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Sommario del 27/08/2011
◊ Profondo cordoglio di Benedetto XVI per le vittime dell’attentato kamikaze alla sede Onu di Abuja in Nigeria, che ieri ha provocato almeno 19 morti e decine di feriti. In un duplice telegramma indirizzato al presidente nigeriano, Goodluck Jonathan, e al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, il Papa si dice addolorato per la “terribile perdita di vite sia tra i cittadini che tra gli impiegati delle Nazioni Unite”. Quindi, rinnova l’appello “a quanti hanno scelto la morte e la violenza” ad “abbracciare invece la vita e il dialogo”. Nei telegrammi, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Pontefice assicura infine le sue preghiere per quanti hanno perso la vita così drammaticamente e invoca il Signore affinché dia forza e coraggio ai feriti e a quanti piangono i propri cari. L’attentato è stato rivendicato dal “Boko Haram”, gruppo terroristico di matrice islamica che si batte per la diffusione della Sharia nel Paese. Dal canto suo, l’Oci, Organizzazione per la cooperazione islamica ha condannato l’attentato. Su questo terribile attacco, Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo di Abuja, mons. John Olorunfemi Onaiyekan:
R. – Per me è stata veramente una grande sorpresa, perché anche se questo gruppo di terroristi ha già colpito prima, non si pensava potesse arrivare addirittura fino alle Nazioni Unite. Inoltre, hanno usato un sistema completamente nuovo, con macchine piene di esplosivi, come succede nei Paesi in cui il terrorismo è dilagante. Il gruppo responsabile di questi atti in Nigeria ha dei contatti con i terroristi che agiscono al di fuori del Paese e questo potrebbe forse spiegare l’attacco agli uffici delle Nazioni Unite.
D. – La gravità di questo attentato desta preoccupazione per tutta la popolazione...
R. – Gli attacchi suicidi sono una cosa del tutto nuova per la Nigeria. Non riusciamo a capire, è davvero molto difficile riuscire a difenderci da gruppi come questi.
D. – Il Papa, in un telegramma al presidente nigeriano e al segretario generale dell’Onu, fa appello a queste persone affinché abbandonino la via della violenza ed abbraccino quella della pace e del dialogo...
R. – Speriamo che l’appello del Santo Padre venga ascoltato. In Nigeria il capo dei musulmani – il sultano di Sokoto - ha fatto un appello simile, esortando queste persone a smetterla di compiere tali atti ed ha condannato il gesto compiuto ieri. Tutto il popolo nigeriano, sia i cristiani sia i musulmani, è d’accordo nel condannare questi gesti. Non ho ancora trovato alcun gruppo nigeriano che appoggi queste persone. E’ difficile anche sapere con chi parlare: se una persona vuole intraprendere la via del dialogo, con chi si può dialogare? Non lo sappiamo. Lo scopo che è stato dichiarato dai terroristi è chiaramente irraggiungibile: vogliono che l’intera Nigeria diventi un Paese di talebani. Ma come si può arrivare a ciò se qui il 50 per cento delle persone sono cristiane e l’altro 50 per cento musulmane? I musulmani, poi, non vogliono questo tipo di Islam. Come possiamo allora difenderci da loro? Secondo me, attraverso l’unione di tutte le forze politiche e religiose. (vv)
Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Ambrozic, arcivescovo emerito di Toronto
◊ Il Papa ha espresso il suo profondo cordoglio per la morte del cardinale Aloysius Matthew Ambrozic, avvenuta ieri a Toronto, in Canada, dopo una lunga malattia. Arcivescovo emerito di Toronto, il porporato aveva 81 anni. Benedetto XVI, in un telegramma inviato all’attuale arcivescovo della città canadese, mons. Thomas Collins, assicura le sue preghiere per la “nobile anima” del cardinale Ambrozic ricordandone “con gratitudine” la “dedizione e il servizio” alla Chiesa in Canada. Lo affida quindi “alla misericordia infinita di Dio, nostro Padre amorevole” invocando “pace e consolazione nel Signore” a quanti lo piangono.
Il cardinale Ambrozic era nato in Slovenia, secondo di sette figli. Nel maggio del 1945, tutta la famiglia fugge in Austria vivendo nei campi profughi presso Vetrnj, Peggez e Spittal an der Drau. Nel settembre del 1948, la famiglia emigra in Canada stabilendosi a Toronto. Poco dopo, il suo ingresso nel Seminario di Sant'Agostino. Il 4 giugno 1955 viene ordinato sacerdote dell'arcidiocesi di Toronto dal cardinale James McGuigan. Tra il 1957 e il 1960 è a Roma, dove consegue la Laurea in Teologia presso l'Angelicum e la Laurea in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico. Tornato a Toronto, insegna Sacra Scrittura presso il Seminario di sant'Agostino dal 1960 al 1967. In Germania ottiene un Dottorato in Teologia presso l'Università di Würzburg nel 1970. Dal 1970 al 1976 è professore di Esegesi neotestamentaria presso la Toronto School of Theology, servendo anche in qualità di decano degli Studi presso il Seminario di Sant'Agostino dal 1971 al 1976. Dal 1971 al 1975 è membro del Senato arcidiocesano dei Sacerdoti. Eletto alla chiesa titolare di Valabria il 26 marzo 1976, è ordinato vescovo ausiliare di Toronto il 27 maggio 1976 svolgendo la sua attività pastorale, in particolare, tra le varie comunità etniche, gli immigrati e i rifugiati. Durante l'anno scolastico 1984-85 compie visite pastorali in tutte le 43 scuole superiori cattoliche dell'arcidiocesi per rafforzare e sostenere i programmi di insegnamento religioso. È stato membro della Commissione per l'Educazione Cristiana della Conferenza episcopale canadese e ha partecipato alla revisione del Catechismo canadese. È stato uno dei quattro vescovi che hanno rappresentato il Canada in occasione del Sinodo del 1990 sulla Formazione sacerdotale. Il 22 maggio 1986 è stato nominato arcivescovo coadiutore di Toronto, succedendo al cardinale Carter il 17 marzo 1990. Membro della Commissione Teologica e per quattro anni del gruppo pastorale della Conferenza Episcopale Canadese, ha anche ricoperto la carica di presidente della Commissione per i Migranti. Arcivescovo emerito di Toronto, 16 dicembre 2006, Giovanni Paolo II lo crea cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 1998, del Titolo dei Ss. Marcellino e Pietro.
Del cardinale Ambrozic ricordiamo le parole da lui pronunciate durante la Giornata mondiale della gioventù a Toronto nel luglio 2002: “Gesù Cristo – disse durante una Messa con i giovani - è il centro dell’umanità e della storia, e solo in Lui trovano senso e compimento i nostri ideali e le nostre aspirazioni. Lui è la luce, Lui è l’amore. Un amore che siamo chiamati a testimoniare nel mondo”.
◊ Una benedizione del Papa alla “diletta nazione croata”, che tra pochi giorni festeggia un importante anniversario religioso. È quanto si evince dalla lettera con la quale Benedetto XVI nomina il cardinale Josef Tomko suo inviato speciale per le celebrazioni che ricorderanno, il 4 settembre prossimo, i 600 anni del miracolo eucaristico di Ludbreg. E simile nei contenuti è anche la lettera di nomina pontificia per il cardinale Giovanni Battista Re, che rappresenterà il Papa al Congresso eucaristico nazionale di Ancona, in programma dal 3 all’11 settembre. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Senza l’Eucaristia non possiamo essere veri cristiani e la stessa Chiesa non può edificarsi per la salvezza degli uomini”. Lo afferma Benedetto XVI in un passaggio in latino della lettera di nomina al cardinale Tomko e certamente deve averlo ben compreso – con l’impatto che solo un tale prodigio può esercitare – il sacerdote che 600 anni fa, mentre celebrava Messa dubitando in cuor suo sulla verità della transustanziazione, si vide trasformare quello che stringeva tra le mani in un calice colmo di sangue. Da quel lontano 1411, il “miracolo eucaristico di Ludbreg” è oggetto di venerazione per i fedeli croati, che nel corso dei secoli sono stati testimoni di innumerevoli guarigioni ottenute mentre erano in preghiera davanti alla reliquia. Lo stesso Benedetto XVI vi aveva fatto cenno tre mesi fa, il 5 giugno, durante la Messa celebrata a Zagabria davanti a migliaia di famiglie cristiane. “Cari genitori, - aveva detto in quella circostanza – impegnatevi sempre ad insegnare ai vostri figli a pregare, e pregate con essi”:
“Avvicinateli ai Sacramenti, specie all’Eucaristia – quest’anno celebrate i 600 anni del ‘miracolo eucaristico di Ludbreg’; introduceteli nella vita della Chiesa; nell’intimità domestica non abbiate paura di leggere la Sacra Scrittura, illuminando la vita familiare con la luce della fede e lodando Dio come Padre”.
Mentre in Croazia, il 4 settembre prossimo, si festeggerà questo importante anniversario, il giorno prima, ad Ancona, avrà avuto inizio il 25.mo Congresso eucaristico nazionale italiano. Vi sarà dunque una stretta correlazione fra le due sponde dell’Adriatico, con i partecipanti all’importante raduno marchigiano invitati – al pari di quelli croati – a riflettere con chiarezza sul “peso peculiare del Sacramento della Carità nella vita e nell’opera di ogni credente”, secondo quanto scrive Benedetto XVI nella lettera con la quale nomina il cardinale Giovanni Battista Re suo inviato al Congresso eucaristico. Congresso che sarà concluso dal Papa stesso, l’11 settembre, quando si recherà in visita ad Ancona.
Una storia antica ritorna anche in una terza lettera del Pontefice, che nomina il cardinale Renato Raffaele Martino suo rappresentante alla celebrazione del Millenario dell’Abbazia della Santissima Trinità di Cava, anch’essa in programma il 4 settembre. L’Abbazia fu fondata da Sant’Alferio, un nobile salernitano, che nel 1011 si diede alla vita eremitica nella grotta Arsicia. L’afflusso di molti discepoli rese necessaria la costruzione di un monastero, che nei secoli successivi custodì le vite di numerosi Santi e Beati. A costoro fa riferimento Benedetto XVI nella lettera al cardinale Martino, auspicando che il loro esempio serva a “suscitare nei fedeli un più fervente senso religioso, una fede più salda e più certi propositi”.
◊ Benedetto XVI ha indirizzato una lettera al cardinale Renato Raffaele Martino suo Inviato speciale alla celebrazione del millenario dell'Abbazia della Santissima Trinità di Cava, in programma il 4 settembre 2011. Nel Messaggio al porporato, il Papa evoca il millenario della fondazione dell’Abbazia cavense e il felice sviluppo del monastero stesso, dal quale sono sorti altri cenobi per la diffusione dei precetti di San Benedetto e dei doni di grazia del Salvatore. Il Papa ricorda i tanti monaci vissuti nella Badia, distintisi per santità, dottrina ed operosità, che nel corso dei secoli hanno dato lustro al monastero e dispensato alla popolazione aiuti spirituali e materiali. E’ dunque opportuno - si legge nel testo - commemorare l’evento millenario, soprattutto per suscitare nei fedeli un più fervente senso religioso, una fede più salda e più certi propositi. Con il favore misericordioso del Signore – aggiunge il Papa – nel prossimo mese di settembre sarà fatta memoria dei mille anni dell’Abbazia, con la partecipazione numerosa di monaci e fedeli. Nella circostanza del millenario – si legge ancora – l’Inviato speciale esprimerà ai presenti e alla famiglia benedettina la benevolenza del Pontefice e l’esortazione a perseguire l’originaria pietà monastica e a mantenerne i benefici precetti. (A cura di Marina Vitalini)
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Ciudad Bolivar (Venezuela), presentata da mons. Medardo Luis Luzardo Romero, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Ulises Antonio Gutiérrez Reyes, dei Mercedari, finora vescovo di Carora. Mons. Ulises Antonio Gutiérrez Reyes è nato in Pedregal, arcidiocesi di Coro, il 29 aprile 1951. Ha compiuto gli studi filosofici nel Monastero di Santa María de El Puig a Valencia in Spagna e quelli teologici nel Seminario Santa Rosa de Lima di Caracas. È stato ordinato sacerdote a Coro il 27 dicembre 1977. Come sacerdote ha svolto successivamente i seguenti incarichi: parroco a Maracaibo, amministratore del Collegio Tirso de Molina a Caracas, incaricato del Seminario Mercedario a Caracas, provinciale del suo Ordine dal 1994 al 2000, rettore fondatore del Seminario Mercedario a Palmira nella diocesi di San Cristobal. Nominato vescovo di Carora il 5 dicembre 2003, ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 27 febbraio 2004.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nevers (Francia), presentata da mons. Francis Deniau, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Thierry Brac de la Perrière, finora vescovo ausiliare di Lione. Mons. Thierry Brac de la Perrière è nato il 17 giugno 1959 a Lyon. Ha compiuto gli studi secondari presso l’Externat Saint-Joseph e quelli superiori presso l’Università di Lyon, ottenendo la Licenza in Lettere Moderne. Nel 1982 è entrato nel Seminario Saint-Irénée di Lyon. Nel 1987 ha ottenuto il Baccalaureato in Diritto Canonico e la Licenza in Teologia con uno studio sul Cardinale Newman. È stato ordinato sacerdote il 19 giugno 1988 per l’arcidiocesi di Lyon. Ha iniziato il suo ministero presso la parrocchia di Sainte-Bernadette a Caluire come diacono e, dopo l’ordinazione sacerdotale, anche presso la parrocchia dell’Immaculée Conception a Caluire. Nel 1994 è divenuto parroco di Notre-Dame-du-Point-du-Jour, a Lyon, e nel 1997 parroco anche di Sainte-Anne de Ménival. Oltre a questi incarichi, negli stessi anni, ha svolto il ministero di cappellano diocesano delle Guides de France e di Foi et Lumière. Nel 2001 è divenuto parroco della Sainte-Trinité, e nel novembre del 2002 è stato nominato vicario generale e gli è stata affidata la Formazione Permanente dei giovani sacerdoti. Eletto vescovo titolare di Zallata e nominato ausiliare di Lyon il 15 aprile 2003, è stato consacrato il successivo 25 maggio. In seno alla Conferenza Episcopale francese è membro del Consiglio per i movimenti e le associazioni dei fedeli.
Ex allievi del Papa a Castel Gandolfo: si parla della testimonianza dei giovani a Madrid
◊ Sono ripresi questa mattina, sabato 27 agosto, alla presenza di Benedetto XVI, i lavori del tradizionale seminario estivo del cosiddetto Ratzinger Schülerkreis, il gruppo degli ex allievi di Joseph Ratzinger, riuniti da giovedì scorso nel centro Mariapoli di Castel Gandolfo. L’incontro si è svolto oggi nella Sala della Rocca, del Palazzo pontificio della cittadina laziale. È stata la sofferenza di un’intera generazione a emergere sin dalle prime battute di questo annuale incontro. «La sofferenza della generazione degli anziani - spiega all’Osservatore Romano il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn durante una pausa dei lavori - testimoni di un tempo florido per la Chiesa e costretti oggi a vivere lo spopolamento delle parrocchie. Una vera iniezione di rinnovata speranza è venuta, anche per noi, dalla recente Giornata mondiale della gioventù a Madrid. Abbiamo riflettuto su questo evento, soprattutto su quanto questi giovani hanno dimostrato».
A colpire di più i 40 studiosi, ex allievi di Papa Ratzinger, è stata soprattutto la sensazione di aver colto in questi ragazzi la consapevolezza di essere addirittura «una minoranza rispetto all’universo giovanile - ha detto il cardinale - immerso oggi in un clima relativista e poco incline alla dimensione spirituale. L’aspetto positivo è che essi hanno però mostrato la tenace volontà di testimoniare la loro fede proprio in questo ambiente, tra i loro coetanei». Definiti ormai «la generazione di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI», essi sono visti come l’espressione della «nuova tappa del cammino della Chiesa. Questo — aggiunge il porporato — è stato sottolineato durante i nostri lavori: il loro essersi messi senza esitazione al fianco del Papa. Soprattutto da quando lo hanno visto mettersi al centro del “Cortile dei gentili” e mostrare una straordinaria apertura, molto più di quanto si pensasse». Tra gli obiettivi dell’incontro degli ex allievi, il cardinale ha citato la riflessione sulle modalità di diffusione della fede «in una società secolarizzata ma che si mostra in attesa di ricevere di nuovo il messaggio del Vangelo».
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Antiche bussole di pietra orientate verso Dio: in prima pagina, Ferdinando Cancelli sui ruderi delle abbazie cistercensi nel verde delle campagne inglesi.
In rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione in Libia.
Il lessico del male: in cultura, Anna Foa a proposito della nuova edizione del celebre saggio filologico di Victor Klemperer sul linguaggio del Terzo Reich.
Un articolo di Marco Agostini dal titolo "Il fuoco nascosto dell'Escorial": Pietro in visita a Madrid nella dimora del diacono Lorenzo.
Accattone non muore mai: Emilio Ranzato sul film di Pier Paolo Pasolini, uscito mezzo secolo fa.
Un articolo di Marco Tibaldi dal titolo "Filosofia dei segni": nel 1632 usciva il "Trattato" di Giovanni di San Tommaso.
"Ecco perché non sei morto con noi in Russia": Arturo Colombo su una vignetta di Giuseppe Noello all'indomani della morte di don Carlo Gnocchi.
Nell'informazione, un articolo sull'incontro, a Castel Gandolfo, degli ex allievi di Joseph Ratzinger.
Libia: incertezza sul destino di Gheddafi, forse fuggito in Algeria
◊ In Libia, è ancora caccia a Gheddafi. Dopo la notizia di una sua possibile fuga a Sirte e l’avvio delle trattative a Malta tra i ribelli e le tribù locali fedeli al rais, il Colonnello potrebbe essere ora in Algeria. A rivelarlo, fonti di stampa egiziane. Intanto, dopo una notte di combattimenti la Nato continua anche oggi a bombardare Sirte e Tripoli. Ordine e giustizia sono le priorità da ristabilire nel Paese, secondo il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che ha inoltre sollecitato la comunità internazionale ad intervenire con urgenza per far fronte all’emergenza umanitaria. Il servizio di Linda Giannattasio:
Muammar Gheddafi potrebbe essere in Algeria, raggiunta forse a bordo di una delle 6 auto blindate che nella notte hanno oltrepassato la frontiera. A riferire del passaggio del corteo e' stata l'agenzia egiziana Mena, ma la notizia non e' stata confermata da fonti algerine. Sulla capitale e sulla città di Sirte proseguono i bombardamenti Nato. I ribelli annunciano la conquista dell’aeroporto di Tripoli e guadagnano terreno, ma sacche di resistenza vengono segnalate ancora nella roccaforte lealista di Abu Salim. Sono saliti a oltre 200 i corpi ritrovati senza vita proprio in un ospedale di quest’area, centro degli scontri. Nella zona anche il carcere dove potrebbero essere stati detenuti per un mese tre cittadini italiani, ora liberati, che ieri hanno raggiunto l’hotel Corinthia. Sul fronte internazionale, intanto, Onu, Ue, e Unione africana hanno rivolto un appello alle parti perché evitino ogni rappresaglia, mentre nel Paese il Cnt, Consiglio nazionale transitorio, pensa già al dopo Gheddafi e annuncia di voler riportare l'ordine, evitando il sorgere di milizie selvagge e disarmando la popolazione al più presto.
Per un aggiornamento della situazione sul terreno, Linda Giannattasio ha raggiunto telefonicamente a Tripoli, Cristiano Tinazzi, giornalista freelance:
R. – In questo momento sono tornato ad est di Tripoli, nel quartiere di Souk al Jum. Questa zona è totalmente sotto il controllo delle forze ribelli. Ieri sera, però, qui sono stati portati una decina di prigionieri, presumibilmente libici ed alcuni anche africani. Mi hanno detto che li avevano portati dove prima venivano detenuti i prigionieri politici. Mi sembra che alcuni fossero dell’Africa subsahariana e qualcuno del Corno d’Africa. Sta di fatto che stanno facendo rastrellamenti e controlli.
D. – Oggi si rincorrono le voci su dove possa essere Gheddafi: dopo Sirte, oggi si parla di Algeria. Potrebbe avere un fondamento questa notizia?
R. – Ogni giorno c’è una notizia diversa. Gheddafi è stato situato in tutti i posti possibili, ma in realtà nessuno sa con certezza dove sia. Tra l’altro, Al 'Aziziyah ancora non sono riusciti a conquistarla del tutto: ha una dimensione enorme, di circa 60 ettari e ci sono inoltre delle mine anti-uomo. Personalmente, ne ho trovata una a pochi centimetri da dove stavo camminando. La zona, quindi, non è stata affatto bonificata e probabilmente ci sono dei cunicoli anche in altre zone della città. Nessuno è ancora mai andato lì sotto, quindi potrebbe anche trovarsi sotto ad Al 'Aziziyah.
D. – Sono oltre 200 i corpi trovati morti in un ospedale ad Abu Slim: pazienti morti abbandonati perché i lealisti hanno impedito l’ingresso ai medici. Sapete nulla a riguardo?
R. – Le notizie sono contraddittorie. Avevo addirittura ricevuto delle informazioni per cui si trattava di corpi dei soldati di Gheddafi. I fotografi, invece, mi hanno confermato che non erano libici. Potrebbe anche essere che ci siano morti da entrambe le parti.
D. – Si sa nulla dei tre cittadini italiani che sarebbero stati rinchiusi per un mese nel carcere di Abu Slim?
R. – Li ho incontrati. Sono tre ex militari che lavorano per un’agenzia di sicurezza con sede a Dubai. Hanno detto di aver ricevuto una chiamata via Internet, da una persona che non conoscevano, per andare a Ben Garden ed incontrare lì una persona per motivi di lavoro. Dicono che poi, durante la notte, si sarebbero spostati a Ben Garden e, in quel momento, sarebbero stati presi dalle forze di Gheddafi direttamente dal territorio tunisino e portati in Libia. Ci sono però molti "buchi" nel loro racconto.
D. – Si fa sempre più grave l’emergenza umanitaria. Qual è la situazione, per quanto riguarda questo fronte?
R. – I negozi che erano stati chiusi per più di una settimana, hanno aperto per dare da mangiare alle persone, però si trova davvero poco sugli scaffali. Ieri, per tutto il giorno e per tutta la notte, è mancata l’elettricità in tutta la città. Dal punto di vista sanitario, invece, si registra la mancanza di acqua in alcuni quartieri. Qui dove mi trovo non c’è acqua corrente e questa mancanza si fa sentire davvero molto, perché ci sono 40 gradi e fa caldissimo. Spesso non c’è la linea telefonica e non si riesce a comunicare. Insomma, la situazione è di totale precarietà. (vv)
Crisi internazionale e volontariato al Meeting di Rimini. Intervista con il cardinale Sarah
◊ La dimensione etica non è estranea alla dimensione di mercato. Con questa citazione di Benedetto XVI il ministro dell’economia Giulio Tremonti – ospite al Meeting di Comunione e Liberazione, che si chiude questo pomeriggio con 800mila presenze all’attivo - ha terminato stamattina l’incontro sul destino per l’Europa in tempo di crisi. Il servizio dell’inviata Antonella Palermo:
Preoccupazione e solerzia hanno segnato il tono dell’atteso incontro sui temi delle politiche economiche dell’Europa di fronte a una crisi globale. Ad aprire Mario Mauro, capogruppo Pdl al Parlamento europeo, sgomento sull’approssimazione con cui si tratta il rapporto tra potenzialità dell’Ue e suo potere effettivo. “Il problema cruciale è che l’Ue da sola non basta – ha detto – c’è bisogno che ciascun cittadino senta propria la logica dell’interdipendenza”. Quattro le azioni urgenti indicate da Gianni Pittella, vicepresidente del Parlamento europeo, affinché l’Ue contribuisca al superamento della difficile congiuntura: non solo sacrifici ma promuovere politiche di crescita (in particolare finanziando la ricerca e la formazione dei giovani); costruire l’unione fiscale dell’Europa senza la quale l’euro non regge; creare un’agenzia di rating indipendente in Europa; rafforzare la vigilanza sui mercati finanziari. Tutto questo attraverso un Parlamento europeo più robusto. Sulla necessità di salvare le banche che aiutano gli investimenti di famiglie e indutrie e non quelle che alimentano speculazioni finanziarie è tornato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il quale ha rassicurato che non c’è ancora il game over della crisi sebbene siano stati commessi errori pensando che si trattasse solo di un ciclo. Sulla Grecia, Tremonti ha detto che la crisi è una crisi di sistema ma appartiene al passato. Da sostenere con forza - dice - sono gli eurobond che consentono di combinare il rigore dei bilanci nazionali e lo sviluppo del nostro continente.
Al Meeting di Rimini si è parlato anche di volontariato internazionale, considerando che al mondo ci sono più di un miliardo di persone che fanno volontariato. Per spiegare questi numeri Alberto Piatti, segretario generale della fondazione Avsi, ha rimesso al centro il tema dell’edizione di quest’anno: la ricerca di certezza del cuore umano in questo mondo nichilista. “Rifiutare il gesto - ha detto - significa rinunciare a una nostra certezza”. Nel ricordare l’appuntamento di novembre con il Santo Padre, in occasione della chiusura dell’Anno del volontariato voluto dall’Onu, il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, ha sottolineato che oggi il volontariato è “la linfa vitale dei programmi di sviluppo e della cooperazione internazionale”. Al microfono di Antonella Palermo ha poi sottolineato la specificità del volontario cristiano:
R. – Un cristiano dovrebbe portare Gesù Cristo nella sua attività e se si propone come volontario questo deve essere per lui un momento di testimonianza della sua fede, del suo rapporto con Gesù Cristo perché porta l’amore agli altri, ma questo amore non viene da lui, viene da Gesù Cristo: va ad aiutare gli altri ma va con Qualcuno che è dentro di lui, che è Gesù Cristo. Il volontariato dovrebbe essere un momento di testimonianza, di fede, e al tempo stesso un’esperienza della fede da vivere con altre persone che credono. Penso che il volontariato sia un’attività laica, sociale, umanitaria, che diventa anche momento di testimonianza e di fede.
D. – Quale deve essere la testimonianza del volontario cristiano?
R. – Penso che ogni volontario che parte a nome di una comunità ecclesiale, dovrebbe manifestare coerenza tra la sua vita di cristiano e la sua attività. I cristiani devono mostrare che la Chiesa è anche presente nei momenti difficili dell’uomo: quando c’è una catastrofe la Chiesa è presente perché dove soffre l’uomo, Dio soffre con lui, e noi cristiani dobbiamo mostrare che portiamo Dio che soffre e che viene ad esprimere la sua compassione. Penso che dovremmo riflettere sul modo di vivere il volontariato. So che adesso c’è più tendenza a trasformare il volontariato in una professione, una professione dove si insista sulla competenza - che è normale perché se vogliamo essere efficaci è necessario essere competenti -, però senza dimenticare che ciò che importa è l’uomo che vogliamo aiutare, non soltanto materialmente ma anche spiritualmente.
D. – In quali contesti problematici del mondo il Pontificio Consiglio Cor unum si è prodigato di più finora e in quali pensa di compiere nuovi progetti a breve termine?
R. – Noi veniamo in aiuto soprattutto nei casi di terremoto, di tsunami, di crisi umanitarie… Abbiamo aiutato, ultimamente, Haiti e il Giappone. Dove l’uomo è provato la Chiesa deve essere presente e noi siamo presenti a nome del Santo Padre per mostrare che la Chiesa è con chi soffre e chi ha difficoltà. Adesso per esempio abbiamo mandato alcuni aiuti in Somalia.
D. – Come aiutare le tante persone che stanno giungendo sulle coste dell’Italia dall’Africa?
R. – Penso che non deve essere soltanto un lavoro della Chiesa ma un’espressione di solidarietà di tutti i popoli europei. Anche se gli africani vanno altrove devono trovare un’accoglienza. Penso che se vengono in Europa è perché nei loro Paesi soffrono e forse soffrono perché c’è tanta ingiustizia economica. (bf)
Perdonanza Celestiniana. Il priore di Bose: il perdono umanizza la società
◊ Si rinnova domani e domenica all’Aquila la centenaria tradizione della “Perdonanza Celestiniana”, con la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria: si tratta di un evento collegato all’elezione di Papa Celestino V verso la fine del XIII secolo. Domani alle 18, nel Piazzale di Santa Maria di Collemaggio, il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, presiederà il rito di apertura della “Porta Santa” e la Santa Messa stazionale concelebrata dai vescovi di Abruzzo e Molise. Domani l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, presiederà alle 18.00 la Santa Messa stazionale di conclusione della Perdonanza e il rito di chiusura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio. Ma qual è il significato della “Perdonanza Celestiniana”? Fabio Colagrande lo ha chiesto al priore della Comunità Monastica di Bose, Enzo Bianchi, che proprio stasera terrà nella Basilica di Collemaggio una Lectio divina sul perdono:
R. - Noi abbiamo bisogno del perdono: la nostra società è una società che ha difficoltà a perdonare, anche nel quotidiano. Allora questa memoria del perdono, questo poter iniziare una vita nuova, questo ricominciare che ci dà solo il perdono rappresenta veramente una dinamica di cui l’uomo e la vita spirituale hanno bisogno. Altrimenti nelle nostre vite, c’è una vecchiezza non soltanto che incombe, ma che finirebbe per consumarci, non permettendoci mai di essere creature nuove in Cristo. Grazie al suo perdono e alla sua misericordia, ci concede di ricominciare da capo una vita nuova.
D. - Ma apparentemente non c’è spiegazione alla logica del gesto gratuito del perdono: è un’offerta fatta addirittura a chi ha osteggiato il donatore…
R. - Per forza, è Gesù che ci ha insegnato così. Gesù ha ammonito: “Fate del bene a quelli che vi fanno del male”; “Pregate per quelli che vi perseguitano”; “Amate i vostri nemici”; “Perdonate fino a 70 volte 7”. Qui è lo specifico del cristianesimo: in nessun’altra religione c’è questa centralità della misericordia e del perdono come all’interno della religione cristiana. Per noi dovrebbe davvero essere una fonte per la nostra vita, per il nostro vivere quotidiano perdonare sempre gli altri e - come diceva Giovanni Paolo II - “facendo entrare il perdono nel concetto di giustizia”. Questo non soltanto - sempre secondo le parole di Giovanni Paolo II - a livello personale, ma anche a livello politico, nei rapporti tra Stati: a questo si deve assolutamente arrivare, in modo da garantire un’umanizzazione per tutti e in ogni rapporto internazionale. Fu una parola profetica, direi un accrescimento, una novità nel Magistero che arrivava a declinare che “opus iustitiae pax”, “opera della giustizia è la pace”: ma in quella giustizia ci deve essere il perdono! (mg)
Memoria di Santa Monica. Il cardinale Antonelli: una donna che insegna l'amore intelligente
◊ La Chiesa celebra oggi la memoria di Santa Monica, madre di Sant’Agostino, donna dalla fede salda e modello di sposa cristiana. La si ricorda particolarmente preoccupata per il figlio, che amava i piaceri, mirava con orgoglio al successo ma era tormentato dalla ricerca della verità. Pur legata ad Agostino, Monica è stata capace di distaccarsene serenamente quando, dopo averlo visto battezzato, percepisce la pienezza della sua vita in Dio. Morta ad Ostia nel 387, pare proprio il 27 agosto, le sue reliquie oggi sono custodite a Roma, nella Chiesa di Sant’Agostino in Campo Marzio, dove questo pomeriggio, alle 18.30, presiederà la solenne Messa pontificale a lei dedicata il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Tiziana Campisi ha chiesto al porporato quali spunti di riflessione offre la figura di Santa Monica nel mondo attuale:
R. – Per prima cosa mi pare che dica molto sulla necessità della preghiera, della pazienza, dell’amore “intelligente” che bisogna avere in famiglia. Sant’Agostino ricorda tante volte nelle Confessioni l’intensità, la perseveranza nella preghiera di questa donna per ottenere da Dio la conversione del marito che era pagano e anche per ottenere da Dio la conversione del figlio Agostino. Seconda cosa, la pazienza: ha subito molte amarezze, molte delusioni, forme di irascibilità del marito, però lei era così abile, così intelligente da non prenderlo mai di punta, da non correggerlo o da non ribattere immediatamente; se mai doveva fare osservazioni le faceva quando la tempesta era passata. Un modo intelligente, per questo dico anche amore “intelligente”. Lo stesso con il figlio. Non ha cercato di legarlo in tutti i modi a sé, ne ha rispettato pienamente la libertà, ma nello stesso tempo lo ha accompagnato sempre con la preghiera e quando ha potuto anche con la vicinanza fisica.
D. – Nel contesto sociale di oggi la figura di Monica come può aiutare la donna?
R. - Fa comprendere l’importanza, la necessità della presenza femminile, sia nella famiglia sia anche nella società e nella Chiesa. Monica è madre nei confronti di Agostino nel senso che non solo lo ha generato fisicamente, ma lo ha generato anche spiritualmente, e con lui gli altri, perfino il marito. Una maternità spirituale, dunque, che è fondamentale per la crescita umana e cristiana delle persone. In fondo, questo a me sembra essere il ruolo più necessario della donna nella Chiesa e nella società: essere maestra di rapporti umani, testimone e maestra di fede, di amore, di vita di comunione.
D. – In che modo la figura di Santa Monica avvicina a Dio?
R. – Questo coraggio, questa forza, questa creatività nei rapporti, questa sua presenza discreta, intelligente, ma anche continua, molto assidua, questa sapienza di vita la riceve da Dio in definitiva, e allora in lei - lo dice Sant’Agostino stesso - le persone che la avvicinavano vedevano la presenza di Dio. Credo che questo sia importante. La donna, ma non solo la donna, il cristiano in generale, la famiglia cristiana, deve tornare ad essere un luogo di spiritualità, di preghiera, di amore reciproco, di amore verso tutti, in modo che si veda, si tocchi con mano che Dio è presente, che Cristo è presente. Gli uomini di oggi hanno bisogno di vedere che Cristo è vivo, che Cristo è presente. (bf)
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
◊ In questa 22.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù annuncia ai discepoli che dovrà essere messo a morte. Pietro lo rimprovera per queste parole, ma il Signore a sua volta lo sgrida perché non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini. E aggiunge:
“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Domenica scorsa il Vangelo terminava con l’elogio di Pietro e la promessa di farlo il custode delle chiavi del Regno. Oggi la scena e il luogo sono gli stessi, ma tutto sembra cambiato. Davanti a Gesù che annuncia ormai prossime mortali insidie dei capi, Pietro reagisce rimproverando Gesù per il pessimismo. Evidentemente Pietro ha capito poco di Gesù, non ha capito soprattutto che il suo potere e la sua gloria passano per altre strade, non per quelle degli onori, ma per il dolore e la morte. Si può confessare che Gesù è il Figlio di Dio, e poi non capirlo quando parla di umiliazione, perché in mente ci sono altre categorie: successe a Pietro, può succedere a noi. La logica di Dio è altra. Neppure fra i discepoli era chiara: perché continueranno a pensare in termini di gloria e di successo. Portare la croce, perdere la vita, rinnegare se stessi: sono parole dure, eppure Gesù le ripete più volte, sfidando i discepoli di ieri e di oggi. In troppi andavano e vanno dietro a Gesù senza pensare come lui, ma illudendosi di poter mettere insieme Vangelo e arricchimento, successo e croce, latrocini e carità. Ma ci siamo mai domandati se la nostra coerenza cristiana è autentica, o invece è solo formalità e apparenza, gioco di ipocrisia comoda?
India. Chiesa cattolica data alle fiamme nello Stato dell’Andra Pradesh
◊ Ennesimo episodio di violenza anticristiana in India: due giorni fa, ma la notizia è stata diffusa solo oggi, la chiesa Mother Mary, di rito cattolico-malankarese, a Secundrabad, nello Stato indiano dell’Andra Pradesh, è stata data alle fiamme. L’altare, la croce, le Bibbie, i paramenti sacri e perfino i libri dei canti e il sistema di diffusione audio: tutto distrutto. Nulla è stato risparmiato dalla furia del fuoco appiccato da ignoti alla Mother Mary, già finita quattro anni fa nel mirino degli estremisti indù del Bajrang Dal. Solo qualche giorno prima di questo nuovo attacco, inoltre, aveva subito danni a causa delle forti piogge, ma due parrocchiani l’avevano ripulita con amore. Nella stessa località un’altra chiesa è stata dissacrata poco tempo fa, in occasione della solennità dell’Assunta. La situazione dei luoghi di culto cristiani non è migliore in altri Stati della Confederazione indiana: nel Karnataka, ad esempio, guidato dal partito nazionalista indù Bharatiya Janata, prosegue la stretta delle autorità che obbligano tutte le denominazioni pentecostali di Chikmagalur e i centri di preghiera cristiani di Mangalore a registrarsi presso gli uffici di polizia e a presentare rapporti dettagliati sulle proprie attività, in palese contrasto con le norme di una nazione laica, come ha rilevato più volte il Global Council of Indian Christians. Con il pretesto di fornire protezione, infine, le forze dell’ordine avevano invitato già mesi fa i 75 pastori della zona, esclusi i sacerdoti cattolici, a specificare il numero dei missionari e il totale degli aiuti economici ricevuti: una direttiva poi lasciata cadere in seguito alle proteste dei fedeli. (A cura di Roberta Barbi)
I vescovi argentini: quando una donna è incinta non si parla di una vita ma di due
◊ La Chiesa argentina ha riconfermato con un documento la sua posizione a favore del diritto alla vita, respingendo le proposte di legge che promuovono la legalizzazione dell'aborto, e ha chiesto inoltre che la discussione su questa delicata questione non provochi “divisione nella società argentina”, ma anzi dovrebbe eliminare “tutte le forme di violenza e aggressione”. Lo riferisce l’agenzia Fides. In una dichiarazione del Comitato permanente della Conferenza Episcopale, presieduto dal cardinale Jorge Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, i vescovi hanno ribadito che "l'aborto non è mai una soluzione" e hanno ricordato che "quando una donna è incinta, non si parla di una vita, ma di due" e "entrambe devono essere preservate e rispettate". I vescovi, riunitisi la scorsa settimana, nella dichiarazione giudicano positivamente la decisione del governo di estendere il beneficio del "Contributo Universale per il figlio" (assegno familiare) alle donne in gravidanza a partire dal terzo mese, e la interpretano come un gesto a difesa del valore della vita umana. "Apprezziamo le iniziative recentemente intraprese in materia di protezione della vita nelle donne in gravidanza. Si tratta di una priorità assoluta per proteggere le mamme in attesa, in particolare coloro che sono in uno stato di marginalità sociale o di gravi difficoltà al momento della gravidanza" si legge nella dichiarazione dei vescovi intitolata "Non una vita, ma due". Per evitare il ripetersi di un clima conflittuale come quello che ha caratterizzato il dibattito sulla legge sul cosiddetto “matrimonio tra omosessuali”, la Chiesa chiede che i termini usati nella discussione sulla depenalizzazione dell'aborto "devono avere il massimo rispetto, eliminando ogni forma di violenza e di aggressione, in quanto questi atteggiamenti non sono all'altezza del valore e della dignità che promuoviamo". Mostrandosi disposti ad "ascoltare, seguire e capire ogni situazione", i vescovi affermano che "una decisione legislativa che consideri come positiva la depenalizzazione dell'aborto avrebbe delle conseguenze legali, culturali ed etiche". Inoltre la legge, come base del sistema giuridico, ha "un senso pedagogico per la vita della società.
Elezioni in Liberia. I vescovi: scegliere persone che si pongano al servizio del Paese
◊ Un accorato appello a guardare alle prossime elezioni in Liberia come ad un momento cruciale dello sviluppo democratico del Paese; un esame attento della realtà sociale della nazione africana; una riflessione sulle speranze della popolazione, alla luce della religione cattolica; un questionario per trasmettere un’educazione civica di base agli elettori. Racchiude tutto questo la Lettera pastorale che i vescovi della Liberia hanno pubblicato recentemente, in vista delle elezioni presidenziali e legislative in programma per l’11 ottobre. Il documento, a firma di mons. Lewis Jerome Zeigler, arcivescovo di Monrovia e presidente della Conferenza episcopale liberiana (CEL), parte da una premessa: “Le prossime elezioni sono cruciali per la stabilità della nazione e serviranno anche a testimoniare la maturità della popolazione come corpo politico”. Per questo, i vescovi ricordano che “è necessario comprendere il significato della democrazia”, perché “eleggere significa scegliere una persona che si ponga a servizio del Paese. Quindi, sia l’elettore che l’eletto devono agire seguendo principi etici”. Poi, la lettera passa ad esaminare gli aspetti più critici della realtà del Paese, indicandone sette in particolare: la povertà, sempre più estesa; le divisioni etniche, che impediscono ai cittadini di sentirsi davvero parte di un’unica nazione; i personalismi della politica, che portano a singoli favoritismi, contrari al bene comune; i terribili riti dei sacrifici umani, contrari alla dottrina cristiana; la grave crisi economica e sociale che impedisce alla Liberia di avere un ruolo rispettabile a livello internazionale. E ancora, i vescovi puntano il dito contro la piaga dell’analfabetismo, “un fattore che impedisce lo sviluppo nazionale”, invitando la popolazione a darsi da fare in prima persona: “Chi sa leggere e scrivere deve aiutare chi non lo sa fare e chi non sa leggere e scrivere deve voler imparare da chi lo sa fare”. Infine, l’ultima criticità della Liberia indicata dai presuli – ultima, ma non per questo meno importante – è la corruzione che, “come l’aria, è presente ovunque, nelle case, sul posto di lavoro, nelle comunità, nelle parrocchie, nei partiti politici, nel governo”. Ma nonostante tutto, l’invito della Chiesa è a sperare: “La speranza – si legge nella lettera – renderà la popolazione in grado di guardare al cambiamento, un cambiamento lento, certo, ma necessario nella vita delle persone. La speranza darà ai liberiani la forza di chiedere una gestione trasparente dei fondi pubblici, di vedere la giustizia nella prospettiva in cui nessuno potrà essere al di sopra della legge e di credere ancora nelle capacità del governo”. Per questo, affermano i presuli, “il processo elettorale è così cruciale, dall’inizio fino alla fine. Rispettiamo, quindi, le scelte che faranno coloro che eserciteranno il diritto di voto con coscienza e guardando al bene del Paese”. Alcune raccomandazioni, poi, vanno anche ai futuri vincitori delle elezioni: “Chi sarà eletto – spiegano i vescovi – dovrà sentirsi pronto e determinato ad essere un leader patriottico, a servizio del Paese. Un vero vincitore è sempre umile e rispettoso e la sua leadership deve assicurare continuità e coesistenza pacifica alla popolazione, insieme a progressivi miglioramenti nella vita della nazione”. D’altronde, sottolinea la Chiesa liberiana, “l’umiltà è il segno distintivo di un vero leader, grazie al quale si è consapevoli che servire un Paese è opera di Dio e l’opera di Dio deve essere svolta in modo onesto, trasparente, zelante ed amorevole”. Di qui, l’appello a tutti i liberiani “ad amare la nazione, piuttosto che i partiti, ad essere leali nei confronti di tutto il Paese e non dei singoli individui, ad essere in prima linea nell’affrontare lo sviluppo e la stabilità di tutti, a parlare meno e ad agire di più”. E ancora: la CEL invita a “cancellare dal vocabolario e dalla mente il linguaggio della guerra e di ogni genere di violenza”, poiché “avere elezioni libere e corrette aiuterà la Liberia a porsi in modo stabile sulla via della pace e dello sviluppo”. Infine, la Lettera pastorale si conclude con un questionario che aiuta i cittadini a riflettere, in modo pratico, sul significato del voto. In particolare, il questionario ricorda che ci sono diversi tipi di voto: quello “patriottico” che ha come obiettivo il bene della nazione; quello “di partito”, che non guarda al programma presentato dei candidati, ma solo al loro colore politico; quello “contro”, che vuole penalizzare un determinato schieramento a vantaggio di un altro; il voto “etnico” che mira a favorire determinati gruppi; quello “pregiudiziale” che esclude a priori alcuni candidati in base ad alcuni criteri soggettivi, e il voto “apatico”, di coloro che non hanno opinioni personali. I vescovi invitano, quindi, i cittadini a dare un senso al proprio diritto-dovere elettorale, affidando poi la Liberia all’intercessione della Maria, Madre di Dio. (A cura di Isabella Piro)
La Caritas svizzera: lottare contro povertà e xenofobia
◊ È necessario trovare soluzioni nel campo della politica sociale e migratoria e nel settore della cooperazione e dello sviluppo. È l’appello che la Caritas Svizzera lancia al Parlamento e al Consiglio federale che usciranno vincitori dalle elezioni del prossimo 23 ottobre. In una nota diffusa oggi, la Caritas sottolinea tre sfide cruciali per il Paese: al primo posto, l’importanza di “dimezzare la povertà in una nazione ricca come la Svizzera. Ciò è possibile adottando misure politiche che favoriscano la formazione dei lavoratori, moltiplicando le possibilità di integrazione sociale e professionale per i disoccupati a lungo termine e stabilendo un regolamento giuridico equilibrato per il sussidio sociale minimo”. D’altronde, continua la Caritas, “la politica di lotta alla povertà non dovrebbe nemmeno permettere alla povertà stessa di instaurarsi”. La politica sociale, quindi, “deve basarsi sugli investimenti per il futuro e non limitarsi solo alle spese. Evitare la povertà, in fin de conti, è economicamente più efficace che assumersene finanziariamente le conseguenze”. La seconda sfida che il nuovo Parlamento dovrà affrontare, dice ancora la Caritas, è quella delle migrazioni, in cui bisogna “evitare il propagarsi di discorsi xenofobi e smetterla di lesinare sul diritto d’asilo”. Riguardo alla terza sfida, ovvero la riduzione del divario tra nord e sud del Paese, la Caritas invita la futura amministrazione a conservare la percentuale dello 0,5% del reddito nazionale lordo da destinare agli aiuti allo sviluppo. Infine, la nota conclude: “La Caritas non fa raccomandazioni di parte. Piuttosto, il suo obiettivo è di dare agli elettori dei criteri e delle informazioni sufficienti perché possano valutare i candidati e i partiti cui dare il proprio voto”. (I.P.)
Pakistan. Oltre un milione di fedeli attesi al pellegrinaggio al Santuario di Mariamabad
◊ In Pakistan, oltre un milione di fedeli sono attesi dal 9 all’11 settembre all’annuale pellegrinaggio al Santuario nazionale di Mariamabad, nell’arcidiocesi di Lahore, per celebrare la solennità della Natività di Maria, l’8 settembre. Per tre giorni, fedeli di ogni età, sacerdoti, religiosi, famiglie si riverseranno da tutto il Paese nel villaggio situato a 200 chilometri da Islamabad per rendere omaggio alla Vergine e chiedere la sua intercessione. Il massiccio numero di pellegrini atteso anche quest’anno accresce le preoccupazioni degli organizzatori che temono possibili attacchi terroristici da parte di gruppi islamisti radicali. “L’anno scorso – ha spiegato all’agenzia Ucan padre Asraf Gill responsabile della sicurezza dell’evento – i metal detector all’ingresso del Santuario si sono guastati più volte. A peggiorare la situazione sono state le numerose interruzioni di corrente che hanno messo a rischio l'incolumità dei pellegrini". Per fare fronte alla minaccia di attentati, gli organizzatori hanno predisposto quindi ulteriori misure di sicurezza in coordinamento con la polizia: “200 giovani e una trentina di donne – ha detto padre Ashraf - sorveglieranno vari punti per controllare qualsiasi movimento sospetto e sono stati distribuiti cartelli per avvertire i pellegrini che sarà vietato portare pentolame, armi e droghe nell’area del Santuario”. I pellegrinaggi a al Mariamabad si svolgono ininterrottamente dal 1949 e furono iniziati da un missionario cappuccino belga. La Madonna di Mariamabad ha oggi molti devoti e negli anni ha richiamato un numero crescente di pellegrini anche non cristiani. I pellegrini sono accolti nella cosiddetta Terra di Maria, Medan e Mariam, dove si svolgono poi i diversi momenti di preghiera, le messe, l’adorazione eucaristica, ma anche la proiezione di film di contenuto religioso. I tre giorni di celebrazioni iniziano con una processione con la statua della Vergine che viene portata per le strade della zona toccando i villaggi limitrofi per poi tornare al punto di partenza dove viene incoronata. A guidarla quest’anno sarà il nunzio apostolico in Pakistan, l’arcivescovo venezuelano Edgar Pena Parra, mentre quattro vescovi concelebreranno l’Eucaristia mattutina. (A cura di Lisa Zengarini)
Kenya. 5 condanne e 4 assoluzioni per l’assassinio del missionario irlandese Jeremiah Roche
◊ Tre condanne a morte, due condanne a 14 anni di reclusione e quattro assoluzioni. Si è concluso così il processo contro i nove uomini accusati dell’omicidio di padre Jeremiah Roche, il religioso irlandese della Società missionaria di San Patrizio ucciso nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 2009 nella sua abitazione a Kericho, nella parte sud-occidentale del Kenya. Il sacerdote, a cui erano stati rubati un computer portatile, due telefonini e denaro in contante, era stato legato e torturato prima di essere ucciso. Dei nove accusati, riferisce l’agenzia cattolica Cna, tre sono stati riconosciuti direttamente colpevoli della sua morte, mentre altri due sono stati condannati per ricettazione. Il tribunale di Kericho ha invece assolto gli altri quattro per non avere commesso il fatto. Soddisfazione per la rapida chiusura del caso è stata espressa da Fratel Diall , vice-responsabile regionale per l’Africa orientale della Società di San Patrizio il quale ha però precisato che “come missionari cristiani siamo totalmente contrari alla pena capitale perché siamo contro qualsiasi atto di violenza. La pena di morte è ancora in vigore in Kenya, ma non viene applicata dal 1987. Fratel Diall ha anche ribadito la sua vicinanza alla famiglia e ai parrocchiani del sacerdote assassinato. Padre Roche era giunto in Kenya nel 1968 ed era attivamente impegnato nella pastorale per i più bisognosi. Nei mesi precedenti la sua morte stava lavorando al completamento di una nuova chiesa. (L.Z.)
Ruanda. Estrazione di gas metano nel Lago Kivu: potenzialità e rischi
◊ È tutto pronto in Ruanda per l’estrazione del gas metano dal Lago Kivu: l’installazione galleggiante che permetterà di prelevare il gas a 80 metri di profondità, nonché la centrale di trasformazione in energia, sono state inaugurate l’altro ieri a Karongi, in riva al lago, 150 chilometri a ovest dalla capitale Kigali. Alla cerimonia d’inaugurazione – riferisce la Misna - hanno partecipato il segretario di Stato per l’Energia, Colette Ruhamya, e i rappresentanti della ‘Contourglobal’, l’azienda statunitense titolare del progetto, che gode del sostegno finanziario della Banca Mondiale. Se nelle intenzioni del governo il gas del Lago Kivu dovrebbe permettere di aumentare i rifornimenti di energia per la popolazione, perlopiù concentrata in aree rurali, è già in atto un dibattito sulla futura ripartizione dell’energia prodotta: finora alla sola capitale Kigali, che conta solo un decimo della popolazione totale (circa 11 milioni di abitanti) va l’80% delle capacità energetiche del paese. Altro punto di discordia, la posizione geografica delle riserve di metano: il Lago Kivu segna il confine naturale tra il “paese delle mille colline” e il suo immenso vicino, la Repubblica Democratica del Congo, invasa durante la guerra e con la quale intrattiene spinose relazioni. Se il presidente congolese Joseph Kabila intrattiene buoni rapporti con il suo omologo ruandese Paul Kagame, la popolazione delle province congolesi del Nord e Sud-Kivu denuncia le continue ingerenze e incursioni di ruandesi nel loro territorio. Esisterebbe un’intesa tra Kinshasa e Kigali per lo sfruttamento del gas del Kivu e, dal versante congolese, lo sfruttamento del prezioso metano potrebbe cominciare nel 2013. Ma a preoccupare – nota la Misna - non sono solo questioni economiche o politiche: diversi esperti scientifici hanno messo in guardia contro i pericoli dell’estrazione di idrocarburi dal Lago Kivu. Se una fuga dovesse far arrivare il gas in superficie, l’effetto sarebbe simile a quello di una bottiglia di birra agitata, ha spiegato il professore George Kling, dell’Università del Michigan. Potrebbero essere intossicati molti dei circa 2 milioni di abitanti dei dintorni del lago. I rischi non sono solo dovuti a eventuali malfunzionamenti dell’impianto estrattivo: l’area conta infatti diversi vulcani attivi che provocano frequenti movimenti tellurici.
Canada. Colletta per i bisogni della Chiesa: appello dei vescovi
◊ Il prossimo 25 settembre, in Canada, si svolgerà la Colletta per i bisogni della Chiesa del Paese. In vista di questo appuntamento, la Conferenza episcopale locale (CCCB) ha pubblicato una lettera in cui si invitano i fedeli a contribuire con generosità all’iniziativa. Nella missiva, a firma di mons. Pierre Morissette, presidente della CCCB, si ricorda che “ne va della sopravvivenza dei servizi di cui dispone attualmente la Chiesa per compiere la sua missione in tutto il mondo” e per “accrescere la sua presenza ed il suo operato sia a livello nazionale che internazionale”. Per far comprendere meglio ai fedeli le finalità della colletta, la lettera è accompagnata da note esplicative su tutti i progetti che la CCCB porta avanti: in particolare si sottolinea l’impegno della Chiesa canadese nel campo della giustizia sociale, in cui “un’attenzione speciale viene riservata alle tante situazioni di ingiustizia che prevalgono nella Repubblica democratica del Congo e alla povertà che affligge un gran numero di persone là come altrove”. Un altro campo in cui i vescovi sono particolarmente attivi è quello della tutela della vita e della famiglia: “La CCCB – si legge nella lettera – promuove l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla dignità della persona umana e sul rispetto dovuto alla vita umana in tutte le circostanze e in tutte le tappe del suo sviluppo, dal concepimento fino alla morte naturale”. Infine, la missiva ricorda che i vescovi canadesi sono attivi anche nel settore ecumenico ed interreligioso, in quello dottrinale e in quello liturgico, tanto che “la CCCB sta lavorando attualmente alla nuova versione in inglese e in francese del Messale romano”. (I.P.)
Cresce in Messico il ruolo della stampa cattolica
◊ Settanta periodici diocesani con una tiratura media mensile di 650.000 copie. Questi i numeri della stampa cattolica in Messico che, negli ultimi anni, ha fatto registrare un incremento di pubblicazioni. Se ne è parlato recentemente anche nel corso del convegno nazionale su «L’identità della stampa cattolica». Lo riferisce L’Osservatore Romano. «Si tratta — ha detto padre Antonio Camacho Muñoz, segretario esecutivo della Commissione per la pastorale della comunicazione sociale (Cepcom), della Conferenza episcopale messicana — di una tiratura importante con una forza enorme che credo stiamo sottovalutando». Il sacerdote ha sottolineato la possibilità e la necessità «di creare una rete di periodici cattolici, di pagine in rete e di un portale cattolico dei periodici e delle riviste distribuite nelle diocesi del Messico».Il recente convegno, oltre ad aver analizzato gli aspetti teologici e le strategie di distribuzione dei media cattolici, ha consentito ai numerosi partecipanti di conoscere più da vicino la stampa cattolica, individuando i criteri a cui ispirarsi e come essa è distribuita nel Paese. «Uno degli obiettivi da realizzare al più presto — ha spiegato il presidente della Cepcom, monsignor Luis Artemio Flores Calzada, vescovo di Valle de Chalco — è quello di creare una rete di periodici diocesani che ci aiuti a migliorare la nostra presenza nei confronti dei fedeli e che sostenga i periodici diocesani nel loro compito di informare e formare il popolo di Dio. Quanto all’obiettivo della rete — ha proseguito — occorre creare una comunione interna tra i media cattolici della carta stampata. Non solo, bisogna anche creare una presenza nel mondo, visto che la Chiesa cattolica ha un messaggio da comunicare e la stampa è un mezzo per annunciare il Vangelo e per illuminare gli eventi che accadono nella nostra nazione». Per i responsabili delle testate diocesane è necessario poter contare su una rete di sostegno tra i vari settimanali, quindicinali e mensili che si pubblicano nelle diocesi del Paese e, allo stesso tempo, di poter contare su una presenza giornalistica di portata nazionale che dia voce alla Chiesa e possa partecipare al dibattito pubblico. «Sappiamo benissimo — hanno detto — che il potere della stampa cattolica consiste nell’annunciare il Vangelo, esso è un potere ben diverso da quello degli altri media. Le “armi” a nostra disposizione — hanno proseguito — sono Cristo e il Magistero della Chiesa. L’unicità della stampa cattolica consiste nell’informare sulla vita della Chiesa e, allo stesso tempo, formare i cittadini ai valori del Vangelo e a tutelare la vita e la famiglia». Secondo i responsabili delle testate cattoliche, per raggiungere l’unità interna dei giornali dovrebbe essere costruita, tra le altre cose, una rete di giornali cattolici, ma anche un giornale cattolico unico nel Paese, alimentato e supportato da internet. Non solo, occorre stabilire un codice deontologico del giornalista cattolico, un programma di questioni nazionali e di preghiera comune, per illuminare il lavoro della stampa diocesana. «La proposta di un sito web — hanno spiegato — potrebbe accelerare l’unificazione dei giornali diocesani. Il giornale cattolico ha il dovere di formare la coscienza delle persone verso il bene comune e la possibilità di diventare un attore importante nel dialogo pubblico». Padre Camacho Muñoz si è detto fiducioso del futuro della stampa cattolica. «Siamo fiduciosi che la formazione professionale aumenterà notevolmente la qualità dei nostri contenuti e il contributo all’evangelizzazione nel contesto della Missione Continentale. Non siamo soli, ci sono molte persone che stanno lavorando e, soprattutto, il Signore è con noi».
Aperta a Montecassino la Settimana nazionale di formazione e spiritualità missionaria
◊ È stata inaugurata ieri a Montecassino la nona Settimana nazionale di formazione e spiritualità missionaria che, ricorda la Fides, è utile alle comunità ecclesiali italiane per approfondire le tematiche scelte per l’animazione missionaria nel nuovo anno pastorale che si apre. Il tema dell’appuntamento di quest’anno, che si chiuderà il 31 agosto prossimo, è: “Testimoni di Dio, testimoni della misericordia”, perché “i cristiani sono sempre più chiamati a essere testimoni di Dio in circostanze anche difficili o avverse”, ha spiegato don Gianni Cesena, direttore dell’Ufficio per la Cooperazione missionaria della Cei che organizza l’evento al quale sono invitati a partecipare i membri degli uffici e dei centri missionari diocesani, i responsabili missionari di istituti e congregazioni maschili e femminili, gli operatori di ong e onlus. “La testimonianza è rimando a un Altro, non deve attirare l’attenzione sul testimone – chiarisce l’obiettivo della Settimana don Cesena – solo chi ha fatto esperienza della misericordia, tuttavia, può annunciare l’incredibile misericordia del Signore”. (R.B.)
Annuale convegno nazionale dei teologi italiani a Torino sul tema "Eucaristia e Logos"
◊ Si riuniranno dal 29 agosto al 2 settembre prossimo i teologi italiani, che per il loro convegno annuale del 2011 hanno scelto Alpignano, in provincia di Torino, come location per omaggiare il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. L’appuntamento, giunto alla 22esima edizione, quest’anno sarà dedicato a “Eucaristia e Logos. Un legame propizio fra la teologia e la Chiesa” e il tema sarà declinato in due filoni principali: la centralità dell’Eucaristia e come abbia inciso nel pensare la fede, ma anche nell’arte, nella mistica e addirittura nel rapporto tra uomo e donna all’interno del matrimonio, perché la comunione che fonda la vita di coppia è essa stessa immagine dell’Eucaristia; ma anche l’annuncio cristiano della fede in relazione all’Eucaristia, annuncio inserito nel contesto del mondo contemporaneo, segnato dal post moderno e dalla globalizzazione. Il convegno sarà anche l’occasione giusta per rinnovare il vertice dell’Associazione teologi italiani (Ati) che riunisce 320professionisti che studiano e insegnano la teologia dogmatica in Italia, dei quali 240 sono sacerdoti e 80 laici. All’evento parteciperanno, tra gli altri, il presidente uscente dell’Ati, mons. Piero Coda, che introdurrà i lavori, l’arcivescovo emerito di Torino, il cardinale Severino Poletto, e l’arcivescovo della città, mons. Cesare Nosiglia, che officeranno le celebrazioni quotidiane che consentiranno ai partecipanti, oltre che di discuterne, di vivere l’Eucaristia in prima persona. (R.B.)
A San Marino una mostra di opere dai Musei Vaticani
◊ In continuità con la visita del Papa nella Repubblica, nel giugno scorso, la mostra “L’uomo, il volto il Mistero. Capolavori dai Musei Vaticani” resterà aperta nel Museo statale di San Marino fino al 6 novembre prossimo. L’esposizione, riporta l’agenzia Zenit, curata dal direttore Antonio Paolucci, ospita alcune opere provenienti dai Musei Vaticani, come la famosa Testa di Atena, raro originale greco del V secolo prima dell’era cristiana, e il Busto di Antinoo, capolavoro della scultura del II secolo. Presenti anche due volti in terracotta del III secolo, alcuni ritratti di Flavio Giuliano e della moglie Simplicia Rustica, esempi di ritrattistica a mosaico del IV secolo, e altri di Pietro e Paolo istoriati su ampolle d’argento e risalenti al V secolo. La mostra include anche dipinti di Guercino e Guido Reni, il cui San Matteo è stato scelto come logo dell’evento, e opere di Francesco Messina e Fausto Pirandello. Da non dimenticare, infine, il Ritratto d’uomo del Bernini. L’itinerario artistico è accompagnato da importanti momenti di riflessione: nel corso della Storia, infatti, mentre l’uomo indagava sulla sua identità partendo dal Volto, è avvenuto un evento senza pari, l’Incarnazione. Cristo ha rivelato, con il suo Volto, quello del Padre. Da quel momento “il dramma dell’uomo è stato quello di scegliere se accettare o rifiutare tale riconoscimento – suggerisce l’Osservatore Romano - perché se il singolo, per essere padre, si deve innanzitutto accettare come figlio, il tentativo di imitare il ‘modello’ diventa incontro con il Mistero”. (G.I.)
Usa, l'uragano Irene minaccia New York ma perde forza
◊ L’uragano "Irene" nella sua inesorabile corsa su North Carolina, Florida e New England ha perso parte della propria potenza ed è stato declassato a categoria 1. Mantiene tuttavia una forte pericolosità con venti ad oltre 150 chilometri orari. Massima allerta in tutte le principali città della costa orientale, dalle quali sono state evacuate complessivamente circa 2 milioni di persone. Il servizio è di Stefano Leszczynski:
Anche se toccando terra ha perso parte della sua potenza, "Irene" fa ancora paura. Un uragano di portata "storica" lo ha definito il presidente Usa, Barack Obama. "Irene" ha un raggio vastissimo – grande quanto la California – con venti che oscillano tra i 150 e i 160 km/h. Sono almeno 65 milioni le persone che potrebbero subire gli effetti della tempesta; 14 miliardi di dollari i danni stimati. Il presidente Obama, che ha concluso anticipatamente le vacanze, si è rivolto alla popolazione spiegando che la situazione va presa “molto seriamente: se serve evacuare – ha detto agli americani – fatelo, senza indugiare”. A New York, il sindaco Bloomberg ha ordinato l'evacuazione obbligatoria dei quartieri costieri, come Battery Park a Manhattan e Coney Island a Brooklyn, coinvolgendo oltre 250 mila residenti, e lo stop dei trasporti pubblici. Ottomila in tutto i voli cancellati. A destare particolare preoccupazione è inoltre la presenza lungo il versante della costa est di una decina di centrali nucleari e di diversi impianti per la raffinazione del petrolio.
Attentato in Algeria: almeno 18 i morti
Circa 18 persone sono morte e una decina sono rimaste ferite in un attacco compiuto da due kamikaze in Algeria. Nel mirino, la mensa di una scuola militare a Chercell, di fronte alla quale i due attentatori a bordo di una motocicletta si sono fatti saltare in aria. Dall'inizio del Ramadan, considerato dai diversi gruppi islamici un momento propizio per la jihad, la guerra santa, si sono moltiplicati il numero dei loro attentati nel Paese.
Siria: dissidenti uccisi dalle forze di sicurezza. Cina, bozza di risoluzione all’Onu
Non si arresta la violenza in Siria. Due dissidenti sono stati uccisi dalle forze di sicurezza durante i cortei di protesta in varie città del Paese. Secondo quanto rivelano gli attivisti, i militari avrebbero sparato sulla folla che usciva dalle moschee a Qusair e a Latakia. La Russia, intanto, ha presentato ieri all’Onu una bozza di risoluzione sulla Siria che non prevede sanzioni contro il regime di Bashar el Assad, misure sollecitate invece dai Paesi europei. Le due bozze sono sul tavolo del Consiglio di sicurezza e la Russia ha minacciato di esercitare il suo diritto di veto se la proposta europea verrà messa ai voti.
Yemen: sette morti e diversi feriti in scontro armato
Sette soldati yemeniti sono morti e altri sei sono rimasti feriti in uno scontro durato diverse ore con uomini armati di Al Quaida , nella provincia di Abyan, nel sud dello Yemen. Il conflitto armato è avvenuto nei pressi di Dofes, area che da fine maggio è nelle mani della rete terroristica.
Afghanistan, 10 morti in un’esplosione a Helmand
Nuovo attacco in Afghanistan. Un'autobomba è esplosa a Lashkar Gah, capitale della provincia di Helmand, nel sud del Paese, provocando la morte di almeno 10 persone, tra cui 6 poliziotti e 4 civili. L’attacco, non lontano dalla sede della banca di Kabul e a circa 50 metri dell'ufficio del governatore della provincia.
Pakistan: 36 morti in scontri con i talebani nel nord del Paese
E' salito ad almeno 36 morti, tutti agenti di sicurezza, il bilancio degli scontri con i talebani nella regione tribale di Chitral, nel nordovest del Pakistan. Lo ha reso noto il ministro dell'Informazione della provincia di Khyber-Pakhtunkwa, precisando che almeno 15 militanti sono morti nei combattimenti.
Indonesia, sette persone periscono in un naufragio
Almeno sette persone sono morte e numerose altre disperse dopo il naufragio in mare di un traghetto nell'arcipelago delle Sulawesi, in Indonesia. Al momento sarebbero stati tratti in salvo 95 passeggeri, secondo quanto reso noto dal Ministero dei trasporti, o 93 per le autorità portuali, mentre sono ancora in corso le ricerche dei dispersi. Il naufragio, le cui cause non sono ancora chiare, è avvenuto a 24 km al largo del porto di Kolaka, dove era diretta l’imbarcazione, salpata dal porto di Bajoe.
Cile: 14.enne muore nelle dimostrazioni di protesta. I familiari accusano la polizia
Un ragazzo di 14 anni è morto ieri per un colpo d'arma da fuoco a Santiago del Cile, durante una dimostrazione di protesta in uno dei cortei studenteschi mobilitatisi nel Paese. La famiglia del giovane punta il dito contro la polizia, ma le Forze dell’ordine negano una diretta responsabilità nell'accaduto. Da oltre tre mesi, infatti, in Cile si susseguono manifestazioni contro le agevolazioni e il sostegno finanziario di cui godono le università private nel Paese.
Messico: quattro vittime in una miniera di carbone
Quattro minatori sono rimasti uccisi nel crollo di una miniera di carbone nel nord nello Stato di Coahuila, in Messico. Al momento dell'incidente, le cui cause non sono state chiarite, lavoravano nella miniera Esmeralda altri 132 operai. Intanto, il governo messicano ha offerto una ricompensa di 30 milioni di pesos (circa 1,7 milioni di euro) a chi fornirà informazioni utili a catturare i responsabili dell’incendio di giovedì scorso nel casinò di Monterrey, nel nord del Paese.
India: accordo possibile sul caso Hazare
Il governo e l’opposizione indiani avrebbero accettato stamattina alcune condizioni poste dall’attivista Anna Hazare per terminare lo sciopero della fame iniziato il 16 agosto, in segno di protesta contro la corruzione nel Paese. Sarebbe stato, infatti, raggiunto un accordo sulla bozza di legge che istituisce un'agenzia indipendente (Lokpal) per punire i corrotti. Lo rivela la televisione Ibn-Cnn.
Giappone: Naoto Kan abbandona la presidenza del Partito democratico
Il primo ministro giapponese, Naoto Kan, criticato per la gestione incerta e confusa del post-terremoto, ha abbandonato ieri la presidenza del Partito democratico, lasciando di fatto anche le sue funzioni di capo del governo. Cinque i principali candidati in lizza: tra i favoriti, Seiji Maehara, ex ministro degli Esteri, che promette lo stop al nucleare per il 2030.
Cina: tre persone estratte vive dalla miniera di carbone allagata giovedì
Tre persone sono state tratte in salvo dopo 100 ore da una miniera di carbone che si è improvvisamente allagata martedì scorso nella Provincia cinese di Heilongjiang, intrappolando 26 operai. I soccorritori sono riusciti a estrarre oltre 56 mila metri cubi di acqua e il livello è sceso sotto i 10 metri. Dai primi accertamenti, sembra che l'allagamento sia stato provocato da un errore umano. (Panoramica internazionale a cura di Linda Giannattasio e Giorgia Innocenti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 239