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Sommario del 08/08/2011
Gmg di Madrid. Il cardinale Rylko: una festa della giovinezza della Chiesa
◊ Mancano otto giorni alla Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Madrid dal 16 al 21 agosto. Cresce l’attesa dei fedeli, in particolare per l’arrivo di Benedetto XVI, il 18 agosto. In questi ultimi giorni di preparativi, la Spagna è pronta ad accogliere la visita dei giovani nelle 68 diocesi del Paese e le catechesi di preparazione che saranno tenute da 270 vescovi di tutto il mondo, in 30 lingue diverse. La GMG di Madrid si preannuncia quindi come “una sorta di Pentecoste”: lo conferma, al microfono di Isabella Piro, il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici:
R. - La Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid è ormai molto vicina. Sarà un importante avvenimento ecclesiale, festa della giovinezza della Chiesa, una testimonianza affascinante della fede giovane, piena di entusiasmo e dinamismo missionario. Il mondo di oggi - specialmente la nostra Europa - ha urgente bisogno di tale testimonianza. Tuttavia i frutti di ogni GMG nella vita dei giovani dipendono sia dal modo in cui si prepara l’evento sia dal seguito che viene dato all’evento stesso nella pastorale giovanile ordinaria delle diocesi. Se mancano questi elementi si corre il rischio che la GMG scuota sì l’animo dei giovani, susciti emozioni forti, ma dopo tutto rimane come prima e si torna al grigiore quotidiano e alle abitudini di sempre... Diventa un proverbiale “fuoco di paglia”! Il Santo Padre Benedetto XVI afferma con insistenza che ogni GMG deve segnare un nuovo inizio per la pastorale giovanile... E fortunatamente questa consapevolezza matura sempre di più nella vita di molte Chiese locali. Le GMG sono ormai divenute parte integrante della pastorale della Chiesa nei confronti delle giovani generazioni. E questa volta è la Chiesa di Spagna ad essere interpellata in modo particolare. Il periodo di preparazione della GMG è stato un kairos particolare, in cui la Chiesa spagnola ha potuto - in un certo senso - riscoprire se stessa, le sue grandi risorse spirituali e, soprattutto, le risorse nascoste dei suoi giovani.
D. - Tra le tante iniziative che verranno messe in atto a Madrid, quali sono, a suo parere, quelle più significative?
R. - Il programma della GMG di Madrid è molto ricco. Mi soffermo solo su alcune celebrazioni, a mio avviso, più significative. Gli eventi celebrativi che si svolgeranno nella capitale spagnola saranno preceduti dalla visita dei giovani nelle 68 diocesi della Spagna. In tal modo tutta la Chiesa spagnola sarà concretamente coinvolta in questo importante evento. Poi a Madrid, dal 16 al 21 agosto, il programma prevede tre giorni di catechesi tenute da 270 Vescovi e pronunciate in 30 lingue diverse: sarà una sorta di Pentecoste di Madrid...Venerdì 19 agosto, di sera, si terrà la Via Crucis per le strade della città con la partecipazione del Santo Padre. La “persona faro” di ogni GMG - come ha detto qualcuno - è sempre il Successore di Pietro, la sua presenza e la sua parola tanto attesa dai giovani. Dopo la solenne accoglienza del Papa in Plaza de Cibeles, giovedì 18 agosto, il Santo Padre presiederà due eventi centrali: la Veglia di preghiera in programma per la serata di sabato 20 agosto e la celebrazione eucaristica conclusiva di domenica 21 agosto con l’invio missionario di tutti i presenti. Insomma, siamo certi che quella di Madrid sarà una esperienza straordinaria di una Chiesa amica dei giovani, partecipe dei loro problemi, una Chiesa che vuole porsi a servizio delle giovani generazioni...
D. - “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Questo è il tema della GMG di Madrid. È un invito significativo per l’epoca contemporanea?
R. - Il mondo post-moderno sta attraversando una crisi difficile e profonda. Il relativismo diffuso genera un pericoloso vuoto di valori e di senso. La cultura post-moderna è una cultura “liquida”, senza punti fermi di riferimento e - di conseguenza - produce uomini sradicati, privi di fondamenti sicuri e solidi nella loro esistenza... In tale situazione, soprattutto tra i giovani, cresce il bisogno di trovare radici vere della loro identità umana e cristiana nonché la necessità di avere un fondamento sicuro su cui costruire la propria vita. E la GMG di Madrid vuole essere - appunto - una risposta chiara e persuasiva a tali bisogni dell’uomo d’oggi: questo fondamento c’è ed è una Persona viva che ha un nome, Gesù Cristo! E’ Lui la risposta completa - perché data da Dio stesso - alle domande, alle nostalgie e alle inquietudini più profonde del cuore umano...
D. - Nel suo Messaggio per la GMG, il Papa esorta i giovani a sentire Cristo come un vero Amico. Come aiutare i ragazzi d’oggi a mettere in pratica questo invito?
R. - Nella vita di ogni persona la scelta di Cristo come Amico è fondamentale, perché solo Gesù Cristo può dare senso pienamente all’esistenza umana. Ce lo ricorda continuamente il Santo Padre Benedetto XVI. Nella sua prima enciclica ha scritto: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est, n.1). Il Vangelo non è una dottrina, una filosofia, ma è una Persona - Gesù Cristo e non c’è niente di più bello nella vita che incontrare Lui e stringere un’amicizia vera con Lui. Il Vangelo è un programma di vita positivo ed affascinante, perciò vale la pena viverlo ogni giorno ed essere discepoli di Cristo... E’ Lui la chiave decisiva per trovare delle risposte adeguate ai tanti problemi, sfide e disagi che i giovani di oggi devono affrontare. Penso, in particolare, ai gravi rischi della superficialità e della banalità generati dalla società dei consumi, alla mancanza di prospettive per il futuro in un mondo in cui è sempre più diffusa la disoccupazione giovanile... I giovani cresciuti grazie alle GMG sono proprio i giovani che, in questi grandi raduni attorno al Successore di Pietro, cercano Cristo come Amico, Signore e Maestro... La scelta di Cristo non è per loro una fuga dalla realtà - come assicura il Papa Benedetto XVI - ma significa vivere ed affrontare la realtà, con tutti i suoi problemi, in modo diverso, in maniera ragionevole, fino in fondo...
D. - Dopo Colonia e Sydney, quella di Madrid sarà la terza GMG di Benedetto XVI. A suo parere, quale sarà il tratto distintivo di questo evento?
R.- Papa Benedetto XVI ripercorre fedelmente le orme tracciate dal suo Predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, e ama evocare Papa Wojtyła come “geniale iniziatore delle Giornate Mondiali della Gioventù, un’intuizione - ha affermato - che io considero una ispirazione”... Di recente, nel suo libro-intervista “Luce del mondo” ha dichiarato: “Queste Giornate Mondiali della Gioventù sono divenute un vero dono. Se penso a quanti giovani vi trovano un nuovo punto di partenza del quale poi si nutrono spiritualmente, a quante iniziative di fede da esse scaturiscono, quanta gioia rimane, e anche quanto raccoglimento si crea in quelle Giornate, devo dire: qui accade qualcosa che non è opera nostra...” (p. 163). Ogni GMG ha, quindi, una forte dimensione profetica per la Chiesa e per il mondo di oggi. Per quanto riguarda i tratti caratteristici di questa edizione della GMG c’è da notare che essa si svolge in Spagna: possiamo dire nel cuore dell’Europa, continente che ha bisogno di ritrovare le sue radici cristiane. Tutto il mondo, ma in particolare l’Europa - segnata da un secolarismo galoppante, dall’erosione diffusa della fede, da un cristianesimo stanco - ha bisogno di una testimonianza “fresca” di una fede giovane, piena di gioia e di slancio missionario. Ma c’è ancora un altro tratto caratteristico della GMG di Madrid. Questa Giornata si svolge all’insegna della recente beatificazione di Giovanni Paolo II - fondatore delle GMG. Papa Wojtyła ritorna così tra i giovani che ha tanto amato e dai quali è stato anche molto amato, ritorna però come Beato Patrono e Protettore. Infatti, la celebrazione eucaristica di accoglienza dei giovani pellegrini, presieduta dall’Arcivescovo di Madrid, il Card. Antonio Maria Rouco Varela, martedì 16 agosto, sarà dedicata proprio al nuovo Beato.
D. - Sarà anche la terza visita del Papa in Spagna, dopo i viaggi a Valencia e a Barcellona e Santiago de Compostela. Quale Spagna attende Benedetto XVI?
R. - Attualmente la Spagna si presenta come un grande laboratorio in cui seri problemi e le sfide della post-modernità si manifestano con forza particolare. Basti pensare al fenomeno della secolarizzazione, alle tendenze verso un laicismo radicale, alle leggi dello Stato che si contrappongono palesemente alla legge naturale (il diritto alla vita, la natura del matrimonio e della famiglia)... e ancora i gravi problemi legati alla crisi economica, come la disoccupazione giovanile che cresce sempre di più... Senza dubbio, la società spagnola ha sete di speranza, ha urgenza di individuare delle prospettive per il futuro... E proprio in questo non facile contesto oggi la Chiesa di Spagna - grazie alla GMG - è chiamata a riscoprire la sua vocazione profetica e un rinnovato coraggio evangelizzatore. Oggi essa si manifesta come una Chiesa piena di sollecitudine pastorale nei confronti delle giovani generazioni, portatrice di speranza nuova - quella “grande speranza” che non delude, senza la quale l’uomo non può vivere! Il Papa non si stanca di ricordarci che: “ Ci sono tanti problemi che si possono elencare, che devono essere risolti, ma che - tutti - non vengono risolti se Dio non viene messo al centro, se Dio non diventa nuovamente visibile nel mondo, se non diventa determinante nella nostra vita e se non entra anche attraverso di noi in modo determinante nel mondo” (Omelia durante la Santa Messa con l’Episcopato della Svizzera, 7 novembre 2006).
D. - Come avvicinare anche i non credenti alla Giornata Mondiale della Gioventù?
R. - L’invito del Santo Padre Benedetto XVI è rivolto a tutti i giovani del mondo. Nel suo Messaggio per la GMG di Madrid il Papa scrive: “E vorrei che tutti i giovani, sia coloro che condividono la nostra fede in Gesù Cristo, sia quanti esitano, sono dubbiosi e non credono in Lui, potessero vivere questa esperienza, che può essere decisiva per la vita: l’esperienza del Signore risorto e vivo, e del suo amore per ciascuno di noi”. In questi 25 anni di storia, le GMG si sono rivelate strumenti di evangelizzazione del mondo giovanile di straordinaria efficacia, di cui i principali protagonisti sono - appunto - i giovani stessi. Il Beato Giovanni Paolo II amava definire le GMG “laboratori della fede giovane”... Pensiamo a quanti giovani, grazie all’incontro con Cristo durante le GMG, hanno dato una svolta decisiva alla loro vita, quanti hanno maturato scelte vocazionali, come il sacerdozio o la vita consacrata, oppure hanno deciso di vivere un autentico matrimonio cristiano. Sono sicuro che anche la GMG di Madrid non mancherà di portare abbondanti frutti di questo genere...
D. - I giovani di diversi paesi non saranno presenti a Madrid soprattutto per una questione economica. La crisi finanziaria globale, infatti, ha creato molte difficoltà soprattutto nelle nazioni meno sviluppate. La Chiesa cosa può fare in questo campo?
R. - Con questa domanda lei ha toccato una questione che ci sta molto a cuore. L’esperienza delle GMG è destinata a tutti i giovani e non può essere limitata a quanti possono permettersi di sostenere viaggi lunghi e spesso costosi. Innanzitutto vorrei ricordare che, fin dall’inizio, abbiamo proposto ai giovani di creare un Fondo di solidarietà, allo scopo di offrire un aiuto economico ai giovani dei Paesi meno abbienti per affrontare le spese di viaggio e di soggiorno. I giovani provenienti dai Paesi più ricchi hanno offerto 10 euro ciascuno. Si è costituito così un Fondo - gestito dal nostro Dicastero - che ha permesso di venire incontro alle necessità dei giovani più bisognosi di aiuto economico. Ma questo non basta! La televisione e l’internet consentono ai giovani dei Paesi lontani di partecipare all’evento in tempo reale. Il nostro Dicastero ha sollecitato, dunque, le varie Chiese locali, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità ad organizzare iniziative che si avvalessero di questi strumenti. E il risultato finora raggiunto è incoraggiante! La GMG riesce oggi a penetrare in tempo reale e in maniera capillare in molti ambienti, aiutando i giovani a vivere questa indimenticabile esperienza di fede...
D. - Quali sono i suoi auspici per questa GMG?
R. - Ogni GMG costituisce una enorme semina evangelica e perciò è un kairos speciale, un tempo di grazia in cui il Signore si rende presente ed agisce concretamente. Durante le GMG si percepisce in maniera quasi palpabile la presenza del Signore! Auguro, dunque, a tutti i giovani, che arriveranno a Madrid e a tutti coloro che vivranno questa esperienza tramite televisione o internet, di aprire senza timore i loro cuori ed accogliere il dono immenso dell’incontro con Cristo, l’unico capace di trasformare la vita e di dare quella speranza che non delude.
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia dal governo pastorale del vicariato apostolico di San José del Amazonas (Perú), presentata da mons. Alberto Campos Hernández, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis del vicariato apostolico di San José del Amazonas mons. Miguel Olaortúa Laspra, agostiniano, vicario apostolico di Iquitos.
◊ Oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica di San Domenico di Guzmán, fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori, meglio noti come Domenicani. Benedetto XVI gli ha dedicato l’udienza generale del 3 febbraio dell’anno scorso. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Di San Domenico il Papa ricorda innanzitutto una caratteristica: l’umiltà. Ebbe grandi onori e importanti incarichi ma visse tutto come servizio, senza mai cedere alla tentazione di vivere il sacerdozio come una brillante carriera ecclesiastica:
“Non è forse una tentazione quella della carriera, del potere, una tentazione da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di governo nella Chiesa? … Sappiamo come le cose nella società civile, e, non di rado nella Chiesa, soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità”.
San Domenico, nato intorno al 1170 da una nobile famiglia della Vecchia Castiglia, l’attuale Spagna, ha un grande amore per lo studio e la teologia ma di fronte alle carestie causate dalle guerre del tempo, scosso dall’indifferenza di tanti non esita a vendere tutto quello che ha di più prezioso, ovvero i suoi libri, per dare da mangiare a chi non ha cibo. Il suo desiderio più grande è annunciare l’amore e la verità, la Parola di Dio fatta carne: l’Ordine dei Domenicani è chiamato a evangelizzare chi non conosce Cristo e a rievangelizzare chi ha lasciato la vera fede:
“Questo grande Santo ci rammenta che nel cuore della Chiesa deve sempre bruciare un fuoco missionario, il quale spinge incessantemente a portare il primo annuncio del Vangelo e, dove necessario, ad una nuova evangelizzazione: è Cristo, infatti, il bene più prezioso che gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo hanno il diritto di conoscere e di amare!”.
Il suo motto è “Predicare e camminare” ma vuole che i suoi compagni per annunciare la Parola di Dio abbiano una grande preparazione teologica; così li invia a formarsi nelle Università:
“Lo sviluppo della cultura impone a coloro che svolgono il ministero della Parola, ai vari livelli, di essere ben preparati. Esorto dunque tutti, pastori e laici, a coltivare questa ‘dimensione culturale’ della fede, affinché la bellezza della verità cristiana possa essere meglio compresa e la fede possa essere veramente nutrita, rafforzata e anche difesa”.
San Domenico era un uomo di poche parole e se apriva la bocca era solo per parlare con Dio o di Dio. Soprattutto aveva una grande fede nella preghiera. Per aiutare la gente semplice a pregare insegna a meditare sui misteri della vita di Gesù recitando l’Ave Maria. E’ il primo inizio del Rosario. Per lui pregare significa conquistare anime a Dio. Per questo si prende particolare cura dei monasteri femminili di clausura:
“…credette fino in fondo al valore della preghiera di intercessione per il successo del lavoro apostolico. Solo in Paradiso comprenderemo quanto la preghiera delle claustrali accompagni efficacemente l’azione apostolica!”.
San Domenico muore il 6 agosto 1221 nel convento domenicano di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l’aveva. Ai frati lascia questo testamento spirituale: «Abbiate la carità, conservate l’umiltà, accumulatevi i tesori della santa povertà ». Viene canonizzato il 13 luglio 1234 da Papa Gregorio IX. L'Ordine dei Domenicani conta oggi più di 600 case con circa 6000 membri.
Il vescovo di Ariano Irpino: un forte incoraggiamento le parole del Papa agli operai della Irisbus
◊ In Italia, e non solo, il futuro di molti lavoratori è minato da crescenti difficoltà. Benedetto XVI, salutando ieri all’Angelus una rappresentanza degli operai dell’azienda Fiat Irisbus di Flumeri, in provincia di Avellino, ha auspicato che si possano trovare adeguate soluzioni ai problemi che rendono precaria l’attività lavorativa. Nel caso degli stabilimenti campani, la Fiat ha già predisposto un piano che, per abbattere i costi, prevede lo spostamento della produzione in Francia e in Repubblica Ceca. Sono a rischio i posti di lavoro di 700 operai ma le conseguenze di questa decisione, comprendendo l’indotto, riguarderebbero oltre 1700 lavoratori. Su questa vicenda e sulle parole del Papa, Amedeo Lomonaco ha intervistato il vescovo di Ariano Irpino – Lacedonia, mons. Giovanni D’Alise:
R. – Ringrazio il Santo Padre perché è stato veramente sollecito nel dire una parola di conforto a queste persone.
D. – Il Papa all’Angelus ha salutato la rappresentanza degli operai dell’azienda Irisbus di Flumeri con il fervido auspicio di una positiva soluzione dei problemi che ne rendono precaria l’attività lavorativa. Le parole del Santo Padre sono un importante segnale di speranza per gli operai...
R. - Io avevo chiesto un intervento del Santo Padre perché desse coraggio a questa gente che si trova in una zona dove, dopo il terremoto dell’’80, tantissime aziende sono fallite. Altre sono partite. Il nucleo fondamentale è l’Irisbus della Fiat, dove si fabbricano pullman. Ora, la Fiat, dopo aver fatto i conti con questa crisi, ha deciso di chiudere e di cedere questa azienda.
D. – Le parole del Papa sono anche un segno di incoraggiamento per l’impegno di tutte quelle realtà, compresa la diocesi, che si adoperano quotidianamente per chiedere la tutela del diritto al lavoro...
R. – Io sto mediando in modo che se la Fiat veramente desidera rimanere non debba farlo solo per qualche tempo ma in modo che dia sicurezza. Se questo non sarà possibile, cercherò, avendo già preso dei contatti, che il nuovo acquirente possa parlare e spiegare concretamente il suo progetto. Il nuovo acquirente può salvare 200 posti di lavoro su 700. Gli operai dovranno poi decidere, in autonomia, se seguire questa nuova ipotesi. Io spero tantissimo che si trovi un punto di accordo, perché altrimenti questa zona diventa un deserto.
D. – Lei ha portato personalmente la sua solidarietà ai lavoratori e celebrato lo scorso 17 luglio la Santa Messa all’ingresso dello stabilimento...
R. – Nella celebrazione della Messa abbiamo avuto anche subito un dono, perché su Internet è arrivato dappertutto questo messaggio, e ho avuto la visita sia dei dirigenti della Fiat sia del nuovo eventuale acquirente. Quindi, adesso, è un momento in cui veramente ci vuole attenzione e preghiera per poter raggiungere un obiettivo concreto. (ap)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ L’appello di Benedetto XVI per le popolazioni di Siria e Libia.
Soluzioni strategiche per la ripresa: in prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sull’emergenza economica.
In cultura, sulla vitalità della cultura classica un articolo di Francisco Rodriguez Adrados, uno dei massimi esperti mondiali di filologia classica.
Colui che in picciol tempo gran dottor si feo: Inos Biffi su come Dante elogia San Domenico nel suo “Paradiso”.
La risposta nelle note di Bach: concerto in onore del Pontefice a Castel Gandolfo.
Sulla scatola del giocattolo fatato c’è scritto “fragile”: Enrico Reggiani su usi e abusi di “A Midsummer Night’s Dream”; con un contributo di Giuseppe Fiorentino sul tema del sonno in Shakespeare.
Un articolo di Ernesto D’Avanzo dal titolo “L’indecifrabile segreto del codice Voynich”: dopo secoli è una sfida ancora aperta nella storia della crittografia.
Sulle questioni etiche, obiezione di coscienza a rischio: la riflessione del giurista Carlo Cardia
◊ Negli Stati Uniti, i vescovi hanno lanciato l’allarme sull’obiezione di coscienza degli operatori sanitari, messa a rischio da alcune disposizioni del Ministero della Sanità in materia di aborto. Una preoccupazione che l’episcopato Usa aveva già espresso al momento del dibattito sulla riforma sanitaria, due anni fa. Del resto, quello che una volta era considerato un diritto intangibile è oggi messo in discussione in molti Paesi e organismi sovranazionali dell’Occidente. Alessandro Gisotti ne ha parlato con il prof. Carlo Cardia, docente di diritto ecclesiastico all'Università Roma Tre:
R. – Il 7 luglio, la Corte di Strasburgo – la Grande Chambre – ha ribadito che l’obiezione di coscienza al servizio militare rientra tra i diritti umani fondamentali. Ricordo questo, perché noi stiamo andando verso una deformazione gravissima dell’obiezione di coscienza, cioè stiamo creando – in Occidente – un doppio binario: un’obiezione di coscienza riconosciuta come diritto di chi fa questa scelta per il servizio militare; poi abbiamo un secondo binario, in cui si sta erodendo, giorno dopo giorno, l’obiezione di coscienza – sempre per motivi ideali e religiosi – in materie etiche fondamentali che riguardano la vita. Io ricordo il caso più clamoroso – inglese – in cui praticamente si obbligavano, anzi, si obbligano, le istituzioni confessionali, le istituzioni cattoliche, anglicane, ebraiche eccetera, ad affidare i bambini piccoli anche a coppie non eterosessuali. Noi siamo di fronte ad uno strabismo che non ha nessuna motivazione logica – attenzione! – prima che giuridica. Perché, se obiezione di coscienza dev’essere, dev’essere riconosciuta per tutti coloro che hanno un valido motivo ideale e religioso.
D. – Si può dire, allora, che il problema non è tanto l’obiezione di coscienza quanto quei valori non negoziabili, cioè vita, famiglia e educazione?
R. – Si può dire che l’obiezione di coscienza viene utilizzata strumentalmente quando fa comodo; quando, invece, ci si trova di fronte a questi valori fondamentali, l’obiezione di coscienza non viene più considerata un diritto, non viene più inserita nei diritti umani e, nel caso degli Stati Uniti, viene declassata addirittura con normative amministrative. Quindi, due pesi e due misure che non hanno alcuna giustificazione se non in quel relativismo che fa un po’ troppo comodo!
D. – Gli Stati Uniti, l’Europa ma anche l’America Latina dove si assiste a tentativi di limitazione dell’obiezione di coscienza: si può dunque dire che questo atteggiamento, che lei una volta definì “anti-umanista”, sta guadagnando terreno?
R. – Sì, sta guadagnando terreno insieme ad un altro fenomeno, che è quello del riconoscimento di diritti laddove un tempo si diceva fossero il minor male. Piano piano si sta parlando dell’aborto come “diritto della persona”: questo è un passo che ufficialmente ancora non è stato fatto, però tutti questi declassamenti dell’obiezione di coscienza in materia etica, relativa alla vita, vogliono dire che si ha un ritorno indietro rispetto agli stessi postulati della cultura occidentale che ha sempre riconosciuto che l’aborto è un dramma, è un male minore. Oggi lo si sta trasformando in un diritto. Questo è un po’ l’aspetto strisciante che sta modificando la mentalità – direi, la cultura – in alcune parti dell’Occidente. (gf)
Arrivano a Mogadiscio gli aiuti dell'Acnur ma nella capitale si continua a combattere
◊ Emergenza in Somalia: è atterrato a Mogadiscio il primo volo del ponte aereo umanitario predisposto dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. La capitale, intanto, è stata teatro ieri di nuovi combattimenti, in diverse zone della città, tra truppe governative e combattenti islamici del gruppo estremista al Shabab. La tensione è alta in tutto il Corno D’Africa, dove sono frequenti gli assalti ai camion che trasportano aiuti umanitari. Camilla Spinelli ha parlato della situazione con Gloria Paolucci, coordinatrice dei progetti del Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, una delle organizzazioni presenti nella regione e impegnata nei centri di accoglienza in Etiopia:
R. – Si registrano picchi di duemila ingressi al giorno da parte della popolazione somala rifugiata. I campi profughi, che sono stati aperti nella zona di Dolo Ado, sono al collasso. La settimana scorsa è stato aperto il quarto campo profughi e si prevede sarà pieno nel giro di 30, 40 giorni.
D. – Il problema, dal punto di vista tecnico, è l’abbassamento del livello delle falde acquifere...
R. – Sì, negli anni passati era possibile scavare dei pozzi a mano, ad una profondità di dieci metri, trovando acqua che era disponibile per buona parte dell’anno. Attualmente, è necessario scavare fino a 20 metri e solo lì si riescono a trovare delle falde acquifere sufficienti per le esigenze della popolazione locale.
D. – L'emergenza era stata annunciata dalle organizzazioni non governative molto tempo prima che dilagasse...
R. – Anche noi avevamo ricevuto notevoli richieste di aiuto da parte delle autorità locali, che, di fatto, si fidano dell’intervento del Vis nella zona. Purtroppo, certe voci non sono state ascoltate.
D. – L’idea iniziale di intervento del Vis era di soli tre mesi, ma avete deciso di continuare fino a settembre. Quali sono gli obiettivi?
R. – L’emergenza nell’emergenza sono i rifugiati somali, i quali arrivano e devono attendere una media di due o tre giorni per ottenere la registrazione da parte dell’Alto Commissariato dell'Onu per i Rifugiati e ottenere le razioni alimentari nei campi di “pre asilo” tra il più alto tasso di mortalità, perché le persone arrivano dopo un viaggio di centinaia di chilometri a piedi e si trovano in una regione dove non c’è nulla. Quindi, il nostro intervento sarà principalmente la distribuzione di acqua per le comunità e di cibo per queste persone.
D. – A che punto sono gli aiuti della comunità internazionale?
R. – Molte organizzazioni sono andate, hanno visitato i campi, ma le risposte sono molto limitate. Le Nazioni Unite stanno sicuramente svolgendo il loro ruolo, ma non è sufficiente. Inoltre, molto spesso ci sono problemi: diversi aiuti sono stati bloccati dalle milizie di Al-Shabaab e non riescono a raggiungere la regione. (ap)
Siria. I Paesi arabi contro Damasco: Assad sempre più solo
◊ In Siria prosegue anche stamani l'offensiva militare delle truppe governative di Damasco contro la città orientale di Dayr az Zor. Oggi non si hanno notizie precise di vittime, ieri invece erano almeno una sessantina i caduti. Intanto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha rinnovato l’appello al presidente siriano affinché cessi le violenze contro i civili mentre l'Arabia Saudita e il Kuwait hanno richiamato i loro ambasciatori e la Lega Araba ha chiesto ad Assad di porre fine agli scontri. Oogi anche la presigiosa università sunnita di Al-Azhar del Cairo è intervenuta affermando che il governo siriano ha oltrepassato il limite. Da parte loro gli Usa chiedono alla Turchia di fare pressioni su Damasco. Il commento di Camille Eid, giornalista esperto di questioni mediorientali di Avvenire, al microfono di Francesca Smacchia:
R. – Oggi abbiamo sentito l’appello del re saudita Abdullah, che si è unito al coro delle proteste e agli appelli a fermare l’impiego dei militari. Questa è un’indicazione molto forte perché il Consiglio dei Paesi del Golfo era già intervenuto collettivamente, ma adesso, la voce del re saudita che chiede di fermare subito – come diceva – “questi massacri” è un’indicazione di una presa di posizione araba simile a quella che gli arabi del Golfo avevano preso nei confronti della Libia di Gheddafi. La Siria non può sopravvivere economicamente senza l’aiuto di questi Paesi, e quindi questa presa di posizione rappresenta una minaccia. Sappiamo, poi, che domani dovrebbe giungere a Damasco il ministro degli Esteri turco, portatore di un ultimo messaggio alla Siria. Si dice che il tono sia duro … Quello che dispiace è che la risposta della diplomazia siriana, del ministero degli Esteri, afferma che se “i turchi dovessero portarci un messaggio duro, risponderemo con un tono altrettanto duro”. Il che significa che il regime non ha imparato nulla da tutti questi appelli!
D. – Quindi il mondo arabo si sta mobilitando; c’è anche la rottura tra Erdogan – quindi tra la Turchia – e il presidente siriano Bashar al Assad, una volta alleati ed amici. Questo influirà in qualche modo nelle decisioni, nelle repressioni alle quali stiamo assistendo ormai da mesi?
R. – Dovrebbe influire! La Turchia era amica della Siria; Erdogan, in particolare, aveva incoraggiato Assad ad intraprendere la via delle riforme … Quindi, era un amico, come lo era la Russia. Ma ora vediamo che questi due Paesi hanno incominciato ad usare toni molto duri nei confronti di Damasco. Lo stesso si può dire dei Paesi arabi: perché hanno aspettato cinque mesi per intervenire? Perché anche loro sono in una brutta situazione ed intervenire a favore di riforme potrebbe significare sentirsi rispondere: “Anche tu, re saudita, devi introdurre delle riforme nel tuo Paese!”. Temevano, quindi, critiche di questo tipo. Ecco, la Siria ha cercato di giocare sulle contraddizioni. Ma oggi, quando questi massacri avvengono nel mese di Ramadan che per gli arabi – o per i musulmani in generale – dev’essere un mese di preghiera, di digiuno e nel quale l’uso della forza è completamente bandito, vedere che cadono 50, 60, 70 morti, un centinaio di morti, è un’azione inaccettabile per qualsiasi musulmano.
D. – Il ruolo anche di Hezbollah, e soprattutto dell’Iran …
R. – Hezbollah ha negato di essere coinvolto direttamente negli eventi militari e di aver ucciso soldati anti-regime. L’Iran, così come Hezbollah, appoggia il regime siriano per un motivo semplice: perché considerano l’azione nel suo insieme, cioè guardano ai problemi del Medio Oriente come al campo di coloro che vogliono fare la pace con Israele, quindi il campo “americano”, come lo definiscono, e poi c’è il campo – o l’asse – Teheran-Damasco. Quindi, Teheran teme di perdere un alleato importante e questo la mette in una situazione un po’ imbarazzante, perché se l’Iran era a favore della rivoluzione in Egitto, a favore della rivoluzione in Tunisia, nello Yemen e nel Bahrein, essendo una maggioranza sciita, ma nell’attuale caso della Siria sostiene il regime: quindi, una situazione totalmente contraddittoria! Alla fine, dovrà cedere, dovrà optare per affiancarsi al popolo piuttosto che ad un regime che sta traballando. (gf)
Libia: proseguono bombardamenti e scontri, scarseggiano viveri e benzina
◊ Nuova giornata di bombardamenti e scontri in Libia, dove è giallo sulla sorte della località di Bir Ghanam ad ottanta chilometri a sud di Tripoli. Secondo testimoni è ancora in mano ai ribelli, ma il regime continua a negare. Nel Paese, intanto, “viveri e benzina scarseggiano. A Tripoli comincia a mancare l'elettricità e diventa dunque difficile conservare i generi alimentari che ci sono, soprattutto adesso che è estate. Di conseguenza, i prezzi subiscono notevoli aumenti''. E' la denuncia lanciata dalla Caritas italiana sottolineando che il lavoro della Chiesa locale ''va avanti grazie soprattutto alle religiose rimaste nel Paese''. Da parte loro, gli insorti pensano già al dopo-Gheddafi. Il Times ha pubblicato il piano di Bengasi in vista dell’esecutivo di transizione. Il documento, di una settantina di pagine, si basa su un team di 10-15 mila uomini con il compito di garantire la sicurezza nella capitale e di assicurare la cattura di figure chiave del regime. In merito Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Ennio Di Nolfo esperto di Relazioni internazionali e docente emerito all’Università di Firenze:
R. - Si può credere agli insorti – chiamiamoli così – o non si deve credere a questi signori? Il punto vero è che loro hanno bisogno di farsi credere, perché è l’unica maniera che hanno per continuare ad ottenere quegli aiuti che finora sono scarseggiati. Da dove vengono i cinque mila uomini che promettono di immettere sul campo come forza di difesa, forza di polizia? Li fornisce la Francia, li fornisce la Gran Bretagna, con i problemi finanziari che in questi giorni ci sono nel mondo? La Libia, che fino ad un mese fa era una priorità nella vita internazionale, è ancora una priorità della vita internazionale o i Paesi, i governi devono occuparsi di altre cose ben più urgenti e ben più gravi? Io ricordo che un mese fa circa il governo francese aveva previsto un’offensiva aspra e definitiva delle forze della Nato, che sarebbero riuscite entro il 14 luglio a consentire a Sarkozy di celebrare la vittoria in Libia, durante la parate per la festa nazionale francese. Ora, tutte queste parole messe insieme, sono credibili o non sono credibili? Bisogna essere, allo stesso tempo, dubbiosi e speranzosi. A me sembra che questo comitato di insorti sia un gruppo di persone piene di buona volontà, ma non sono altrettanto realisti nel progettare il loro futuro.
D. - La diplomazia internazionale ha fallito?
R. - Non definitivamente. A tutt’oggi, la diplomazia internazionale ha parlato, ha blaterato - oserei dire - tante cose, senza mai renderle credibili nei fatti. Gheddafi a questo punto dovrebbe essere già stato processato, condannato, sepolto ... e non so bene che cosa da almeno tre mesi, ma nulla di questo è accaduto: è chiaro che si tratta di una situazione estremamente difficile, nella quale la diplomazia temo abbia altre priorità.
D. - Siamo nell’ambito di una battaglia di propaganda?
R. - Credo di sì. Credo proprio che siamo nell’ambito di una battaglia di propaganda e certamente oggi nel mondo della comunicazione, nel mondo dei media, è impossibile considerare la propaganda come un’arma inesistente. La propaganda è importante, fondamentale e le guerre si vincono anche sul piano della propaganda. Se i ribelli riescono ad affermare davvero che sono in grado di governare tutta la Libia, se hanno l’appoggio delle tribù interne, allora la loro propaganda è efficace; in caso diverso, è l’ennesimo sforzo fatto per ottenere qualcosa, non si sa bene che cosa. (ma)
Borse altalenanti dopo la decisione della Bce di intervenire a sostegno d'Italia e Spagna
◊ Crisi economica. Altalenanti per tutta la giornata le principali borse europee, con la Banca centrale europea che compra Buoni del tesoro italiani e spagnoli secondo il piano annunciato stanotte. E dopo l'ok del G7, dal G20 arriva l'impegno a prendere tutte le misure necessarie a sostenere l'equilibrio e stimolare la crescita economica. Salvatore Sabatino ha chiesto a Luigi Cappugi, docente di Economia Politica presso l’università Luiss di Roma, se i timori di una seconda terribile ondata di crisi siano sempre concreti. Ascoltiamo:
R. - Se questi propositi, se questi programmi sono attuati o la mia risposta è molto semplice: non ci sono pericoli perchè si affronta la crisi con decisioni concrete, come si deve fare, cioè con una politica economica fatta di fatti e non di discorsi.
D. - Italia e Spagna restano sotto i riflettori delle istituzioni europee; un default di queste economie potrebbe, di fatto, causare danni irreparabili all’Euro, come molti temono?
R. - I danni irreparabili non li vedo; anche se danni di sicuro li può procurare, non esiste niente di irreparabile, in 30 anni, 40 anni che faccio l’advisor delle istituzioni, non ho mai visto crisi che non si superano. Il problema vero delle crisi, compresa questa e quelle che verranno, è capire chi paga il costo per uscire dalla crisi.
D. - Cosa vuol dire questo?
R. - Vuol dire: chi è che paga? Quelli che sono più deboli, sono quelli che vengono tartassati di più per affrontare i problemi della crisi.
D. - Una crisi, questa, che coinvolge davvero i cinque continenti. Le borse asiatiche hanno chiuso in negativo. Perché l’Asia, che è il nuovo baricentro economico mondiale, non si fida più di Stati Uniti ed Europa?
R. - Perché Stati Uniti ed Europa si comportano in modo da non dare fiducia a chi deve investire l’enorme quantità di liquidità che ha a disposizione, com’è il caso delle economie asiatiche. Si parla troppo e si fa poco, rispetto a quello che è necessario, sostenendo anche tesi accettabilissime, condivisibili; però le tesi da sole non risolvono i problemi.
D. - L’economia statunitense sembra pagare, a questo punto, lo scotto del ritardo con cui il congresso è giunto ad un compromesso per innalzare il tetto del debito. Resta in piedi il rischio di default per gli Stati Uniti?
R. - Io al default degli Stati Uniti non ci credo, sarebbe bene che fallissero prima le società di rating. Su una cosa non ci sono dubbi: o non si tiene conto di quello che dicono le società di rating o se si tiene conto di quello che dicono allora vanno regolamentate in modo diverso. Non è possibile che loro facciano il bello e cattivo tempo sull’andamento dei mercati. E’ possibile che non ci si renda conto che questo provoca poi le incertezze, le inquietudini, le perdite, le perdite dei più deboli naturalmente non dei più forti. (ma)
Scontri a Londra: oltre100 arresti
◊ Dopo una seconda notte di rivolte a Londra, la polizia britannica ha arrestato oltre 100 persone. I disordini sono scoppiati sabato nel quartiere di Tottenham, quando le proteste per l'uccisione - giovedì scorso - da parte della polizia di Mark Duggan, un 29enne di colore, sono degenerate in distruzioni e saccheggi. Le tensioni tra abitanti della zona e forze dell’ordine si sono poi estese a Enfield, Walthamstow e Waltham Forest, nel nord della capitale, e a Brixton, a sud. Almeno 35 gli agenti feriti in due giorni. Sui motivi di tali violenze, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Londra Andrea Malaguti, corrispondente del quotidiano La Stampa:
R. – Giovedì pomeriggio la polizia ha fermato un pregiudicato che era in macchina, un uomo di 29 anni, padre di quattro figli. C’è stato uno scontro a fuoco e l’uomo è stato ucciso. Secondo la polizia, lo scontro a fuoco è nato dal fatto che quest’uomo avrebbe sparato per primo. Ci sono molti dubbi sulla dinamica della vicenda, dubbi che ovviamente anche la famiglia del pregiudicato ha fatto propri e, in funzione di ciò, aveva organizzato sabato pomeriggio una manifestazione, un corteo, che sarebbe dovuto arrivare davanti la stazione di polizia di Tottenham per chiedere cosa fosse successo esattamente. Era una manifestazione pacifica che ad un certo punto è diventata una vera e propria rivolta, una rivolta durissima.
D. – Perché i disordini sono scoppiati a partire proprio dalla zona Nord di Londra?
R. – La zona Nord di Londra è storicamente tra le più povere non solo della città, ma del Paese. E’ una zona a fortissima presenza nero-africana e nero-caraibica dove in realtà il multiculturalismo non ha funzionato e dove – bisogna ricordarlo – quest’anno il budget per i progetti di aiuto ai giovani è stato tagliato del 75%, con la finanziaria del governo Cameron. E’ un quartiere che già negli anni Ottanta era stato al centro di disordini molto forti; da allora erano stati compiuti molti interventi, in seguito ai quali la situazione nella zona di Tottenham era molto migliorata, pur nascondendo ancora ampie sacche di povertà.
D. – Quindi, in questo quadro influisce anche la crisi economica in atto?
R. – Sì: sono molti in effetti i fattori che influiscono in questa vicenda. La crisi economica è uno di questi. Il disagio giovanile certamente è un altro fattore. C’è un terzo fattore sul quale in questo momento si discute molto a Londra: cioè la mancanza di controllo da parte della polizia. Non va dimenticato il fatto che il numero uno e il numero due di Scotland Yard si sono dimessi il mese scorso a seguito dello scandalo delle intercettazioni telefoniche di “News of the World”; i nuovi capi di Scotland Yard in questi giorni erano in vacanza, così come il premier David Cameron e alcuni ministri. In più, queste gang giovanili hanno cominciato a mandarsi segnali attraverso i social network e, in tal modo, hanno allargato la protesta.
D. – Nella storia della Londra multietnica, come potrebbero essere superate le ultime tensioni?
R. – E’ difficile dirlo, perché in realtà Scotland Yard questa mattina diceva: “E’ tutto sotto controllo, si tratta solo di poche centinaia di giovani”. In realtà, “poche centinaia di giovani” possono causare danni straordinari: ci sono stati oltre cento arresti, 40 persone sono finite all’ospedale, un’infinità di negozi sono stati saccheggiati o incendiati. Ci sono moltissime possibilità di controllare questa vicenda, ma non sarà una cosa banale. (gf)
Mons. Bertin: il clima in Somalia ricorda quello precedente all’operazione "Restore Hope"
◊ “Mi chiedo se quella di Al-Shabaab sia una ritirata strategica per far confluire a Mogadiscio gli aiuti umanitari, per poi di colpo ritornare e prenderne una parte, oppure se la loro dirigenza abbia invece avvertito la fortissima pressione internazionale, in particolare da parte dei mass-media, che presentano gli Shabab come nemici del proprio popolo, ed ha quindi deciso di lasciare temporaneamente la scena della capitale somala”. Così mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, ha commentato all’Agenzia Fides il ritiro delle milizie islamiste dalla capitale del Paese. “Una terza ipotesi è che vi sia a livello internazionale un desiderio di un intervento militare diretto in Somalia”, ha detto il presule che ha poi aggiunto: “questa forte visibilità della Somalia nei media internazionali mi ha fatto ripensare al 1991-92 quando vi fu una fortissima campagna mediatica che ha preceduto l’operazione “Restore Hope” del 1992”. A proposito della carestia che sta colpendo il Paese, il vescovo di Gibuti ha poi affermato che in Somalia “il numero di somali che si spostano verso il Kenya, l’Etiopia e, ultimamente, anche verso Mogadiscio, indica che la situazione è drammatica”, ma che “tutta questa insistenza a livello mediatico sulla Somalia come ‘occhio del ciclone’ della crisi alimentare nel Corno d’Africa, fa nascere il dubbio che sia il preludio a un intervento militare umanitario”. (M.R.)
Pakistan: nuovo caso di conversione forzata all'islam di una ragazza cristiana
◊ In Pakistan, una ragazza cristiana è stata vittima di un nuovo caso di conversione forzata. Mariam Gil, questo il nome della giovane, è stata rapita la scorsa settimana in una cittadina a 20 km dalla capitale Islamabad da un musulmano del posto, Muhammad Junaid, e ed è stata costretta a sposarsi dopo essersi convertita all’Islam. Munir Gill, il padre della ragazza, riferisce ad AsiaNews che l’uomo, “un importante uomo d’affari”, aveva da tempo messo gli occhi sulla figlia, ingiungendogli “di acconsentire al matrimonio”. Il padre ha aggiunto poi di aver esposto “più volte la vicenda” al padre del ragazzo e alla polizia, “senza risultato”. Dopo aver appreso del sequestro, il genitore e il fratello di Mariam si sono recati a denunciare il fatto alla polizia, che ha risposto in maniera evasiva. Un funzionario delle forze dell’ordine ha parlato di Muhammad Junaid, come di un “rispettabile uomo d’affari musulmano” e ha affermato che la ragazza si sia convertita e sposata “di sua spontanea volontà”. Per il leader islamico locale, il sequestratore “ha seguito i precetti della Shariah e, convertendo una non musulmana, ha compiuto un gesto nobile”. Venerdì scorso, Mariam Gill, interrogata dai funzionari locali, ha confermato di essere stata rapita e di essere stata costretta a convertirsi con la forza, ribadendo poi la sua volontà di non abbandonare il cristianesimo. Dopo l’interrogatorio, la giovane è stata restituita alla famiglia di origine e le parti sono state invitate a raggiungere un accordo. Tuttavia Muhammad Junaid ha minacciato “conseguenze terribili”, qualora non gli venisse restituita la ragazza. “Si tratta di una vicenda orribile”, ha affermato il vescovo di Islamabad Rufin Anthony, preoccupato per “i casi di conversioni forzate che crescono ad un tasso allarmante”. “Il sequestro di ragazze cristiane è diventato una pratica comune nel Punjab”, ha commentato il presule, ed “è tempo di prendere misure concrete per garantire la sicurezza delle minoranze in Pakistan”. (M.R.)
Iran: arrestati due giovani convertiti al cristianesimo
◊ Due giovani iraniani convertiti al cristianesimo, Vahid Rofegar e Reza Kohnamuii, sono stati arrestati due settimane fa dalle forze di polizia nella piccola città di Kalibr. La notizia è stata resa nota solo oggi dal sito d'informazione attivo nell'ambito dei diritti umani 'Herana'. Secondo testimoni oculari i due, prima dell'arresto, sono stati fermati in una delle vie principali di Kalibr e percossi violentemente dagli agenti. Stando al sito, le famiglie dei due non hanno alcuna notizia sul loro luogo di detenzione. Negli ultimi anni sono aumentate in modo considerevole le conversioni, soprattutto dei giovani, dall'Islam ad altre religioni quali il cristianesimo, il zoroastrismo e la fede bahai, suscitando le dure reazioni delle autorità politico-religiose della Repubblica islamica. La Guida Suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, in diverse occasioni ha espresso la propria preoccupazione per il fenomeno delle conversioni in Iran, invitando il clero islamico sciita a essere più attivo nella persuasione dei giovani affinché questi non abbandonino l'Islam. Secondo i siti d'opposizione, nell'ultimo anno oltre duecento iraniani convertiti al cristianesimo sono stati arrestati su ordine dell'autorità giudiziaria iraniana. La sharia, ovvero la legge coranica, non consente la conversione dall'Islam ad altre religioni. L'abbandono dell'Islam è punibile, su sentenza del giudice, anche con la pena capitale. Pertanto molte conversioni in Iran avvengono in segreto e non vengono rese pubbliche.
Vescovo in Congo: la protezione degli animali non deve pregiudicare la sicurezza dell’uomo
◊ La tutela delle risorse naturali non può essere subordinata alla protezione delle persone. Questo il senso dell’intervento di mons. Joseph Mokobé, vescovo di Basankusu, città nel nord-ovest della Repubblica Democratica del Congo, che si è scagliato contro i ripetuti attacchi di scimmie Bonobo contro persone. Riferisce l’agenzia Fides che il 3 agosto delle scimmie hanno mutilato al viso tre guardaparco della riserva di Elonda, ricoverate poi all’ospedale di Basankusu. L’episodio ha suscitato emozione tra la popolazione, che si è radunata davanti all’ospedale e ha protestato contro il contratto di lavoro dei guardaparco, che vieta loro di difendesi dalle scimmie in caso di aggressione. Mons. Mokobé ha ricordato che quello del 3 agosto non è il primo caso di violenza causato dalle scimmie e che già a maggio un guardaparco era stato ferito in circostanze analoghe. I Bonobo non sarebbero una specie rara, ma la loro tutela ha già causato lo sgombro di oltre 250 famiglie da un’area della foresta che occupavano da oltre un secolo (M.R.)
Panama: il mondo cattolico contro la proposta di legge sull’introduzione della pena di morte
◊ Ha causato grande sconcerto tra i cattolici di Panama la proposta di introdurre la pena di morte nel Paese per i casi d’omicidio, di reati contro la sicurezza collettiva e di violenza sessuale recidiva. Riferisce l’agenzia Fides che il progetto di legge, presentato dal deputato Marcos Gonzalez, del partito “Cambio Democrático”, sarebbe in contrasto con l’articolo 30 della Costituzione panamense. "Noi, come Chiesa, crediamo nel senso profondo della vita, che nessun Stato ha il diritto di togliere”, ha affermato Maribel Jaén, membro della Commissione giustizia e pace della Chiesa cattolica, che ha poi aggiunto che l'approvazione della pena di morte è una cosa "disumana". Anche il Difensore civico panamense, Patria Portogallo, si è scagliato contro la proposta di legge, affermando che questa non servirebbe a ridurre il crimine a Panama. Una posizione condivisa anche dal precedente Difensore civico, Ricardo Vargas, che ha definito l’idea "una marcia indietro per il progresso democratico” e una "proposta imprudente e inopportuna". (M.R.)
Terra Santa: il patriarca Twal ricorda l’arcivescovo Pietro Sambi
◊ “Un Ecclesiastico di primo rango, brillante diplomatico” e “un Pastore credibile e gioioso” che ha amato e dato tanto alla Terra Santa. Con queste parole il patriarca latino di Gerusalemme Fwad Twal ha ricordato sabato scorso l’arcivescovo Pietro Sambi a una Messa di suffragio celebrata nella chiesa latina del Santissimo Nome di Gesù a Gerusalemme. Il presule, lo ricordiamo, è scomparso il 27 luglio negli Stati Uniti, dove era nunzio apostolico. Nell’omelia il patriarca Twal ha rievocato le straordinarie doti intellettuali e diplomatiche, ma anche umane di mons. Sambi, soffermandosi sui suoi intensi legami con la Terra Santa, dove era stato nunzio e delegato apostolico dal 1998 al 2005. “Mons. Sambi”, ha detto, “non esitò a denunciare a voce alta le ingiustizie, tante nella nostra terra, ricordiamo il suo ruolo durante l’assedio della Basilica della Natività nel 2002”. “Ma al di là dei suoi talenti intellettuali e diplomatici”, ha sottolineato il patriarca di Gerusalemme, “egli era un vero Pastore, un Pastore credibile e gioioso. Si distingueva per un autentico entusiasmo, che lo portava ad essere in grado di entrare facilmente in contatto con il suo prossimo”. Infine, il patriarca Twal ha aggiunto un ricordo personale: “Conservo di lui un bel ricordo, di una persona straordinariamente comunicativa. Il lavoro di ufficio non gli impediva mai di scendere sul terreno e di incontrare la gente. Intesseva relazioni di amicizia e contatti di lavoro con la gente e con i leader politici, era ospite gradito e sapeva tirare fuori il meglio dai suoi interlocutori”. ( A cura di Lisa Zengarini)
Celebrazioni giubilari per i 500 anni dell’arcidiocesi di Santo Domingo
◊ Si sono conclusi ieri, nella Repubblica Domenicana, i festeggiamenti per il 500esimo anniversario dell’arcidiocesi di Santo Domingo. Una Messa solenne nella cattedrale della città è stata celebrata dal cardinale Carlos Amigo Vallejo, arcivescovo emerito di Siviglia e legato pontificio per l’occasione. Riferisce l’Agenzia Fides che hanno concelebrato la funzione il nunzio apostolico mons. Jozef Wesolows, numerosi membri della Conferenza episcopale dominicana e un centinaio di sacerdoti e diaconi. Papa Benedetto XVI, in un messaggio inviato al cardinale Lopez Rodriguez, arcivescovo di Santo Domingo, ha espresso la speranza che questo evento, che celebra la creazione della prima diocesi in America, "porterà abbondanti frutti di fede e d'impegno tra sacerdoti, religiosi e laici che con fervore predicano il Vangelo". L’arcidiocesi di Santo Domingo fu fondata da Papa Giulio II nel 1511 e ha avuto nel corso della sua storia 43 vescovi, 32 dei quali sono stati arcivescovi e due cardinali. (M.R.)
Portogallo: in corso la Settimana nazionale delle migrazioni
◊ “Una sola famiglia umana”: questo il titolo scelto per l’annuale Settimana nazionale delle migrazioni celebrata in questi giorni dalla Chiesa portoghese. L’appuntamento, giunto alla sua 39ª edizione, è organizzato dalla Commissione episcopale per la mobilità umana (Cemh) e dall’Opera portoghese delle migrazioni (Ocpm) con l’obiettivo di sensibilizzare le comunità lusofone sulla complessa realtà delle migrazioni e sui vari problemi ad essa associati: dalla mancanza di un’accoglienza dignitosa degli immigrati , all’esclusione sociale di cui sono vittime, al razzismo e alla xenofobia. “Le società attuali sono sempre più multietniche e interculturali, riunite come un’unica famiglia di fratelli e sorelle, chiamati al dialogo che promuove una convivenza fruttuosa e serena”, affermano gli organizzatori in un comunicato reso noto dall’agenzia Ecclesia. “Nel disegno eterno di Dio per l’uomo non c’è spazio per la creazione di ghetti o tensioni”. Al centro di questa edizione sarà la comunità immigrata di Capo Verde alla quale, nelle giornate conclusive dal 12 al 14 agosto, sarà dedicato uno speciale pellegrinaggio a Fatima guidato dal vescovo capoverdiano di Santiago, Arlindo Gomes Furtado. La settimana terminerà con una giornata di solidarietà 14 agosto in cui le offerte domenicali saranno interamente devolute alla Pastorale per la mobilità umana. (L.Z.)
Spagna: concluso al Santuario di Loyola il raduno dei giovani del Magis in vista della Gmg
◊ Una volta concluso il raduno del movimento giovanile Magis al Santuario di Loyola, oggi i 2600 partecipanti provenienti da 50 Paesi si rivolgono ai 100 campi di lavoro in Spagna, Portogallo, Francia e Marocco dove si fermeranno per una settimana. I mezzi di comunicazione offrono oggi ampia informazione sulla giornata di ieri a Loyola con la solenne celebrazione eucaristica presieduta da padre Adolfo Nicolas, superiore generale dei Gesuiti. I giovani hanno suscitato una forte impressione con il loro comportamento, con la loro gioia spontanea, con forte e decisa espressione di fede cristiana e un atteggiamento multietnico e multiculturale. Sono stati tre giorni di intensa attività: di gruppi di lavoro, assemblee, tempi di riflessione e preghiera e di celebrazioni festive. Secondo il motto del raduno “Con Cristo nel cuore del mondo” ragazzi e ragazze provenienti da 50 Paesi hanno esaminato importanti questioni religiose e sociali e hanno offerto la loro visione per un mondo più giusto e fraterno nello spirito del Vangelo. In questo modo, poi, questi giovani convenuti a Loyola si sono preparati per la grande Giornata mondiale della gioventù a Madrid tra il 16 e il 21 agosto. Divisi in gruppi di 25 partecipanti, sono partiti da Loyola verso i loro campi di lavoro. Durante questa settimana potranno vivere una forte esperienza personale in circa 100 luoghi scelti secondo questi temi generali: spiritualità, azione sociale, fede e cultura, arte, creatività, pellegrinaggio, ecologia. Avranno l’occasione di convivere con immigrati, anziani e malati, detenuti nelle carceri, gruppi umani emarginati, bambini senza famiglia, malati di Aids, ambienti indifferenti o contrari alla fede cristiana, e via dicendo. Dopo questa settimana di esperienza umana, sociale e religiosa tutti i gruppi si recheranno a Madrid dove arriveranno il 15 agosto per partecipare fino al 21 agosto nelle attività della Giornata mondiale della gioventù. E’ stato padre Adolfo Nicolas, superiore generale dei Gesuiti a dare ai giovani nell’Eucarestia di ieri, l’invito ad iniziare questa nuova esperienza nello spirito del mandato del Signore ai discepoli inviati in missione. Commentando i testi sacri della Messa di domenica, padre Adolfo Nicolas ha affermato che anche oggi, analogamente al profeta Elia dobbiamo cercare l’incontro con Dio in un ambiente di verità, sincerità, all’interno del nostro cuore. D’altra parte, l’apostolo Paolo ci offre un chiaro esempio personale sull’importanza della fratellanza e della solidarietà. Commentando poi il brano liturgico del Vangelo di Matteo ha detto: “ Se quello che ci preoccupa è il nostro benessere, il nostro successo, affonderemo sicuramente. Se invece ciò che ci preoccupa è il servizio e la sofferenza degli altri, proprio dove si trova Cristo, allora potremo camminare sulle onde del mare”. (A cura di padre Ignacio Arregui)
Gli scout simulano le dure condizione dei rifugiati politici al raduno mondiale di Rinkaby
◊ Si è concluso ieri a Rinkaby, nel sud della Svezia, il 22esimo raduno mondiale degli scout, cha ha coinvolto circa 40mila giovani provenienti da tutto il mondo. Tra i temi affrontati durante la manifestazione, la pace, i diritti umani e il problema dei rifugiati, in quello che secondo i promotori è stato “un vero e proprio esercizio di peace building su larga scala”. Particolarmente significativa è stata l’esperienza vissuta da un migliaio di ragazzi, che hanno sperimentato le dure condizioni di vita dei rifugiati politici in una simulazione promossa dalll’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). “È stata un'esperienza di riflessione e formazione che ha fatto capire ai ragazzi il trauma subito da milioni di sfollati in tutto il mondo, provenienti, in alcuni casi, dai loro stessi Paesi”, si legge in una nota dell’Unhcr, riportata dal Sir. I partecipanti alla simulazione, denominata “Passaggi”, sono stati catturati durante un attacco militare, e dopo essere stati bendati, hanno dovuto cercare e trovare i loro famigliari tra i pianti, le urla, e rumori di spari ed esplosioni. “Poi, fuggendo in una foresta”, continua la nota dell’ Unhcr, “hanno tentato di nascondersi dai loro assalitori. Nella fuga per la salvezza, le ‘famiglie’ sono state derubate dei loro beni, hanno udito i rumori di uno stupro simulato e oltrepassato il corpo di una vittima virtuale, coperto di sangue”. Prima di raggiungere la sicurezza, rappresentata da un campo profughi dell’Onu, gli scout hanno dovuto attraversare un confine nazionale fittizio e hanno cercato di comunicare con guardie di frontiera armate che non parlavano la loro lingua. “Mi sono sentito così spaventato che ho dovuto ricordare a me stesso che questo era solo un gioco”, ha affermato Nick, uno scout proveniente dalla Malesia, mentre per Azra, un ex-rifugiato che ora vive in Slovenia, partecipare alla simulazione con i suoi amici è stata l’occasione per poter “finalmente condividere con loro ciò che ho dovuto subire”. “Ora mi capiranno meglio”, ha aggiunto. L’iniziativa, frutto di una collaborazione tra Onu e scout che dura dal 1995, è stato un successo, tanto che numerosi movimenti nazionali scout “hanno detto di voler introdurre questo gioco di ruolo nei propri Paesi, mentre alcuni adulti hanno chiesto di poterlo inserire nelle riunioni aziendali e negli esercizi di team building”. (M.R.)
Afghanistan: proteste per il numero di vittime civili in attacchi Nato
◊ Centinaia di persone sono scese in piazza oggi a Ghazni City, capoluogo della omonima provincia centro-orientale afghana protestando per la morte di due civili causata, a loro avviso, da forze straniere durante un raid aereo notturno. Il servizio di Fausta Speranza:
Il presidente afghano Hamid Karzai ha ordinato l'apertura di un'inchiesta sul raid aereo della Nato condotto venerdì scorso nella provincia di Helmand, nel sud del Paese, contro i talebani. Nell'attacco sono morte otto persone, membri della famiglia di un imam, alimentando in questo modo sempre più tensione tra Kabul e forze straniere. L'Isaf ha annunciato che condurrà un'inchiesta su quanto accaduto. Il problema delle vittime civili preoccupa il governo del presidente Karzai. Secondo la Missione delle Nazioni Unite di assistenza all'Afghanistan (Unama), l'80% dei decessi è causato dagli insorti ed il restante 20% dalle forze governative e della Nato. In ogni caso, oggi dopo l’incidente di sabato che ha coinvolto un elicottero Chinook della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza uccidendo 31 militari americani, il presidente afghano Karzai ha parlato con Obama per presentare le condoglianze. Il presidente Usa, che ha ricambiato per i 7 militari afghani morti nello stesso incidente, ha riaffermato l'impegno comune contro il terrorismo. Ma a proposito di strategie potrebbe far molto discutere la dichiarazione di ieri del ministro degli Esteri afghano Rassoul sulla Conferenza di Bonn programmata a dicembre prossimo per discutere del futuro dell’Afghanistan. Rassoul ritiene che i talebani potrebbero partecipare se il processo di riconciliazione nazionale dovesse progredire in modo soddisfacente. Solo giovedì scorso l'ambasciatore degli Stati Uniti a Kabul, Ryan Crocker, aveva escluso decisamente l’ipotesi.
Il presidente dello Yemen ha lasciato ieri sera l’ospedale saudita dopo 2 mesi
Funzionari statunitensi avrebbero convinto il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, attualmente convalescente in Arabia Saudita, a non fare ritorno in Yemen. Lo scrive il quotidiano panarabo Asharq al-Awsat. Il resoconto arriva all'indomani dell'uscita dall'ospedale di Saleh, che ora si trova in una residenza del governo. I funzionari yemeniti hanno smentito la notizia, affermando che il presidente tornerà a Sanaa. Il presidente dello Yemen, Ali Abdallah Saleh, ha lasciato ieri sera l'ospedale militare saudita, dove era ricoverato da oltre due mesi dopo essere stato ferito durante un attacco contro il suo palazzo presidenziale a Sanaa il 3 giugno.
10 soldati pachistani feriti nel Waziristan, al confine con l'Afghanistan
Dieci soldati pachistani sono rimasti feriti quando il veicolo su cui viaggiavano ha urtato un rudimentale ordigno (Ied) nella regione tribale del Waziristan meridionale, al confine con l'Afghanistan. Secondo fonti militari locali, il veicolo transitava nell'area di Sararogha al momento dell'attentato, dopo il quale le forze di sicurezza hanno avviato una caccia all'uomo per cercare di catturare i responsabili. Il Waziristan meridionale è una roccaforte della coalizione Tehrik-e-Taleban Pakistan (Ttp), vicina ad Al Qaeda, ed il luogo dove è avvenuto l'attentato è sotto la responsabilità del vicecapo del Ttp, Mufti Waliur Rehman. Intanto un ufficiale dell'esercito pachistano ha sostenuto che nel corso della offensiva sferrata nella Kurram Agency, al confine con l'Afghanistan, almeno 200 militanti talebani sono stati uccisi.
La preoccupazione di Londra per la detenzione della Timoshenko
La Gran Bretagna ha espresso "preoccupazione" per la detenzione dell'ex premier ucraino e attuale leader dell'opposizione, Iulia Timoshenko, e ha invitato Kiev a "conformarsi a più alti standard democratici". Lo riferisce l'agenzia Interfax citando il segretario agli Affari Esteri, Alistair Burt. "La Gran Bretagna - ha detto Burt -, assieme all'Unione europea e ai suoi partner internazionali, continuerà a monitorare attentamente il processo a carico di Iulia Timoshenko e quelli contro alcuni suoi ex ministri e funzionari". Il segretario agli Affari Esteri di Londra ha quindi esortato "le autorità ucraine a conformarsi a più alti standard democratici, che includano il rispetto dei diritti umani, delle norme di legge e processi indipendenti, trasparenti ed equi. Questi - ha concluso Burt - sono i prerequisiti per una maggiore integrazione con l'Unione europea".
Joe Biden in Cina dal 17 al 22 Agosto
Joe Biden, vice presidente americano, sarà in visita ufficiale in Cina dal 17 al 22 agosto. Lo ha annunciato il portavoce del ministero degli Esteri cinese. Intanto, una commissione indipendente del governo federale americano ha criticato il comportamento cinese nella provincia nord occidentale autonoma dello Xinjiang a maggioranza musulmana, chiedendo la fine delle restrizioni per i cittadini di etnia uighura. Leonard Leo, presidente della Commissione degli Stati Uniti sulla Libertà Religiosa Internazionale (Uscirf), nella sua denuncia ha sottolineato come la situazione nello Xinjiang sia peggiorata dopo gli scontri delle scorse settimane tanto da portare al divieto per i locali, di religione musulmana, di partecipare ai riti del sacro mese di Ramadan. La stessa associazione in difesa degli Uighuri ha denunciato i modi usati dalla polizia cinese nella repressione, con arresti di massa e il numero di vittime non chiarite. Secondo le autorità cinesi, gli scontri della fine di luglio sono stati organizzati da terroristi islamici addestrati all'estero.
Cresce marea nera davanti al Porto di Mumbai
La marea nera fuoriuscita da un mercantile affondato davanti al porto di Mumbai si sta allargando verso la costa minacciando una famosa spiaggia della metropoli. Dalla nave MV Rak che si è inabissata tre giorni fa a 25 miglia marine dalla terraferma, esce circa una tonnellata di carburante all'ora, secondo la televisione Times Now. Il cargo, battente bandiera panamense trasportava 60 mila tonnellate di carbone e 340 tonnellate tra benzina e lubrificanti. L'emittente aveva mostrato ieri le immagini di catrame sulla spiaggia di Juhu, dove si affacciano le ville delle star di Bollywood, ma un comunicato del ministero dell'Ambiente aveva smentito dicendo che i residui non provenivano dalla MV Rak. Le autorità hanno anche minimizzato la minaccia di inquinamento della costa già degradata da diversi incidenti del genere in passato. Sul luogo sono al lavoro due unità navali di emergenza per contenere i danni della chiazza oleosa e cercare di aspirare il contenuto dello scafo sommerso. Intanto, nella zona colpita dal disastro è stata vietata la pesca fino al 15 agosto.
Napolitano ricorda Marcinelle: tragedia del lavoro da ricordare come simbolo
Il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, in occasione del 55.mo anniversario della tragedia di Marcinelle, in Belgio, in un messaggio ha espresso i sentimenti di vicinanza ai familiari delle vittime e a tutti i partecipanti alle cerimonie per una sciagura che è divenuta simbolo del sacrificio e della nobiltà del lavoro italiano in Europa e nel mondo. "La memoria dei duecentosessantadue lavoratori che persero la vita a Marcinelle, tra i quali centotrentasei connazionali - scrive Napolitano - ci deve in particolare esortare a mantenere alta la guardia sul tema della sicurezza del lavoro, la cui attualità permane immutata nonostante gli indubbi progressi". Alle 8 e 10 di questa mattina la campana 'Maria Mater Orphanorum' di Bois du Cazier a Marcinelle ha suonato 262 volte: una per ciascuno dei minatori.
50mila cileni in piazza contro la riforma dell’istruzione
Circa 50 mila cileni sono sfilati per le strade di Santiago per chiedere la fine della repressione contro il movimento studentesco e per esigere istruzione gratuita e di qualità. La manifestazione è stata convocata ieri dall'Assemblea Coordinatrice degli Studenti Secondari (Aces) e dal collegio dei professori. “Se il governo vuole lucrare, uniti lotteremo”, si leggeva su un grande striscione che apriva la marcia, svoltasi sotto la pioggia, vicino al palazzo presidenziale della Moneda. Gli studenti hanno respinto venerdì scorso l'ultima proposta di riforma dell'istruzione e a centinaia sono stati arrestati dalle forze dell'ordine durante i disordini avvenuti nelle maggiori città del Cile. I manifestanti hanno dato al governo sei giorni di tempo per presentare un nuovo documento. Intanto, stanno organizzando per martedì prossimo uno sciopero nazionale. Il presidente del partito socialista, Osvaldo Andrade, nell'appoggiare ufficialmente gli studenti, ha proposto che il futuro dell'istruzione sia sottoposto a un plebiscito nazionale. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 220