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Sommario del 31/08/2011
◊ L’arte è come “un raggio di bellezza” che può indurre l’animo a percepire la “Bellezza suprema”, cioè Dio. Lo ha affermato Benedetto XVI, che ha dedicato a questo tema l’udienza generale di stamattina, presieduta in una gremitissima Piazza della Libertà, antistante al Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Visitare le città d’arte, ha suggerito il Papa, può essere dunque un modo per alimentare non solo la cultura ma anche la fede. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Un verso poetico particolarmente profondo, un ammasso di materia magistralmente lavorato, un pentagramma sul quale le note fluiscono con un andamento che fa vibrare le corde profonde del cuore. Il genio artistico, qualsiasi sia la sua forma in cui si esprime, può consentire di sperimentare, ha detto il Papa, “un’intima emozione, un senso di gioia”…
“…di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c’era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che 'parla', capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’animo”.
Un’opera d’arte dunque, ha proseguito Benedetto XVI, “è il frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni”:
“L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto”.
Quell’“alto” cui tende la bellezza artistica può condurre, ha affermato il Papa, a Dio, “Bellezza suprema”. Lo può, ad esempio, l’architettura, come quella gotica o romanica: la prima con le sue “linee verticali” che spingono al cielo; la seconda – ha osservato Benedetto XVI – che invita “in modo spontaneo al raccoglimento e alla preghiera”. Oppure lo può la musica, quando ha la potenza di dilatare il cuore verso Dio:
“Mi torna in mente un concerto di musiche di Johann Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso verità, verità del sommo compositore, e mi spingeva a ringraziare Dio. Accanto a me c'era il vescovo luterano di Monaco e spontaneamente gli dissi: ‘Sentendo questo si capisce: è vero; è vera la fede così forte, e la bellezza che esprime irresistibilmente la presenza della verità di Dio’”.
Il Papa ha concluso la sua riflessione ricordando pensieri ed esperienze di grandi artisti del passato. La celebre frase del pittore Marc Chagall, per il quale “i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia”. O il moto interiore del poeta laico, Paul Claudel, il quale ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale del 1886, “avvertì – ha detto il Pontefice – la presenza di Dio”. Esempi che aiutano a tener presente che le tante bellezze artistiche sparse nel mondo possono stimolare anche la preghiera e il rapporto con Dio:
“La visita ai luoghi d’arte, allora, non sia solo occasione di arricchimento culturale - anche questo - ma soprattutto possa diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare - nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà più profonda che esprime - il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci ‘ferisce’ nell’intimo e ci invita a salire verso Dio”.
Undici le lingue nelle quali Benedetto XVI ha salutato i gruppi presenti all’udienza, presieduta in questa occasione nella Piazza antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, affollata ben oltre le circa 4 mila persone di cui è capace il cortile pontificio. Tra i saluti, uno in particolare è stato indirizzato dal Papa ai vescovi amici della Comunità di Sant’Egidio.
Concerto offerto al Papa dal cardinale Bartolucci: intervista con il maestro Baiocchi
◊ Attesa per il Concerto in onore di Benedetto XVI, che sarà offerto dal cardinale Domenico Bartolucci, ospitato nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, nel pomeriggio di oggi, alle ore 18.00. Sotto la bacchetta di Simone Baiocchi, maestro, direttore e concertatore, interverranno Enrica Fabbri, soprano, Lykke Anholm, soprano, Michele Govi, baritono, accompagnati dal Rossini Chamber Choir di Pesaro e dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana. Roberta Gisotti ha intervistato il maestro Baiocchi.
D. - Maestro, sappiamo del suo rapporto di collaborazione che dura da molti anni con Domenico Bartolucci, sacerdote, compositore e direttore di coro e di orchestra, riconosciuto tra i più celebri musicisti italiani contemporanei. Quale programma avete dunque scelto per questo speciale concerto?
R. - Si tratta di un programma scelto personalmente dal maestro Domenico Bartolucci. Lui da molto tempo voleva presentare al Santo Padre l’esecuzione del poemetto “Baptsima”, sull’antica liturgia del Battesimo messa in musica. Un lavoro, quindi, che per Bartolucci significa molto perché gli fu commissionato dal Pontificio Istituto di Musica Sacra e fu eseguito per la prima volta il 2 maggio del 1947 nella Sala Accademica della Scuola pontificia. Quest’esecuzione sancì l’affacciarsi di questo talento nel mondo musicale romano. A dicembre, infatti, Bartolucci divenne maestro di cappella a Santa Maria Maggiore, l’anno successivo venne chiamato come insegnante di coro e di composizione alla Scuola Pontificia e qualche anno dopo fu vice-maestro con Perosi nella Cappella Sistina, per divenire poi direttore perpetuo nel 1956. Questo lavoro doveva far parte di una serie che comprendeva tutti e sette i sacramenti. Dopo, però, sono arrivate le riforme liturgiche, con l’abbandono della lingua latina e questo progetto è rimasto quindi accantonato.
D. - Abbiamo altre tre composizioni in questo concerto…
R. - Sì, sono tre mottetti per soprano e coro a voci femminili. Il primo è un “Benedictus” che il maestro ha preparato come omaggio al Santo Padre, alludendo proprio al nome scelto dal Pontefice. “Benedictus qui venit in nomine Domini” è quindi una preghiera, un ringraziamento, un’invocazione a Dio per aver donato alla Chiesa Papa Benedetto XVI. Abbiamo poi un’Ave Maria che vede la sua prima assoluta esecuzione: è estrapolata dal secondo atto dell’opera lirica “Il Brunellesco”, che riguarda le vicende di Filippo Brunelleschi e della costruzione della Cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. Nel secondo atto Filippo Brunelleschi abbandona il cantiere a causa dell’antagonismo con Ghiberti e si rifugia nel Mugello. Qui, però, piange e si dispera per aver dovuto abbandonare questi importantissimi lavori e c’è una serva, la fantesca Berta, che cerca di consolare il suo pianto. Ad un certo punto proprio lei invoca la Madonna ed i Santi perché possano veramente consolare l’artista. Si sente quindi un rintocco di campana: suona l’Ave Maria ed il coro canta “Preghiamo”. Inizia così questo canto di Ave Maria, tutto su un rintocco di campana. Al termine eseguiremo poi un mottetto, “Christus circumdedit me”, che è stato estrapolato dal secondo libro dei mottetti, quello scritto per i ragazzi cantori della Cappella Sistina.
D. - Ad accompagnare i cantanti saranno il Rossini Chamber Choir di Pesaro e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana. Cosa caratterizza questi due complessi a lei ‘familiari’?
R. - Ho già lavorato molte volte con questi complessi, ed in modo particolare con il Rossini Chamber Choir, che è un complesso costituito da me. L’elemento unificante di queste due compagini è la duttilità, perché il coro modifica il proprio organico a seconda del repertorio da eseguire sia nel numero sia nella tipologia di voci. L’orchestra è davvero fantastica, composta da grandi professionisti: è il fiore all’occhiello della regione Marche, perché svolge le stagioni musicali al Teatro delle Muse di Ancona, allo Sferisterio di Macerata, al Teatro di Iesi - teatro lirico di tradizione - e quindi raccoglie al suo interno quanto di meglio la regione Marche, che è una regione con grandi tradizioni musicali, può offrire.
D. - Tutti sanno della profonda passione e cultura musicale di Benedetto XVI. Avrete quindi uno spettatore particolarmente attento e critico. Questo aggiungerà emozione ed impegno alla vostra esecuzione?
R. - Sicuramente. L’impegno è sempre tanto, perché un artista deve sempre e comunque cercare di fare il massimo, ma questa circostanza aggiungerà un’emozione particolare, quasi indescrivibile a parole. Quello che mi colpisce, a livello personale, è soprattutto lo sguardo amabile del Papa. Sappiamo che è un ascoltatore che può cogliere ogni minima sfumatura e quindi comprende lo sforzo ed il mettersi a nudo di un artista nel momento in cui fa musica. Perciò, è anche un grande onore. (vv)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ All'udienza generale Benedetto XVI parla della bellezza che avvicina a Dio.
Nell'informazione internazionale, in primo piano l'economia: Wall Street attende le decisioni della Fed; crolla la fiducia dei consumatori americani.
Teatro dell'indicibile: Timothy Verdon sulla «Santa Teresa» del Bernini e la mistica nell'arte.
A lezione di etica politica: Inos Biffi sul canto VIII del «Paradiso» di Dante.
La quercia e il tiglio: Marco Beck sulle «Metamorfosi» di Ovidio e il mito senza tempo di Filemone e Bauci.
I tre moschettieri dell'arte europea: Sandro Barbagallo sulla mostra allestita al San Francisco Museum of Modern Art dedicata alla raccolta artistica dei tre fratelli Stein.
Nell'informazione religiosa, un articolo di Riccardo Burigana sul simposio a Salonicco per il dialogo tra cattolici e ortodossi.
Padre Pizzaballa e mons. Shomali: non abbiate paura di venire in pellegrinaggio in Terra Santa
◊ “Venite in Terra Santa, non c’è nessun pericolo, Gerusalemme aspetta sempre i suoi figli”: è l’appello della Custodia di Terra Santa dopo il netto calo di pellegrini registrato negli ultimi quattro mesi. All’origine di questa diminuzione dei pellegrinaggi ci sarebbero la crisi economica e soprattutto l’instabilità della regione mediorientale. Tuttavia, "per i pellegrini non c’è nulla da temere": è quanto sottolinea il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme da Alessandro Gisotti:
R. - Fino a maggio il numero di pellegrini era molto alto e in proporzione molto superiore all’anno precedente. Poi un po’ con la crisi internazionale ma soprattutto con i cambiamenti nel mondo arabo c’è stato un calo abbastanza sensibile e anche abbastanza improvviso fino a questi giorni. Questo ha creato un po’ di preoccupazione soprattutto all’interno della comunità cristiana le cui risorse dipendono molto spesso dall’arrivo, dalla presenza dei pellegrini. Quello che intendiamo dire è che nonostante quanto sta accadendo nel mondo arabo la Terra Santa e il pellegrinaggio in Terra Santa è assolutamente sicuro. Non c’è nessun pericolo, nessun rischio di alcun genere e come anche nel passato non bisogna aver paura di venire per fare questa esperienza che rimane un’esperienza importante per chiunque.
D. – Anche perché è un’esperienza che non é solo per chi compie il pellegrinaggio ma evidentemente di sostegno nei confronti della comunità cristiana della Terra Santa…
R. – E’ vero, gran parte dei cristiani lavora nell’ambito del pellegrinaggio, del cosiddetto “turismo religioso”, come lo chiamano qui, per cui il pellegrino che fa un’esperienza di fede molto importante porta anche un’esperienza di solidarietà, di sostegno alla presenza alla comunità cristiana che qui, come tutti sanno, è una comunità molto piccola e bisognosa di aiuto. Ripeto, il pellegrinaggio in Terra Santa è assolutamente sicuro, non c’è pericolo di nessun genere. Quei pochi pellegrini che sono qui in questo periodo possono testimoniare che è un’esperienza molto bella che vale la pena fare e per la quale non si deve temere assolutamente nulla. (bf)
E all’appello della Custodia di Terra Santa si unisce anche il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Al microfono di Alessandro Gisotti, il vescovo ausiliare, mons. William Shomali, si sofferma inoltre sul contributo che la figura del pellegrino offre alla pace nella regione:
R. - Mi unisco all’appello della Custodia per dire che non bisogna avere paura. La Terra Santa e l’itinerario dei pellegrini è più sicuro che mai. Questa mattina abbiamo accolto 400 senegalesi che sono venuti al Patriarcato latino ed erano contentissimi. Quelli che sono venuti negli ultimi tempi non hanno sofferto niente, al contrario sono stati tutti soddisfatti. Noi estendiamo questo appello a quanti hanno l’intenzione di venire: venite senza paura, venite in Terra Santa, ritornerete più forti che mai!
D. – Chi compie il pellegrinaggio in Terra Santa diventa anche segno di comunione con i cristiani della Terra Santa…
R. – Esatto. Ma è anche un segno di solidarietà con tutti gli abitanti perché il pellegrino è una figura di pace, una figura gradita, amata da tutti - musulmani, cristiani, ebrei e posso dire, senza esagerare, che la figura del pellegrino è un ponte fra tutti: fa un’opera di pace, non solo con la sua preghiera, ma anche con la sua presenza.
D. – In Terra Santa, c’è tensione in vista della richiesta all’Onu del riconoscimento dello Stato palestinese: quali le sue speranze anche, in questo senso, di pace?
R. – Noi aspettiamo una decisione coraggiosa da parte delle Nazioni Unite e penso che il riconoscimento di uno Stato palestinese dalle Nazioni Unite aiuti anche Israele a far diminuire la violenza nella regione e anche l’antisemitismo e l’odio che ci sono nel mondo. Penso che sia nell’interesse di Israele riconoscere uno Stato palestinese e nell’interesse dei palestinesi riconoscere il diritto degli ebrei ad avere uno Stato. E’ nell’interesse di tutti avere due Stati che vivono in armonia, serenità e rispetto reciproco! (bf)
Violazioni di diritti umani in Siria, la denuncia di Amnesty International
◊ In migliaia ieri - primo giorno di festa per la fine del Ramadan - hanno sfidato il regime siriano in diverse località del Paese, nonostante il massiccio dispiegamento di milizie fedeli al presidente Bashar al Assad. Almeno 7 civili sono stati uccisi negli scontri tra oppositori e forze di sicurezza nella regione meridionale di Daraa e a Homs, a nord di Damasco. Sul piano diplomatico, l’Unione europea assicura che entro sabato prossimo saranno formalizzate le sanzioni contro la Siria in ambito petrolifero. Intanto, Amnesty International ha pubblicato un rapporto che elenca oltre 1.800 vittime e denuncia la gravissima condizione di detenzione degli oppositori. Stefano Leszczynski ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International–Italia.
R. - L’elenco con nomi e cognomi dei manifestanti assassinati a partire da marzo è arrivato a 1.800. Poi, la denuncia di oggi fa riferimento a torture mortali avvenute nelle prigioni siriane; c’è il dettaglio di 88 casi, il tutto in un clima di impunità e nell'assenza di un'azione della comunità internazionale.
D. - Come mai questa impotenza della comunità internazionale di fronte a un caso drammatico come quello della Siria?
R. - Quello che dicono gli analisti, in modo naturalmente distaccato, è che se in Libia c’era e c’è il petrolio e Gheddafi era una fonte di instabilità, in Siria il petrolio non c’è e Assad è una fonte di stabilità.
D. - Esportazione di armi e depositi finanziari: quali sono i Paesi che hanno interessi in Siria in questo senso?
R. - Se vediamo qual è l’operato all’interno del Consiglio di sicurezza e scopriamo che ogni volta che si cerca di fare qualcosa ci sono Russia e Cina che bloccano, è evidente che questi due Paesi hanno relazioni dirette col governo della Siria, anche per una eredità di natura politica e di alleanza politica con il regime di Damasco. In generale, la Siria è un Paese con il quale si fanno pochi affari, ma c’è una sensibilità politica nel lasciar fare il regime del presidente Assad per paura di un effetto domino che intacchi la stabilità della regione.
D. - Tra l’altro la repressione in Siria ha provocato anche fortissimi flussi di rifugiati che hanno coinvolto tutti i Paesi confinanti?
R. - Noi abbiamo intervistato alla frontiera del Libano, alla frontiera della Turchia - giacché ad Amnesty International non è consentito entrare in Siria - una percentuale notevole delle migliaia di profughi che hanno lasciato il Paese, alcuni dei quali sono arrivati con molta fortuna oltre confine perché sono stati seguiti dai cecchini che sparavano alle loro spalle fino a quando non hanno attraversato la frontiera. Naturalmente, Turchia e Libano hanno dato ospitalità ma con tutte le difficoltà legate al fatto che questi Paesi non hanno né una tradizione, né attrezzature per poter gestire grandi flussi di profughi.
D. - La situazione siriana è drammatica adesso ma in passato è stata altrettanto difficile per gli oppositori al regime?
R. - Dura da decenni. Quello che fa impressione e che abbiamo denunciato oggi in questo nuovo rapporto è che se negli anni passati si segnalavano circa cinque decessi in carcere ogni anno, in pochi mesi, da aprile all’agosto di quest’anno, Amnesty International ne ha riscontrati 88. Quindi evidentemente c’è un’escalation molto preoccupante di violazioni dei diritti umani. (bf)
Sud Sudan: dopo l'indipendenza, violenti scontri tra le tribù
◊ Superare il tribalismo per portare stabilità e pace in Sud Sudan. Questo l’appello dell’arcivescovo di Juba, mons. Paulino Lokudu Loro, quando nel nuovo Stato - indipendente da Khartoum dal 9 luglio - sono riprese le razzie di bestiame tra le diverse popolazioni del Paese, soprattutto tra le tribù Murle e Lou Nuer. Lo riferisce l’Agenzia Fides. Ad aggravare la situazione, anche le accuse - giunte fino all’Onu - del Sudan alle autorità del Sud. Secondo Khartoum, Juba provocherebbe “instabilità”, “offrendo sostegno ai gruppi ribelli nello Stato del Kordofan Meridionale”. Secca la smentita del Sud Sudan. Su queste crisi, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Juba il missionario comboniano José Vieira, direttore dell’informazione della rete delle radio cattoliche del Sudan:
R. – L’appello dell’arcivescovo di Juba, mons. Paulino Lukudu Loro, è arrivato al riaccendersi di alcune tensioni nel Sud Sudan. Infatti, dopo l’indipendenza abbiamo avuto un mese - per così dire - di “luna di miele”: c’era la pace, c’era la tranquillità in tutto il Paese. Ma poi, una o due settimane fa, nello Jonglei State, al confine con l’Etiopia, fra due tribù - la tribù Lou Nuer e quella Murle - si sono riaccese delle tensioni. I Murle hanno attaccato i Lou Nuer: hanno ucciso più di 600 persone, ne hanno ferite circa un migliaio ed hanno portato via il bestiame dei Lou Nuer. Inoltre un po’ più al Nord - in Unity e in Upper Nile State - si sono riaccesi anche gli scontri tra lo Spla, che è l’esercito del Sud Sudan, e i “signori della guerra”: circa una cinquantina di persone sono state uccise a seguito di questi nuovi scontri. Anche qui a Juba ci sono persone che spariscono, persone che muoiono nella notte: non si sa bene chi attacchi chi. Insomma, c’è molta insicurezza e ci sono morti.
D. – Perché ancora oggi ci sono queste tensioni tra tribù diverse e tra la popolazione locale?
R. – Questo è un vecchio problema del Sud Sudan: i popoli che possiedono il bestiame sono sempre in tensione fra di loro. E’ un problema culturale, un problema sociale: una comunità attacca l’altra e la comunità che è stata attaccata organizza la vendetta.
D. – In questi giorni, in sede Onu, ci sono state polemiche tra Sudan e Sud Sudan: Kharthoum accusa Juba di dare sostegno ai gruppi ribelli nel Sud Kordofan…
R. – Una parte dell’esercito del Sud Sudan – lo Spla – era composta da persone del Nord del Sudan, quindi del Sud Kordofan e del Blue Nile: tendenzialmente queste persone hanno deciso di rimanere nel Nord del Sudan e hanno anche deciso di mantenere il nome di Spla – Sudan People's Liberation Army. Adesso Khartoum accusa Juba di essere dietro queste persone che, nel Sud Kordofan, fanno la guerra al Nord. Il governo del Sud Sudan ha però rigettato queste accuse, dicendo che non è assolutamente vero che lo Spla del Sud Sudan sia dietro allo Spla del Nord del Sudan. La realtà è che in Sud Kordofan c’è molta violenza e il governo del Nord continua a bombardare. Proprio in questi giorni "Human Rights Watch" ed Amensty International hanno pubblicato un rapporto per denunciare la situazione: nelle ultime settimane un team di osservatori di queste due organizzazioni in difesa dei diritti umani si è recato nel Sud Kordofan State ed ha testimoniato e confermato attacchi della forza area di Karthoum contro i civili in Nuba Mountain e in Sud Kordofan.
D. – Come è impegnata ora la Chiesa del Sud Sudan per la popolazione?
R. – La Chiesa in Sud Sudan prosegue nei programmi di aiuto, impegnandosi nelle scuole e in alcuni ospedali. In seguito agli ultimi episodi, la Chiesa cattolica - insieme anche alle Chiese protestanti - ha inviato rappresentanti presso le tribù Murle e Lou Nuer per tentare una mediazione che porti alla pace e alla riconciliazione. (mg)
Apolidi, 12 milioni di persone senza cittadinanza e senza diritti: campagna dell'Acnur
◊ Sono 12 milioni le persone che in tutto il mondo ancora oggi nessuno Stato riconosce come propri cittadini. Sono apolidi, senza nazionalità, a cui spesso vengono negati diritti fondamentali come l’educazione, l’assistenza sanitaria e l’accesso al lavoro. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha per questo lanciato una campagna per la riduzione degli apolidi in tutto il mondo con lo scopo di far luce su un tema ancora poco conosciuto. Camilla Spinelli ne ha parlato con Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr, l’Ato Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati:
R. – Le cause dell’apolidia si rintracciano nell’ambito delle composizioni degli Stati: uno dei motivi è la dissoluzione degli Stati, ma anche quando si formano nuovi Stati ci sono situazioni di persone che non appartengono più al Paese di cui avevano i documenti e non hanno acquisito i nuovi documenti. Tutto il mondo ha accolto con favore la nascita del Sud Sudan, ma non va dimenticato che ci sono milioni di sudanesi del sud che risiedono nel nord e, dunque, è importante che questo nuovo Stato concordi con quello del nord delle norme specifiche relative alla cittadinanza.
D. – Quali sono le aree del mondo più colpite da questo problema?
R. – Sicuramente il sud-est asiatico, le repubbliche centroasiatiche dell’ex blocco sovietico; ma anche popolazioni della ex Jugoslavia. Ci sono poi anche i rom, che sono anche in Italia…
D. – Quali sono le conseguenze?
R. – Le conseguenze sono pesantissime per gli individui: non possono avere il diritto alla proprietà; aprire un conto corrente bancario; non possono sposarsi legalmente; non possono registrare la nascita di un figlio. Peraltro l’apolidia è anche un fenomeno che si autoriproduce: se nasce un bambino figlio di apolidi, questo bambino sarà apolide. Ci sono poi situazioni in cui queste persone senza documenti vengono anche tenute in detenzione, perché non possono provare né chi sono né da dove vengono. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati vuole quindi portare fuori dal sommerso i casi di apolidia nell’ottica di incoraggiare gli Stati a includere queste persone, concedendo loro la cittadinanza.
D. – Perché in molti Paesi un problema così grave non è considerata una priorità?
R. – Perché queste persone non sono chiaramente dei soggetti politici, dei soggetti che hanno un peso nella politica: non avendo diritto di voto, non condizionano neanche le scelte politiche. (mg)
◊ A Gioiosa Jonica, in Calabria, si indaga sulle intimidazioni ricevute da don Giuseppe Campisano, parroco della chiesa di San Rocco, noto per il suo impegno contro la mafia. Alcuni colpi di fucile sono stati esplosi, nella notte tra il 29 e il 30 agosto, contro l’auto del religioso, che già alcuni anni fa aveva ricevuto minacce telefoniche e lettere con proiettili. Il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, in una nota, ha espresso solidarietà al parroco invitandolo a continuare nel suo ''prezioso ed apprezzato ministero di sacerdote tutto dedito alla sua missione, religiosa e sociale''. Il presule, condannando “senza mezzi termini il gesto intimidatorio, frutto di vigliaccheria da parte di persone che non sanno o non vogliono affrontare i problemi attraverso il confronto e il dialogo civile”, invita “tutti gli abitanti della Locride, credenti e non, a crescere nella coscienza civile, che spinge a non nascondersi nel vile anonimato quando ci sono problemi da affrontare. Bisogna riaffermare il nostro impegno per la nuova evangelizzazione del nostro territorio – conclude il vescovo – e richiamiamo, pertanto, tutti i fedeli ad una maggiore coerenza tra fede e vita, ricordando che la fede non può ridursi ad esteriorità devote, ma deve accogliere l'invito a seguire Cristo e a mettere in pratica la sua parola''. Federico Piana ha raccolto l’opinione di don Giuseppe Campisano sulle possibili cause dell’ultimo episodio:
R. – Credo che l’evento sia legato alla festa di San Rocco, per quanto riguarda molto probabilmente la presa di posizione assunta sia da me che da parte del vescovo, per cercare di raddrizzare un po’ questa festa stessa e darle un volto religioso, perché è sempre stata all’insegna del paganesimo più assoluto. Sembrava che le cose fossero andate per il verso giusto. Credo che abbiano inciso anche le quattro giornate dedicate alla legalità che abbiamo avuto qui davanti alla Chiesa: quattro serate riuscite molto bene, la cui tonalità è sempre stata molto forte.
D. – Secondo lei, è stato un avvertimento o volevano proprio colpirla?
R. – No, credo che sia stato solo un avvertimento serio, considerando anche l’ora in cui è avvenuto il fatto: non è stato nel cuore della notte, ma è stato in un orario in cui ancora molta gente è in circolazione, di conseguenza volevano farsi sentire.
D. – Quando lei parla della festa di San Rocco, ricca di paganesimo, cosa intende?
R. – Che la processione inizia alle 9.30 del mattino e si conclude quasi dodici ore dopo, nella serata, ed è tutta scandita dal suono dei tamburi e dal ballo di molta gente, più che altro giovani, ragazzi che vengono da tutte le parti della Locride. Io credo che la festa di San Rocco, per il prestigio che riveste, sia appannaggio di una forma di potere e di controllo, proprio per la circolazione, per il fiume di denaro, perché la fiera è enorme e passano sistematicamente in tutte le bancarelle per l’estorsione.
D. – Come fare il prete a Gioiosa Ionica, dove si sente molto la presenza della ‘ndrangheta?
R. – E’ impressionante! E’ difficile, perché qui a Gioiosa Ionica c’è una zona grigia, che è pericolosissima e che è costituita dalla stragrande maggioranza degli abitanti e c’è una zona nera, che è chiara e che conosciamo tutti - ne conosciamo nomi e cognomi - la zona grigia però è uno stile di vita, di connivenza con questo tipo di personalità e di mentalità.
D. – I fedeli sono con lei oppure anche loro in qualche modo...
R. – Sì, quelli che hanno recepito e che incominciano a recepire il messaggio evangelico condividono, mi stanno vicino e collaborano. Faccio però conto su un piccolo resto, per esprimermi secondo il linguaggio biblico.
D. – Lei ha paura per la sua vita o no?
R. – No, un po’ alla volta, piano, piano ho cominciato a conviverci con questo timore e quindi oggi lo gestisco meglio.
D. – Come si combatte secondo lei la ‘ndrangheta?
R. – Io sto provando con il Vangelo, sto provando con l’animazione giovanile, con l’educazione dei ragazzi, mettendo in moto gruppi famiglia dentro ai quali si affrontino determinati argomenti. Sto provando con l'evangelizzazione. Un altro strumento che sto adottando è quello di venire incontro a molte famiglie che sono vittime dello strozzinaggio, che qui è un’altra piaga terribile. Io sono molto ottimista, altrimenti non varrebbe la pena. Che senso avrebbe, dopo 30 anni, stare qui, combattere e lottare?(ap)
Il Festival del cinema di Venezia cerca l'equilibrio tra arte e spettacolo
◊ Si inaugura questa sera alle ore 19 al Lido, nella Sala Grande restaurata e portata all’originale decoro degli anni ’30, la 68.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia diretta da Marco Müller. Dopo la cerimonia, nel corso della quale il presidente della Biennale Paolo Baratta darà il via al festival e presenterà la Giuria Internazionale, sarà proiettato l’atteso film di George Clooney “Le Idi di Marzo”, che lo vede impegnato anche come regista. Il servizio è di Luca Pellegrini:
Solite parole e polemiche sui lavori iniziati e sospesi – la terribile buca davanti al Casinò dove doveva sorgere il nuovo Palazzo del Cinema che forse mai sorgerà - le sale che mancano, i costi che lievitano, i giovani che dilapidano una fortuna al Lido per seguire il cinema, le star che forse arrivano e gli italiani che sperano nel Leone: Venezia è una Mostra del cinema ma deve patteggiare ogni anno con il glamour del cinema, ossia trovare un punto di equilibrio tra arte e spettacolo, tra qualità e commercio. Per questa edizione, la soluzione si è tentata aumentando a dismisura il numero delle pellicole: tante, troppe, di tutti i generi, disseminate nelle diverse sezioni. Non mancano però nomi e titoli di grande interesse e veterani in concorso: il russo Sokurov che porta a compimento la sua tetralogia sul potere, l’italiano Crialese che filosofeggia sul problema dell’immigrazione (tema affrontato seriamente da molti film, quest’anno, anche nella Settimana della Critica e nelle Giornate degli autori, senza dimenticare il grande Ermanno Olmi e il suo “Villaggio di cartone”, fuori concorso), qualche occhiata attenta e curiosa al cinema cinese e giapponese, l’iraniana Marjane Satrapi per una profondissima storia ambientata a Teheran nel 1958 e molti americani: Friedkin, maestro della paura, Solondz, maestro dello scandalo, Cronenberg dell’immaginario, Ferrara della visione - il suo film è sull’apocalisse - e George Clooney, maestro nel descrivere scenari difficili di storia contemporanea. A lui spetta l’onore dell’apertura della Mostra, questa sera, nella rinnovata Sala Grande, con “Le Idi di Marzo”, di cui è regista e interprete. Storia politica per eccellenza, girata con grande e parsimonioso uso dello spazio e della parola. In Ohio, durante le primarie per la presidenza del Partito Democratico, ideali e sporchi affari: si apre la tenda sulla corruzione e gli inganni che seguono di pari passo le vicende di ogni politico, in ogni parte del mondo. Clooney è il candidato, e dietro i suoi comizi si nasconde il peggio, che non troverà luce; ai bordi della sua carriera chi lavora per la sua corsa, il responsabile della comunicazione, Ryan Gosling attore di eccelse qualità, che evita trappole e non rifiuta il ricatto, candidandosi un domani per analoghe, sporche peripezie di carriera. Un film che alla proiezione per la stampa ha ricevuto ampli applausi, che si segue con attenzione e quel minimo di apprensione, pensando alla precarietà degli esseri umani che ci governano e a quanto la responsabilità politica dovrebbe avere come inseparabili compagne quotidiane le virtù morali della giustizia, della purezza, dell’onestà, della temperanza. Clooney sembra dirci: queste sono belle parole, questo rimane un ideale irraggiungibile. Nulla di più contemporaneo. La Mostra, così, si inaugura bene.
Pakistan. I cristiani di Quetta: “Il terrorismo non dà tregua neppure nel giorno dell'Eid al-Fitr
◊ “Un giorno di pace e di festa è stato trasformato in un giorno di lutto e di sciagura. Bisogna unire gli sforzi dei cittadini musulmani e cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà contro il terrorismo” dice all’agenzia Fides il diacono Gulshan Barkat, che lavora nel vicariato apostolico di Quetta, dopo il grave attentato di questa mattina, in cui un kamikaze ha colpito la moschea della città, provocando 11 morti e almeno 20 feriti, proprio nel giorno dell’Eid al-Fitr, che segna la fine del mese sacro del Ramadan. Il diacono, che fa parte di una comunità locale di circa 30mila cattolici, racconta a Fides: “La gente vive nella paura. Siamo sottoposti ai rischi di attentati da parte di gruppi terroristi di diversa estrazione: vi sono quelli che da anni combattono per l’indipendenza del Beluchistan (provincia di cui Quetta è capitale) e i gruppi di matrice talebana, dato che la zona è al confine con l’Afganistan. L’attentato è stato molto grave, poteva avere conseguenze ancora peggiori, in una data simbolica di preghiera e di festa, che è l’Eid, per la fine del Ramadan. Significa che i gruppi terroristi non intendono lasciare in pace questa regione, non intendono concedere un giorno di preghiera e di festa. Come cristiani – conclude il diacono – ci uniamo al cordoglio verso i nostri fratelli di fede musulmana. Ci auguriamo, comunque, che il giorno dell’Eid possa essere un giorno di dialogo e di pace fra cristiani e musulmani, in Beluchistan e in tutto il Paese. Auspichiamo che le autorità statali prendano ogni misura necessaria per contrastare il terrorismo che vuole portare caos nel Paese. Vogliamo contribuire a costruire la pace in Pakistan. Faremo la nostra parte, con la preghiera e con l’impegno sociale”. (R.P.)
Indonesia: giovani cristiani proteggono i musulmani in occasione della fine del Ramadan
◊ I giovani cristiani della Papua sono impegnati oggi come sentinelle per garantire sicurezza a tutte le comunità musulmane che pregano e digiunano per la fine del Ramadan e per far sì che i festeggiamenti dell’Eid, previsti oggi, si svolgano pacificamente. E’ quanto accade nella Papua (anche detta Irian Jaya), provincia indonesiana dove i cristiani sono oltre il 65% della popolazione, in maggioranza protestanti. Il gesto, all’insegna del dialogo e dell’amicizia interreligiosa, ricorda i servizi di vigilanza organizzati da gruppi musulmani moderati dopo attacchi o attentati alle chiese indonesiane, avvenuti negli anni passati. Come riferito all'agenzia Fides dalla Chiesa locale, i leader delle diverse comunità cristiane della Papua hanno chiesto ai giovani di manifestare rispetto e amicizia verso i fedeli musulmani (che sono, nel complesso, larga maggioranza in Indonesia), vigilando sull’osservanza della preghiera e del digiuno e sulla festa dell’Eid, che conclude il mese sacro del Ramadan. L’appello si è reso necessario a causa degli episodi di violenza e criminalità e del clima di tensione che ultimamente hanno turbato l’atmosfera nella società della Papua. I leader cristiani di Jayapura (capitale della provincia) hanno detto pubblicamente che “desiderano collaborare con le autorità e con i leader musulmani per avere una città sicura e tranquilla”, deplorando ogni atto violento, compiuto da elementi cristiani o musulmani, che minaccia l’armonia sociale. Come riferito da fonti cattoliche in Indonesia, momenti di condivisione, di festa, di scambio e di amicizia interreligiosa, in occasione dell’Eid, sono organizzati anche nell’arcidiocesi di Semarang e in quella di Giakarta. A Bekasi, sobborgo di Giakarta noto per la presenza di gruppi integralisti islamici e per episodi di tensione fra musulmani e cristiani, i fedeli cattolici della chiesa di San Bartolomeo hanno pregato per i credenti musulmani che celebrano l’Eid, nella speranza che l’Eid “possa portare benefici spirituali ai fratelli di religione islamica e ai rapporti fra credenti di fedi diverse”. (R.P.)
Giordania: il patriarca Twal all'Iftar organizzato dalla municipalità di Madaba
◊ Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ha preso parte nei giorni scorsi all’Iftar della fratellanza islamica e cristiana, a Madaba in Giordania. L’Iftar, il pasto consumato dai musulmani ogni sera al tramonto durante il mese di digiuno del Ramadan, è stato un’occasione per sottolineare la fraternità religiosa nel Paese. Organizzato dal presidente del Comitato municipale della Grande Madaba, il Abou Eid Wendy, ha avuto tra gli altri commensali Hazem Qashshou, ministro delle Municipalità, il senatore Aqel Beltaji, il governatore di Madaba Farouq Al Qadi e altri dignitari musulmani e cristiani di Madaba. Abou Eid Wendy, riferisce il sito www.abouna.org, ha dichiarato che l’incontro è stato un modo per rispondere all’appello del re Abdullah II a favore della convivenza, mentre il patriarca Twal ha sottolineato “l’atteggiamento esemplare della Giordania” e l'importanza di preservare l’identità araba cristiana nella città di Gerusalemme e di sostenere i gerosolomitani perché possano restare nella loro città e “perché siano aiutati ad affrontare le sfide e le difficili condizioni in cui si trovano”. Il presidente del Comitato municipale della Grande Madaba ha aggiunto che il Ramadan è un appuntamento che riunisce musulmani e cristiani e che conferma i valori della fraternità, della tolleranza e della moderazione ed ha ringraziato il patriarca Twal per aver promosso un gran numero di buone opere e di servizi tra cui la creazione dell’Università Americana della Giordania ed iniziative per persone con speciali bisogni. (T.C.)
Pakistan: i cristiani discriminati e perseguitati potranno trovare asilo in India
◊ I cristiani del Pakistan, vittime di violenze, discriminazioni e persecuzioni, potranno trovare accoglienza e asilo prolungato in India e ottenere la cittadinanza indiana: è quanto ha deciso il Ministero dell’Interno indiano, includendo i fedeli di religione cristiana e buddista nella lista delle minoranze religiose pakistane per le quali viene concesso un visto di residenza di lungo termine (fino a 7 anni), finora limitato solo ai pakistani indù e sikh. Come riferito all’agenzia Fides da fonti locali, la decisione segue una richiesta giunta al Ministero federale indiano da Goa: le autorità locali avevano segnalato la situazione di alcuni cristiani, originari di Goa ma di nazionalità pakistana, che dal Pakistan volevano tornare nella loro terra di origine. Prima del 1961, infatti, molti cittadini di Goa si recavano a Karachi per lavoro e, pur essendo nati in India, acquisirono la cittadinanza pakistana. Il Ministero dell’Interno indiano – riconoscendo la difficile condizione delle minoranze religiose in Pakistan – ha accettato la domanda, emettendo un provvedimento di carattere generale, in deroga agli accordi fra India e Pakistan, che prevedono per i cittadini pakistani il rilascio di visti con scadenza a breve termine. La notizia è stata accolta con favore dalle comunità cristiane in Pakistan (che costituiscono il 2% della popolazione) e anche dalla Chiesa indiana, pronta a dare il suo contributo per l’accoglienza e il reinserimento dei cristiani pakistani nel tessuto sociale indiano. (R.P.)
India: nel Tamil Nadu ultranazionalisti indù attaccano un'altra chiesa cristiana
◊ Nel distretto di Thurivarur, nel Tamil Nadu, alcuni attivisti locali del Bjp (Bharatiya Janata Party, partito ultranazionalista indù) hanno picchiato il pastore Williams Ramados e sua moglie. Poi, hanno preso d’assalto la Bethel Prayer House, dove l’uomo amministrava il culto: hanno demolito la chiesa; distrutto due moto; rubato sei biciclette, una telecamera e un cellulare. Infine, gli attivisti hanno portato con la forza il pastore, sua moglie e alcuni fedeli alla stazione di polizia, dove sono stati accusati secondo alcuni articoli del Codice penale. I cristiani hanno passato sei giorni in prigione e il rilascio è avvenuto su cauzione. I fatti risalgono allo scorso 13 agosto, ma la notizia si è saputa solo in questi giorni, riferisce l'agenzia AsiaNews. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), spiega: “Quel giorno le autorità governative hanno visitato la chiesa, misurato l’area su cui sorge e dichiarato che tutto era in regola e apparteneva al pastore. Gli attivisti locali hanno rifiutato il verdetto delle autorità: dopo due ore hanno attaccato i presenti e dato inizio alle violenze. Questa è l’insicurezza in cui la vulnerabile minoranza cristiana vive nell’India laica. Gli aggressori liberi e le vittime innocenti arrestate e imprigionate”. Il pastore amministrava il culto in luoghi di fortuna da 15 anni. Nel giugno 2005 ha comprato un piccolo pezzo di terra, su cui ha costruito la Bethel Prayer House e un rifugio. Attivisti locali del Bjp hanno sempre intimato al pastore di interrompere il culto. Nel 2007, essi hanno cercato di bruciare la chiesa e hanno minacciato di ucciderlo se non avesse interrotto l’opera di conversione nel villaggio. (R.P.)
India: la Corte Suprema chiede un nuovo rapporto sulle violenze anti-cristiane in Orissa
◊ La giustizia per i cristiani dell’Orissa colpiti dalle violenze è ancora lontana, nonostante timidi passi avanti. La Corte Suprema ha chiesto ufficialmente alla Commissione nazionale per i Diritti umani di presentare entro sei mesi un nuovo rapporto sulla situazione e sul reinserimento dei profughi dell’Orissa, specificamente nel distretto di Kandhamal, teatro nel 2008 delle violenze anticristiane e dei saccheggi. L’ordinanza della Corte segue un ricorso presentato dalla Chiesa cattolica in Orissa che segnalava molte lacune, la violazione dei diritti dei cittadini cristiani, risarcimenti inadeguati concessi a quanti hanno subito la perdita di case e proprietà. La Corte Suprema si è detta “insoddisfatta” della risposta del governo locale, affermando che intende indagare ulteriormente sui presunti malfunzionamenti dei programmi di ricostruzione e riabilitazione degli sfollati, riesaminando la materia fra sei mesi. La Corte ha inoltre censurato il governo dell’Orissa per i ritardi nel pagare i risarcimenti alle vittime. “Il governo ha fallito miseramente in tutte le attività di riabilitazione” afferma il ricorso firmato da mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, che chiede una nuova indagine indipendente e domanda alla Corte Suprema di quantificare i danni subiti dai cristiani. Il ricorso della Chiesa cita, fra l’altro, 230 fra chiese e cappelle danneggiate o demolite. L’ondata di violenza fece 100 morti e colpì 54mila persone in 415 villaggi, costrette alla fuga e allo sfollamento. Secondo dati forniti all’agenzia Fides dalla Chiesa locale, vi furono almeno 6.000 casi di abitazioni bruciate e devastate. Sui 3.232 casi di violenza denunciati alla polizia (circa la metà, dato il clima intimidatorio persistente) la polizia ne ha registrati ufficialmente 828. Di questi 828 casi, solo 327 sono finiti con un processo in tribunale a carico di 749 persone arrestate. I tribunali di primo grado ne hanno già assolte 639 e solo 19 processi per omicidio si sono conclusi con una condanna. Ben 1.597 militanti sono stati identificati e poi scagionati, mentre altre migliaia di aggressori non sono stati nemmeno contattati dalla polizia. In un colloquio con l’agenzia Fides, padre Dibakar Parichha, prete e avvocato della diocesi di Cuttack-Bhubaneswar che sta seguendo direttamente i processi, nota che la risposta del governo e dei tribunali nei confronti della comunità cristiana dell’Orissa, colpita dai massacri del 2008, è “troppo debole: troppi colpevoli sono a piede libero, troppi delitti, come omicidi e stupri, restano ancora impuniti”. I cristiani, riferisce, “sono sfiduciati e si sentono abbandonati dalle istituzioni: urge che il sistema giudiziario, a livello federale, ne garantisca e tuteli i diritti”. (R.P.)
Nigeria: per l'arcivescovo di Jos le cause delle violenze non sono religiose
◊ “Il ciclo di violenze con conseguenti omicidi, massacri e distruzione dei mezzi di sussistenza frutto del duro lavoro della popolazione di Jos e dintorni è, a dir poco, estremamente preoccupante, e infligge un grande dolore e pure un terribile imbarazzo a tutte le persone di buona volontà”: lo afferma mons. Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos, in una dichiarazione inviata all’agenzia Fides, rilasciata all’indomani di un nuovo scontro tra cristiani e musulmani che ha provocato la morte di 13 persone. “Non uccidere è un comandamento valido sia nel cristianesimo sia nell’Islam” ricorda mons. Kaigama che invoca il dialogo come “la soluzione migliore a prescindere dal livello di scontro o di provocazione. Coltelli, archi e frecce, fucili, esplosivi e bombe non porteranno la soluzione desiderata, anzi, hanno solo accresciuto l'odio reciproco che culmina in una sciagurata raccolta di morti e di miserie”. L’arcivescovo di Jos contesta l’interpretazione semplificatoria dei contrasti religiosi come unica origine delle violenze. “Invece di addurre i contrasti religiosi come unica causa dei continui attacchi, le autorità competenti devono adoperarsi per individuare le radici profonde del caos, per essere affrontate definitivamente con decisione” scrive mons. Kaigama. “Facciamo appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà affinchè preghino, esortiamo le autorità competenti ad intervenire con decisione per porre fine a questa situazione, per risparmiarci ulteriori imbarazzi nazionali e internazionali e soprattutto per salvare vite preziose e proprietà ottenute a prezzo di un duro lavoro” continua il messaggio. Jos, capitale dello Stato di Plateau, era fino a qualche tempo fa, un luogo di villeggiatura frequentato da persone provenienti da tutta la Nigeria. Mons. Kaigama auspica dunque di “ristabilire la giustizia in onore dei morti e di creare un ambiente favorevole per chi vuole investire nello Stato di Plateau o venire a godere della nostra ‘casa della pace’, senza timore di essere aggrediti o molestati. In verità, nessun nigeriano di buona volontà è orgoglioso della situazione nella quale vive attualmente il Paese. Confidiamo in Dio e crediamo che Lui possa ristabilire la pace in modo permanente, ma tutti noi vogliamo fare la nostra parte per essere operatori di pace e di una positiva trasformazione sociale” conclude il messaggio. (R.P.)
Nigeria: 98 morti per le inondazioni ad Ibadan
◊ “Un po’ di prevenzione si potrebbe pure fare” dice all'agenzia Misna padre Vincenzo Morrone, un missionario salesiano che di inondazioni a Ibadan ne ha viste tante. L’ultima ha colpito questa metropoli della Nigeria sud-occidentale a inizio settimana, causando almeno 98 vittime. Bayo Olukanni, un altro salesiano che vive a Ibadan, sostiene che oggi la situazione è migliorata. “Il livello dei torrenti e del fiume che vengono giù dalle colline – dice alla Misna – è molto più basso”. La speranza che il peggio sia passato, però, non cancella il dolore. Bayo racconta della morte di un dottore che lavorava in un ospedale gestito dalle suore domenicane, nella parte bassa della città. La sua casa è stata sommersa dall’acqua mentre era bloccato all’interno insieme con le due figlie. Ibadan è una metropoli di 10 milioni di abitanti estesa tutta in orizzontale – “è più grande del Cairo”, scherzano gli abitanti. In questi giorni torna a pagare un male molto comune in Africa. “I rifiuti – racconta padre Vincenzo – finiscono inevitabilmente nei torrenti: quando piove un po’ di più si intasa tutto e si allagano quartieri interi”. Alla Misna dicono che nella zona bassa della città, la più colpita, molte persone non hanno voluto lasciare le case e già oggi provano a ricominciare. Di sicuro, però, i danni sono stati ingenti. Secondo il quotidiano “This Day” soltanto l’università ha subito perdite per 10 miliardi di naira, circa 45 milioni di euro. Secondo padre Morrone, una devastazione simile non può spiegarsi con la stagione delle piogge, arrivata puntuale anche quest’anno, ma invece con la “cattiva amministrazione”. I poveri di Ibadan, sembra di capire, sono le prime vittime di un’economia debole e tutta centrata sul commercio. Continueranno a cercare lavoro nelle fabbriche di scarpe cinesi che sorgono più a sud, sulla via che porta a Lagos e al mare. (R.P.)
Regno Unito: la Chiesa celebra l’anniversario della visita di Benedetto XVI
◊ Nel Regno Unito, la Chiesa cattolica si appresta a celebrare con gioia il primo anniversario della visita apostolica di Benedetto XVI, svoltasi dal 16 al 19 settembre dell’anno scorso e culminata con la Beatificazione del cardinale John Henry Newman. In un videomessaggio, l’arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, mons. Vincent Nichols, ha invitato i fedeli del Paese a partecipare in diversi modi a questo anniversario, ricordando i momenti più emozionanti dell’evento e soprattutto raccogliendosi in preghiera in parrocchia e in famiglia. Le celebrazioni per l’anniversario si svolgeranno in tre giorni, da venerdì 16 a domenica 18 settembre. In particolare, la domenica si celebrerà la giornata di preghiera e missione della Chiesa locale sul tema “Vento nuovo nelle nostre vele”. L’anniversario della visita, ha affermato mons. Nichols, “è una grande opportunità per rammentare ancora una volta le benedizioni e l’energia che hanno circondato la visita di Papa Benedetto e di qui riceverne un vivo incoraggiamento”. Il presule ribadisce che questo anniversario deve rafforzare l’impegno dei fedeli nella vita della Chiesa, in famiglia e sul posto di lavoro. Il 18 pomeriggio, i vescovi del Paese si riuniranno nella Cattedrale di Westminster per celebrare una Messa di Ringraziamento per la visita papale. Mons. Nichols ha invitato i fedeli a rileggere quanto Benedetto XVI ha affermato durante il viaggio come rinnovata guida per il proprio cammino di fede. (A.G.)
Messico: inizia il pellegrinaggio delle reliquie del Beato Giovanni Paolo II
◊ La cattedrale di Mexico ha presentato il programma delle attività che si realizzeranno dal 5 al 9 settembre, in occasione della venerazione delle reliquie del Beato Giovanni Paolo II: "è un’occasione piena di grazia e di benedizione per il popolo del Messico, che il Papa tanto ha amato" ha dichiarato padre Manuel Arellano Rangel, decano della cattedrale. Papa Giovanni Paolo II - riferisce l'agenzia Fides - iniziò la sua prima visita pastorale del Pontificato in Messico, proprio nella cattedrale metropolitana: qui ha celebrato la prima Eucaristia solenne in terra Americana e ha incontrato per la prima volta l'amore e la devozione della popolazione locale al Papa, alla Chiesa, a Gesù Cristo e alla Vergine Maria. A più di tre decenni di distanza da quel 26 gennaio 1979, Giovanni Paolo II torna nella cattedrale come Beato, e il suo sangue, che ha sentito la fede dei fedeli messicani, sarà oggetto di venerazione da parte "del popolo sempre fedele. La Cattedrale è sempre aperta a tutti, è la casa del Popolo di Dio, per questo è simbolico che la reliquia del Papa rimanga qui in questi giorni, perché così possiamo andare a venerarla e a chiedere l'intercessione del Papa per la pace nel nostro Paese, per la sicurezza delle nostre famiglie" ha detto padre Arellano. La reliquia di Papa Giovanni Paolo II il 9 settembre concluderà la sua permanenza nella cattedrale di Mexico, per proseguire il viaggio di quattro mesi in 91 città del Messico. (R.P.)
Ecuador: timori per un Disegno di legge, non ufficiale, contro l'espressione pubblica della fede
◊ Una nuova legge sulla pratica religiosa in Ecuador – riferisce l’agenzia Zenit - impedirebbe alle Chiese, se approvata, ogni espressione pubblica di fede. Il progetto, diffuso su Internet, ha suscitato grande preoccupazione tra i cattolici e gli evangelici del Paese latinoamericano. Il ‘Disegno di legge organica sulla professione religiosa e l'etica laica’, porta la firma di Pablo Villagómez Reinel, sottosegretario dell'America del Nord e dell'Europa presso il Ministero degli Esteri. L’autore ha dichiarato che si tratta di un’iniziativa personale - il progetto non è ufficiale né è previsto il suo esame all'Assemblea nazionale - ma si teme che il testo possa essere promosso dal Governo, e che renderlo pubblico sia stato un test per valutare la reazione dei cittadini. Per questo diversi sacerdoti, nelle loro omelie, hanno allertato i fedeli contro concezioni “totalitarie che possono attentare contro i diritti fondamentali della libertà di pensiero, espressione e religione”. L'autore ha detto di aver inviato il suo progetto ad amici e sacerdoti perché lo commentassero. Per Villagómez, la Chiesa ha finora agito in autonomia e sovranità parallelamente allo Stato, e questo progetto – ha spiegato - “cerca di metterle un freno e ripristinare pienamente uno Stato democratico di diritti, non di privilegi”. A suo avviso, le convinzioni possono essere manipolate con fini politici da sacerdoti o pastori, e “ciò che si vuole evitare è che gli enti religiosi possano avere un fine politico, perché sono in posizione vantaggiosa per fare politica”. Il Disegno di legge prevede che non si utilizzino gli spazi pubblici per fini religiosi, che non debbano esistere scuole cattoliche e che sia proibito ai sacerdoti d’indossare l'abito talare e portare i propri simboli fuori dalle zone di culto, per evitare l'“ostentazione della religione che professano”. Allo stesso modo, vieta la loro partecipazione al commercio, ai mezzi di comunicazione, al settore bancario, all'industria e all'istruzione. Tante le proteste di organizzazioni sociali e religiose. Mons. José Mario Ruiz, già presidente della Conferenza episcopale ecuadoregna, ha scritto che il laicismo di questo progetto “è fanatico, pretende di imporre una religione senza Dio”. Per il pastore evangelico Hernán Arias, il Disegno di legge “decontestualizza il laicismo ecuadoregno, che è arricchito dalla diversità religiosa”. Gustavo Luzardo, pastore evangelico, segnala che la legge promuove l'apostasia, la negazione della fede cristiana o l’abbandono delle convinzioni religiose. Il parroco Geovanny Mera ricorda che la Chiesa e lo Stato hanno sempre funzionato autonomamente in democrazia, ma quando si vuole colpire il diritto di esprimere la fede proibendo qualsiasi atto religioso o limitando la promozione della Parola di Dio si è di fronte a un attentato alle libertà dell'uomo. L'avvocato Félix Montiel ha definito il disegno di legge antireligioso e incostituzionale, ed ha osservato che se si volesse applicare bisognerebbe prima riformare la Costituzione o indire una consultazione popolare. (R.G.)
La Chiesa italiana dedica all'accoglienza la Giornata per la salvaguardia del creato
◊ Domani si celebra la VI edizione della "Giornata per la salvaguardia del creato", occasione per ricordare “ che ci sono campi, dove l’impegno tra le Chiesa cristiane può far crescere la comunione” e lo scambio ecumenico: lo sottolinea all'agenzia Sir, don Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Dal 30 settembre al 1° ottobre si terrà quindi un convegno a Rossano Calabro, cittadina, “dove si vive un’esperienza di accoglienza e di integrazione dei rifugiati, unica in Italia” spiega mons. Angelo Casile, direttore dell’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro. Quest’anno la Giornata, promossa della Commissione Cei per i problemi sociali, ha per tema “ In una terra ospitale, educhiamo all’accoglienza”: la dimensione ecumenica è allora “nella natura stessa di questo appuntamento”, sottolinea don Battaglia. Anche la data di domani assume allora un significato particolare, spiega mons. Casile, “ il 1° settembre gli ortodossi, infatti, celebrano, anch’essi, la Giornata per il creato”. (G.I.)
Salvaguardia del creato. Bartolomeo I: "L'uomo sta distruggendo l'equilibrio dell'ambiente"
◊ Non si può più mettere a tacere la distruzione che per “avidità” l’uomo fa dell’ambiente. Un messaggio forte di denuncia quello lanciato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I per la Giornata per la salvaguardia del creato che anche il Patriarcato ecumenico celebra domani 1° settembre in coincidenza con l’inizio del loro anno liturgico. Il patriarca - riferisce l'agenzia Sir - è sempre stato in prima linea nella promozione di una cultura di rispetto per l’ambiente. E’ chiamato “Patriarca Verde” per i suoi sforzi a favore della salvaguardia del creato, coinvolgendo in questa impresa i più eminenti teologi, ambientalisti e scienziati, ma soprattutto i rappresentanti delle confessioni cristiane e delle religioni del mondo. “Non possiamo rimanere in silenzio – scrive il Patriarca - di fronte al fatto che l’uomo non onora più, come deve, questo dono di Dio e che distrugge l’ambiente per avidità o peggio ancora per fini puramente egoistici. L’uomo – prosegue – ha la possibilità di sfruttare la natura per il suo bene, ma fino a certi limiti. Il superamento però di questi limiti è purtroppo una caratteristica di questi due ultimi secoli di storia del genere umano. Questo fenomeno distrugge l’armonia dei sistemi naturali dell’ambiente, conduce ad una saturazione e ad una necrosi del creato e dell’uomo stesso il quale sopravvive all’interno di un ecosistema il cui equilibrio - conclude Bartolomeo I - è stato irrimediabilmente distrutto”. (R.P.)
Aids: calano i contagi in Asia, ma aumenta la percentuale di tossicodipendenti tra gli ammalati
◊ Dal 2001 i nuovi contagi di Hiv/Aids sono diminuiti del 20% in 30 Paesi dell’area Asia-Pacifico. Tuttavia preoccupa il forte aumento del virus tra i tossicodipendenti in Pakistan, Bangladesh e Filippine. E’ quanto emerso - riferisce l'agenzia Fides - nel rapporto delle Nazioni Unite diffuso al termine del 10° Congresso internazionale sull’Aids in Asia e Pacifico, appena concluso a Busan, nella Corea del sud. Secondo le stime, in Pakistan, la prevalenza dei casi di Hiv è raddoppiata tra quanti si iniettano droghe, dall’11% del 2005 al 21% nel 2008. In Bangladesh c’è stato un aumento dall’1.4% nel 2000 al 7% nel 2007, ultime cifre disponibili. Nelle Filippine, che dovrebbero essere meno a rischio visto il minor numero di tossicodipendenti, oltre al fatto di essere fuori dal mercato principale dell’eroina, si sta pure registrando una rapida crescita dell’epidemia. A Cebu, secondo il rapporto, la prevalenza di Hiv tra quanti si iniettano droga è aumentata dallo 0.6% al 53% tra il 2009 e il 2011. A causa dell’enorme vastità della sua popolazione, l’India attualmente conta circa la metà dei casi di Hiv di tutta l’Asia, con 2.4 milioni di persone contagiate. Nel 2009 sono state registrate 140 mila nuove infezioni, che hanno causato la morte di 170 mila indiani. Il 39% di tutti i casi di Hiv riguarda le donne, la maggior parte delle quali sono contagiate dai partner. Circa 320 mila persone sono in cura con gli antiretrovirali. (R.G.)
Mauritius: allarme per l’uso di droghe tra i bambini
◊ Il narcotraffico sembra non conoscere sosta nell’isola Mauritius e cresce la preoccupazione tra gli operatori sociali ed i centri di assistenza per l’aumento dell’uso di doghe tra i bambini e i giovani. In questo Paese insulare dell’oceano Indiano, che ha una popolazione di 1,2 milioni di abitanti, si registra il tasso di prevalenza più elevato di tutta l’Africa di consumo di oppio: l’1,9%. Secondo il Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sulle Droghe 2010, a Mauritius i bambini iniziano a fumare verso gli 11 anni di età, e già quattro anni dopo iniziano a fare uso di eroina e altre sostanze stupefacenti. Sull’isola oltre 600 adolescenti, pallidi e debilitati, vengono assistiti nel Centro governativo Idriss Goomany per il Trattamento e la Riabilitazione dei Consumatori di Droghe. Il direttore del Centro - riferisce l'agenzia Fides - ha confermato che negli ultimi tempi c’è stata una rapida crescita nel numero di tossicodipendenti. Infatti, mentre in passato assistevano prevalentemente giovani di oltre 25 anni di età, adesso ci sono anche molti 16enni. Iniziano la dipendenza utilizzando sciroppi per curare la tosse ma poi vengono introdotti nel mondo delle droghe vere e proprie. Tra le cause principali di questo crescente fenomeno c’è la povertà. I bambini vagano per le strade, non vanno a scuola nonostante ci sia l’obbligo di frequenza fino ai 16 anni. Le autorità del governo cercano di ridurre il traffico di droghe concentrandosi sulla prevenzione, sulla cura e sullla riabilitazione dei tossicodipendenti. Anche le misure di sicurezza adottate dalle forze dell’ordine stanno dando risultati positivi: il numero di persone carcerate per spaccio è aumentato da 1.504 nel 2000 a 1.899 nel 2010. Gli operatori sociali tuttavia non ritengono sufficienti queste misure e stanno cercando di portare avanti una campagna contro il consumo di droghe, organizzando incontri pubblici ogni settimana. (R.P.)
Dagli Usa Campagna internazionale contro l’aborto: "40 giorni per la vita"
◊ Una grande campagna di sensibilizzazione internazionale per invocare la fine delle pratiche abortive è stata lanciata per il prossimo autunno dal movimento ‘40 Giorni per la Vita’, attivo in oltre 300 sedi in tutto il mondo. Dal 28 settembre al 6 novembre prossimi la campagna di sensibilizzazione - che comprende il digiuno e la preghiera fuori dalle strutture dove si praticano gli aborti - si svolgerà per la precisione in 48 Stati dell’America, in sette province canadesi, in Australia, in Inghilterra, in Spagna e per la prima volta, anche in Germania e in Argentina. “Assistere alla crescita di questo movimento pro-life e al coinvolgimento di tantissime persone di tutte le età - ha spiegato il fondatore Shawn Carney - è stata una grande gioia e questo dimostra che la gente vuole reagire”. “ ‘40 Giorni per la Vita’ - ha proseguito Carney - non è altro che un invito fondato su alcuni principi basilari. È una dimostrazione pacifica proprio davanti a quei luoghi dove vanno perduti centinaia di bambini. È preghiera pacifica. È digiuno”. L’iniziativa è nata nel 2004 da un’idea di Carney, della moglie e di alcuni amici della cittadina di Bryan, nello Stato del Texas. Ben presto l’iniziativa è cresciuta a tal punto che è stata lanciata a livello nazionale nell’autunno del 2007, con 89 sedi negli Stati Uniti. Negli ultimi quattro anni più di 400 mila persone si sono incontrate per pregare e digiunare contro l’aborto e più di 13 mila congregazioni e movimenti ecclesiali sono stati coinvolti alla campagna ‘40 Giorni per la Vita’. Shawan Carney ha sottolineato che il successo crescente della campagna è dovuto al fatto che un numero sempre maggiore di persone è contrario all’aborto, ma anche al fatto che finora gli stessi non sapevano come far sentire la propria voce al di là del voto politico, quando si presentava l’occasione. Negli Stati dell’America - ha osservato Carney – “abbiamo sempre visto la soluzione all’aborto come qualcosa di cui discutere a Washington. È certamente vero e ne abbiamo certamente bisogno, ma credo che ‘40 Giorni per la Vita’ abbia aiutato ad aprire gli occhi della gente e a rendersi conto che gli aborti avvengono, purtroppo, a pochi passi da casa nostra. Si può fare qualcosa per impedire tutto questo - ha aggiunto - ma questo qualcosa deve essere basato sulla preghiera, deve essere pacifico e deve richiamare l’attenzione della gente con motivazioni forti”. Secondo i calcoli del movimento pro-life, grazie alla campagna avviata nel 2007, negli Stati Uniti sono stati salvati oltre 4 mila nascituri. (L.Z.)
Canada: via libera dei vescovi alla pubblicazione del nuovo Messale Romano in inglese
◊ Dopo l’approvazione definitiva (recognitio) della Santa Sede, nello scorso mese di luglio la Conferenza episcopale canadese (Cecc/Cccb) ha dato ufficialmente il via libera alla pubblicazione dell’edizione rivista della Terza Edizione tipica del Messale Romano in lingua inglese per il Canada e delle varianti per il proprio della Messa. Come in diversi altri Paesi anglofoni, entrerà in uso il 27 novembre 2011, prima Domenica di Avvento, insieme al calendario proprio delle diocesi canadesi. Il 15 agosto la Cecc ha inoltre pubblicato il decreto di attuazione del proemio della Terza Edizione tipica e degli adeguamenti approvati per il Canada. Anche queste avranno efficacia a partire dal 27 novembre 2011, sia nelle parrocchie e istituzioni anglofone, che in quelle francofone. In quella stessa data è anche prevista l’entrata in vigore della traduzione francese del Rito del matrimonio approvata dai vescovi e confermata dalla Santa Sede. In vista dell’introduzione del nuovo Messale in inglese, che è già alle stampe e sarà distribuito il 10 novembre, in questi mesi la sezione inglese dell’Ufficio nazionale per la liturgia ha preparato diverso materiale sussidiario. Tra breve la versione inglese del proemio con gli adattamenti sarà messo in rete sul sito speciale www.romanmissal.ca. Seguirà nelle prossime settimane anche la versione francese. Inoltre la Conferenza episcopale invierà a tutti i vescovi canadesi una nota pastorale per invitarli ad autorizzare l’uso sperimentale del nuovo Messale a partire dal 25 settembre. (L.Z.)
Filippine: la Family Rosary Crusade propone l’iniziativa “Un milione di Rosari per il mondo”
◊ Avrà inizio il 7 ottobre prossimo, nella ricorrenza di “Nostra Signora del Rosario”, la grande campagna di preghiera promossa dall’associazione filippina “Family Rosary Crusade”, che avrà termine il 31 maggio 2012. Obiettivo della campagna è quello di radunare un milione di fedeli filippini per duecento giorni a recitare quotidianamente il Santo Rosario per le nazioni del mondo. L’iniziativa ha ricevuto il pieno appoggio di mons. Nereo Odchimar, vescovo di Tandag e presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp). Domenica scorsa è stato pubblicato sul sito dell’Associazione un dossier “Un milione di rosari per il mondo – Filippini in preghiera - Pace per tutte le nazioni“ in cui si rende noto che “la campagna intende coinvolgere fedeli in patria e all’estero disposti a recitare il Rosario una volta al giorno rivolgendo ogni volta la proprie intenzioni”. Nel comunicato, mons. Odchimar sottolinea che “ alla campagna del rosario verrà dedicato un nuovo ciclo di catechesi per ribadire l’importanza della preghiera nella vita cristiana”. Il presule rileva come il Rosario “è un semplice strumento di preghiera, ma questa sua semplicità consentirà ai fedeli di aprire le porte di una pace duratura per il mondo e ci guiderà sulla strada di guarigione della nostra nazione”. Tra i primi messaggi di risposta all’invito dell’Associazione, vi è quello dell’arcivescovo di Lingayen-Dagupan, mons. Socrates Villegas. Il presule, che ricopre anche la carica di presidente della Commissione episcopale sulla catechesi e l’educazione cattolica, si dichiara entusiasta e pronto ad aderire alla campagna per un milione di rosari in preghiera per le nazioni del mondo. Per coinvolgere anche i giovani nell’iniziativa, mons. Villegas ha lanciato un appello affinché nelle scuole inferiori, in quelle superiori e anche nelle università, ragazzi e ragazze prendano l’impegno d’iniziare la recita del rosario il prossimo undici novembre alle ore undici. «Questa — ha sottolineato il presule — rappresenterà una buona occasione per incoraggiare la nostra gioventù ad amare questa magnifica forma di preghiera che è nell’antica tradizione della Chiesa». «Questo appuntamento — ha aggiunto — ha il fine d’insegnare ai nostri giovani che la preghiera può cambiare il mondo e che le persone che pregano possono anch’esse cambiare il proprio destino. Sono sicuro che in mancanza della preghiera il mondo non possa mai trovare pace». In preparazione all’inizio della grande recita di un milione di Rosari dal primo di settembre fino alla fine del mese, si svolgeranno speciali incontri di preghiera. (G.I.)
◊ Lo scorso fine settimana, migliaia di pellegrini, cattolici e non, hanno partecipato all’annuale Giornata della benedizione dei malati che si celebra da 71 anni, a Tewtatta in Sri Lanka. Lo riporta l’agenzia AsiaNews. “Come cattolici , cercate sempre i sacramenti della confessione e della comunione perché sono i privilegi che Dio ci ha donato”:c osì il cardinale Malcom Ranjith si è rivolto a quasi 100 mila disabili presenti alla funzione nel santuario di Nostra Signora di Lanka, domenica scorsa. “ Solo Gesù è la nostra risposta, e solo lui può curare i nostri mali” ha esorato il porporato nell’eucarestia, concelebrata con il cardinale Bernard Francis Law, arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, e l’arcivescovo Joseph Spiteri, nunzio apostolico in Sri Lanka. La devozione tra i fedeli è molto forte: in una processione solenne alcuni hanno portato striscioni colorati, con citazioni bibliche in singalese, tamil e inglese. Magrette Adamames, della parrocchia di Dalugama vicino a Colombo, racconta la toccante testimonianza del figlio: “Era andato a lavorare all’estero, ma dopo un anno si è ammalato di una malattia mentale sconosciuta”. Ogni anno, continua la donna, “partecipiamo a questa celebrazione, mossi dalla fede in Gesù Cristo e speriamo di trovare una cura speciale”. Dopo aver partecipato alla benedizione dello scorso anno, un buddhista sembra essere guarito da problemi alla schiena e alla gamba sinista, che l’affliggevano da tempo: è tornato quest’anno con la famiglia per ringraziare. Padre Priya Jayamanne, amministratore della basilica nazionale di Tewatta, esprime la sua grande felicità nel vedere una così gran folla “accorsa per pregare affinché Gesù interceda per i loro problemi e le loro malattie. Avevamo preparato 600 posti per persone in situazioni speciali, ma non sono state sufficienti”. Il sacerdote poi ha ringraziato le autorità per aver fornito elettricità e servizi sanitaria, essenziali per accogliere il gran numero di persone. (G.I.)
Perù: è iniziata ieri la peregrinatio delle reliquie di Santa Teresa di Lisieux
◊ ”In missione per il Perù”: è il tema della visita nel Paese andino delle reliquie di Santa Teresa di Lisieux (1873-1897), nel quadro delle celebrazioni per il centesimo della presenza a Lima dell’Ordine delle Carmelitane Scalze. E’ la prima volta che il Perù, Paese caratterizzato da una forte presenza missionaria, accoglie il reliquiario con le spoglie della Patrona delle Missioni. Dopo l’arrivo di ieri nella capitale, l’urna inizierà il periplo del Paese visitando in settembre le istituzioni religiose meridionali, a ottobre le comunità del centro e a novembre quelle del sud. Durante la peregrinatio, che si protrarrà fino al 30 novembre, il reliquiario sosterà presso i monasteri carmelitani e di altri ordini, gli istituti di vita consacrata e le parrocchie di ogni diocesi, con la finalità di annunciare il messaggio di Teresa, la sua spiritualità e il suo amore per la Chiesa: in tale prospettiva, l’esposizione delle reliquie della Santa, Dottore della Chiesa, contribuirà a far conoscere la sua dottrina, fondata sull’amore e sull’abbandono alla volontà di Dio. (M.V.)
Libia: prosegue l’assedio di Sirte. Il Cnt: no a una forza internazionale
◊ In Libia, proseguono l’assedio degli insorti e i bombardamenti della Nato su Sirte, ultima roccaforte nelle mani delle milizie del regime. Intanto, sale l’attesa per il vertice di domani Parigi del Gruppo di contatto sulla Libia, convocato dal presidente Sarkozy. Il servizio di Marco Guerra:
La Libia del dopo-Gheddafi non ha bisogno della presenza di una forza militare internazionale, ma di un intervento per l'aiuto economico. Su questo punto si trovano in accordo le autorità del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) e i Paesi del Gruppo di contatto che hanno sostenuto l’azione militare della Nato. E di questo parleranno le due parti domani a Parigi, nel corso della cosiddetta Conferenza di sostegno alla ''nuova Libia''. Circa 60 i partecipanti, fra cui Onu, Ue, Nato, Lega Araba e Unione Africana. Fra gli invitati, anche 20 nazioni che non riconoscono ancora il Cnt e che erano contrari all’intervento militare, come Cina, Russia e Germania. Intanto, a Bruxelles si discute circa la cancellazione delle sanzioni, mentre il Cnt ha annunciato la ripresa delle attività estrattive di greggio e Londra ha sbloccato un miliardo e 600 milioni di dollari di beni libici congelati. Ma sul terreno la situazione è ancora lontana dalla normalità. Sirte, roccaforte lealista con 120 mila abitanti, non si è ancora arresa nonostante l’ultimatum fissato per sabato prossimo e la stessa Nato ha affermato che le operazioni continueranno fino alla conquista della città. Ma soprattutto continua ad aleggiare lo spettro di Gheddafi, che risulta ancora introvabile. Oggi, alti rappresentati del Consiglio nazionale di transizione hanno detto che il colonnello è sicuramente in Libia e che, se non si arrende, sarà un loro diritto ucciderlo. Infine, si segnalano a Tripoli decine di migliaia di persone nell’ex piazza verde per festeggiare la prima fine del Ramadan senza il rais.
Medio Oriente
In occasione della fine del Ramadan, Israele ha blindato il confine sud nel timore di nuovi attacchi terroristici dal Sinai egiziano, dopo quello di due settimane fa a nord di Ei-lat. E dallo Stato ebraico arrivano anche nuove minacce a fronte dell’annunciata richiesta all’Onu - da parte dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) - del riconoscimento di uno Stato di Palestina con Gerusalemme Est come capitale. Alcuni ministri israeliani hanno ipotizzato la liquidazione degli accordi di pace di Oslo e anche l’annessione unilaterale di alcuni settori della Cisgiordania.
Pakistan
Fine Ramadan segnato dalle violenze in Pakistan, dove un kamikaze ha ucciso almeno 11 persone riunite per le preghiere in una moschea all’aperto di Quetta. Dodici i feriti, alcuni dei quali versano in condizioni gravi. L'attentato non è per il momento stato rivendicato.
Cecenia, attentato
E' di almeno 8 morti e oltre 20 feriti il bilancio di un triplice attentato suicida avvenuto ieri sera a Grozny, in Cecenia, durante le celebrazioni della fine del Ramadan. Tre kamikaze si sono fatti esplodere uccidendo sei poliziotti, un funzionario del Ministero delle emergenze e un passante. Secondo un portavoce delle Forze di sicurezza, almeno 22 persone sarebbero state ricoverate e cinque di queste “versano in condizioni gravi”.
Iran
L’Iran ha inviato un sottomarino e una nave da guerra nel Mar Rosso. L’intenzione - ha precisato il comandante della Marina, l’ammiraglio Habibollah Sayyari - è di “pattugliare le acque e mostrare le potenzialità della Repubblica islamica”. Subito dopo l’annuncio di Teheran, Israele ha dispiegato due imbarcazioni lanciamissili nelle stesse acque. Sempre ieri, l’opposizione iraniana ha salutato con soddisfazione l’imminente liberazione di cento prigionieri politici.
Afghanistan
“Non uccidete più i vostri fratelli”. Il presidente afghano, Hamid Karzai, ha lanciato l’ennesimo appello alla resistenza armata dei talebani di unirsi al processo di pace e lo ha fatto ieri, in occasione dell'inizio dell’Eid, la festività che conclude il mese islamico del Ramadan.
Economia, Europa-Italia
Inflazione e disoccupazione stabili ad agosto nella zona euro. L'aumento dei prezzi sarà del 2,5%, invariato rispetto al dato di luglio; fermo al 10% il tasso dei senza lavoro. Il dato italiano vede, invece, un leggero recupero dei posti di lavori rispetto all’anno precedente ma anche un aumento dell’inflazione al 2,8%, il valore più alto da ottobre 2008, trainato dai prezzi dei beni energetici. Ma al centro del dibattito in molti Paesi del Vecchio continente resta il risanamento dei conti pubblici. In Italia la manovra-bis è all’esame della Commissione bilancio del senato. Oltre 1.300 gli emendamenti presentati finora, mentre mancano quelli del governo. Quest'ultimo, un segno che l’esecutivo sta ancora lavorando sulla base dell’accordo stipulato ad Arcore tra le forze della maggioranza. Stamani, è stata cancellata la contestata norma sulle pensioni circa il mancato computo degli anni di università e del servizio militare.
Cuba
Giro di vite a Cuba contro gli oppositori politici. Nelle ultime settimane, la polizia ha arrestato una trentina di dissidenti, in tre diverse località della provincia di Santiago de Cuba. Lo ha denunciato oggi, in un comunicato distribuito via web, Elizardo Sanchez della Commissione per i diritti umani e la riconciliazione nazionale.
Giappone, nucleare
In diversi settori di sei comuni della prefettura di Fukushima, colpita dal terribile sisma e dallo tsunami dell'11 marzo scorso, l'analisi del suolo ha registrato punte di cesio di 137 volte superiori agli standard seguiti per le evacuazioni forzate dopo la crisi di Cernobyl del 1986. L’allarme emerge dalla mappa aggiornata sulla radioattività, presentata in un recente incontro al Ministero della scienza. E oggi, a Tokyo, la terra è tornata a tremare. Il sisma, breve ma intenso, ha raggiunto magnitudo 4,5 senza provocare danni. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 243