R. – Non c’è amore più grande che dare la vita per quelli che si amano.

    D. – E’ un martire dei nostri tempi?

    R. – Certo che è un martire!(ap)

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    Il cardinale Péter Erdő: i responsabili dell'Europa difendano le diverse confessioni cristiane

    ◊   Tra i punti di dibattito che da giorni stanno impegnando i partecipanti al Comitato congiunto del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) E la Conferenza delle Chiese europee (Kek), in corso a Belgrado, vi è quello che riguarda l’identità nazionale in rapporto al processo di integrazione europea. La collega Marta Vertse, incaricata del Programma ungherese della Radio Vaticana, ha domandato a uno dei relatori, il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate della Chiesa d’Ungheria, nonché presidente del Ccee, in che modo è possibile conservare l’identità nazionale nei singoli Paesi, in un momento in cui migliaia di profughi e perseguitati bussano alla porta dell’Europa:

    R. – Anzitutto, bisogna dire che di questo argomento si può parlare a diversi livelli. A livello di vita sociale e di vita pubblica ci sono cambiamenti notevoli nella mentalità degli stessi governanti dei singoli Paesi europei e in Germania, in Inghilterra e in Francia si comincia a parlare della sconfitta della cosiddetta “multiculturalità”: anche in questi Paesi, quindi, esiste una cultura nazionale che si vuol proteggere, perché porta in sé diversi valori. Dall’altra parte, c’è poi il diritto inalienabile dei singoli, così come dei profughi, alla loro dignità umana e alla loro libertà di espressione di cultura e di religione. E in questo campo si sta cercando quindi un equilibrio a livello teologico. Ma possiamo dire di più: se noi rispettiamo la biodiversità e consideriamo il mondo creato come prezioso, a maggior ragione dobbiamo rispettare le culture, le singole culture dei popoli, perché esse rappresentano un valore sofisticatissimo, una creazione stupenda di Dio, che va non soltanto rispettata, ma anche sviluppata e protetta. Ci sono naturalmente poi considerazioni più concrete: siamo in Serbia, in un Paese che cerca rapporti con l’Unione Europea, che cerca l’integrazione europea e, allo stesso tempo, è conscia del valore delle proprie tradizioni, della propria cultura, della propria identità. Sicuramente, nei Balcani ci sono situazione complesse, caratterizzate ancora da tensioni. Questo sottolinea ancor di più la nostra responsabilità per la pace e per la giustizia. Per questo, nel titolo della nostra conferenza figura anche la parola pace: la pace all’interno della società, ma anche la pace a livello internazionale.

    D. – Eminenza, lei ha accennato al luogo dell’incontro che è altamente simbolico: Belgrado può fare da ponte fra Oriente ed Occidente non solo geograficamente, ma anche dal punto di vista dell’ecumenismo. Quale contributo concreto vuole dare questo vostro incontro al cammino comune verso l’unità dei cristiani?

    R. – Certamente, visti i fenomeni preoccupanti nel mondo, come la persecuzione sanguinosa dei cristiani in diversi Paesi o gli attentati contro i cristiani in vari Paesi del Medio Oriente – e fenomeni analoghi si presentano anche in altre zone del mondo, come in Nigeria, in Pakistan, in India – è necessario che i cristiani e non soltanto i cattolici dicano una parola chiara e cerchino di proteggere anche la sicurezza e la libertà della religione cristiana e delle persone che appartengono alle confessioni cristiane. Speriamo che i responsabili europei accolgano questa iniziativa e si arrivi ad esprimere una voce chiara nella difesa non soltanto di altri gruppi etnici e religiosi, ma anche in difesa dei cristiani. (mg)

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    Presentato ieri alla Lateranense il volume “Custodi e interpreti della vita – attualità dell’enciclica Humanae Vitae”

    ◊   “Custodi e interpreti della vita – attualità dell’enciclica Humanae Vitae”: s’intitola così il volume che riassume gli atti del convegno tenutosi nel 2008 in occasione del 40.mo anniversario dell’Enciclica di Paolo VI, presentato ieri sera presso la Pontificia Università Lateranense. Al microfono di Roberta Barbi, la curatrice dell’opera, Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, spiega quali frutti si possono cogliere ancora oggi del documento papale:

    “Sicuramente, l’Humanae vitae ha predetto che l’intervento della mano tecnica nella procreazione avrebbe da una parte distrutto il rapporto matrimoniale, il rapporto tra uomini e donne, e dall’altra avrebbe anche indebolito, diciamo così, la filiazione. Dovremmo andare a rivedere le promesse che c’erano state fatte al tempo della rivoluzione sessuale per convincerci ad usare la contraccezione per poi vedere se queste promesse si sono realizzate; se invece non si sono realizzate aveva ragione l’Humanae vitae”.

    Non solo attuale, dunque, ma addirittura più attuale oggi di allora l’Enciclica Humanae vitae, pubblicata il 25 luglio 1968, in piena contestazione sessuale. Riletta a 40 anni di distanza, dimostra come siano ancora impellenti i temi della tutela della vita, dell’amore coniugale e della famiglia fondata sul matrimonio. Con questo documento, Paolo VI si pose come autentico custode della vita. Eppure, allora, l’Humanae vitae venne accolta con diffidenza e alcuni misero in dubbio la competenza della Chiesa in argomentazioni non strettamente legate alla dottrina, sostenendo con forza la separazione tra fede e morale. In che modo difendere ancora oggi la necessità di unione tra fede e morale ce lo spiega il segretario della Congregazione per la Ddottrina della Fede, mons. Luis Ladaria:

    “Dunque, la questione della fede e della morale vanno insieme: noi non possiamo separare la fede dalla morale, perché la fede si manifesta e si realizza poi nella vita quotidiana. Dire che la Chiesa può parlare sulla fede ma non sulla morale è una contraddizione, perché significa separare due cose che nell’uomo non possono essere separate”.

    L’Humanae vitae venne chiamata dai detrattori l’“Enciclica dei no” invece è l’Enciclica dei sì: sì al vero progresso umano, sì alla dignità della donna e dei figli, sì all’amore coniugale, sì alla paternità responsabile, in una parola sì a Dio creatore. Contenuti che oggi la Chiesa con strumenti sempre nuovi continua a comunicare. Anche Benedetto XVI, due anni fa, in occasione del 40.mo anniversario della pubblicazione dell’Enciclica, ribadì che il compito della pastorale matrimoniale e familiare è l’orientamento delle coppie di sposi chiamati a portare nel mondo una testimonianza dell’amore di Dio, come ricorda mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense:

    “La missione di testimonianza è certamente fondamentale: la coppia deve dare testimonianza. Ciò che manca oggi nella società occidentale è proprio una riappropriazione da parte della donna della sua vera vocazione, in specie per quanto riguarda la maternità e la famiglia”.(bf)

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    Il commento al Vangelo della domenica del teologo padre Bruno Secondin

    ◊   Nella settima Domenica del tempo ordinario, il Vangelo presenta il brano di Matteo nel quale Gesù, parlando agli Apostoli dell'amore verso i propri nemici, afferma:

    “Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Spezzare la spirale della violenza, non più giustizia fai-da-te, finirla con l’assurdità del ragionare contrapponendo amici e nemici senza mezze tinte: questo chiede oggi Gesù, proseguendo ancora con il grande discorso programmatico, detto “discorso della montagna”. Non basta regolare il male, bilanciando torti e punizioni, se poi il principio rimane lo stesso, applicato senza amore: chi sbaglia paga! La legge dell’amore che Gesù propone è senza dubbio paradossale, esagerata, radicale: si deve amare e perdonare e basta, fare del bene anche a chi ci odia, a qualsiasi nemico. Potremmo domandarci se Gesù conosce quello che succede, se ha senso realistico o solo sogna una realtà che non esiste. A questo sospetto risponde bene la frase che spiega perché cambiare logica e introdurre altra reazione: “Affinchè siate figli del Padre vostro che è nei cieli”, dice Gesù. Essere figli di Dio vuol forse dire prenderle senza reagire, subire soprusi e angherie, non ristabilire la giustizia violata? Non è questo che vuol dire Gesù: ma entrare in altra logica, quella dell’amore perfetto di Dio, che non si rassegna alla nostra malvagità e durezza di cuore, e ritenta sempre il dialogo e l’incontro con fantasia e pazienza. Solo Dio riesce a comportarsi con questa generosità totale, con una misericordia che largamente perdona, tutto, sempre. Proviamo ad imitare, almeno un pochino, questo nostro Dio.

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    Chiesa e Società



    Haiti: la ricostruzione non decolla e la popolazione vive nell’insicurezza alimentare

    ◊   “È impossibile che nonostante sia stato speso un miliardo di dollari per Haiti, la situazione sia quella che ancora vediamo e che l’epidemia di colera ancora non si riesca a controllare”. É la denuncia di Evel Fanfan, presidente dell’organizzazione Aumohd (Action des Unite’s Motive’es pour une Haiti de Droit), associazioni di avvocati che dal 2002 si occupa della difesa dei diritti umani e civili della popolazione haitiana. Dopo il devastante terremoto, infatti, la situazione nel Paese resta difficile. “Haiti ha bisogno di circa un miliardo di dollari per realizzare i progetti di ricostruzione approvati dalla Commissione ad Interim per la ricostruzione di Haiti”, ha annunciato all’agenzia Fides il primo ministro del Paese, Jean Max Bellerive, durante una riunione con l’ex presidente Usa Bill Clinton, giunto nell’isola in qualità di inviato speciale dell’Onu. I progetti riguardano l'istruzione, la salute, i complessi abitativi, l’energia, la raccolta di detriti, il lavoro, l’agricoltura. Inoltre, secondo una valutazione del ministero haitiano della sanità pubblica e della popolazione, ci sono più di 225 mila persone infettate da colera. Nonostante gli sforzi per contenere l’epidemia, dallo scorso ottobre sono morte più di 4 mila persone, una cifra che, secondo l’ultimo rapporto del Ministero della salute datato 3 febbraio, è destinata ad aumentare. Inoltre, più di tre milioni di haitiani, quasi un terzo della popolazione, vivono ancora in una situazione di insicurezza alimentare. Lo ha denunciato il Coordinamento nazionale per la sicurezza alimentare (Cnsa), precisando che a patire i disagi alimentari non sono soltanto gli sfollati a causa del terremoto, ma anche la popolazione del nordovest e del sud del Paese. Secondo il Cnsa, sono tanti i beni alimentari che hanno subito un notevole incremento di prezzo, il riso è aumentato del 25% negli ultimi mesi. Sicuramente il mercato ha subito le ripercussioni dell’epidemia del colera (molti consumatori e commercianti hanno scartato i prodotti provenienti dalla regione centrale dell’Artibonite, focolaio dell’epidemia), ma è anche vero che alcune terre sono sfruttate da consorzi stranieri per produzioni destinate essenzialmente all’esportazione. (M.I.)

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    Pakistan: nel Punjab, Sherry Rehman non verrà processata per blasfemia

    ◊   Il giudice distrettuale di Multan, città del Punjab, ha respinto la richiesta di accuse per blasfemia a carico di Sherry Rehman, parlamentare del partito di governo Pakistan People’s Party (Ppp). Il tribunale - riferisce l'agenzia AsiaNews - aveva incaricato la polizia di stendere un verbale con le accuse e trovare riscontri alla denuncia presentata da un privato cittadino contro la donna. Tuttavia, gli investigatori non hanno ravvisato elementi a sostegno dell’accusa e ne ha chiesto l’archiviazione. Fonti vicine alla Rehman confermano che resta precaria la sicurezza della donna, sulla quale pendono le minacce di morte degli estremisti islamici. Nei mesi scorsi la Rehman aveva proposto modifiche alla “legge nera”, scatenando le ire dell’ala fondamentalista del Paese. In seguito la donna ha ritirato gli emendamenti, precisando di voler seguire la linea del proprio partito, piuttosto tentennante nel voler cambiare la norma. L’ultimo intervento risale alla scorsa settimana: Yousaf Raza Gilani, premier pakistano, ha “categoricamente escluso” emendamenti dell’esecutivo alla legge sulla blasfemia. Salman Taseer, governatore del Punjab e membro del Ppp è stato invece ucciso nel gennaio scorso per essersi schierato in pubblico contro la legge sulla blasfemia. Il 7 febbraio scorso Fahim Akhtar Gul, commerciante di Multan, ha denunciato Sherry Rehman al tribunale di Multan, con l’accusa di blasfemia. La parlamentare avrebbe usato termini denigratori contro la “legge nera” durante un talk-show televisivo nel novembre 2010, e per questo "va punita proprio in base alla controversa norma". Mehr Nasir Hussain, giudice aggiunto del tribunale del distretto di Multan, ha incaricato i vertici delle forze dell’ordine di aprire un’inchiesta e redigere un rapporto, con le eventuali fonti di prova. Verificati i fatti, il funzionario di polizia Yousaf Khokhar ha chiarito che “la vicenda non rientra nei casi di blasfemia” perché “analizzando da vicino i filmati, non emergono violazioni alla legge”. Accogliendo le verifiche degli investigatori, il giudice ha deciso di archiviare il caso. (R.P.)

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    India: digiuno e sit-in di vescovi e fedeli contro un falso rapporto sulle violenze in Karnataka

    ◊   Migliaia di cristiani in Karnataka danno vita a una manifestazione e a un digiuno per protestare contro un rapporto che negando testimonianze e evidenza scagiona alcune organizzazioni radicali indù nell’attacco di decine di chiese. Al digiuno silenzioso presso il campus dell’università di St Mark, a Bangalore, partecipano 18 vescovi, fra cui l’arcivescovo di Bangalore Bernard Moras. Oltre a digiunare e a manifestare nel sit-in, vescovi, esponenti del Global council of Indian Christians (Gcic) e cristiani del Karnataka presenteranno al governatore e al primo ministro del Karnataka un contro-rapporto, intitolato: “1000 giorni di governo, 236 attacchi e 1000 persone traumatizzate”. Il rapporto della commissione Somasekhar - sottolinea l'agenzia AsiaNews - scagiona il Bajrang Dal e il suo coordinatore, Mahendra Kumar, così come il movimento radicale indù Sangh Parivar. Ma, fanno notare i cristiani, esiste una lista di 56 chiese, allegata al rapporto, in cui vengono indicati gli autori degli attacchi. In 12 casi si parla del Bajrang Dal, in un caso del Sangh Parivar. E Mahendra Kumar, in una sua dichiarazione, ammette il legame fra il Bajrang Dal e il Vhp, una organizzazione radicale indù. Quindi, sostengono i cristiani, non si capisce come il rapporto possa scagionare quei movimenti. Il presidente del Gcic, Sajan K. George, commenta così il rapporto ad AsiaNews : “Un fascio di menzogne, teso a confondere e disinformare la gente. I più di 28 attacchi condotti nell’agosto e nel settembre 2008 in Karnataka erano guidati da estremisti indù, e in particolare dal Bajrang Dal”. Il rapporto Somasekhar è “completamente opposto” alla relazione provvisoria presentata l’anno scorso, che indicava responsabilità sia della polizia che dei leader del partito al governo e dei gruppi nazionalisti indù. Sajan K. George afferma anche che il rapporto Somasekhar cerca di giustificare l’uso eccessivo della forza da parte della polizia contro i bambini e le donne alle chiese di Kulshekara e di Vamanjoor, quando invece “è stata eccessiva e in violazione delle norme prescritte”. (R.P.)

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    Nel Tamil Nadu ucciso un sacerdote per poche rupie da un giovane che aiutava

    ◊   In India è stato ucciso per poche rupie da un giovane che spesso aiutava: padre G. Amalan, 54 anni, segretario della Commissione per la famiglia, nella diocesi di Palayamkotta, in Tamil Nadu (India meridionale), è stato ritrovato morto dal vicario generale della diocesi e dalla polizia il 16 febbraio scorso, nella sua stanza. Gli inquirenti - riferisce l'agenzia Fides - hanno avviato le indagini e accertato che l’autore del delitto è un giovane di 24 anni, che ha confessato ed è stato arrestato. Sembra che il movente sia stata la ricerca di denaro: il giovane, dopo aver colpito il sacerdote, si è allontanato con le poche rupie che padre Amalan aveva con sé. “Siamo profondamente turbati da questo evento” ha detto all’agenzia Fides il vicario generale della diocesi, padre Antonysamy. “La comunità è molto triste. Il colpevole è stato catturato e ora la giustizia umana farà il suo corso. E’ la prima volta – prosegue – che un episodio del genere si verifica nella nostra diocesi, che è molto tranquilla”. Nella diocesi vi sono circa 130mila cattolici, il 6% della popolazione complessiva, che vive in piena armonia con tutti. Non vi sono, informa il vicario, collegamenti con le violenze dei gruppi estremisti indù, estremamente rare qui. Il vescovo, mons. Jude Gerald Paulraj, ha celebrato i funerali del sacerdote il 17 febbraio, elogiandone lo zelo pastorale. Molte coppie hanno testimoniato e ricordato l’opera di padre Amalan in favore delle famiglie. (R.P.)

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    Sostegno dei vescovi canadesi all'afghano condannato a morte per essersi convertito

    ◊   La scelta di una fede religiosa non può mai essere una colpa. E tanto meno può e deve portare alla pena capitale. Per questo i vescovi del Canada sollecitano una mobilitazione internazionale, e in primo luogo del Governo canadese, perché sia fatta salva la vita a Musa Sayed, 45 anni, condannato a morte in Afghanistan con l’accusa di apostasia, in quanto ha abbandonato la religione islamica convertendosi al cristianesimo. In particolare, il responsabile della commissione per i Diritti umani della Conferenza episcopale canadese, l’arcivescovo di Kingston, Brendan M. O'Brien, ha chiesto al Governo del suo Paese — il Canada è presente con 2.800 militari all’interno dell’International Security Assistance Force che, sotto l’egida dell’Onu, offre sostegno al governo locale nella lotta al terrorismo talebano — d’intervenire per evitare la morte del cristiano convertito dall'islam. In una lettera indirizzata al ministro degli Esteri canadese, Lawrence Cannon, il presule richiama infatti l'attenzione su questo particolare «caso» umano e ricorda come la vita di Sayed sia attualmente appesa solo a un esile filo. Convertitosi al cristianesimo tra il 2002 e il 2003 - riferisce L'Osservatore Romano - Musa Sayed — sposato e con sei figli che per motivi di sicurezza hanno dovuto abbandonare il Paese — per quindici anni ha lavorato con il comitato internazionale della Croce Rossa come fisioterapista al servizio di bambini con arti artificiali, presso il centro ortopedico di Kabul. Dalla sua cella nella capitale afghana, lo stesso Musa Sayed, ha scritto una lettera aperta, indirizzata al presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama e ad altri leader internazionali, nella quale vengono raccontate le percosse e i gravissimi abusi a cui è stato sottoposto. «Per favore — è la sua supplica — pregate per me e aiutatemi a uscire subito da questa prigione, altrimenti mi uccideranno». L’arcivescovo O'Brien — a nome dei presuli canadesi — ha chiesto pertanto al proprio Governo di esprimere la «condanna di questa persecuzione religiosa e di intervenire presso il Governo afghano per favorire un atto di clemenza». (R.P.)

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    Onu: messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata mondiale per la giustizia sociale

    ◊   “La giustizia sociale rappresenta ben più che un imperativo etico: si tratta di un fondamento per la stabilità nazionale e la prosperità globale.” Queste le parole del Segretario generale dell’Onu Ban-Ki Moon in vista della “Giornata mondiale per la Giustizia Sociale” che si celebrerà domani 20 febbraio in tutto il mondo. La giornata “rappresenta un invito a tutti i Paesi a intraprendere azioni concrete che diano senso ai valori universali di dignità umana e opportunità per tutti”, perché, “pari opportunità, solidarietà e rispetto dei diritti umani sono indispensabili per sprigionare tutto il potenziale produttivo delle nazioni e dei popoli”. Il tema di quest’anno sarà la protezione sociale, che non riguarda l’80% della popolazione mondiale, che vede le donne particolarmente vulnerabili. “Lo scopo di uno schema di protezione sociale è evidente: nessuno dovrebbe vivere sotto un certo livello di reddito, e tutti dovrebbero avere accesso ai servizi pubblici essenziali come acqua e igiene, sanità e istruzione”. La crisi finanziaria non è ancora terminata e decine di milioni di persone hanno perso il posto di lavoro. Per questo l’Onu si sta sforzando di “garantire l'accesso ai servizi sociali di base, fornire alle persone gli strumenti per produrre redditi dignitosi e rafforzare le garanzie per poveri, persone vulnerabili ed emarginati”. Diciotto politiche di protezione sociale innovative sono state lanciate da un rapporto congiunto dell”Organizzazione Internazionale del Lavoro” e del “Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo”, mentre, “durante la recente sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale, gli Stati membri hanno anche individuato i sistemi di protezione sociale come mezzi per ridurre la disuguaglianza e l'esclusione sociale per il conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio”. Il Segretario generale auspica un’azione decisa della comunità internazionale contro ogni forma di discriminazione religiosa, etnica ed economica e un intervento rapido “per creare un ambiente favorevole all'inclusione sociale e al lavoro dignitoso per tutti”. Ban Ki-Moon conclude: “il perseguimento della giustizia sociale è fondamentale per massimizzare il potenziale di crescita con equità e minimizzare i rischi di disordini sociali. Insieme dobbiamo raccogliere la sfida e garantire che il nostro lavoro per lo sviluppo sostenibile garantisca la giustizia sociale per tutti”. (M.R.)

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    Vescovi del Celam: "Lo sviluppo umano deve essere sempre al servizio della dignità dell'uomo"

    ◊   Si è conclusa con ampio comunicato la riunione dei vescovi membri del dipartimento Giustizia e solidarietà del consiglio episcopale latinoamericano (Celam) che si sono incontrati a Bogotà, in Colombia, dall'11 al 14 febbraio per riflettere sull’odierna realtà sociale della regione. In particolare i presuli si sono occupati dello “sviluppo umano” ribadendo con forza le sue caratteristiche principali: “integrale, solidale e inclusivo”. I vescovi sottolineano la rilevanza della crescita economica degli ultimi anni e al tempo stesso elencano alcune dello loro preoccupazioni sui meccanismi e modalità di questo sviluppo materiale ricordando che “deve essere sempre al servizio della persona umana e della sua dignità”. Tale sviluppo però, scrivono nel comunicato, non ha rappresentato una sconfitta della povertà; anzi, “più di due terzi della popolazione vive in condizione di povertà e al tempo stesso la regione è quella che registra fra tutti i continenti, l’indice più elevato di disuguaglianza sociale”. Si tratta di una realtà in cui “persistono situazioni di miseria inumana” e perciò, oggi più che mai, occorre ribadire “la nostra opzione preferenziale per i poveri” con lo scopo di contribuire a rimuovere le cause di questo fenomeno. Tra queste cause i presuli ricordano la distribuzione ingiusta della ricchezza, l'espatrio dei profitti e le politiche fiscali che penalizzano i più poveri. D’altra parte il comunicato analizza anche altri fattori come la devastazione dell’ambiente, la bassa qualità della vita, le molte libertà per la circolazione dei capitali e le tante restrizioni alla circolazione delle persone. Infine, i vescovi riflettono sul contenuto della democrazia e osservano che ci sono stati progressi nell’ambito della partecipazione, ma ciò non è servito per combattere l’eccesso di concentrazione di poteri in poche mani. Allo stato attuale delle cose i presuli ritengono che occorra dunque lavorare meglio e di più per rendere il modello e il sistema economico più solidale, più giusto e soprattutto più inclusivo poiché, negli ultimi anni, la massa delle persone escluse da molti diritti è cresciuta a dismisura. Fra le chiavi di volta per un successo in quest’ambito i vescovi ritengono che sia decisivo distinguere sempre la società civile dal mercato e dallo stato, per accrescere l’ascolto dei movimenti e gruppi popolari, che rivendicano un proprio ruolo sociale e una propria difesa dei diritti. Ciò sarà sempre, secondo il comunicato, un grande contributo al bene comune che poi, in definitiva, deve essere l’anima dell’intero processo e di ogni sistema economico. Prima di concludere i presuli ricordano le molte e importanti azioni concrete delle diversi comunità ecclesiali nazionali che, con modalità e stile diversi, lavorano con molto impegno in numerosi ambiti sociali, dalle carceri ai giovani senza lavoro, dai quartieri periferici alle università, dalla scuola alle famiglie. (A cura di Luis Badilla)

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    Guatemala: Lettera dei vescovi sulla giustizia, fondamento della convivenza umana

    ◊   La Lettera pastorale della Conferenza episcopale del Guatemala, pubblicata al termine dell'Assemblea plenaria annuale di questo anno 2011, è intitolata "Construir en justicia, inspirados por Dios - El Desarrollo Humano”. Nelle sue 67 pagine propone una visione aggiornata della società del Guatemala e della presenza della Chiesa dinanzi a molte sfide che la stessa società presenta. "C'è un pessimismo dovuto al deterioramento etico e sociale del Paese" scrivono i vescovi nell’introduzione, "ma la fede cristiana ha la forza per realizzare un rinnovamento morale e riuscire in un costruttivo progetto di Paese". Il documento, pervenuto all’agenzia Fides, lancia un appello alla conversione morale e alla possibilità di costruire insieme un futuro umano pieno di senso, con una convivenza sociale solida e una coscienza solidale. Fra gli aspetti che sono in discussione, i vescovi citano: la situazione della famiglia, il degrado ambientale, la mancanza di rispetto per la vita, l'aumento della violenza e della criminalità, la povertà generale del popolo, la corruzione dello stato, la povertà del sistema d'istruzione pubblica. Dinanzi a questa situazione del Paese e della società, i vescovi propongono la centralità della persona umana, con una dignità tale da costituire il fondamento dell’etica sociale cristiana. Per questo è importante difendere i diritti della persona umana. Inoltre sono da considerare come base della società la famiglia e l’esercizio dell’autorità politica orientato al bene comune. L’economia deve cercare lo sviluppo integrale dell’uomo e la sua promozione. “E’ necessario indicare che l'istruzione è la base fondamentale per una partecipazione alla pari nel mondo di oggi. Dal momento che la responsabilità primaria è dei genitori, la famiglia resta il luogo consolidato per la trasmissione dei valori che sono necessari per il benessere e lo sviluppo di tutti quelli che la compongono, come anche per la società stessa” concludono i vescovi. Infine la Lettera presenta l’appello dei vescovi: risvegliare con urgenza la necessaria coscienza morale per affrontare la corruzione e i problemi di tipo economico-finanziario, giuridico, sanitario, educativo, sociale, culturale, ambientale e politico. (R.P.)

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    Venezuela: sostegno del cardinale Urosa allo sciopero degli studenti per il rispetto dei diritti umani

    ◊   Secondo una nota arrivata all’agenzia Fides da Unión Radio, il cardinale Jorge Urosa Savino, Arcivescovo di Caracas, ha espresso il suo sostegno allo sciopero della fame portato avanti da un gruppo di studenti in diversi luoghi del paese. Gli studenti sono in sciopero della fame da 20 giorni, e manifestano presso la sede dell’Organizzazione degli Stati Americani. Giovedì il ministro dell'Interno e della Giustizia, Tareck El Aissami, ha ricevuto il testo con le loro richieste: si sollecita il governo a liberare un gruppo di deputati, a discutere il progetto di legge sull'amnistia e la riconciliazione politica, a prestare cure mediche a un gruppo di prigionieri politici, a non perseguitare chi sciopera. “E' qualcosa di lodevole che tutti noi dobbiamo riaffermare” ha detto il cardinale. “Loro stanno combattendo per i diritti degli altri, come sancito dalla Costituzione. Condivido l'atteggiamento di questi ragazzi, speriamo che le loro richieste siano ascoltate e che ci sia un atteggiamento di promozione e di rispetto dei diritti umani nel Paese”. Il cardinale Urosa Savino ha anche invitato il popolo venezuelano a cercare la pace e l'armonia sociale dinanzi all’ondata di violenza che si sta verificando in tutto il Paese. “Bisogna lavorare duramente per superare l'aggressione e la violenza, bisogna avere un grande senso della fratellanza e della comprensione verso l'altro, mostrare rispetto fra di noi e rispettare ciò che è sacro, come la vita umana” ha detto l’arcivescovo di Caracas ai microfoni di Unión Radio di Caracas. A questo proposito, ha invitato le autorità governative ad affrontare un duro lavoro per contrastare l'insicurezza e la violenza che uccide, e uccide in modo particolare i giovani dei quartieri popolari. (R.P.)

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    Messico: appello alle istituzioni di mons. Botello dopo le violenze ad Oaxaca

    ◊   «Il nostro Paese ha un urgente bisogno di pace sociale. Non possiamo permettere che il Messico sprofondi in un clima permanente di violenza. Quotidianamente la criminalità organizzata segna le nostre città con una terribile sequela di morti e di feriti». Queste le parole dall’arcivescovo di Antequera-Oaxaca, mons. José Luis Chávez Botello all’Osservatore Romano. Dopo i fatti di sangue di martedì scorso ad Oaxaca, la costruzione della pace in Messico rimane una delle priorità della Conferenza episcopale messicana. «Ribadiamo, ha sottolineato il presule, che la violenza genera solo altra violenza. Chiediamo a tutti gli uomini di buona volontà di Oaxaca e del Paese, alle istituzioni pubbliche e private e alle associazioni di contribuire, ciascuno in base al proprio campo di azione, alla costruzione della pace». Mons. Botello ha esortato i governanti a intervenire in maniera più decisa per debellare l'escalation di violenza. «Abbiamo bisogno che le autorità prendano in mano la situazione dimostrando la leadership e la responsabilità in questa lotta, perché si tratta di una vera e propria emergenza per la sicurezza sociale e la sopravvivenza di molti cittadini messicani». Ricordando le parole di Benedetto XVI, l’arcivescovo ha evidenziato l’innegabile contributo che le comunità religiose offrono alla società e «il ruolo costruttivo dei credenti nella vita sociale, nella fede». Si tratta di una testimonianza «quotidiana, concreta, un lievito che promuove al bene, alla convivenza pacifica, alla reciproca accoglienza, alla solidarietà». Sono queste le «armi migliori», certo sostenute da tutte le risorse istituzionali della sicurezza, per rispondere alla «guerra sociale in atto nel Paese». Il presule ha invitato alla riflessione sulle cause più profonde di questo degrado che si manifesta nella tracotanza sanguinosa delle bande criminali. «Oaxaca non può e non deve vivere nella violenza, non deve essere ostaggio di coloro che intendono soffocarla nella minaccia e nella violenza per il proprio tornaconto personale». (M.R.)

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    Brasile: i vescovi criticano il "degrado morale" della tv e dei reality show

    ◊   I vescovi brasiliani puntano il dito contro il degrado morale di alcuni programmi televisivi, soprattutto i reality show. La denuncia è contenuta in una nota, diffusa ieri a conclusione del Consiglio episcopale pastorale che si è riunito a Brasilia dal 15 al 17 febbraio. I programmi di alta “qualità tecnica e innegabile valore culturale e morale”, osservano i vescovi, “vengono offuscati da alcuni programmi, tra i quali i cosiddetti reality show, che attentano alla dignità della persona umana, sia dei partecipanti, affascinati da un premio in denaro e da una fugace celebrità, sia del pubblico e delle famiglie brasiliane”. I vescovi - riferisce l'agenzia Sir - chiedono alle emittenti televisive “una riflessione profonda sui propri compiti e limiti nella vita sociale”, al Ministero pubblico “una attenzione più accurata” e “azioni appropriate” in relazione alla programmazione televisiva, “identificando gli evidenti danni e il mancato rispetto della Costituzione federale (articoli 1, 2 e 3)”. Infine un appello ai genitori e agli educatori, affinché cerchino, attraverso “il dialogo, di formare nei figli e negli alunni il senso critico indispensabile per proteggerli contro tali e immorali abusi”. (R.P.)

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    Nigeria: appello dei vescovi alla pace in vista delle elezioni di aprile

    ◊   Sarà un aprile intenso quello che la Nigeria vivrà prossimamente. Tra due mesi, infatti, il Paese sarà chiamato alle urne per ben tre volte: il 2 aprile si terranno le elezioni legislative, il 9 quelle presidenziali, mentre il 16 gli elettori sceglieranno i governatori dei 36 Stati che formano la Nigeria. In vista di questa importante tornata elettorale, la Conferenza episcopale locale (Cbcn) ha lanciato un appello alla pace ed alla calma, auspicando in particolare che la crisi politica presente in alcune zone non dilaghi in tutto il Paese. In una dichiarazione a firma del presidente e del segretario della Cbcn, mons. Felix Alaba Jon e mons. Felix Femi Ajakaye, i presuli ricordano ai cittadini di “custodire gelosamente la tessera elettorale”, poiché essa rappresenta “l’unico strumento per votare i candidati prescelti”. “A 50 anni dall’indipendenza – continuano i vescovi – la Nigeria merita di scegliere i propri leader”. Poi, la Cbcn richiama l’attenzione sulla difficile situazione che la nazione sta vivendo: “Noi affermiamo che la Nigeria è in grande difficoltà ed è necessario pregare ora più che mai. Dobbiamo continuare a pregare per il rinnovamento spirituale e morale del nostro Paese, così che Dio possa intercedere per noi, per avere elezioni libere, corrette e pienamente riuscite”. Quindi, la Conferenza episcopale esprime il suo apprezzamento alla Commissione elettorale nazionale indipendente per il lavoro svolto nella registrazione degli aventi diritto al voto. A questo proposito, i presuli sottolineano che il gran numero di elettori è un segno di come il Paese sia desideroso di un cambiamento. Infine, i vescovi auspicano un controllo attendibile sulle operazioni elettorali e mettono in guardia i partiti politici dalle critiche eccessive nei confronti degli avversari. (I.P.)

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    Bangladesh: si è spento mons. Gomes, apostolo degli indigeni Garo

    ◊   Lutto nella Chiesa del Bangladesh: si è spento il 17 febbraio, a 80 anni, mons. Francis Anthony Gomes, vescovo emerito della diocesi di Mymensingh. Il presule era da tempo malato e nel 2008 era rimasto paralizzato a causa di un ictus da cui non si era più ripreso. Nato il 30 aprile 1931 a Rangamatia, nell’arcidiocesi di Dacca e ordinato sacerdote nel 1959, mons. Gomes è stato un pioniere dell’evangelizzazione degli indigeni di etnia Garo nella regione situata nella parte nord-orientale del Bangladesh, contribuendo alla sua erezione a diocesi nel 1987, di cui era stato il primo vescovo fino al 2006. Proprio in questa diocesi, tra l’altro, è stato consacrato il primo vescovo adivasi (tribale) del Bangladesh nel 2004. “Mons. Gomes ha promosso lo sviluppo spirituale, dell’educazione e delle infrastrutture tra tribali che erano storicamente gli strati più svantaggiati della popolazione, lottando per i loro diritti sulla terra e politici”, cosi lo ricorda all’agenzia Ucan padre Simon Haccha, parroco di etnia Garo della locale parrocchia di Ranikhong, sottolineando che i cattolici bengalesi non dimenticheranno mai il suo contributo. La regione di Mymensingh conta una presenza cattolica dal XVI secolo, una presenza che ha subito però un’impennata a partire nel 1914, quando cinque pastori battisti chiesero al vescovo cattolico di Dacca l’invio in zona di un parroco. Da quel momento il cattolicesimo ha conosciuto una significativa espansione nell’area, dove è oggi concentrata la maggior parte dei cattolici del Bangladesh, in tutto circa 322mila fedeli su una popolazione di 144 milioni milioni di abitanti.
    (A cura di Lisa Zengarini)

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    Tagikistan: le autorità di Dushanbe vietano la vendita di un fumetto con Gesù

    ◊   Il comitato Affari religiosi del Tagikistan ha vietato la vendita di fumetti rappresentanti Gesù. È successo nella città di Khorog, centro amministrativo della regione di Gorno-Badakhshan, come ha riportato il servizio in farsi della Bbc. Con la motivazione che promuoveva una religione straniera, le autorità hanno confiscato 20 copie del fumetto dal negoziante. Funzionari del comitato - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno poi confermato a Interfax anche la confisca di alcuni dischi musicali a tema religioso sempre a Khorog, ma non hanno aggiunto commenti. Il fumetto era stato traslato in shughni, lingua parlata da circa 250mila tagiki del Pamir; questi sono per lo più musulmani ismailiti, la seconda più grande corrente dell’islam sciita, mentre la maggioranza dei tagiki (85%) è sunnita. Una riforma della Legge sulla religione e le associazioni religiose, adottata dal Tagikistan nel 2009, vieta il proselitismo nel Paese, dove sono presenti circa 80 organizzazioni religiose, la maggior parte cristiane. (R.P.)

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    Il cardinale O'Connor sulla visita in India di 25 anni fa di Giovanni Paolo II

    ◊   Il cardinale Cormac Murphy-O'Connor, di ritorno dall’India, racconta l’impatto della visita di Papa Giovanni Paolo II, avvenuta nel lontano febbraio 1986, sulla popolazione indiana. Incaricato di rappresentare Papa Benedetto XVI alle celebrazioni per il 25.mo anniversario della storica visita di Giovanni Paolo II nella nazione asiatica, l'arcivescovo emerito di Westminster – riferisce l’agenzia Zenit - ha condiviso alcune delle sue esperienze con il programma domenicale della Bbc radio. L'India è “un Paese assolutamente affascinante – ha esordito il cardinale – con un grande rispetto per la religione”. “25 anni fa - ha continuato - Papa Giovanni Paolo II disse alla Chiesa cattolica indiana che rappresentava una minoranza esigua ma importante, perché aveva un ruolo molto speciale da giocare in questo Paese con la sua miriade di religioni”. “Oggi - ha sottolineato il porporato - la Chiesa cattolica in India è fiduciosa, forte e vibrante”. Riflettendo sull'esperienza di seguire le orme del Santo Padre, ha affermato, “ha viaggiato in tutto il mondo incontrando grandi folle, proclamando la sua fede in Gesù Cristo come apostolo del Vangelo”. “La mia visita - ha osservato il porporato - mi ha fatto riflettere sul fatto che era un uomo con una fede immensa e un'enorme resistenza per poter affrontare quelle visite, ma anche un apostolo che voleva mostrare la sua fede al mondo”. Circa la prossima beatificazione del Pontefice, il cardinale ha commentato: “la sua vita è stata molto coraggiosa e santa, è stato un esempio per il mondo”. (M.I.)

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    Australia: al via la campagna di solidarietà della Caritas

    ◊   Al via anche quest’anno la campagna «Project compassion» della Caritas Australiana, che dal 1966 ha come obiettivo quello di combattere la povertà e l’ingiustizia in oltre duecento paesi del mondo, fornendo alle comunità più bisognose gli strumenti, l’istruzione e le infrastrutture necessarie per migliorare le loro condizioni di vita. L’iniziativa, che coincide con il tempo quaresimale, partirà l’8 marzo e continuerà per i successivi quaranta giorni. Non solo una raccolta di fondi, riporta l’Osservatore Romano, ma anche un richiamo a una maggiore consapevolezza della necessità di sostenere con ogni mezzo l’impegno di solidarietà verso il prossimo più bisognoso e vulnerabile, in qualsiasi parte del mondo si presenti un’emergenza. «Sensibilizzare gli australiani a offrire un contributo per migliorare le condizioni di vita delle persone più vulnerabili è una priorità», ha scritto l’arcidiocesi di Sydney in un comunicato. Nel 2009, in seguito alle piogge torrenziali che hanno colpito le Isole Salomone, Caritas Australia ha risposto prontamente all’emergenza inviando aiuti di ogni tipo. Anche le popolazioni di Haiti e del Cile hanno ricevuto sostegno dalla Caritas in seguito ai terremoti che hanno colpito i due Paesi. “Milioni di persone vulnerabili in tutto il mondo”, ha spiegato Jack de Groot direttore di Caritas Australia, “sono intrappolate da una povertà paralizzante. E questo non lascia indifferenti gli australiani, che ogni anno rispondono con generosità ai nostri appelli. Tutte le volte che lanciamo la campagna il nostro obiettivo è quello di migliorare i risultati delle precedenti iniziative. Infatti, anche quest’anno dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi nell’affrontare i programmi per consolidare i progressi fatti fino ad oggi. La nostra comunità ha sempre donato senza esitazione, ma c’è necessità di affrontare in maniera più incisiva il problema della povertà ancora largamente trascurato o ignorato”. Durante la quaresima, nelle scuole, nelle parrocchie e nelle piazze del Paese saranno organizzati convegni, dibattiti e stand dimostrativi per far capire alla gente la reale situazione nella quale sono costrette a vivere milioni di persone nel mondo. Operatori della Caritas illustreranno dal vivo, in particolare ai giovani, le sfide e le speranze che sono alla base dell’iniziativa. “La solidarietà”, conclude de Groot , “non soltanto serve a ridurre la povertà, ma è utile anche per la sicurezza in quelle regioni del mondo dove i Governi sono sotto pressione a causa del malessere della popolazione”. (M.R.)

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    Il Consiglio ecumenico delle Chiese riunito su "I cristiani e le sfide della secolarizzazione"

    ◊   Promuovere l’unità dei cristiani e l’armonia interreligiosa. Questi i principali obiettivi proposti dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (World Council of Churches, Wcc) quali strumenti imprescindibili per affrontare le sfide future della società. Se ne è discusso, giovedì scorso, nel corso della riunione del comitato centrale che si terrà fino al 22 febbraio, presieduta da Mary Tanner della Church of England e da Omowunmi Iyabode Oyekola, della Church of the Lord. Il Wcc è tornato a riunirsi per prendere decisioni sul futuro dell’organismo internazionale, valutare lo stato dei programmi in corso e intervenire in maniera adeguata su eventuali situazioni contingenti nel mondo. Nel corso della prima parte dei lavori - riferisce L'Osservatore Romano - è stato sottolineato che il Wcc, per promuovere il raggiungimento dei suoi obiettivi, dovrà contribuire a difendere il sistema dei valori cristiani e sviluppare il dialogo con le altre religioni. Occorre, inoltre, compiere uno sforzo comune per difendere la tradizione cristiana dalle forze secolari che stanno provando a imporre opinioni contro la religione. Secondo padre Gosbert Byamungu, co-moderatore del gruppo di lavoro congiunto della Chiesa cattolica e del Consiglio ecumenico delle Chiese, dopo cinquant’anni di sfiducia e di ostilità tra il Wcc e la Chiesa cattolica, «adesso, finalmente, siamo entrati in un clima di fiducia e di amicizia, per questo motivo — ha spiegato — adesso, la nostra principale sfida è quella di trasformare il nostro accordo in materia di dottrina in una testimonianza comune e di servizio». Il comitato centrale del Wcc ha anche espresso soddisfazione per gli ottimi rapporti instaurati di recente con la Chiesa cattolica, le comunità cristiane e gli organismi evangelici. Il dialogo interreligioso e la cooperazione fra le varie confessioni — hanno sottolineato — si vanno sempre più intensificando e questo ci fa ben sperare per il futuro”. Nel corso della sessione, si anche è discusso della difficile situazione nella quale sono costretti a vivere i cristiani in Indonesia e del clima di tensione in alcuni Paesi arabi. «Nei confronti dei cristiani — ha detto la pastora protestante Margaretha Hendriks-Ririmasse — c’è pregiudizio e scetticismo. I musulmani radicali in Indonesia considerano i cristiani un serio pericolo e gli attacchi nei confronti delle nostre comunità si verificano perché siamo in crescita nel Paese. Nonostante tutto, siamo fiduciosi perché riceviamo il sostegno della comunità musulmana moderata». Infine, il Wcc ha ribadito l’impegno nella definizione di un'agenda ecumenica che ponga al centro un programma di gesti concreti in favore della pace, intesa non semplicemente come rifiuto della guerra, ma come superamento di ogni forma di violenza in nome di Dio. (L.Z.)

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    Gran Bretagna: una guida per approfondire la conoscenza del Covenant anglicano

    ◊   Una guida allo studio e un libretto allegato con domande e risposte per aiutare i fedeli ad approfondire in maniera adeguata l’Anglican Communion Covenant è stata pubblicata in Gran Bretagna. La guida allo studio è destinata alle parrocchie, alle diaconie, alle diocesi, ai gruppi di preghiera e ai singoli che desiderano, studiare, approfondire e mettere in pratica il patto con il quale si vuole trovare una sintesi efficace della vita nella comunione anglicana, negli ultimi anni turbata da differenti visioni tra tradizionalisti e quanti sono aperti a radicali riforme. Nella guida viene ripresentato il testo della Communion Anglican Covenant intervallato da ampie sintesi. I membri della Comunione - riferisce L'Osservatore Romano - sono invitati ad adattare la guida in base ai differenti contesti di applicazione. Inoltre, vi sono una serie di domande e risposte che cercano di chiarire alcuni dei quesiti che più frequentemente si pongono i fedeli anglicani. La pubblicazione della guida è stata realizzata a seguito di una riunione del Comitato permanente inter-anglicano su unità, fede e ordine (Inter-Anglican standing committee on Unity faith and order) svoltosi nel 2009. Nel testo, che è già stato inviato a tutte le diocesi della Comunione, si parla dei valori della famiglia anglicana, degli scopi da raggiungere e delle diverse realtà in cui essa vive. Viene sottolineata l’importanza della fede nella vita di ogni cristiano e della necessità di mantenere unita e forte la comunione in questo particolare contesto storico. Alla pubblicazione della guida hanno lavorato il reverendo Victoria Matthews, vescovo di Christchurch (Nuova Zelanda), il reverendo Kumara Ilangasinghe, (Church of Ceylon) e il reverendo Simon Oliver, docente di teologia all’Università di Nottingham. (R.P.)

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    Hong Kong: entusiasmo per il pellegrinaggio delle reliquie dei genitori di Teresa di Lisieux

    ◊   Il “Pellegrinaggio di omaggio ai Beati Louis e Marie Zelie Guerin Martin” – pellegrinaggio delle reliquie dei genitori di Santa Teresa del Bambino Gesù, beatificati a Lisieux il 19 ottobre 2008 – si sta svolgendo con grande fervore nelle parrocchie di Hong Kong e anche presso alcune famiglie cattoliche indicate dalle parrocchie stesse, nell’ambito della celebrazione diocesana dell’Anno dei Laici. Il pellegrinaggio è contraddistinto dalla devozione e dalla intensa preghiera dei fedeli che si raccolgono attorno alle reliquie. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), dall’inizio dell’anno, ogni mese due parrocchie della diocesi ospitano le reliquie dei Beati per dare la possibilità ai parrocchiani di rendere loro omaggio e di riflettere sul tema dell’Anno dei Laici: “Chiamata, Comunione, Missione”. Dopo questo primo periodo, i parroci si sono detti molto soddisfatti e anche un po’ stupiti dell’entusiasmo dei fedeli. Secondo loro “tante famiglie cattoliche non hanno l’abitudine di pregare insieme. La devozione alle reliquie dei beati Louis e Marie Zelie Guerin Martin, che hanno dato un esempio eccellente, ha offerto anche l’opportunità alle famiglie di pregare insieme e crescere insieme nella fede”. Una signora che ha partecipato al pellegrinaggio, ha detto: “non sapevo che anche i laici possono essere beati, santi. Il loro esempio mi ha insegnato cosa significa santificarsi nella vita quotidiana”. (R.P.)

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    Un nuovo servizio per portare la connessione Internet nelle zone remote del mondo

    ◊   Nel 2010 nell'Africa Sub-Sahariana solo 6 persone su 100 hanno utilizzato Internet. Nella Repubblica Democratica del Congo, dove il Movimento Lotta Fame nel Mondo (Mlfm) ha già installato 10 parabole, questo indice scende allo 0,5%. Questi dati sono sconcertanti se si pensa che nel mondo occidentale l’accesso a internet oscilla tra il 49% dell’Europa e il 70% degli Stati Uniti d’America. I Paesi più poveri del mondo come Niger, Sierra Leone e Repubblica Democratica del Congo non arrivano all’1%. Il divario tecnologico e informatico rappresenta un ostacolo allo sviluppo sociale ed economico in una società dell’informazione come quella attuale, poiché impedisce alle informazioni di circolare e quindi ai popoli di crescere in termini di accesso alle opportunità globali, all’educazione e alla consapevolezza dei propri diritti. Secondo quanto comunica all’agenzia Fides il Mlfm, da un decennio l'organizzazione combatte il digital divide attraverso progetti specifici volti non solo al semplice accesso alle tecnologie, ma anche a particolari metodologie di aiuto e supporto quali la telemedicina e la formazione a distanza. Mlfm, al fine di ampliare il raggio d’azione della sua missione, ha fondato internet4dev, per offrire le proprie competenze e i servizi ad esse annessi a tutti gli enti che operano nel settore dello sviluppo fornendo loro un servizio internet economicamente sostenibile ed efficiente attraverso la tecnologia satellitare. (R.P.)

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    Berlino: al Festival del cinema, storia e dramma

    ◊   La storia del mondo e le memorie degli uomini: ci parlano di questo un pugno di film che scorrono sugli schermi della Berlinale, nel momento in cui il festival si avvia alla cerimonia di chiusura, quando i giurati porranno fine alle attese di pubblico e media designando i vincitori della 61.ma edizione. Il conflitto israelo-palestinese fa da sfondo a “Odem” di Jonathan Sagall, anche se poi l’azione si svolge nella Londra contemporanea. È qui che s’incontrano due amiche che hanno lasciato il Paese anni prima. L’incontro sembrerebbe a prima vista pieno di nostalgia. Invece dai ricordi uscirà il volto brutale di una violenza subita e mai dimenticata. Se tema affrontato e sviluppo drammatico sono i punti forti del film, esso riesce raramente a superare il livello di una routine professionale e quasi mai entra nella profondità spirituale dei personaggi. Più forti in questo senso, anche se contaminati da un eccesso di eleganza formale, risultano “Innocent Saturday” di Alexander Mindadze e “If not us, who” di Andres Veiel. Il regista e sceneggiatore russo ci riporta ai momenti tragici di una catastrofe improvvisa che sconvolse l’Europa, l’esplosione del reattore nucleare di Chernobyl. Il teatro dell’azione è la cittadina che ospita i lavoratori della centrale. Il tempo che lo percorre è quello della più banale quotidianità, fra i doveri e i piaceri dell’esistenza. Mentre il disastro sta per abbattersi sugli ignari abitanti della zona, solo un giovane funzionario di partito coglie il senso reale del pericolo che li sovrasta e cerca inutilmente di spingerli alla fuga. Mindadze crea intorno alla vicenda un sottile reticolo di relazioni umane, mentre il suo operatore scivola con la macchina da presa sui volti e i corpi dei personaggi, immortalandoli in una sorta di dolente Spoon River cinematografica che ci rammenta l’ineluttabile scorrere della vita. “If not us, who” rievoca invece la Germania degli anni 60, quando dalle ceneri di una generazione convivente col nazismo, germogliarono i semi della ribellione giovanile e di una nuova presa di coscienza del mondo. Protagonisti della vicenda sono Bernward Vesper e Gudrun Ensslin. Lui è il figlio di un poeta celebrato dal Fuhrer, teso a riabilitare l’opera e la memoria del padre, lei la figlia di un pastore protestante avviata a una brillante carriera. Barcamenandosi fra convenzioni dell’epoca, necessità economiche, vincoli familiari, i due compiono un percorso sentimentale e ideologico che li porterà via via verso le frange più estreme del movimento rivoluzionario. Si potrebbe dire che è materia già vista e trattata dal cinema. Tuttavia, lavorando su una sceneggiatura abilmente costruita, unendo alle performance degli attori un vasto spettro di materiali d’archivio e di musiche d’epoca, il cineasta tedesco riesce a dare il senso di un tempo ormai passato e di una gioventù perduta nella sua propria utopia. (Da Berlino, Luciano Barisone)

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    A Ouagadougou tutto pronto per la XXII edizione del Festival del cinema africano

    ◊   “Cinema africani e mercati”. E’ questo il tema scelto per la XXII edizione del Festival panafricano del cinema e della televisione di Ouagadougou (Fespaco), che si terrà dal 26 febbraio al 5 marzo nella capitale del Burkina Faso, in Africa. “L’evento – hanno spiegato gli organizzatori all’agenzia Misna - rappresenta un’occasione per valutare il futuro della settima arte prodotta in Africa ma anche valorizzare la storia del continente e il suo patrimonio culturale. Due le novità introdotte: il premio alle scuole africane di cinema e il premio della critica internazionale. “Ci confronteremo anche su temi per noi importanti come la democrazia, il buon governo e l’immigrazione”, ha detto durante la conferenza stampa di presentazione il direttore artistico della manifestazione, Ardiouma Soma. Finanziato dal governo burkinabè e dall’Unione europea, al Fespaco saranno proiettati 475 film: lunghi metraggi, corti, documentari, realizzazioni per la televisione. “Una prova della forte crescita della produzione cinematografica africana”, ha commentato il direttore del festival, Michel Ouédraogo. Al festival sarà presente il cinema dei paesi del Maghreb, in particolare della Tunisia, del Marocco e dell’Algeria, ma gli organizzatori salutano anche l’impegno di nazioni come Zimbabwe, Niger, Madagascar e Tanzania “che si battono per uscire dall’ombra”. (M.I.)

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    24 Ore nel Mondo



    84 morti in Libia e fermento e scontri in Bahrein, Yemen, Algeria e Gibuti

    ◊   Sarebbero almeno 84 i morti negli ultimi due giorni in Libia per la repressione delle manifestazioni di protesta contro Gheddafi da parte delle forze di sicurezza. Lo rivela un rapporto di Human Rights Watch. Stamani, la situazione appare tranquilla. Della Libia, ma anche di altri Paesi arabi ci riferisce Fausta Speranza:

    In Libia il procuratore generale apre un'inchiesta sulle uccisioni di questi giorni e fa sapere di voler “accelerare le procedure per giudicare tutti quelli che sono colpevoli di omicidio o di saccheggi". Per la Ong "Human Rights Watch", i morti per la repressione sono stati soprattutto a Bengasi, capoluogo della Cirenaica tradizionalmente ostile a Gheddafi. Venti persone sono state uccise giovedì, 35 ieri. Intanto in nottata nel Paese è stato bruscamente interrotto il collegamento Internet. Ma l’attenzione non può essere rivolta solo alla Libia. Fermento e scontri continuano a registrarsi in vari Paesi arabi. In Bahrein l'opposizione respinge l'offerta di negoziato avanzata dal principe ereditario e conquista di nuovo la piazza, dopo alcuni scontri con la polizia che cercava di impedirlo. In Yemen, a Sanaa, uno studente morto in scontri con i filogovernativi e altri 5 feriti. In Algeria, la polizia cerca di impedire la manifestazione che sta richiamando migliaia di persone nella capitale Algeri. E un deputato algerino del partito di opposizione "Raggruppamento per la cultura e la democrazia" (Rcd), Tahar Besbes, cade in coma per un pugno di un agente. C’è poi Gibuti, Paese del Corno d’Africa: nell’omonima capitale disordini tra gli oppositori del regime del presidente Ismal Omar Guelleh e le forze dell'ordine. Piccoli gruppi di dimostranti lanciano pietre contro i poliziotti che replicano con gas lacrimogeni. Ieri una manifestazione antigovernativa era degenerata in scontri. Resta da dire che gli sciiti sauditi hanno inscenato una piccola manifestazione nelle province petrolifere orientali del Regno saudita per chiedere il rilascio di alcuni loro compagni arrestati. L'Arabia Saudita, principale esportatore mondiale di petrolio, teme che la rivolta nel vicino Bahrein, dove la maggioranza sciita chiede le dimissioni del governo sunnita, possa propagarsi alle province orientali, dove vive la minoranza sciita e dove si trovano i giacimenti petroliferi.

    Tunisia: secondo fonti francesi, è morto il deposto presidente Ben Ali
    L'ex presidente tunisino Zine al-Abidine Ben Ali è morto, secondo fonti francesi citate dall'emittente di informazione continua "France 24". Il decesso dell'ex leader tunisino, deposto il 14 gennaio dopo 23 anni al potere, sarebbe avvenuto dopo due giorni di coma.

    Musulmani e copti nel primo partito a base religiosa autorizzato in Egitto
    Il Tribunale Amministrativo Superiore del Cairo ha autorizzato con decisione definitiva la costituzione del primo partito politico egiziano a base religiosa, composto da musulmani e copti. È il partito Al Wasat (in arabo approssimativamente "Nel Mezzo"), il cui fondatore è Abu El Ela Madi, appartenenente ad una corrente di giovani moderati della Confraternita dei Fratelli Musulmani, ma in forte contrapposizione con la dirigenza tradizionale del movimento. Lo ha appreso l'Ansa da fonti giudiziarie. La decisione del Tribunale Amministrativo Superiore ha annullato quella precedente di non concedere l'autorizzazione, presa dalla Commissione per gli affari dei partiti politici del Consiglio Consultivo della Shura (Senato), presieduta dall'ex presidente dello stesso, Safwat El Sherif. Il Consiglio della Shura è stato sciolto nei giorni scorsi, insieme con l'Assemblea del Popolo (Camera) dal Consiglio Supremo delle Forze Armate che rappresenta temporaneamente la presidenza della repubblica egiziana. Abu El Ela Madi aveva presentato più volte la richiesta di costituzione del partito, nel 1996, nel 1998 e nel 2004. Ogni volta era stata respinta perchè la Costituzione egiziana non ammette la presenza di partiti politici su base religiosa. Un altro esponente di punta della formazione è l'avvocato Essam Sultan, anch'egli appartenente alla corrente moderata dei Fratelli Musulmani e che, come Madi, ha sostenuto l'iniziativa rivoluzionaria dei dimostranti di piazza Tahrir e delle formazioni di giovani come il 6 Aprile.

    Prima sessione del G20 finanza a Parigi
    Ha preso il via la prima sessione di lavoro del vertice G20 finanza a Parigi con la presenza dei ministri dell'Economia e dei banchieri centrali dei Paesi che fanno parte dell'organismo. Per tutta la notte i delegati hanno cercato di predisporre un accordo, sanando le divergenze fra i Paesi, sul tema degli indicatori per misurare le performance economiche dei Paesi che possono generare squilibri a livello internazionale, squilibri all'origine della crisi. Secondo una prima ipotesi di lavoro il complesso di principi da approvare prevede due indicatori di squilibrio interno, il deficit e debito pubblico e il risparmio privato, e due di squilibrio esterno, il saldo delle partite correnti o della bilancia commerciale e le riserve di cambio. Ed è proprio su questi due punti, e in particolare sul primo, che si registrano i maggiori dissensi che, peraltro, sono trasversali ai diversi 'blocchi' tradizionali: Europa, Stati Uniti e Paesi emergenti. Anche a questo vertice tuttavia gli occhi sono puntati sulla Cina, che chiede soprattutto di escludere il saldo corrente dai parametri, sostituendolo con la bilancia commerciale.

    Kuwait: feriti per disordini scoppiati per la richiesta di arabi apolidi di cittadinanza
    Trenta persone sono rimaste ferite ieri in Kuwait in scontri avvenuti tra forze di sicurezza e arabi apolidi che chiedono la cittadinanza. Lo si è appreso oggi da fonti della sicurezza. La dimostrazione a Jahra, a nordest di Kuwait City, è la prima nello Stato arabo da quando a dicembre è cominciata la serie di proteste nei Paesi del Maghreb, in Egitto e in Medio Oriente. Secondo le fonti, 50 persone sono state arrestate. Le fonti hanno anche riferito di una protesta simile di circa 80 persone nel villaggio di Salibiya. Il Ministero dell'interno ha fatto sapere che i manifestanti hanno tirato pietre contro le forze di sicurezza che hanno risposto con idranti e fumogeni. Sette feriti sono agenti. I dimostranti sono arabi senza alcuna nazionalità, in gran parte discendenti da popolazioni nomadi del deserto, e che risiedono da lungo tempo nell'emirato. La nazionalità del Kuwait, che comporta grossi benefici dal punto di vista del welfare, viene loro negata in base alla rigida legislazione nazionale.

    Elezioni in Uganda
    14 milioni di persone in Uganda sono state chiamate ieri alle urne per il voto presidenziale e legislativo. Il servizio di Giulio Albanese:

    I risultati ufficiali dovrebbero essere resi noto entro le 15 di domani. Il presidente uscente Yoweri Museveni, al potere dal 1986, è dato – come al solito – per favorito, contro altri sette candidati. Il principale è Kizza Besigye, ex medico personale di Museveni, già candidato nelle precedenti elezioni e perseguitato dall’attuale regime. Nessun dato ancora per quel che riguarda l’affluenza, che – dalle prime testimonianze – non sarebbe altissima: a riprova che si sta consolidando nel Paese una sorta di disaffezione nei confronti della politica. Secondo alcuni osservatori stranieri, in alcuni seggi non si sarebbe addirittura raggiunto il 30 per cento dei votanti, malgrado una endemica corruzione, l’inossidabile regime di Museveni ha ottenuto in questi anni, grazie soprattutto agli investimenti stranieri, una discreta crescita economica, anche se questo processo ha drammaticamente acuito la divaricazione tra la danarosa oligarchia al potere e i ceti meno abbienti, che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione ugandese.

    Rammarico Ue per il mancato voto Onu contro la colonizzazione israeliana
    L'Alto rappresentante per la politica Estera dell'Unione europea, Catherine Ashton, ha espresso disappunto per il mancato “consenso” al Consiglio di sicurezza dell'Onu sul progetto di risoluzione araba che condanna la colonizzazione israeliana. Senza riferirsi agli Stati Uniti che hanno posto il veto al documento, la Ashton ha “rilevato con rincrescimento che non è stato possibile trovare un consenso sulla risoluzione sulle colonie”. “La posizione della Ue sulle colonie, inclusa Gerusalemme est, è chiara”, ha aggiunto: “Sono illegali per il diritto internazionale, sono un ostacolo alla pace e una minaccia a una soluzione a due Stati”, israeliano e palestinese. “Al momento - ha ancora detto la Ashton - abbiamo bisogno di fare tutto il possibile per una ripresa urgente dei negoziati fra le parti”. Gli Usa hanno posto ieri il veto a un progetto di risoluzione araba di condanna alla colonizzazione israeliana al quale gli altri 14 membri del Consiglio di Sicurezza avevano votato a favore.

    I talebani spezzino il legame con al Qaeda: così, la Clinton parla dell'Afghanistan
    E' salito a otto morti e oltre 60 feriti il bilancio provvisorio dell'assalto realizzato oggi da un commando armato di sette persone alla filiale di Jalalabad (provincia orientale afghana di Nangarhah) della Kabul Bank. L'attacco è stato rivendicato dal portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, secondo cui alla sua realizzazione hanno contribuito tre kamikaze. Ieri, in un’altra cruenta giornata in cui hanno perso la vita 18 persone, dei legami da tagliare tra talebani e al Qaeda ha parlato il segretario di Stato, Hillary Clinton. Sulle valutazioni politiche dell’amministrazione Usa, da Washington Elena Molinari:

    “I talebani afghani non possono resistere alle pressioni americane: dovranno scegliere se rompere o meno i rapporti con al Qaeda”. È questo l’ultimatum lanciato, ieri, dal segretario di Stato Usa ai ribelli afghani: “Non possono aspettare che ce ne andiamo; non possono sconfiggerci e – ha detto - non possono scappare da questa decisione”. Hillary Clinton parla all’Asia Society di New York, dove ha sottolineato che l’offensiva militare e l’intensificata spinta diplomatica americana porteranno alla separazione tra i talebani indeboliti ed al Qaeda e alla riconciliazione con quelli che rinunceranno alla violenza. Questa separazione lascerebbe al Qaeda da sola e in fuga, ha spiegato. Clinton ha poi ribadito l’intenzione dell’amministrazione Obama di iniziare il processo di ritiro delle truppe dall’Afghanistan il prossimo luglio, ma ha sottolineato che questo non porterà ad un indebolimento della posizione degli alleati sul terreno. “Rimarremo fino al 2014 – ha aggiunto – e con la leadership afghana, che si rafforza, un processo di riconciliazione politica diventerà plausibile”. Il segretario di Stato Usa ha poi annunciato che il veterano diplomatico Marc Grossman sostituirà Richard Holbrooke, morte improvvisamente a dicembre, nel ruolo di inviato speciale dell’amministrazione Obama per il Pakistan e l’Afghanistan.

    Nuova condanna a Guantanamo
    Un carcerato sudanese di Guantanamo, la base Usa sull'isola di Cuba, è stato condannato a 14 anni di carcere per cospirazione con Al Qaeda e per avere fornito appoggio materiale a terroristi. La pena pronunciata in serata è frutto di un patteggiamento: in realtà l'uomo, Nur Uthman Muhammed, rimarrà in carcere per qualche anno soltanto. A Guantanamo dal 2002, Muhammed è il sesto carcerato ad essere stato condannato da un tribunale militare della base Usa.

    “Camicie rosse” in piazza a Bangkok
    Circa 30 mila “camicie rosse” antigovernative thailandesi sono scese in piazza oggi a Bangkok, nella quarta grande manifestazione pacifica organizzata dall'inizio del 2011, in coincidenza del nono mese dalla repressione dello loro proteste dell'anno scorso, costate 91 morti e 1.800 feriti. I manifestanti - sostenitori dell'ex premier in autoesilio Thaksin Shinawatra ed espressione in particolare delle classi medio-basse e rurali - stanno tuttora presidiando la Ratchaprasong Intersection, l'incrocio nel centro della capitale da loro occupato per due mesi nel 2010. In precedenza erano affluiti in massa davanti alla Corte Suprema, che nelle prossime settimane dovrebbe esprimersi sulla richiesta di cauzione da parte di sette leader “rossi” tuttora in carcere con l'accusa di terrorismo. Le manifestazioni si stanno svolgendo sotto l'occhio della polizia anti-sommossa e giungono in un periodo in cui il governo di Abhisit Vejjajiva - di fronte alle simultanee proteste dei “rossi” e delle “camicie gialle” nazionaliste che gli chiedono inflessibilità sulla questione del tempio di Preah Vihear, conteso con la Cambogia - ha reintrodotto un provvedimento che dà maggiori poteri alle forze di sicurezza. Nelle ultime settimane, Abhisit - il cui mandato scade a fine anno - ha prospettato elezioni anticipate entro il prossimo giugno. I sondaggi evidenziano un testa a testa tra la coalizione di governo e il partito Puea Thai, che riunisce i fedelissimi di Thaksin. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza).

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 50

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.