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Sommario del 16/12/2011
◊ Guardate con speranza al futuro, nonostante le difficoltà: è l’incoraggiamento di Benedetto XVI ai giovani di tutto il mondo, contenuto nel Messaggio per la 45.ma Giornata Mondiale della Pace pubblicato oggi e che si celebrerà, come da tradizione, il prossimo primo gennaio. Tema del documento, presentato stamani in Sala Stampa vaticana, è: “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Il Papa ribadisce l’importanza della famiglia e dell’educazione per la costruzione di una pace autentica. E mette in guardia dal relativismo che rappresenta una minaccia al retto uso della libertà. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Non abbiate paura” di impegnarvi “per un futuro più luminoso per tutti”. Sono i giovani i protagonisti del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace. A loro si rivolge con parole di speranza e incoraggiamento: “Non siete mai soli. La Chiesa ha fiducia in voi”, “vi segue e vi incoraggia” offrendovi la possibilità di incontrare Gesù Cristo. Il Papa è consapevole delle preoccupazioni manifestate da molti giovani “in questi ultimi tempi in varie regioni del mondo”. E’ importante, scrive, che “questi fermenti e la spinta ideale che contengono trovino la dovuta attenzione in tutte le componenti della società”. La Chiesa, ribadisce, “guarda ai giovani con speranza” e li incoraggia “a ricercare la verità” e a “difendere il bene comune”. Il Papa invita dunque i ragazzi di tutto il mondo a guardare “con maggiore speranza al futuro” e ricorda loro che “non le ideologie salvano il mondo”, ma il Dio vivente che è Amore. “Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà – è l’esortazione del Pontefice – e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi”. Il Papa chiede ai giovani di “essere di esempio e stimolo per gli adulti” sforzandosi di “superare le ingiustizie e la corruzione”. E esorta i responsabili politici ad “offrire ai giovani un’immagine limpida della politica come vero servizio per il bene di tutti”.
Il Messaggio non manca di allargare l’orizzonte alla crisi economica che sta assillando il mondo e le cui radici, osserva il Papa, “sono anzitutto culturali e antropologiche”. Riconosce che, nell’ultimo anno, “è cresciuto il senso di frustrazione”, ma invita a guardare al 2012 con “atteggiamento fiducioso”. Famiglia ed educazione sono i due pilastri da cui ripartire. Il Papa esorta i genitori a “non perdersi d’animo”, nonostante le difficoltà che minacciano e non di rado frammentano la famiglia. Il Papa mette l’accento sulle “condizioni di lavoro spesso poco armonizzabili con le responsabilità familiari". E ancora, "le preoccupazioni per il futuro" e i "ritmi di vita frenetici”. Si rivolge così ai responsabili politici “chiedendo loro di aiutare concretamente le famiglie e le istituzioni educative”. E aggiunge: “non deve mai mancare un adeguato supporto alla maternità e alla paternità”. Del resto, si legge nel Messaggio, bisogna far sì che “le famiglie possano scegliere liberamente le istituzioni educative ritenute più idonee per il bene dei propri figli”. E ancora, chiede di “favorire il ricongiungimento” delle famiglie che si trovino divise per la “necessità di trovare mezzi di sussistenza”. Infine, lancia un appello “al mondo dei media affinché dia il suo contributo educativo”.
Il Messaggio volge poi l'attenzione alla necessità di educare alla verità e alla libertà. L’uomo, scrive il Papa, “porta nel cuore una sete di infinito”, perché è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. E avverte che, “solo nella relazione con Dio l’uomo comprende anche il significato della propria libertà”. Questa, tiene a precisare, “non è l’assenza di vincoli o il dominio del libero arbitrio”. E mette in guardia dall’“assolutismo dell’io”, dalla “massiccia presenza” del relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie”. Il “retto uso della libertà – soggiunge – è dunque centrale nella promozione della giustizia e della pace”. Occorre poi “educare alla giustizia” in un mondo che ricorre solo “ai criteri dell’utilità, del profitto e dell’avere”. E rileva che oggi “certe correnti della cultura moderna, sostenute da principi economici razionalistici e individualisti hanno alienato il concetto di giustizia dalle sue radici trascendenti”. La pace, scrive il Papa, “è frutto della giustizia ed effetto della carità”. E’ “dono di Dio”, ma anche “opera da costruire”. Per essere veramente operatori di pace, conclude il Messaggio, dobbiamo educarci “alla compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità” e ad essere vigili e attivi nella comunità per “destare le coscienze sulle questioni nazionali e internazionali”.
E i giovani sono stati protagonisti anche nella conferenza stampa di presentazione del Messaggio, dove si è parlato pure del movimento degli “indignados” e della “primavera araba”. Il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha innanzitutto ribadito quanto la Chiesa punti sui giovani:
“La Chiesa li vede protagonisti, coltiva una formidabile fiducia in loro, li incoraggia, crede fermamente in essi. Vuole che i giovani siano primari interpreti: li invita all’azione pubblica, li vuole determinati, colmi di speranza per il loro futuro, forti e solidali fra di loro”.
Dal canto suo, il segretario di “Giustizia e Pace” mons. Mario Toso, si è soffermato sul messaggio dato dai giovani che hanno manifestato nei Paesi arabi:
“I giovani della ‘primavera araba’ hanno fatto capire questo: ci può essere giustizia sociale nei loro Paesi se c’è democrazia; viceversa ci può essere democrazia se c’è giustizia sociale”.
Una voglia di democrazia che, il cardinale Turkson, ha auspicato anche per l’Africa. Del resto, ha detto mons. Toso, si sente nei Paesi occidentali e in Italia in particolare l’esigenza di una nuova generazione di giovani impegnati per il bene comune:
“Formare nuove generazioni in questo contesto culturale di cittadini, amministratori, politici, uomini di cultura, imprenditori, manager, professionisti in tutti i campi, compreso quello della comunicazione”.
E sulle responsabilità della politica nei confronti dei giovani è tornato anche il cardinale Turkson:
“Si può parlare di dignità della politica e del personale politico: esso, infatti, deve offrire un esempio di rettitudine, coerenza tra sfera pubblica e privata, preparazione e competenze”.
Mons. Toso ha infine auspicato l’istituzione di un Fondo, nell’ambito del mondo cattolico italiano, per aiutare i giovani disoccupati. E ancora, rispondendo a una domanda sul recente Vertice europeo per risolvere la crisi, ha affermato che non si sta prendendo la strada giusta giacché serve maggiore collaborazione economica e politica tra gli Stati.
◊ Benedetto XVI, ricevendo stamani la delegazione ucraina per la consegna dell’albero di Natale - proveniente quest’anno dalla provincia della Transcarpazia - ha ricordato che l’abete è anche un segno della “religiosità popolare” e delle “radici cristiane della cultura” dell’Ucraina. L’albero di Natale, posto in Piazza San Pietro accanto al presepe, è alto oltre 30 metri e pesa più di 5 tonnellate. Il legno, come ogni anno, verrà donato ad associazioni per la lavorazione a scopi di beneficenza. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
“L’albero e il presepio sono elementi di quel clima tipico del Natale che appartiene al patrimonio spirituale delle nostre comunità”. Favoriscono “un clima soffuso di religiosità e di intimità familiare – sottolinea il Papa – che dobbiamo conservare anche nelle odierne società, dove talora sembrano prevalere il consumismo e la ricerca dei beni materiali”. L’albero, in particolare, è un simbolo legato alla vita:
“Significativo simbolo del Natale di Cristo, perché con i suoi rami sempre verdi richiama il perdurare della vita, l’abete è anche segno della religiosità popolare della vostra terra e delle radici cristiane della vostra cultura”.
Il Papa auspica che l’intera comunità cristiana ucraina, saldamente ancorata alle proprie radici, sia animata da un rinnovato desiderio di testimoniare la fede con gioia per promuovere “i valori della vita, della solidarietà e della pace”:
“Auspico che queste radici possano rinsaldare sempre più la vostra unità nazionale, favorendo la promozione di valori autentici e condivisi. Nel corso dei secoli, il vostro Paese è stato crocevia di culture diverse, punto di incontro tra ricchezze spirituali d’Oriente e d’Occidente. Nella tenace adesione ai valori della fede, possa continuare a rispondere a questa peculiare vocazione”.
Il Pontefice invita a predisporci ad accogliere con fede il Creatore dell’universo che, facendosi bambino, “è venuto tra noi per condividere il nostro cammino”: “Si è fatto piccolo per entrare nel cuore dell’uomo e così rinnovarlo con il suo amore”:
“In questo tempo di Avvento, la Chiesa ci invita a prepararci alla Nascita del Salvatore, intensificando il cammino spirituale e il rapporto con Cristo. La nostra epoca ha bisogno di cristiani santi, entusiasti della propria fede!”.
Maria – aggiunge il Santo Padre – ci è “modello e guida” e ci suggerisce “un singolare sguardo contemplativo”. La Beata Vergine - ricorda il Papa - “ascolta, osserva, custodisce, medita, prega”:
“Quanto c’è bisogno di recuperare il gusto della preghiera! Come dobbiamo essere attenti a non lasciarci sopraffare dai ritmi incalzanti della vita, che ci impediscono di rientrare in noi stessi e di ritrovarci davanti al mistero stupendo di Dio che abita nel nostro cuore!”.
Salutando la delegazione ucraina, il Papa ha rivolto infine, in lingua ucraina, i propri fervidi auguri per il Natale:
“Запевняю постійну згадку в молитвах за вас, за ваші родини”…
“Assicuro un ricordo nella preghiera per voi, per le vostre famiglie, per l’Ucraina e per tutti gli Ucraini, mentre imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Buon Natale!”. L’abete in Piazza San Pietro sarà illuminato, nel pomeriggio, nel corso di una cerimonia ecumenica alla presenza congiunta di esponenti della Chiesa cattolica e di quella ortodossa dell’Ucraina.
Benedetto XVI agli universitari: chi vuole costruire il mondo senza Dio distrugge l'uomo
◊ “Non siamo soli a costruire la storia, Dio non è lontano dall’uomo ma si è chinato su di lui e si è fatto carne”. Così il Papa ieri sera, durante i Vespri in San Pietro con gli oltre 10 mila studenti degli Atenei romani. Benedetto XVI ha ricordato il dramma delle ideologie, di quanti hanno tentato di costruire il mondo senza Dio, finendo per distruggere l'uomo. L’incontro è giunto al culmine delle cerimonie per il ventennale della Pastorale Universitaria, istituita da Giovanni Paolo II. Per l’occasione anche la consegna dell’Icona di Maria Sedes Sapientiae, dagli universitari spagnoli a quelli romani dell’Università La Sapienza. Il servizio di Cecilia Seppia:
In un mondo che corre veloce, distratto, impaziente, utilizzando sempre di più e in ogni ambito della vita i binari immediati delle nuove tecnologie, il Papa con le parole dell’Apostolo Giacomo invita i tanti universitari riuniti in San Pietro, “ad imitare il comportamento dell’agricoltore” che dopo aver preparato il terreno, “aspetta con costanza il prezioso frutto della terra”; li esorta, in questo tempo di attesa a fermarsi, a riflettere per poi predisporre il cuore alla venuta del Redentore in quella grotta di Betlemme, ancora “mistero ineffabile di luce, di amore di grazia”:
"Proprio nella pazienza, nella fedeltà e nella costanza della ricerca di Dio, dell’apertura a Lui, Egli rivela il suo Volto. Non abbiamo bisogno di un dio generico, indefinito, ma del Dio vivo e vero, che apra l’orizzonte del futuro dell’uomo ad una prospettiva di ferma e sicura speranza, una speranza ricca di eternità e che permetta di affrontare con coraggio il presente in tutti i suoi aspetti".
Solo così con pazienza e fedeltà, afferma il Papa incontreremo quel Dio vero che sull’uomo si è chinato fino a farsi carne, solo così avremo la certezza di non essere soli:
"Cari amici, l’invito di san Giacomo 'Siate costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore' ci ricorda che la certezza della grande speranza del mondo ci è donata e che non siamo soli e non siamo noi da soli a costruire la storia. Dio non è lontano dall’uomo, ma si è chinato su di lui e si è fatto carne (Gv 1,14), perché l’uomo comprenda dove risiede il solido fondamento di tutto, il compimento delle sue aspirazioni più profonde: in Cristo".
La pazienza dice Benedetto XVI è la virtù di coloro che si affidano alla presenza di Cristo nella storia, “che non si lasciano vincere dalla tentazione di riporre tutta la speranza nell’immediato”, in “progetti tecnicamente perfetti ma lontani dalla realtà più profonda che dona la dignità più alta all’uomo”: ovvero “l’essere creatura ad immagine e somiglianza di Dio":
"Quante volte gli uomini hanno tentato di costruire il mondo da soli, senza o contro Dio! Il risultato è segnato dal dramma di ideologie che, alla fine, si sono dimostrate contro l’uomo e la sua dignità profonda. Essere costanti e pazienti significa imparare a costruire la storia insieme con Dio, perché solo edificando su di Lui e con Lui la costruzione è ben fondata, non strumentalizzata per fini ideologici, ma veramente degna dell’uomo".
“Nella grotta di Betlemme - afferma il Santo Padre - la solitudine dell’uomo è vinta e possiamo progettare la storia dell’umanità non nell’utopia ma nella certezza che Cristo è presente e ci accompagna". Quindi l’invito ad accogliere tra le nostre braccia quel Bambino “a ripartire da Lui e con Lui per affrontare ogni difficoltà” e costruire la città dell’uomo “ coniugando fede e cultura”. Infine, facendo riferimento alla consegna dell’icona di Maria Sede della Sapienza che a cominciare dall’Università di Roma verrà portata nelle diverse Cappellanie, Benedetto XVI rivela ai giovani “di confidare nella loro testimonianza di fedeltà e impegno apostolico” e li invita a portare a tutti l’annuncio della buona Novella:
"E’ l’augurio che rivolgo alla comunità accademica romana: portate a tutti l’annuncio che il vero volto di Dio è nel Bambino di Betlemme, così vicino a ciascuno di noi che nessuno può sentirsi escluso, nessuno deve dubitare della possibilità dell’incontro, perché Lui è il Dio paziente e fedele, che sa attendere e rispettare la nostra libertà".
All’invito di Benedetto XVI di essere pazienti e costanti fino alla venuta del Signore, in che modo hanno risposto gli universitari presenti all’incontro? Ascoltiamo le testimonianze dei giovani, raccolte da Marina Tomarro:
R. - È un invito sempre nuovo. Quando il Papa ci parla, ci dice sempre cosa fare. E penso che ci inviti proprio a fare l’esperienza di Cristo. Ci invita a dire: “Dio è qui con te, quindi, devi fare qualcosa”. Parlando a tutti noi, che studiamo, ci dice appunto questo: “Non rimanere soltanto nella teoria, ma nell’incontro”. Cristo si manifesta nell’altro.
R. - Questa costanza dobbiamo averla soprattutto nella preghiera, anche nei momenti più difficili, quando ci sentiamo magari lontani da Dio, perché la preghiera sempre ci riavvicina. Allora bisogna essere veramente costanti in questo, perché veramente ci ricarica, per affrontare quelle che sono ogni giorno le sfide che la vita ci pone davanti.
R. - Con la preghiera soprattutto. Ci ha invitato a pregare e lui stesso ha detto che pregherà per noi. Quindi, in questi momenti un po’ difficili, credo che la preghiera sia la nostra arma più forte, diciamo.
D. - Delle cose che vi ha detto questa sera, che cosa ti è rimasto nel cuore?
R. - Che lui è vicino a noi, che la Chiesa è vicina a noi e di non buttarci giù in questo momento, ma di andare avanti, perché possiamo fare tante cose.
R. - Mi ha colpito quando ci ha esortato, dicendoci che lui si fida di noi e che ci affida questa missione di accogliere ancora una volta la venuta del Signore con gioia e con tutta la nostra fede, quindi di tenere salda la nostra fede, radicata in Cristo, come ha detto nella Giornata mondiale delle gioventù di quest’estate.
Ascoltiamo la testimonianza di Altea Severella, la studentessa de La Sapienza che ha salutato Benedetto XVI a nome di tutti gli universitari presenti:
R. - È un’emozione forte. Diciamo che non me l’aspettavo all’inizio: l’avevo presa molto tranquillamente; però, arrivata qui, è stato molto bello poi avvicinarmi al Papa.
D. - Quando hai salutato il Papa, abbiamo visto che ti ha rivolto qualche parola. Che cosa vi siete detti?
R. - Mi ha chiesto che cosa studio. Io gli ho detto che faccio Medicina. Quindi, mi ha fatto gli auguri, perché mi ha detto che quello del medico è un ruolo molto importante, che richiede una grande responsabilità.
D. - Qual è il ricordo che serberai per sempre nel tuo cuore di questi momenti?
R. - Penso la dolcezza dello sguardo. È stato veramente accogliente.(fd)
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Pacifico, in visita “ad Limina”. Il Papa riceve nel pomeriggio il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Orense (Spagna), mons. José Leonardo Lemos Montanet, del clero dell’arcidiocesi di Santiago de Compostela (Spagna). Mons. José Leonardo Lemos Montanet è nato il 31 maggio 1953 a Barallobre (La Coruña, arcidiocesi di Santiago de Compostela) e ha compiuto gli studi ecclesiastici nei Seminari minore e maggiore di Santiago di Compostela. Ordinato sacerdote il 19 maggio 1979, ha conseguito la Licenza in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana (1982-1984), ed ha continuato a Roma per studi di Archivistica (1984) e Biblioteconomia (1985). Ha ottenuto il Dottorato in Filosofia presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) di Roma (1987). In diocesi è stato formatore nel Seminario minore a Belvís (1978-1979) ed in quello maggiore a Santiago de Compostela (1988-2003); professore dell’Instituto Teologico Compostelano (dal 1985); direttore della Biblioteca di Studi Teologici dell’Instituto Teologico Compostelano (dal 1992); canonico (dal 2003) e segretario capitolare (dal 2005); Direttore dell’Instituto Compostelano Superior de Ciencias Religiosas; collaboratore pastorale nella Parrocchia di San Fernando a Santiago de Compostela.
Predica d'Avvento di padre Cantalamessa: evangelizza chi ha una profonda esperienza di Dio
◊ Padre Raniero Cantalamessa ha tenuto stamani, nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, la sua terza Predica d’Avvento alla presenza del Papa e della Famiglia Pontificia. Il religioso cappuccino ha preso lo spunto dalla prima evangelizzazione del continente americano. Ce ne parla Sergio Centofanti:
“La cosa più grande che avvenne nel 1492 non fu che Cristoforo Colombo scoprì l’America, ma che l’America scoprì Gesù Cristo”: padre Cantalamessa parte da questa affermazione per ricordare la grande impresa missionaria compiuta nel continente americano. Un’impresa con luci e ombre, ma “le luci – osservava Giovanni Paolo II – sono maggiori delle ombre”:
“A un mondo senza peccato ma senza Gesù Cristo, la teologia ha mostrato di preferire un mondo con il peccato, ma con Gesù Cristo. ‘O felice colpa –esclama la liturgia pasquale nell’Exultet – che ci ha permesso di avere un tale e così grande redentore’. Non dovremmo dire lo steso dell’evangelizzazione di entrambe le Americhe, del Sud e del Nord? A un continente senza 'gli sbagli e le ombre' che accompagnarono la sua evangelizzazione, ma anche senza Cristo, chi non preferirebbe un continente con tali ombre, ma con Cristo? Quale cristiano, di destra o di sinistra (specie se sacerdote o religioso) potrebbe dire il contrario senza venir meno, per ciò stesso, alla propria fede?”.
Riferendosi all’attuale sfida missionaria, il predicatore della Casa Pontificia ha sottolineato l’eccessiva polarizzazione “presente ovunque nella Chiesa, ma particolarmente acuta in America Latina”, tra chi rappresenta l’anima attiva e chi l’anima contemplativa, tra i cattolici dell’impegno sociale per i poveri e i cattolici dell’annuncio di fede, come se la dimensione degli uni escludesse quella degli altri, ma non è così:
“C’è posto per gli e per gli altri. Di più, abbiamo bisogno gli uni degli altri, non potendo nessuno realizzare il vangelo integrale e rappresentare Cristo in tutti gli aspetti della sua vita. Ognuno dovrebbe, dunque, rallegrarsi che altri facciano quello che lui non può fare: chi coltiva la vita spirituale e l’annuncio della Parola che vi sia chi si dedica alla giustizia e alla promozione sociale, e viceversa. È sempre valido l’ammonimento dell’Apostolo: ‘Cessiamo una buona volta dal giudicarci gli uni gli altri!’ (cfr. Rom 14, 13)”.
Padre Cantalamessa ha infine parlato della crisi delle vocazioni negli ordini religiosi. La secolarizzazione – ha detto - è, certo, una delle cause di questo calo ma non è la sola. E’ infatti lo Spirito Santo ad attirare le persone e lo Spirito Santo va là “dove è amato, dove è invitato e dove è atteso”:
“Giovanni Paolo II esortava i religiosi e le religiose dell’America Latina a ‘evangelizzare a partire da una profonda esperienza di Dio’. È qui, credo, il punto: ‘una profonda esperienza di Dio’. È questo che attira le vocazioni e che crea le premesse per una nuova efficace ondata di evangelizzazione. L’adagio ‘nemo dat quod non habet’, nessuno può dare ciò che non ha, vale più che mai in questo campo”.
Il direttore di Rebibbia: i detenuti attendono con gioia la visita del Papa
◊ Il Nuovo Complesso di Rebibbia sta ultimando i preparativi in vista della visita del Papa di domenica prossima. Operatori, volontari e detenuti sono impegnati per riservare al Santo Padre una speciale accoglienza. I dettagli nel servizio di Davide Dionisi:
1.740 detenuti, una realtà molto ricca di energia, di idee, di operatori motivati e capaci. La situazione dei detenuti nelle nostre carceri molte volte è quella di mera sopravvivenza. Nel Nuovo Complesso di Rebibbia non è così. Certamente il macroaggregato è coinvolto in una serie di tematiche di carattere nazionale, perché vi arrivano detenuti da tutta Italia e di tutte le categorie, ma le persone che vi lavorano sentono il peso della propria responsabilità ed hanno un approccio diverso, più familiare, con il detenuto. Il pensiero di tutti, in questi giorni è uno solo: l’incontro con Papa Benedetto XVI. Abbiamo chiesto al direttore della Casa Circondariale romana, Carmelo Cantone, che ambiente troverà il Santo Padre domenica prossima?
R. – Sicuramente grande affetto. E’ chiaro che il carcere, i territori del carcere sono territori di sofferenza: lì, nei territori di sofferenza, laddove si alza la barriera delle difficoltà, è paradossalmente più facile che una figura come quella del Santo Padre trovi affetto, amore, attenzione, rispetto.
D. - Come avete preparato l’evento? Che atmosfera si respira?
R. – Un’atmosfera molto tranquilla e – come dicevo prima – di attenzione. L’istituto è un complesso molto grande che si sviluppa su 27ettari di superficie, quindi è una grande struttura. Abbiamo cercato e cerchiamo di fare come si fa nelle case, in famiglia: la casa viene sempre tenuta al meglio, al possibile, con tutti i problemi che vi lascio immaginare, ma quando viene un ospite importante si cerca di mettere l’abito buono.
D. – Che cosa dirà al Papa?
R. – Voglio salutarlo e ringraziarlo. Le parole più giuste sono sicuro che le diranno le persone che vivono a Rebibbia. E’ una visita pastorale ed è giusto che sia così: saranno le persone che vivono a Rebibbia che, a nome di tanti altri, daranno le loro testimonianze e manifesteranno il loro ringraziamento al Santo Padre.
D. - Che segno lascerà la visita di Papa Benedetto XVI ai detenuti e a tutti coloro che prestano servizio, a vario titolo, nel suo istituto di pena?
R. – Al di fuori di ogni retorica, per noi è veramente un onore particolare, perché nel nostro Paese ci troviamo a vivere un congiuntura molto, molto delicata e questo soprattutto per quello che si legge e si sente in questi ultimi mesi: si sa che il nostro sistema penitenziario è in grandissime difficoltà… Si può immaginare, quindi, che importanza può avere per noi e l’onore che proviamo nel ricevere il Santo Padre, sentire le sue parole rispetto al nostro mondo. Io credo che – sì – ci sia veramente bisogno, anche simbolicamente, di questa visita e non solo per il mio complesso, ma per tutto il mondo penitenziario. Ce n’è veramente bisogno: è bello, è giusto che vi sia la possibilità di avere – anche solo simbolicamente – questa attenzione da parte del Sommo Pontefice. (mg)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La fiducia realista di Papa Benedetto: in prima pagina, un editoriale del direttore sul Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace 2012.
In rilievo, nell’informazione internazionale, lo Yemen minacciato da una catastrofe alimentare.
Spiragli di ripresa negli Stati Uniti: migliorano i dati sull’occupazione nonostante gli effetti della crisi globale.
Il segno della pazienza di Dio: nell’informazione vaticana, il Papa celebra i Vespri con gli universitari di Roma.
Un avamposto cattolico in Oceania: Nicola Gori intervista mons. John Atcherley Dew, arcivescovo di Wellington, in visita “ad limina Apostolorum”.
Italia. Il governo Monti ottiene la fiducia: stasera il sì definitivo alla Camera
◊ È stata approvata questa mattina alla Camera dei Deputati, con un voto di fiducia, la manovra finanziata varata dal governo Monti, con 495 voti a favore, 88 contrari e 4 astenuti. Attesa per questa sera l’approvazione definitiva dopo il voto del Senato. Intanto sul fronte economico è di ieri l’allarme recessione lanciato da Confindustria. Previsto per il 2012 un calo del Pil dell’1,6% e una perdita stimata di circa 800.000 posti. Per un’analisi di questo scenario Michele Raviart ha intervistato Stefano Zamagni, docente di Economia all’Università di Bologna:
R. – E’ evidente che questa crisi e i provvedimenti che, a livello europeo, sono stati presi hanno natura recessiva. Dunque non c’è nulla di che meravigliarsi, perché la stessa cosa vale per la Francia, anche per la stessa Germania, per la quale – appunto – si prevede un aumento della disoccupazione. E’ chiaro che, di fronte ad una crisi, ci sono due vincoli da rispettare: il vincolo della stabilità finanziaria e, dall’altro, l’esigenza di far ripartire la macchina produttiva. Allora, la domanda diventa: è possibile far ripartire la macchina produttiva, rispettando i cosiddetti “saldi finanziari”? La mia risposta è: parzialmente, sì.
D. – Attraverso quali strumenti?
R. – Dando la forza necessaria a quei soggetti di società civile che si impegnano sul fronte produttivo e che sono le imprese sociali, le cooperative sociali, alcuni tipi di fondazioni … quel mondo, cioè, che noi chiamiamo di terzo settore. Una cooperativa sociale è un’impresa che produce valore aggiunto creando posti di lavoro. Allora, in una situazione come l’attuale, perché non liberare i lacci e i lacciuoli a queste forme di impresa non capitalistica, che quindi non sono sottoposte alla competizione globale, ma che però creano, al tempo stesso, posti di lavoro? Questo, anche, è l’insegnamento che ci viene dalla dottrina sociale della Chiesa!
D. – Lo stesso Monti ha affermato che nella manovra, il rigore ha superato l’equità e la crescita, anche se sono stati presi provvedimenti in questo senso. Sono sufficienti, questi, per far ripartire il Paese?
R. – No. Non sono sufficienti. Però, io capisco che ci possa essere un senso e quindi sono speranzoso. Io, però, torno a ribadire l’impianto teoretico che secondo me va cambiato, perché quello che adesso sta avvenendo è che la gente sta di nuovo perdendo quella fiducia che era stata alimentata un mese fa. E questo è brutto, perché la gente in queste circostanze rischia di diventare cinica. Basta ricordarsi di San’Agostino, quando ai suoi discepoli che si lamentavano per la durezza dei tempi, lui rispondeva, redarguendoli: “Cambiate voi i tempi!”. Ed è possibile, cambiare i tempi: cioè a dire, cambiare il modello di sviluppo.
D. – Qualora fossero confermate queste previsioni, come si inquadrano questi dati nel contesto europeo?
R. – Gli stessi dati, più o meno, riguardano anche gli altri Paesi, Inghilterra compresa. Ed allora è chiaro che se la recessione diventa un fatto europeo e non soltanto locale, la questione diventa seria. Ancora una volta, noi guardiamo gli americani: gli americani adesso stanno riprendendo! Perché gli americani, contrariamente a quanto molti pensano, predicano il neo-liberismo ma loro non l’hanno mai praticato, il neo-liberismo! Hanno attuato la politica di facilitare alle banche la possibilità di concedere prestiti alle imprese: noi, in Europa, abbiamo fatto esattamente il contrario. Ora è ovvio che le imprese, se non hanno il credito, devono chiudere o rallentare! (gf)
Le truppe Usa lasciano l'Iraq. Mons Warduni: il nostro Paese, campo di sofferenza e ingiustizia
◊ Ammainata la bandiera di guerra, gli ultimi soldati americani rimasti in Iraq, circa 4000, stanno per lasciare il Paese. Con una sobria cerimonia all’aeroporto internazionale di Baghdad, è stata ufficializzata ieri la fine di una presenza durata quasi 9 anni: in questo periodo hanno perso la vita oltre 4500 americani e circa 150 mila iracheni, fra soldati dell’ex regime di Saddam Hussein, guerriglieri, terroristi e civili. Ma quale Paese stanno per lasciare i soldati statunitensi? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad:
R. - Lasciano un Paese liberato dalla dittatura, ma che ha sofferto molto; lasciano un Paese che ha perso tanti uomini, tanti bambini e tante donne; lasciano un Paese che ha visto molti emigrare a causa dell’insicurezza e della mancanza della pace; lasciano un Paese ricchissimo, ma che in pratica è poverissimo, perché mancano molte infrastrutture, l’elettricità e tante altre cose…
D. - Un Paese ricchissimo di risorse, ma ancora diviso e lacerato da continue violenze. Ci sono comunque le basi, dopo il ritiro definitivo delle truppe americane, per una vera e autentica riconciliazione?
R. - Questo dipenderà dai politici, dipenderà da coloro che vogliono ricostruire la nazione; e dipenderà tanto anche dalla buona volontà dei cittadini che vogliono veramente ricostruire il proprio Paese. Questo è quello che noi speriamo: noi abbiamo veramente questa speranza, come figli della speranza. Questo è quello che chiediamo a Gesù Bambino, che è venuto per costruire l’uomo, per salvare l’uomo. Che il Signore Misericordioso ci dia questa grazia, almeno per i bambini, per i vecchi, per i malati, per tutto il popolo iracheno che ha sofferto. Speriamo che ci sarà la gioia della liberazione.
D. - Un popolo che ha sofferto tanto: sono almeno 150 mila gli iracheni morti in seguito al conflitto...
R. - Questa nazione ha sofferto e soffre: l'Iraq è stato veramente un campo della sofferenza, dell’ingiustizia; un Paese in cui è mancata la pace. Questa nazione ha veramente bisogno di tutto! (mg)
Gli Usa bloccano gli aiuti al Pakistan
◊ Il Senato degli Stati Uniti ha approvato un progetto di legge sui finanziamenti al Pentagono che comprende il congelamento di parte degli aiuti al Pakistan, circa 700 milioni di dollari, e impone sanzioni alle istituzioni finanziarie che hanno rapporti con la Banca centrale iraniana. Il provvedimento, che ha già ottenuto l’assenso della Camera, passerà ora al presidente Barack Obama per la firma finale. Per un commento, Giada Aquilino ha intervistato il prof. Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerca internazionale Archivio Disarmo:
R. – Non è un fulmine a ciel sereno: i rapporti tra Stati Uniti e Pakistan sono andati deteriorandosi da tempo. Esemplare è stata la vicenda di Osama Bin Laden, che era rifugiato in Pakistan in tutta tranquillità; poi ci sono state informative che i servizi segreti statunitensi hanno dato ai servizi segreti pakistani, rispetto ad alcune fabbriche di bombe, che non sono state prese in considerazione e non si è agito conseguentemente. Addirittura si dice che gli informatori – quattro, cinque persone - che hanno permesso agli Stati Uniti di localizzare Osama Bin Laden siano stati arrestati. Nel luglio scorso già c’era stato un primo blocco degli aiuti, adesso ce n’è uno ulteriore. La conseguenza di tutto questo è che c’è un irrigidimento: ci può essere una tendenza di Islamabad a rivolgersi ad un altro grande della zona, che è la Cina, che è pronta a conquistare ulteriore spazio nell’area asiatica. Quindi, questo potrebbe portare ad una diversificazione significativa del quadro politico della zona.
D. – Proprio per questo l’area Afpak rimane al centro dell’attenzione degli Stati Uniti?
R. – Sicuramente. E’ un’area che non è importante solamente per l’aspetto del terrorismo, dei talebani, di Al Qaeda e così via, ma è un’area geopoliticamente significativa perché attraverso Afghanistan, Pakistan, in direzione di India e Cina, tendono a muoversi i grandi spostamenti di materie prime attraverso gli oleodotti, alcuni già esistenti, altri in costruzione. Quindi, avere come alleati Pakistan e India per gli Stati Uniti è certamente strategico. Perdere un alleato come il Pakistan è un favore alla Cina. Contemporaneamente bisogna riconoscere che il Pakistan ha pagato in questi anni un altissimo prezzo in termini di vite umane nella lotta contro il terrorismo. Ricordiamo le decine di attentati compiuti dalle formazioni terroristiche nei confronti del governo e le uccisioni che ci sono state perché le bombe dei droni USA sono cadute fuori bersaglio. Tutto ciò ha comunque lasciato il segno nei rapporti tra Pakistan e Stati Uniti.
D. – Washington punta anche a bloccare gli averi di tutte le istituzioni finanziarie che commerciano con la Banca Centrale iraniana, in ragione del programma nucleare di Teheran. Secondo lei, quanto sono efficaci queste sanzioni?
R. – Sappiamo che le sanzioni hanno un effetto non risolutivo e che contemporaneamente hanno comunque delle conseguenze, in primo luogo, politiche e, in secondo luogo, riescono per esempio a rallentare determinati processi relativi all’arricchimento di materiali fissili. Certo, però, che, se ci sono altri Paesi che invece sono pronti ad offrire quello che gli Stati Uniti rifiutano di fornire, le sanzioni in questo caso hanno un effetto quasi nullo. (ap)
Rapporto sugli abusi in Olanda. I vescovi: vergogna e dolore, rendere giustizia alle vittime
◊ Vergogna e dolore: sono i sentimenti che i vescovi e i componenti del direttivo della Conferenza di Religiosi olandesi esprimono in un comunicato nel giorno in cui la Commissione d’inchiesta sugli abusi sessuali compiuti su minorenni nella Chiesa Cattolica, tra il 1945 e il 2010, (“Commissione Deetman”,) ha presentato il suo rapporto conclusivo. Per quanto avvenuto, i presuli e i religiosi riconoscono la colpa degli autori delle violenze, ma anche delle autorità ecclesiali che non hanno agito in modo accurato nell’interesse prioritario delle vittime a cui, scrivono, vanno la nostra vicinanza e scuse di tutto cuore. Esprimono profondo rammarico. L’impegno ora è quello di rendere giustizia alle vittime e di sostenere il loro cammino di risanamento. A questo, precisano, lavora la nuova Commissione per le querele e il regolamento per i risarcimenti, ma sarà necessario prendere anche altre iniziative di assistenza. Dal rapporto della Commissione d’inchiesta emerge anche che all’interno della Chiesa c’era una cultura chiusa nella quale non si parlava di sessualità, nè di abusi sessuali. Da qui l’impegno ad affrontare questi aspetti introducendo anche codici di comportamento chiari e programmi di prevenzione negli istituti di formazione per i sacerdoti. I vescovi e i religiosi riconoscono inoltre che non solo ai bambini abusati si è inferto una terribile sofferenza, ma anche alle loro famiglie che si erano rivolte con fiducia alle istituzioni ecclesiali e a figure sacerdotali e religiose. Anche a questi offrono le scuse sincere. Infine ribadiscono con forza la condanna di ogni forma di abuso sessuale in quanto comportamento diametralmente opposto alla dignità della persona e del Vangelo. Tale abuso sarà sempre da condannare e non può trovare posto nella Chiesa. Nessuna ambiguità quindi è ammessa per il futuro: in caso di sospetto di abuso, si impegnano a prendere le misure canoniche e giudiziarie necessarie nel rispetto delle leggi olandesi.
Ai sentimenti di rammarico e di profonda vergogna espressi dalla Conferenza Episcopale Olandese e dalla Conferenza dei Religiosi Olandesi si associa completamente il cardinale Adrianus Johannes Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht: con loro, il cardinale deplora quanto avvenuto che, scrive in una nota, mai sarebbe dovuto accadere e rivolge le sue scuse alle vittime. “Dal punto di vista di governo, afferma poi, risulta che anche sotto la mia responsabilità non si sia agito in modo adeguato in un certo numero di casi. Me ne rammarico moltissimo”. Il cardinale fa riferimento in particolare alle proprie “infelici” parole dette in un’intervista nel marzo 2010 quando alla domanda se i vescovi olandesi erano a conoscenza di casi di abusi negli istituti aveva risposto di no. Dal rapporto risulta invece che nella Conferenza episcopale se ne era parlato, prima però della sua nomina a vescovo. Inoltre risulta che egli abbia ammesso al sacerdozio o incaricato in ambito pastorale persone che si sono rese colpevoli di abusi sessuali. Il porporato si dice gravemente deluso nella fiducia che aveva riposto in queste persone, ma si chiede anche se egli stesso non sia stato troppo ingenuo. Il cardinale Simonis si dice pronto a offrire i suoi servizi ai vescovi dell’Olanda per il pieno superamento di una pagina tanto nera nella vita della chiesa locale. “Prego Dio, conclude, perché l’inchiesta aiuti la guarigione delle vittime e spinga gli uomini di Chiesa ad una purificazione interiore”. (A cura di Adriana Masotti)
India: ucciso un catechista cattolico in Orissa. Si segue la pista dei radicali indù
◊ Un altro cristiano è stato ucciso oggi in circostanze misteriose in Kandhamal. Rabindra Parichaa, un attivista cattolico, che in passato ha svolto la sua opera come catechista itinerante, girando per i villaggi e i centri della zona, e aveva come base la parrocchia di Nostra Signora della medaglia miracolosa a Mondasore, in Kandhamal, è stato assassinato questa mattina in circostanze ancora da chiarire. La polizia ha avviato le indagini sull’omicidio, avvenuto fra la sera di ieri e le prime ore del mattino di oggi. Come riporta l'agenzia Fides, il corpo di Parichha è stato rinvenuto nel campus del College “Kabi Samrat Upendra Bhanja”, nel distretto di Ganjam. Ieri sera l’attivista era stato chiamato sul cellulare da un vicino e non ha fatto più ritorno a casa. La moglie e i figli lo hanno cercato e hanno avvisato la polizia, che questa mattina ha rinvenuto il cadavere. Parichha aveva la gola tagliata e ferite da taglio alle mani e allo stomaco. Oltre 200 abitanti del villaggio di Bhaliapada, di cui era originario, hanno già raggiunto Bhanjanagar per prendere il suo corpo. Per mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, che conosceva personalmente Parichha “la violenza è sempre un atto ingiustificabile. La vita è di Dio e nessun uomo ha il diritto di toglierla. Non sappiamo ancora le ragioni e gli autori dell’omicidio: vogliamo scoprire la verità e chiediamo l’impegno delle autorità”. Nonostante tali episodi dolorosi, il messaggio natalizio che l’arcivescovo manderà nei prossimi giorni alla popolazione della diocesi – spiega mons. Barwa – intende “incoraggiare i fedeli a guardare la vita con occhi di speranza” perché “il Natale è la festa del dono di Dio all’umanità”. Nel corso dell’anno, altri due attivisti cristiani, Saul Pradhan e Michael Navak erano stati uccisi nella zona, nel Raikia Block. Ma le autorità locali, in connivenza con i radicali indù, hanno tentato di far passare le loro morti come accidentali. Sia in un caso che nell’altro - riferisce l'agenzia AsiaNews - la versione della polizia è stata smentita una volta che si è arrivati in tribunale. Non è casuale che questo delitto avvenga alla vigilia delle feste di Natale. E' stato in occasione della celebrazione del Natale 2007, infatti, che - nel distretto di Kandhamal - si sono registrati i primi attacchi contro le chiese e le case dei cristiani. (R.P.)
Siria: messaggio dei patriarchi cattolici per la pace nel Paese
◊ I tre patriarchi cattolici, riuniti ieri nel monastero di Sant'Efrem, residenza del patriarca siro-ortodosso Ignazio Zakka I, a Seidnaya, nelle vicinanze di Damasco, hanno firmato e pubblicato un messaggio comune, indirizzato ai loro fedeli ed a tutti i cittadini siriani. I termini del loro messaggio, sono praticamente identici a quelli del comunicato pubblicato il giorno prima dall'Assemblea della gerarchia cattolica in Siria, al termine della sua sessione ordinaria. La riunione - riferisce l'agenzia AsiaNews - si è svolta nella sede dell'arcivescovado siro-cattolico di Damasco sotto la presidenza del patriarca greco-melkita cattolico Gregorios III, con la partecipazione del patriarca siro-cattolico Ignazio Youssef III e del nunzio apostolico in Siria, Mons. Mario Zenari. All'inizio dei loro lavori i responsabili delle Chiese hanno inviato un messaggio al Papa, per confermare la loro fedeltà e la loro comunione con il successore di Pietro, ed indicare che i loro lavori avrebbero avuto come focus non solo il seguito dell'Assemblea speciale per il Medio oriente del Sinodo dei vescovi, e la preparazione del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, ma anche la situazione in Siria. Il loro comunicato finale – ripreso per quanto riguarda la Siria dal messaggio di Ignazio Zakka I, Ignazio IV (greco-ortodosso) e Gregorios III – sulla situazione attuale merita di essere citato testualmente; questo perché contrasta con precedenti dichiarazioni degli stessi patriarchi e di diversi presuli, di appoggio incondizionato al presidente Bashar Al-Assad, il cui nome, questa volta, non è menzionato nemmeno una volta. "Tra tutti i temi oggetto delle preoccupazioni degli eccellentissimi padri – dice il comunicato cattolico – c'è stato quello principale e maggiore di che cosa accade nella nostra benamata Siria, cioè gli avvenimenti che si sono scatenati da nove mesi. I padri hanno esaminato gli avvenimenti e ciò che gli stessi hanno causato nel Paese e tra i fedeli: tragedie e sofferenze su più di un livello. Hanno espresso il loro profondo dolore per quello che è successo, la loro tristezza per le vittime che sono cadute e la loro paura per il deterioramento della situazione economica. Hanno espresso il loro fervido augurio che la Siria si ricuperi dalle sue ferite, e per la riconciliazione dei suoi figli tra di loro, nell'amore, nella tolleranza, nella cooperazione e nella saggezza, e dando la preferenza al bene della Patria su ogni altro interesse, con il ritorno alle loro radici, al loro patrimonio, alla loro coscienza, alla loro fiducia negli scambi reciproci, e nella soluzione dei loro problemi da loro stessi". "I padri – continua il documento dei cattolici – hanno rigettato ogni intervento straniero di qualsiasi tipo e di qualsiasi provenienza, ed hanno chiesto la soppressione delle sanzioni che sono state inflitte alla Siria sotto qualsiasi pretesto. Hanno rigettato parimenti il ricorso alla violenza in qualsiasi forma ed hanno fatto appello alla pace ed alla riconciliazione di tutti nel nome di Dio e della Patria. Hanno incoraggiato le riforme ed i passi positivi decisi dal governo, facendo appello al rispetto dei principi della giustizia, della libertà, della dignità umana, della giustizia sociale e dei diritti dei concittadini". L'agenzia stampa statale Sana, che ha inizialmente ignorato il comunicato dei Presuli cattolici, ha diffuso – nella tarda serata di ieri in inglese e francese, e soltanto nella prima mattinata di oggi in arabo – un riassunto del messaggio dei tre patriarchi, nel quale si insiste sul loro rifiuto delle ingerenze straniere ed il loro appello alla soppressione delle sanzioni contro la Siria. (R.P.)
La Terra Santa si prepara ad accogliere i pellegrini per la Messa di Natale
◊ Fervono i preparativi in Terra Santa per la Messa di mezzanotte del 24 dicembre a Betlemme, che sarà celebrata dal cardinale Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme alla presenza delle più alte cariche dell’Autorità Palestinese, fra cui il presidente Mahmoud Abbas. Samir Qumsieh, giornalista e direttore di Al-Mahed Nativity Tv, emittente cattolica di Betlemme, sottolinea all'agenzia AsiaNews il clima di festa che stanno vivendo in questi giorni i cristiani in Palestina, in previsione dell’arrivo dei pellegrini che affolleranno la chiesa della Natività la notte di Natale. “Per le strade di Betlemme si vedono già migliaia di turisti”, afferma il giornalista, “tuttavia vi è un calo rispetto all’anno scorso, causato dal clima di instabilità dei vicini Stati arabi”. Secondo fonti del Ministero del turismo israeliano infatti è previsto per Natale l’arrivo di oltre 90mila pellegrini provenienti da tutto il mondo. Un dato che, sommato agli oltre 2 milioni e mezzo di turisti e pellegrini già arrivati in Isreale nel periodo tra il gennaio e l’ottobre 2011, potrebbe facilmente portare ad un totale di 3 milioni di ingressi nel Paese, ponendo l’anno in corso in linea con i numeri record degli ultimi anni, sebbene con un leggero calo del 5%. A commentare questi dati all'agenzia Sir è padre Jerzy Kraj, direttore del Christian Information Center (Cic), l’ufficio francescano per i pellegrini. “Dai dati”, spiega il religioso, “anche il 2011 si appresta ad essere ricordato come un anno positivo. L’arrivo di tanti pellegrini nei Luoghi Santi è un segno di solidarietà verso le comunità locali che ne traggono beneficio sia spiritualmente sia materialmente”. Due le cause, per padre Kraj, del calo del 5% negli arrivi: “La crisi economica globale e la 'primavera araba' che ha suscitato qualche apprensione per la sicurezza. Davanti agli eventi scoppiati in Egitto, Tunisia, Libia, Siria, il pellegrino vede possibili pericoli anche per i Luoghi Santi. Cosa che non è affatto vera”. “In Terra Santa”, ribadisce il direttore del Cic, “non esistono problemi di sicurezza”. A dimostrarlo anche “la concessione da parte di Israele di 500 permessi ai cristiani di Gaza di età superiore ai 46 anni”. Nei giorni scorsi George Saadeh, vice sindaco di Betlemme, e i rappresentanti del patriarcato di Gerusalemme si sono incontrati per programmare la tradizionale processione della vigilia di Natale per le vie della città, mentre il ministero israeliano del Turismo ha annunciato provvedimenti per facilitare il trasporto di turisti e fedeli da Gerusalemme a Betlemme. (A cura di Michele Raviart)
I vescovi dell’Africa meridionale condannano la tratta di esseri umani
◊ La Chiesa dell’Africa meridionale si schiera contro la tratta degli esseri umani: è quanto emerso recentemente, al termine della riunione dei vescovi dell’Imbisa, la Conferenza interregionale dei vescovi dell’Africa meridionale, cui appartengono le Conferenze episcopali di Angola e São Tomé, Lesotho, Mozambico, Namibia, Sudafrica e Zimbabwe. In questo modo, è stato ratificato ufficialmente l’accordo raggiunto nel 2010, al termine della Plenaria dell’Imbisa. In una nota pubblicata sul sito della Conferenza episcopale di Angola e São Tomé, si legge: “La tratta di esseri umani è una schiavitù nel vero senso della parola. Le persone scompaiono per essere comprate, vedute, sfruttate nei modi più orribili, che includono lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, l’asportazione di organi destinati alla vendita illegale”. In questo contesto, è necessario “un appello alla consapevolezza”, poiché “il libro della Genesi ci insegna che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza”. Pertanto, sottolinea l’Imbisa, “il traffico di esseri umani riduce seriamente la dignità della persona umana”, e va condannato “come un peccato grave e un crimine efferato che chiede giustizia”. I cristiani, quindi, sono esortati a fare tutto il possibile per combattere “tale annientamento dei valori del rispetto e dell’affetto” umano, per porre fine a “tale degrado di fratelli e sorelle per i quali Gesù è morto in croce”. Cosa fare, allora, di fronte ad una piaga che è diventata “un’industria”? I vescovi dell’Africa meridionale puntano sull’informazione e la formazione della popolazione, strumenti di difesa che implicano la denuncia alle autorità di persone scomparse, l’attenzione e la vigilanza sui figli, la priorità della tutela della persona umana che la Chiesa, la famiglia, e le Commissioni Giustizia e pace devono porsi. Di qui, il suggerimento che le comunità cristiane pongano questo tema “al centro delle loro preghiere e delle loro riflessioni” e che i programmi destinati ai giovani, sia a scuola che nelle parrocchie, servano ad accrescere la consapevolezza di tale drammatica realtà. Ma l’Imbisa chiama in causa anche i governi, chiedendo loro legiferare nel modo giusto e di “sviluppare servizi che cancellino questa iniquità”, poiché “la negligenza dello Stato nel proteggere i più deboli è la negazione della sua responsabilità”. Dal suo canto, la Chiesa africana ricorda il suo costante impegno nella difesa e nella riabilitazione di tutte le vittime della tratta, poiché “restare uniti nella lotta al traffico di esseri umani significa unirsi a Gesù”. (A cura di Isabella Piro)
Costa d'Avorio: il nunzio apostolico incontra il presidente Ouattara
◊ Il nunzio apostolico in Costa d’Avorio mons. Ambrose Madtha ha chiesto al presidente Alassane Ouattara benevolenza per i detenuti della crisi post-elettorale. Il rappresentante della Santa Sede ha incontrato ieri il Capo dello Stato intrattenendosi con lui per una quarantina di minuti. Mons. Madtha ha espresso al presidente Ouattara le proprie felicitazioni per l’esito delle elezioni legislative dell’11 dicembre ma ha evidenziato le preoccupazioni della Santa Sede circa gli attacchi alle case canoniche e alle chiese. Sulla possibilità di concedere un permesso speciale ai detenuti della crisi post-elettorale per le prossime festività, il presidente Ouattara ha risposto che la questione sarà affrontata con il Primo Ministro, con quello dello Stato e quello della Giustizia. Sugli edifici religiosi, invece, il presidente ivoriano ha affermato che il governo ha già preso le necessarie misure per garantire la sicurezza, soprattutto in vista delle festività natalizie e di fine anno. (T.C.)
Congo: i missionari chiedono di pubblicare i verbali per risolvere le controversie sul voto
◊ “Ci sono dati che variano da una fonte all’altra. Ci sono seggi che non sono stati contabilizzati. L’unico modo per uscire da questa situazione è quella di pubblicare i verbali dei singoli seggi” dice all’agenzia Fides padre Loris Cattani, missionario saveriano, animatore della Rete Pace per il Congo. Nella Repubblica Democratica del Congo la tensione rimane alta dopo che gli avvocati di uno dei candidati alle elezioni del 28 novembre, Vital Kamerhe, che ha chiesto alla Corte Suprema l’annullamento del voto, hanno denunciato “una parodia di giustizia”, abbandonando l’aula della Corte. La Corte di Giustizia deve pronunciarsi entro domani sulla validità dei risultati pubblicati dalla Commissione Elettorale Indipendente (Ceni) che danno vincente il Presidente uscente Kabila. Una vittoria contestata dall’opposizione, e in particolare dal principale sfidante di Kabila, Etienne Tshisekedi. “A mio parere se la Chiesa vuole essere profetica deve pubblicare i dati che sono in mano ai suoi 30.000 osservatori e dire la verità, che sia a favore del Presidente uscente o di Tshisekedi” afferma padre Loris. “Sul sito web della Ceni sono pubblicati i risultati per ogni seggio. Se ‘Giustizia e Pace’ riuscisse a raccogliere i verbali dei suoi osservatori e li confrontasse con quelli della Ceni potrebbe contribuire a questa operazione di verità. Ancora meglio se la Ceni, dopo aver messo on line i risultati seggio per seggio, mettesse sul suo sito la scansione dei verbali originari dei singoli seggi. Si otterrebbe in questo modo la trasparenza assoluta. Insomma - continua il missionario - a mio avviso, occorre un riconteggio dei voti a partire dai verbali di seggio, effettuato con l’attivo coinvolgimento delle organizzazione della società civile e delle Chiese, che hanno una forte presa sulla popolazione congolese”. Il missionario conclude avvertendo che “la popolazione ha bisogno del ritorno alla calma per poter vivere. A Kinshasa i prezzi dei generi di prima necessità sono aumentati e si fa pure fatica a comprare da mangiare. Non sono solo in ballo le poltrone dei potenti, qui è in ballo il futuro del popolo congolese”. (R.P.)
Messico. Messa nella Basilica di Guadalupe per la pace e la fine delle violenze
◊ L'arcivescovo di Città del Messico, il cardinale Norberto Rivera, ha confermato per domenica prossima la preparazione di una solenne Celebrazione eucaristica presso il Santuario della Madonna di Guadalupe, per "elevare una preghiera dell'intero Paese contro la violenza delinquenziale", che corrode le "radici più profonde del tessuto nazionale, provocando danni materiali ingenti e soprattutto tanti lutti e dolori". Si tratta di un Triduo di preghiera che si concluderà martedì 20, ha spiegato mons. Carlos Briseño, uno dei vescovi ausiliari della capitale messicana. Ieri il cardinale Rivera aveva detto di attendere una risposta dal presidente del Messico Felipe Calderón, al quale aveva indirizzato, insieme con mons. Carlos Aguiar, presidente dell'episcopato e mons. Enrique Glennie, rettore del santuario, un invito speciale "in quanto cittadino". Il medesimo invito era stato inviato dal porporato alla “first lady” Margarita Zavala e ad altre alte autorità dello Stato. E la risposta è arrivata relativamente presto. Il portavoce dell'arcidiocesi padre Hugo Valdemar ha confermato nelle ultime ore che il presidente ha accettato l'invito e dunque prenderà parte alla Santa Messa per la pace insieme con la sua famiglia, in qualità di "cittadino cattolico". Lo stesso Capo dello Stato ha commentato, anticipando possibili critiche da parte dei gruppi laicisti: "Nulla di strano per me. E' una cosa che faccio ogni domenica andando a Messa alla parrocchia di Sant'Agostino o di Sant'Ignazio di Polanco". Il cardinale Rivera, ribadendo che la Messa sarà un'occasione per "chiedere la pace, la conversione dei criminali e la fine di ogni violenza", ha informato che la liturgia eucaristica comincerà domenica alle 9.00 e che vi parteciperanno numerosi vescovi del Paese, oltre al nunzio apostolico mons. Christophe Pierre. Lunedì e martedì, sempre nella basilica della Madonna di Guadalupe, si svolgeranno numerosi momenti di preghiera e l'ultimo giorno ci sarà la Preghiera ecumenica, alla quale prenderanno parte la totalità delle confessioni religiose più importanti del Messico, colpite e allarmate, come l'intero Paese e la comunità internazionale, dalle conseguenze di una "guerra non dichiarata" del narcotraffico contro lo Stato messicano, che ha causato già oltre 50mila morti. (A cura di Luis Badilla)
Argentina: incontro Chiesa-governo per approfondire il dialogo
◊ I membri della nuova presidenza della Conferenza episcopale argentina, guidati dal Presidente, mons. José María Arancedo, arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz, si sono recati in visita al Segretario del Culto della nazione, Guillermo Oliveri, al fine di approfondire il dialogo avviato tra la Chiesa argentina ed il governo di Cristina Kirchner. L'incontro è stato descritto dalle fonti ufficiali come un atto protocollare, anche se in realtà ha interrotto un lungo periodo in cui non c’erano state visite delle autorità episcopali a membri del governo. Mons. Arancedo è arrivato presso la sede della segreteria della Cancelleria accompagnato dal primo vicepresidente della Conferenza episcopale argentina (Cea), mons. Virgilio Bressanelli, vescovo di Neuquen; dal secondo vicepresidente, mons. Mario Cargnello, arcivescovo di Salta e dal segretario generale, mons. Enrique Eguia Segui, vescovo ausiliare di Buenos Aires. Il Segretario del Culto della nazione, Guillermo Oliveri, era con il direttore generale del culto cattolico della Cancelleria, Luis Saguier Fonrouge. Nel corso della riunione i vescovi, che hanno accolto favorevolmente l'invito di Oliveri, si sono detti soddisfatti anche dell'incontro avuto un paio di settimane prima di un gruppo di rappresentanti dell’episcopato argentino con la neo presidente Cristina Kirchner. Dalle informazioni raccolte dell'agenzia Fides si apprende che in questi giorni avrà luogo un incontro del Presidente della Commissione episcopale della Pastorale sociale, mons. Jorge Lozano, con diversi responsabili dell’Unione Argentina dei Lavoratori Rurali, proprio mentre il governo discute lo statuto di questo settore di lavoratori. (R.P.)
L'Ungheria ricorda padre Szalez Kiss, martire francescano del comunismo
◊ L'Ungheria ricorda con una targa Szalez Kiss, martire francescano del governo comunista. La targa commemorativa è stata collocata questa settimana sul muro del carcere di Sopronkohida, luogo della sua esecuzione. Il francescano, condannato a morte l’11 dicembre 1946 con accuse false da parte di un tribunale di guerra sovietico, divenne il martire del segreto della confessione. “A nessuno mai rilascerò una deposizione riguardante la confessione”, disse durante l’interrogatorio dopo aver subito torture inumane. Padre Szalez, riporta l'agenzia Sir, era visto dai comunisti come un pericolo e un rivale perché aveva organizzato nella città di Gyongos la Comunità di lavoro giovanile democristiana. Dopo un’azione compiuta da alcuni giovani contro militari sovietici, il francescano fu accusato di aver organizzato il complotto armato e di aver escogitato l’uccisione di un militare. Alla fine il tribunale sovietico lo condannò a morte. Nella sua vita padre Szalez si era confrontato anche con un altro regime totalitario. Tra il 1942 e il 1944, a Debrecen, la Gestapo tentò di arrestarlo per aver salvato degli ebrei. (G.C.)
Francia. Le Chiese cristiane: a Natale volgiamo il nostro sguardo verso i più deboli
◊ Guardare ai più deboli, perché la luce di Dio illumini l’oscurità del mondo: è questo l’invito lanciato dai Consiglio delle Chiese cristiane in Francia (Cecef), in occasione del Natale. In un messaggio congiunto a firma del card. André Vingt-Trois, presidente della Conferenza episcopale francese, del Metropolita Emmanuel, presidente dell’Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia, e del Pastore Claude Baty, presidente della Federazione protestante d’oltralpe, si sottolinea che “i tempi attuali sono cupi per molte persone”, poiché “la crisi economica che ha colpito il Paese da molti mesi ha reso precari molti connazionali. E per i giovani in particolare, l’avvenire sembra molto incerto”. Inoltre, scrive ancora il Cecef, “molte persone sono malate e, debilitate nello stato di salute, alcune di esse perdono la propria autonomia”. Ma non solo: le Chiese cristiane francesi sottolineano come “in molte regioni del mondo, i cristiani sono minacciati a causa della loro fede e talvolta costretti all’esilio”. Tuttavia, ogni anno il Natale ci ricorda “la vicinanza di Dio”, si legge nel messaggio congiunto, poiché “Dio ha assunto la nostra natura umana così fragile e ci ha resi suoi figli”. Se, dunque, “Dio stesso si è fatto vulnerabile”, affermano le Chiese cristiane, “tutti noi siamo invitati a guardare in altro modo la natura umana nella sua debolezza” e a “renderci generosi e disponibili nei confronti di tutti i più deboli”. Di qui, l’auspicio che “l’Incarnazione di Dio illumini i gesti, gli sguardi e le parole degli uomini, affinché un po’ di luce rischiari l’oscurità di questo mondo”. (I.P.)
L’Ue estende la protezione a vittime di stalking in tutti gli Stati membri
◊ Il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, ha approvato la direttiva sull'Ordine di protezione europeo (Ope). Con questa decisione, le vittime di violenze sessiste, stalking, molestie, protette dal diritto penale di uno Stato dell'Unione europea avranno uguale tutela in tutta l'Ue. Una persona che riceve protezione in uno Stato membro potrà richiedere di estendere la stessa protezione in un altro Paese dell'Ue nel quale decide di trasferirsi. Nel suo intervento in aula per sostenere la direttiva, l’europarlamentare Silvia Costa ha dichiarato che “si tratta del primo strumento giuridico di efficace protezione delle vittime, effettive o potenziali, di reati contro la persona in ambito comunitario”. “Questa direttiva - ha continuato l’europarlamentare – potrà essere adottata da autorità nazionali sia civili che penali con misure uguali o equivalenti a quelle dello Stato di emissione”. L’Ope è in linea con la direttiva sulla tratta di esseri umani e quella sugli abusi sessuali e pedopornografia minorile votate negli ultimi due anni. (G.C.)
India: convegno di teologia ecumenica per il superamento delle discriminazioni religiose
◊ Unità della Chiesa in India, maggiore integrazione della comunità fuori casta dei dalit e il proseguo della riflessione su una testimonianza ecumenica per il superamento di ogni forma di discriminazione. Sono questi i principali temi trattati nel convegno ecumenico che si chiude oggi a Kolkata, in India. L’incontro “New theologies for a new Church, for a new world” (Nuove teologie per una nuova Chiesa, per un nuovo mondo) è stato promosso dal World Council of Churches (Wcc) in collaborazione con il National Council of Churches in India (Ncci), il Serampore College e il Bishop’s College. Al convegno di Kolkata hanno partecipato teologi e delegati di Chiese e comunità ecclesiali. Significativa la presenza di quelli più direttamente coinvolti nei progetti per favorire l’integrazione dei dalit nelle comunità cristiane e nella società indiana. Infatti, la Costituzione indiana concede diritti e benefici speciali, per i fuori casta, solo ad indù, buddisti e sikh, escludendo così cristiani, musulmani e seguaci di altre religioni. L’esperienza dei dalit è importante per capire il cammino fatto da molti cristiani nel mondo per superare ogni forma di discriminazione che limita la libertà religiosa. Secondo gli esperti, il convegno è anche un’occasione per riconoscere il ruolo della Chiesa in India nel processo di emancipazione dei dalit: la loro conversione al cristianesimo ha modificato la composizione della Chiesa in India che è passata da essere una comunità urbana, colta, ricca a una comunità rurale e povera. Inoltre, l’esperienza dei dalit è indicativa per il dialogo ecumenico. Il seminario - hanno spiegato gli organizzatori - si propone “di sviluppare una pratica, dei processi e una collaborazione interattiva per concepire nuove visioni della Chiesa, della società e del movimento ecumenico”. La storia e l’esperienza di queste comunità possono aiutare il movimento ecumenico mondiale a capire quali devono essere i punti essenziali nella formulazione di una teologia in grado di superare le divisioni che ancora impediscono ai cristiani di vivere il mistero della comunione. (G.C.)
Libano: proposte dal convegno di Beirut promosso dal Consiglio ecumenico delle Chiese
◊ Come sta cambiando la migrazione negli scenari ecclesiastici nel mondo? Quali sono i cambiamenti e che impatto avranno sulle comunità di immigrati? Cosa possono fare le Chiese per promuovere una cultura dell’accoglienza e della diversità e individuare nuove risposte alla domanda teologica: «Chi è il mio prossimo?» in un mondo sempre più globalizzato? Questi i principali quesiti che hanno caratterizzato l’incontro ecumenico svoltosi a Beirut, in Libano, dal titolo: «Migration and the Ecclesial Landscape: Who is my Neighbour?», promosso dalla Global Ecumenical Network on Migration del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), in collaborazione con la All Africa Conference of Churches, la Commission for Migrants in Europe della Conferenza delle Chiese europee e il Middle East Council of Churches. L’incontro – riferisce L’Osservatore Romano - ha dato la possibilità ai numerosi partecipanti provenienti da diversi Paesi non solo di confrontarsi, conoscere, individuare le soluzioni e condividere le principali tematiche sull’immigrazione in Africa, Europa e Medio Oriente, ma ha rafforzato quell’impegno ecumenico per la comprensione di quanto sia importante considerare positivamente l’universo di tradizioni, culture, lingue e religioni. Attraverso esso si è chiamati a interagire quotidianamente proprio nella prospettiva della testimonianza dell’unità della Chiesa. Nello specifico, i rappresentanti delle Chiese in Africa hanno spiegato che il fenomeno migratorio nel continente non è nuovo, ma è stato sempre presente con una migrazione interna numericamente più bassa rispetto a quella esterna. Ciò è spiegato dal fatto che la povertà, la disoccupazione e il conflitto in molte regioni spingono sempre più persone ad abbandonare il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore. «Per questo motivo — hanno spiegato i leader religiosi africani — l’accoglienza, la tolleranza, il rispetto per l’altro e l’amore verso il prossimo sono diventati cruciali per il futuro del nostro Paese». Sarah Silomba Kaulule, vice-moderatore della commissione fede e ordine del Consiglio ecumenico delle Chiese, ha focalizzato il suo intervento sulla situazione dei migranti in Zambia. «Occorre aiutarli e integrarli. La missione della Chiesa — ha spiegato — è quella di accogliere i migranti e rifugiati. Per questo abbiamo bisogno di una solida base che non provochi divisioni e scontri, ma che ci aiuta a capire e soprattutto accettare l’altro, anche se diverso». Kaulule, inoltre, ha incoraggiato le Chiese a offrire spazi sicuri per impedire che i migranti finiscano nella rete dei trafficanti di esseri umani. Anche in Europa i migranti fanno fatica a inserirsi nel tessuto sociale. Gerrit Noort, direttore della missione olandese del Cec, ha parlato delle sfide poste dal multiculturalismo e dell’esperienza delle comunità religiose nei Paesi Bassi che, seppur diverse, collaborano a livello ecumenico per facilitare l’integrazione dei migranti. Diverso, invece, il fenomeno della migrazione in Medio Oriente, dove migliaia di persone sono colpite da turbolenze politiche, conflitti e persecuzioni. Secondo B. Audeh Quawas, membro del comitato centrale del Cec e del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, «è indispensabile il dialogo interreligioso. Per promuovere il rispetto per le minoranze e avviare un dialogo positivo e proficuo, soprattutto tra cristiani e musulmani, le Chiese dovranno fare di più e sconfiggere la paura». (L.Z.)
Filippine: i vescovi proclamano il 2012 Anno delle Pontificie Opere Missionarie
◊ La Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp) ha proclamato il 2012 “Anno delle Pontificie Opere Missionarie” (Pom). Il prossimo ottobre, infatti, celebrano l’80° anniversario della loro presenza nel Paese. “Un anno pieno di grazia, segnato da un rinnovato entusiasmo per il nostro devoto servizio di discepoli evangelizzatori di Cristo”, così ne parla mons. José Palma, arcivescovo di Cebu nella sua prima lettera pastorale come nuovo presidente della Cbcp, in cui richiama il generoso servizio svolto dalle Pom per la Chiesa locale da quando hanno iniziato ad operare nelle Filippine nel 1932. Un servizio per il quale – ricorda il presule – il Santo Padre Benedetto XVI ha espresso in più di un’occasione la sua profonda gratitudine. “La nostra speranza - afferma mons. Palma - è che questo anno speciale possa incoraggiare i filippini ad un impegno dinamico per annunciare in modo efficace la Buona Novella di Gesù Cristo fino ai confini della terra”. Per questo l’arcivescovo di Cebu invita i fedeli filippini a partecipare numerosi alle iniziative in programma nel 2012 per l’anniversario: seminari, attività missionarie nelle scuole, nuove iniziative missionarie nel Paese e all’estero. “Come vostri pastori – scrive - vi esortiamo a partecipare con tutto il vostro cuore ai programmi promossi a livello nazionale e diocesano dalle Pom”. Le Pontificie Opere Missionarie, la cui direzione è assicurata da un Comitato supremo presieduto dal Cardinale Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, hanno lo scopo di evidenziare la natura missionaria della Chiesa e il dovere di tutti i cristiani di partecipare alla sua missione con la preghiera, il sacrificio e la cooperazione materiale. Le Pontificie Opere Missionarie sono quattro: Pontificia Opera della Propagazione della Fede, Pontificia Opera di San Pietro apostolo, Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria, Pontificia Unione Missionaria. Pur fondate in epoche diverse, le quattro Opere costituiscono un’istituzione unica ed hanno uno scopo fondamentale che le accomuna: promuovere lo spirito missionario universale in tutto il Popolo di Dio che è la Chiesa. (A cura di Lisa Zengarini)
Alfabetizzazione: concerto di Natale per le iniziative dell’Opam
◊ Un’iniziativa culturale e solidale per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia e raccogliere fondi per l’Opam, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo. Si terrà domenica 18 dicembre alle 17.30, presso la Parrocchia romana di San Luigi Gonzaga, il Concerto di Natale, che offrirà quest’anno una serie di canti natalizi tradizionali delle regioni italiane. Il Concerto sarà eseguito dal Coro polifonico della Basilica di Sant’Agnese fuori le Mura, diretto dal maestro Roberto Musto. L’Opam, Opera di Promozione della Alfabetizzazione nel Mondo, è una Associazione (ONG/Onlus) di ispirazione cristiana e apartitica, fondata nel 1972 da don Carlo Muratore e oggi presieduta da mons. Aldo Martini. L’Opam ha come obiettivo la lotta all’analfabetismo e la promozione del diritto all’istruzione nei Paesi in via di Sviluppo. Per raggiungere i propri obiettivi, l’Opam opera attraverso la promozione e l’attivazione di progetti, di adozioni scolastiche a distanza e di gemellaggi fra scuole. In quasi 40 anni ha realizzato oltre 3500 progetti in Africa, Asia e America Latina e ha contribuito all’istruzione e alla formazione professionale di milioni di bambini, giovani, uomini e donne che oggi possono vivere liberi dalla schiavitù dell’ignoranza ed essere promotori di sviluppo. (A.G.)
Rapporto Istat: Italia sempre più condizionata dalla crisi
◊ La crisi è al centro dell’annuario dell’Istat 2011. Nel 2010 la spesa delle famiglie italiane è aumentata di appena 11 euro rispetto al 2009 raggiungendo i 2.453 euro medi al mese. Poi, ben quattro disoccupati su dieci risultano essere under 30. I consumi nel 2010 sono in sostanza fermi perché gli italiani sono stati costretti a tirare la cinghia. Probabilmente è anche un riflesso del calo dell’offerta di lavoro, soprattutto per i più giovani. L’Istat mette in luce come, a fronte di un totale di 2,1 milioni di persone in cerca di occupazione, i giovani disoccupati sotto i 30 anni siano 834 mila, ovvero il 39,7%. In generale, nel 2010, si contano ben 596 mila disoccupati in più rispetto al 2007. In tre anni, quindi, l'aumento delle persone in cerca di un posto di lavoro e' stato del 39,6%. E con poco reddito è inevitabile che si facciano anche meno figli. La natalità in Italia diminuisce e nel 2010, con quasi 561.944 nuovi bebè ha toccato il livello minimo dal 2006: gli italiani sono stati 483.862 mentre gli stranieri sono stati 78.082. Dunque italiani sotto pressione. E la politica non dà un buon esempio: l'aumento delle retribuzioni contrattuali per dipendente a tempo pieno maggiore e' stato registrato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con un +15,2%. Sul fronte del risparmio, gli italiani continuano a investire nella casa. Il 73,6% delle famiglie e' proprietario dell'abitazione in cui vive, mentre il 17,2% paga un canone d'affitto. (A cura di Alessandro Guarasci)
La protesta in Siria: uccisi numerosi civili, a Homs 200 mila in piazza
◊ Almeno 17 civili siriani sono stati uccisi oggi dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad in altrettante località del Paese. Tra queste anche la città di Homs dove si sono riuniti 200 mila manifestanti disarmati, secondo i Comitati di coordinamento locale degli attivisti siriani, in una nuova giornata di proteste indetta dall'opposizione. A oltre due mesi dall'avvio della finora poco efficace iniziativa di mediazione della Lega Araba, migliaia di siriani sono tornati oggi in piazza, venerdì di preghiera islamica comunitaria, per chiedere la caduta del regime degli Assad con lo slogan: "La Lega Araba ci uccide". Homs è da mesi assediata da truppe dell'esercito e dalle forze di sicurezza. Interi quartieri, a maggioranza sunniti, sono isolati dal resto della città. Gli attivisti stanno trasmettendo, tramite Skype o webcam collegate a Internet, le manifestazioni pacifiche in corso ad Hama, altra città in rivolta più volte teatro di sanguinosi raid delle forze lealiste, Dayr az Zor all'est, Qamishli nel nord-est a maggioranza curda e nella regione meridionale di Daraa.
Egitto: 250 feriti in scontri al Cairo
Nuovi scontri, questa mattina, al Cairo al sit-in davanti all'edificio della presidenza del consiglio dei ministri, con un bilancio di circa 250 feriti tra i manifestanti. Molte persone sono state arrestate dalla prima mattina, quando sono cominciate le prime scaramucce, dopo che si era sparsa la notizia di un manifestante arrestato, picchiato brutalmente dalla polizia e poi rilasciato. Sull'arteria Qasr el Aini, che incrocia la strada dei palazzi governativi, dopo che la polizia militare ha demolito e bruciato le tende nei quali i manifestanti si erano insediati dal 24 novembre per impedire al nuovo governo di Kamal el Ganzouri di prendere possesso degli uffici. Quasi tutti i feriti avrebbero solo lesioni leggere, perchè colpiti alla testa da pietre, ma è stato segnalato anche un giovane ferito ad un occhio con un proiettile di gomma, apparentemente sparato dai militari. Gruppi di decine di persone si stanno radunando ora in piazza Tahrir, che dista dal luogo degli scontri un centinaio di metri, mentre vengono intonati canti contro i militari e la polizia, analoghi a quelli di solito intonati dagli ultrà negli stadi di calcio.
Riattivato l’accordo Italia-Libia dopo il congelamento durante la guerra
Italia e Libia "ricominciano". La collaborazione tra Roma e Tripoli, "congelata" durante la guerra, riparte dal "vecchio" trattato di Berlusconi, ma su nuove basi: quelle di un Paese libero che dopo la dittatura di Gheddafi sta “finalmente coronando le sue aspirazioni alla democrazia”. Il premier Mario Monti ha descritto così la Libia, annunciando - al termine di un colloquio durato oltre un'ora e mezza con il leader del Cnt, Mustafa Abdel Jalil - la decisione di "riattivare" l'accordo che impegna Roma per 5 miliardi di dollari in 20 anni e facendo tirare così un sospiro di sollievo alle imprese italiane, coinvolte in prima persona nelle opere da realizzare in Libia. L'intenzione è, infatti, quella di ripartire concretamente con la collaborazione - e lo dimostra la decisione di Monti di andare in Libia a gennaio - in un Paese nel quale l'Italia ha interessi economici fortissimi. Sbloccando anche i fondi congelati durante la guerra: 600 milioni quelli già liberati, con l'impegno del premier “ad assicurarne la massima speditezza nell'utilizzo”. Un accordo che va, in sostanza, “nell'interesse di entrambi i Paesi”, come ha confermato Jalil - che nella sua "giornata romana" ha incontrato anche il capo dello Stato, Giorgio Napolitano - smentendo nei fatti con il via libera al testo del 2008 indiscrezioni, che volevano i nuovi dirigenti libici propensi a modifiche che avrebbero ridimensionato il ruolo italiano in Libia.
Voci di possibile rimpasto di governo in Grecia dopo solo un mese
Si fanno ogni giorno più intense le voci di un eventuale rimpasto del governo del premier Lucas Papademos, che conta appena un mese di vita. Secondo parte della stampa greca, il governo di "salvezza nazionale" (o di transizione, come preferisce definirlo il partito di centro-destra Nea Dimocratia), non può più andare avanti perchè molti dei suoi ministri invece di pensare al loro lavoro pensano ai problemi del loro partito. Come esempio viene portato il caso della corsa alla successione all'interno del Pasok, il partito socialista dell'ex premier Papandreou, il quale non ha ancora reso noto le proprie intenzioni riguardo la leadership del partito. Per giungere ad un rimpasto dell'attuale governo occorrerà che siano d'accordo tutti e tre i leader dei partiti che lo sostengono. Uno dei tre, Giorgos Karatzaferis, il presidente di Laos (di estrema destra), si è già detto d'accordo come lui stesso ha ammesso parlando con il premier. Per quanto riguarda il Pasok, anche Papandreou accetterà, secondo i giornali. Rimane Antonis Samaras, il leader di Nea Dimocratia il quale, a quanto pare, non sarebbe contrario, come lo è invece ad un eventuale prolungamento della durata del governo di Papademos, che in base all'accordo raggiunto dai tre partiti dovrebbe scadere con le elezioni del 19 febbraio prossimo.
Alla dogana russa sequestrato materiale radioattivo in partenza per l'Iran
La dogana russa ha reso noto di aver sequestrato 18 contenitori di metallo contenenti l'isotopo radioattivo del sodio 22 e destinati all'Iran. Il materiale radioattivo, di venti volte superiore alla norma, è stato scoperto all'aeroporto Sheremetevo di Mosca nella sala partenze grazie ad un sistema che rivela la presenza di radioattività durante il controllo dei bagagli. I contenitori erano all'interno della valigia di un passeggero in partenza per l'Iran. Secondo un primo accertamento, la sostanza radioattiva non può che essere stata prodotta da un reattore nucleare. La procura di Mosca ha avviato un'inchiesta. Il sodio-22 è utilizzato in diversi campi scientifici, compresa la sfera medica. La Russia, secondo l'agenzia Interfax, ha accordi per fornire isotopi medici molibdeno 99 e iodio 131. Il sodio-22 può essere ottenuto nelle strutture di Rosatom, l'agenzia federale per l'energia nuclerare, ma anche in centri di ricerca medici e scientifici.
Nuove sanzioni contro l’Iran dalla Corea del Sud per la questione nucleare
La Corea del Sud ha varato nuove sanzioni contro l'Iran, decidendo un'ulteriore stretta delle operazioni finanziarie con 99 persone giuridiche e sei fisiche del Paese, evitando qualsiasi iniziativa sul fronte delle importazioni di greggio e prodotti petrolchimici. L'iniziativa, ha spiegato il Ministero delle finanze in una nota, si somma ai 102 gruppi e 24 individui per i quali Seul ha disposto a settembre il divieto sulle transazioni finanziarie. L'inserimento nella "lista nera" comporta l'obbligatorietà del via libera della "Bank of Korea" prima di ogni operazione in valuta estera. Il ministero, accogliendo l'invito degli Stati Uniti per un'azione internazionale perchè Teheran abbandoni le ambizioni nucleari, ha risparmiato le importazioni di greggio e beni petrolchimici, su cui c'è solo un “invito alla cautela”. L'anno scorso, la Corea del Sud, quinto importatore mondiale di "oro nero", ha permesso alla banca centrale iraniana di aprire conti denominati in won coreani per i pagamenti del petrolio. Teheran, da allora, non è stata in grado di rimpatriare i fondi raccolti che si stima siano saliti a 5 miliardi di dollari. Secondo i dati più recenti della "Korea International Trade Association", Seul ha importato petrolio e altri prodotti per 10,87 miliardi di dollari tra ottobre 2010 e ottobre 2011, a fronte di esportazioni per 6,14 miliardi di dollari. Nel 2010 la Corea del Sud ha comprato 72,6 milioni di barili di greggio dall'Iran (il 10% del fabbisogno), pari all'8,3% del suo import totale, secondo la Korea National Oil Corp.
La centrale di Fukushima “in sicurezza”: annuncio del governo giapponese
Il governo giapponese ha annunciato l'arresto a freddo (“messa in sicurezza”) dei reattori della centrale di Fukushima, duramente colpita dal sisma/tsunami dell'11 marzo. Ora, ha detto il premier Yoshihiko Noda, in un messaggio trasmesso dalla tv pubblica Nhk, “bisogna andare avanti e accelerare con il suo decommissionamento”. “La crisi nucleare non è ancora finita, - ha spiegato il premier nipponico - ma con l'arresto a freddo è stato fatto un grande passo in avanti e si è aperta una nuova fase”. Il 'cold shutdown' equivale alla certificazione che le condizioni all'interno dei reattori sono ritenute tali da rendere impossibile “stati di criticità” e reazioni atomiche a catena, nonchè a chiudere definitivamente la fase piu' acuta della peggiore crisi nucleare da quella di Chernobyl del 1986. Secondo i primi elementi forniti, ci vorranno fino a 40 anni di interventi costanti per smantellare del tutto i reattori, mentre le prime operazioni partiranno entro 20-25 anni, a causa della parziale fusione verificatasi nei reattori n.1, 2 e 3. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 350