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Sommario del 12/08/2011
◊ Il Papa continua a seguire da vicino la drammatica situazione delle popolazioni del Corno d’Africa colpite dalla carestia: attraverso il Pontificio Consiglio Cor Unum, ha inviato un sostanzioso aiuto ad alcune diocesi dell’area, dove i civili continuano a fuggire non solo spinti dalla fame ma anche dalla guerra. Sul nuovo intervento di Benedetto XVI ascoltiamo mons. Giovanni Pietro Dal Toso, segretario di Cor Unum, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – Il Papa era intervenuto già il 17 luglio e poi ripetutamente su questa vicenda; aveva dato inizialmente, tramite il nostro dicastero, un aiuto per la Somalia e adesso ha voluto dare un ulteriore segno della sua partecipazione a questa tragedia con un aiuto ad alcune diocesi del Kenya e dell’Etiopia che stanno svolgendo un lavoro di accoglienza e di assistenza della popolazione che, come lei sa, vive di due problemi fondamentali: uno è la siccità con la carestia che si è ingenerata, e poi a questo si è aggiunto il problema dei profughi e degli sfollati interni.
D. – Ora l’importante è non abbassare la guardia, anche per quanto riguarda la comunità internazionale…
R. – Sì. Io credo che questa sia stata la linea della Santa Sede e del Santo Padre da subito: spingere la comunità internazionale ad intervenire in una situazione che si sta trascinando da molto tempo e, purtroppo, dobbiamo dire anche, per molto tempo nell’indifferenza generale. Devo dire che ho l’impressione che adesso ci sia un’attenzione maggiore al problema, anche di fronte alle molte emergenze di oggi, come la crisi finanziaria cui stiamo assistendo. A volte, però, forse si rischia di dimenticare le emergenze che toccano popoli già poverissimi e in grandi difficoltà.
D. – Qual è la presenza della Chiesa in queste regioni?
R. – La presenza della Chiesa è una presenza già strutturata, nel senso che sul posto ci sono già diocesi e vicariati apostolici che sono stati la base per un intervento a favore delle popolazioni. Mi sembra questa, peraltro, una cosa molto importante da rilevare, cioè come in questa occasione le diocesi africane, le Caritas locali africane, la popolazione del posto – i cattolici del posto – siano stati i primi a dare una mano. Quindi, c’è stato anche un aiuto che è partito immediatamente dagli africani stessi. Ovviamente, la Caritas Internationalis sta predisponendo un piano più articolato e più vasto insieme anche ad altre agenzie per sostenere questi sforzi che – ripeto – sono già partiti dalla Chiesa locale. (gf)
◊ Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi ha tenuto stamani un briefing per illustrare il programma del Viaggio Apostolico del Papa a Madrid, in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù. Si tratta del 20.mo viaggio internazionale di Benedetto XVI, il terzo in terra spagnola, ma il primo nella capitale Madrid. Sul briefing in Sala Stampa vaticana, ci riferisce Alessandro Gisotti:
Centinaia di migliaia di giovani, ma anche 800 vescovi - un quarto dei presuli di tutto il mondo - e ancora seimila seminaristi e migliaia di sacerdoti: sono alcuni dati che padre Federico Lombardi ha citato per sottolineare la straordinarietà della terza Gmg di Benedetto XVI. Il viaggio del Papa, del resto, non si identifica totalmente con il raduno dei giovani: sono infatti previsti incontri con i Reali di Spagna, il premier Zapatero e il leader dell’opposizione Rajoy, ma anche con il mondo accademico e dei giovani disabili. E tuttavia, ha osservato padre Lombardi, il cuore della visita è l’incontro dei giovani con il Papa sotto il segno della Croce. Quindi, si è soffermato sul motto scelto dal Papa per la Giornata: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”.
“Il significato è ovviamente in rapporto anche con temi di questi Pontificato, quello delle radici e del fondamento in Cristo anche in un tempo, come quello che viviamo, di incertezze, di cambiamenti in cui, quindi, avere un fondamento chiaro e solido è particolarmente importante, soprattutto per i giovani che devono costruire la loro vita”.
Una Gmg anche nel segno del suo ideatore, Giovanni Paolo II: il nuovo Beato, ha detto padre Lombardi, è infatti annoverato tra i dieci Santi Patroni della Gmg di Madrid e per questo, nella capitale iberica, verrà portata una reliquia di Karol Wojtyla. Tre in particolare i momenti di grande rilevanza spirituale: la Via Crucis nella Plaza de Cibeles di Madrid, aperta e chiusa da un’orazione del Santo Padre che seguirà tutte le stazioni; la Veglia di preghiera con i giovani, all’aeroporto “Cuatro Vientos” con il toccante e intenso momento dell’Adorazione eucaristica; infine, la Messa, sempre nell’aeroporto di Madrid in cui sono attese fino ad un milione di persone. Gli iscritti alla Gmg sono al momento 400 mila, ma ha ricordato il direttore della Sala Stampa vaticana, tradizionalmente alle Gmg il numero dei partecipanti supera di tre volte quello degli iscritti. Rispondendo alle domande dei giornalisti, padre Lombardi ha così affermato che il laicismo in Spagna non sarà uno dei temi della visita:
“Il centro e la chiara impostazione è: andiamo per questo grande incontro che la Spagna ospita, con grande cordialità e con grande attenzione, e diamo questo messaggio di incoraggiamento per i giovani del mondo”.
Ancora, padre Lombardi ha risposto a proposito di alcune manifestazioni di dissenso nei confronti della visita del Pontefice:
“Non direi che ci sia particolare ‘preoccupazione’ né stupore; mi sembra che sia una cosa che avviene normalmente, quando ci sono viaggi del Santo Padre: obiezioni da parte di chi non è d’accordo …”.
Padre Lombardi non ha poi mancato di sottolineare che, per la prima volta in una Gmg, il Papa confesserà dei giovani, mentre 200 confessionali saranno presenti a Madrid per i ragazzi che si vogliano accostare al Sacramento della Riconciliazione. Infine, ha rilevato la sintonia tra la Gmg e la Giornata dell’Onu per la gioventù che ricorre oggi, rammentando che la prima Giornata Mondiale della Gioventù si tenne proprio nell’Anno internazionale dei giovani, promosso dalle Nazioni Unite.
Intanto cresce l’entusiasmo e il desiderio di incontrare il Papa tra i giovani cattolici di tutto il mondo in viaggio verso Madrid. Ascoltiamo alcuni pellegrini provenienti dal Costa Rica al microfono di Paolo Ondarza:
D. - Come ti sei preparato a vivere la Gmg?
R. - No ha sido fácil…
Non è stato facile riuscire a partire. Abbiamo fatto sacrifici economici per procurarci i soldi per il viaggio. Ma la Provvidenza ci ha aiutati in modi anche sorprendenti. Spiritualmente ci siamo preparati attraverso apposite catechesi per aver cuori disposti ad accogliere Cristo e il messaggio del Papa.
R. - Bueno, en realidad ha sido un proceso…
In realtà la preparazione ha comportato soprattutto tanta preghiera. Personalmente ho messo tutto nelle mani di Dio. Perché potessi realizzare il sogno di venire a Madrid per la Gmg.
D. - Cosa vuol dire per te incontrare il Papa?
R. - Eso, para nosotros encuentrar el Papa…
Incontrare il Papa, ricevere il suo messaggio e la sua benedizione è importantissimo. Così come condividere un’unica fede con i giovani di tutto il mondo!
R. - Creo que efectivamente sea una experiencia…
E’ un’esperienza che va al di là di un semplice incontro. Egli è, infatti, il rappresentante di Cristo nella Chiesa e la portata di questo incontro va molto al di là di ciò che possono esprimere le parole.
D. - Ti piacerebbe dire qualcosa al Papa?
R. - Se tuvieron la oportunidad de hablar…
Se avessi davvero la possibilità di parlargli gli chiederei di tenerci sempre presenti nelle sue preghiere. Poi gli assicurerei la mia preghiera, affinché Dio lo sostenga e fortifichi sempre nel suo ruolo di pilastro della Chiesa.
D. - Quale la realtà giovanile della Chiesa in Costa Rica?
R. - Pues, Gracias a Dios…
Grazie a Dio è una realtà che cresce. I giovani cattolici sono molto dinamici e testimoniano gioia cristiana. Noi siamo salesiani e cerchiamo di essere, nel nostro piccolo, servitori di Cristo. (mg)
◊ I Santuari continuano a rappresentare, anche nella società secolarizzata di oggi, “un luogo privilegiato in cui l’uomo, pellegrino su questa terra, fa esperienza della presenza amorevole e salvifica di Dio”: è quanto si legge nella Lettera della Congregazione per il Clero indirizzata, tramite gli ordinari diocesani, ai rettori dei Santuari di tutto il mondo. Sullo scopo di questo messaggio, Sergio Centofanti ha sentito il cardinale Mauro Piacenza, prefetto del dicastero per il clero:
R. – Questa lettera ai santuari ha soprattutto lo scopo di inserirsi nel grande movimento di nuova evangelizzazione che ci coalizza un po’ tutti, nella Chiesa. Si vuole concentrare l’attenzione su questi luoghi che Paolo VI chiamava “le cliniche dello spirito”, perché in un periodo di vasta secolarizzazione probabilmente ancora di più questi santuari hanno una funzione, perché talvolta coloro i quali magari anche non frequentano regolarmente o addirittura non frequentano, trovandosi fuori per una gita o perché comunque sono in villeggiatura, o per motivi d’arte o per altri vari motivi, entrano nel Santuario. Allora, si vorrebbe in qualche modo coalizzare tutti gli elementi per aiutare l’incontro con il Signore, la revisione della propria vita, attraverso tutti quegli elementi che il Santuario porta con sé. E per questo si chiede ai rettori dei Santuari, agli operatori pastorali nel Santuari di valorizzare tutti gli elementi di catechesi, tutti gli elementi che possono facilitare l’approccio: la persona entra e c’è la Santa Messa, ad esempio, e la persona si ferma anche se non ha l’abitudine – purtroppo – di partecipare alla Messa. E allora, magari, una celebrazione ben fatta, dalla quale traspaia veramente la fede, dove sia curato ogni dettaglio può favorire il raccoglimento: il canto può aiutare, la musica può aiutare, il silenzio può aiutare, come anche la predicazione molto curata tenendo presenti tanti elementi. Poi, ad esempio, curare in modo particolare nel Santuario il luogo dove si conserva il Santissimo Sacramento come luogo di particolare raccoglimento: che il Tabernacolo attiri di per sé anche per la sua posizione, in modo che la persona si senta bene lì e lì avvenga quel dialogo fecondo che può portare ad una trasformazione della propria vita, ad un conforto quando si hanno dei dolori, delle sofferenze. Poi, volgersi verso il confessionale, ad esempio e allora sentire il desiderio di aprirsi con Dio, di ricevere la sua misericordia. E ancora, le piccole occasioni: i luoghi dove si raccolgono gli ex-voto, se sono raccolti con una traccia, con un aiuto per poter leggere meglio l’intervento di Dio nella vita delle persone, che cosa la fede può generare, può portare … Le benedizioni: a volte ci sono persone che portano, per esempio, l’auto nuova da far benedire fuori dal Santuario. Ecco, quello può essere un momento in cui il sacerdote dice anche una parola, ne approfitta per incontrare quella famigliola o quella persona … Per questo si è scritto ai vescovi perché possano consegnare questa lettera ai rettori dei Santuari del territorio diocesano proprio per un entusiasmo particolare, una revisione, una ripresa di iniziative.
D. – La pietà popolare – afferma la lettera – è di grande rilievo per la fede e non va assolutamente ostacolata, anzi: va favorita …
R. – Certo! Anche questo è un elemento importante. Da qualche anno a questa parte c’è stata, da parte di molti, una rivalutazione, un ripensamento della pietà popolare che aveva conosciuto anni in cui i cosiddetti “intellettuali” stringevano un po’ gli occhi di fronte a questa parola e a questa realtà. Si è ripreso, invece, a studiare la pietà popolare con un occhio pieno di rispetto. Indubbiamente, la pietà popolare è una ricchezza immensa: sarebbe un errore pastorale altrettanto immenso trascurarla o “svalorizzarla” in qualche modo. Quindi, va valorizzata, bene incanalata, tenendo presente tutto ciò che è il sentimento che si esprime nella pietà popolare: perché questo sentimento popolare fiorisce sulla fede, su dei convincimenti, su una fede non vaga ma una fede nel Verbo Incarnato, una fede nell’economia sacramentaria, una fede nella Chiesa, nella comunione dei Santi … E viene illustrata dalle varie culture, dalle sensibilità. Ora, in questo caso si tratta piuttosto di integrarla bene nell’impalcatura fondamentale che è quella liturgica, e con una buona catechesi e con un’attenzione particolare, diventa un grandissimo valore!
D. – Ancora oggi i santuari conservano uno straordinario fascino, testimoniato dal numero crescente di pellegrini che vi si recano …
R. – Sì: direi che, anzi, c’è un rinvigorimento della frequentazione dei Santuari. Credo che questo sia un fatto ben comprensibile: da una parte evidentemente c’è un movimento dello Spirito e poi c’è questa necessità: più si “inaridiscono” le zolle del nostro cammino, delle nostre strade, più sentiamo il bisogno e il fascino di andare laddove la terra è fertile. In qualche modo, quindi, la persona qui ritrova se stessa e per questo c’è sempre più bisogno di questi luoghi! (gf)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il volto della Chiesa sempre giovane: in prima pagina, José Maria Gil Tamayo alla vigilia della giornata di Madrid; nell’informazione vaticana, un articolo del cardinale Stanislaw Rilko.
Nell’informazione internazionale, in rilievo la minaccia dell’arruolamento forzato che grava sui bambini somali.
In cultura, il cardinale Zenon Grocholewski e l'arcivescovo Rino Fisichella sul congresso mondiale delle università cattoliche ad Avila.
Cinquant’anni fa, il 13 agosto 1961, iniziava la costruzione del Muro: un articolo di Andrea Possieri dal titolo “E Krusciov diceva: ‘Quando voglio far urlare l'Occidente stringo Berlino’”. Con un editoriale, 20 agosto 1961, del direttore de “L'Osservatore Romano”, Raimondo Manzini, a commento degli accadimenti di Berlino, alla luce delle parole pronunciate da Giovanni XXIII nella solennità dell’Assunzione di Maria.
In trenta mesi Piazza San Pietro come nel Seicento: inizia una nuova fase del restauro del colonnato.
Nell’informazione religiosa, il ricordo di Massimiliano Kolbe, nel settantesimo del martirio.
Borse in ripresa, governo italiano vara misure correttive antideficit: tagli e tassa di solidarietà
◊ Prosegue l’andamento positivo delle principali borse europee dopo la buona performance di ieri, che ha interessato anche Wall Street. Ora si attendono segnali da parte di quei governi del vecchio continente impegnati nella definizione di manovre correttive. In Italia è prevista per questo pomeriggio alle 19 la convocazione di un Consiglio dei ministri straordinario per varare “provvedimenti urgenti in materia finanziaria. Tra le misure in arrivo si parla di un possibile prelievo fiscale tra il 5 e il 10% sui redditi superiori ai 90mila euro. Il premier Berlusconi ha confermato “un’imposta di solidarietà” e la riduzione dei costi della politica, mentre il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in seguito ad un incontro tra governo ed enti locali, ha parlato di un “taglio alle regioni e agli altri enti di 6 miliardi per il 2012 e di 3,5 nel 2013”. Intanto, l’Ue, la Banca Centrale europea e il Fondo Monetario internazionale hanno apprezzato l’intervento messo in atto fino ad ora dal Portogallo. Sull’importanza di questi provvedimenti, a fronte della volatilità dei mercati, Eugenio Bonanata ha raccolto l’opinione dell’economista Riccardo Moro:
R. - In questo momento noi stiamo fronteggiando una crisi che non ha consistenti caratteri strutturali: ha fondamentalmente una dinamica finanziaria che è legata fortemente - a me sembra - anche all’immagine di sé che danno i governi europei, in questo caso, e le istituzioni internazionali. Quanto più istituzioni e governi riescono a mostrare una coesione, una capacità di intervento rapida e coordinata, tanto più questo viene letto dai risparmiatori come un segnale positivo. Se aggiungiamo il rimbalzo positivo delle Borse di ieri, questo potrebbe farci pensare - se non arriveranno segnali contraddittori da Francia e Italia - ad uno stimolo che in queste ultime ore di Borsa e alla riapertura dei Mercati, dopo Ferragosto, possa dare dei segnali positivi.
D. - Gli organismi di controllo delle Borse in Italia, Francia, Spagna e Belgio hanno deciso di vietare la vendita di titoli allo scoperto per quindici giorni. Cosa significa questa manovra? Cosa può comportare?
R. - E’ un segnale che chiede di raffreddare i movimenti speculativi. Va detto, però, che se lo fanno solo quattro Paesi non significa che questo avvenga sugli altri Mercati: non avviene, dunque, sul Mercato americano, non avviene sul Mercato britannico, che sono poi due piazze finanziarie molto consistenti. Le perdite molto pesanti che sono avvenute nei giorni scorsi - l’ultimo quello del 6,6 dell’altro giorno - vedono un ruolo delle operazioni allo scoperto molto contenuto. Segno, questo, della necessità di segnali politici che vadano al di là di un vincolo superiore alle regole.
D. - Sul versante italiano: Bankitalia ha comunicato un nuovo record a giugno del debito pubblico, che ha superato per la prima volta 1.900 miliardi. Questo dato può complicare il cammino del governo italiano?
R. - No, in realtà no perché è un dato del tutto previsto: nel senso che con quello che sta accadendo in questi giorni è chiaro che il trend non va verso un miglioramento dei fondamentali finanziari. Questo non mi stupisce e credo che non vada neanche enfatizzato. Il problema più grave è quello a monte e cioè della capacità di invertire il trend: capacità che è possibile realizzare esclusivamente con un vero cambio di passo, anche dal punto di vista politico, che è la cosa che poi preoccupa di più nel nostro Paese. (mg)
Città blindate in Gran Bretagna: operativi 15mila agenti antisommossa
◊ Cinque morti e quasi 1.750 arresti: sono le cifre che segnano il drammatico bilancio dei disordini che negli ultimi cinque giorni hanno sconvolto la Gran Bretagna. Anche questa notte è trascorsa senza disordini e senza particolari problemi nelle città ormai blindate da oltre 15mila agenti in assetto antisommossa. Il governo di Londra ha stabilito l’istituzione di un fondo per il risarcimento delle vittime degli atti di vandalismo ed ha promesso il ‘pugno duro’ contro chi si sia macchiato di reati nel corso della rivolta. Il premier Cameron è arrivato addirittura al punto di minacciare la chiusura di alcuni social network e l’impiego delle forze armate nelle città più a rischio. Sentiamo il commento di Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali, intervistato da Stefano Leszczynski:
R. – In realtà, da quello che sembra, c’è stato un tentativo di intervento della polizia, più che altro per contrastare la circolazione di opinioni e di informazioni false che accrescevano la paura nei social network britannici. Probabilmente non è bastato, per cui adesso si parla di possibili sospensioni temporanee dei media in determinate occasioni. Francamente, non so se questo funzionerà. Quanto alla militarizzazione delle grandi città, io mi auguro che Cameron ci ripensi. In realtà, qui dietro c’è una polemica diversa, molto britannica, collegata alla questione dei tagli di bilancio. Cameron ha proposto un forte taglio di bilancio delle forze di polizia; probabilmente, l’accenno alla possibilità di utilizzare le forze armate è anche in polemica con le forze di polizia. In questo momento, c’è una certa tensione …
D. – Questi incidenti sono, secondo lei, in qualche modo ricollegabili alla questione dell’immigrazione, dell’integrazione degli stranieri nella società inglese?
R. – Sicuramente c'è un problema di integrazione nella società britannica. La società britannica, più che “integrare” le comunità degli immigrati, le ha “accettate” e in una qualche maniera “isolate”, con forme addirittura di “autogoverno” all’interno della società. Ha avuto un approccio empirico che è sembrato funzionare bene per molti anni ma che adesso sembra essere arrivato alla fine della sua utilità, specialmente perché giovani di seconda o terza generazione evidentemente non accettano più con tanta facilità l’idea di essere in qualche modo “ghettizzati”.
D. – Molti hanno fatto il paragone tra quello che è avvenuto in Inghilterra con quello che qualche anno fa è avvenuto in Francia, con la rivolta delle banlieues. Secondo lei, questo può avvenire anche in altri grandi centri urbani dell’Europa?
R. – Io credo che possa avvenire ovunque. Noi in Italia abbiamo avuto già episodi di violenza più circoscritti. Alcuni, in Inghilterra, sostengono che poi dietro c’è anche la pressione della società dei consumi: questo è un fenomeno che io credo sia abbastanza diffuso in tutta Europa.
D. – Da un punto di vista di gestione politica della società, secondo lei la politica del “pugno duro” paga o no?
R. – Intendiamoci: di fronte ad una sommossa, la politica del “pugno duro”, soprattutto se è appoggiata da una forza sufficiente, paga. Però, ovviamente, paga nel breve termine. Subito dopo va applicata una politica di migliore risposta sociale. (gf)
La Germania ricorda il 50.mo anniversario della costruzione del Muro di Berlino
◊ Sono passati 50 anni dall’inizio, il 13 agosto del 1961, della costruzione del Muro di Berlino. Una barriera che per oltre 28 anni ha separato la parte est della città da quella occidentale con lo scopo di arginare la fuga di migliaia di cittadini dal regime comunista della Repubblica Democratica Tedesca. Nell’ambito delle celebrazioni per il 50.mo anniversario, domani nella capitale tedesca si svolgerà una preghiera ecumenica con diversi capi religiosi, fra cui il vescovo ausiliare di Berlino mons. Matthias Heinrich, alla presenza del capo di Stato tedesco Christian Wulff e del cancelliere Angela Merkel. Per una lettura di questa drammatica pagina della storia europea, Marco Guerra ha intervistato l’inviato di Avvenire, Luigi Geninazzi:
R. - La Germania Est, che era già una prigione come tutti i Paesi comunisti dell’Est Europa da dove non si poteva uscire, aveva a Berlino - si diceva con un'amara battuta - quel portone sempre aperto verso l'Occidente, ed era difficile impedire ai cittadini di passare la linea di demarcazione che a volte era semplicemente una linea che tagliava case, marciapiedi, e così via. Tanti erano già scappati dalla Repubblica Democratica Tedesca, ben 3 milioni, 3 milioni e mezzo su una popolazione di 17 milioni, questo ci dice anche il perché le autorità comuniste di Berlino Est si decisero a questo passo. Non potevano sopportare una tale emorragia della propria popolazione.
D. – Che cosa ha significato la costruzione del Muro per i berlinesi e per l’intero popolo tedesco?
R. – Per i tedeschi dell’Est fu un grande trauma, anche perché da allora non potevano più uscire. Nei primi giorni della costruzione del Muro ci furono veramente casi drammatici di gente che cercava di scappare in ogni modo tra il filo spinato… Per i tedeschi dell’Ovest fu altrettanto un grande trauma, perché per tanti che abitavano Berlino Ovest, prima di tutto, d’improvviso, si videro impediti di andare a trovare i loro parenti, i loro amici, i loro connazionali, semplicemente.
D. – Quali ripercussioni ci sono state sulla Chiesa tedesca?
R. – La Chiesa era divisa e dobbiamo ricordare che il cardinale di Berlino ha sempre avuto la sua residenza a Berlino Est, quindi, era una delle poche persone che dopo il ’61 riusciva a passare dall’una e dall’altra parte. Viveva in contatto con questa comunità lacerata ed è stata veramente un’esperienza di grande sofferenza ed un segno di speranza.
D. – Il Muro è stato il simbolo della guerra fredda che ha diviso l’Europa e l’Occidente: a quasi 22 anni dalla caduta cosa è rimasto di quel Muro?
R. – Il cancelliere Kohl, artefice dell’unificazione, parlava di campi fioriti all’Est. Non è stato immediato far crescere questi fiori, però dopo 22 anni possiamo dire che la Germania Est è cambiata e sta cambiando. Tuttavia c’è qualcosa che è rimasto nella testa come una sorta di nostalgia: la Germania Est fra tutti i Paesi del blocco sovietico era infatti il Paese dove si stava relativamente meglio, però è una nostalgia ideologica, perché chi veramente ha sperimentato le sofferenze, i drammi, le repressioni, quello che era la vita nella Ddr, la Germania comunista, non ha nostalgia.
D. – Cosa insegna la storia del Muro?
R. – Dobbiamo ricordare il concetto fondamentale per cui è stato costruito il Muro. E’ stata l’unica volta nella storia – almeno nella storia moderna – in cui si è costruito un muro, non per difendersi da nemici veri o presunti esterni, ma per tenere prigioniero il proprio popolo. Era un Muro che il regime comunista definiva umoristicamente “baluardo antifascista”, in realtà, non c’era nessun fascista e non c’era nessuno che voleva entrare in Germania Est per attaccarli, era semplicemente un muro di cinta, era semplicemente una prigione che era stata costruita per 17 milioni di persone. (ma)
Al Rossini Opera Festival di scena il "Mosè in Egitto" curato da Graham Vick
◊ E’ andato in scena ieri sera all’Adriatic Arena di Pesaro, nell’ambito del Rossini Opera Festival, il contrastato allestimento curato dal regista inglese Graham Vick del “Mosè in Egitto” di Rossini, con repliche fino al 20 agosto. Soppresso qualsiasi riferimento biblico e attualizzato il contesto storico che vede, ieri come oggi, due popoli in guerra e dilaniati dall’odio, l’opera è stata accolta dal pubblico con grandi applausi e contestazioni in pari misura. Il servizio di Luca Pellegrini:
(musica)
Mosè, il condottiero del popolo ebraico in fuga dalla schiavitù, innalza la sua invocazione al “soglio stellato” appoggiandosi al parapetto di un palazzotto arabo diroccato, dove Faraone abitava. L’immagine è di impatto emotivo fortissimo: tiene in mano un mitragliatore, il suo look è quello del terrorista che lotta per la libertà, non del profeta ispirato da Dio. Ecco, non c’è Dio nell’allestimento del “Mosè in Egitto” con la regia di Graham Vick che tanto scalpore e polemiche sta suscitando in questi giorni. Non c’è Dio, ma c’è una logica coerente e tremendamente teatrale. Sovvertendo i riferimenti biblici ma non quelli storici, il regista trasporta le vicende antiche nell’oggi più immediato, doloroso e sanguinante, tra rovine e vestigia di attentati, un accampamento in lontananza, il famoso muro di separazione tra popoli, una scritta “free Israel” – Israele libero. Come oggi, come ieri: è la rappresentazione degli oppressi e degli oppressori, gli ebrei che usano qualsiasi strumento di lotta, gli egiziani che, non da meno, con qualsiasi mezzo, li tengono in soggezione. Così i primi vanno a scuola di lotta armata, che per qualsiasi popolo non ammette giustificazione, mentre l’amore contrastato tra Elcia e Osiride, che finirà con la fuga di lei e la morte di lui, imprigionato da un lampadario caduto dal cielo simbolo della luce divina - è uno dei primogeniti d’Egitto, la loro morte a grappolo è la scena più viscerale dell’opera - racchiude quel poco di melodramma dell’allestimento pesarese, che non concede mezze misure: o si accetta o si rifiuta. Piccolo tirannello è Faraone, i suoi scherani sono in mimetica nera e fucile, i cortigiani in tunica bianca e kefiah, i servi ebrei si addestrano come kamikaze e gli esseri umani umiliati come bestie rimandano alle ben note immagini di Abu Ghraib. L’accusa è quella dell’antisemitismo, che non appartiene all’ideologia di Vick: a lui interessa il contesto metastorico – illimitato nel tempo e nella metafora – che Rossini gli offre con la sua musica imprevedibilmente contemporanea, eseguita da una compagnia di canto superlativa e diretta da Roberto Abbado con una tensione senza compromessi. Epilogo: il Mar Rosso non è mare, ma il muro di cemento che si apre e permette la fuga degli ebrei in quella parte di città che loro appartiene, un carro armato con la bandiera di Israele stermina gli egiziani, ne esce un soldato che corre verso un bambino arabo per offrirgli una barra di cioccolato, lui nasconde una bomba. Non sappiamo se scoppierà. Quello che sappiamo è che la coscienza dei popoli, su questo palcoscenico, è messa a nudo. Quella degli spettatori intuisce che non può limitarsi a seguire l’opera: in questa storia, ieri e oggi – con l’universalità del racconto biblico e con l’attualità dell’odio e delle guerre – siamo tutti coinvolti e in parte anche responsabili.
Appello della Conferenza episcopale Usa per il Corno d’Africa
◊ Anche la Chiesa negli Stati Uniti, tramite l’agenzia umanitaria Catholic Relief Services (Crs), è impegnata in prima fila negli aiuti per l’emergenza nel Corno d’Africa. E un appello a sostenere questi sforzi per le popolazioni colpite dalla siccità e dalla carestia è stato rivolto ieri a tutti i vescovi americani dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Timothy Dolan, e dal presidente di Catholic Relief Services, mons. Gerald F. Kicanas. “Questa crisi umanitaria interpella le coscienze dei cristiani di tutto il mondo", si legge nella missiva, che ricorda come il Santo Padre abbia “chiesto più volte ai cattolici di rispondere generosamente ai disperati bisogni dei nostri fratelli e sorelle in Africa orientale”. I “Catholic Relief Services”, che sono presenti nella regione da decenni, stanno cercando di fare fronte all’emergenza con vari interventi. In Etiopia l’organizzazione ha esteso il suo programma di distribuzione alimentare a più di un milione di persone per assicurare cibo, acqua e servizi igienici. In Somalia sta aiutando i suoi partner locali a sopperire ai bisogni essenziali delle famiglie più vulnerabili. In Kenya, dove si stanno riversando fiumi di persone dalle aree più colpite, sta provvedendo a fornire assistenza sia ai rifugiati sia alle comunità locali colpite dalla siccità. “I Catholic Relief Services impiegheranno tutti gli aiuti che possiamo offrire in questa tragica situazione”, scrivono mons. Dolan e mons. Kicanas nella lettera. “Attraverso Crs la nostra generosità servirà a dare da mangiare a migliaia di persone e procurare acqua pulita, un tetto e altri beni salvavita”. Di qui l’appello ai vescovi a fare conoscere il dramma delle popolazioni nel Corno d’Africa “ai fedeli e a chiedere il loro generoso aiuto”. (A.L.)
Il 15 agosto Giornata per la Somalia indetta dall’Unione Africana
◊ Mobilitare l’intero Continente a raccogliere aiuti per fare fronte alla crisi causata dalla siccità e dalla carestia. E’ l’obiettivo della “Giornata per la Somalia” indetta dall’Unione Africana per il prossimo 15 agosto. Lo ha annunciato da Accra, in Ghana, l’alto rappresentante dell’Unione Africana per la Somalia, Jerry John Rawlings, ricordando che non solo la Somalia ha bisogno urgente di risorse economiche e beni di prima necessità, ma l’intero Corno d’Africa. Ad Addis Abeba si terrà, entro la fine di agosto, anche una conferenza internazionale con l’obiettivo di riunire i contributi per mezzo miliardo di dollari destinati agli aiuti umanitari. Rawlings ha chiesto che la comunità internazionale si attivi in modo più consistente per fare fronte alla crisi, riferendosi in particolare ai Paesi della Lega Araba. Agli aiuti economici si aggiunge l’impegno sul versante politico. Intervenendo al Consiglio di sicurezza in video-conferenza da Mogadiscio, il rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per la Somalia, Augustine Mahiga, si è felicitato per l’accordo siglato a Kampala il 9 giugno tra il governo federale di transizione e il Parlamento di transizione somali che ha messo fine a cinque mesi di stallo politico. “E’ un momento critico per il processo di pace somalo e per il Paese”. “Siamo all’avvio - ha detto Mahiga - della messa in atto della ‘road map’ che definisce una serie di obiettivi da raggiungere entro i prossimi mesi e che dovrà essere adottata nella riunione consultiva per mettere fine alla transizione somala, prevista dal 4 al 6 settembre a Mogadiscio”. Sul fronte della sicurezza - ha aggiunto il segretario generale dell’Onu per la Somalia - la ritirata delle milizie degli ‘Shabaab’ dalla capitale “offre la possibilità di portare aiuti umanitari a migliaia di sfollati”. Gli ‘Shabaab’ - ha detto ancora Mahiga - “hanno parlato di ritirata tattica, ma la verità è che sono stati obbligati a lasciare la città”. La comunità internazionale – ricorda infine l’agenzia Misna - è stata chiamata ad accelerare il processo di rafforzamento delle istituzioni di transizione, in particolare attraverso il dispiegamento di una forza di polizia per appoggiare quella somala, ancora insufficiente a garantire la protezione della popolazione. (A.L.)
Diga sul Lago Turkana: l’Etiopia respinge la richiesta dell’Onu di sospendere i lavori
◊ In Etiopia la diga Gilgel Gibe III non mette a rischio l’equilibrio del Lago Turkana, il più grande lago permanente in un’area desertica del mondo, ma avrà piuttosto “un effetto positivo e regolerà il flusso d’acqua del fiume Omo, prevenendo inondazioni e elevando il livello delle acque durante la stagione secca”.E’ questa la risposta della manager del progetto per la realizzazione della diga, Azeb Asnake, inviata alle Nazioni Unite. L’Onu – ricorda l’agenzia Misna - aveva chiesto la sospensione dei lavori di costruzione, avviati nel 2006. Una richiesta che l’Etiopia non accoglierà - ha detto Asnake - non giudicando fondate sue motivazioni di tale istanza. Il progetto Gilgel Gibe II è considerato il più grande piano di investimento mai realizzato in Etiopia. Il costo stimato di 1,4 miliardi di euro è in parte finanziato dalla Banca di sviluppo cinese. Ma una volta completata, con i suoi 240 metri di altezza e i 1870 mw di capacità, la diga provocherà, secondo diversi esperti, gravi conseguenze per l’ecosistema e la sopravvivenza di oltre 400.000 persone, che nella zona vivono di pesca e pastorizia. Lo scorso mese di maggio il governo italiano, impegnatosi con l’Etiopia per 250 milioni di euro, aveva deciso di rinunciare al finanziamento della costruzione della diga, seguendo decisioni analoghe prese dalla Banca mondiale, dalla Banca europea e dalla Banca africana di sviluppo. A firmare nel 2006 il contratto per la realizzazione dell’impianto era stata la società italiana ‘Salini Costruttori’. (A.L.)
Messaggio della Caritas Internationalis a tutti i giovani del mondo in occasione della Gmg
◊ “La Caritas ha bisogno di voi”: si intitola così il messaggio che il segretario generale della Caritas Internationalis, Michel Roy, ha indirizzato ai giovani di tutto il mondo, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Madrid da domani al 21 agosto. “I giovani – si legge nel documento - sono una forza potente nel mondo della Caritas”. Ricordando i tanti Paesi in cui i ragazzi hanno portato il loro aiuto, come il Giappone colpito da un violento sisma nel marzo scorso, Michel Roy sottolinea che “questi giovani non si limitano a fornire un servizio, ma portano l’amore, la compassione e la tolleranza come loro contributo al lavoro della Caritas”. Riferendosi alla difficile realtà giovanile contemporanea, in cui “la disoccupazione e la precarietà del lavoro sono diffuse in molti Paesi”, il segretario della Caritas Internationalis, ricorda che i giovani chiedono soprattutto una società più giusta. “La ‘primavera araba’ – si legge nel documento - ha mostrato come le nuove generazioni di tutto il mondo possano stimolare il cambiamento”, anche usando nuovi mezzi come i social network, che hanno permesso loro di far sentire la propria voce, “abbattendo le barriere della repressione e dell’ingiustizia”. Di qui, l’appello della Caritas a sostenere i ragazzi nella loro ricerca “di una maggiore uguaglianza sociale” e di incoraggiare tutto il mondo che “lotta per una vita migliore”. “Nel momento in cui la realtà mondiale – sottolinea infine il segretario della Caritas Internationalis - sembra oscurata dalla crisi economica, dai problemi sociali e dall’instabilità, sono i giovani a portare energie fresche ed una luce che ci può guidare tutti”. A tutti i giovani che prenderanno parte alla Gmg viene poi rivolto l’auspicio di “rafforzare la propria fede e la propria decisione di affrontare il futuro come una generazione unita” anche perché- come afferma Benedetto XVI - “la Chiesa ha bisogno della loro fede viva, della loro carità creativa e dell’energia della loro speranza”. La Caritas Internationalis – si legge nel messaggio – sarà presente a Madrid “per tutti i giovani che avranno bisogno di aiuto e sostegno e per tutti quelli che devono affrontare il mondo da soli”. “Ma saremo lì anche per coloro che vorranno mettersi al servizio dei poveri”. “Tutti insieme, in occasione della Gmg avremo la possibilità di costruire fondamenta solide di verità e solidarietà. “Perché voi giovani – conclude infine Michel Roy - siete il futuro per le vittime di terremoti, per i migranti bloccati in mare e per tutti i poveri ed i vulnerabili”. (I.P.)
Giovani cambogiani pellegrini a Roma pronti a partire per la Gmg di Madrid
◊ Per i giovani cambogiani “sarà un’esperienza di fede e di Chiesa”, nella sua dimensione “universale”. L’aspetto più importante e significativo è “l’approccio e il rapporto che ne scaturirà con ragazzi e ragazze provenienti da quasi 200 nazioni al mondo”. È quanto sottolinea ad AsiaNews mons. Olivier Michel Marie Schmitthaeusler, vicario apostolico di Phnom Penh, in questi giorni a Roma con un gruppo di giovani che parteciperanno alle Giornate Mondiali della Gioventù, in programma a Madrid dal 16 al 21 agosto. Il presule aggiunge che al rientro in Cambogia si terranno “momenti di incontro e di riflessione sul raduno in Spagna”. Prima di partire – spiega mons. Olivier Michel Marie Schmitthaeusler - “abbiamo lavorato a lungo per preparare bene le Giornate”: dallo scorso gennaio si sono tenuti tre fine settimana “di incontri e riflessioni”. “E come vescovo – osserva – sarà un piacere concelebrare la Messa con Benedetto XVI, per la seconda volta dopo la Beatificazione a Roma di Papa Giovanni Paolo II. Un momento di vera felicità”. Per i giovani cambogiani il pellegrinaggio compiuto in questi giorni a Roma “rappresenta una parte di tutto il cammino” di fede che toccherà poi la Spagna. “Le visite alle basiliche capitoline di San Pietro, San Paolo, le catacombe di San Callisto – continua il presule – sono tutti aspetti essenziali per capire la vita dei primi fedeli, per comprendere nel profondo la loro scelta e la decisione di andare incontro al martirio pur di testimoniare Cristo”. Infatti, molti dei ragazzi che andranno a Madrid – 12 da Phnom Penh, 10 da Battambang e 4 da Kampong Cham, con un’età che varia dai 18 ai 28 anni – hanno ricevuto il Battesimo due o tre anni fa. “La loro è una fede giovane – afferma il vescovo – e questo viaggio fra Italia e Spagna servirà soprattutto per scoprire le radici profonde della fede e l’universalità della Chiesa”. (A.L.)
Alla Gmg anche un gruppo di giovani srilankesi
◊ “I nostri ragazzi in Spagna rappresenteranno lo Sri Lanka e vivranno moltissime esperienze, da portare con sé al loro ritorno, per rendere la nostra società un luogo d’amore”. E’ quanto afferma mons. Cletus Chandrasiri Perera, vescovo di Ratnapura, che accompagna la delegazione srilankese alla Giornata Mondiale della Gioventù, in programma dal 16 al 21 agosto a Madrid. Il gruppo, composto da 19 giovani, sarà accompagnato anche da padre Anura Sylvester, cappellano nazionale della Federazione giovani, e da sette sacerdoti diocesani. “Auguro loro – sottolinea il cappellano le cui parole sono state riprese da AsiaNews - di portare con sé l’esperienza spirituale, per sfidare i loro coetanei più influenzati dalla cultura materialista di questi tempi”. “Spero che questi ragazzi – conclude padre Anura Sylvester - riescano a coinvolgere le rispettive diocesi, per condividere l’esperienza spirituale che vivranno alla Gmg”. (A.L.)
Ban Ki-moon per la Giornata della Gioventù indetta dall’Onu: i giovani cambiano il mondo
◊ “Cambiare il nostro mondo” è molto più del tema scelto per l’odierna Giornata internazionale della Gioventù indetta dalle Nazioni Unite. E’ un impegno che dovrebbe ispirare i giovani di tutti i tempi. E’ quanto scrive nel suo messaggio in occasione di questa Giornata il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Molti giovani nel mondo – si legge nel documento – non hanno la libertà, accesso all’istruzione e le opportunità che meritano. Eppure, nonostante questo, i giovani si stanno mobilitando in numero crescente per costruire un futuro migliore. Lo scorso anno – ricorda Ban Ki-moon – hanno raggiunto risultati sorprendenti, “rovesciando dittature” e inviando segni di speranza in tutto il mondo. “Spesso i giovani comprendono meglio delle vecchie generazioni – aggiunge Ban Ki-moon - che possiamo superare differenze religiose e culturali al fine di raggiungere obiettivi comuni”. “La comunità internazionale – si legge infine nel messaggio - deve continuare a lavorare insieme per ampliare gli orizzonti di opportunità per questi giovani” e rispondere alle loro legittime richieste per lo sviluppo e il rispetto della dignità. (A.L.)
Più tempo alla lettura della Bibbia: è l’esortazione dell’arcivescovo di Philadelphia
◊ L’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles Joseph Chaput, ha esortato i fedeli ad orientarsi per “una scelta a favore di una vita piena di significato”, indicando in particolare la necessità di dare maggiore spazio alla lettura della Bibbia. L’esortazione, contenuta nella sezione del sito dell’arcidiocesi che il presule dedica alle riflessioni, prende spunto dall’attuale realtà sociale. Nel contesto contemporaneo – ha fatto notare il presule le cui parole sono state riprese dall’Osservatore Romano - emergono alcuni aspetti di crisi spirituale derivanti da una sempre più marcata tendenza verso stili di vita che appaiono conformati al puro materialismo. La cultura consumistica — negli Stati Uniti così come in tanti altri Paesi — offre modelli di vita che allontanano le persone da una sana esistenza, legata ai valori religiosi e morali. “Il nostro Paese e il mondo potrebbero essere diversi — ha aggiunto mons. Chaput — se solo imparassimo a usare meglio il nostro tempo”. E’ soprattutto la lettura quotidiana della Bibbia – ha detto l’arcivescovo di Philadelphia - ad offrire “quella maturazione” che rende la vita piena di significato. “I fedeli — ha sottolineato il presule — hanno la vera Parola di Dio nella Bibbia”. “Se utilizzassimo soltanto un’ora di quel tempo che sprechiamo nel guardare la televisione tutti i giorni, nella lettura e nello studio dei passi della Bibbia, allora diventeremmo persone fondamentalmente diverse e il nostro Paese e il nostro mondo sarebbero trasformati”. Mons. Charles Joseph Chaput ha infine espresso disapprovazione per quei contenuti televisivi che, oltre al consumismo, “inducono l’uomo a credere che la vecchiaia è un male, che la sofferenza non ha alcun significato, che le relazioni umane sono effimere, che il modello della famiglia è vano o che le persone religiose sono ipocrite”. C’è il bisogno assoluto per l’uomo contemporaneo - ha osservato ancora l’arcivescovo di Philadelphia - di ripensare i propri modelli di vita e trarre dalla Parola linfa di vita. “Siamo stati creati — ha affermato — non per seguire l’avidità per l’oro e l’argento. Siamo più di ciò che possediamo o di ciò che vorremmo possedere. Noi siamo figli di Dio, salvati dalla schiavitù con il sangue del Figlio di Dio”. (A.L.)
Siria: l'esercito spara ancora sui civili durante le manifestazioni anti-regime
◊ Giornata di protesta in Siria, dove dopo la tradizionale preghiera del venerdì, manifestazioni anti-regime si sono svolte per la 22.ma settimana consecutiva. A Deir Ezzor, a nord-est della capitale Damasco, i militari hanno aperto il fuoco contro i civili all’uscita di una moschea. Manifestazioni si sono svolte nella capitale Damasco, dove questa mattina un uomo è stato ucciso dalle forze di sicurezza siriane mentre cercava di fuggire da un arresto. Uccisa anche una donna durante un’operazione di polizia nella provincia di Idlib, mentre i comitati siriani di coordinamento della rivolta parlano di altri cinque civili uccisi dall’esercito in tutto il Paese.
Libia
Si combatte ancora in Libia, dove la situazione sembra in evoluzione dopo alcune settimane di stallo. Il servizio di Michele Raviart:
Le truppe fedeli a Gheddafi controllano ancora il terminale petrolifero di Brega, nella Libia orientale. Ad affermarlo è un portavoce degli insorti, che nella giornata di ieri avevano conquistato la parte residenziale della città, cruciale snodo per l’esportazione degli idrocarburi libici. La guerra prosegue anche ad ovest, con le forze ribelli che si sono stabilizzate vicino a Zawiyah, a 50 chilometri dalla capitale Tripoli, roccaforte di Gheddafi. Secondo il generale Bouchard, comandante dell’operazione Nato che da cinque mesi sta bombardando il Paese, “le forze di Gheddafi non sono più in grado di condurre un’offensiva credibile su larga scala” e l’esercito del rais sarebbe così indebolito “da non essere più un pericolo per i civili”. Sul piano diplomatico si registra la presa di posizione della Russia, che, dopo l’astensione del marzo scorso ha ratificato questa mattina la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu contro Gheddafi. Preoccupazione è stata espressa invece dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha definito inaccettabile il numero crescente di civili uccisi in Libia, anche a causa dei raid della Nato.
Iraq
Quattro bombe sono esplose questa notte a Baghdad, causando decine di feriti. Obiettivi degli attentatori sono stati due negozi di alcolici, un ponte e una pattuglia dell’esercito. In precedenza due ordigni avevano colpito la casa di un ufficiale della polizia a Ramadi, a cento chilometri ad ovest della capitale, uccidendo tre persone e ferendone 24.
Tunisia
Venticinque famigliari e componenti del gruppo vicino all’ex-presidente Ben Ali hanno ricevuto pene dai quattro mesi ai sei anni nel processo per la tentata fuga dal Paese nel gennaio scorso. Le accuse rivolte agli imputati riguardavano il possesso illegale di grandi somme di denaro e il traffico di gioielli. Assolto invece l’ex capo della sicurezza di Ben-Ali, accusato di complicità nella fuga e falsificazione di passaporti.
Afghanistan
Hamid Karzai non si candiderà per un terzo mandato presidenziale. La Costituzione afghana non prevede più di due mandati presidenziali consecutivi e la sua candidatura sarebbe “sconveniente” per il Paese, ha detto lo stesso Karzai. Intanto si contano nuove vittime tra le file delle truppe internazionali: un militare francese è morto ed altri quattro sono rimasti feriti da un ordigno rudimentale durante un pattugliamento nelle valle di Tagab, a nord di Kabul. Stessa sorte per un soldato della coalizione internazionale Isaf, nell’Afghanistan orientale, mentre un attacco degli insorti ha ucciso un altro militare nel sud del Paese.
Pakistan
Un soldato pakistano è stato condannato a morte per aver ucciso a bruciapelo un ragazzo all’uscita di un parco di Karachi. L’episodio, avvenuto l’8 giugno scorso, era stato ripreso da un videoamatore e trasmesso in tutto il Paese, nel quale si vedeva chiaramente l’esecuzione del giovane ventiduenne, trascinato per i capelli e accusato di furto. La pena è stata comminata dalla Corte speciale antiterrorismo, che ha condannato all’ergastolo le altre cinque guardie che avevano partecipato alla cattura. Mai prima d’ora in Pakistan un tribunale civile aveva condannato a morte un militare.
Turchia
Un incendio ha danneggiato, ieri sera, un tratto del gasdotto turco-iraniano vicino alla città di Agri, nella Turchia orientale. Le autorità locali hanno stabilito che l’incidente sarebbe di matrice terrorista, sebbene non abbiano ancora identificato gli autori dell’attentato. Le perdite del gasdotto sono state fermate da un intervento dei pompieri, mentre il Ministero dell’energia turco ha stimato in una settimana la durata dei lavori di riparazione. Si ipotizza il coinvolgimento dei separatisti curdi del Pkk, che da quasi trent’anni compiono azioni armate contro il governo di Ankara, al fine di ottenere l’indipendenza dell’est del Paese, a maggioranza curda.
Ucraina
Rimarrà in carcere la ex premier ucraina Iulia Timoshenko: la Corte d'appello di Kiev ha infatti deciso di rigettare la richiesta di scarcerazione, dietro cauzione, avanzata dai legali della donna. L'eroina della "Rivoluzione arancione" è stata arrestata venerdì scorso mentre era in aula, per il suo atteggiamento giudicato irriverente nei confronti di corte e testimoni, durante il processo che la vede imputata per abuso di potere riguardo a un contratto per le forniture di gas russo del 2009: è infatti accusata di aver imposto alla società statale energetica "Naftogaz" un accordo svantaggioso con il colosso russo "Gazprom". La Timoshenko si è invece sempre proclamata innocente, accusando il presidente Yanukovich di voler danneggiarla in vista delle elezioni parlamentari del 2012 e delle presidenziali del 2015. Ce ne parla Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca del Corriere della Sera, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Sicuramente, c’è qualcosa di politico in tutto quello che sta accadendo alla Timoshenko. L’arresto è avvenuto con l’accusa di disprezzo per la Corte, perché la Timoshenko non riconosceva questo Tribunale e diceva – ha sempre detto e continua a dire – che il giudice è "imbeccato" dal potere politico. L’accusa fondamentale - quella di corruzione per aver firmato un accordo sul gas con la Russia che, secondo l’attuale presidente Yanukovic, sarebbe sfavorevole all’Ucraina - è abbastanza strana, perché l’accordo è quello che è ancora in vigore ed ha fatto sì che l’Ucraina riprendesse ad avere forniture di gas. Ricordiamo che l’intesa fu firmata quando i prezzi del gas erano molto alti. Certo, oggi sono più bassi ma il gas oscilla e, nel momento in cui si firma un accordo, ci si deve basare sulle condizioni di mercato del momento. Il meccanismo, secondo i difensori della Timoshenko, è molto semplice: ottenendo una condanna, sia pure lievissima e sia pure – magari – con la condizionale, la Timoshenko diverrebbe una pregiudicata e quindi non sarebbe più candidabile alle elezioni politiche e alle elezioni presidenziali.
D. – Non è, comunque, la prima volta che vengono avanzati dubbi sulle decisioni prese dalla Timoshenko durante il suo governo …
R. – Certamente. Ma diciamo che i rapporti tra la Timoshenko e l’attuale presidente Yanukovic sono sempre stati molti ostili. Yulia, l’eroina della ‘Rivoluzione arancione’ che, assieme a quello che poi divenne il presidente Yushenko, riuscì nel 2004 a capovolgere il risultato elettorale - che, è stato poi accertato dalla magistratura, grazie a brogli aveva portato al successo Yanukovic - è sempre stata vista come fumo negli occhi dallo stesso Yanukovic, uomo vicino a Mosca. Poi, però, nel frattempo, la Timoshenko è riuscita a litigare violentemente anche con Yushenko, il suo ex-alleato, e l’opposizione frantumata ha portato alla rielezione, alle ultime presidenziali, proprio di Yanukovic. Però, questo arresto della Timoshenko l’ha rilanciata nel campo occidentale tanto che Stati Uniti e anche molti Paesi dell’Europa stanno iniziando a far sentire la loro voce.
D. – Dal 2004 ad oggi, cosa rimane degli ideali della “Rivoluzione arancione” e dei suoi protagonisti?
R. – Diciamo che l’Ucraina è cambiata profondamente: anche Yanukovic si è dovuto adeguare molto, tanto che oggi punta ad una futura integrazione europea dell’Ucraina. In questi giorni vedremo poi come si comporteranno i principali Paesi occidentali nei confronti di Kiev, perché sta arrivando in città una missione del Fondo monetario internazionale che deve sborsare una nuova tranche del grande prestito che dovrebbe servire a salvare l’economia ucraina. (gf)
Myanmar
Il nuovo governo birmano ha esortato la dissidente Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991, a registrare come partito la sua "Lega nazionale per la Democrazia", al fine di poter prendere parte legalmente alla competizione politica. Aung San Suu Kyi ha cominciato a fine luglio a incontrare membri del governo, che da fine marzo ha preso il posto della giunta dimissionaria del generale Than Shwe.
Giappone
Il governo giapponese ha quantificato oggi l’impatto sull’economia del terribile sisma che l’11 marzo scorso ha causato 20mila morti tra la popolazione. Secondo le previsioni il Pil del Paese sarà dello 0.5% più basso di un punto percentuale rispetto alle aspettative, in un contesto che deve già fare i conti con una forte recessione economica. “Il sisma ha danneggiato le industrie nelle zone devastate, rotto i canali di approvvigionamento e causato un crollo della produzione in tutto l’arcipelago”, si legge nel comunicato, mentre “il consumo è diminuito a causa del deterioramento del morale dei cittadini”. Inoltre, il blocco di tre quarti delle centrali nucleari, dopo l’incidente di Fukushima, ha costretto il Paese a ridurre il consumo d’elettricità, che ha indebolito ulteriormente le attività economiche. (Panoramica internazionale a cura di Michele Raviart)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 224