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Sommario del 25/12/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI nel messaggio di Natale: Cristo è nato per salvarci dal “male profondo” che ci separa da Dio. Il Papa ricorda tutti i popoli sofferenti. Poi gli auguri nelle lingue del mondo intero e la benedizione Urbi et Orbi
  • Guardare oltre la festa dei negozi: così Papa nella Messa della notte di Natale
  • Dedicato quest'anno a Maria il Presepe inaugurato in Piazza San Pietro
  • Oggi in Primo Piano

  • Sangue in Nigeria: esplosioni in tre chiese durante le Messe di Natale. "Un odio cieco, assurdo", commenta padre Lombardi
  • Natale nel mondo: dal Custode di Terra Santa l'invito a concentrarsi sul "tesoro" Gesù
  • L’Europa e la crisi, mons. Giordano: i cristiani chiamati a dare un contributo di speranza
  • Il primo Natale del Sud Sudan tra desiderio di pace e voglia di ricominciare
  • In India il Natale è all'insegna della condivisione e della speranza perché è "Dio che viene a salvarci"
  • Nella Colombia devastata dalle alluvioni il Natale annuncia il Vangelo della solidarietà
  • In Australia, terra d'immigrazione, il Natale è un crogiolo di tradizioni
  • Chiesa e Società

  • Morto improvvisamente mons. Brambilla, vescovo ausiliare di Roma. Il ricordo del cardinale Vallini
  • Attentato in Afghanistan durante un funerale, 20 morti
  • Messaggio di Natale dei vescovi delle Chiese cristiane slovacche
  • La comunità missionaria di Villaregia allestisce presepe vivente per Costa d’Avorio
  • A Berlino 34.mo pellegrinaggio di fiducia sulla terra della Comunità di Taizé
  • Giamaica. I Missionari dei Poveri aprono un nuovo centro per le mamme in difficoltà
  • Prossima riunione dei vescovi dell’Africa occidentale in Costa d’Avorio per discutere i problemi della regione
  • A Milano in primavera il VII Incontro mondiale delle famiglie
  • In Bolivia il lavoro minorile è una piaga sociale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI nel messaggio di Natale: Cristo è nato per salvarci dal “male profondo” che ci separa da Dio. Il Papa ricorda tutti i popoli sofferenti. Poi gli auguri nelle lingue del mondo intero e la benedizione Urbi et Orbi

    ◊   “Cristo è nato per noi” “per salvarci soprattutto dal male profondo” “che è la separazione da Dio”: Benedetto XVI lo ha ricordato in questo Natale al mondo intero nel suo tradizionale messaggio, invocando il soccorso divino per le popolazioni più sofferenti in questo periodo per carestie, conflitti sociali, guerre. Ha quindi rivolto i suoi auguri nella varie lingue prima di impartire la Benedizione apostolica Urbi et Orbi. Migliaia le persone giunte da ogni luogo del Pianeta, tante le famiglie e i bambini, raccolte in Piazza S. Pietro, in questa assolata domenica romana, per ascoltare - insieme a milioni di fedeli collegati attraverso radio, tv ed internet - la parola del Papa affacciato dalla Loggia esterna alla Basilica di S. Pietro. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Il Figlio di Maria Vergine è nato per tutti, è il Salvatore di tutti”.

    Il successore di Pietro lo ha ricordato ancora una volta al mondo intero in questo Santo Natale 2011:

    “A tutti giunga l’eco dell’annuncio di Betlemme, che la Chiesa Cattolica fa risuonare in tutti i continenti, al di là di ogni confine di nazionalità, di lingua e di cultura”.

    “Vieni a salvarci!" Ha invocato Benedetto XVI

    “Questo è il grido dell’uomo di ogni tempo, che sente di non farcela da solo a superare difficoltà e pericoli. Ha bisogno di mettere la sua mano in una mano più grande e più forte, una mano che dall’alto si tenda verso di lui”.

    “Questa mano - ha spiegato il Papa - è Gesù”

    “Lui è la mano che Dio ha teso all’umanità, per farla uscire dalle sabbie mobili del peccato e metterla in piedi sulla roccia, la salda roccia della sua Verità e del suo Amore.”

    Gesù – ha aggiunto Benedetto XVI - è stato inviato dal Padre “per salvarci soprattutto dal male profondo, radicato nell’uomo e nella storia”:

    "quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte".

    “Questo è il grande male, il grande peccato”, da cui gli uomini non possono salvarsi se non affidandosi all’aiuto di Dio. E questa consapevolezza “ci pone già – ha osservato il Papa - nella giusta condizione, ci mette nella verità di noi stessi”:

    “Lui è il medico, noi i malati. Riconoscerlo, è il primo passo verso la salvezza, verso l’uscita dal labirinto in cui noi stessi ci chiudiamo con il nostro orgoglio”.

    Non ha certo dimenticato il Papa chi soffre in ogni angolo del Pianeta

    “Vieni a salvarci! Lo ripetiamo in unione spirituale con tante persone che vivono situazioni particolarmente difficili, e facendoci voce di chi non ha voce”.

    Il pensiero di Benedetto XVI è corso alle popolazioni del Corno D’africa, afflitte da fame e da insicurezza sociale e ai tanti profughi “provati nella dignità” di questa regione perché la comunità internazionale li aiuti; quindi agli abitanti del Sud est asiatico, specie della Thailandia e dalle Filippine colpiti da recenti inondazioni; e all’umanità ferita dai tanti conflitti che insanguinano il Pianeta; il Papa ha incoraggiato la ripresa del dialogo tra Israeliani e Palestinesi, ha invocato la fine delle violenze in Siria, “la piena riconciliazione e la stabilità” in Iraq e Afghanistan, auspicato “rinnovato vigore” per edificare il “bene comune” nei Paesi nord africani e mediorientali, e ancora “prospettive di dialogo e collaborazione” nel Myanmar ,“stabilità politica” nei Paesi nella regione africana dei Grandi Laghi e “tutela dei diritti di tutti i cittadini" nel Sud Sudan

    Quindi l’invito a rivolgere "lo sguardo alla Grotta di Betlemme":

    “Lui ha portato al mondo un messaggio universale di riconciliazione e di pace. Apriamogli il nostro cuore, accogliamolo nella nostra vita”.

    Poi gli auguri del Papa in ben 65 lingue, a partire da quelli rivolti ai romani e agli italiani perché la nascita di Cristo e l’accoglienza del Vangelo “rinnovino i cuori dei credenti, portino pace nelle famiglie, consolazione ai sofferenti.”

    “e aiutino gli abitanti dell’intero Paese a crescere nella reciproca fiducia per costruire insieme un futuro di speranza, più fraterno e solidale”.

    E per chiudere l’invocazione in latino

    “Veni ad salvandum nos”

    Infine la benedizione apostolica Urbi et Orbi ed il saluto caloroso della folla dei fedeli in Piazza S. Pietro Benedetto XVI

    (ovazione dei fedeli in Piazza San Pietro)

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    Guardare oltre la festa dei negozi: così Papa nella Messa della notte di Natale

    ◊   Guardare oltre “la festa dei negozi”: l’auspicio rivolto da Benedetto XVI durante la Messa della notte di Natale, presieduta ieri sera nella Basilica Vaticana. Al centro della sua omelia, il messaggio di pace e di bontà portato da Dio, fattosi piccolo come un bambino. Il Papa ha quindi invitato i fedeli a vivere il Natale con umiltà e semplicità, pregando in particolare per i poveri ed i migranti. Il servizio di Isabella Piro:

    “Chi è Lui veramente? Dio è pura bontà”

    (canto: Adeste fideles)

    Sì, Dio è pura bontà: è questa la vera risposta alla domanda che attanaglia il cuore dell’uomo, ieri come oggi, soprattutto per chi non riesce più a “riconoscere Dio nella fede”. Dio è buono e questa è “la consolante certezza che ci viene donata a Natale”, dice il Papa ai fedeli radunati nella Basilica Vaticana, un mosaico di volti e colori provenienti da tante parti del mondo, tutti accorsi per celebrare Gesù Bambino:

    “Dio è apparso come bambino. Proprio così Egli si contrappone ad ogni violenza e porta un messaggio che è pace. In questo momento, in cui il mondo è continuamente minacciato dalla violenza in molti luoghi e in molteplici modi; in cui ci sono sempre di nuovo bastoni dell’aguzzino e mantelli intrisi di sangue, gridiamo al Signore: Tu, il Dio potente, sei apparso come bambino e ti sei mostrato a noi come Colui che ci ama e mediante il quale l’amore vincerà. E ci hai fatto capire che, insieme con Te, dobbiamo essere operatori di pace”.

    “La violenza perdura nel mondo”, constata con amarezza Benedetto XVI, ma preghiamo perché la pace di Dio “vinca in questo nostro mondo”. E a Natale – la “festa delle feste”, come la chiamava San Francesco d’Assisi – riscopriamo il centro della liturgia attraverso “l’umanità di Gesù”:

    “Nel bambino nella stalla di Betlemme, si può, per così dire, toccare Dio e accarezzarlo. Così l’anno liturgico ha ricevuto un secondo centro in una festa che è, anzitutto, una festa del cuore”.

    Lontano dai sentimentalismi, continua il Papa, l’umanità di Gesù rivela “il grande mistero della fede”:

    “(…) in questo essere bambino si rese chiara l’umiltà di Dio. Dio è diventato povero. Il suo Figlio è nato nella povertà della stalla. Nel bambino Gesù, Dio si è fatto dipendente, bisognoso dell’amore di persone umane, in condizione di chiedere il loro – il nostro – amore”.

    Ed è per questo, ribadisce il Santo Padre, che bisogna vivere il Natale in modo umile e semplice:

    “Oggi il Natale è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde il mistero dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità. Preghiamo il Signore di aiutarci ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo tempo fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire così la vera gioia e la vera luce”.

    Ma se vogliamo trovare Dio, continua Benedetto XVI, dobbiamo scendere dal piedistallo della nostra “ragione illuminata” e dobbiamo “seguire quel cammino interiore” verso la semplicità “che rende il cuore capace di vedere”:

    “Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio. (…) Dobbiamo chinarci, andare spiritualmente, per così dire, a piedi, per poter entrare attraverso il portale della fede ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato”.

    In questo modo, conclude il Papa, nella notte di Natale non dimenticheremo tutti coloro che soffrono:

    Preghiamo in quest’ora anzitutto anche per tutti coloro che devono vivere il Natale in povertà, nel dolore, nella condizione di migranti, affinché appaia loro un raggio della bontà di Dio; affinché tocchi loro e noi quella bontà che Dio, con la nascita del suo Figlio nella stalla, ha voluto portare nel mondo”.

    Al termine della Messa, accompagnato da dieci bambini gioiosi negli abiti tradizionali dei loro Paesi lontani, come il Guatemala, la Corea, il Gabon e il Burkina Faso, Benedetto XVI ha sostato in preghiera davanti al Presepe allestito all’interno della Basilica Vaticana, imbiancato da una dolce e lenta nevicata.

    (canto: Tu scendi dalle stelle)

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    Dedicato quest'anno a Maria il Presepe inaugurato in Piazza San Pietro

    ◊   E’ dedicato a Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, il Presepe inaugurato ieri pomeriggio in Piazza San Pietro. Un omaggio alla devozione mariana del Papa Giovanni Paolo II, nell’anno in cui è stato proclamato Beato. La cerimonia si è conclusa con una preghiera guidata dal cardinale Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano. Come da tradizione, a conclusione della cerimonia, il Santo Padre ha acceso il lume della pace, sul davanzale della finestra del suo studio privato. C’era per noi Claudia Di Lorenzi:

    “Se vogliamo comprendere il significato autentico del Natale” è a Maria che dobbiamo guardare perché è dal suo “si” che “ha preso inizio l’incarnazione del Redentore”. Così Papa Giovanni Paolo II, nel Natale del 2003, evidenziava la centralità di Maria nella liturgia dei giorni che precedono il Natale. Una centralità che il Presepe inaugurato quest’anno in piazza San Pietro ha inteso riproporre, proprio in omaggio al Papa del Totus Tuus. Lo spiega nel suo saluto mons. Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato della Città del Vaticano:

    “Quest’anno, a ricordo anche della beatificazione di Giovanni Paolo II che è stato un grande devoto della Madonna, gli artisti hanno voluto mettere in risalto la figura di Maria, della Madre di Gesù, soprattutto con due momenti quello dell’Annunciazione, sulla sinistra, e quello dell’incontro di Maria con Santa Elisabetta, a destra”.

    E’ Maria infatti – spiegava ancora Giovanni Paolo II - che “ci aiuta a capire le parole chiave” del mistero della nascita di Gesù: umiltà, silenzio, stupore, gioia. Ed è con gioia, soprattutto, che gli uomini accolgono la venuta di Cristo, consapevoli del valore salvifico della sua presenza. Mons. Giuseppe Sciacca, segretario del Governatorato:

    “Il Presepe ci ricorda – come ha recentemente detto il Santo Padre Benedetto XVI parlando agli Universitari romani – che “nella grotta di Betlemme la solitudine dell’uomo è vinta, la nostra esistenza non è più abbandonata alle forze impersonali dei processi naturali e storici e noi possiamo progettare la nostra storia nella certezza che il Dio di Gesù Cristo è presente e ci accompagna”.

    Ma il figlio di Dio che viene tra gli uomini ci insegna anche la strada per farci suoi testimoni nel mondo: è la via dell’umiltà che mostra all’uomo dove risiede, in vero, la felicità a cui anela. Ascoltiamo il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano:

    “E qual è la grande lezione che Gesù ci ha dato a Betlemme? Gesù, se avesse voluto, avrebbe potuto tranquillamente nascere nel Palazzo Imperiale qui a Roma o nella reggia di un re. E invece ha voluto nascere a Betlemme, nella povertà di una stalla. Perché? Per ricordarci una verità importantissima, che è questa: la felicità non si compra con i soldi, non esiste negozio che la possa vendere e non esiste banca che possa emettere assegni di felicità. La felicità dipende dal cuore buono, dal cuore libero dalla cattiveria, la felicità è conseguenza del cuore abitato da Dio”.

    E’ Dio dunque la fonte della felicità per l’uomo. Per tutti gli uomini, di ogni razza e cultura, come quelli che alla vigilia del Natale, ai piedi del Presepe, si radunano in piazza San Pietro: vengono dall’Asia, dall’Europa, dall’America Latina e dal Medio Oriente, attratti da quella luce che sola illumina di senso l’esistenza. Una luce che è anche simbolo universale di amore e di pace, per i cristiani e non solo.

    “Sono Maya, vengo dall’Iran, da Teheran. Siamo qui per vedere il Papa e per seguire le celebrazioni in Italia”.

    “Noi siamo musulmani e rispettiamo i cristiani e la nascita di Gesù", dice Maya in Italia con la sua famiglia. "Abbiamo voluto essere qui per vedere e condividere la vostra felicità, per promuovere insieme la pace, perché tutte le religioni vengono da Dio. Il modo è diverso, ma i sentimenti sono gli stessi, desideriamo le stesse cose”. Nella notte di Natale l’unità dei popoli promessa dal Dio nascente sembra già realtà.

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    Oggi in Primo Piano



    Sangue in Nigeria: esplosioni in tre chiese durante le Messe di Natale. "Un odio cieco, assurdo", commenta padre Lombardi

    ◊   La violenza non risparmia la Nigeria neppure il giorno di Natale: questa mattina tre ordigni sono esplosi vicino ad altrettante chiese, una in un sobborgo di Abuja, una a Jos e una a Gadaka, dove si stavano celebrando le Messe natalizie. Secondo le prime stime, sarebbero almeno 27 i morti. Vicinanza al popolo nigeriano, provato dalla violenza in un giorno che dovrebbe essere di gioia e di pace, è stata espressa dal direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il servizio di Roberta Barbi:

    Un Natale con un forte tributo di sangue, quello pagato oggi dalla Nigeria, dove tre bombe sono esplose in altrettante chiese proprio mentre i fedeli partecipavano alle celebrazioni natalizie. La prima esplosione nella chiesa cattolica di Santa Teresa a Madalla, nella periferia della capitale nigeriana Abuja. Poco dopo, alcuni testimoni hanno riferito di un’altra deflagrazione avvertita nella zona di Rikkos a Jos, nella Nigeria centrale, nei pressi della chiesa dei Miracoli, affollata questa mattina per la Messa di Natale. Qui, inoltre, un gruppo di uomini armati avrebbe sparato contro la polizia a guardia del luogo, uccidendo un agente, mentre altro esplosivo sarebbe stato ritrovato in un edificio poco lontano. Il terzo ordigno è scoppiato pochi minuti fa a Gadaka, nello Stato settentrionale di Yobe. Il portavoce dell’agenzia nigeriana dei Servizi di Sicurezza, Yushau Shuaib, ha confermato la presenza di vittime e feriti ad Abuja, ma ancora non è stato fornito dalle autorità un bilancio ufficiale perché è molto difficile stabilire quante persone fossero in chiesa al momento dello scoppio. Il ministero dell’Interno della Nigeria, inoltre, ha fatto sapere di non avere ambulanze a sufficienza per far fronte all’emergenza, essendo state dislocate lungo le autostrade del Paese. L’attentato a Madalla sarebbe stato rivendicato dal gruppo di estremisti islamici Boko Haram, responsabile già alla vigilia di Natale dell’anno scorso di una serie di attacchi a Jos, in cui morirono almeno 32 persone e 74 rimasero ferite. “Una manifestazione della crudeltà e di un odio cieco, assurdo, che non ha alcun rispetto per la vita umana”: così ha commentato il triplice attentato il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, in una dichiarazione di vicinanza al popolo nigeriano. “Mentre preghiamo per le vittime ci auguriamo – ha osservato padre Lombardi – che questa insensata violenza non indebolisca la volontà di convivenza pacifica e di dialogo nel Paese”.

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    Natale nel mondo: dal Custode di Terra Santa l'invito a concentrarsi sul "tesoro" Gesù

    ◊   Il Natale in Terra Santa è iniziato ieri con il tradizionale ingresso a Betlemme del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che poi ha presieduto la Messa di Mezzanotte nella Basilica della Natività: ha assistito alla celebrazione eucaristica anche il presidente palestinese Abu Mazen. Ma come vivono i cristiani questo Natale? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:

    R. - Dal punto di vista della Liturgia e delle manifestazioni pubbliche, è un Natale identico a quello di tutti gli anni. C’è un clima di festa e, come sempre, un clima di attesa per gli eventi futuri. È un Natale segnato anche dalle preoccupazioni per la comunità cristiana, non tanto per la Terra Santa, ma per tutti i Paesi del Medio Oriente, ma un Natale di festa e di gioia ugualmente.

    D. – Nel suo messaggio ha scritto che il Natale è anche la storia di tesori. Quali tesori attendono – speriamo – nel futuro prossimo la Terra Santa?

    R. – Il tesoro per eccellenza è Gesù. Io ho voluto mettere da parte per una volta, perché lo facciamo tutto l’anno, i problemi politici e le questioni sociali. Per una volta vogliamo guardare a Gesù e basta. Una volta capito questo, ti accorgi che il tesoro, i tesori sono le persone che vivono qui, le tante piccole iniziative di pace, le tante cose che si fanno in positivo: sono tesori che spesso sono nascosti e che non sono conosciuti.

    D. – Tesori che sono nascosti e può darsi - come lei, padre ha scritto – che dal di fuori sembra non cambi nulla. Può sembrare che la storia della Terra Santa continui ad essere sempre la realtà drammatica che purtroppo si vive… In realtà, qualcosa può cambiare, deve cambiare…

    R. – E cambia! Dobbiamo proprio dire questo: le cose cambiano, anche se purtroppo vediamo la realtà solita. Quando uno trova qualcosa che gli dà gioia, quando ha scoperto e trovato nelle relazioni - soprattutto nella relazione principale che è quella con Gesù - questa positività, tutto viene visto con occhi non soltanto carichi di speranza, ma anche di una certezza che dà fondamento alle nostre attività, alla nostra vita.

    D. – Partendo proprio da queste certezze, qual è il suo augurio per il Santo Natale?

    R. – Quello di perdere le proprie piccole attese, essendo capaci di perdere le nostre piccole visioni, essendo capaci di guardare il bello che c’è e soprattutto di ritrovarsi ‘comuni’ nell’umanità, davanti a Dio. (mg)

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    L’Europa e la crisi, mons. Giordano: i cristiani chiamati a dare un contributo di speranza

    ◊   Per l’Europa, il 2011 è stato un anno fortemente segnato dalla crisi economica che ha portato anche a forti tensioni sociali ed imponenti manifestazioni di piazza, in particolare in Grecia e Spagna. Sulle radici di questa crisi e il messaggio di speranza che i cristiani sono chiamati a dare, soprattutto in questo tempo forte del Natale, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa:

    R. – Io vedo questa situazione di crisi – la parola oggi dominante in Europa – nel fatto che ci sono dei segnali molto contrastanti, c’è una tensione che ha degli elementi tragici. Da una parte, la crisi economica risveglia la coscienza, che dobbiamo affrontare la questione tutti insieme in Europa, ma dall’altra parte noi assistiamo alla tendenza di una fuga dalla dimensione europea, dalla dimensione comune e una riconcentrazione sulle questioni più nazionali e la difficoltà di una ricerca di un bene comune. Da una parte siamo coscienti che la crisi ha una dimensione mondiale, quindi esigerebbe un’attenzione a tutti i popoli della terra, dall’altra l’Europa è quasi indifferente a ciò che succede nel Corno d’Africa, al fatto che lì si muore radicalmente di fame. Da una parte, c’è l’esigenza di una nuova sobrietà, di un’eticità anche di vita, di esistenza, di una correzione al sistema dei consumi o anche al sistema dello sviluppo intero e ognuno dovrebbe contribuire a questo. D’altra parte, però, in Europa assistiamo anche a delle spese scandalose.

    D. – Quale contributo di speranza i cristiani possono dare all’Europa in questa difficile fase di crisi?

    R. – Il primo contributo dei cristiani è il Vangelo stesso, è la buona notizia che Dio è venuto fra di noi, che Dio ha dato la vita per noi ed è risorto. Questa grande notizia è l’unica notizia che veramente si aspetta l’umanità e il popolo europeo. Quindi, è Dio la novità e che i cristiani possono dare e anche restituire Dio nello spazio pubblico. Un altro aspetto che sottolinerei è l’aspetto del pensare, della cultura: il mondo di oggi ha bisogno di idee, ha bisogno di pensieri, ha bisogno di approfondimenti. Forse qui anche l’Europa che è stata segnata, animata dal cristianesimo potrebbe ritrovare proprio nel mondo del pensiero un suo contributo originale da dare alle altre regioni della Terra. (ap)

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    Il primo Natale del Sud Sudan tra desiderio di pace e voglia di ricominciare

    ◊   Per una nazione, quella del Sud Sudan, questo è il primo Natale festeggiato in un Paese sovrano, dichiarato indipendente lo scorso mese di luglio. Amedeo Lomonaco ha raggiunto telefonicamente a Juba padre Daniele Moschetti, superiore provinciale dei Missionari Comboniani in Sud Sudan:

    R. - La venuta del Signore è celebrata doppiamente. È anche la prima volta che lo facciamo in questo Paese, nato appena cinque mesi fa. Ha un grande valore, ma le problematiche sono molto grandi: c’è il debito internazionale da pagare, i confini da delimitare, il discorso della spartizione del petrolio e si deve stabilire quanta percentuale possa ottenere il Nord. Questo ha creato, nelle ultime settimane, davvero molta tensione. Ci sono ancora grossi debiti che il Sud deve pagare al Nord per delle commesse che ha ricevuto e delle royalties, cioè dei diritti, sul petrolio. Non dobbiamo dimenticare che fra tre mesi abbiamo un’altra scadenza molto importante: quella della cittadinanza. Il 9 marzo prossimo scadranno i termini per quanto riguarda la cittadinanza dei sud sudanesi che vivono a Khartoum. Tra l’altro, nei pressi di Khartoum, ci sono ancora più di due milioni di persone, il che vuol dire molti rifugiati. In questo momento ne stanno scendendo a migliaia.

    D. – Si deve poi aggiungere che l’Onu ha lanciato l’allarme sulla grave crisi in Sud Sudan, dove almeno 2,7 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari. Il Sud Sudan è pronto per affrontare quest’emergenza alimentare?

    R. - Il Paese non ha grandi infrastrutture, non ne ha quasi per niente. Siamo proprio all’inizio di un grande cammino di ricostruzione del Paese. Se continuerà questa fase difficile, dove la gente deve scappare dalle zone al confine ma anche da zone dove c’è la guerra civile - quindi i due Stati del Nord Sudan, il Blue Nile ed il Sud Kordofan - non è facile trovare una soluzione. Dovrebbe esserci la disponibilità ad un vero dialogo, si dovrà trovare una soluzione a queste problematiche. Il Sud del Paese è già molto povero e quello del Nord, dal punto di vista economico, è crollato proprio per il fatto che il petrolio oggi viene pagato al Sud. Nonostante questo, c’è tanta speranza e voglia di ricominciare in un Paese che ha davvero tanto bisogno di ritrovare se stesso. E la gente ha voglia di pace. (vv)

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    In India il Natale è all'insegna della condivisione e della speranza perché è "Dio che viene a salvarci"

    ◊   In India, nonostante le continue violenze da parte di estremisti indù contro la comunità cristiana, il Natale incoraggia i fedeli a percorrere il cammino della vita con occhi di speranza. È quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il vescovo di Vasai, mons. Felix Anthony Machado:

    R. - Il messaggio del Natale è questo: la speranza. “Speranza” è la parola chiave del Natale: in ogni situazione disperata dell’umanità Dio viene a salvarci. Questo è il messaggio del Natale. Sono molto contento di vedere come anche in un Paese come l’India, dove i cristiani sono pochi, gli orfani assistiti nelle nostre istituzioni camminino insieme, per le strade, e cantino le canzoni di Natale portando gioia. Ho visto come questi orfani, che vengono curati dalle religiose, cantassero davvero con grande gioia e la condividessero con persone di tutte le religioni. In queste occsioni, in molti si riuniscono per ascoltare queste canzoni natalizie e questo messaggio di speranza che porta con sé il Natale. Questo, in un Paese come l’India, è uno dei segni più forti contro le violenze dei fondamentalisti.

    D. - Il Natale, dunque, è speranza e condivisione. E la speranza unisce anche uomini di fedi diverse. E’ proprio questo, forse, a dare fastidio ai fondamentalisti...

    R. - Sì, è la fonte di questi problemi. Non basta ostacolare questi fondamentalisti nel commettere questi atti violenti. Il messaggio di Natale ci dice che l’uomo deve essere radicalmente un essere nuovo in Gesù. Vorrei perciò che ci fosse la conversione di questi fondamentalisti. Fermare queste loro azioni non rappresenterebbe ancora, per me, il vero Natale. Il Natale vero sarebbe poter andare al di là di tutto ciò e convertire il cuore di questi fondamentalisti, in modo che diventino nuovi uomini in Gesù Cristo. Questa, per me, sarebbe la vera celebrazione del Natale. (vv)

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    Nella Colombia devastata dalle alluvioni il Natale annuncia il Vangelo della solidarietà

    ◊   Il dolore per oltre 120 vittime a causa delle alluvioni nel mese di dicembre, ma anche la speranza per nuovi spiragli di pace con i guerriglieri. È il duplice stato d’animo con cui la Colombia vive il Santo Natale. È quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo di Bogotá, mons. Rubén Salazar Gómez:

    R. – In Colombia è un Natale un po’ triste perchè in questi giorni ci sono state alluvioni a causa di questa pioggia eccessiva. Nel Paese regna un sentimento di tristezza ma c’è anche la speranza che il Paese possa tirarsi su, l’anno prossimo, perchè ci sono tanti progetti per la pace, per la giustizia, per il bene di tutti.

    D. - La Chiesa ha ribadito la propria disponibilità a dialogare direttamente con la guerriglia, con le forze armate rivoluzionarie. La via del dialogo è possibile?

    R. – Senz’altro la via del dialogo è sempre possibile ma non è tanto facile perchè il governo non vuole che ci sia un dialogo se non ci sono stati prima tutti i passi necessari per ottenere una possibilità di successo, perchè in altre occasioni questi dialoghi sono stati assolutamente inutili. Noi siamo sempre disponibili e noi facciamo del nostro meglio perchè sia possibile la pace nel nostro Paese.

    D. – Progetti per la pace, per la giustizia, in cui la Chiesa è sempre in prima linea?

    R. – Sì, noi come Chiesa non possiamo avere nostri progetti perchè il governo cerca di mediare per ottenere la pace con questi gruppi. Ma penso che la Chiesa eserciti sempre un ruolo importante perchè noi predichiamo il Vangelo - il Vangelo della pace, il Vangelo della giustizia, il Vangelo della fraternità, il Vangelo della solidarietà - e questa è la condizione per avere la pace nel nostro Paese.

    D. – Ci sono ancora molti ostaggi nelle mani della guerriglia?

    R. – Non si conosce il numero esatto perchè è un numero che dipende da tante cose e ci sono anche persone sequestrate che non sono state denunciate, ma comunque c’è la certezza che siano ancora parecchi. Finchè non sarà liberato l’ultimo sequestrato dobbiamo lottare tutti quanti per la liberazione di tutti gli ostaggi.

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    In Australia, terra d'immigrazione, il Natale è un crogiolo di tradizioni

    ◊   Lo spettro della crisi aleggia anche in Australia. Il Natale di quest’anno, dunque, si presenta sotto il segno della sobrietà anche in questo Paese come ci riferisce padre Eric Skruzni, rettore del Seminario Redemptoris Mater di Sydney, al microfono di Lev Sordi:

    R. – Per via della crisi economica, le persone hanno paura di perdere il lavoro. Vedendo anche gli effetti di questo momento sull’Europa, molti australiani hanno iniziato a preoccuparsi e, in questo senso, sono anche un po’ più cauti nel comprare i regali per la propria famiglia. Diventa quindi più importante lo stare insieme con la famiglia, piuttosto che spendere dei soldi per acquistare i regali.

    D. – Alla luce di questi fatti, che cosa augura ai fedeli?

    R. – Stare in famiglia, in comunione. Sappiamo che molte famiglie hanno diverse tradizioni: molti, ad esempio, si sono sposati con persone non australiane, il che rende difficile riuscire a definire cosa sia davvero una tradizione australiana. La maggior parte di noi di noi è nata da famiglie di immigrati, e quindi le tradizioni sono molteplici e diverse tra loro. Alcuni preferiscono celebrare più la vigilia del Natale, la sera del 24 dicembre, mentre altri festeggiano con il pranzo di mezzogiorno del 25. La cosa importante, però, è accettare le differenze degli altri e cercare la comunione in famiglia. Tanti auguri all’Australia! (vv)

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    Chiesa e Società



    Morto improvvisamente mons. Brambilla, vescovo ausiliare di Roma. Il ricordo del cardinale Vallini

    ◊   La Chiesa italiana in lutto per la morte improvvisa, ieri, di mons. Armando Brambilla, 69 anni, vescovo ausiliare di Roma. In un messaggio, il cardinale vicario, Agostino Vallini, ricorda “l’apprezzato ministero” del presule scomparso, il suo “servizio episcopale a favore di tanti ammalati” e il suo impegno “per promuovere una coscienza missionaria nelle comunità parrocchiali”. Anche il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, diocesi in cui mons. Brambilla era nato e cresciuto, ne sottolinea “la fede e la cordiale umanità”. Nato a Cologno Monzese nel 1942, mons. Brambilla era vescovo titolare di Giomnio e per dieci anni aveva insegnato religione alle scuole medie. I funerali si svolgeranno martedì prossimo, 27 dicembre, alle 14.30, nella Parrocchia di San Maurizio al Lambro a Cologno Monzese, mentre una Santa Messa esequiale sarà celebrata il 3 gennaio, alle ore 11, nella Basilica di San Giovanni in Laterano. (I.P.)

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    Attentato in Afghanistan durante un funerale, 20 morti

    ◊   È di almeno 20 morti e 50 feriti il bilancio di un attentato suicida avvenuto questa mattina durante un funerale celebrato nella città di Taliqan, nel nord dell’Afghanistan. Il probabile obiettivo del kamikaze era il governatore della provincia di Takhar, di cui Taliqan è il capoluogo, Abdul Jabar Taqwa, che avrebbe dovuto presenziare alla cerimonia. Tra le vittime, stando a quanto riportato da un portavoce del governo locale, ci sarebbe anche un esponente del Parlamento nazionale. Secondo fonti di polizia, il bilancio di vittime e feriti sarebbe inferiore, ma comunque del tutto provvisorio. (R.B.)

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    Messaggio di Natale dei vescovi delle Chiese cristiane slovacche

    ◊   “Prestare attenzione all’uomo”. È il motto del messaggio congiunto di Natale pubblicato dai vescovi delle tre Chiese cristiane – greco-cattolica, ortodossa, evangelica della confessione augustana - presenti nella regione di Presov della parte orientale della Slovacchia. I vescovi – riferisce il Sir - esortano non soltanto i credenti ma tutte le persone di buona volontà al rispetto reciproco e alla manifestazione di umanità, “perché nella comunicazione quotidiana ci troviamo di fronte ad esseri umani, non a oggetti”. Il pensiero è rivolto alle persone che lavorano a contatto con molta gente, chiedendo loro di prestare attenzione a tutte le dimensioni di ogni persona a cui si trovano di fronte e a “preparare tutto nel modo in cui lo faremmo per i nostri cari”. L’anno prossimo sarà carico di sfide per la Slovacchia, comprese le pre-elezioni di marzo. A questo proposito, i vescovi esortano i politici, che hanno in mano il futuro del Paese, ad assumere i propri ruoli con piena responsabilità del servizio alla nazione. “A tutti voi che non vi siete rassegnati e state cercando il rinnovamento di una vita dignitosa nella società, auguriamo un felice Natale, una profonda esperienza del mistero dell’amore di Dio e la determinazione a contribuire al bene comune della nostra società”, concludono i vescovi nel messaggio.

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    La comunità missionaria di Villaregia allestisce presepe vivente per Costa d’Avorio

    ◊   Riscoprire il senso del Natale senza dimenticare i più poveri: è questo il messaggio natalizio che intende inviare ai fedeli il presepe vivente missionario che la comunità missionaria di Villaregia, a Roma, allestirà nelle giornate del 26 dicembre e del 6 gennaio prossimi. L’iniziativa servirà a sostenere la popolazione di Yopougon, zona periferica della città di Abidjan, in Costa d’Avorio. Nella sacra rappresentazione della Natività, riferisce il Sir, saranno impegnate 150 comparse che attraverso costumi storici e sullo sfondo di ambientazioni originali, daranno vita alla Betlemme dei tempi di Gesù, dando dimostrazioni delle arti e dei mestieri di duemila anni fa. Nel corso delle serate, il presepe vivente sarà accompagnato da esibizioni musicali di sottofondo. (R.B.)

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    A Berlino 34.mo pellegrinaggio di fiducia sulla terra della Comunità di Taizé

    ◊   “La fiducia non è cieca ingenuità. Liberandovi dalla schiavitù della paura, questa fiducia, attinta nella vostra fede in Cristo e nella vita del suo Spirito Santo nei vostri cuori, vi rende più lungimiranti e disponibili per rispondere alle numerose sfide e difficoltà alle quali devono far fronte gli uomini e le donne di oggi”. Questo il messaggio che Benedetto XVI ha inviato alla Comunità di Taizé in occasione del 34.mo pellegrinaggio di fiducia sulla terra, in programma dal 28 dicembre al primo gennaio prossimi, che per la prima volta si svolgerà a Berlino, nella grande struttura della Messegelände. Sono attesi nella capitale tedesca circa 30mila giovani europei: i contingenti già confermati sono quello tedesco (diecimila presenze), polacco (seimila), croato, francese, ucraino (duemila), italiano (1800) e bielorusso (700). Prevista anche una folta rappresentanza di lituani, romeni e portoghesi. I temi trattati nel corso dell’appuntamento saranno il rapporto tra le religioni e la vita di fede, ma cari ai giovani europei sono anche, in questo periodo di crisi, le questioni politiche ed economiche, come ha dichiarato a Sir Europa frére David, della Comunità. Il priore di Taizé, frére Alois, ha scritto una lettera ai partecipanti intitolata “Verso una nuova solidarietà” che sarà resa pubblica a partire dal 30 dicembre prossimo, ma che, secondo le anticipazioni, parla di fiducia e della necessità di condivisione che costituiscono il fondamento dell’unione tra credenti di diverse religioni e tra credenti e non credenti. Per l’occasione sono arrivati alla Comunità diversi messaggi, come quello del presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy che si sofferma sulla figura di Gesù, sottolineandone l’amore “concreto, inserito nella realtà del mondo e dei giorni. Un amore portato verso l’altro, un amore che si traduce in atti, un amore che agisce”. (R.B.)

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    Giamaica. I Missionari dei Poveri aprono un nuovo centro per le mamme in difficoltà

    ◊   Con il contributo di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), la congregazione dei Missionari dei Poveri ha realizzato a Kingston, nella capitale della Giamaica, un nuovo centro d’accoglienza per le donne incinta in difficoltà e i loro bambini. L’ostello, che aprirà nel gennaio del 2012, sarà intitolato ai Santi Innocenti e accoglierà 20 neomamme, mentre sarà in grado di fornire assistenza diurna a circa 200. Per ora, grazie all’impegno di sei suore missionarie e al contributo economico di Acs di 40mila euro, funziona una clinica alla quale si rivolgono quotidianamente dalle 80 alle 100 madri. Il fondatore, padre Richard Ho Lung, ha raccontato alla Zenit che l’obiettivo del centro è spingere il governo giamaicano a cambiare la legislazione sull’aborto che consente di interrompere la gravidanza in tre casi: malformazioni del feto, rischio per la salute materna e stupro o incesto. Il sacerdote testimonia, inoltre, che il 65% dei giamaicani è contrario a questa norma. Padre Lung, infine, ha ringraziato per l’aiuto Acs, definendola “un’agenzia utilissima” che permetterà al nuovo centro di offrire assistenza medica a titolo completamente gratuito. (R.B.)

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    Prossima riunione dei vescovi dell’Africa occidentale in Costa d’Avorio per discutere i problemi della regione

    ◊   Si terrà dal 23 al 29 gennaio prossimo a Yamoussoukro, capitale della Costa d’Avorio, la prima riunione della Conferenza Episcopale Regionale dell’Africa Occidentale (Recowa-Cerao), nata nel 2009 dalla fusione dell’Associazione delle Conferenze episcopali anglofone dell’Africa occidentale (Aecawa), della Conferenza episcopale regionale francofona dell’Africa dell’ovest, delle Conferenze episcopali dei Paesi lusofoni. Per la prima volta cardinali, arcivescovi e vescovi dei Paesi francofoni, anglofoni e lusofoni dell’Africa occidentale si ritroveranno insieme per discutere il tema: “La Chiesa, Famiglia di Dio, in Africa occidentale a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. “Come la Cedeao, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, vogliamo riunirci per riflettere insieme sui grandi problemi dei nostri Paesi”, così ha spiegato il senso della riunione, mons. Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan, al termine di un incontro con il Presidente ivoriano Alassane Ouattara in cui ha invitato il Capo dello Stato a partecipare all’evento. La riunione era prevista originariamente dal 7 al 9 dicembre del 2010, ma era stata poi rimandata a causa della crisi politica in cui era ripiombato il Paese dopo le elezioni presidenziali dell’anno scorso. (L.Z.)

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    A Milano in primavera il VII Incontro mondiale delle famiglie

    ◊   “Dopo Dio, la realtà più bella sulla terra è una famiglia dove ci si vuole bene. Dio ha scelto l’amore dei coniugi per farne segno e il sacramento del suo amore”. Così mons. Erminio De Scalzi, vescovo ausiliario della diocesi di Milano presenta alla Zenit il messaggio che il VII Incontro mondiale delle famiglie, in programma in città fra il 30 maggio e il 3 giugno 2012, intende passare. Il titolo dell’evento, che vuole porre l’accento non solo sulle difficoltà quotidiane delle famiglie, ma anche sull’atmosfera felice che si respira in alcune di esse, è “La famiglia: il lavoro e la festa”. Già partito, inoltre, il progetto “Accogli una famiglia”, per sensibilizzare la popolazione meneghina ad aprire le porte delle proprie case alle famiglie che arriveranno a Milano da ogni parte del mondo per prendere parte all’evento. Un’occasione unica per riscoprire virtù familiari ormai perdute in Europa come la semplicità e la sobrietà, dice ancora il vescovo, il cui invito è stato già raccolto dalla Casa della carità di don Virginio Colmegna mentre anche il Comune di Milano, fa sapere il vicesindaco Maria Grazia Guida, si è messo al servizio della Fondazione famiglie e del prefetto, che è stato nominato commissario straordinario per l’appuntamento. Il termine per dare la propria disponibilità è il 31 marzo 2012. (R.B.)

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    In Bolivia il lavoro minorile è una piaga sociale

    ◊   Sta diventando una vera e propria emergenza il fenomeno del lavoro minorile nella città boliviana di Cochabamba. Qui moltissimi bambini, per mantenere la famiglia, lasciano prematuramente la scuola e si dedicano al lavoro nei cimiteri, alla vendita dei giornali, al lavaggio delle auto o a fare i lustrascarpe. Nel distretto in questione, riferisce la Fides, il lavoro minorile coinvolge circa il 25% della popolazione infantile, mentre il 35% svolge piccoli lavoretti saltuari per acquistare libri scolastici e cibo. Purtroppo il lavoro minorile rappresenta in alcuni casi l’unica alternativa a essere cooptati in gruppi criminali o a diventare tossicodipendenti. (R.B.)

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