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Sommario del 26/08/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • In Argentina la colletta Mas por Menos per aiutare i poveri. Il Papa: per Dio conta anche la donazione più piccola
  • La nuova evangelizzazione al centro del seminario degli ex allievi del Papa, il "Ratzinger Schülerkreis"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Gheddafi localizzato a Sirte: tornado britannici bombardano il suo bunker
  • Israele-Gaza: la Jihad islamica annuncia una tregua unilaterale
  • L'Unione Africana si mobilita contro la fame in Somalia, Etiopia e Kenya
  • Pakistan. Paul Bhatti: diritti uguali per musulmani e cristiani, no alle discriminazioni
  • Meeting di Rimini: intervista con il cardinale Tettamanzi
  • Neonati contagiati dalla Tbc al Gemelli: saliti a 16 i casi
  • Pellegrinaggio della diocesi di Roma a Lourdes guidato dal cardinale Vallini
  • Chiesa e Società

  • I vescovi Usa favorevoli al provvedimento che blocca le espulsioni di immigrati irregolari
  • Appello dei vescovi della Florida per la concessione della grazia a un condannato a morte
  • El Salvador: liberi per una formalità i militari ricercati per la strage dei Gesuiti nel 1989
  • La Chiesa in Sri Lanka: indagare sulla scomparsa di numerosi cattolici durante la guerra civile
  • Rapito il figlio dell’ex governatore del Punjab ucciso perché contro la legge sulla blasfemia
  • Turchia. Erdoğan al pranzo dell’Iftar con i rappresentanti delle minoranze religiose
  • L'Acnur lancia la campagna per la riduzione degli apolidi: 12 milioni di persone senza cittadinanza
  • Sud Sudan. Seminario cattolico di formazione per nuovi agenti pastorali nel Paese
  • Perdonanza Celestiniana all'Aquila il 28 e 29 agosto
  • Terra Santa. A Madaba si preparano le celebrazioni per il martirio di San Giovanni Battista
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nigeria. Attentato alla sede dell’Onu di Abuja: una ventina i morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    In Argentina la colletta Mas por Menos per aiutare i poveri. Il Papa: per Dio conta anche la donazione più piccola

    ◊   Domenica 11 settembre in tutte le Chiese dell’Argentina si svolgerà la 42.ma edizione della colletta “Mas por Menos”, un’iniziativa volta a raccogliere fondi per le famiglie bisognose del Paese che continuano a vivere in condizione di povertà estrema. Per l’occasione il messaggio di Benedetto XVI, che esorta la popolazione ad "una risposta generosa", ricordando che anche "il più piccolo dono ha valore per Dio". Il servizio di Cecilia Seppia:

    Dare di più a chi ha di meno superando la rassegnazione e l’indifferenza, essere uniti per eliminare la piaga della povertà. E’ questo lo spirito che anima la tradizionale colletta "Mas por Menos" in Argentina che quest’anno si svolge sul tema “Con il tuo aiuto scegli la vita” e i cui frutti verranno distribuiti tra 25 diocesi, dove la gente vive senza casa, senza cibo, né accesso all’acqua potabile. In questa donazione - afferma il Papa nel messaggio inviato a suo nome dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone a mons. Adolfo Uriona, vescovo di Añatuya e presidente della Commissione episcopale di Aiuto alla Regioni più bisognose,- deve trovarsi quella "carità divina che è capace di staccarsi anche dal necessario per soccorrere il fratello, quella carità – prosegue il Pontefice - che non si mostra solo in alcune occasioni isolate, ma deve penetrare profondamente nella vita del cristiano, conformandolo al Dio dell’amore di cui siamo chiamati ad essere immagine e testimonianza”. Benedetto XVI esorta dunque all’unione dei fratelli che è segno della più forte e intima unità con Dio, e ad una risposta generosa, concreta ed efficace, certi come ci insegna il Signore nel Vangelo che anche la donazione più piccola può fare la differenza. Quindi Benedetto XVI ha raccomandato il buon esito dell’iniziativa a Nostra Signora di Luján, patrona del popolo argentino, supplicandola di sostenere con la sua amorosa protezione tutti coloro che vi partecipano. L’invito alla solidarietà arriva dai vescovi argentini che parlano della colletta Mas por Menos come di uno spazio creato per compensare la mancanza di equità sociale, nonostante i numerosi piani sociali e governativi. D'altra parte la povertà, come è emerso dal Primo Congresso Nazionale della Dottrina Sociale della Chiesa che si è svolto a maggio a Rosario, resta la sfida più importante in Argentina, così come il dialogo tra le parti, necessario per superare la frammentazione e promuovere lo sviluppo integrale della persona. Lo scorso anno la campagna ha raccolto poco meno di 11 milioni di pesos, circa 2 miliardi di euro che sono serviti per costruire abitazioni, mense comunitarie e microimprese.

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    La nuova evangelizzazione al centro del seminario degli ex allievi del Papa, il "Ratzinger Schülerkreis"

    ◊   È iniziato ieri, a Castel Gandolfo, il tradizionale seminario estivo degli ex allievi di Benedetto XVI, il cosiddetto “Ratzinger Schülerkreis”, che terminerà domenica 28. I partecipanti, circa 40, discuteranno sul tema della nuova evangelizzazione e il Papa stesso interverrà con una relazione introduttiva nella giornata di domani. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La “vecchia” generazione accademica al fianco della “nuova”, per ritrovarsi a riflettere assieme: sia coloro per i quali il prof. Ratzinger è stato docente e diretto interlocutore, sia coloro che si sono formati sui suoi testi. È oggi il giorno in cui – nel Centro Mariapoli di Castel Gandolfo che lo ospita – il gruppo storico del “Ratzinger Schülerkreis”, fondato nel 1977, si unisce ai membri del nuovo, costituitosi quattro anni fa. Docenti, parroci, religiosi, religiose, laici: una quarantina di persone di diverse parti del mondo, tra le quali spiccano i nomi del cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, del vescovo ausiliare di Amburgo, Hans-Jochen Jaschke, del segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Barthélémy Adoukonou. A tenere banco, fino a domenica prossima, sarà il tema della nuova evangelizzazione e domani lo stesso Benedetto XVI introdurrà i lavori con una breve relazione. La parola poi passerà alla teologa tedesca Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, docente di Filosofia della religione all’Università di Dresda, che approfondirà il tema “Parlare ad Atene di Gerusalemme. Parole di Dio in un mondo che resiste”, quindi sarà la volta di Otto Neubauer, direttore dell’Accademia per l’Evangelizzazione della Comunità Emmanuel a Vienna, autore della relazione intitolata “Una evangelizzazione sempre nuova – dove la povertà diventa un ponte verso gli uomini”. Domenica, dopo la Messa con il Papa e la partecipazione all’Angelus, la conclusione del seminario vedrà una libera discussione fra vecchi e nuovi ex allievi.

    Da quando, ormai quasi 35 anni fa, il neo arcivescovo di Monaco e Frisinga, Joseph Ratzinger, prese parte al primo di questi incontri – tradizionalmente a porte chiuse – di strada ne è stata fatta molta e il filo non si è interrotto nemmeno dopo la fumata bianca del 19 aprile 2005, che ha portato l’antico professore sul Soglio di Pietro. Ogni anno, è il Papa stesso a decidere il tema dello Schülerkreis in una rosa di tre argomenti, e quello del 2011, la nuova evangelizzazione, è qualche modo un preludio all’incontro che Benedetto XVI avrà, il 15 e 16 ottobre prossimi in Vaticano, con i rappresentanti delle realtà ecclesiali impegnate nell’ambito della nuova evangelizzazione in Occidente, e – in una prospettiva più ampia – anche in vista della 13.ma Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi che nell’ottobre 2012 sarà incentrata proprio su “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”.

    La questione di un nuovo annuncio del Vangelo in ambiti in cui esso tende a essere confinato o dimenticato è in cima alle priorità dell’attuale Pontificato. “Ci troviamo di fronte allo scontro tra due mondi spirituali, il mondo della fede e il mondo del secolarismo”, afferma Benedetto XVI nel libro-intervista “Luce del mondo”. “Noi – soggiunge – dobbiamo soprattutto cercare di fare in modo che gli uomini non perdano di vista Dio”. A partire da chi in Dio crede e dovrebbe rendersene testimone, come disse il 30 maggio scorso il Papa, alla prima plenaria del dicastero della Nuova Evangelizzazione:

    “Oggi, purtroppo, si assiste al dramma della frammentarietà che non consente più di avere un riferimento unificante; inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede. (…) Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità”.

    A curare l’organizzazione dei seminari annuali dello Schülerkreis è il religioso salvatoriano Stephan Horn, presidente della "Joseph Ratzinger — Papst Benedict XVI — Stiftung", la Fondazione civile intitolata al Pontefice che ha sede Monaco di Baviera e che, dal 2007, si occupa di promuovere gli studi dell’allora prof. Ratzinger, di diffondere la sua teologia e la sua spiritualità, oltre che di pubblicare i libri di Benedetto XVI. Dal primo marzo 2010, anche in Vaticano esiste un’omonima Fondazione con i medesimi obiettivi di quella tedesca.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Ettore Gotti Tedeschi dal titolo “L’orizzonte di Noè”: per una vera soluzione della crisi.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione in Libia e nel Corno d'Africa.

    In cultura, Pier Paolo Ottonello sull’eterna lotta tra benessere e felicità.

    Un articolo di Oddone Camerana dal titolo “Così vicini così nemici”: realtà e violenza nella letteratura e nella vita.
    Giorgio Vasari ministro della Cultura: Antonio Paolucci su una mostra, a Firenze, nel cinquecentesimo anniversario della nascita dell'architetto degli Uffizi nonché biografo degli artisti del suo tempo.

    L’inventore dello snob: Marco Testi su William Makepeace Thackeray, fustigatore della società del suo tempo, nato duecento anni fa.

    Sorprendenti incontri nella città d’agosto: Silvia Guidi sul giallo “Chi ha ucciso Sarah?” di Andrej Longo.

    Che ci fa Garibaldi in mezzo ai santini?: Stefania Colafranceschi sulla mostra, a Piombino, “Amor di Patria e Amor di Dio”.

    Nessuno può vivere in Cristo senza gli altri: nell'informazione religiosa, Fratel Alois sulla partecipazione dei fratelli di Taizé alla Giornata mondiale dei giovani a Madrid. Nell'informazione vaticana, sempre sulla Gmg, interviste di Gianluca Biccini ai cardinali Ouellet e Rylko.

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    Oggi in Primo Piano



    Gheddafi localizzato a Sirte: tornado britannici bombardano il suo bunker

    ◊   In Libia, dopo la conquista di gran parte di Tripoli, gli insorti si apprestano ad attaccare Sirte, città natale di Gheddafi dove, secondo fonti della presidenza francese, si starebbe nascondendo in queste ore il colonnello. Intanto il Consiglio Nazionale di Trasizione incassa l’ok delle Nazioni Unite per lo sblocco di beni libici per 1,5 miliardi di dollari. Il punto nel servizio di Marco Guerra:

    La caccia a Gheddafi si sposta a Sirte, città costiera dove si sono concentrate le ultime truppe fedeli al colonnello. Questa mattina tornado britannici hanno attaccato un vasto bunker dell’ex rais. Fonti dell’Eliseo hanno localizzato il leader libico in questa roccaforte lealista che al momento è presidiata da almeno 1500 miliziani e diversi carri armati. Fatto sta, però, che Gheddafi finora è sempre riuscito a sfuggire ai ribelli che, più di una volta, hanno dato la sua cattura per cosa fatta. Ieri sera l’ennesima diffusione di un audio-messaggio in cui il colonnello esorta il popolo a “purificare Tripoli dai ribelli”. E oggi nella capitale le forze fedeli a Gheddafi hanno bombardato l'aeroporto, mentre gli insorti si apprestano ad assaltare Abu Salim, l’ultimo quartiere controllato dai fedelissimi del regime. Ma la gran parte della città è ormai controllata dai ribelli che vi hanno, infatti, trasferito il loro quartier generale. E sul fronte politico continua il processo di accreditamento del nuovo governo presso le istituzioni internazionali. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha sbloccato 1,5 miliardi di dollari di beni libici per la ricostruzione del Paese, scongelati anche i fondi in diversi Paesi occidentali che hanno risposto all’appello lanciato dal nuovo capo dell’esecutivo Jibrill. In particolare si intensificano i rapporti con gli storici partner Europei. Ieri l’incontro di Jibrill con Berlusconi. Mentre in Francia si intensificano le voci di un’imminente visita in Libia del presidente Sarkozy e del premier britannico Cameron.

    Il fronte della guerra in Libia si è dunque spostato verso Sirte, ma a Tripoli e nei pressi dell’aeroporto continuano a verificarsi degli scontri. Per un aggiornamento della situazione sul terreno Cecilia Seppia ha raggiunto telefonicamente nella capitale Cristiano Tinazzi, giornalista freelance:

    R. – La situazione, oggi, è relativamente tranquilla, è un giorno di preghiera. In questo momento mi trovo davanti all’Hotel Corinthia: i giornalisti che, nei giorni scorsi, erano stati sequestrati e poi fortunatamente liberati sono stati portati proprio qui. Ci sono stati dei rumori come di bombardamenti, sicuramente da parte della Nato, verso la zona di Buslim ed anche sporadici combattimenti.

    D. – A proposito dei giornalisti, si sa niente sul loro rientro in Italia?

    R. – Sarebbero dovuti partire questa mattina, alle 10, con una nave cargo che li avrebbe portati a Malta e poi in Italia. Però al momento stanno ancora aspettando. Questa nave doveva arrivare già ieri ma poi non è arrivata. Teoricamente, dovrebbero essere in Italia nel tardo pomeriggio di oggi.

    D. – Gheddafi è stato localizzato dalle truppe francesi a Sirte. Che notizie si hanno a tal proposito?

    R. – Le solite notizie che poi non trovano conferma. Probabilmente sarà stato portato in quelle zone, che sono ancora sotto la sua influenza, dove ci sono ancora legami tribali molto solidi e che lo difenderanno fino alla fine.

    D. – Teatro di guerra, in questo momento, è Sirte: ci sono anche i tornado della Royal Air Force che stanno bombardando un bunker, almeno secondo quanto si apprende dalle agenzie...

    R. – Sì. Il fronte si sposta ogni volta in un luogo diverso. Stanno cercando in tutti i modi di facilitare l’entrata dei ribelli nelle ultime roccaforti di Gheddafi. Poi rimarrà il tratto di costa che collega Zawia alla Tunisia ed il sud della Libia, ossia Saba, che si trova ancora sotto il controllo del colonnello.

    D. – Per quanto riguarda Tripoli, invece, non si capisce ancora bene se sia stata completamente conquistata dai ribelli o ancora no...

    R. – Non è stata ancora conquistata del tutto dai ribelli. Rimane parte del quartiere di Buslim, si combatte nella periferia, verso l’aeroporto, dove c’è stata una forte resistenza. Il fatto che poi tutto il resto della città sia sotto il controllo dei ribelli non vuol dire che essa sia sicura.

    D. – Nonostante sembri che la situazione stia evolvendo nettamente a favore dei ribelli, la gente continua a fuggire da Tripoli e dalle altre zone di guerra, mentre a Bengasi è arrivata un’altra nave dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni per evacuare gli stranieri intrappolati nel Paese. Sono ancora molti?

    R. – Sì. Tra l’altro ho ricevuto notizie da un’associazione che si occupa dei rifugiati eritrei che mi ha chiesto di fare dei controlli a Tripoli, perché gli immigrati africani vivrebbero situazioni abbastanza gravi. Mi hanno chiesto di controllare in una zona della città perché ci sarebbero degli eritrei tenuti prigionieri da parte dei ribelli in alcuni appartamenti e sarebbero da giorni privi sia di acqua sia di cibo. (vv)

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    Israele-Gaza: la Jihad islamica annuncia una tregua unilaterale

    ◊   Le fazioni della Jihad islamica della Striscia di Gaza hanno annunciato un cessate il fuoco unilaterale a partire dalla mezzanotte di oggi. A favorire l’accettazione della tregua da parte dei gruppi della Jihad e da parte di Hamas sarebbe stata la giunta militare che guida l’Egitto dallo scorso marzo. Resta comunque alta l’allerta dell’esercito israeliano che è pronto a riprendere i bombardamenti sulla Striscia se gli attacchi dovessero riprendere. Sulle ragioni che hanno portato Hamas a proclamare la tregua sentiamo Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. - E’ il risultato di un allarme: un allarme sia per l’Egitto, sia per Hamas. Di fatti se noi torniamo indietro di qualche giorno e rivediamo - diciamo - mentalmente il filmato dell’attentato a Eilat con gli estremisti che arrivano dal Sinai, da quell’area che fino a poco tempo fa era praticamente smilitarizzata, possiamo trovare una possibile spiegazione: l’Egitto - che oggi ha una situazione un poco più confusa di quando era al potere Mubarak – guidato da una giunta militare, che deve preparare il Paese alle elezioni, non può tollerare un deterioramento pesante della crisi israelo-palestinese; Hamas, d’altra parte, si trova a dover ribadire la sua posizione centrale rispetto ai gruppi della Jihad, proponendo il cessate-il-fuoco unilaterale.

    D. - Quanto fa paura ancora Hamas all’Egitto di oggi?

    R. - All’Egitto molto, ma molto meno di un tempo. Anche perché dopo tutto quello che è accaduto in Egitto sarebbe stato facile per Hamas - se anche a Gaza avesse prevalso la linea più radicale – infiammare completamente il Sinai e quindi trascinare gli israeliani, da una parte, e gli egiziani o le forze armate egiziane, dall’altra, in un conflitto senza fine.

    D. - I palestinesi continuano a portare avanti il loro progetto alle Nazioni Unite per farsi riconoscere come Stato: la Cina ha detto che non si opporrà a questo eventuale sviluppo dello Stato palestinese…

    R. - Non opporsi è una cosa, votare a favore è un’altra! Probabilmente la Cina non si opporrà e potrebbe anche votare a favore, ma la Cina è soltanto uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu… Io credo che le pressioni, ancora una volta, verranno fatte sugli stessi palestinesi e Abu Mazen lo ha già dichiarato più volte, dicendo: “Dateci dei risultati, perché se io non ho risultati è chiaro ed evidente che avrò scarsa legittimità con la mia gente e questo proprio nel momento in cui si stanno ricostruendo le basi per un accordo tra Anp, tra laici e fondamentalisti”. Se non ha qualche risultato è chiaro che il rischio o la possibilità di procedere con l’autoproclamzione è forte. (mg)

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    L'Unione Africana si mobilita contro la fame in Somalia, Etiopia e Kenya

    ◊   Dopo le critiche per la lentezza nella risposta alla crisi del Corno d’Africa, i Paesi membri dell’Unione Africana si sono riuniti ieri ad Addis Abeba per raccogliere fondi per far fronte alla carestia che ha colpito 13 milioni di persone tra Somalia, Kenya, Etiopia e Gibuti. Secondo l'Onu sono necessari almeno due miliardi e 400 milioni di dollari: finora solo il 58 per cento di questa cifra è stato promesso dai Paesi donatori. Perché questa lentezza nella risposta della comunità internazionale, soprattutto da parte dei Paesi africani? A Francesca Sabatinelli risponde Marco Bertotto, direttore di Agire, network di nove Ong attive nel Corno d’Africa.

    R. – C’è stata una lentezza generale di tutti i Paesi donatori. Lentezza in parte giustificata anche da una situazione globale difficile, dalla crisi dei debiti sovrani che ha reso soprattutto alcuni Paesi particolarmente restii ad intervenire in tempi rapidi. I Paesi africani sono rimasti indietro e l’iniziativa della Conferenza dei donatori, organizzata dall’Unione Africana ad Addis Abeba, cerca proprio un coinvolgimento dei Paesi della regione.

    D. – Le varie Ong che fanno parte di “Agire” sono dislocate in vari punti dei Paesi coinvolti. Qual è, attualmente, la situazione che si presenta più drammatica?

    R. – Ci sono diverse situazioni di particolare difficoltà, specialmente nei campi ai confini tra la Somalia e l’Etiopia e tra la Somalia ed il Kenya, dove c’è un congestionamento di presenze, di grandi numeri di persone che sono fuggite e continuano a fuggire dalla Somalia. Lì ci sono condizioni particolarmente difficili da gestire, soprattutto dal punto di vista sanitario come anche della distribuzione dell’acqua potabile e del cibo. C’è una situazione drammatica anche in Somalia, laddove alle problematiche della carestia – che le Nazioni Unite hanno formalmente dichiarato in alcune regioni dell’area centro-meridionale del Paese - si aggiunge anche una difficoltà di accesso per gli operatori sanitari. La sicurezza rimane estremamente precaria, e quindi la possibilità di mettere in piedi delle operazioni su vasta scala è ancora limitata. Il rischio maggiore è che quest’emergenza umanitaria nel Corno d’Africa venga assorbita da un’idea che si rischia di trasmettere di quest’emergenza, ossia che si tratti della classica crisi alimentare in un Paese che è ciclicamente sottoposto a situazioni di siccità e che quindi, in qualche modo, è una crisi sulla quale è impossibile intervenire in maniera efficace. Ma non è così. Il nostro sforzo - ed anche quello delle organizzazioni umanitarie - nella comunicazione di questa crisi è proprio quello di trasmettere l’idea che siamo di fronte ad un disastro di vastissime dimensioni su cui è impossibile non fare qualcosa, ed è perciò indispensabile intervenire con gli strumenti e le risorse che occorrono per salvare delle vite umane. (vv)

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    Pakistan. Paul Bhatti: diritti uguali per musulmani e cristiani, no alle discriminazioni

    ◊   “Il cristianesimo non è mai stato un fatto privato. La comunità cristiana ha il dovere di educare le persone alla costruzione del bene comune”. Così il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni nell’introdurre il tema “Cristiani in politica” di cui si è parlato ieri al Meeting di Rimini. Ospiti di livello internazionale hanno raccontato la propria esperienza: Philip Blond, collaboratore di David Cameron, ha spiegato le difficoltà in Inghilterra di fare politica da cristiani a causa dei pregiudizi verso coloro che manifestano pubblicamente la loro fede. Anche Joseph Daul, presidente del gruppo Ppe al Parlamento europeo, ha ribadito l’importanza di difendere i valori cristiani da chi vuole emarginarli dalla scena pubblica. Acclamatissimo Paul Jacob Bhatti, consigliere del primo ministro del Pakistan per le minoranze religiose che ha parlato delle difficoltà che devono affrontare nel suo Paese i cristiani e le altre comunità religiose non musulmane. Ma cosa è cambiato in Pakistan in materia di tutela dei diritti umani dopo l'uccisione, nel marzo scorso da parte di estremisti islamici, di suo fratello Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze? Antonella Palermo lo ha chiesto allo stesso Paul Bhatti:

    R. – La gente ha perso una guida: tantissime persone, pur non avendone bisogno, si sentivano protette perché lui era presente in tutte le sofferenze dei cristiani o delle minoranze in genere. Avendo perso un leader così, le minoranze si sono sentite senza guida, orfane. A questo si è aggiunto il pensiero che se non si riesce a garantire la sicurezza ad una persona di questo livello, tanto meno potrà essere garantita la sicurezza alla gente del popolo. Il punto positivo è stato che la gente – i musulmani e anche la Comunità internazionale – ha cominciato a capire quale sia il problema reale e a rendersi conto che non si può continuare così e questo crea una certa rivoluzione e uno spirito di solidarietà …

    D. – Lei teme che i venti della Primavera araba porteranno ad un rafforzamento del fondamentalismo islamico con pericolose ricadute sulle minoranze religiose, in particolare sui cristiani?

    R. – Questo potrebbe succedere, perché finché non ci sarà un dialogo interreligioso, non ci sarà rispetto comune per tutte le religioni, queste cose potranno succedere e i cristiani, che sono i più deboli, potranno subirne delle conseguenze.

    D. – Dove in particolare?

    R. – Può succedere nei Paesi arabi, dove i cristiani sono in minoranza, ma anche nei nostri Paesi: in Pakistan, per esempio, dove le minoranze sono composte da cristiani, indù, buddisti … Potrebbe succedere, perché gli estremisti, i fondamentalisti, potrebbero prendere coraggio dalla Primavera araba e prendere spunto da essa ...

    D. – Lei ha detto: “Noi siamo una minoranza religiosa, ma non accettiamo di non essere una minoranza politica!” …

    R. – Sì, certo.

    D. – In che senso?

    R. – Nel senso che non ci dovrebbe essere discriminazione se uno è cattolico, piuttosto che protestante o musulmano: dovrebbe esserci una legge uguale per tutti. La nostra fede religiosa, poi, è una scelta personale: non dovrebbe essere applicata dallo Stato una legge che discrimina i cristiani rispetto ai musulmani. (ma)

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    Meeting di Rimini: intervista con il cardinale Tettamanzi

    ◊   Alle ultime battute il Meeting di Rimini promosso da Comunione e Liberazione: domani la giornata conclusiva. L’appuntamento si sta svolgendo sul tema “E l’esistenza diventa un’immensa certezza”. Ieri il cardinale Dionigi Tettamanzi ha preso parte ad un incontro sulla mostra dedicata a San Carlo Borromeo. La nostra inviata Antonella Palermo gli ha chiesto a quale stile di vita il santo vescovo di Milano chiama gli uomini del nostro tempo:

    R. - Quale stile di vita? Uno stile generoso, disinteressato, contemplativo; uno stile di vita che è molto diverso da quello abituale. Questa è una sfida che dobbiamo avere la saggezza, l’umiltà, ma anche il coraggio di affrontare. La mia opinione è che dobbiamo recuperare uno stile di vita più umano e più evangelico. Continuo sempre a parlare di “sobrietà”, perché - a mio modo di vedere - è la chiave che ci introduce in un cammino di maggiore giustizia e di maggiore solidarietà: la prova c’è nel Fondo “Famiglia e lavoro”, che è stato lanciato nella diocesi di Milano, che ha portato frutti e che continuerà a portare frutti nonostante il cambiamento.

    D. - Qui al Meeting si sta lanciando con coraggio questo tema della fede che dà certezza e solidità alla vita: come accoglie questa iniezione di ottimismo…

    R. - La fede è quanto di più certo viene dato all’uomo, perché la fede rivela il vero volto di Dio, di cui tutti siamo affamati ed assetati, anche se a volte non ce ne rendiamo conto; ma allo stesso tempo rivela il vero volto dell’uomo. Per cui questa certezza davvero diventa la linfa vitale di ogni nostra giornata. E’ una certezza che però il Signore, come Padre di tutti, sa davvero infondere attraverso quella luce che è la luce dell’intelligenza umana e attraverso quel dinamismo che scuote l’esistenza di ciascuno e il dinamismo della propria coscienza.

    D. – Una certezza, tuttavia, che non cancella le preoccupazioni dinanzi alle precarietà determinate da questo periodo di crisi…

    R. - Guai se non ci fossero delle preoccupazioni: noi saremmo fuori dalla realtà! Il credente non è qualcuno che fugge dalla realtà ed entra in un mondo di evasione, ma s’impegna ancora di più nel proprio dovere quotidiano in maniera giusta solidale, aperta agli altri. Il credente è qualcuno che entra più profondamente nella storia, è provocato dalla storia, ma - a sua volta - provoca la storia stessa. (mg)


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    Neonati contagiati dalla Tbc al Gemelli: saliti a 16 i casi

    ◊   Proseguono al Policlinico Gemelli di Roma i controlli sui bambini che potrebbero essere stati contagiati dalla tubercolosi. I casi sono saliti ieri a 16: si tratta di neonati entrati in contatto con un’infermiera poi risultata positiva al test della Tbc. Eliana Astorri ne ha parlato con il prof. Giovanni Fadda, direttore del Laboratorio di Referenza per la tubercolosi per la Regione Lazio e del Dipartimento di diagnostica morfologica al Gemelli:

    D. – Professore, per rassicurare i genitori dei bambini che potrebbero essere stati a contatto con l’infermiera, cosa può dire loro?

    R. – Questi neonati che hanno fatto il controllo e hanno il quantiferon negativo, devono stare tranquilli, perché non succede niente. Ma per quelli che risultassero positivi al quantiferon, il fatto che facciano la profilassi garantisce la loro salute anche in futuro.

    D. – I bambini che sono risultati positivi al test come verranno trattati?

    R. – I bambini che risulteranno positivi al test e che quindi hanno contratto una tubercolosi latente – non una malattia, badi bene: sono stati contagiati ma non sono ammalati …

    D. - … tranne una …

    R. - … tranne una, quindi per quelli che non sono ammalati, e che sono la massima parte, si procede con una profilassi attraverso l’utilizzo di un farmaco che deve essere usato per sei mesi. Perché si fa la profilassi? Perché in questi bambini, che sono stati contagiati ed hanno il test positivo al quantiferon, il trattamento profilattico con isoniazide distrugge i batteri presenti nell’organismo e questo bambino sarà praticamente più sicuro nell’arco della sua esistenza: non succederà più nulla, perché anche la tubercolosi latente in qualche modo viene spenta.

    D. – Ma oggi, i bambini vengono vaccinati?

    R. – Nei Paesi a bassa endemia – come l’Italia – la vaccinazione non è prevista se non in casi eccezionali.

    D. – Le persone che però svolgono il loro lavoro negli ospedali devono essere vaccinate…

    R. – Non c’è l’obbligo di farlo; lo si fa, ma non serve a niente!

    D. – Non è efficace questo vaccino?

    R. – Non è efficace o è efficace in maniera parziale, e quindi non è utile. Per cui, la vaccinazione la si fa soltanto nelle prime fasi di vita, quando vuole essere utile per qualche cosa. Anche chi è vaccinato e viene a contatto con questo microrganismo può sviluppare la malattia. Allora, il problema per la tubercolosi è che quando il microrganismo, che è il mycrobacterium tuberculosis, arriva ad infettare, l’infezione avviene attraverso un contagio con una persona malata, per cui le persone malate che hanno una tubercolosi polmonare aperta e produttiva infettano – possono infettare – quelle persone che in qualche modo vengono a contatto con loro. E’ una trasmissione per via aerea in quanto il paziente che ha una tubercolosi attiva, negli atti della respirazione, parlare, chiacchierare, starnutire, tossire emettono all’esterno queste goccioline di saliva che possono contenere al loro interno il microrganismo responsabile dell’infezione. Tuttavia, quando avviene questo contagio, nel 50 per cento dei casi non succede niente.

    D. – Quindi, essere contagiati non vuol dire ammalarsi?

    R. – Non vuol dire ammalarsi. Nel 50 per cento dei casi, non succede niente. Nell’altro 50 per cento dei casi, per la maggior parte si può instaurare una tubercolosi latente, che significa che quel paziente possiede al suo interno questo microrganismo, anche se la presenza di questo microrganismo non produce nessuna sintomatologia conclamata. Nell’arco della vita dell’individuo che ha una tubercolosi latente, per motivi che riguardano soprattutto l’abbassamento delle difese immunitarie, questo microrganismo può riattivarsi e si può sviluppare una malattia reale. Questa possibilità accade anche a distanza di decenni dal momento in cui si è avuto il contagio. Quindi, chi è contagiato da tubercolosi ed ha una tubercolosi latente, non ha una malattia ma ha la presenza del microrganismo che si evidenzia con i test alla tubercolina o con quantiferon, come stiamo facendo adesso. (gf)

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    Pellegrinaggio della diocesi di Roma a Lourdes guidato dal cardinale Vallini

    ◊   E' iniziato oggi a Lourdes il pellegrinaggio della diocesi di Roma: oltre 2mila i fedeli che saranno guidati dal cardinale vicario, Agostino Vallini, fino al 30 agosto. Il tema del pellegrinaggio è “Pregare il Padre Nostro”. Isabella Piro ne ha parlato con don Marco Vianello, assistente spirituale dell’Opera Romana Pellegrinaggi:

    R. – Il Santuario di Lourdes ogni anno propone un tema, e ha pensato in questi tre anni – dall’anno scorso fino all’anno prossimo, 2012 – una specie di itinerario in tre parti: l’anno scorso era “fare il segno della Croce”, il prossimo anno “pregare il Rosario”, quest’anno un’attenzione alla preghiera del Padre Nostro. Quindi anche attraverso il segno dell’acqua che a Lourdes, ovviamente, ricorda il Battesimo, vogliamo ripercorrere un itinerario spirituale che ci faccia meditare sul nostro essere figli del Padre e riscoprire anche nei dettagli la preghiera del Padre Nostro.

    D. – Questo pellegrinaggio arriva a pochi giorni dalla conclusione della Giornata mondiale della gioventù di Madrid. Quale eredità della Gmg portate a Lourdes?

    R. – Anzitutto, credo che la Gmg abbia una capacità di trasmettere un fervore, una gioia, un entusiasmo che non riguarda solamente i ragazzi che vi partecipano ma anche tutti coloro che in qualche modo possono aver visto o sentito della Gmg stessa in questi giorni. Il Santuario di Lourdes, tra l’altro, è un santuario anche frequentato in gran numero da ragazzi e da giovani. Noi stessi, all’interno del pellegrinaggio diocesano, quest’anno, vogliamo anche avere un’attenzione ai ragazzi giovani attraverso momenti particolari, per loro. La grande eredità è il messaggio che viene dato ai giovani: i giovani cristiani impegnati, partecipi, entusiasti nella Chiesa sono molti più di quanto non sembri, e questo sicuramente va a vantaggio anche del loro cammino di fede, del cammino di fede dei loro gruppi. Per tutti noi, credo che sia in qualche modo un’ulteriore eco di quello che il Papa ci ricorda spesso: che la Chiesa è giovane, non solo per una questione anagrafica, evidentemente, ma anche una sua vitalità interna che, nonostante i periodi di crisi, continua a conservare e a vivere.

    D. – Oggi cosa dice Santa Bernadette al mondo?

    R. – Rilancia, anzitutto, il messaggio della preghiera e poi il messaggio dell’umiltà. Bernadette dopo aver compiuto la sua missione, il suo compito si è subito tirata da parte per non diventare protagonista delle apparizioni di Lourdes; ha voluto aiutarci a riflettere sul fatto che al centro delle grandi cose di Dio non ci siamo noi: c’è Dio, è Lui che "fa". E dunque, noi a volte siamo chiamati ad essere strumenti – “servi inutili”, dice il Vangelo – e poi, una volta reso il nostro servizio, a metterci da parte per lasciare emergere il progetto di Dio che si svolge nella storia della salvezza e, quando tocca i santuari, anche nella geografia della salvezza.

    D. – Qual è il suo auspicio per questo pellegrinaggio?

    R. – Anzitutto, che sia un bel momento di festa. Un pellegrinaggio, sì, è un’esperienza penitenziale nella Chiesa, cioè è un’occasione, un momento di crescita … Però, tutto ciò che è penitenziale nel senso che fa crescere, poi dev’essere anche un’esperienza gioiosa, serena, una crescita della fede, e quindi ci fa bene; e che poi ognuno, anche se siamo tanti, si senta a casa a Lourdes: Lourdes ha questo potere di rendere molto presto famigliari i suoi pellegrini. Ma del resto, dove c’è la Madre – Maria – è facile che si ritrovino i suoi figli e che questi suoi figli si ritrovino dunque a casa. (gf)

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    Chiesa e Società



    I vescovi Usa favorevoli al provvedimento che blocca le espulsioni di immigrati irregolari

    ◊   “Un provvedimento positivo e che largamente rispecchia il punto di vista dei vescovi cattolici americani”: è stato questo il commento espresso da Kevin Appleby, responsabile del Dipartimento per le politiche sulle migrazioni della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), riguardo alla decisione presa nei giorni scorsi dall’amministrazione Obama di sospendere i procedimenti di espulsione a carico degli immigrati irregolari che non pongono alcun rischio per la sicurezza del Paese. Secondo Appleby, riferisce L’Osservatore Romano, “certamente è un diritto del Governo rendere sempre più efficaci le leggi sulla sicurezza”, prendendo provvedimenti nei confronti di chi con il suo comportamento costituisce un pericolo per la comunità. “Tuttavia — afferma il responsabile del Dipartimento per le politiche sulle migrazioni — bisogna che le autorità tengano conto di una serie di circostanze attenuanti prima di decidere se l’estradizione di un immigrato illegale abbia un carattere prioritario o meno. Credo che il provvedimento dell’amministrazione Obama vada nella giusta direzione”. Inoltre per Appleby, per potere finalmente porre termine al procedimento per il reato d’immigrazione illegale si potrebbe decidere una multa pecuniaria: “Questo – ha detto - rappresenterebbe un modo molto sensato per impedire la separazione dei nuclei familiari”. Un altro commento positivo riguardo al provvedimento sull’immigrazione illegale preso dal presidente Obama – riferisce l’agenzia Cns - è stato espresso da mons. John Charles Wester, consulente del Comitato episcopale sulle migrazioni. Anche per il vescovo di Salt Lake City “esso potrebbe essere molto appropriato per non dividere i nuclei familiari degli immigrati illegali e per dare un futuro a quei giovani cresciuti nel nostro Paese e che non conoscono affatto la loro terra d’origine”. Critici verso l’iniziativa i leader politici contrari a una riforma complessiva dell’immigrazione. Tra questi il Governatore dell’Arizona Jan Brewer secondo cui il provvedimento è un’amnistia occulta per centinaia di migliaia se non milioni di stranieri” presenti illegalmente negli Stati Uniti. (L.Z.)


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    Appello dei vescovi della Florida per la concessione della grazia a un condannato a morte

    ◊   I vescovi della Florida hanno chiesto al governatore dello Stato, Rick Scott, di concedere la grazia a Manuel Valle, un uomo di 61 anni condannato a morte per l'omicidio di un poliziotto nel 1978 e la cui esecuzione per iniezione letale è prevista per il 6 settembre. Il via libera all’esecuzione è stato deciso il 23 agosto dalla Corte Suprema della Florida, dopo una moratoria per verificare la costituzionalità del metodo usato. In una lettera – riferisce l’agenzia Cns - i sei vescovi ricordano che "uccidere una persona, perché ha ucciso, inficia il rispetto della vita umana e incoraggia una cultura della violenza e della vendetta” e che la pena capitale serve solo a “riaprire dolorose ferite per i familiari delle vittime, ma non a riportare in vita i propri cari. La vera pace – aggiungono – si può ottenere solo con il perdono”. Citando il Magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, i presuli sottolineano che oggi una società moderna è in grado di difendersi senza ricorrere alla pena capitale. “Considerato che la Florida è perfettamente in grado di proteggere i suoi cittadini recludendo a vita i criminali – conclude quindi la missiva - preghiamo affinché possiate optare per questa soluzione”. Intanto anche in Oregon la Chiesa si sta mobilitando per un altro detenuto nel braccio della morte, Gary Haugen, la cui esecuzione è stata sospesa dalla Suprema Corte dello Stato per permettere un ulteriore accertamento sulla sua salute mentale. Haugen, che oggi ha 49 anni è stato condannato per l’omicidio di un compagno di cella nel 1981, mentre scontava l’ergastolo per un altro delitto. (L.Z.)

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    El Salvador: liberi per una formalità i militari ricercati per la strage dei Gesuiti nel 1989

    ◊   La Corte Suprema di Giustizia del Salvador ha deciso, con dieci voti a favore e due contrari, che non arresterà né attuerà l’estradizione di nove militari, ricercati dalla Spagna per l’uccisione di sei Gesuiti e di altri civili avvenuta durante la Guerra civile, il 16 novembre 1989. Il caso, ricorda l’agenzia Misna, si riferisce a uno dei più efferati delitti che hanno insanguinato il Paese negli anni Ottanta: l’assassino di Ignacio Ellacuría, Gesuita, rettore dell’Università Centroamericana José Siménon Cañas, ucciso assieme ai confratelli spagnoli Ignacio Martin Baro, Segundo Montes, Amando Lopez, Juan Ramon Moreno, e al salvadoregno Joaquin Lopez, oltre alla cuoca Elba Julia Ramos e a sua figlia quindicenne, Celina. I militari, trattenuti dal 7 agosto scorso nella caserma dell’ex Guardia Nazionale, dopo la notifica del mandato di cattura internazionale emesso da Madrid, hanno lasciato la base in libertà perché secondo l’Alto Tribunale, non è stata presentata una richiesta di estradizione formale da parte del giudice spagnolo Eloy Velasco. (G.I.)

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    La Chiesa in Sri Lanka: indagare sulla scomparsa di numerosi cattolici durante la guerra civile

    ◊   Indagare sulla scomparsa di sacerdoti e laici cattolici durante la guerra civile in Sri Lanka: è quanto chiede la Chiesa cattolica del Paese al governo di Colombo. Infatti, nonostante il conflitto tra l’esercito regolare ed i ribelli delle Tigri Tamil si sia concluso ufficialmente nel maggio 2009, dopo 30 anni di tensioni, migliaia di persone risultano ancora scomparse senza spiegazioni. Per questo, i responsabili cattolici, ma anche quelli cristiani, chiedono all’esecutivo di “fare giustizia”, indagando sui casi ancora irrisolti. Non è la prima volta che viene avanzata una simile richiesta: la Chiesa cattolica, infatti, ha pagato un contributo pesante al conflitto attraverso i tanti sacerdoti e laici uccisi mentre operavano a servizio della comunità e quindi rinnova regolarmente il suo richiamo perché sia fatta luce. L’ultimo appello è stato lanciato sabato scorso, 20 agosto, durante una Messa nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Mandaitivu, nella diocesi di Jaffna. La celebrazione era in memoria della scomparsa, avvenuta 5 anni fa, di padre Thiruchchelvan Nihal Jim Brown, 34 anni, e del suo assistente, il laico Wenceslaus Vincent Vimalathas, 38 anni. Definito “un sacerdote completamente devoto ai suoi parrocchiani” ed un uomo “al servizio della pace e della riconciliazione”, padre Jim era stato nominato parroco della Chiesa di San Filippo Neri ad Allaipiddy soltanto dieci giorni prima della sua scomparsa. Secondo gli attivisti locali per i diritti umani, il sacerdote era stato accusato dalle autorità militari di sostenere i ribelli tamil, poiché durante un bombardamento su Allaipiddy, avvenuto il 13 agosto del 2006, padre Jim aveva accolto nella sua Chiesa le persone in fuga dai villaggi e in cerca di riparo. Attualmente, la responsabilità dell’attacco non è ancora stata chiarita, ma già all’epoca dei fatti, la Chiesa cattolica aveva lamentato l’inerzia delle forze di sicurezza nel condurre le indagini e nel dicembre 2007 il vescovo di Jaffna, mons. Thomas Savundaranayagam, aveva criticato la scelta di affidare l’inchiesta a personale militare che non parlava la lingua tamil. Parallelamente a questa situazione, inoltre, i vescovi dello Sri Lanka denunciano le aggressioni e le minacce che i membri della Chiesa subiscono regolarmente, così come le violazioni dei diritti umani, la “conversione forzata” al buddismo delle popolazioni non cingalesi e l’occupazione militare, oggi ingiustificata, dei territori del nord del Paese dove regna, dicono i presuli, “un clima di terrore permanente”. Intanto, proprio oggi il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, ha annunciato la decisione di revocare lo stato di emergenza, che esisteva nel Paese asiatico dal 1983. Ed entro la fine dell’anno, è prevista anche la revoca delle leggi di emergenza, in vigore dal 1971, che facilitano le modalità di arresto e di detenzione nel Paese. La decisione del presidente è stata accolta con favore anche dai partiti dell’opposizione. (I.P.)

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    Rapito il figlio dell’ex governatore del Punjab ucciso perché contro la legge sulla blasfemia

    ◊   Shahbaz Taseer, figlio dell’ex governatore della provincia pakistana del Punjab, Salman, ucciso il 4 gennaio di quest’anno, è stato rapito oggi a Lahore. L’uomo, secondo le prime ricostruzioni della polizia, sarebbe stato prelevato da quattro sconosciuti armati che, a bordo di motociclette, lo hanno raggiunto mentre viaggiava nella sua auto, senza scorta, a Gulberg Point, un quartiere elegante della città, e lo hanno costretto a fermarsi e portato via. Shabaz Taseer è direttore di numerose compagnie finanziarie e assicurative fondate dal padre. Secondo la testimonianza del fratello Shaheryar, i militanti del Paese hanno continuato a minacciare la famiglia Taseer anche dopo l’assassinio dell’ex governatore Salman, ucciso a Islamabad da una delle sue guardie del corpo, che in seguito ne confessò il motivo, cioè l’impegno del governatore nella lotta alla legge sulla blasfemia e il suo pronunciamento in favore di Asia Bibi, donna cristiana, madre di 5 figli, condannata a morte in Pakistan proprio sotto l'accusa di blasfemia. Salman Taseer è stato inserito nella lista presentata il 16 agosto scorso dal presidente Zardari dei pakistani che saranno insigniti di un riconoscimento postumo al valore civile nel corso di una solenne cerimonia in calendario l’anno prossimo. (R.B.)

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    Turchia. Erdoğan al pranzo dell’Iftar con i rappresentanti delle minoranze religiose

    ◊   Il 28 agosto prossimo il primo ministro della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdoğan, parteciperà all’Iftar, il pranzo della rottura del digiuno, offerto da 162 Fondazioni che fanno capo ad altrettante minoranze religiose del Paese, tra cui quella armena, greca, ebraica, siriaca, caldea, bulgaro-ortodossa, georgiana-ortodossa e latino-cattolica. Il ricevimento, organizzato da Laki Vinglas, rappresentante delle Fondazioni in seno alla Direzione Generale delle medesime, si terrà nel giardino del Museo Archeologico di Istanbul. Durante il pranzo è previsto un intervento dei responsabili delle minoranze per chiedere che nella Nuova Costituzione si tengano presenti i loro problemi e le loro attese, visto che fino ad oggi esse sono state ignorate e talora perfino discriminate. L’attesa ha mobilitato tutti gli interessati, visto che si tratta del primo incontro del genere nella storia della Repubblica turca. (Da Ankara, padre Egidio Picucci)

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    L'Acnur lancia la campagna per la riduzione degli apolidi: 12 milioni di persone senza cittadinanza

    ◊   L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) ha lanciato ieri una campagna per la riduzione degli apolidi nel mondo: si tratta di circa 12 milioni di persone che nessuno Stato riconosce come propri cittadini. Sulla carta non esistono. Sono persone senza nazionalità. Il lancio della campagna avviene a pochi giorni dal 50.mo anniversario della Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961, il 30 Agosto 2011. Sono diverse le cause dell’apolidia, molte delle quali si radicano in questioni legali, ma le conseguenze a livello umano possono essere drammatiche. Proprio perché gli apolidi sono persone che nessuno Stato riconosce come propri cittadini, spesso vengono loro negati i diritti fondamentali, oltre che l’accesso al lavoro, all’alloggio, all’educazione e all’assistenza sanitaria. A volte non possono possedere proprietà, aprire un conto bancario, sposarsi legalmente o registrare la nascita di un bambino. Alcuni vanno incontro a lunghi periodi di detenzione, perché non possono provare chi sono o da dove vengono. “Queste persone hanno un disperato bisogno di aiuto perché vivono in un terribile limbo legale”, afferma Antonio Guterres, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Questa condizione li rende tra le persone più escluse al mondo. Oltre alla sofferenza che viene inferta loro, l’effetto di emarginare gruppi interi di persone attraverso le generazioni, crea grosse tensioni nelle società in cui vivono e a volte può essere fonte di conflitto”. Sebbene si cominci solo ora a cogliere la reale portata del fenomeno dell’apolidia nel mondo, l’Acnur ha riscontrato che il problema è particolarmente acuto nel Sud Est Asiatico, nell’Asia Centrale, nell’Est Europa e nel Medio Oriente.

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    Sud Sudan. Seminario cattolico di formazione per nuovi agenti pastorali nel Paese

    ◊   Sono trascorsi quasi due mesi dalla proclamazione dell’indipendenza del Sud Sudan, avvenuta il 9 luglio. Un avvenimento salutato con gioia dalla Chiesa locale, la quale si è subito messa al lavoro per portare aiuto al neo Stato africano, il 54.mo del Continente, ma anche uno dei più poveri, soprattutto in conseguenza di una guerra civile durata oltre 20 anni. Tra le tante iniziative portate avanti dalla Conferenza episcopale sudanese, c’è anche il Seminario di formazione sui Paesi in confitto, svoltosi nei giorni scorsi nella Diocesi di Wau e nell’Arcidiocesi di Juba. Organizzato materialmente dall’associazione “Solidarietà con il Sud Sudan”, l’incontro ha avuto un carattere inter-congregazionale, con l’obiettivo di preparare personale ecclesiastico adeguato a servire la nuova nazione tramite l’insegnamento nelle scuole, il servizio sanitario e l’azione pastorale. Vi hanno partecipato seminaristi, religiosi, studenti della Scuola infermieristica e giornalisti radiofonici. Tra gli interventi in aula, quello di Sr. Janice McLaughline, della Congregazione di Maryknoll, la quale ha ribadito che il governo del Sud Sudan deve garantire la pace e la riconciliazione, un dovere che rientra pienamente nella gestione amministrativa del Paese. “Pace e riconciliazione – ha detto la religiosa – sono fondamentali per la leadership presente e futura della nuova nazione”. “Il disarmo e la smobilitazione degli ex-combattenti – ha aggiunto – sono una necessità immeditata dopo ogni guerra. Per questo, spero che il contributo della Congregazione di Maryknoll, presente in Sudan sin dal 1976, possa spingere anche altre persone a supportare la costruzione della Repubblica del Sud Sudan”. Anche i giovani, ha ribadito Sr. Janice, “sono consapevoli delle sfide che attendono il Paese e si rendono conto che occorrerà un’azione unitaria per ricostruire una nazione devastata dalla guerra. Per molti di loro, l’indipendenza è stato un miracolo che non pensavano di riuscire mai a vedere”. Infine, la religiosa ha espresso soddisfazione per la decisione del capo dello Stato, Salva Kiir, di istituire una commissione anti-corruzione e prevenire, così, la malversazione dei fondi amministrativi pubblici. (A cura di Isabella Piro)

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    Perdonanza Celestiniana all'Aquila il 28 e 29 agosto

    ◊   Si rinnova, all’Aquila, il 28 e 29 agosto prossimi, la centenaria tradizione della “Perdonanza Celestiniana”, rito collegato all’elezione al soglio di Pietro del Papa Celestino V (Pietro Angeleri, 1215-1296); in occasione degli ottocento anni dalla sua nascita, le undici diocesi di Abruzzo e Molise – lo ricordiamo - hanno voluto rendere uno speciale tributo a San Pietro Celestino, dedicandogli un “Anno Celestiniano” (2009-28 agosto-2010), tempo di grazia, di riscoperta della vocazione universale alla santità e di più intensa vita sacramentale mediante la partecipazione frequente ai Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. L’Anno giubilare ha vissuto un momento forte con la visita del Santo Padre Benedetto XVI a Sulmona, il 4 luglio 2010. Il rito dell’imposizione della tiara al nuovo Papa Celestino V si tenne nella chiesa aquilana di S. Maria di Collemaggio il 29 agosto 1294, festa della decollazione di San Giovanni Battista. Per accrescere la devozione al Santo e ricordare l’inizio del Pontificato, il Papa emise la cosiddetta “Bolla del Perdono”, che elargiva l’indulgenza plenaria a quanti, confessati e pentiti dei propri peccati, si fossero recati nella Basilica di Collemaggio dai Vespri del 28 agosto al tramonto del 29: veniva così istituita la Festa della Perdonanza, giunta quest’anno alla sua 717.ma edizione. Alle ore 18 di domenica 28 agosto, nel Piazzale di Santa Maria di Collemaggio, il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica papale di San Pietro in Vaticano, presiede il rito di apertura della “Porta Santa” e la Santa Messa stazionale concelebrata dai vescovi di Abruzzo e Molise. Domenica 29 agosto, l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, presiederà alle 18.00 la Santa Messa stazionale di conclusione della Perdonanza e il rito di chiusura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio. (A cura di Marina Vitalini)

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    Terra Santa. A Madaba si preparano le celebrazioni per il martirio di San Giovanni Battista

    ◊   La parrocchia di San Giovanni Battista, a Madaba, in Terra Santa, festeggerà il suo santo patrono anche con un festival. Il 29 agosto la Chiesa ricorda il martirio del precursore di Gesù e a Madaba sarà festa, ma i parrocchiani celebreranno San Giovanni già da venerdì. Sul tema “Oh, Battista, accendi il fuoco della fede in noi”, nel cortile della scuola femminile del patriarcato latino, avrà luogo il secondo festival in onore di San Giovanni Battista, al quale è stato invitato anche il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. In un’intervista pubblicata sul sito abouna.org, il parroco di San Giovanni Battista, padre Yaqoub Rafidi, sottolinea che il festival vuole evidenziare la grandezza del santo patrono della parrocchia “evidenziata nella Sacra Scrittura, nella vita della Chiesa e nel cuore dei fedeli”. “Questo festival – spiega padre Rafidi – è ricco di significato a motivo della vicinanza della nostra parrocchia al luogo del martirio di San Giovanni Battista, presso il castello di Makawer; per questo motivo nel 1976 la Santa Sede ha dichiarato la nostra chiesa santuario e luogo di pellegrinaggio. Questa iniziativa è destinata principalmente a rafforzare la voce di Giovanni Battista nella nostra parrocchia e nelle nostre vite. È la voce della giustizia e della verità". Prima dell’inizio del festival, il patriarca Twal inaugurerà le antiche sale del santuario di San Giovanni Battista, sotto la chiesa, per aprirle alle visite di pellegrini e fedeli. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nigeria. Attentato alla sede dell’Onu di Abuja: una ventina i morti

    ◊   Un attentato che è costato la vita ad almeno 18 persone, ma il bilancio di vittime e feriti è ancora provvisorio, ha colpito oggi la sede delle Nazioni Unite di Abuja, capitale della Nigeria, dove lavorano circa 400 dipendenti di diverse agenzie, tra cui l’Unicef e l’Oms. La notizia è stata già confermata dall’Onu a Ginevra. Ce ne parla Roberta Barbi:

    Una fortissima esplosione causata, secondo le prime ricostruzioni delle Forze di sicurezza, dall’impatto di un’autobomba contro uno degli ingressi principali dell’edificio, ha distrutto oggi parte della sede delle Nazioni Unite di Abuja, capitale della Nigeria. Lo ha confermato un portavoce dell’Onu da Ginevra. Sul posto sono ancora al lavoro i soccorritori e alcuni testimoni oculari riferiscono di diversi corpi senza vita trasportati fuori dallo stabile, del quale pare sia crollata un’intera ala. In particolare, non ci sarebbe stato scampo per coloro che al momento della deflagrazione si trovavano nel seminterrato: almeno cinque persone, stando a quanto riferito da un dipendente Onu sopravvissuto. È il secondo attentato che colpisce in pochi mesi una zona-simbolo della capitale nigeriana, dopo la bomba esplosa nel giugno scorso all'interno del parcheggio del quartier generale della polizia locale. L’attentato, che allora provocò 10 morti, fu rivendicato dal Boko Haram, gruppo terrorista di matrice islamica che si batte per estendere la sharia in tutta la Nigeria. Al momento non si registra alcuna rivendicazione per l’attentato, ma la pista dell’estremismo islamico, attivo in Nigeria anche con il gruppo Aqim (al Qaeda per il Maghreb islamico) appare agli inquirenti quella più probabile.

    Iraq
    Iraq sempre senza pace: 15 persone sono morte e centinaia sono rimaste ferite ieri in diversi attentati nel Paese. Tra le vittime, anche diversi poliziotti. Nella notte, inoltre, tre razzi sono stati lanciati da ignoti verso il Kuwait, senza fortunatamente causare vittime.

    Immigrazione
    L’evoluzione della crisi Libica si riflette sull’immigrazione. Da ieri, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha iniziato a evacuare i migranti intenzionati a lasciare Tripoli, mentre l’ambasciatore libico in Italia ha rivelato che “Gheddafi intendeva trasformare Lampedusa in un inferno”. Intanto, il ministro degli Interni italiano, Roberto Maroni, ha reso noto che sono stati rimpatriate 13 mila persone, su oltre 57 mila clandestini giunti dall’inizio del 2011, e che per la fine dell’anno si arriverà a 30 mila espulsioni.

    Messico
    Almeno 53 persone sono morte nell’incendio scoppiato all’interno del casinò Royale di Monterrey, in Messico. Le fiamme sono divampate dopo un attacco condotto a colpi di granata da parte di un gruppo di criminali. Secondo la stampa locale, l’episodio è riconducibile alle tangenti non pagate alle organizzazioni legate al traffico di droga.

    Uragani: "Irene" devasta i Caraibi
    La tempesta "Irene" fa sempre più paura. L’uragano, che nei Caraibi ha causato 5 morti, si è abbattuto sulle Bahamas, aumentando la propria forza. Migliaia di persone, intanto, hanno iniziato ad evacuare la costa Est degli Stati Uniti, dove il ciclone è atteso per domani. Allerta anche per New York : la città, ha detto il sindaco Michael Bloomberg, “spera per il meglio, ma si prepara per il peggio”. I governatori di Virginia e New Jersey hanno dichiarato lo stato d’emergenza, mentre a Washington è stata rinviata l'inaugurazione del monumento a Martin Luther King, in programma per domenica.

    Abkhazia
    Elezioni presidenziali in corso oggi nella regione georgiana secessionista dell’Abkhazia, in seguito alla morte lo scorso maggio del presidente, Sergei Bagapsh, al potere dal 2005. Tblisi, che non riconosce l’autorità di Sukhumi, ha giudicato illegittimo il voto, convocato nel terzo anniversario del riconoscimento dell'indipendenza abkhaza da parte di Mosca, dopo la guerra russo-georgiana dell’estate 2008. Tre i candidati in lizza, tutti filorussi: il vicepresidente, Aleksandr Ankvab, il premier, Serghiei Shamba, e il leader del partito di opposizione "Forum dell'Unità del popolo", Raul Khadjimba. Ma qual è lo status politico dell’Abkhazia oggi? Risponde Aldo Ferrari, docente di Storia del Caucaso all’Università di Venezia, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – E’ simile a quello di altre entità secessioniste del Caucaso meridionale – l’Ossezia meridionale e l’Alto Karabakh – che nel corso degli anni Novanta e in seguito alla dissoluzione dell’Urss si sono sostanzialmente distaccati con la forza delle armi, rispettivamente da Georgia e Azerbaijan, per tentare diverse forme d’indipendenza nazionale che la comunità internazionale non ha mai riconosciuto. Si tratta dei cosiddetti “conflitti congelati”, che hanno visto la vittoria delle forze locali ai danni degli Stati centrali, ma che, in sostanza, rimangono ancora irrisolti. Non sono però del tutto congelati, perché se pensiamo a quello che è successo nell’agosto del 2008 con l’Ossezia meridionale e con l’Abkhazia – una vera e propria guerra tra Russia e Georgia – il problema è tutt’altro che risolto.

    D. – Queste elezioni potrebbero aggravare l’annosa crisi in atto con Tbilisi?

    R. – E’ una situazione che, in sostanza, non ha possibilità di sbocco politico immediato. Chiaramente, Tbilisi non riconosce la legittimità di quest’entità politica, ma è una storia vecchia di vent’anni. Rifiuta queste elezioni: gli abhkazi lo sanno bene e lo sa bene anche la comunità internazionale, come pure la Russia. Si va avanti. Sicuramente non è un dato che porterà a cambiamenti sconvolgenti nella regione.

    D. – E allora come potrebbero cambiare gli equilibri nella zona?

    R. – In 20 anni, non si sono trovati gli strumenti diplomatici e politici. Un reale miglioramento potrebbe aversi soltanto quando il Caucaso meridionale cesserà di essere il luogo dello scontro di potenze esterne – in particolare Russia e Stati Uniti – che sfruttano le rivalità locali, i conflitti etnico-territoriali locali per fare pressione. Si tratta però di dinamiche estremamente complesse, proprio perché alle problematiche locali – che esistono ma che non sono così antiche ed irreversibili come talvolta vengono presentate – si sommano queste rivalità geopolitiche e geoeconomiche, alle quali partecipa indirettamente anche l’Unione Europea e che fanno detonare i problemi locali.

    D. – In Abkhazia ci sono degli interessi strategici ed economici particolari?

    R. – L’Abkhazia è un Paese ricco di acqua, di straordinaria bellezza paesaggistica. In epoca sovietica, era una delle spiagge preferite dell’alta società sovietica e avrebbe ottime opportunità di nuovo sviluppo turistico. Ma non c’è gas, non c’è petrolio, non è un luogo di transito particolare. Il conflitto, quindi, non dipende assolutamente da ragioni economiche, ma piuttosto da questi conflitti etnico-territoriali che sono una conseguenza remota della politica sovietica delle nazionalità degli anni Venti, innestata poi con le rivalità geo-politiche odierne.

    D. – Al di là dell’influenza russa, si può parlare anche di nuovi rapporti con una Turchia in ascesa?

    R. – La Turchia è molto presente e la sua importanza è crescente in tutta l’area del Caucaso meridionale. In Turchia esiste inoltre una comunità abkhaza abbastanza numerosa – e questo è un aspetto generalmente poco noto – che deriva dalla migrazione più o meno forzata degli abkhazi dopo la conquista russa della regione. La Russia – che ora protegge gli abkhazi - fu, con la sua invasione del Caucaso meridionale nell’Ottocento, la causa che spinse molti abkhazi ad emigrare verso l’impero ottomano; per questo ora ci sono abkhazi in Turchia. Da tale punto di vista, i rapporti tra turchi ed abkhazi sono interessanti ma non ancora particolarmente decisivi, almeno dal punto di vista politico. Attualmente il principale referente – se non l’unico – è la Federazione russa. (vv)

    Giappone, dimissioni premier
    Il primo ministro giapponese, Naoto Kan, si è dimesso dalla carica di presidente del Partito democratico al governo. Seguiranno le elezioni interne al partito per il nuovo presidente, che automaticamente diverrà anche premier. Per la rinuncia, già annunciata nei mesi scorsi, il primo ministro ha atteso che la Dieta, la camera bassa del Parlamento nipponico, approvasse due disegni di legge da lui stesso proposti per avviare la ricostruzione nel nordest del Paese, dopo il terremoto e il conseguente tsunami dell’11 marzo scorso.

    Danimarca, elezioni anticipate
    Il primo ministro danese, Lars Loekke Rasmussen, ha indetto le elezioni anticipate annunciando che si terranno il prossimo 15 settembre. La decisione è stata presa in seguito alla rottura dei negoziati sui piani per superare a crisi con il Partito del Popolo danese (estrema destra), che per 10 anni ha offerto il proprio sostegno al governo di minoranza composto da liberali e conservatori. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 238

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.