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Sommario del 22/08/2011
◊ La Giornata mondiale della gioventù si è dunque conclusa. Una “festa della fede”, l’ha definita il Papa durante la cerimonia di congedo, ieri, all’aeroporto di Barajas con i Reali di Spagna. Quindi il rientro a Castel Gandolfo. Dopo la Messa con l’invito ai giovani ad annunciare Cristo in tutto il mondo, nel pomeriggio Benedetto XVI ha anche incontrato circa 12mila dei 30mila volontari della Gmg, alla Nuova Fiera di Madrid. A loro ha espresso gratitudine per il servizio ai pellegrini e al Papa stesso. Il servizio della nostra inviata Debora Donnini:
(applausi)
I 12mila volontari che incontrano il Papa nella Nuova Fiera di Madrid non hanno certo meno entusiasmo dei tanti pellegrini che si sono riuniti attorno a Benedetto XVI, tanto che ormai il loro motto sembra essere: “Esta es la Juventud de el Papa”
Due volontari lo salutano. “Amare è servire”, dice invitandoli ad interrogarsi sulla propria vocazione e a mettersi al servizio di Cristo. Allora “la vostra vita raggiungerà una pienezza inaspettata”:
“Quizás alguno esté pensando: el Papa ha venido a darnos las gracias…
Forse qualcuno sta pensando: il Papa è venuto a ringraziarci e ora ci sta chiedendo. Sì, è così. Questa è la missione del Papa, successore di pietro. E non dimenticate che Pietro ... ricorda ai cristiani il prezzo con cui sono stati riscattati: quello del sangue di Cristo. Chi valuta la sua vita in questa prospettiva sa che all’amore di Cristo si può rispondere solo con amore, e questo è ciò che vi chiede il Papa”.
Benedetto XVI li ringrazia di cuore per il loro impegno nella Gmg, ricordando che a volte hanno rinunciato a prendere parte in modo diretto a diversi atti perché occupati in altri compiti dell’organizzazione. Il Signore, dice, trasformerà la vostra stanchezza accumulata in momenti di frutti di virtù cristiane.
Nella cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale il Papa ringrazia il Re, le autorità nazionali, le forze di sicurezza, tutti gli organizzatori, il cardinale arcivescovo di Madrid Antonio Maria Rouco Varela e il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, Stanislaw Rylko. Rivolge quindi un messaggio alla Spagna.
“España es una gran Nación que, en una convivencia sanamente abierta…
La Spagna è una grande Nazione che, in una convivenza sanamente aperta, pluralistica e rispettosa, sa e può progredire senza rinunciare alla sua anima profondamente religiosa e cattolica. Lo ha manifestato ancora una volta in questi giorni, dispiegando la sua capacità tecnica e umana in una impresa così rilevante e ricca di futuro come è quella di favorire che la gioventù affondi le sue radici in Gesù Cristo, il Salvatore”.
Benedetto XVI torna a ringraziare i giovani, ha un pensiero speciale per quelli spagnoli, e li invita di nuovo all’evangelizzazione, raccomandando a vescovi, sacerdoti, educatori cristiani di non scoraggiarsi davanti agli ostacoli che in diversi modi si presentano in alcuni Paesi e a non temere di presentare ai giovani il messaggio di Cristo nella sua integrità.
“Lascio la Spagna contento e riconoscente verso tutti”, dice, ma soprattutto verso Dio per avergli concesso di celebrare questa giornata così ricca di grazie e di emozione:
“Sí, la fiesta de la fe que hemos compartido nos permite mirar hacia adelante…
Sì, la festa della fede che abbiamo condiviso ci permette di guardare in avanti con molta fiducia nella provvidenza, che guida la Chiesa attraverso il mare della storia. Per questo rimane giovane e piena di vita, anche affrontando situazioni difficili. Questo è opera dello Spirito Santo, che rende presente Gesù Cristo nei cuori dei giovani di ogni epoca”.
E questa “festa della fede” vissuta a Madrid sarà davvero difficile da dimenticare!
(inno)
◊ Per un bilancio della Giornata mondiale della gioventù, ascoltiamo il cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, al microfono del collega del Centro Televisivo Vaticano, Alessandro Di Bussolo:
R. - Un balance pastoral, espiritual, apostólico y humano ricísimo …
Un bilancio pastorale, spirituale, apostolico e umano ricchissimo. In primo luogo in questa Giornata mondiale si è visto il fondamento di questi eventi: l’incontro dei giovani con Cristo. Sì, c’era il Papa, ma invisibilmente c’era il Signore. Il Papa ha voluto solo favorire questa profonda relazione personale con Cristo. E l’incontro con il Signore c’è stato! Io credo che per moltissimi giovani questa esperienza segnerà un cambiamento della loro vita. Un altro punto da sottolineare è che la comunione ecclesiale ne è uscita molto rafforzata. Tutte le varie realtà della Chiesa hanno lavorato insieme: ordini religiosi, movimenti, associazioni, nuove comunità, realtà parrocchiali e diocesane. Questo è un fatto che nessuno può negare e che porterà molti frutti nel futuro. Restano poi delle immagini forti come la notte della Veglia di preghiera col Papa, con quella tempesta che è durata 20 minuti, e vedere la reazione festosa dei giovani alla pioggia e al vento… E quando hanno chiesto al Papa se voleva lasciare la Veglia e lui ha detto con decisione: “No, non me ne vado. Resto!”… Poi il momento dell’Adorazione eucaristica, il silenzio immenso di quella moltitudine infinita, sbocciato alla fine in una grande gioia che sgorga dal cuore. Sì, la gioia dei giovani è stata splendida. L’impressione maggiore, che tutti noi abbiamo vissuto, è stata proprio vedere le strade di Madrid in festa, veramente una grande festa dell’allegria… E’ stata una testimonianza del Vangelo, una testimonianza che la vita si può vivere con gioia anche nelle situazioni difficili. (mg)
I giovani verso casa per testimoniare l'esperienza della Gmg
◊ Alla Giornata mondiale della gioventù hanno partecipato circa due milioni di giovani: sono venuti da tutti i continenti per testimoniare la fede in Gesù e nella Chiesa attorno al Vicario di Cristo. Ora stanno ritornando a casa per ridare agli altri quello che hanno ricevuto. Ascoltiamo alcune testimonianze raccolte da Marina Tomarro:
R. – Qui a Madrid ho incontrato tanta gente che crede veramente, che ha fede …
R. - Ci si guarda e ci si sorride, perché qui siamo venuti tutti in nome di Cristo e questo è importante anche nei momenti di sconforto, quando uno tende a volte ad allontanarsi …
D. – Il Papa vi ha chiesto di rimanere saldi nella fede e radicati in Cristo nonostante le difficoltà ...
R. – Questo è il modo per capire se la nostra fede è forte e se noi siamo venuti a Madrid come turisti o come veri cristiani!
R. – Io penso che la fede vada vissuta a partire dal quotidiano, dall’accostarsi ai Sacramenti, frequentemente, quindi, questo ci prepara anche ad affrontare momenti di difficoltà e di dolore.
R. – Inviterò chi, come me, non partecipa a questi eventi o non va molto a Messa, a riaccostarsi alla Chiesa, a provare almeno, perché si fa sempre in tempo a ricominciare.
D. – Il Papa vi chiede anche di portare il vostro messaggio di fede a quei ragazzi che sono rimasti a casa, vostri amici, e che sono ancora in cerca della luce della verità ...
R. - Racconterò che le paure che avevo all’inizio, prima di venire qua, svaniscono e che è stato stupendo, ci sono poche parole per esprimere questa esperienza …
R. – Sicuramente racconterò questa esperienza che ha riempito tanto il cuore. Vado a casa con una gran forza …
R. – Speriamo davvero che attraverso i nostri occhi riusciranno a capire che gioia abbiamo vissuto qui alla Gmg. Bisogna testimoniare soprattutto con i fatti, con la solidarietà, con l’amore, questo è l’unico modo per portare Gesù agli altri.
R. – Bisogna partire da quello che è il nostro comportamento personale, dall’umiltà che mettiamo nel fare le cose, essendo – come diceva don Bosco – semplicemente buoni cristiani e onesti cittadini. (ma)
I giovani hanno, dunque, vissuto la Gmg con grande gioia: non sono mancate le difficoltà, ma sono state vissute nello spirito del pellegrinaggio, come ci riferisce da Madrid il nostro collega Roberto Piermarini:
R. – Come potete immaginare la difficoltà più grande è stata quella climatica: sabato, sulla spianata di Cuatro Vientos, c’erano addirittura 43, 44 gradi. C’era un caldo veramente asfissiante. Poi, durante l’incontro del Papa, mentre stava pronunciando il suo discorso, c’è stato invece un forte temporale che ha ovviamente creato disturbo. I ragazzi, però, hanno vissuto il tutto con molta gioia e senza nessuna preoccupazione. Quello che poi ha colpito qui, all’interno di questo pellegrinaggio, è stata la pazienza dei giovani. Devo dire che è stata una cosa impressionante, perché hanno dovuto sostenere lunghe file per gli accrediti, per accedere sulla spianata ed anche per usufruire dei servizi. Immaginate un milione e mezzo di giovani, concentrati in un’area: ovviamente i primi problemi da affrontare sono quelli logistici. La difficoltà maggiore, all’inizio, è stata quella dell’acqua: faceva molto caldo, i giovani dovevano bagnarsi la testa e bere molto per evitare le insolazioni e devo dire che i centri di soccorso erano pieni di persone che avevano subìto colpi di sole. Si diceva poi che 200 mila di loro sono rimasti fuori dalla spianata perché non sono riusciti ad accedervi. Inoltre, le difficoltà dei bagni chimici: ma questo problema si presentava, ovviamente, nelle ore di punta dell’incontro. Altro aspetto – ma devo dire che anche questo è stato vissuto con molta responsabilità – è stata la delusione per non poter ricevere la Comunione durante la Messa di ieri, perché sono crollate alcune strutture dove erano conservate le ostie. Non è stato perciò possibile distribuire a tutti la Comunione, cosa che invece è stata poi fatta nelle parrocchie, durante il pomeriggio. I giovani si sono riversati nelle parrocchie per ricevere la Comunione. Quello che ha colpito a Madrid è stato l’atteggiamento di questi giovani che, con canti e balli, hanno creato un clima di festa in tutta la città e, a proposito di ciò, in questi giorni la stampa ha parlato addirittura di “nuova rivoluzione”, la rivoluzione dei giovani. Un’altra cosa importante è che molti di questi giovani non sono arrivati qui, a Madrid, soltanto per fare un viaggio. Molti giovani europei – ma anche quelli provenienti dagli altri continenti – prima di arrivare a Madrid hanno compiuto una “missione popolare”: a coppie si sono recati nelle strade, portando striscioni e cantando, e questo succedeva in tutta Europa. I giovani brasiliani, ad esempio, lo hanno fatto in Portogallo, gli italiani nel nord Italia, in Francia ed in Spagna, gli spagnoli ovviamente in Spagna e questo per rispondere un po’ a quello che il Papa ha detto ieri, nella sua omelia: “Non è possibile incontrare Cristo e non farlo conoscere agli altri. Non conservate Cristo per voi stessi, ma comunicate agli altri la gioia della vostra fede”. E questi giovani lo hanno fatto, con molto coraggio, nelle piazze e nelle strade d’Europa. (vv)
Gmg 2013 a Rio de Janeiro. Mons. Tempesta: occasione di speranza per i giovani del Brasile
◊ Il Papa ha annunciato ieri che la prossima Gmg si terrà nel 2013 a Rio de Janeiro, in Brasile. Debora Donnini ha chiesto all’arcivescovo di Rio, mons. Orani João Tempesta, con quali sentimenti abbia accolto la notizia:
R. – Con sentimenti di grande gioia per avere i giovani tra noi ma anche di preoccupazione per la responsabilità di ricevere più di un milione di ragazzi in Brasile, a Rio de Janeiro. Credo però che, con l’aiuto di Dio e la collaborazione dei brasiliani, riusciremo ad accogliere tutti nel migliore dei modi.
D. – Pensando ai problemi che hanno i giovani in Brasile, come sarà accolto questo messaggio, pensa che questo annuncio della Gmg a Rio è già un momento di speranza?
R. – Senz’altro. I giovani brasiliani già dal 2007 speravano in quest’annuncio. La Conferenza episcopale brasiliani aveva fatto una richiesta in tal senso allo stesso Benedetto XVI quando è stato in Brasile. Adesso è ufficiale. I giovani brasiliani, con tutti i problemi che hanno – e che hanno i giovani di tutto il mondo - vedono questa occasione con molta speranza, gioia e con la responsabilità di fare del loro meglio per avere un mondo più giusto, più fraterno e più cristiano.
D. – Il Papa ha invitato i giovani ad annunciare il Vangelo. Questo è un annuncio importante, anche per il Brasile…
R. – Lo è per tutto il mondo. Credo che qui a Madrid si è dimostrato come i giovani siano protagonisti nella Chiesa. Sono persone che vogliono annunciare Gesù Cristo, e credo che tornando a casa, nelle proprie comunità, parrocchie e diocesi, annunceranno volentieri e con gioia Gesù Cristo come speranza del mondo. (vv)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un edtoriale del direttore a conclusione della Giornata mondiale della gioventù.
Nell'informazione religiosa, il messaggio di Benedetto VI ai partecipanti al Meeting di Rimini.
Gheddafi ultimo atto: in rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione in Libia.
La Signora Chiesa: in cultura, Timothy Verdon sull'incoronamento della Vergine in un dipinto del XV secolo.
Si può sopportare tutto, tranne l'ipocrisia degli amici: la prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi al libro di Fabrice Hadjadj "Giobbe o la tortura dagli amici".
Libia: i ribelli sono a Tripoli, incertezza sulla sorte di Gheddafi
◊ I ribelli libici sostengono di avere ormai assunto il controllo di "circa il 95 per cento" di Tripoli e annunciano che presto la sede dell'attuale "governo-ombra" sarà presto trasferita da Bengasi alla capitale. I combattimenti sono, tuttavia, ancora in corso in molte zone della città e il bilancio delle vittime è nell’ordine delle centinaia di morti. Due i figli di Gheddafi catturati dai ribelli, si tratta di Mohammed e di Seif al-Islam. Per quest’ultimo il Tribunale penale internazionale avrebbe già chiesto l’estradizione dopo averlo accusato insieme al padre Muhammar di crimini contro l’umanità. Sulla situazione che si sta vivendo a Tripoli in queste ore sentiamo il giornalista Cristiano Tinazzi, entrato questa notte nella capitale al seguito dei ribelli. L’intervista è di Stefano Leszczynski:
R. – Nella zona dove mi trovo, che è Souq al Joumaa, uno dei quartieri da sempre riottosi nei confronti di Gheddafi, la situazione è tranquilla. In altri quartieri della capitale, però, ci sono ancora scontri a fuoco. E’ una situazione nella quale la popolazione resta in casa, non si arrischia a girare nelle strade perché ci sono cecchini, avvengono imboscate da parte degli uomini di Gheddafi e sparatorie che si sono verificate anche questa mattina, per ore, nel centro.
D. – Le forze di Tripoli parlano di un bilancio di 1.300 morti nelle ultime 24 ore. E’ una cifra plausibile?
R. – Quantificare le persone che sono morte nel corso degli scontri è difficile, in questo momento. Forse è una cifra un po’ esagerata. Sicuramente le persone morte saranno state centinaia, perché il primo giorno una fonte dei ribelli parlava di almeno 100 morti. Ieri devo dire che la battaglia è durata pochissimo. Più che altro c’è stata questa mattina, presto: c’è stata una sorta di ri-occupazione di zone da parte delle truppe di Gheddafi e poi ci sono dei quartieri che sono zone off-limits da parte dei ribelli, che sono circa il 20 per cento della città.
D. – Due figli di Gheddafi sono stati catturati dalle forze dei ribelli. Il colonnello, tuttavia, è riuscito a sfuggire alla cattura e nessuno sa dove si trovi. Ci sono delle novità su questo fronte?
R. – Assolutamente no. Può darsi che Gheddafi interverrà nuovamente in televisione, anche se la televisione di Stato è stata occupata, ma comunque esiste un canale satellitare. Se si farà sentire userà questo mezzo, perché non gliene sono rimasti altri.
D. – Ci sono stati nuovi bombardamenti da parte delle Nato in queste ultime ore?
R. – Ho sentito più volte passare i caccia della Nato. Non ho sentito bombardamenti, ma non escludo che possano aver colpito in alcune zone dove sono in corso combattimenti.
D. – Gheddafi potrebbe già essere fuori Tripoli?
R. – Da quello che sembra non è intenzionato ad andarsene, anche perché adesso i suoi figli sono stati catturati. Probabilmente si è spostato in zone relativamente più tranquille, ma non nella capitale perché sarebbe impensabile che riuscisse a nascondersi qui in questa situazione.
D. – A questo punto quali sono le zone della Libia ancora sotto il controllo di Gheddafi?
R. – Intanto Brega, dal fronte fino a Sirte, passando per tutta la linea costiera. C’è la zona di Bani Walid – che è l’entroterra sotto Misurata – e tutta la zona che poi va a sud, dopo le montagne, fino a Sabah che è ancora sotto il controllo di Gheddafi e delle tribù a lui alleate. (vv)
Determinante per l'avanzata su Tripoli dei soldati del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) è stato il supporto dell’aviazione della Nato che ha proseguito i bombardamenti. A livello internazionale intanto si moltiplicano gli appelli a Gheddafi affinché si arrenda. L’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, sta valutando in queste ore la convocazione di una riunione straordinaria sulla Libia. Non mancano poi le preoccupazioni dei leader dei Paesi della Nato circa la tutela e il rispetto dei civili coinvolti nel conflitto. Gli stessi vertici del Cnt hanno in tal senso diramato un comunicato in cui invitano i militari alla moderazione e a non cedere a sentimenti di vendetta. Intanto, proseguono le ricerche del colonnello che sembra sparito nel nulla. A Paolo Quercia, analista di politica internazionale e strategie militari, Stefano Leszczynski ha chiesto quali siano stati gli elementi che hanno determinato questa improvvisa svolta nel conflitto libico:
R. - La campagna già è lunga, perché sono sei mesi che si combatte e molte delle risorse militari, ma anche economiche con cui Gheddafi teneva insieme tribù e tutta una serie di sostegni del suo regime, hanno iniziato a scarseggiare. Quindi c’è stato un logorio dovuto alla lunghezza di questa campana. Certo che la presa di Tripoli dimostra un aumento delle capacità militari e soprattutto della logistica, anche con sbarchi via mare, sorprendenti per quello che i ribelli erano riusciti a fare negli scorsi mesi.
D. - Preoccupa molto la presenza di mercenari al seguito dei ribelli: questo può essere un elemento critico per il dopo-Gheddafi?
R. - Sì, estremamente critico perché - ricordiamo - questa guerra ha avuto una sua legittimità proprio in virtù della necessità di proteggere i civili dalle ritorsioni indiscriminate che l’esercito di Gheddafi poneva in atto e speriamo che adesso la situazione rispetti le leggi sui prigionieri di guerra e non vi siano vendette indiscriminate. Quello che si può temere è che le tribù, che sono uno degli elementi costitutivi della società libica, approfitteranno dell’anarchia e della caduta del governo per modificare i rapporti di forza tra tribù.
D. - E’ possibile che questa accelerazione nel tentare di concludere al più presto il conflitto libico sia legata ad un aggravarsi della situazione in Siria e quindi alla necessità di volgere l’attenzione altrove?
R. - Sicuramente questo potrebbe essere un elemento che ha determinato anche l’accelerazione. La Nato recentemente aveva posto il 1.mo settembre come data per la fine delle proprie operazioni. Io credo che l’aggravarsi della situazione siriana ha sicuramente contributo, ma io direi anche una certa stanchezza nelle opinioni pubbliche che hanno sostenuto il conflitto, così come scadenze elettorali che si avvicinano, anche quella francese; e ancora l’aspetto economico perché la crisi e la recessione economica e la crisi finanziaria in Europa dell’Euro hanno sicuramente indotto ad una accelerazione. La guerra è molto costosa per le opinioni pubbliche che non vedono il beneficio di questi interventi. Anche l’Italia ha avuto dei dibattiti su questo tema. Io credo che, tutto sommato, l’accelerazione del conflitto sia stata positiva anche per questi aspetti. (mg)
Nuove violenze in Siria. Assad promette riforme ed elezioni
◊ Continuano le violenze in Siria. Due persone sono rimaste uccise ad Hama, nella parte centrale del Paese, all’indomani del discorso del presidente Assad, che è tornato a promettere riforme ed elezioni, indicando anche una possibile data: marzo 2012. Ma la situazione nel è sempre più tesa, con il riprendere della crisi israelo-palestinese e le possibili ripercussioni che un'eventuale caduta del regime siriano potrebbe avere su Libano, Iraq e Iran. Irene Pugliese ne ha parlato con Francesco Perfetti, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università Luiss di Roma:
R. – E’ una situazione molto delicata e molto pericolosa dove le prospettive di una possibile degenerazione di un conflitto in chiave internazionale sono abbastanza elevate perché ovviamente il mondo israeliano si trova in una situazione comprensibile di pre-allerta. Gli Stati Uniti sono riusciti finora a frenare Israele. L’Occidente si trova ormai in una situazione sostanzialmente di assorbimento delle sue crisi economiche e finanziarie e quindi nella difficoltà di poter intervenire in maniera consistente, cioè gli interventi che potrà fare l’Occidente in questa situazione si limiteranno a un richiamo ai principi della democrazia o al più a minacciare sanzioni.
D. – Assad ieri è tornato in video e ha promesso nuove riforme e nuove elezioni, ma continua la repressione. Qual è la strategia di Assad che per la quarta volta ha ripetuto le stesse cose?
R. – Dal suo punto di vista è una strategia vincente perché il mondo occidentale non si muove: cioè, a differenza di quello che si è fatto con Tripoli, il mondo occidentale nel caso della Siria non si è mosso ed è stato a guardare. Evidentemente Assad non ha alcun interesse ad avviare un processo di democratizzazione o di liberalizzazione all’interno del Paese, ha invece interesse a cercare di rassicurare il mondo occidentale e portare avanti il suo discorso di riconquista.
D. – Secondo lei noi dall’Occidente abbiamo una corretta informazione su quello che succede in Siria sia da parte del regime che dei ribelli?
R. – No, non ce l’abbiamo né possiamo averla perché le informazioni vengono ovviamente esaltate da una parte e dall’altra. C’è una dimensione di propaganda e di lotta politica interna.
D. – Con la caduta imminente del regime di Gheddafi la situazione in Siria è destinata ad evolversi più velocemente: dopo il colonnello, potrebbe cadere anche Assad?
R. – Potrebbe essere, questa è l’ipotesi ovviamente più probabile ma potrebbe anche non accadere se Assad riesce a recuperare la situazione con le armi. (bf)
Il cardinale Naguib: preoccupazione per la comunità cristiana in Egitto
◊ In primo piano al Meeting di Rimini oggi, oltre all'economia italiana, è l'attualità internazionale. Molto atteso nel pomeriggio il convegno dal titolo “Egitto: la bellezza, lo spazio del dialogo”, che racconterà l'esperienza interreligiosa e multiculturale vissuta al Cairo nell'ottobre scorso, durante un Meeting analogo a quello riminese. Intorno allo stesso tavolo si ritrovano oggi intellettuali e giuristi egiziani insieme a due esponenti religiosi di spicco del nord Africa: il vescovo Armiah segretario del Papa Shenouda III guida dei Copti ortodossi e il cardinale Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti cattolici. Al porporato, Gabriella Ceraso ha chiesto quanto sia cambiata la situazione in Egitto:
R. - A tutt’oggi, da quando il 25 gennaio è cominciato questo movimento chiamato rivoluzione, abbiamo visto che ci sono stati alcuni cambiamenti positivi che però non hanno toccato l’essenziale; infatti, in fin dei conti i responsabili, al di là dei più alti in grado che sono stati allontanati, sono sempre le stesse persone.
D. – La comunità cristiana come sta vivendo questa fase: è cambiato qualcosa nel rapporto con i musulmani?
R. - All’inizio, nelle prime settimane dopo la rivoluzione, era cambiato molto ma poi sono ricominciati gli attacchi, gli atti di violenza e di criminalità contro i cristiani e contro le chiese.
D. – Quindi lei teme per la sicurezza della comunità cristiana e per la libertà religiosa nel futuro dell’Egitto?
R. – Temiamo per la sicurezza di tutto l’Egitto perché l’Egitto adesso sta vivendo un momento di mancanza di sicurezza grave. Le forze armate fanno veramente moltissimo ma non riescono a mettere fine agli atti di vandalismo che vengono compiuti tutti i giorni un po’ dappertutto.
D. – C’è invece il timore di una deriva islamica, del prevalere di forze estremiste, in Egitto e in tutta l’area?
R. – Penso che le forze estremiste islamiche avranno certamente una presenza forte nel prossimo parlamento e questo per me e per tutti è normale, perché devono vedere riconosciuta la loro forza politica in base al consenso democratico; possono arrivare alla maggioranza presto, ma se arrivano anche al potere allora ci sarà il pericolo che impongano il modello dello Stato religioso islamico.
D. – Lei ha fatto vari appelli alla sua comunità…
R . – L’ultimo appello risale a due mesi fa: ho chiesto di sostenere questo processo verso uno Stato civile, uno Stato democratico, e all’inizio della rivoluzione regnava proprio questa visione. Poi dopo sappiamo come siano apparsi gruppi islamici con visioni di Stato basate sulla sharia e come abbiano prevalso a poco a poco.
D. – Lei ha timore o vincono la fiducia e la speranza?
R. – Tutte e due. Ho molta speranza, sono sempre ottimista, ma senza nascondere la mia ansia e la mia paura per il futuro, non solo per noi come cristiani ma per tutto l’Egitto. (bf)
Meeting di Rimini. L'intervento del presidente Napolitano
◊ Di fronte alle difficoltà “bisogna parlare il linguaggio della verità. Perché non provoca pessimismo”, ma “sollecita a reagire con coraggio e lungimiranza”, perché si creino le condizioni di un rinnovato slancio che attraversi la società in uno spirito di operosa sussidiarietà. Per questo, il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano - che ieri a Rimini ha aperto la 32.ma edizione del Meeting per l’amicizia tra i Popoli - guarda con speranza, citando Benedetto XVI, anche alle risorse che “scaturiscono dalla costante, fruttuosa ricerca di giuste forme di collaborazione tra la comunità civile e quella religiosa”. Da Rimini, ci riferisce il nostro inviato Luca Collodi:
Napolitano ha affrontato i nodi della crisi economica che colpisce l’Italia e il mondo occidentale, come gli Stati Uniti dove, ha osservato, vediamo come il radicalizzarsi dello spirito partigiano e della contrapposizione tra schieramenti stia provocando danni assai gravi per l’America e per il mondo”. Per uscire dalla crisi, serve ora “il coraggio della speranza, della volontà e dell'impegno”. Il presidente Giorgio Napolitano:
"Impegno che non può venire o essere promosso solo dallo Stato, ma che sia espresso dalle persone, dalle comunità locali, dai corpi intermedi, secondo quella concezione e logica di sussidiarietà che ha fatto di una straordinaria diffusione di attività imprenditoriali e sociali e di risposte ai bisogni comuni costruite dal basso un motore decisivo per la ricostruzione e il cambiamento del Paese”.
Il presidente della Repubblica italiana, interrotto più volte da lunghi applausi, ha ribadito la complessità dell’attuale situazione.“Le difficoltà sono serie, ha sottolineato, per molti aspetti non sono recenti, vengono dall’interno della storia unitaria e repubblicana del Paese":
"Possibile che da un lato si sia esitato a riconoscere la criticità della nostra situazione e la gravità effettiva delle questioni, perché le forze di maggioranza e di governo sono state dominate dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato, anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea? Possibile che d’altra parte delle forze di opposizione, ogni criticità della condizione attuale del Paese sia stata ricondotta a omissioni e colpe del governo, della sua guida e della coalizione su cui si regge?".
Una svolta capace di rilanciare la crescita e il ruolo dell’Italia implica riforme e il concreto funzionamento della giustizia. Anche perché, ha detto con forza Napolitano, Costituzione alla mano, “ripugna la condizione attuale delle carceri e dei detenuti”. Guardando poi alla manovra economica in discussione al Parlamento, Napolitano ha affrontato il tema dell’evasione fiscale.
"Basta con assuefazioni e debolezze nella lotta a quell’evasione di cui l’Italia ha ancora il triste primato, nonostante apprezzabili ma troppo graduali e parziali risultati. E’ una stortura, dal punto di vista economico, legale e morale, divenuta intollerabile, da colpire senza esitare a ricorrere ad alcuno dei mezzi di accertamento e di intervento possibili". (Da Rimini Fiera, Luca Collodi, collaborazione tecnica di Massimiliano d’Angelo)
L'inviato Onu in Myanmar per verificare il rispetto dei diritti umani nel Paese
◊ Durerà cinque giorni la visita, iniziata ieri, in Myanmar dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, Tomàs Ojea Quintana, incaricato di verificare il rispetto dei diritti umani da parte del nuovo governo civile del Paese. Sarà la prima visita dal marzo 2010, quando il regime protestò per la richiesta dello stesso Quintana di un’inchiesta Onu nell'ex Birmania. Di due giorni fa invece il primo incontro tra la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi e il nuovo capo di Stato Thein Wein. Un incontro definito storico e incoraggiante dalla stessa Suu Kyi. Sono, questi, da considerarsi segnali di una possibile svolta in un Paese ritenuto uno dei regimi più duri al mondo? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Cecilia Brighi, responsabile Asia della Cisl:
R. - Sono sicuramente segnali positivi. Io sarei molto cauta nel dire che rappresentano passi in avanti. Abbiamo già visto nel passato che, anche durante gli arresti domiciliari della leader birmana Aung San Suu Kyi, ci sono stati incontri tra il ministro per le Relazioni - che poi era il ministro del Lavoro - e Aung San Suu kyi ma in realtà non c’è stato un cambiamento strutturale nella condizione del processo democratico nel Paese. C’è una situazione molto complessa attualmente in Birmania: c’è uno scontro tra il governo e l’esercito che si è visto scippare il ruolo di potere nel Paese dopo le elezioni; ci sono scontri in atto con i rappresentanti delle nazionalità etniche, conflitti armati con anche violazioni di diritti umani pesantissime e infine c’è una situazione economica molto complessa. Forse il presidente ha voluto lanciare un messaggio di apertura anche in vista dell’Assemblea nazionale delle Nazioni Unite.
D. - Quando l'inviato delle Nazioni Unite, Quintana, rientrerà al Palazzo di Vetro dovrà relazionare. Che cosa succederà a suo giudizio all’Assemblea generale dell’Onu?
R. - Ad oggi non è cambiato nulla dal punto di vista della violazione dei diritti umani. Ci sono ancora più di 2100 detenuti politici in carcere. Si era parlato di un’amnistia dopo le elezioni, le elezioni sono state a novembre e non c’è stata nessuna amnistia. Inoltre, continuano le violazioni dei diritti umani; continua il lavoro forzato, noi lo abbiamo denunciato anche all’assemblea di giugno dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e ancora una volta il nuovo governo birmano è stato condannato; ci sono stupri, esecuzioni extragiudiziali … Noi abbiamo chiesto come Cisl, ma anche come sindacato mondiale insieme ad altri Paesi - Stati Uniti Gran Bretagna Australia Canada -, l’apertura di una commissione di indagine sui crimini di guerra contro l’umanità. Auspichiamo che il governo italiano e l’Unione europea appoggino pienamente la richiesta di questa indagine da parte delle Nazioni Unite e speriamo che all’Assemblea generale venga approvata questa commissione, perché è importante definire le responsabilità delle violazioni dei crimini di guerra e contro l’umanità perpetrate fino ad oggi nel Paese.
D. - Recentemente la Birmania si è anche rivolta al Fondo Monetario Internazionale per cercare di avviare una riforma economica. La grave crisi potrebbe in qualche modo dare la svolta?
R. - Il Paese è con l’acqua alla gola perché manca un sistema democratico e una politica macroeconomica trasparente. E’ estremamente corrotto, quindi bisognerebbe eliminare questi elementi strutturali presenti nel Paese. Manca anche la libertà di organizzazione sindacale. Il governo si è confrontato con gli imprenditori, anche con Aung San Suu Kyi, però noi chiediamo, come ha chiesto il sindacato birmano clandestino, che il sindacato sia riconosciuto e che possa partecipare al processo di trasformazione politica ed economica del Paese perché le condizioni di lavoro in Birmania sono condizioni assolutamente inaccettabili, peggiori di quelle che abbiamo visto nelle zone franche cinesi o vietnamite. I primi segni di cambiamento che il governo deve dare sono: la liberazione dei detenuti politici, il cessate il fuoco nelle zone degli Stati etnici e l’apertura di un dialogo concreto con tutte le forze democratiche ed etniche. (bf)
Sulle agevolazioni alla Chiesa, no alla disinformazione
◊ In questo periodo in cui in Italia si dibatte sulle misure per far fronte alla crisi, si sono intensificate le voci che chiedono l’eliminazione dei presunti privilegi economici di cui godrebbe la Chiesa cattolica. In particolare, le critiche si appuntano sull’esenzione Ici ed altre agevolazioni fiscali. Sulla questione, Alessandro Gisotti ha intervistato Patrizia Clementi, esperta dell’Avvocatura della diocesi di Milano:
R. - L’attacco che viene fatto alle “agevolazioni fiscali del Vaticano” innanzitutto non riguarda il Vaticano: il Vaticano è uno Stato estero, non si assoggetta all’ordinamento tributario italiano. Sarebbe come dire: Risaniamo il bilancio pubblico, facendo pagare la Repubblica di San Marino!
D. - Una delle questioni più dibattute è l’esenzione Ici…
R. - Nell’ambito dell’Ici - imposta sugli immobili - ci sono una serie di esenzioni. Una esenzione, che non è messa in discussione neanche da chi attacca queste agevolazioni, è quella che riguarda gli immobili destinati alle attività di religione e quindi gli edifici di culto, gli oratori... Quella che è sotto il mirino è l’esenzione riguardante gli immobili degli enti non commerciali e gli enti non commerciali sono buona parte del mondo no profit: ci sono - certo - gli enti ecclesiastici, ma ci sono anche le associazioni di volontariato, ci sono le onlus. Gli immobili che questi enti no profit utilizzano devono essere esclusivamente per otto attività, che la legge prevede, e che sono le attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive. Dunque, la prima chiarificazione va fatta su questi due punti: primo, non è un’esenzione che riguarda solo gli immobili della Chiesa; secondo, non sono tutti i beni, tutti gli immobili appartenenti a questi soggetti ad essere esenti, ma solo quelli utilizzati esclusivamente per una o più di queste attività.
D. - Si è letto anche, per esempio, che se un albergo fa costruire nel suo edificio una cappellina diventa esente dal pagamento dell’Ici…
R. - Questo è doppiamente falso! Anzitutto perché abbiamo detto che gli alberghi non rientrano nella categoria degli immobili esenti: se poi avessero la cappellina, anche la cappellina perde l’esenzione. Non è possibile rendere esente un immobile che non lo è semplicemente destinando una porzione dello stesso ad una attività esente. Avviene esattamente il contrario! (mg)
Sulle possibili ragioni che sottendono a questi nuovi attacchi alla Chiesa in materia economica, Alessandro Gisotti ha chiesto il commento di Umberto Folena, caporedattore di “Avvenire” e autore del libro-inchiesta “La vera questua”:
R. – La prima riflessione è che si tratta di una replica: sono sei, sette anni che, periodicamente, vengono fuori gli stessi argomenti e noi ci troviamo a replicare con gli stessi argomenti. Nei tempi di crisi, poi, la gente è arrabbiata, ci sono mugugni, si deve scatenare la propria rabbia verso qualcuno. E, in questo momento, la Chiesa è un ottimo bersaglio…
D. – Colpisce, peraltro, che vengano criticati l’8 per mille e l’esenzione Ici, che non riguardano solo la Chiesa cattolica e che, in realtà, hanno una funzione positiva nei confronti di tutta la popolazione, specie in un periodo di crisi come quello attuale…
R. – Sì. Credo che sia un atteggiamento “suicida” perché, di fatto, gran parte del Welfare, dell’assistenza e della tenuta della società italiana, dipende oggi dalle innumerevoli iniziative del mondo cattolico in tutte le sue sfaccettature. Tutto quello che fa la Chiesa cattolica contribuisce ad alleggerire lo Stato da oneri che non potrebbe sostenere da solo. L’esempio più evidente è quello delle scuole cattoliche, pubbliche non statali: se domani dovessero chiudere tutte, di colpo, lo Stato dovrebbe farsi carico di circa un milione di studenti che vanno dalla scuola materna ai licei! La spesa dovrebbe aggirarsi attorno ai sei miliardi, e ciò porterebbe a un vero e proprio crac definitivo dello Stato italiano.
D. – Alto elemento di disinformazione è l’assimilazione tra Chiesa cattolica italiana e Vaticano…
R. – Perché tirare in ballo il Vaticano? Perché nell’immaginario collettivo dell’italiano medio se si dice “Vaticano” si pensa alle magnificenza di San Pietro, si pensa a quella cosa stupenda che è la Cappella Sistina, si pensa alle ricchezze dei Musei Vaticani. Per gli italiani assimilare tutte queste cose significa: “Sono i ricchi che non pagano e fanno i furbi”. Questo è un meccanismo comunicativo molto elementare, è un imbroglio facilissimo da realizzare e purtroppo si rivela efficace. (vv)
In India ancora violenze anticristiane negli Stati di Karnataka e Orissa
◊ Con l’avvicinarsi del terzo anniversario dei pogrom del 2008, che gli estremisti indù festeggeranno con la Giornata di “protezione della fede”, si moltiplicano gli episodi di violenza contro i cristiani in India, accusati di conversioni forzate. Le comunità locali cattoliche e pentecostali hanno indetto per il 24 agosto una giornata di preghiera e di commemorazione delle vittime. Era il 23 agosto 2008 quando l’uccisione del leader radicale indù Laksamananda Saraswati, del quale fu ingiustamente accusata la comunità cristiana locale, scatenò un’ondata di assurda follia che lasciò dietro di sé 75 morti, circa 300 chiese distrutte, oltre 5 mila abitazioni date alle fiamme e 56 mila cristiani in fuga. Ora, a quasi tre anni di distanza, la realtà delle comunità rimaste è ancora fatta di ostilità, discriminazione e violenza: ieri nel villaggio di Rohi, Stato indiano del Kanataka dove i pogrom fecero ben 38 vittime, gli estremisti hanno fatto irruzione nella casa di un fedele in cui da tre anni a questa parte si svolge la funzione domenicale, hanno dissacrato il pane e il vino eD hanno selvaggiamente picchiato il pastore pentecostale che stava celebrando, e che poi è stato incarcerato con accuse non specificate. A Nandagiri, invece, nello Stato orientale dell’Orissa dove nel maggio scorso 13 estremisti sono stati condannati a 5 anni di carcere per i pogrom del 2008 con accuse generiche di disordini e incendi dolosi, il leader cristiano locale ha dovuto presentarsi in tribunale per rispondere della costruzione di una chiesa in città, che dovrà essere demolita entro un mese. Un episodio simile è avvenuto anche nel distretto di Kandhamal, dove è stata bloccata la ricostruzione di una cappella su suolo demaniale. “Sono tempi drammatici", racconta ad AsiaNews Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians, che ha rivolto un appello al procuratore capo della Corte suprema dell’India affinché fermi i governi locali: "chiediamo di non ripetere gli errori fatti in questi tre anni, in cui l’amministrazione non ha protetto le vittime e le loro proprietà”. Nonostante le dichiarazioni del premier federale Manmohan Singh, appoggiato dalla comunità cristiana, gli estremisti Hindutva continuano ad agire indisturbati, nel silenzio dei governi locali, e hanno accusato addirittura il Consiglio nazionale consultivo guidato da Sonia Gandhi di essere anti indù per aver promosso una bozza di legge contro la violenza interreligiosa. (A cura di Roberta Barbi)
◊ Portare all’attenzione delle Nazioni Unite il caso di Farah Hatim, la ragazza cattolica rapita, costretta al matrimonio e alla conversione forzata all’islam, nella città di Rahim Yar Khan, nella regione pakistana del Punjab. Questo l’obiettivo di alcune organizzazioni non governative come Franciscans International (Fi), espressione del mondo francescano accreditata all’Onu, che, in particolare, ha inviato un appello a Heiner Bielefeldt, osservatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà religiosa, per segnalare il caso e lanciare un appello contro le discriminazioni religiose. I francescani esortano la comunità internazionale a fare pressioni sul governo pakistano affinché adotti tutte le misure “per garantire salvezza e libertà a Farah”. Si chiede che la ragazza sia trasferita in un luogo sicuro, dove possa riprendersi ed “esprimere liberamente la sua volontà”. L’ong invita, inoltre, a perseguire le persone responsabili del sequestro e a garantire l’indipendenza dei tribunali, mentre la famiglia della ragazza ha subito pressioni e minacce. Franciscans International ha espresso, infine, una profonda preoccupazione per il fenomeno delle ragazze cristiane rapite, che secondo le fonti di Fides, ammonta ad almeno 700 casi l’anno. (G.I.)
Indonesia: il sindaco di Bogor si oppone alla costruzione di una chiesa
◊ Diani Budiarto, sindaco della città indonesiana di Bogor, si è pronunciato contro la realizzazione di una chiesa in una strada dedicata ad Abdullah bin Nur, leader religioso islamico scomparso nel 1987, nonostante i fedeli cristiani siano in possesso di tutti i permessi necessari. La mancata concessione del nulla osta alla costruzione dell’edificio, approvato dalla Corte Suprema e dal Governo indonesiano, è frutto della sola “opinione personale di Budiarto”, esponente del partito filoislamico Prosperous Justice Party (Psk). Secondo il primo cittadino, costruire un luogo di culto cristiano in una strada intitolata ad Abdullah bin Nuh oltraggerebbe il ricordo del defunto, ma lo stesso figlio del leader religioso ha precisato di non nutrire obiezioni in merito alla realizzazione della chiesa. Padre Benny Susetyo, attivista del Setara Institute, per la “democrazia” e il dialogo tra le religioni, condanna il “cattivo esempio del sindaco, che potrebbe essere imitato”. “Questo atteggiamento – aggiunge Susetyo ad AsiaNews - potrebbe essere letto come un tornaconto personale, nell’esercizio delle funzioni pubbliche”. (G.I.)
Somalia. L’impegno della Caritas in favore degli sfollati
◊ Resta difficile la situazione umanitaria in Somalia, soprattutto a causa della massiccia presenza di sfollati che premono sulle strutture sanitarie del Paese. Il documento della Caritas locale ‘Situation report’, appena pubblicato, riferisce di circa 410mila sfollati interni ospitati nel cosiddetto corridoio di Afgoye, mentre 470mila sarebbero quelli che gravitano nella capitale Mogadiscio, ormai allo stremo. I principali problemi, come riportato dall’agenzia Sir, sono, prevedibilmente, di ordine sanitario: morbillo, diarrea e altre malattie facilmente prevenibili sono in aumento e fanno impennare il tasso della mortalità infantile. Secondo i dati forniti, infatti, ogni 11 settimane muore il 10% della popolazione sotto i 5 anni di età: è accanto ai bambini, infatti, che si concentra il lavoro dei volontari della Caritas, impegnata nel fornire beni di prima necessità, cibo e assistenza, all’interno del territorio nazionale, ma anche presso gli sfollati nei campi del Kenya e dell’Etiopia. Tra le organizzazioni presenti, c’è Trócaire (Chiesa cattolica irlandese ndr), attiva nel centro-sud del Paese dove presta aiuto a circa 220 mila persone, e Caritas Svizzera-Lussemburgo che ha avviato un progetto nel Somaliland in favore delle categorie più vulnerabili delle aree di Togdheer e Sool Plateau. Oltre all’assistenza umanitaria, le organizzazioni sono impegnate nella fornitura di acqua potabile, nel supporto veterinario e nell’avvio di piccole attività imprenditoriali. (R.B.)
Il dossier di Save the Children sulla tratta degli esseri umani in Italia
◊ Alla vigilia della Giornata Onu in ricordo della Schiavitù e della sua abolizione, che ricorrerà domani e in cui si rifletterà a livello globale sul fenomeno della tratta degli esseri umani, Save the Children Italia ha diffuso un dossier intitolato “I piccoli schiavi invisibili”, realizzato con l’associazione On the Road-Consorzio Nova, che fa il punto sulla situazione italiana. La fotografia che il rapporto fa dell’Italia è drammatica: la tratta e lo sfruttamento dei minori a scopo sessuale, ma anche per l’accattonaggio, nel lavoro o nelle attività illegali, non sembra diminuire, ma, anzi, consolidarsi. Per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale femminile, i gruppi etnici maggiormente coinvolti sono quelli delle donne romene e delle nigeriane. In generale, sono tra 19 mila e 24 mila gli adulti maschi e femmine che si prostituiscono su strada, a fronte di 1600-2000 minori, mentre cresce lo sfruttamento al chiuso, tre volte superiore a quello su strada, con picchi di presenza dei minori pari al 10% del totale. Terribili meccanismi mediante i quali avviene l’assoggettamento: attraverso la violenza oppure attraverso la sudditanza psicologica che innesca la fedeltà per paura di essere esclusi dal gruppo. Il documento, inoltre, affronta anche lo sfruttamento sessuale dei minori maschi, particolarmente presente a Roma e Napoli, indicando in particolare a rischio i minori egiziani e afghani che più frequentemente arrivano in Italia non accompagnati, mentre maggiori vittime dello sfruttamento finalizzato all’accattonaggio sono i Rom provenienti dalle aree della ex Jugoslavia e dalla Romania, ma anche dal Bangladesh, dal Marocco e dall’Africa subsahariana. Tutto ciò nonostante i “passi avanti fatti anche a livello legislativo”, commenta la responsabile Programmi Italia-Europa di Save the Children Italia, Raffaela Milano, che ha illustrato il dossier frutto della rilevazione effettuata in 15 Regioni italiane. A monte della maggior parte di queste situazioni, spiega, ci sono “grande povertà, bisogno ed emarginazione”, per sconfiggere le quali “è necessario che tutti gli attori coinvolti operino in coordinamento e sinergia”, ad esempio potenziando il sistema nazionale anti-tratta, assicurando la protezione dei minori e degli adulti vittime del fenomeno e contrastando la criminalità organizzata attiva in questo campo. (R.B.)
Si intensificano i preparativi per la visita di Benedetto XVI in Benin dal 18 al 20 novembre
◊ Mentre la Chiesa festeggia il successo della Gmg di Madrid appena conclusa e la Germania si sta preparando a ricevere Benedetto XVI il prossimo settembre, anche per il Benin è iniziato il conto alla rovescia per la visita del Papa dal 18 al 20 novembre. A meno di tre mesi dall’evento fervono i preparativi nel Paese per accogliere al meglio il Santo Padre. Lo ha detto il vice presidente del Comitato organizzatore, padre Pascal Guèzodjè, a una conferenza stampa a Cotonou in cui è stato fatto il punto della preparazione. Dopo avere sottolineato il carattere apostolico della visita papale – riferisce il quotidiano cattolico locale Le Matinal - padre Guèzodjè ne ha ricordato i tre motivi centrali: la celebrazione insieme ai cristiani beninesi del Giubileo dei 150 anni dell’evangelizzazione del Benin ad opera dei missionari della Società delle Missioni africane (Sma); la commemorazione del compianto cardinale beninese Bernardin Gantin, elevato al cardinalato nello stesso giorno del card. Ratzinger, il 15 aprile 1993 e la consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale frutto del secondo Sinodo per l’Africa del 2009 dedicato al tema: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione della giustizia e della pace”. Tre parole, ha evidenziato da parte sua padre Raymond Bernard Goudjo, responsabile della logistica del viaggio, ben sintetizzate dall’appello rivolto dal Papa al termine del Sinodo “Alzati Chiesa in Africa!”. Quell’appello – ha detto il sacerdote – è un invito anche al popolo beninese a guardare con speranza al futuro, nonostante le difficoltà e le esperienze dolorose del passato. (A cura di Lisa Zengarini)
La gioia dei vescovi brasiliani per la scelta del Papa di indire la prossima Gmg a Rio de Janeiro
◊ “Una grande sfida”, ma anche “un momento molto speciale per la Chiesa in Brasile”: con queste parole, i vescovi brasiliani hanno accolto con gioia la scelta di Benedetto XVI di indire la prossima Giornata Mondiale della Gioventù nel 2013 a Rio de Janeiro. L’annuncio del Papa è arrivato ieri, al termine della Messa conclusiva della 26.ma GMG, svoltasi a Madrid. In serata, quindi, i rappresentanti della Conferenza episcopale brasiliana hanno tenuto una conferenza stampa nella capitale spagnola per manifestare il proprio entusiasmo e la propria gratitudine al Pontefice. All’incontro con i giornalisti sono intervenuti il presidente della CNBB, card. Raymundo Damasceno Assis, l’arcivescovo di Rio de Janeiro, mons. Orani João Tempesta, e il presidente della Commissione episcopale per la Pastorale giovanile brasiliana, don Eduardo Pinheiro. Nel suo intervento, il card. Damasceno Assis ha ringraziato il Papa per aver scelto Rio de Janeiro ed ha parlato di “responsabilità” per affrontare “una grande sfida” come questa, ribadendo che si metterà presto in contatto con il Pontificio Consiglio per i Laici per avviare i preparativi. Stretta sarà anche la collaborazione con il CELAM, la Conferenza episcopale dell’America Latina, ha aggiunto il porporato, così da coinvolgere il maggior numero possibile di giovani in tutto il continente. “Il lavoro sarà particolarmente intenso – ha continuato il card. Damasceno Assis – dato che la prossima GMG è stata anticipata di un anno, rispetto ai tre canonici, poiché il Brasile ospiterà, nel 2014, i Mondiali di calcio”. Il presidente della CNBB ha quindi aggiunto: “L’America Latina è il continente con il maggior numero di cattolici al mondo, pari al 47% della popolazione, e quindi la 27.ma GMG darà molti frutti non solo per i giovani del Brasile, ma anche per tutta la zona latinoamericana”. Dal suo canto, mons. João Tempesta ha sottolineato che la tradizionale Campagna di Fraternità che la Chiesa brasiliana promuove ogni anno sarà dedicata, nel 2013, proprio alla gioventù. “La scelta di Rio de Janeiro – ha detto invece don Pinheiro – rappresenta un momento molto speciale per la Chiesa in Brasile. La prossima GMG mostrerà una Chiesa viva, creativa, in parte proprio grazie ai giovani”. Al momento, la CNBB non si è sbilanciata sul possibile numero di partecipanti all’evento, ma ha comunque assicurato che, da parte dello Stato, c’è stata la massima disponibilità per accogliere la GMG nel Paese. Da sottolineare che questa è la seconda GMG ad essere ospitata da un Paese latinoamericano: nel 1987, infatti, toccò all’Argentina, precisamente a Buenos Aires. Certo, nel frattempo l’America Latina è cambiata, sottolineano i vescovi, ma nonostante i miglioramenti, la realtà registra ancora un aumento della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e della povertà in moltissimi altri. “La globalizzazione – ha aggiunto il presidente della CNBB – ha inoltre portato alla standardizzazione della cultura, con la conseguente perdita di una propria identità culturale”, soprattutto fra i giovani, sui quali, a detta di don Pinheiro, influiscono molto anche i mass media. Intanto, il prossimo 18 settembre, il Brasile accoglierà la Croce e l’Icona Mariana simboli delle GMG, voluti da Giovanni Paolo II rispettivamente nel 1984 e nel 2003. La Croce sarà ricevuta dall’Arcidiocesi di San Paolo e da qui partirà per un pellegrinaggio nelle 274 diocesi del Paese, nell’arco dei due anni di preparazione all’evento. Per accogliere la Croce, l’Arcidiocesi di San Paolo ha organizzato una Messa solenne, che avrà luogo alle 16.30 a Campo di Marte. La Croce della GMG resterà a San Paolo fino al 31 ottobre; la tappa successiva sarà Belo Horizonte, dove arriverà il 19 novembre per il pellegrinaggio nella Regione ecclesiastica Leste 2. L’ultima tappa della Croce prima di arrivare a Rio de Janeiro sarà la Valle do Paraíba, nel marzo del 2013. (A cura di Isabella Piro)
Argentina: celebrati i 30 anni della sede esarcale della Chiesa armeno-cattolica
◊ È stato celebrato ieri a Buenos Aires, in Argentina, con una celebrazione solenne, il 30.mo anniversario della creazione della sede esarcale della Chiesa armeno–cattolica dell’America Latina. Per l’occasione, la Santa Messa è stata officiata dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali e da mons. Vartan Boghossina, esarca apostolico per i fedeli di rito armeno residenti in America Latina e in Messico. A concelebrare, anche padre Paulo Hakimian, parroco della Chiesa armeno-cattolica di Buenos Aires, e padre Antonio Ketchedjian, parroco della Chiesa armena di Montevideo. Alla celebrazione hanno partecipato mons. Adriano Bernardini, nunzio apostolico in Argentina, i vescovi delle comunità maronita, melkita e della Chiesa apostolica armena, rispettivamente mons. Charbel Merhi, Ado Arbac e Kissag Mouradian. Presenti, infine, il rappresentante dell’ambasciata armena a Buenos Aires e il direttore nazionale per il culto cattolico in Argentina. Al termine della funzione, mentre si svolgeva la tradizionale cerimonia della Benedizione dell’uva e del mais, padre Paulo Hakimian ha letto il messaggio inviato da Sua Beatitudine padre Nerses Bedros, Patriarca della Chiesa armeno-cattolica. (G.I.)
Apre a Camaldoli la Settimana teologica degli intellettuali cattolici
◊ Il funzionamento della città multietnica, ma soprattutto multireligiosa, è al centro della Settimana teologica degli intellettuali cattolici, che si è aperta oggi e si chiuderà il 26 agosto a Camaldoli, nella Foresta Casentinese. Il tema scelto per quest’anno dagli organizzatori del Meic, il Movimento ecclesiale d’impegno culturale, per il tradizionale appuntamento, è “Le religioni nelle città. Sfide per la responsabilità dei credenti”, che sarà sviscerato grazie anche all’apporto di rappresentanti di altre fedi, tra i quali il presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia, nonché imam di Firenze, Izzedin Elzir, palestinese di Hebron da 20 anni in Italia. “In una società come la nostra è fondamentale riconoscere il contributo che le varie religioni possono portare alla realizzazione di una convivenza ordinata e pluralista”, ha spiegato il presidente del Meic, Carlo Cirotto, che ha annunciato un programma di tutto rispetto, in cui sono previsti gli interventi autorevoli del prof. Marco Morselli, teologo ebreo e vicepresidente dell’Associazione di amicizia ebraico-cristiana di Roma, del prof. Paolo Trianni, esperto di induismo della Pontificia Università Gregoriana, e della prof.ssa Marta Margotti, storica dell’Università di Torino. Il pomeriggio di giovedì 25 agosto, infine, sarà dedicato a un approfondimento sulla dialettica tra appartenenza, libertà religiosa e cittadinanza, con i contributi del filosofo Roberto Gatti, del costituzionalista e vicepresidente del Meic, Luigi D’Andrea, e dell’avvocato Francesco Russo. (R.B.)
Ad Assisi il 69.mo Corso di studi cristiani affronta il tema del male
◊ La sfida che il male pone agli uomini, alla loro fede, e alle religioni è al centro della riflessione del 69.mo Corso di studi cristiani organizzato dalla Cittadella di Assisi, che si concluderà il 25 agosto prossimo. All’evento, cui hanno collaborato la Comunità di Bose, Exodus e l’editrice Queriniana, stanno partecipando circa 400 persone. Il compito di introdurre il tema del male presente nel nostro tempo è stato affidato al Priore della Comunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi, che nella sua introduzione lo ha definito un’opportunità per gli uomini di riappropriarsi della propria responsabilità personale e di fare scelte inedite. L’unica risposta al dramma del male, ricorda il Priore, è la Buona Notizia del Cristo che con la Resurrezione ha vinto il male per sempre. Tra gli interventi, anche quello del vescovo della diocesi di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino, che ha raccontato la sua esperienza pastorale tra i sofferenti, e quello del giornalista Marco Politi, che ha individuato nella storia alcuni elementi di criticità che si costituiscono come cause del male, quali il dilagare dell’indifferenza, l’incapacità della denuncia e la caduta della domanda etica. Infine, la psicoterapeuta Rossella De Leonibus ha trattato il tema del “male di vivere”, cioè il disagio esistenziale dell’uomo contemporaneo, proponendo per sconfiggerlo la riumanizzazione dei diversi contesti di vita, ripartendo dall’importanza dei legami tra le persone, in modo da guardare il male negli occhi, avere il coraggio di riconoscerlo, di indignarci e di affrontarlo, consapevoli di avere un progetto e consci dell’esistenza di un “oltre”. (R.B.)
Al via a Trieste la 62.ma Settimana liturgica su catechesi ed ecumenismo
◊ “Un appuntamento di alto profilo scientifico, ma anche di concreta unità tra Chiese sorelle”: così il vescovo di Trieste, mons. Crepaldi, ha definito la 62.ma Settimana liturgica nazionale, intitolata “Dio educa il suo popolo. La liturgia come fonte inesauribile di catechesi”, che si apre oggi e si chiuderà il 26 agosto prossimo. L’appuntamento di quest’anno, precisa il Sir, è dedicato all’importante ambito della vita ecclesiale della catechesi e alla funzione educativa della liturgia, tema che va a collocarsi nell’ambito degli Orientamenti stabiliti dalla Conferenza episcopale italiana per il prossimo decennio: l’emergenza educativa, infatti, è stata più volte sottolineata da Benedetto XVI ed è una questione che si gioca anche nelle parrocchie e negli altri luoghi deputati alla formazione personale in Cristo. All’evento ospitato al Molo Quarto della città e promosso dal Cal, il Centro di azione liturgica, partecipano anche alcuni sacerdoti delle delegazioni delle vicine Slovenia, Austria e Croazia e cristiani di altre confessioni: “La gioia di avere alcuni vescovi di quelle terre a presiedere le varie celebrazioni – ha aggiunto mons. Crepaldi – sarà un bel momento di fraterna comunione e di scambio reciproco di esperienze”. Tra i relatori in programma, infine, il teologo mons. Bruno Forte; il vicario generale della Città del Vaticano, cardinale Angelo Comastri; l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola; e il filosofo sloveno Anton Stres. (R.B.)
Medio Oriente, tregua tra i movimenti armati della Striscia di Gaza e Israele
◊ Dopo quattro giorni consecutivi di scontri, innescati dagli attacchi terroristici compiuti giovedì a Nord di Eilat, è stata concordata una tregua fra le fazioni palestinesi della Striscia di Gaza e Israele. Secondo fonti ufficiali a Gaza, Hamas ha imposto il cessate-il-fuoco anche alle fazioni minori, responsabili della maggior parte dei lanci di razzi verso il territorio israeliano di questi giorni. Gli ultimi sono avvenuti proprio stanotte e stamattina, ma Israele non ha risposto in virtù della "linea morbida" adottata nelle ultime ore dopo una riunione d’emergenza dell’esecutivo. Solo ieri, invece, una vasta retata di membri di Hamas è stata attuata dall’esercito dello Stato ebraico nella città di Hebron: 120 le persone finite in manette. Sul versante egiziano la Lega araba ha condannato i raid israeliani che giovedì scorso hanno provocato la morte di 5 soldati di frontiera. Israele, ieri, avrebbe inviato una delegazione al Cairo proprio per discutere della crisi diplomatica che si è innescata tra i due Paesi.
Raid aerei turchi contro villaggi curdi nel Nord dell'Iraq
La Turchia continua a bombardare le postazioni del Partito dei lavoratori curdi nel Nord dell’Iraq. Nei raid aerei di ieri, per il quinto giorno consecutivo, almeno sette civili curdi hanno perso la vita. All’origine delle operazioni l’ultima imboscata dei ribelli secessionisti in territorio turco, che la settimana scorsa ha provocato la morte di 12 soldati di Ankara. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Alberto Rosselli, giornalista ed esperto dell’area:
R. – Dal punto di vista del diritto internazionale, questa è certamente una cosa intollerabile. Mentre l’Iraq, a fatica, cerca in qualche modo di ridare una certa autonomia a quella che è la minoranza curda presente sul suo territorio, nella zona di Mossul – e quindi nella zona settentrionale -, la Turchia, per risolvere un suo problema con il movimento curdo, non si pone scrupoli nell’andare a bombardare delle basi che sono in un territorio che non la riguarda, cioè il territorio di un’altra nazione.
D. – Possiamo aspettarci una reazione da parte dell’Iraq?
R. – L’Iraq è in una posizione di forte debolezza, anche militare. Ricordiamoci, poi, che la Turchia ha il più potente esercito mediorientale. A mio avviso bisognerebbe che le nazioni occidentali – in primis gli Stati Uniti – tutelassero quelli che sono i diritti attuali dello Stato iracheno.
D. – Come si lega tutto questo con il cammino, in Europa, della Turchia?
R. – La Turchia guarda all’Europa perché ha la necessità di farlo, anche perché è un’economia che è in fase di modernizzazione, di trasformazione, e quindi ha bisogno di legarsi al “carro” europeo ed occidentale. Ma gli interessi turchi non solo sono in direzione dell’Europa: hanno preso anche la direzione dell’Asia centrale. Le popolazioni dell’Asia centrale – Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e così via – sono regioni turcofone. La Turchia vanta un diritto di opzione per quanto riguarda l’amicizia nei confronti di questi Stati, perché l’Asia centrale rappresenta l’ultimo "El Dorado" per quanto riguarda il petrolio ed anche moltissime materie prime.
D. – La cosa preoccupa la Russia…
R. – Senz’altro. Questo è un progetto che per adesso non è militare ma soltanto economico. Questa penetrazione economica e culturale che sta facendo la Turchia in Asia centrale mette in fibrillazione la Russia, l’Iran – che ha interesse ad occuparsi dell’Asia centrale come forma d’investimento alternativo -, l’Arabia Saudita - che sta cercando di fare investimenti post-petroliferi in Asia centrale - e la stessa Cina. La Turchia è diventata uno Stato molto importante dal punto di vista geo-politico in questi ultimi 15-20 anni, ed è probabilmente lo Stato intorno al quale ruoterà non solo la politica ma ruoteranno anche i destini sia dell’Europa, sia del Medio Oriente e sia delle aree centro-asiatiche. (vv)
Economia
Borse europee tutte in positivo con Milano, migliore piazza, che guadagna almeno due punti percentuali. Gli acquisti si concentrano sulle banche e sull’energia spinti dagli ultimi sviluppi della situazione in Libia, dove le aziende in questione hanno diverse commesse. Cala anche il prezzo del petrolio a Londra, in previsione di un ritorno sui mercati del greggio proveniente proprio dal Paese nordafricano. E mentre i mercati restano in attesa di importanti dati macroeconomici in arrivo dagli Usa e della posizione dell'Ue su temi come la Tobin tax e gli Eurobond, l’Ocse conferma la frenata del Pil nell’area Euro già rilevata dall’Eurostat: nel secondo trimestre del 2011, il Pil è cresciuto dello 0,2%, contro il +0,3% dei primi tre mesi.
Italia
In Italia si preannuncia una settimana decisiva per la manovra bis, che deve affrontare la prova del Parlamento. Domani aprirà i lavori il Senato dove gli emendamenti potrebbero essere presentati alla fine della prossima settimana per poi essere votati dal 29 agosto. Intanto, all’interno delle forze politiche continua il serrato confronto sulle modifiche da apportare al testo approvato dal Consiglio dei Ministri. Il nodo principale resta quello delle pensioni con una vasta fronda del Pdl favorevole ad una riforma del welfare per eliminare i tagli agli enti locali. Una proposta che trova la ferma contrarietà della Lega, i cui vertici sono riuniti da questa mattina per definire la linea del partito, del Partito Democratico, che annuncia un pacchetto di controproposte, e dei sindacati.
Visita della Merkel nei Balcani
“La crisi finanziaria della zona Euro non metterà a rischio il processo di allargamento della Unione europea”. Lo ha detto il cancelliere tedesco, Angela Merkel, in un'intervista alla Tv pubblica croata in occasione della sua visita in Croazia e in Serbia. “Anche se Grecia, Portogallo e Irlanda hanno delle difficoltà, non priveremo gli altri Paesi della loro prospettiva europea”, ha affermato Merkel.
Ucraina - Timoshenko
La corte ucraina che sta processando l’ex premier Iulia Timoshenko ha respinto la richiesta dell’attuale leader dell'opposizione di essere visitata in carcere da un medico di fiducia per la misteriosa malattia di cui soffre e a causa della quale avrebbe il corpo ricoperto di lividi di cui si ignora la natura. Quando il magistrato ha ricordato all’imputata di essersi rifiutata di farsi visitare da una commissione sanitaria del Ministero della salute, la ex premier ha ribadito di non fidarsi dei medici “inviati dal governo”. Nella stessa seduta i giudici hanno rimosso dal processo per aver “sistematicamente mancato di rispetto alla corte” uno degli avvocati della Timoshenko. L'Unione europea, nei giorni scorsi, ha espresso “preoccupazione” per lo stato di salute di "Iulia", e ha chiesto a Kiev di assicurarle ''esami clinici tempestivi e indipendenti e cure professionali''.
Kazakistan
In Kazakistan ampia vittoria del partito del presidente Nazarbaiev alle elezioni per il rinnovo della Camera alta che si sono svolte lo scorso 19 agosto. La formazione ha conquistato tutti i seggi in palio. Lo ha comunicato stamattina la commissione elettorale locale che ha definito libera e democratica la campagna elettorale nonostante il blocco di alcuni siti web proprio il giorno del voto.
Giappone
Nuova scossa di terremoto stanotte in Giappone, nella zona di Fukushima. E’ stata di magnitudo 4.5 e non ha provocato danni alla centrale già duramente colpita dal sisma e dallo tnumani del marzo scorso. Intanto, il partito di governo – il partito democratico – ha fatto sapere che lunedì prossimo si riunirà per eleggere il nuovo premier in sostituzione di Naoto Kan la cui popolarità è al minimo proprio dopo la tragedia nucleare di Fukushima. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 234