Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 28/08/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus: solo Dio può dare all'uomo la gioia che non passa, non bastano successo e benessere, ma la via è quella misteriosa della croce
  • Messa con gli ex allievi. Il Papa: l'uomo non anneghi la sete di grandezza nell'effimero ma scopra che Dio è la vera acqua viva
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia. Gheddafi apre al dialogo ma gli insorti dicono "no"
  • Fame nel Corno d'Africa. La Croce Rossa: nostri appelli inascoltati
  • Giappone verso un nuovo governo
  • Giornata contro i test nucleari. Simoncelli: il disarmo atomico non c'è
  • Perdonanza Celestiniana. L'arcivescovo dell'Aquila: ricomporre le divisioni tra ricchi e poveri nel post-terremoto
  • Settimana liturgica italiana. Mons. di Molfetta: liturgia, azione di Dio che cambia la vita
  • Concluso il Meeting di Rimini: il bilancio di Emilia Guarnieri e la testimonianza del vescovo di Camaçari
  • La Chiesa ricorda Sant'Agostino. Padre Casciano: c'invita a cercare sempre la verità
  • Chiesa e Società

  • Protesta degli indigeni in Bolivia. L’arcivescovo di Cochabamba: rispettare i loro diritti
  • Messico: crescono le minacce dei narcotrafficanti contro i sacerdoti
  • Paraguay. Famiglia, nuova evangelizzazione e fame in Somalia al centro della plenaria dei vescovi
  • I vescovi del Brasile accanto alle popolazioni affamate del Corno d’Africa
  • Repubblica Democratica del Congo: violenze per il coltan del nord Kivu
  • Haiti: cresce lo sconforto tra gli sfollati del terremoto, condizioni di vita disumane
  • La Chiesa in Indonesia festeggia dieci nuove ordinazioni sacerdotali
  • Le Caritas di India e Sri Lanka insieme per il rilascio dei pescatori in carcere
  • Simposio intercristiano a Tessalonica: prosegue il dialogo tra cattolici e ortodossi
  • Il Meic a Camaldoli: non tanto la cultura laicista, ma la società del benessere erode i valori cristiani
  • Mozambico: un anno di preghiera per il ventennale della morte di Fratel Fiorini
  • 24 Ore nel Mondo

  • L'uragano Irene si abbatte su New York, ma è declassato a tempesta tropicale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus: solo Dio può dare all'uomo la gioia che non passa, non bastano successo e benessere, ma la via è quella misteriosa della croce

    ◊   “Il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce”: è quanto ha detto oggi il Papa all’Angelus, a Castel Gandolfo. Grande l'entusiasmo dei pellegrini presenti. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Solo Dio può dare agli uomini la gioia che non passa, non bastano il successo e il benessere, ma la via che porta alla felicità è quella misteriosa della croce: il Papa prende lo spunto dal Vangelo odierno in cui Gesù annuncia ai discepoli che dovrà morire e poi risorgere. Pietro protesta, si ribella. “Appare evidente la divergenza tra il disegno d’amore del Padre, che giunge fino al dono del Figlio Unigenito sulla croce per salvare l’umanità, e le attese, i desideri, i progetti dei discepoli”:

    “E questo contrasto si ripete anche oggi: quando la realizzazione della propria vita è orientata solamente al successo sociale, al benessere fisico ed economico, non si ragiona più secondo Dio, ma secondo gli uomini. Pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il suo sapiente volere”.

    Per questo Gesù dice a Pietro una parola particolarmente dura: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo»:

    “Il Signore insegna che «il cammino dei discepoli è un seguire Lui, andare dietro di Lui, il Crocifisso. In tutti e tre i Vangeli spiega tuttavia questo seguirlo nel segno della croce … come il cammino del “perdere se stesso”, che è necessario per l’uomo e senza il quale non gli è possibile trovare se stesso» (Gesù di Nazaret, Milano 2007, 333)”.

    Come ai discepoli, così anche a noi Gesù rivolge l’invito: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»:

    “Il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una ‘perdita della vita’, sapendo di non portarla da solo, ma con Gesù, condividendo il suo stesso cammino di donazione … Accettando volontariamente la morte, Gesù porta la croce di tutti gli uomini e diventa fonte di salvezza per tutta l’umanità”.

    “Ce chemin est exigeant, car il demande une conversion permanente…
    La via della croce – ha detto dopo la preghiera dell'Angelus ai pellegrini di lingua francese – è un cammino “esigente, perché richiede una conversione permanente del nostro cuore, lasciandoci trasformare dalla volontà di Dio. Non abbiamo paura di impegnarci, perché questo è un cammino di vita!”

    La croce non è un cammino di annichilimento, ma di abbandono fiducioso nelle mani di Dio. La croce è liberante perché vince “ il peccato di presunzione” dell’uomo che pensa di trovare la gioia da se stesso. Ma solo Dio "è in grado di soddisfare il nostro più intimo anelito alla felicità eterna”. Benedetto XVI lo precisa parlando ai pellegrini di lingua tedesca, ricordando un pensiero di Sant'Agostino, di cui oggi la Chiesa fa memoria:

    “Willst du ewig Freude haben, hange Jenem an, der ewig ist...
    "Se tu vuoi avere gioia eterna, aggrappati a Colui che è eterno". La felicità che non passa - ha proseguito – “è il desiderio più profondo di ogni persona. Solo Dio dona questa gioia eterna". Ma bisogna aprirsi al suo amore.

    Il Papa rivolge, quindi, un augurio cordiale a mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, a mons. Bruno Musarò, da poco nominato nunzio apostolico a Cuba, e a mons. Filippo Santoro, vescovo di Petropolis, in Brasile, come pure a 17 sacerdoti presenti all’Angelus in occasione del 40° anniversario di Ordinazione sacerdotale.

    Grande l'entusiasmo dei presenti, molti dei quali giovani, che hanno ricreato l'atmosfera della Gmg di Madrid:

    "Questa è la gioventù del Papa!".

    (Il Papa):
    “Grazie ... Auguro a tutti buona Domenica. Grazie del vostro entusiasmo!

    (applausi)

    inizio pagina

    Messa con gli ex allievi. Il Papa: l'uomo non anneghi la sete di grandezza nell'effimero ma scopra che Dio è la vera acqua viva

    ◊   Stamani il Papa ha presieduto, nel Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, la Messa con i suoi ex allievi, il cosiddetto Ratzinger Schülerkreis, riuniti in questi giorni nella cittadina laziale nel tradizionale seminario estivo con il loro ex professore. Quest’anno l’incontro si è svolto sul tema della nuova evangelizzazione. Benedetto XVI, introducendo brevemente la celebrazione eucaristica, ha commentato le parole del Salmo 62 proposte dalla liturgia odierna: “ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua”. E’ il tempo dell’attesa di Dio. “In questo tempo dell’assenza di Dio - ha detto il Pontefice - quando la terra delle anime è arida e secca e la gente ancora non sa da dove scaturisce l'acqua viva, chiediamo al Signore di mostrarsi. Vogliamo pregare affinché a coloro che cercano l'acqua viva altrove, Dio mostri che Lui è l’acqua viva e affinché non permetta che la vita degli uomini e la loro sete di grandezza anneghi e soffochi nell’effimero”. Il Papa ha quindi elevato la sua preghiera “soprattutto per i giovani” perché “sia viva in loro la sete di Dio”. Quindi ha aggiunto: “e noi che lo conosciamo fin da giovani dobbiamo chiedere perdono poiché portiamo agli uomini così poco la luce del suo Volto, perché così poco emerge da noi la certezza che il Signore è, che il Signore è qui e che il Signore è la grandezza che noi tutti attendiamo”.

    A tenere l’omelia è stato il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn. Il porporato ha sottolineato che “la sequela divina, l’andare dietro Gesù (‘vade retro’) comporta una totale rinuncia a se stessi, per poter entrare nell’ottica di Dio”. “Solo non conformandoci a questo mondo – ha proseguito commentando le parole di San Paolo ai Romani - potremo fondare e riconoscere la volontà di Dio per la nostra vita”. Queste – ha concluso - “sono le premesse per un’autentica amicizia con Dio” il “punto di arrivo” del nostro essere convertiti al Signore.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Libia. Gheddafi apre al dialogo ma gli insorti dicono "no"

    ◊   Gheddafi si troverebbe ancora in Libia e sarebbe disposto a negoziare, ma il Consiglio nazionale transitorio si sente vicino alla vittoria finale e chiude a ogni trattativa intimando alle truppe lealiste di arrendersi. Roberta Barbi ha raggiunto al telefono il giornalista freelance Cristiano Tinazzi per un aggiornamento sulla situazione a Tripoli che oggi appare tranquilla dopo una nottata in cui sono continuati gli scontri:

    R. - Buona parte della città è sotto il controllo dei ribelli, il che non vuol dire che nella notte non possano verificarsi attentati e sparatorie, però rimane solo una piccola sacca di resistenza. La situazione, comunque, è ancora di incertezza: la gente non esce tanto, i negozi sono ancora tutti chiusi, manca l’acqua e la corrente va a fasi alterne. Ieri notte la città, vederla completamente al buio e deserta, era spettrale.
    D. - Gli insorti affermano oggi di aver preso Ben Jawad, l’ultima roccaforte lealista, nel corso della loro avanzata verso Sirte, che tra l’altro è la città natale di Gheddafi…

    R. - Bisogna vedere se le anticipazioni citate vengono confermate. In ogni caso ormai si dirigeranno verso Sirte. La Nato sta cercando di chiudere la partita entro settembre, sta adottando ogni mezzo per spianare la strada ai ribelli, cosa che ha fatto fin dall’inizio del conflitto, però nell’ultimo mese ha accelerato perché la situazione di stallo non permette una via d’uscita da questa situazione. Rimane il sud del Paese ancora sotto controllo lealista, ma ormai si può dire che non c’è possibilità di ulteriori resistenze, è solo questione di giorni. Il problema non è tanto conquistare le zone, ma, poi, garantire sicurezza e pacificazione.

    D. - Alcune agenzie riferiscono l’intenzione del raìs di discutere con i ribelli della formazione di un governo di transizione, ma il Consiglio nazionale dei ribelli rifiuta...

    R. – In questo momento il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi non ha nessuna intenzione di scendere a patti con quello che ormai rimane del governo. Certo è che nella fase di transizione sarebbe utile e buono per tutta la popolazione che ci fosse una sorta di collaborazione tra le due parti perché una parte della popolazione è in qualche modo rimasta legata al rais sia per questioni tribali, sia per questioni di interessi economici e anche per questioni lavorative.

    D. - Purtroppo proseguono anche gli episodi raccapriccianti: si parla di 170 prigionieri uccisi e i loro cadaveri bruciati dai lealisti in fuga vicino alla sede della 32esima brigata conquistata dai ribelli a Tripoli…

    R. – È l’ennesimo fatto e probabilmente non sarà l’ultimo. Ieri notte sono stato all’aeroporto militare e, in parte civile, dove c’è il grosso delle truppe di Gheddafi e qui hanno trovato cento cadaveri bruciati.

    D. - A preoccupare, poi c’è sempre la condizione del popolo libico. Per la prima volta il Consiglio nazionale transitorio ha parlato di “emergenza umanitaria”, mentre anche la Lega araba ha chiesto ufficialmente lo scongelamento dei beni statali della Libia: com’è la situazione?

    R. – La situazione è che i negozi non sono aperti, non si trova quasi niente in città. Il problema non è ancora a livello di emergenza umanitaria perché il cibo si trova in giro; sicuramente i prezzi si saranno quadruplicati, c’è difficoltà al livello di emergenza sanitaria e per quello che secondo me è più importante: cioè l’acqua, con un caldo come questo. Ci sono tonnellate di spazzatura nelle strade e negli ultimi due giorni stanno cercando di ripulire le strade, però bruciano questa spazzatura direttamente nei cassoni, creando, quindi, altro inquinamento. È una situazione che, se non viene risolta, potrebbe degenerare. (bf)

    inizio pagina

    Fame nel Corno d'Africa. La Croce Rossa: nostri appelli inascoltati

    ◊   Continua l’allarme per l’emergenza alimentare nel Corno d’Africa che colpisce oltre 12 milioni di persone e che finora ha provocato la morte di 30mila bambini. La Croce Rossa italiana ha iniziato un’operazione umanitaria nel Turkana, regione a nord-ovest del Kenya al confine con l’Etiopia e il Sud Sudan, una delle zone più colpite dalla siccità. Per una testimonianza dal posto sentiamo, al microfono di Irene Pugliese, Tommaso Della Longa, portavoce della Croce Rossa italiana:

    R. – Il problema più grave al momento è il problema sanitario e il problema alimentare legato alla carestia e alla mancanza di pioggia negli ultimi 18 mesi. Quello che si deve immaginare è una zona - dove mancano infrastrutture, dove non c’è comunicazione - abitata da comunità di pastori nomadi che si muovono in gruppi per cercare acqua per i pochi animali rimasti vivi e cibo per le proprie famiglie. Si deve pensare che in questa zona si arriva al 40 per cento di malnutrizione e quindi le popolazioni sono gravemente a rischio.

    D. – Quanto l’afflusso di profughi che arrivano dalle altre zone colpite dalla carestia pesa sull’aggravarsi dell’emergenza nel Paese e questo comporta anche un rischio di diffusione di epidemie?

    R. – Ovviamente il Kenya, come l’Etiopia nell’altro confine con la Somalia, stanno pagando un prezzo molto alto per i profughi che scappano dalla guerra. Per quanto riguarda la diffusione di malattie, ovviamente questo rischio c’è, soprattutto nei grandi campi profughi. E’ chiaro che in un momento in cui c’è bisogno di tutto, ci sarebbe bisogno anche di un intervento concreto della comunità internazionale.

    D. - Da molto tempo voi avevate lanciato l’allarme sull’arrivo della siccità e l’emergenza-fame che di conseguenza sarebbe scoppiata. Un intervento preventivo della comunità internazionale poteva essere decisivo?

    R. – Non decisivo, quantomeno sicuramente avrebbe implementato e risposto ai bisogni quotidiani della gente prima di arrivare a questa emergenza. Noi da ormai due anni e mezzo sapevamo dell’aggravarsi di questa situazione. Purtroppo in questa occasione i nostri appelli sono rimasti inascoltati.

    D. - Che cosa bisogna fare per fronteggiare un’emergenza del genere?

    R. – Prima di tutto formazione e prevenzione. Quello che la Croce Rossa kenyota sta facendo in questa zona oltre all’intervento di emergenza è insegnare alle popolazioni come irrigare i campi, come coltivarli, scavare i pozzi e cercare l’acqua. Se tutto questo fosse stato fatto negli anni precedenti, prima delle tre stagioni di pioggia perse, magari non ci troveremmo in questa situazione. (bf)

    inizio pagina

    Giappone verso un nuovo governo

    ◊   Ancora un cambiamento ai vertici politici del Giappone, a meno di sei mesi dal sisma/tsunami dell'11 marzo e dall'emergenza nucleare di Fukushima. Il premier Naoto Kan si è dimesso da presidente del Partito Democratico e al più tardi martedì lascerà anche la guida del governo, aprendo la strada al sesto primo ministro in 5 anni. Già domani la formazione di centro sinistra sceglierà il nuovo leader, che diverrà il prossimo capo dell’esecutivo. Sui motivi che hanno spinto Naoto Kan alle dimissioni, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Francesco Sisci, esperto di questioni asiatiche ed editorialista del Sole 24 Ore:

    R. – E’ stato un insieme di cose, a seguito dello tsunami e soprattutto del disastro nucleare a Fukushima. A questo poi si è aggiunta l’incapacità e la difficoltà del Giappone ad affrontare l’emergenza economica; da una parte perché l’economia non riesce ancora a girare dopo Fukushima e a seguito della crisi internazionale e dall’altra l’ultima goccia è stata il declassamento del rating internazionale del Giappone.

    D. – Secondo la stampa internazionale, il nuovo premier dovrà occuparsi della ricostruzione più impegnativa dal dopoguerra ad oggi…

    R. – Dipenderà molto da chi sarà l’uomo e quale sarà la direzione di marcia. In realtà il Giappone nel dopoguerra aveva una direzione di marcia chiara, cioè quella di emulare e seguire il modello americano. Oggi non sa se doversi schierare più con l’America o, viceversa, col nuovo mondo asiatico che s’incentra sulla Cina, o ancora se e come trovare un equilibrio tra questi due poli.

    D. – Ad incidere sulla crisi sono anche le divisioni in politica interna?

    R. - Sulla politica interna si tratta di capire cosa fare dell’enorme debito pubblico giapponese che ormai ha sorpassato il 200 per cento del pil. Da una parte è vero che questo debito pubblico non è gravissimo perché per il 95 per cento è posseduto dagli stessi giapponesi, però dall’altra gli oneri finanziari sono giganteschi. Bisogna quindi capire cosa fare, se pensare a una privatizzazione sistematica degli asset statali o viceversa perpetuare e rinnovare il sistema di controllo incrociato di aziende sostanzialmente statali.

    D. – Si può prevedere tra i vari candidati in lizza chi verrà scelto come guida del partito e capo del governo?

    R. – Tra i nomi che circolano, uno è il ministro degli Esteri, Seiji Maehara, il quale propone una linea politica decisamente filoamericana e anticinese. Un altro candidato importante è l’attuale ministro delle Finanze, Yoshihiko Noda, il quale è considerato un uomo che propone una politica fiscale conservatrice. Un altro è il titolare di Economia, commercio e industria, Banri Kaieda, il quale però è al centro di polemiche per il ruolo che avrebbe avuto nel coprire l’incidente di Fukushima. Poi ci potrebbero anche essere altri nomi, ma io direi che non è una questione di uomini, bensì di scelte politiche profonde per il Giappone. (bf)

    inizio pagina

    Giornata contro i test nucleari. Simoncelli: il disarmo atomico non c'è

    ◊   Si celebra domani la Giornata mondiale contro i test nucleari, promossa dalle Nazioni Unite nel 2009. Sulle problematiche e le tensioni internazionali che lo sviluppo del nucleare bellico provoca a livello internazionale, Stefano Leszczynski ha intervistato Maurizio Simoncelli, di Archivio Disarmo e docente di geopolitica dei conflitti presso l’Università Roma Tre:

    R. – In primo luogo è importante perché le nubi all’orizzonte, in campo nucleare, ci sono; sappiamo la questione del nucleare della Corea del Nord e la questione del nucleare dell’Iran: due grossi problemi irrisolti. C’è la questione del non-disarmo da parte delle potenze nucleari, quali Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna che, nonostante il Trattato di non proliferazione nucleare che prevede - anche da Paesi armati nuclearmente - un progressivo disarmo: questo, in realtà, non è avvenuto. Sì, hanno diminuito una parte dei loro arsenali nucleari, ma rimangono circa 10 mila testate nucleari a disposizione, per lo più delle due superpotenze, statunitense e russa. E rimane poi la questione principale, che è quella dei test nucleari. Nel momento in cui un Paese rinuncia a fare i test nucleari, vuol dire che si impegna concretamente a non perseguire più questa strada. E ad oggi, invece, questo non risulta.

    D. – Tutto questo, cosa comporta anche da un punto di vista ambientale?

    R. – Ovviamente, un test nucleare svolto nell’atmosfera o sul fondo marino, e così via, crea degli enormi problemi dal punto di vista ambientale. Per fortuna, nel corso degli anni, questi sono stati progressivamente eliminati: non si fanno più test nell’atmosfera. Ricordiamo i test che si facevano nell’Oceano Pacifico, come l’atollo di Muroroa con enormi danni nei confronti della popolazione e dell’ambiente. Ma una cosa è una scelta unilaterale da parte dei Paesi, di non fare più i test, altra cosa è invece un divieto internazionale che blocchi, una volta per tutte, questo passaggio.

    D. – Tuttavia, se questo è l’ideale, lo scopo, l’obiettivo che bisogna raggiungere – quello dell’abolizione della produzione nucleare a scopi bellici – come fare fronte ai cosiddetti “Stati canaglia”?

    R. – In primo luogo, non dando loro aiuto, non dare loro tecnologia né consulenza, non fornire loro materiali … si possono prendere una serie di provvedimenti a livello internazionale, ma poi, come si fa a dire all’Iran – per fare un esempio che conosciamo – che non deve prodursi l’arma nucleare, e gli altri Paesi invece possono averla? Questa iniziativa, questa Giornata mondiale vuole essere una spinta, una pressione su questi governi affinché si muovano, finalmente, a dare una risposta concreta rispetto ad un problema che l’opinione pubblica spesso sente lontano se non quando questa minaccia si concretizza, come è successo con l’incidente di Fukushima o magari se avviene che qualche gruppo di terroristi rischia di dotarsi di una bomba nucleare più o meno sporca, più o meno potente … L’attenzione dell’opinione pubblica e dei mass media, è un po’ intermittente su questo argomento, e la Giornata ha proprio questa finalità: far presente che c’è un grosso problema da affrontare e da risolvere e che non può essere rinviato alle calende greche … (gf)

    inizio pagina

    Perdonanza Celestiniana. L'arcivescovo dell'Aquila: ricomporre le divisioni tra ricchi e poveri nel post-terremoto

    ◊   Oggi e domani si rinnova all’Aquila la Perdonanza Celestiniana: una tradizione plurisecolare legata a Celestino V, Papa del XIII secolo, che prevede l’indulgenza plenaria per quanti vi partecipano. Nell’occasione, l’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Molinari, ha sottolineato che l’evento deve riportare la riconciliazione nel territorio abruzzese, ancora ferito dalle conseguenze del terremoto del 6 aprile 2009. Il sisma – ha affermato il presule – ha aumentato il divario tra ricchi e poveri, tra chi vive nel benessere e chi vive nella precarietà più totale, con poche speranze di poter riabitare la propria modesta casa. Sul significato della Perdonanza in questo contesto ascoltiamo lo stesso arcivescovo dell’Aquila al microfono di Federico Piana:

    R. - La Perdonanza è per noi sempre molto importante. Questo è un dono grande che San Pietro Celestino ha voluto lasciare alla città dell’Aquila: molti storici dicono che questa indulgenza speciale sia stata anche fonte di ispirazione per Bonifacio VIII, che ha poi voluto l’Anno Santo. Lo ha “copiato”, in qualche modo, dalla piccola Perdonanza Celestiniana, facendolo però durare - non solo 24 ore come nel nostro caso – ma un anno intero. Per noi è importante, così come lo è per ogni credente perché in fondo è sempre un ritornare al centro della vita cristiana: annunciare l’amore di Dio, la sua misericordia infinita per tutti. La Perdonanza ha anche un significato e un messaggio grande per tutta la città, anche per coloro che non si sentono perfettamente dentro la Chiesa e per coloro che sono ancora in ricerca: è un messaggio di pace, di dialogo, di speranza e soprattutto di riconciliazione. Noi sperimentiamo che nella nostra città - e questo soprattutto dopo la tragedia di due anni fa - abbiamo tanto, tanto bisogno di superare le contrapposizioni e le divisioni, per essere uniti di fronte alle sfide del post-terremoto.

    D. - A proposito di questo, come vivrà la Chiesa dell’Aquila questa Perdonanza con le ferite ancora aperte per le conseguenze del terremoto?

    R. - La Chiesa dell’Aquila la vivrà come sempre, sottolineando molto l’aspetto spirituale e soprattutto questo invito alla riconciliazione. La Perdonanza serve proprio a guardare oltre, a riprendere con coraggio il cammino, a superare le contrapposizioni, a guardare veramente al bene comune, a pensare alla gente più povera che soffre di più le conseguenze del terremoto… La Perdonanza è in questa linea positiva di voler superare le difficoltà, di andare avanti e di pensare subito alla ricostruzione della città. (mg)

    inizio pagina

    Settimana liturgica italiana. Mons. di Molfetta: liturgia, azione di Dio che cambia la vita

    ◊   Si è svolta in questi giorni a Trieste la 62ma Settimana Liturgica Nazionale italiana, organizzata come ogni anno dal Centro Azione Liturgica per suscitare nelle diocesi italiane un rinnovato interesse alla liturgia. In sintonia con gli Orientamenti dei vescovi italiani per il decennio appena iniziato, il tema del raduno ecclesiale di quest’anno è stato: ‘Dio educa il suo popolo, la liturgia, sorgente inesauribile di catechesi’. Mons. Felice di Molfetta, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano e presidente del Centro Azione Liturgica, sintetizza i temi dell’incontro al microfono di Fabio Colagrande:

    R. - Gli interventi sono stati calibrati in maniera tale da evidenziare nell’ambito dello slogan “Dio educa il suo popolo” l’aspetto del primato di Dio e tutto questo si è compiuto a partire dagli aspetti biblici perché è Dio che educa il suo popolo ed è lui che istruisce e conduce il popolo verso gli orizzonti della luce fino ad arrivare a quello che costituisce il grembo vitale della liturgia che è sempre il luogo in cui Dio si rivela: la celebrazione. Sotto questo profilo la liturgia educa attraverso i gesti, i segni, le parole che costituiscono il passaggio di Dio: è la grammatica dell’Incarnazione di Dio che raggiunge l’hic et nunc, il qui ora, la comunità credente, e rivolge la sua parola. Nella liturgia il Signore si rende vivo e presente in vista di questo processo educativo.

    D. – Mons. di Molfetta, nel suo messaggio per la vostra settimana il Papa ha sottolineato il primato di Dio nell’azione liturgica. Quali le conseguenze pratiche che nascono da questa affermazione?

    R. – Certo, quando parliamo di primato di Dio vogliamo entrare nella considerazione che Dio non è una entità astratta ma è una persona con cui relazionarsi e il luogo in cui ci si relaziona, in cui Dio si rende presente, è sempre quella che noi chiamiamo “liturgia”, epifania del mistero, dove l’irraggiungibile diventa raggiungibile attraverso la sua Parola. Nella misura in cui si prende parte ad un’azione liturgica, nel momento in cui incontriamo il totalmente “Altro” ed entriamo in comunione con Lui, la vita cambia totalmente. Il primato della liturgia è proprio questo: fare entrare attraverso i suoi gesti, i suoi segni, questa benefica irruzione di Dio che entra qui e ora nella storia in cui si celebra ed è lui che educa, sollecita, richiama, invita ad una vita buona. Perciò ogni azione liturgica porta sempre questa valenza fortemente sociale e possiamo dire anche politica: attenzione alla polis, attenzione ai disagi e agli affari di una vita quotidiana.

    D. – Ci sono però casi in cui si verifica una cattiva cura della liturgia. Quali le conseguenze?

    R. – Possiamo dire che ci sono alcuni aspetti in cui il primato anziché essere dato a Dio forse viene dato a colui che presiede che forse è mosso da attenzioni verso il popolo e scende anche ad alcune espressioni che possono essere popolari pensando di accattivarsi la simpatia di coloro che partecipano. Ci possono essere anche alcuni atteggiamenti che hanno il senso della sciatteria perché la liturgia educa alla bellezza, quindi ci può essere anche questo pericolo. Ma credo che laddove ci siano presbiteri e persone che amano il dato della Rivelazione che si incarna nell’azione liturgica questo non possa avvenire. (bf)

    inizio pagina

    Concluso il Meeting di Rimini: il bilancio di Emilia Guarnieri e la testimonianza del vescovo di Camaçari

    ◊   L’amicizia fra i popoli in un tempo reso drammatico dai conflitti in corso sullo scenario internazionale non è una chimera ma è possibile fino agli estremi confini della terra. E’ il messaggio che giunge dal Meeting di Comunione e liberazione che si è concluso ieri a Rimini registrando 800 mila presenze di 38 nazionalità diverse. L’imponente macchina organizzativa che ha allestito 113 incontri con oltre 300 relatori è tornata a sorprendere. Emilia Guarnieri, presidente della fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, spiega al microfono dell’inviata Antonella Palermo i motivi del rinnovato successo di questo appuntamento:

    R. – Io credo che il motivo del successo sia il lavoro dei quattromila volontari perché, come diceva anche ieri il cardinale Sarah, la gratuità è ciò che manda avanti il mondo, la gratuità è ciò che in qualche modo comunica l’amore che Dio ha per tutti gli uomini. Quindi credo che sia proprio questo il primo fattore che crea uno spazio umano, che fa del Meeting un luogo di presenza di altro da noi e che rende possibile questa storia, questa avventura fantastica di incontri.

    D. – La certezza in un’epoca di forte precarietà, di crisi economica e di venti rivoluzionari che creano anche destabilizzazione …

    R. – Sì, certo. La crisi è stata ben presente qui al Meeting nel senso che abbiamo visto e abbiamo incontrato persone che vivono in Paesi colpiti dalla crisi economica e non solo economica, situazioni di difficoltà, contraddizioni. Credo che abbiamo fatto tutti i conti con questo e di questo si è parlato, su questo si è riflettuto; abbiamo avuto autorevoli esponenti del mondo della politica, dell’economia, della finanza a parlare su questo. Direi che c’è stato un leit-motiv in tutti: occorre il coraggio e la responsabilità di partire dal positivo, di partire da ciò che c’è.

    D. – Comunione e Liberazione cosa chiede al governo italiano?

    R. – Io credo che quello che abbiamo detto nell’incontro con il presidente Napolitano sia in qualche modo la cifra di ciò che ci sta a cuore: la libertà, la libertà di poter continuare a costruire attraverso realtà che operano dal basso, insieme a tutti gli uomini, perché non vogliamo la libertà per noi o solo per noi. Dunque la libertà di poter continuare a costruire e poter continuare ad educare. Don Giussani diceva: toglieteci tutto, siamo disposti ad andare in giro nudi, ma non toglieteci la libertà di educare.

    D. – Il Meeting sarà esportato anche altrove oltre che al Cairo?

    R. - Abbiamo in programma questa esperienza giapponese alla fine di ottobre. Si tratta di un incontro realizzato dall’Istituto di cultura italiana in Giappone, dall’ambasciata e da realtà culturali del mondo giapponese. Per noi rappresenta un’occasione di incontro, di racconto di quello che siamo, perché non è che noi abbiamo un’ideologia da esportare, noi abbiamo un’esperienza umana attraverso la quale ci incontriamo con chiunque sia possibile farlo.

    D. - Qual è il tema dell’anno prossimo?

    R. – Insistiamo proprio su questo aspetto del che cos’è la natura dell’uomo: la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito. (bf)

    Presente al Meeting anche mons. Joao Carlos Petrini, di origini italiane, vescovo di Camaçari in Brasile. Luca Collodi gli ha chiesto le sue impressioni al Convegno di Rimini di quest’anno:

    R. - L’impressione è sempre quella di una cosa eccezionale, perché è quasi impossibile incontrare un altro luogo dove ci sia tanta gente che ha un ideale nella vita e si vede: il volto, lo sguardo, il sorriso, la facilità con cui uno sta con l’altro danno l’idea di un popolo che ha qualcosa in comune molto importante; qualcosa di grande che dà alla vita una consistenza di significato, di speranza e di bellezza e che non si trovano molto frequentemente.

    D. - Mons. Petrini, il Meeting cerca delle certezze, non solo certezze di fede ma anche certezze nella vita quotidiana: per il Brasile, il titolo di quest’anno del Meeting - “L’esistenza diventa un’immensa certezza” - che significato ha avuto?

    R. - Io credo che abbia un significato molto simile, perché ogni uomo e ogni donna ha bisogno di certezza per poter camminare. Avere le certezze vuol dire avere una chiarezza di meta; vuol dire sapere cosa effettivamente il mio cuore desidera, a cosa devo dedicarmi per poter trovare le risposte giuste a quel desiderio di felicità che mi porto dentro. A questo punto si capisce come sia importante la persona di Gesù Cristo e come sia importante che la sua presenza possa essere riconosciuta oggi. E questo vale in Italia, vale in Brasile, vale in capo al mondo…

    D. - In Occidente, in Europa le certezze oggi sono poche: in Brasile, invece, ce ne sono?

    R. - Ancora sì. C’è una qualità culturale molto diversa: nonostante l’alta cultura - quella accademica è molto simile in tutto il mondo e tende al nichilismo, a questa smobilitazione - la cultura del popolo è una cultura profondamente religiosa e, forse, proprio per questo ha una speranza molto radicata. C’è poi un altro elemento: il Brasile è in un momento favorevole di crescita, di sviluppo, con la conseguente attesa che i prossimi 20 anni potranno essere decisivi per un decollo, per un benessere, per una giustizia sociale maggiore, per una convivenza più pacifica. In questo anche la Chiesa entra come un elemento che contribuisce fortemente affinché rimanga vivo il sentimento religioso, affinché rimanga chiara la luce di Cristo in questo cammino di speranza. In questo il Brasile è differente da tutta l’Europa, dove si sente un qualcosa di invecchiato: invecchiato, perché si perde un po’ il gusto della vita e c’è come una stanchezza davanti alla vita, che in Brasile non c’è.

    D. - Il Brasile riesce a limitare o a sconfiggere la povertà?

    R. - Sono stati fatti grandi passi, soprattutto dagli ultimi governi: controllando l’inflazione, ma anche grazie a delle iniziative specifiche per favorire i più poveri. Questo ha fatto sì che circa 30 milioni di abitanti siano ormai fuori dalla soglia della povertà.

    D. - Nella società brasiliana resta, però, molta violenza…

    R. - Resta molta violenza perché, in fondo, c’è sempre un grande dislivello tra le possibilità di vita nel quotidiano e quello che, attraverso i mezzi di comunicazione, viene mostrato come il sogno che deve essere concretizzato. Dove non entra in gioco questa attesa positiva nei confronti dell’impegno, di un ideale di vita, di un progetto di vita, allora la violenza trova spazio.

    D. - Mons. Petrini, in Brasile le sette e la superstizione, però, non sembrano sconfitte…

    R. - Comunque non sono cresciute negli ultimi cinque-sei anni, anche perché la Chiesa, proprio in questi ultimi cinque-sei anni, ha recuperato una passione missionaria che in altre epoche - forse - non era così intensa. Questo è un momento in cui la Chiesa cattolica sta rifiorendo. Posso addirittura dire che, andando in giro per le strade di diverse città, vedo molte chiese di queste sette abbastanza spopolate… Ancora sono potenti, perché hanno i mezzi di comunicazione che raggiungono capillarmente molte realtà, ma hanno perduto quell’attrattiva che avevano anni fa quando la Chiesa sembrava meno visibile soprattutto dal punto di vista dell’annuncio di Gesù Cristo. (mg)

    inizio pagina

    La Chiesa ricorda Sant'Agostino. Padre Casciano: c'invita a cercare sempre la verità

    ◊   Il 28 agosto del 430 moriva ad Ippona, in Algeria, il vescovo Agostino; oggi la Chiesa lo ricorda come padre e dottore della Chiesa. Tra i più grandi pensatori cristiani, Sant’Agostino ha scritto 93 trattati, circa 500 sermoni ed oltre 300 lettere. Assai note le Confessioni, opera tra le più lette al mondo, in cui il vescovo di Ippona si racconta come in un diario, ripercorrendo la sua adolescenza e il cammino che lo ha condotto a consacrarsi a Dio. Le spoglie di Sant’Agostino sono custodite a Pavia, nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, dove, dopo la visita del Papa, il 22 aprile del 2007, sono fiorite iniziative culturali e religiose divulgate sul sito . Ma che cosa apprende chi oggi si avvicina a Sant’Agostino? Tiziana Campisi lo ha chiesto al priore della comunità agostiniana di Pavia padre Giustino Casciano:

    R. – Penso che la prima cosa che apprende chi si avvicina oggi a Sant’Agostino è che esiste una vita interiore. Non esiste solo la vita esteriore del benessere fisico, della ricerca delle soddisfazioni materiali, ma esiste anche una vita interiore. Agostino ci dice di tornare al nostro cuore perché è dentro il nostro cuore che possiamo trovare la gioia, la verità, la felicità che cerchiamo. Lo dice al mondo di oggi proprio attraverso la sua esperienza, perché da giovane ha fatto questo cammino: prima dedicandosi completamente alla carriera, alle soddisfazioni esteriori, dove però non ha trovato la vera gioia, poi, attraverso la lettura dell’Ortensio di Cicerone e di altri libri, dopo aver cercato invano la verità in diverse filosofie e dopo varie esperienze di vita, ha capito che esiste una vita interiore, una vita profonda. Quindi credo che la cosa più immediata che si apprende da Agostino è proprio questa ricerca che va al di là di ciò che è soltanto sensibile ed esteriore: una ricerca che tocca il cuore, che tocca le profondità della psiche, le profondità dell’anima, della persona.

    D. - La scoperta dell’interiorità a cosa conduce con Agostino?

    R. – Porta a scoprire la Parola di Dio, a scoprire testimoni della Parola di Dio che hanno vissuto prima di noi. Credo che l’incontro con Agostino ci porti a scoprire il valore dell’amicizia, però in Dio. Il suo cammino è durato molti anni e lui dice che anche quando già si è trovata la verità la si deve cercare ancora. Anche quando ha già trovato la gioia, Agostino la continua a cercare, perché – dice lo stesso Agostino – la gioia è qualcosa che sazia ma non sazia mai in maniera totale e completa.

    D. – I giovani possono trovare attuale Sant’Agostino?

    R. - Direi proprio di sì. Primo perché nel suo libro più famoso, le “Confessioni”, ci descrive la sua adolescenza, la sua giovinezza, ci descrive la sua ricerca della felicità nell’amore umano, gli errori che ha commesso… Quindi i giovani, nella descrizione dell’interiorità di Agostino e delle sue esperienze, possono trovare un vero amico e poi una grande attualità perché Agostino ha trovato le risposte alle sue inquietudini e ce le offre in un linguaggio estremamente moderno.

    D. – Appena otto giorni fa si è svolta la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. In che modo Agostino può accompagnare il cammino di quanti vi hanno preso parte?

    R. – Credo che Agostino possa dire ai giovani di cercare Gesù, cercare la verità, la gioia, rimanendo uniti alla comunità cristiana; di non separare mai Gesù dalla Chiesa, ma di cercare il Signore proprio nella realtà ecclesiale. Certamente nella comunità cristiana ci possono essere anche difetti che possono essere messi in luce per essere corretti, ma la cosa più importante che Agostino ci insegna è che la Chiesa è la nostra madre, è il nostro rifugio, la colonna della verità e della luce, che ci consola e guida verso il futuro. (bf)

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Protesta degli indigeni in Bolivia. L’arcivescovo di Cochabamba: rispettare i loro diritti

    ◊   "Per favore, mettiamoci seduti con sentimenti di speranza ed apriamo un dialogo per trovare una via d’uscita al problema e una via di comunicazione che possa soddisfare tutti": è l’appello lanciato dall’arcivescovo di Cochabamba, mons. Tito Solari Capellari, di fronte alla protesta di diversi gruppi indigeni contro la costruzione di un’autostrada che, secondo il progetto, attraverserà il “Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Secure” (TIPNIS), loro habitat. La riserva india Tipnis – riferisce la Fides - è infatti minacciata dalla costruzione di questa arteria stradale che dal cuore della Bolivia porterà le materie prime al confine con il Brasile, collegando il traffico delle merci dal Pacifico all’Atlantico. Circa un anno fa le popolazioni indigene erano riuscite ad ottenere la sospensione per un anno del progetto. Ora che è stato approvato il primo tratto di strada e l’inizio dei lavori, gli indigeni stanno protestando pubblicamente. Una prima marcia che ha raggiunto la capitale, La Paz, si è svolta il 2 agosto ed ha visto riunite tre differenti tribù, tutte contrarie al tracciato che passerà attraverso i territori da loro chiamati “la grande casa”: la nuova strada infatti si snoderà dal municipio di Villa Tunari, nel Dipartimento di Cochabamba, fino a La Paz. Il 17 agosto almeno 500 attivisti indiani hanno iniziato una nuova dimostrazione per protestare contro la costruzione di questa autostrada di 305 chilometri che attraverserà la foresta pluviale amazzonica. I manifestanti si sono riuniti nella città di Trinidad per una marcia di 600 chilometri, che dovrebbe culminare nella capitale boliviana, La Paz. I manifestanti dicono che la nuova strada – che costerà 415 milioni di dollari - minaccia un’area protetta ed inoltre contestano la violazione del loro diritto ad essere consultati. “Questo problema, come tutti gli altri che abbiamo affrontato – afferma mons. Solari - dovrà passare attraverso il dialogo, per questo incoraggiamo il dialogo e chiediamo alle parti coinvolte di deporre atteggiamenti negativi per costruire una risposta adeguata, e allo stesso tempo di rispettare i diritti, ascoltare le motivazioni e garantire il bene comune di tutti”. Mons. Solari ha sottolineato che le parti in conflitto dovrebbero leggere ciò che dice la Costituzione Politica dello Stato al riguardo: “ci sono indigeni che hanno la loro voce, il loro territorio, un diritto riconosciuto dalla Costituzione".

    inizio pagina

    Messico: crescono le minacce dei narcotrafficanti contro i sacerdoti

    ◊   Il settimanale dell'arcidiocesi di México “Desde la fe” denuncia la situazione di numerosi sacerdoti in Messico “che vivono sotto la costante minaccia del narcotraffico, a causa del loro lavoro all’interno di organizzazioni che difendono i diritti umani o per aver denunciato abusi e crimini dei narcos”. Lo riferisce l'agenzia Fides. “Particolare indignazione - si sottolinea - ha suscitato l’assassinio di un sacerdote cattolico e di due seminaristi mentre uscivano da una chiesa nel sud del Paese: avevano osato denunciare di fronte ai fedeli la violenza di un gruppo di narcotrafficanti”. Secondo Manuel Corral, segretario per le relazioni pubbliche della Conferenza episcopale messicana, “almeno mille dei 15mila sacerdoti del Messico sarebbero stati minacciati indirettamente, e almeno 300 direttamente”. Il clero sarebbe maggiormente esposto nelle zone rurali, “dove i trafficanti imperversano e lo Stato non arriva a far rispettare la legge”. Il comunicato ricorda anche con rammarico Humberto Millán Salazar, giornalista, assassinato nella città di Culiacán, a Sinaloa, ed esorta i fedeli ad impegnarsi a vivere nella giustizia e nella pace, tanto desiderate nel Paese. (G.I.)

    inizio pagina

    Paraguay. Famiglia, nuova evangelizzazione e fame in Somalia al centro della plenaria dei vescovi

    ◊   La riorganizzazione della struttura ecclesiastica in Paraguay per adattarla alle esigenze dei tempi; il lancio di un piano pastorale triennale per la famiglia e una campagna di solidarietà per la Somalia colpita dalla carestia. Sono stati questi i tre temi al centro della 191ª assemblea plenaria della Conferenza episcopale paraguayana riunita dal 25 al 26 agosto in sessione straordinaria ad Asunción. L’incontro è servito ad approfondire le riflessioni avviate durante l’ultima plenaria primaverile sulla presenza della Chiesa cattolica in Paraguay oggi, l’andamento della Missione continentale e la crisi della famiglia nel Paese. In particolare i vescovi hanno esaminato e approvato una proposta per la creazione di nuove giurisdizioni ecclesiastiche per dare impulso alla nuova evangelizzazione secondo le linee di azione pastorale elaborate dall’Episcopato per la Missione continentale. La proposta sarà sottoposta all’approvazione della Santa Sede. Altro punto centrale all’esame dell’assemblea è stato il lancio nel 2012 di un piano pastorale triennale dedicato alla famiglia, tema particolarmente caro ai vescovi paraguayani che la considerano come la vera priorità della nuova evangelizzazione. Il piano sarà presentato l’8 dicembre, in occasione della festa della Madonna di Caacupè Per ogni anno è previsto un tema specifico: il 2012 sarà incentrato sulla famiglia e il matrimonio; il 2013 sulla famiglia e le persone e infine il 2014 sarà dedicato alla vita e la famiglia aperta alla società. Gli obiettivi del piano sono molteplici: evangelizzare attraverso la Parola di Dio ogni famiglia che trova la sua massima realizzazione nel sacramento del matrimonio; promuovere la famiglia come discepola di Cristo; fare di essa il fulcro dell’educazione dei giovani ai valori umani cristiani; farne una protagonista della Missione Continentale; promuovere il matrimonio, incoraggiare una pastorale attenta alla famiglia in particolare tra i più poveri ed gli emarginati e infine recuperare l’identità e la dignità della famiglia come cellula fondamentale della società. L’assemblea ha anche discusso l’emergenza umanitaria in Somalia. A questo proposito ha deciso di promuovere per tutto il mese di settembre una campagna di sensibilizzazione intitolata “Chi è il mio prossimo? Avevo fame e mi avete dato da mangiare”. Per il 25 settembre è quindi prevista una colletta il cui ricavato sarà interamente devoluto alla Chiesa e al popolo somalo tramite la Caritas Internationalis. (A cura di Lisa Zengarini)

    inizio pagina

    I vescovi del Brasile accanto alle popolazioni affamate del Corno d’Africa

    ◊   La Conferenza dei vescovi del Brasile, in collaborazione con la Caritas del Paese, ha raccolto l’appello che arriva dal Corno d’Africa, stretto nella morsa della siccità più intensa degli ultimi 60 anni, e ha avviato la campagna Sos Africa per aiutare le vittime che si contano nella parte nord-orientale del continente, tra Somalia, Uganda, Etiopia, Kenya, Gibuti ed Eritrea, dove, secondo le stime della Fao e dell’Acnur, oltre 12 milioni di persone stanno subendo gravi conseguenze. In particolare in Somalia, Paese afflitto dalla fame, dai conflitti e dall’aumento dei prezzi del cibo, 30mila bambini sono già morti e 400mila persone, circa il 5% della popolazione totale, affollano i campi intorno alla capitale Mogadiscio, dove solo negli ultimi due mesi, sono le stime dell’Onu, sono arrivati in centomila. La Caritas locale è molto impegnata sul fronte dell’assistenza sanitaria, ma i dati dell’Organizzazione cattolica per la solidarietà e l’aiuto umanitario, riportati dalla Zenit, sono drammatici: ogni 11 settimane il 10% dei minori di cinque anni non sopravvive. (R.B.)

    inizio pagina

    Repubblica Democratica del Congo: violenze per il coltan del nord Kivu

    ◊   Rete Pace per il Congo si fa portavoce della popolazione di Kiwanja, città della provincia del nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, stanca delle violenze perpetrate nella zona. Come riferisce la Fides, infatti, nel territorio di Rutshuru sono all’ordine del giorno uccisioni di civili e atti di rapina a mano armata operati non dal gruppo armato delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda, come le autorità vorrebbero far credere, ma dai militari dell’esercito nazionale o dagli agenti della polizia locale, come confermano molti testimoni oculari. Il documento afferma che questi gruppi armati serviranno, al momento opportuno, per chiedere l’autonomia della regione: il nord Kivu, come il sud, infatti, è ricco di minerali strategici quali il coltan e la cassiterite, esportati attraverso circuiti illegali. La gente, esasperata, ha deciso di scendere in piazza per chiedere la protezione della popolazione civile da questi gruppi armati, composti per lo più da militari di movimenti di guerriglia che integrano le truppe regolari e che mirano solo a cacciare la popolazione locale e ad aumentare l’instabilità dell’area. (R.B.)

    inizio pagina

    Haiti: cresce lo sconforto tra gli sfollati del terremoto, condizioni di vita disumane

    ◊   Sono ancora molto difficili le condizioni di vita degli haitiani, colpiti dal terremoto nel gennaio 2010. Le agenzie umanitarie continuano a denunciare la mancanza di fondi ai quali si attribuisce la mancanza dei servizi sanitari primari nei campi per gli sfollati, che fa crescere la sfiducia e lo sconforto nelle persone. Secondo fonti locali, riporta l’agenzia Fides, in un campo usufruiscono in media 112 persone di una latrina e soltanto il 18 % delle strutture dispone di lavandini per lavare mani e faccia, e il 29% di un sistema di smaltimento dei rifiuti solidi. Il 48%, degli ospiti di un campo, neanche la metà, ha accesso quotidiano all’acqua potabile, mentre solo il 61 % dell’acqua disponibile è sterilizzata con una dose sufficiente di cloro: aumenta così il rischio di contagio e di trasmissione del colera che, ogni giorno, fa registrare circa 300 ricoveri in ospedale. Finora, i dati sono della metà di agosto, sono stati contagiati più di 400mila abitanti, e di questi, 6169 sono morti. La situazione nel campo di Ragal, in particolare, è molto critica: ci sono due latrine per un centinaio di persone, non c’è un centro medico, né un rubinetto. I dati a Petit-Goâves non sono certo più incoraggianti: il campo è in grado di offrire servizi igienici solo a 141 persone, docce a 185. (G.I.)

    inizio pagina

    La Chiesa in Indonesia festeggia dieci nuove ordinazioni sacerdotali

    ◊   Un “segno della benedizione di Dio” rallegra la Chiesa indonesiana: ben sette nuovi sacerdoti saranno presto ordinati nella cattedrale del Sacro Cuore di Surabaya, mentre il 4 settembre nella diocesi di Ketapang, Borneo occidentale, saranno ordinati tre nuovi diaconi, anch’essi futuri sacerdoti. La notizia è particolarmente importante in Indonesia, il Paese col maggiorr numero di musulmani nel mondo, dove i cattolici rappresentano appena il 3% della popolazione formata da 250 milioni di persone. I sette futuri sacerdoti, tutti Gesuiti provenienti da est Java, una provincia orientale dell’isola, saranno ordinati dal vescovo di Surabaya, mons. Vinsentius Sutikno Wiusaksono, mentre i tre diaconi del Ketapang saranno ordinati dal vescovo locale, mons. Blasius Pujaraharja, che festeggia quest’anno i 50 anni di sacerdozio, mentre per la diocesi ricorrono i cento anni di vita. Il presule del Borneo occidentale ha sottolineato ad AsiaNews la sua grande felicità per i nuovi ordinati che aiuteranno i 30 religiosi dell’area a servire le 20 parrocchie del territorio, alcune delle quali situate in aree molto remote e difficili da raggiungere. (R.B.)

    inizio pagina

    Le Caritas di India e Sri Lanka insieme per il rilascio dei pescatori in carcere

    ◊   Le Caritas di Sri Lanka e India si mobilitano per ottenere la liberazione dei sei pescatori dello Sri Lanka che il 26 giugno scorso sono stati arrestati dalla Guardia costiera indiana per essere entrati nelle acque territoriali dell’Orissa, così come prevedono le leggi dello Stato indiano. Da allora l’equipaggio della “Ann Mary”, che è stata confiscata, si trova in carcere a Jagatsingpur con condanne da tre a cinque mesi, e le loro famiglie, nel Paese d’origine, vertono in gravi condizioni dal punto di vista economico perché prive dei mezzi di sussistenza derivati dall’attività ittica. A questo proposito il direttore della Caritas dello Sri Lanka, padre George Sigamoney, ha inviato al direttore esecutivo della Caritas indiana, padre Varghese Mattamanana, una richiesta di cooperazione che è stata accettata, come ha dichiarato ad AsiaNews il responsabile di settore della Caritas indiana, Francis Barla, che ha assicurato la massima collaborazione. (R.B.)

    inizio pagina

    Simposio intercristiano a Tessalonica: prosegue il dialogo tra cattolici e ortodossi

    ◊   Da martedì 30 agosto a venerdì 2 settembre si terrà a Tessalonica, in Grecia, il XII Simposio intercristiano organizzato dall’Istituto di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum di Roma e dalla Facoltà di Teologia dell’Università Aristotele di Salonicco. Il tema, “La testimonianza della Chiesa nel mondo contemporaneo”, è quanto mai attuale, tanto che ha meritato un particolare Messaggio di Benedetto XVI, indirizzato al cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Secondo una prassi sperimentata sin dai primi incontri, si alterneranno ai microfoni un relatore cattolico e uno ortodosso, che parleranno della testimonianza come desiderio di Dio in una società secolarizzata e come linguaggio della Chiesa nell’era della globalizzazione, nella quale i problemi socio-culturali pongono a cattolici e ortodossi le medesime sfide. Le riflessioni che verranno fatte avranno perciò un grande risvolto ecumenico, com’è avvenuto con i Simposi precedenti, iniziati da un’idea del compianto mons. Luigi Padovese e di alcuni docenti delle Università di Roma e di Tessalonica, tanto da meritare il compiacimento del Magistero delle rispettive chiese. Al Simposio è prevista la presenza di alcuni studenti ortodossi, già avviati a un “sentire” ecumenico, grazie allo stimolo dei loro professori. (A cura di padre Egidio Picucci)

    inizio pagina

    Il Meic a Camaldoli: non tanto la cultura laicista, ma la società del benessere erode i valori cristiani

    ◊   «Il futuro prossimo delle nostre città o sarà un coordinamento di diversità o sarà un fallimento. I credenti sono chiamati a impegnarsi per dare un volto positivo a questa unità». Il presidente del Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic), Carlo Cirotto ha chiuso venerdì scorso i lavori della Settimana teologica di Camaldoli su «Le religioni nella città». La giornata conclusiva della Settimana teologica – riferisce L’Osservatore Romano - ha visto gli oltre centoventi partecipanti impegnati a riflettere sul rapporto tra cristianesimo e città. «Nonostante l’esistenza — ha annotato Marta Margotti, storica dell'Università di Torino — di un tessuto cattolico ancora consistente, formato da parrocchie, associazioni, gruppi e congregazioni religiose artefici di rilevanti iniziative spirituali e sociali, emerge la difficoltà di una parte della Chiesa italiana ad “abitare” la città» . E questo non tanto per gli attacchi di quella che viene definita «cultura laicista», quanto «per la lenta, sottile e all’apparenza inarrestabile erosione dell’appartenenza religiosa avvenuta nella società del benessere». Occorre allora «sollecitare la capacità di critica verso il potere che schiaccia l’umanità», «alimentare lo spirito di libertà contro l’assuefazione ai conformismi della politica, interrogarsi sulle conseguenze della globalizzazione nella vita dei singoli e delle comunità». Ciò significherebbe — ha concluso Margotti — «non soltanto accrescere la capacità di reazione dei singoli alla variabilità e all’imprevedibilità delle situazioni, ma anche recuperare in modo vitale il messaggio evangelico». Durante i lavori di giovedì, il Meic ha rilanciato il suo impegno per una «laicità includente», aperta a credenti e non, basata sulla mediazione culturale e capace di accogliere i nuovi cittadini. Negli interventi del filosofo Roberto Gatti, del costituzionalista Luigi D’Andrea e dell’avvocato Francesco Russo è stata sottolineata la necessità di una nuova educazione alla cittadinanza, e a partire da questa un nuovo patto di cittadinanza basato sui principi della Costituzione.

    inizio pagina

    Mozambico: un anno di preghiera per il ventennale della morte di Fratel Fiorini

    ◊   Un anno di preghiera, di riflessione e di comunione provinciale è stato avviato il 24 agosto scorso dai missionari Comboniani presenti in Mozambico, in preparazione al 24 agosto 2012, quando ricorrerà il 20esimo anniversario della morte di Fratel Alfredo Fiorini, ucciso proprio quel giorno del 1992 mentre rientrava nella missione locale di Nampula, dove da due anni dirigeva l’ospedale. La congregazione lo comunica attraverso la lettera “Anno della nostra memoria: missione comboniana in Mozambico”, pervenuta anche all’agenzia Fides, in cui il Superiore provinciale dell’area, padre José Luis Rodriguez Lopez evidenzia l’obiettivo di consolidare lo spirito missionario e dare continuità alla memoria storica e carismatica della circoscrizione. “Ogni momento che passiamo in missione stiamo camminando e tracciando la storia – scrive – queste esperienze rimangano impresse nella nostra mente e in particolare nel nostro cuore”. (R.B.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    L'uragano Irene si abbatte su New York, ma è declassato a tempesta tropicale

    ◊   “Il tempo per evacuare è scaduto, ora dovremo fare i conti con Madre Natura”. Così il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha parlato stanotte agli abitanti della città raccomandando loro di restare in casa in vista del picco dell’uragano Irene che si sta abbattendo su New York e che in queste ore è stato declassato a tempesta tropicale. Oltre 50mila persone sono già senza luce, i fiumi Hudson e East River hanno rotto gli argini e si teme un'inondazione del porto. Il servizio di Roberta Barbi:

    È l’immagine di una New York spettrale, quella rimandata dai televisori di tutto il mondo, ben diversa dalla brulicante Grande Mela. Strade deserte, uffici abbandonati e negozi ormai chiusi, ma prima presi d’assalto dalla popolazione a caccia di generi alimentari e di carburante: in 370mila, i newyorkesi che abitano le zone costiere, sono stati evacuati e di questi, 5300 sono ospitati nei rifugi allestiti; agli altri è stato raccomandato di rimanere in casa. Anche i trasporti pubblici sono bloccati e se si aggiungono a questi gli aeroporti ovviamente serrati, con circa 10mila voli annullati e la semiparalisi del traffico aereo in tutto il mondo, New York è davvero in queste ore una città isolata, in cui piove sempre più forte e in cui i venti soffiano raffiche da oltre 100 km all’ora che fanno oscillare i grattacieli. Fa paura Irene, nonostante il suo declassamento a tempesta tropicale, quasi una tempesta tropicale, che proprio in queste ore sta scatenando la sua furia su New York, dopo aver ucciso 10 persone con il suo passaggio su Virginia e North Carolina. Non solo New York, dunque, che, come se non bastasse, oggi è stata colpita anche da un nuovo terremoto di magnitudo 2.9 con epicentro nella capitale dello Stato, Albany: l’uragano si stima che colpirà in vario modo circa 65 milioni di persone, con lo stato di emergenza proclamato dal presidente Obama in 10 Stati. Chiusi anche gli aeroporti di Boston e Philadelphia, migliaia le persone senza corrente elettrica e senza linea telefonica; in via precauzionale è stata spenta anche la centrale nucleare di Oyster Creek, nel New Jersey, mentre il reattore di Calvert Cliffs, nel Maryland, si è spento da solo attivando le procedure di sicurezza. Ora New York attende l’occhio del ciclone e l’alta marea, con i livelli dei fiumi East River e Hudson che aumentano continuamente, e presto potrebbe rimanere completamente al buio: sono già 8300 i residenti rimasti senza luce, mentre tornado locali sono stati già avvistati a Brooklyn e nel Queens.

    Filippine
    Si chiama Nanmadol ed è il più potente tifone che quest’anno ha colpito le Filippine, dove si è già lasciato dietro 13 fra morti e dispersi. Dopo il passaggio sull’isola settentrionale di Luzon, dove circa 20mila persone sono state evacuate dalla costa verso le zone montagnose dell’interno, ora si sta dirigendo verso Taiwan, dove si prevede arrivi martedì con una potenza accresciuta dalla lunga traversata sul mare.

    Nigeria
    È di almeno 20 morti il bilancio delle forti piogge che in questi giorni stanno insistendo su Ibadan, nel sud-ovest della Nigeria, e che hanno causato la rottura di una diga e il crollo di diversi ponti. Lo comunica un portavoce dell’Agenzia nazionale per le emergenze che riferisce anche della presenza di migliaia di sfollati.

    Nigeria – attentato
    È salito a 23 morti e 81 feriti il bilancio dell'attentato suicida di venerdì scorso contro la sede delle Nazioni Unite ad Abuja, capitale della Nigeria. Lo dice un portavoce dell'Onu. Il segretario generale Ban Ki-moon, intanto, si è recato in visita sul luogo dell’attentato in cui ha deposto una corona di fiori e dove ha osservato un minuto di silenzio in ricordo delle vittime.

    Medio Oriente
    Un razzo è stato sparato questa mattina dalla Striscia di Gaza verso la città israeliana di Ashqelon, ma è stato intercettato in volo dalle forze di difesa israeliane. È stata violata, così, la tregua firmata venerdì scorso tra Israele e Hamas, mentre già ieri erano stati avvertiti alcuni colpi di mortaio all’indirizzo del Neghev. Non si ha notizia di vittime.

    Siria
    Il capo della Lega araba, Nabi al Arabi, si recherà a breve in Siria per ottenere l’immediata fine delle repressioni violente delle proteste da parte del governo di Assad. Lo scrive la stessa Lega in un comunicato diffuso nella notte al termine di un vertice dei ministri degli Esteri dei Paesi arabi, che hanno ribadito l’importanza della stabilità in Siria per l’intera regione. Intanto nel Paese si continua a combattere: nella notte scontri si sono registrati in un sobborgo della capitale.

    Yemen
    Attacco terroristico sventato, nel Paese, grazie all’intervento della Marina militare locale che ha affondato un motoscafo carico di esplosivo. Secondo fonti governative, nel mirino dei kamikaze di al Qaeda a bordo dell’imbarcazione, un’unità navale di Abyan, capoluogo costiero dell’omonima provincia meridionale.

    Iraq
    Duplice attentato, nella notte, in un quartiere orientale di Baghdad, dove l’esplosione, a breve distanza, di due bombe ha causato la morte di cinque agenti di polizia e il ferimento di almeno sette persone.

    Afghanistan
    Un kamikaze a bordo di un’auto si è fatto esplodere oggi nel distretto di Deh Sabz a Kabul, mentre si dirigeva verso Bagram, dove ha sede la più grande base aerea statunitense in Afghanistan. L’azione terroristica, che non ha causato vittime, è stata rivendicata dai talebani.

    Pakistan
    Il numero due di al Qaeda, nonché responsabile operativo del movimento, il libico Attiyah Abd Al-Rahman, sarebbe stato ucciso qualche giorno fa in Pakistan, ma la notizia è stata resa nota solo ieri negli Stati Uniti. Il governo di Islamabad mantiene sulla questione assoluto riserbo. L’uomo era già stato dato per morto l’anno scorso.

    Pakistan – attentato a treno
    Un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco oggi contro un treno in transito nella città di March, provincia sud-occidentale del Beluchistan, al confine con l’Afghanistan. Il bilancio è di almeno 3 morti e 18 feriti; per ora l’attacco non è stato rivendicato.

    India
    Dopo 13 giorni, Anna Hazare, l’attivista indiano già ribattezzato “il nuovo Gandhi” ha interrotto questa mattina lo sciopero della fame che aveva intrapreso contro la corruzione nel Paese. La decisione è seguita all’approvazione da parte del Parlamento federale di una mozione che impegna a prendere in considerazione le richieste contenute in un progetto di legge sul tema messo a punto dallo stesso Hazare, che ha commentato: “Una grande vittoria per il popolo della non-violenza; il Parlamento del popolo è stato più forte del Parlamento di Delhi”. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 240

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.