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Sommario del 07/08/2011
All’Angelus appello del Papa per la pacifica convivenza in Siria e la fine delle violenze in Libia
◊ “In mezzo a tante preoccupazioni, problemi, difficoltà che agitano il mare della nostra vita, risuoni nel cuore la parola rassicurante di Gesù: Coraggio, sono io, non abbiate paura!, e cresca la nostra fede in Lui”. E’ la viva esortazione espressa oggi all’Angelus, dal Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, da Benedetto XVI. Dopo la recita della preghiera mariana, il Papa ha anche manifestato la propria preoccupazione per le violenze in Siria e i continui combattimenti in Libia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il Papa ha lanciato un accorato appello per la Siria ed espresso viva preoccupazione per “i drammatici e crescenti episodi di violenza, che hanno provocato numerose vittime e gravi sofferenze”.
“Invito i fedeli cattolici a pregare, affinché lo sforzo per la riconciliazione prevalga sulla divisione e sul rancore. Inoltre, rinnovo alle Autorità ed alla popolazione siriana un pressante appello, perché si ristabilisca quanto prima la pacifica convivenza e si risponda adeguatamente alle legittime aspirazioni dei cittadini, nel rispetto della loro dignità e a beneficio della stabilità regionale”.
Il pensiero del Santo Padre è andato anche alla Libia, Paese scosso da incessanti raid della Nato e da violenti combattimenti tra forze governative e insorti:
“La forza delle armi non ha risolto la situazione. Esorto gli Organismi internazionali e quanti hanno responsabilità politiche e militari a rilanciare con convinzione e risolutezza la ricerca di un piano di pace per il Paese, attraverso il negoziato ed il dialogo costruttivo”.
All’Angelus, Benedetto XVI si è soffermato sulla pagina del Vangelo in cui Gesù, ritiratosi sul monte, prega per tutta la notte: “Il Signore, in disparte sia dalla gente che dai discepoli, manifesta la sua intimità con il Padre e la necessità di pregare in solitudine, al riparo dai tumulti del mondo”. Questo allontanarsi – ha detto il Papa - non deve però essere inteso “come un disinteresse verso le persone o un abbandono degli Apostoli”.
“Anzi - narra San Matteo – fece salire i discepoli sulla barca per ‘precederlo sull’altra riva’ (Mt 14,22), per incontrarli di nuovo. Nel frattempo, la barca ‘distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario’ (v. 24), ed ecco che ‘sul finire della notte [Gesù] andò verso di loro camminando sul mare’ (v. 25); i discepoli furono sconvolti e scambiandolo per un fantasma ‘gridarono dalla paura’ (v. 26), non lo riconobbero, non capirono che si trattava del Signore. Ma Gesù li rassicura: Coraggio, sono io, non abbiate paura!”
Su questo episodio – ha osservato il Papa – i Padri della Chiesa hanno colto una grande ricchezza di significato:
“Il mare simboleggia la vita presente e l’instabilità del mondo visibile; la tempesta indica ogni sorta di tribolazione, di difficoltà, che opprime l’uomo. La barca, invece, rappresenta la Chiesa costruita da Cristo e guidata dagli Apostoli. Gesù vuole educare i discepoli a sopportare con coraggio le avversità della vita, confidando in Dio, in Colui che si è rivelato al profeta Elia sull’Oreb nel sussurro di una brezza leggera (1 Re 19,12)”.
Il passo del Vangelo prosegue poi con il gesto dell’apostolo Pietro che chiese a Gesù di andargli incontro camminando sulle acque. Ma vedendo che il vento era forte, Pietro si impaurì e, temendo di affondare, chiese al Signore di essere salvato:
“Pietro cammina sulle acque non per la propria forza, ma per la grazia divina, in cui crede, e quando viene sopraffatto dal dubbio, quando non fissa più lo sguardo su Gesù, ma ha paura del vento, quando non si fida pienamente della parola del Maestro, vuol dire che che si sta interiormente allontanando da Lui ed è allora che rischia di affondare nel mare della vita e così per noi: se guardiamo solo a noi stessi, diventiamo dipendenti dai venti e non possiamo più passare sulle tempeste e le acque della vita”.
Il Signore – ha affermato il Pontefice ricordando le parole del pensatore Romano Guardini– è sempre vicino, essendo alla radice del nostro essere. "Tuttavia – ha aggiunto – dobbiamo sperimentare il nostro rapporto con Dio tra i poli della lontananza e della vicinanza. Dalla vicinanza siamo fortificati, dalla lontananza messi alla prova".
“Cari amici, l’esperienza del profeta Elia che udì il passaggio di Dio e il travaglio di fede dell’apostolo Pietro, ci fanno comprendere che il Signore prima ancora che lo cerchiamo o lo invochiamo, è Lui stesso che ci viene incontro, abbassa il cielo per tenderci la mano e portarci alla sua altezza; aspetta solo che ci fidiamo totalmente di Lui, che prendiamo realmente la Sua mano”.
In mezzo a tante preoccupazioni e problemi in questo tempo di crisi sono inoltre sempre maggiori le difficoltà legate al lavoro. Ricordando queste difficoltà il Papa, rivolgendosi ai pellegrini di lingua italiana, ha salutato la rappresentanza di operai dell’azienda Irisbus di Flumeri, in provincia di Avellino...
“…con il fervido auspicio di una positiva soluzione dei problemi che ne rendono precaria l’attività lavorativa. Speriamo! A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana”.
Dopo l’Angelus il Papa ha anche salutato i giovani della diocesi di Albano che prenderanno parte alla Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Madrid dal 16 al 21 agosto prossimi.
All’insegna della gioia: i giovani di “Nuovi Orizzonti” si preparano alla Gmg di Madrid
◊ Tra i tanti giovani che si stanno preparando a partire da tutta Italia per la Gmg di Madrid ci sono anche i ragazzi impegnati nel movimento “Nuovi Orizzonti”. Per una testimonianza sul clima che si vive nella comunità fondata da Chiara Amirante, Alessandro Gisotti ha intervistato don Giacomo Pavanello, responsabile di “Nuovi Orizzonti” per l’Evangelizzazione:
R. - Ci stiamo preparando con tanta preghiera, perché sentiamo l’importanza di questo evento per noi come realtà, ma anche per tutta la Chiesa. Quindi, vogliamo dare il nostro contributo innanzitutto con la preghiera, soprattutto da parte di chi non potrà recarsi a Madrid, e per quelli invece, che da tutta Italia, si uniranno al nostro gruppo che in Spagna, a Madrid, già esiste da diverso tempo, con loro lavoreremo in strada, con diverse iniziative di evangelizzazione nei confronti dei giovani che sono lì, magari anche per altri motivi…
D. - Quindi, questo aspetto dell’evangelizzazione, della nuova evangelizzazione sarà anche caratterizzante della presenza di “Nuovi Orizzonti” a Madrid?
R. - Sicuramente, perché noi abbiamo intenzione e già stiamo lavorando in questi giorni assieme ad altre realtà a livello europeo impegnate nella nuova evangelizzazione. Ci uniremo a loro in Plaza de España per dare vita ad un “festival annuncio”. E’ una realtà in cui tutti questi gruppi europei si raduneranno in questo luogo per un percorso di evangelizzazione vissuto in prima persona che poi apra alla missione. Quindi, dopo questo incontro, questa catechesi con grandi testimoni: ci sarà, il cardinale Schoenborn, padre Raniero Cantalamessa, ed altri che esprimeranno alcuni indirizzi tramite una catechesi, divisi due a due, si andrà in diverse zone della città per incontrare i giovani, altri pellegrini oppure anche i ragazzi spagnoli o altri ragazzi appunto a Madrid per altri motivi.
D. - Una presenza all’insegna della gioia, come sempre è per “Nuovi Orizzonti” la gioia dell’incontro con Cristo…
R. – Sicuramente, l’incontro che noi abbiamo fatto in prima persona che ci ha cambiato la vita, che ci ha riempito il cuore di gioia è talmente grande che per dirla con San Pietro “non possiamo tenerla con noi”, non è qualcosa che possiamo far finta che sia una cosa prettamente privata. E’ una cosa che noi abbiamo veduto, toccato, sperimentato e abbiamo il dovere morale, il dovere quasi naturale di condividerla con altre persone, quindi sicuramente credo che un annuncio, se non è un annuncio di gioia, difficilmente può essere credibile. Se andiamo a parlare di un Dio che ha dato la vita per noi e di un Dio che è venuto per darci ogni bene… poi, magari, lo andiamo a testimoniare con la faccia triste, chi ci crede? Per noi questa ulteriore occasione che il Signore ci dà di testimoniare il nostro carisma è per noi un momento importantissimo di ringraziamento, perché veramente anche dopo l’approvazione pontificia, che ci riconosce come associazione internazionale di fedeli, ecco per noi è un ulteriore segno che il Signore ci chiama veramente a varcare ogni confine. (ma)
◊ In Siria non si ferma la repressione. Dopo i duri scontri nel primo venerdì di protesta durante il Ramadan, oggi si registra l’intervento dei carri armati dell’esercito a Dayr az Zor, nell'est del Paese. Le vittime sono almeno 38. Diversi osservatori sottolineano che la mano dura del governo si accompagna alla concessione di “elezioni libere e trasparenti” entro la fine dell’anno, annunciate ieri dal ministro degli Esteri siriano. Ma la comunità internazionale aspetta la cessazione delle violenze per dare credito a queste aperture. Il servizio di Marco Guerra:
Le notizie che arrivano dagli attivisti siriani tratteggiano l’ennesima giornata di sangue. Otto civili sarebbero stati uccisi nella provincia di Homs, mentre è ancora in corso l’operazione con i carri armati iniziata all’alba a Dayr az Zor, nell'est del Paese. Testimoni riferiscono di un bombardamento sulla città e rastrellamenti con le truppe corazzate a seguito dei quali sono scoppiati diversi scontri. Notizie che, se confermate, testimoniano la linea del governo che accompagna l’apertura alle riforme al pugno duro contro il dissenso. Solo ieri, infatti, il Ministro degli Esteri aveva annunciato agli ambasciatori accreditati che entro la fine dell'anno si svolgeranno "libere e trasparenti elezioni", che daranno "vita a un parlamento pluralista", secondo i principi indicati negli ultimi decreti sul multipartitismo e sulla nuova legge elettorale. Di tono opposto le parole usate oggi dal presidente Assad, secondo il quale "è un dovere agire contro i fuorilegge" che bloccano le strade e terrorizzano la popolazione”. Il presidente, dunque, mostra fermezza nonostante il moltiplicarsi delle pressioni della comunità internazionale. Ieri il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, in un colloquio telefonico con Assad, ha chiesto di non ricorrere più ai militari per reprimere le proteste. Poco prima, il Consiglio di cooperazione del Golfo, che riunisce i Paesi della penisola araba, aveva per la prima volta preso ufficialmente le distanze dal governo di Damasco, invocando "la fine dello spargimento di sangue".
Come ha esortato il Papa all’Angelus, l’auspicio è che in Siria si ristabilisca quanto prima la pacifica convivenza. Su queste parole pronunciate dal Santo Padre si sofferma, al microfono di Marco Guerra, il patriarca greco melkita di Damasco, Gregorio III Lahham:
R. – Voglio veramente dire grazie al Papa per la sua sollecitudine e per il suo amore verso il Medio Oriente: ha convocato il Sinodo speciale per il Medio Oriente, tenutosi nel 2010, che si è rivelato per noi veramente una preparazione per affrontare la difficile situazione di questi mesi, di questo anno. Con il Santo Padre siamo anche noi in preghiera, in cenacolo, soprattutto in questo mese mariano in Oriente. Abbiamo invitato tutti i nostri cristiani a pregare nelle chiese ogni giorno per la pace e per la riconciliazione, anche con i nostri fratelli musulmani per affrontare insieme questa situazione.
D. – Quale è il suo appello in questo momento così difficile?
R. – Voglio, allo stesso tempo, con Sua Santità, con la sua voce così forte, richiamare l’Europa e pure l’America, perché facciano in modo di risolvere il conflitto israelo-palestinese, che aiuterebbe molto tutti i Paesi arabi, con Israele, ad avere un avvenire migliore. Credo che questa soluzione sia importante per noi.
D. – Quali i timori e le speranze della comunità cristiana?
R. – Non abbiamo paura dell’islam, abbiamo paura che subentri il caos come in Iraq. E vogliamo dire anche ai cittadini arabi – cristiani e musulmani – in questa situazione, sia in Libano che in Libia, che in Egitto, che in Oman e in Yemen: “Amatevi l’uno con l’altro”. Noi possiamo con l’amore di Dio per noi cristiani e musulmani superare questa crisi e questa situazione tragica del mondo arabo e continuare insieme - cristiani, musulmani e arabi - la via della pace, del progresso, della libertà e della democrazia.(ap)
Sull’appello del Papa per la Siria ascoltiamo anche il commento del nunzio apostolico nel Paese, mons. Mario Zenari, intervistato da Marco Guerra:
R. – Ricordo che è la seconda volta che il Santo Padre fa un appello accorato per la situazione in Siria. Questo fa vedere come al Papa stia a cuore questa area del mondo medio orientale. Ricordo che la Siria è chiamata, a ragione, “la culla del cristianesimo”. Dopo Gerusalemme, il cristianesimo ha preso terreno qui, in questa regione. Questa terra, nei primi sette secoli, ha dato ben sei Papi alla Chiesa. Occorre ricordare che la Siria è stata, ed è tuttora, un Paese esemplare dal punto di vista dell’armonia tra le varie confessioni religiose, per il rispetto mutuo tra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana. Noi vogliamo sperare che questo clima possa continuare e vogliamo pregare affinché si trovi il modo, anzitutto, di far cessare lo spargimento di sangue.
D. – Il Papa ha lanciato anche un appello alle autorità e alla popolazione, perché si ristabilisca la convivenza. L’apertura al multipartitismo, l’annuncio delle elezioni vanno in questa direzione?
R. – Naturalmente, occorre che questo sia fatto anche nel quadro di un dialogo nazionale, che, purtroppo, trova ancora degli intoppi. Vogliamo sperare che ci sia buona volontà. Il Papa giustamente incoraggia la buona volontà degli uni e degli altri. Occorre un supplemento di buona volontà da ambo le parti, delle autorità e dell’opposizione.
D. – Quale contributo può dare la comunità cristiana?
R. – L’apporto dei cristiani penso sia fondamentale. Più di un sacerdote mi ha fatto osservare che i cristiani hanno questa caratteristica: sono ponte fra le diverse etnie, un ponte per trovare una soluzione di riappacificazione e di concordia. (ap)
Emergenza siccità: in Somalia, negli ultimi tre mesi, morti almeno 29 mila bambini
◊ Nel Corno d’Africa continua ad aggravarsi l’emergenza causata dalla siccità. La situazione più grave si registra in Somalia dove, secondo l'Agenzia americana per la cooperazione, sono almeno 29 mila i bambini morti negli ultimi tre mesi a causa della malnutrizione e della carestia. Si teme anche che nei campi allestiti per gli sfollati possano diffondersi epidemie e malattie. Quella del Corno d'Africa è, ormai, una crisi umanitaria senza precedenti che non può non far nascere interrogativi anche sulle sue implicazioni etiche e politiche. Michele Raviart ne ha parlato con padre Giulio Albanese, direttore della rivista delle Pontificie Opere Missionarie “Popoli e missione”:
R. – La crisi non è di oggi, è un fatto cronico. Sarebbe più corretto dire che l’emergenza è perpetua da quelle parti, non fosse altro perché già nove mesi fa era stato scritto a chiare lettere che le persone che rischiavano di morire per inedia e pandemie nella sola Somalia erano oltre tre milioni. In questo momento, sicuramente, c’è un picco che riguarda anche i Paesi limitrofi: la gente muore di fame non solo in Somalia, ma anche per esempio in Kenya, per non parlare dell’Etiopia, e di Gibuti. Complessivamente sono oltre 12 milioni le persone che rischiano di morire.
D. – Tuttavia, non sono mancati gli appelli di solidarietà da parte della comunità internazionale...
R. – Una cosa è certa: se la fame si nutrisse di parole il mondo sarebbe già sazio. Mi riferisco alla dichiarazione di un paio di giorni fa, che veniva proprio da Addis Abeba, dagli headquarters dell’Unione Africana, quando è stato annunciato il rinvio della conferenza dei donatori. Questa conferenza, inizialmente, era prevista per il 9 agosto. Ebbene, proprio per il fatto che l’agenda di molti presidenti, capi di governo africani, di questi tempi è piena di impegni istituzionali, l’Unione Africana è stata costretta a posticipare questo appuntamento al 25 agosto. Ora, io credo che questa non solo sia un’omissione: questo è un grave atto di superficialità e ci dimostra anche quella che è la debolezza della politica.
R. – Proprio in questi giorni, stiamo parlando di una crisi che sta colpendo il mondo occidentale. Cosa accomuna queste crisi?
R. – Certamente la globalizzazione ha fatto sì che non fossero globalizzati solo gli interessi, ma soprattutto i problemi. E’ chiaro che, in un mondo globalizzato, i problemi del Nord del mondo poi diventano i problemi del Sud del mondo e viceversa. Se da una parte è vero che gli aiuti sono diminuiti consistentemente, perché molti dei Paesi occidentali in questi mesi sono stati costretti a tagliare la spesa sociale, è anche vero che poi dal Sud del mondo c’è un fenomeno migratorio che a volte non è governato. D’altronde bisogna capire questo: l’umanità ha un destino comune.
D. – Lo stesso Benedetto XVI ha ricordato che è vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e degli assetati...
R. – Tutti i suoi interventi legati al tema della fame hanno messo in evidenza il fatto che ci siano delle responsabilità per cui nessuno può dire “io non c’entro”. Purtroppo questi appelli sono rimasti inascoltati. La verità è che le scelte economico-finanziarie non mettono assolutamente al primo posto la persona, creata a immagine e somiglianza di Dio, ma semplicemente, unicamente, la massificazione dei profitti e, dunque, il dio denaro, dio con la d minuscola, è bene rammentarlo. Umanamente e cristianamente, quello che sta succedendo è davvero inaccettabile. (ap)
Economia, conferenza dei ministri delle Finanze del G7 sulla crisi
◊ La crisi economica mondiale, il declassamento del rating degli Stati Uniti e gli affanni delle Borse in Europa sono al centro, oggi, di una riunione telefonica tra i ministri delle Finanze del G7. Si teme, in particolare, che il taglio del rating degli Usa possa far scattare di nuovo l'allarme per una pesante ricaduta nelle Borse. Sulle ripercussioni di questa crisi, Amedeo Lomonaco ha intervistato Sergio Marelli, segretario generale della Federazione di Organismi di Volontariato Internazionale di ispirazione cristiana (Focsiv):
R. – Sicuramente siamo di fronte ad una crisi che, a tratti è inedita. Questa crisi che tocca anche la roccaforte della finanza internazionale – come gli Stati Uniti – presenta un’altra situazione: quella cioè, probabilmente, della fine dell’egemonia finanziaria degli Stati Uniti sui mercati globali. Sicuramente le economie emergenti, già nei mesi scorsi, hanno dimostrato i loro muscoli, affermando anche che il dollaro non dovrebbe essere più la moneta di riferimento degli scambi internazionali. Quest’ultimo colpo alla finanzia e alle Borse degli Stati Uniti, probabilmente, conclude questo ciclo che vede nuove economiche affacciarsi sullo scenario internazionale. Economie che scalzano quella degli Stati Uniti.
D. – Quale ruolo possono avere i Paesi emergenti in questo nuovo modello di economia mondiale?
R. – Penso che ci sia bisogno di trovare nuove regole, nuovi assetti, nuovi equilibri dentro i quali è evidente che economie come quelle della Cina, dell’India e del Brasile, non possono più essere alla finestra: vogliono – e penso anche abbiamo il diritto – dire la loro dentro la definizione del nuovo ordine finanziario internazionale.
D. – I Paesi poveri sono destinati a rimanere ai margini dell’economia mondiale?
R. – Questi declassamenti, queste crisi, queste difficoltà che ci sono nelle economie e nella finanza internazionale comportano anche delle ripercussioni sugli scambi con questi Paesi, così come delle ripercussioni anche nelle risorse destinate agli aiuti veri e propri all’aiuto pubblico allo sviluppo. Ripercussione che, per esempio fa sì che il nostro Paese – l’Italia – dentro questa crisi abbia praticamente azzerato i fondi destinati alla cooperazione internazionale e quindi agli aiuti ai Paesi poveri. Quindi, sicuramente, c’è una ripercussione negativa e penso, quindi, che si potrà trovare un nuovo equilibrio e un nuovo assetto solamente tenendo conto anche di queste situazioni: non considerando più i Paesi poveri solamente come un mercato da conquistare, ma anche dei Paesi e delle popolazioni dentro la definizione di nuove regole, che dovranno essere delle regole fissate dalla politica e non in balia – come in queste settimane e in questi ultimi anni – della finanzia e degli speculatori internazionali.
D. – A proposito di regole, un rinnovamento del Fondo monetario internazionale e la creazione di agenzie di rating pubbliche possono essere una prima risposta a questa crisi…
R. – Il Fondo monetario deve intervenire, ma deve tornare a questa sua missione iniziale, tenendo conto del fatto che nella definizione delle regole e delle prassi su come il fondo deve intervenire non possano essere esclusi i Paesi poveri. Oggi il “bord”, il posto cioè dove si prendono le decisioni del Fondo monetario, vede praticamente la totale esclusione di questi Paesi dal processo decisionale. Sono delle regole ingiuste, che devono essere riviste. A queste condizioni, delle agenzie di rating pubbliche potrebbero sicuramente intervenire per calmierare, o comunque per mitigare, gli effetti di queste crisi. (mg)
Filippine, nuovi spiragli di riconciliazione
◊ Storico incontro in Giappone tra il presidente filippino e il capo del principale gruppo separatista musulmano, il Fronte Moro di Liberazione. Entrambe le parti si sono dette soddisfatte dell’incontro che darà un forte impulso ai negoziati di pace in corso da oltre 14 anni. Il Fronte Moro, con 12 mila combattenti, ha rinunciato alle proprie pretese indipendentiste e chiede la creazione di uno Stato autonomo nel sud dell’arcipelago. Sull’importanza di questo incontro sentiamo Carlo Filippini, docente di economia alla Bocconi ed esperto dell’area, intervistato da Stefano Leszczynski.
R. – L’importanza, naturalmente, è soprattutto emotiva. Si è rotto un tabù e il presidente delle Filippine si è incontrato con il capo dei ribelli. Questo fa sperare in un cambiamento di prospettiva nella politica di pacificazione del governo delle Filippine e, soprattutto, in una minore resistenza da parte di alcuni gruppi di militari, in parte, ma non solo, che si oppongono a questo processo di pacificazione.
D. – Un processo di pacificazione che è iniziato 14 anni fa e che oggi ha portato i ribelli musulmani e il governo filippino a intendersi grossomodo su quelli che potrebbero essere i termini di un accordo...
R. – Entrambe le parti hanno fatto dei passi avanti per motivi chiaramente diversi. Per quanto riguarda i ribelli, c’è stato un certo indebolimento del sostegno popolare nelle zone meridionali, di Mindanao, dove la ribellione musulmana è endemica. Da parte del presidente Aquino c’è un tentativo di rilanciare le Filippine che, 50 anni fa, erano il Paese di punta in Asia orientale. Il presidente Aquino sta cercando di risolvere problemi quali la corruzione, l’evasione fiscale, che poi impedisce al governo di poter spendere in istruzione, di poter spendere nella salute e di attirare, di conseguenza, dinamicità nell’economia negli investimenti diretti esteri.
D. – Ci sono dei nemici di questo processo di pace? Chi potrebbe essere interessato ad ostacolarlo?
R. – Certamente, come sempre in tutti questi problemi, ci sono dei gruppi, tra l’altro forti, che non vogliono rinunciare al potere e, in una certa misura, ai guadagni economici che sono acquisiti. Sto pensando alle forze armate, a tutti quegli imprenditori, quelle imprese che guadagnano appunto da una situazione di guerra. Queste forze dovrebbero essere però indebolite da questo gesto altamente significativo dell’incontro fra il presidente e il capo dei ribelli musulmani. (ap)
Giornata per le minoranze in Pakistan, in particolare per quella cristiana
◊ Dare voce alle minoranze e sottolineare l'importanza della libertà religiosa per lo sviluppo di ogni nazione. Sono queste le finalità della Giornata Nazionale delle minoranze in Pakistan che l’associazione dei pachistani cristiani in Italia celebrerà il prossimo 11 agosto. La Giornata – riferisce l’agenzia Fides - è stata ispirata dal ministro cattolico Shahbaz Bhatti ucciso a marzo da estremisti islamici ad Islamabad. Sulla situazione delle minoranze in Pakistan Fausta Speranza ha parlato con Malik Ayub Sumbal, corrispondente dal Paese asiatico del quotidiano Asia Times:
R. – As far as the violence is concerned...
Per quanto riguarda la violenza, due anni fa in Pakistan è scoppiato il caso molto noto di Asia Bibi, una donna cristiana, madre di 5 figli, che è stata presa di mira da alcuni militanti pakistani e ora è condannata a morte perché accusata di aver offeso Maometto. Ma in Pakistan questo tipo di notizie di violenze contro i cristiani è sempre presente, perché c’è un’importante questione: i cristiani non sono rappresentati con una loro forza in Parlamento, sfortunatamente. Ci sono solo singoli cristiani eletti nei vari partiti. Solo se la minoranza cristiana fosse davvero rappresentata in Parlamento si potrebbe fare di più per fermare le violenze in Pakistan.
D. – Cosa si fa dal punto di vista politico?
R. – In Pakistan, from the political point of view…
In Pakistan, dal punto di vista politico, il governo non sta facendo bene quello che dovrebbe fare. Basti pensare all’omicidio del ministro delle Minoranze religiose alcuni mesi fa, Shahbaz Bhatti, che è stato ucciso in una capitale federale, in una zona ritenuta molto sicura del Pakistan.
D. – In questi giorni ricordiamo i fatti di Gojra: nella notte tra il 30 e il primo agosto 2009 circa 3 mila musulmani invasero il quartiere cristiano della cittadina del Punjab appiccando il fuoco a due chiese e oltre 150 edifici…
R. – The incident of Gojra…
La vicenda di Gojra è molto triste. Tutte le rappresentanze dei diritti civili, i media e i partiti politici hanno condannato questo attacco avvenuto due anni fa. Dovrebbe esserci armonia religiosa nel Paese, ma se non c’è allora deve essere costruita. Ci sono state dichiarazioni di biasimo da parte di esponenti musulmani e di autorità pachistane, ma non c’è stato un esame concreto della situazione. E' mancato un impegno concreto e reale, qui in Pakistan, per promuovere il rispetto tra musulmani e cristiani.(ap)
I vescovi Usa: il governo viola la libertà di coscienza, no ai farmaci abortivi gratuiti
◊ I vescovi americani criticano con decisione le nuove regole, approvate dall’amministrazione Usa, che consentiranno, dal 2013, la somministrazione gratuita di farmaci abortivi. I presuli degli Stati Uniti sottolineano, inoltre, che le nuove linee guida indicate dal Dipartimento della Salute violano il diritto all’obiezione coscienza degli operatori sanitari. Su queste disposizioni, Emer McCarthy ha intervistato l'arcivescovo di Galveston-Houston, il cardinale Daniel N. DiNardo, presidente della Commissione Pro-Life della Conferenza episcopale statunitense:
R. – What seems to be underlying this…
Quello che sembra ci sia dietro tutto questo è la tendenza a trattare la questione della gravidanza come una malattia, ma la gravidanza non è una malattia; la fertilità non è una condizione patologica da sopprimere con qualsiasi mezzo tecnico disponibile. Colpisce vedere come queste disposizioni siano totalmente contrarie alla vita. Molti americani, se non la maggioranza, non vedono ovviamente l’aborto come qualcosa di salutare e terapeutico per nessuno, in particolare per i figli non nati. Ci sono, inoltre, seri rischi riguardanti alcune coperture assicurative previste in questa disposizione. Tuttavia, quello che è più inquietante è la mancanza di una tutela della coscienza dei gruppi che hanno a che fare con le assicurazioni private e, tra di loro, anche alcune delle nostre istituzioni cattoliche.
D. – Con la nuova legge, le istituzioni ecclesiali sarebbero in grado di agire secondo l’insegnamento cattolico, ma solo se assumono e si occupano esclusivamente dei cattolici. Come questo influenzerà i centri assistenziali cattolici che si occupano dei non cattolici?
R. – Right, it’s overly stringent…
Ha ragione, è estremamente riduttivo e di certo non tiene conto dei nostri ospedali, delle istituzioni assistenziali cattoliche, di alcune delle nostre agenzie di pastorale sociale e inoltre delle nostre scuole e delle nostre università. Siamo ovviamente preoccupati e contrari. Dobbiamo, inoltre, rispettare la coscienza dei datori di lavoro e di chi lavora con noi come anche le istituzioni che se ne occupano. Certamente faremo una delle più forti proteste contro questo tipo di direttiva. Tuttavia, pensiamo che per il bene comune degli americani ci sia bisogno di una disposizione legislativa, che sia più forte e significativa di una norma da parte di un dipartimento del ramo esecutivo, per aiutare a rinforzare il diritto di coscienza, e questo richiederà un’azione da parte del Congresso.
D. – Nel presentare il progetto di legge sulla sanità, Obama aveva promesso “scelta e competizione” e aveva detto che sarebbe stata protetta la libertà di coscienza. Questo non tradisce in un certo senso questa promessa?
R. – I would say so...
Direi di sì, direi che questo sia uno sviluppo deludente. Devo confessare che, dal punto di vista della nostra commissione pro life e della Conferenza episcopale, questa decisione non è del tutto sorprendente. Posso concludere che quello di cui si parla non è un aiuto medico al bene comune, ma che alla base di queste direttive c’è molta ideologia. (ap)
In San Pietro e a Castel Gandolfo il ricordo di Paolo VI a 33 anni dalla morte
◊ La figura e l’opera di Paolo VI sono state rievocate ieri, trentatreesimo anniversario della sua morte in due celebrazioni, una nella Basilica di San Pietro e l’altra nella chiesa parrocchiale di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo. Nell’omelia della Messa celebrata nella Basilica vaticana – riferisce L’Osservatore Romano - l’arcivescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, ha inserito il ricordo del Pontefice bresciano nel suo rapporto profondo con l’Eucaristia. Egli «costruì la sua spiritualità — ha detto — sull’Eucaristia, celebrata ed adorata. I pomeriggi delle domeniche — non impegnati nei viaggi apostolici o nelle visite alle parrocchie romane — venivano trascorsi nella sua cappella, resa preziosa da opere di artisti da lui apprezzati e conosciuti, davanti al tabernacolo, dove rimaneva in lunga e orante adorazione, affidando a Cristo eucaristico problemi e soluzioni per il rinnovamento spirituale e pastorale della Chiesa». Il presule ha poi sottolineato come l’Eucaristia, assieme alla preghiera del Rosario, contraddistinse la pietas di Montini. «L’educazione giovanile presso i sacerdoti dell’oratorio delle Grazie di Brescia — ha aggiunto — dove l’amore alla liturgia e lo spirito liturgico comunicato da uomini di formidabile statura, quali il futuro cardinale Giulio Bevilacqua ed il futuro vescovo di Crema monsignor Carlo Manziana, influì in maniera determinante sulla formazione spirituale del giovane Montini. I suoi soggiorni nell’abbazia benedettina di Engelberg in Svizzera e le Settimane a Camaldoli affinarono il suo spirito ad una vita eucaristico-liturgica actenta ac devota». Monsignor Crepaldi ha ricordato come Montini «era solito leggere davanti al tabernacolo della sua cappella nell’arcivescovado le lettere che gli pervenivano dai più stretti collaboratori del Santo Padre». Parlando del ministero petrino di Paolo VI, l’arcivescovo ha evidenziato come «pur in una rispettosa attenzione verso ogni realtà culturale sociale e religiosa, era ben consapevole della missione che il Signore gli aveva affidato. A Ginevra, nell’ambito di un incontro ecumenico, davanti ai rappresentanti delle Chiese sorelle e delle comunità ecclesiali affermò: “Sono Pietro e in virtù di questo pondus indico e cerco con voi la strada della verità e dell’unità”. Quel memorabile discorso — come fu confidato da monsignor Macchi ad un sacerdote suo collaboratore per la causa di beatificazione di Paolo VI — lo limò, lo lesse e rilesse davanti all’Eucaristia. È proprio nell’Eucaristia, vero Corpo e Sangue di Cristo, mistero grande della nostra fede, che si deve cercare l’anima apostolica di Paolo VI». Per questo, «la strada del dialogo, da lui indicata quale attenzione di carità evangelica per l’offerta della verità all’uomo moderno, sia credente che non credente, trae le sue radici da quel dialogo fatto Persona che è Cristo Gesù, il quale continuamente si pone alla ricerca di chi è smarrito o si è allontanato». Il vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro, nella Messa celebrata nella parrocchia pontificia di San Tommaso da Villanova in Castel Gandolfo ha riproposto ai fedeli alcuni passi del magistero di Papa Montini, a cominciare dalla sua prima lettera pastorale per la Quaresima del 1955, subito dopo il suo arrivo a Milano. «Tu ci sei necessario, Cristo; — scriveva il Pontefice —Tu ci sei necessario o solo vero Maestro, delle verità recondite e impensabili della vita…».
Americhe, triduo conclusivo per il 500.mo delle prime tre circoscrizioni ecclesiastiche
◊ Inizia oggi un triduo di celebrazioni a conclusione dell’anno giubilare indetto nel 500.mo anniversario delle prime tre circoscrizioni ecclesiastiche delle Americhe – Santo Domingo e La Vega, nell’Isola Hispaniola (e nell’attuale Repubblica Dominicana) e San Juan, nell’Isola di Puerto Rico; ad erigerle canonicamente fu il Papa Giulio II con la Bolla Romanus Pontifex dell’8 agosto 1511, che le rendeva suffraganee dell’Arcidiocesi di Siviglia. Presiede le liturgie l’Inviato Speciale del Santo Padre, il cardinale Carlos Amigo Vallejo, arcivescovo emerito di Siviglia. La chiusura del Giubileo si tiene oggi a La Vega, cuore della prima evangelizzazione del Nuovo Mondo, con la fondazione di La Concepción de La Vega da parte di Cristoforo Colombo, nel 1494, l’inizio dell’annuncio cristiano da parte di alcuni religiosi geronimiti e francescani e il Battesimo del Cacique Guaticagua con i suoi familiari - una delle prime comunità cristiane d’America – il 21 settembre 1496. Dopo l’erezione canonica giunse la nomina del vescovo, nella persona del sacerdote Pedro Suárez de Dezza. Nel 1528 la diocesi passò sotto la responsabilità del vescovo di Santo Domingo, per scomparire del tutto dai documenti ecclesiastici a partire dal 1606. Per 347 anni l’unica circoscrizione ecclesiastica esistente nell’odierno territorio nazionale dominicano fu l’arcidiocesi di Santo Domingo. Finalmente, il 25 settembre 1953, il Papa Pio XII eresse la Chiesa di La Vega, affidandola al cappuccino spagnolo fra’ Leopoldo María de Ubrique, in qualità di amministratore apostolico. Domani le liturgie conclusive hanno luogo nell’arcidiocesi di Santo Domingo, primogenita dell’America Latina, la cui Cattedrale, primaziale d’America, sorse ufficialmente con un atto del primo vescovo, il francescano García de Padilla; dedicata a Nostra Signora dell’Incarnazione, venne costruita negli anni 1523-1541 circa e costituisce uno dei monumenti insegni dell’epoca coloniale americana. Con la bolla Super universas orbis ecclesias (1546), il Papa Paolo III elevava la diocesi di Santo Domingo ad Arcidiocesi Metropolitana. Tra le manifestazioni promosse in occasione del Giubileo è in particolare da segnalare il pellegrinaggio in tutte le parrocchie della nazione caraibica della “Croce dell’Evangelizzazione”, consegnata dal Papa Giovanni Paolo II ai Vescovi dominicani nel 1992. A concludere l’Anno Giubilare, il 9 agosto, sarà infine l’Arcidiocesi di San Juan de Puerto Rico, il cui primo vescovo, Alonso Manso, fu anche il primo ecclesiastico insignito della consacrazione episcopale a giungere nelle Americhe. Dopo la sua erezione, la diocesi di Puerto Rico passò a dipendere dalla Provincia Ecclesiastica di Santiago de Cuba, da cui fu distaccata con il Breve Actum praeclare (1903) di Leone XIII e resa immediatamente soggetta alla Santa Sede. Nel 1924 la diocesi cambiò la propria denominazione in quella di “San Juan de Puerto Rico” e venne elevata ad arcidiocesi metropolitana il 30 aprile 1960. (A cura di Marina Vitialini)
Filippine, vescovi contrari al Reproductive Health Bill
◊ Le misure previste dal Reproductive Health Bill sono palesemente irragionevoli riguardo alla lotta alla povertà e non si tratta solo di una questione di carattere teologico. I vescovi filippini – riferisce L’Osservatore Romano - tornano a far sentire la loro voce per contestare il progetto di legge in discussione in Parlamento sulla salute riproduttiva, che ha come obiettivo esplicito di ridurre le nascite per combattere la povertà. Lo fanno attraverso le parole di mons. Juanito Figura, segretario generale della Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp), il quale ha commentato il recente intervento al Congresso di Manila della senatrice Mirian Defensor-Santiago. La senatrice, rivolgendosi ai membri della Camera alta, aveva sottolineato che l’RH Bill rappresenta la misura necessaria per proteggere le donne e i bambini da «un’indescrivibile povertà». Nelle dichiarazioni riportate dal sito in rete della Conferenza episcopale filippina, mons. Figura ha messo in chiaro che «quanto sostenuto dalla senatrice circa la lotta alla povertà non ha nessuna connessione con quanto è invece previsto dal disegno di legge». «Non riesco neppure a pensare — ha proseguito il segretario generale — come si possa chiedere l’approvazione dell’RH Bill con motivazioni di questo genere. I provvedimenti per combattere la povertà sono di competenza degli organi dell’Esecutivo e per metterli in pratica non c’è alcun bisogno di un nuovo progetto legislativo. La senatrice ha citato nell’intervento anche non meglio precisate "forze sociali d’oppressione". I vescovi cattolici le hanno ormai identificate da lungo tempo e le hanno citate apertamente nei loro documenti: la corruzione nell’amministrazione, l’ineguaglianza nella proprietà della terra, l’ulteriore allargamento della differenza tra ricchi e poveri, l’aumento della criminalità, la perdurante piaga della fame e del traffico di esseri umani. Il segretario generale della Cbcp ha anche sottolineato di non riuscire a comprendere come l’RH Bill, se fosse approvato, possa essere capace di combattere le «forze sociali di oppressione». «Non riesco proprio a trovare alcuna connessione logica; posso provare a pensare che l’RH Bill possa essere solo una piccola parte di un progetto più ampio per lottare contro il male e per riparare le tante ingiustizie ancora presenti. Se questo fosse vero, non vedo allora la necessità d’insistere sull’approvazione di provvedimenti quali l’uso di fondi pubblici per l’acquisto e la distribuzione gratuita dei contraccettivi artificiali che certo non contribuiscono alla difesa delle famiglie, anzi il loro uso agevola la mercificazione dell’amore e costituisce una grave offesa alla dignità umana». La campagna dei vescovi per sollecitare i cattolici filippini a opporsi all’approvazione dell’RH Bill si avvale non solo delle strutture parrocchiali e di quelle delle varie organizzazioni cattoliche ma anche dell’uso di mezzi universali di comunicazione. Sui canali televisivi di varie emittenti filippine verranno trasmessi annunci informativi su quanto di negativo verrebbe alle famiglie dall’eventuale approvazione dell’RH Bill da parte dei membri del Congresso. La campagna contro l’approvazione dell’RH Bill sarà condotta su tutti i media cercando di portare il messaggio in ogni ambito domestico.
I vescovi comboniani lanciano un appello al mondo per la situazione in Africa
◊ L’Africa resta il Continente dove guerre, violenze, prepotenze, povertà e malattie sono all’ordine del giorno: questo il bilancio fatto dai vescovi comboniani africani e sudamericani che alla fine di luglio si sono riuniti a Gerusalemme alla presenza del Superiore generale dei missionari comboniani, padre Enrique Sánchez González e di madre Luzia Premoli, superiora generale delle suore missionarie comboniane. I religiosi, riferisce la Misna, hanno analizzato i principali mali che affliggono l’Africa, dove la presenza comboniana è molto forte: mal governo, assenza dello Stato di diritto, guerre, elevata mortalità infantile e basso tasso di scolarizzazione, malattie endemiche come Aids e malaria, estrema povertà e la particolare situazione di sfollati e rifugiati. “L’Africa oggi è nuovamente un Continente 'bramato' e disputato dalle grandi potenze mondiali comprese le multinazionali – è la denuncia dei presuli – l’obiettivo è uno solo: saccheggiare”. “A chi appartengono le risorse naturali dell’Africa – si chiedono – non c’è dubbio che appartengano alle popolazioni africane”. I vescovi, nel lanciare un appello alla comunità internazionale, fanno proprio quello dei presuli riuniti nell’ottobre 2009 nel Sinodo per l’Africa: “Trattate l’Africa con rispetto e dignità”. La Chiesa non può tacere sull’argomento, ma deve parlare: “L’Africa si è già messa in moto e la Chiesa con lei offrendole la luce del Vangelo – concludono i comboniani – le acque possono essere burrascose, ma con lo sguardo puntato su Cristo Signore arriveremo al sicuro porto della giustizia e della pace”. (R.B.)
Uruguay. L’evangelizzazione al centro dell’Incontro di Pastorale popolare
◊ Con il motto “Accoglienza e missione significano anche evangelizzazione”, il 5 e 6 settembre prossimi si celebrerà in Uruguay l’Incontro nazionale di Pastorale Popolare. L’evento è organizzato dalla Commissione per la Pastorale Popolare della Conferenza episcopale uruguayana ed avrà luogo nella città di Florida, presso la residenza di “Gesù Buon Pastore”. L’incontro sarà destinato ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai delegati diocesani, ma anche a quei laici che desiderano approfondire l’argomento. Oltre al titolo principale, i lavori avranno anche un sottotitolo, ovvero “Dalle nostre radici cristiane verso nuove vie di Pastorale Popolare” e rifletteranno sul brano del Vangelo di Luca che narra l’episodio dei discepoli di Emmaus. Tra le sessioni più significative, quelle di mons. Marcos Ordenes, vescovo di Iquique, che affronterà i temi de “La religiosità popolare nell’umanità” e de “Il cammino della pietà popolare in America Latina”. Interessante anche la tavola rotonda in programma sulle esperienze dei santuari e la riflessione finale dedicata alla missione come segno di speranza. (I.P.)
India, nuova legge per la tutela delle donne impone la registrazione dei matrimoni
◊ Una nuova legge consentirà alle donne indiane di ottenere il dovuto sostegno economico e la custodia dei figli in caso di separazione. E' quella che dopo l’approvazione del ministro degli Interni sarà inviata all’assemblea di Delhi. Il provvedimento, promosso da Sheila Dikshit, chief minister di Nuova Delhi, prevede in pratica la registrazione obbligatoria entro 60 giorni dei nuovi matrimoni che vengono celebrati, prevedendo, in caso di mancata ottemperanza, una multa di mille rupie. Per la popolazione femminile è una conquista molto importante, anche se tardiva: risale al 2006, infatti, come ricorda AsiaNews, la sentenza della Corte Suprema che faceva osservare come per le donne non esistesse un documento ufficiale cui potevano appellarsi in caso di separazione per dimostrare che il matrimonio era stato celebrato davvero e che quindi, in qualità di mogli, godevano di determinati diritti. La registrazione matrimoniale obbligatoria è già attiva negli Stati del Maharashtra, del Gujarat, del Karnataka e del Himanachal Pradesh. (R.B.)
Nasce la Coalizione cattolica per combattere l’Aids nell’Asia e nel Pacifico
◊ Un nuovo organismo per combattere l’Aids attraverso una visione cristiana della malattia, della vita e della morte: con questo intento è stata fondata la Coalizione cattolica dell’Asia e del Pacifico per l’Hiv/Aids. L’organizzazione, attiva da circa un mese, ha già promosso due conferenze sul tema. Una di queste è stata promossa presso il Centro pastorale camilliano di Lat Krabang in Thailandia e ha iniziato ad operare in 15 Paesi, ma la sua prima comparsa pubblica ufficiale avverrà a fine mese a Pusan, nella Corea del Sud, dove si terrà un incontro interconfessionale preparatorio al X Congresso internazionale per l’Asia e il Pacifico. Nell’area in questione - ricorda la Misna - l’incidenza della malattia è piuttosto alta: almeno 5 milioni di contagiati, dei quali 1,7 milioni sono donne e 160 mila i bambini. Eppure, la reale entità del fenomeno, soprattutto per ragioni di ordine culturale, è costantemente sottostimata. (R.B.)
Comunità di Taizé, preghiera per le vittime in Norvegia e per la siccità in Africa
◊ La compassione e la solidarietà sono le risposte all’eterna domanda sul perché della sofferenza umana e l’auspicio è che si trovino nella vita di ognuno: questa la preghiera della meditazione settimanale che nei giorni scorsi il priore di Taizé, fratel Alois, ha dedicato alle vittime della strage in Norvegia e alle loro famiglie, ma anche alle popolazioni del Corno d’Africa afflitte dalla peggiore carestia degli ultimi 60 anni. “Dov’è Dio? – è la domanda che attraversa la storia umana e che fratel Alois ripropone – lo stesso Gesù non ha dato una spiegazione, ma ha condiviso tale interrogativo con noi fino all’ultimo soffio della sua vita sulla Terra”. “Gesù ha detto chiaramente che Dio non vuole la sofferenza – ha aggiunto – fino alla fine Egli ha amato e ha conservato la fiducia che Dio è più grande del male e che la morte non avrà l’ultima parola”. Nella meditazione con tutti i giovani che da ogni parte del mondo sono giunti a Taizé per trascorrere un periodo di preghiera e di riflessione, fratel Alois ricorda le “tante situazioni che richiedono una guarigione, lontano o vicino a noi”. La raccomandazione - riporta L’Osservatore Romano - è di “stare vicino alle persone che soffrono, andare loro incontro ed esprimere compassione per donare sollievo come Gesù fece con i sofferenti e i più poveri”. Per commemorare le vittime degli attacchi in Norvegia, dove la maggior parte della popolazione è luterana, è stato invitato a unirsi in preghiera con la comunità il segretario generale della Federazione luterana mondiale, Martin Junge, in visita a Taizé. Infine, come segno di solidarietà con le popolazioni che nel mondo soffrono la fame, la comunità ha deciso di consumare in silenzio tutti i pasti della scorsa settimana. (R.B.)
La battaglia di “Madre Teresa di Bangalore” in favore dei lebbrosi
◊ Salvare il Sumanahalli Society, il centro di riabilitazione dove da quasi 30 anni si accolgono malati e senzatetto e dove finora sono stati curati circa cinquemila lebbrosi: è questa la battaglia che nell’ultimo periodo si trova ad affrontare suor Jaqueline Jean, la religiosa inglese missionaria in India e soprannominata “la Madre Teresa di Bangalore”. Dal 2007 ad oggi, infatti, ricorda AsiaNews, il governo ha progressivamente ristretto le concessioni di terra al centro, riducendone la superficie da 63 a 55 acri, facendo così rinunciare all’edificio in cui sono ospitato mendicanti e clochard. La preoccupazione della suora, però, riguarda tutta la Society, che comprende anche scuole, ospedali e un centro di riabilitazione per affetti da lebbra e Aids. Nei giorni scorsi il governo si è scagliato anche contro la religiosa negandole il rinnovo del visto e dandole un mese di tempo per lasciare il Paese, ma poi, dopo le molte reazioni negative, il ministro degli Esteri ha dovuto prolungare il visto della suora senza limiti di tempo. (R.B.)
In Cina arrestati quattro sacerdoti
◊ In Cina, quattro sacerdoti sono tenuti in isolamento nella prigione di Dongming, senza acqua, né cibo. Secondo fonti locali, la pubblica sicurezza e l’Ufficio affari religiosi vuole costringerli ad aderire all’Associazione patriottica, che cerca di costruire una Chiesa indipendente da Roma. I fedeli chiedono l’aiuto della Santa Sede e della Chiesa universale. I presbiteri fermati – rende noto AsiaNews - sono padre Wang Chengli, amministratore della diocesi di Heze, padre Zhao Wuji, padre Li Xianyang e padre Sun Guichuns. (A.L.)
In Malawi corruzione e povertà fanno salire la tensione sociale
◊ Dopo la Giornata di protesta nazionale che in Malawi, il 20 luglio scorso, è sfociata nella violenza causando, nei disordini scaturiti, la morte di 20 persone, non si arrestano le manifestazioni della popolazione esasperata che chiede al governo misure concrete contro la povertà e il dilagare della corruzione. L’agenzia Fides riferisce che il primo agosto scorso il presidente Bingu wa Mutharika ha lanciato un appello ai cittadini affinché rinuncino alla dimostrazione organizzata per il prossimo 16 agosto, che si teme mieta nuove vittime. Padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortiano presente in Malawi da più di 30 anni, analizza così la situazione: “Il presidente è lontano dalla gente, che poi non ha altra scelta se non restare in attesa, come i contadini aspettano la semina e il raccolto – ha detto – la rivoluzione, comunque, rimane ancora affare delle città, ma tra pochi mesi l’economia non avrà più i mezzi per far tacere il malcontento degli ospedali senza medicine o dei lavoratori senza salario, con i mercati sempre più vuoti e i prezzi che raddoppiano”. (R.B.)
Germania, rapporto della Conferenza della Chiesa universale
◊ È stato appena pubblicato il primo rapporto annuale della neonata Conferenza della Chiesa universale che riunisce le realtà interne alla Chiesa tedesca più impegnate sul fronte missionario internazionale. Il rapporto, riferisce la Fides, è intitolato “Chiesa universale 2010” e dà conto delle attività messe in pratica da 133 comunità religiose, 27 diocesi e sei grandi opere internazionali di aiuto alla Chiesa universale, delle istituzioni legate alla Commissione Giustizia e pace, del nuovo Istituto per la Chiesa universale e la missione, del Misereor, dell’Infanzia missionaria tedesca e della direzione nazionale delle Opere Missionarie in Germania, che ha sede ad Aachen. Dalla lettura del rapporto emerge che l’anno scorso sono stati stanziati oltre 539 milioni di euro destinati alle missioni e che la priorità è stata data alle popolazioni di Haiti e del Pakistan, rispettivamente piegate dal terremoto e dalle alluvioni. Nell’introduzione al documento, il presidente della Commissione per le missioni dei presuli di tedeschi e arcivescovo di Bamberg, mons. Ludwig Schick, ha ricordato l’impegno comune dell’“adesione alla missione di Cristo e alla testimonianza della salvezza di Dio tra tutti i popoli”. (R.B.)
Colombia, al via il V Congresso di riconciliazione nazionale della Chiesa cattolica
◊ “Il lavoratore agricolo: la sua dignità, la sua speranza, il suo posto. Il risarcimento integrale e la restituzione delle terre”. Questo il tema del V Congresso nazionale di riconciliazione della Colombia organizzato dal Segretariato nazionale della Pastorale sociale e dalla Caritas colombiana a Bogotà dal 10 al 12 agosto prossimi, presso il centro Compensar. All’appuntamento, specifica la Fides, parteciperanno i delegati nazionali e diverse personalità straniere che discuteranno di giustizia sociale, ridistribuzione delle terre e risarcimento delle vittime della violenza: le sfide poste dall’attuale situazione di transizione del Paese, auspicabilmente verso una pace duratura. (R.B.)
Libia, ancora raid della Nato e combattimenti tra insorti e truppe di Gheddafi
◊ In Libia anche oggi si segnalano nuovi raid della Nato su obiettivi militari del governo di Tripoli. Sul terreno lo scontro si concentra a Bir Ghanam, a 80 ora ottanta chilometri dalla capitale. Ieri i ribelli avevano annunciato la conquista della località, stamani le truppe fedeli a Gheddafi hanno affermato di aver ripreso il “controllo totale” della città. Intanto, centinaia di combattenti degli insorti avanzano verso nord, ad una quarantina di km dalla costa, su una strada disseminata di veicoli bruciati delle truppe governative. E da Tripoli esponenti dell'esecutivo libico smentiscono Saif al-Islam, il figlio del rais che aveva preannunciato un’alleanza con i gruppi islamici radicali. “Saif parla a titolo personale, non del governo”, ha detto al New York Times il portavoce del governo, Mussa Ibrahim.
Egitto, i Fratelli musulmani si preparano per le elezioni
In vista delle elezioni politiche del prossimo novembre, per la prima volta nella loro storia i Fratelli Musulmani egiziani svolgeranno pubblicamente un’elezione interna per riempire tre posti vacanti nel loro organismo dirigenziale. Lo ha annunciato il gruppo, diventato secondo diversi analisti la forza politica meglio organizzata nell'Egitto del dopo-Mubarak. Si tratta, per molti osservatori, di una mossa tesa ad “aumentare la credibilità del movimento nell'opinione pubblica”. I Fratelli Musulmani sono rimasti al bando - ma tollerati - per tutti i 30 anni del regime di Hosni Mubarak. Ora hanno annunciato di puntare ad ottenere la metà dei seggi in Parlamento.
Afghanistan
Quattro soldati della Nato sono rimasti uccisi in Afghanistan in due diversi attacchi, nel Sud e nell'Est del Paese, da parte degli insorti. Lo ha reso noto l'Isaf, la forza internazionale a guida Nato, in un comunicato nel quale non vengono forniti ulteriori dettagli. Intanto, sono definite stabili le condizioni dei quattro militari italiani rimasti feriti stamani nell'esplosione di un ordigno artigianale vicino a Bala Balouk. I militari hanno avvisato personalmente i famigliari sulle loro condizioni di salute. Lo afferma il Comando regionale Ovest a guida italiana della missione Isaf.
Pakistan attentato
Almeno 16 camion cisterna, che trasportavano carburante per la Nato in Afghanistan, sono stati distrutti in seguito ad un attentato dinamitardo nel nord-ovest del Pakistan. Una ventina di mezzi erano parcheggiati in un terminal nei pressi di Peshawar, quando una bomba è esplosa innescando un incendio a catena. Non ci sono state vittime e nessuna rivendicazione è arrivata finora. Non si esclude che l'attacco possa essere stato condotto dai talebani che, da tempo, si sono lanciati in attacchi di questo tipo contro il contingente della Nato presente nel Paese.
Stati Uniti chiedono la liberazione dell'ex premier ucraina Timoshenko
Gli Stati Uniti hanno chiesto la liberazione dell'ex premier ucraina, Iulia Timoshenko, arrestata venerdì per il suo atteggiamento ostruzionistico verso la Corte e i testimoni durante il processo a suo carico per abuso di potere. Lo fa sapere l'ambasciata Usa a Kiev. L'arresto di Timoshenko, si legge nella nota, “ha suscitato preoccupazione nel mondo intero sull'applicazione dello Stato di diritto in Ucraina e contribuisce a far apparire il processo come politicamente motivato”. Washington “chiede che la decisione dell'arresto sia riconsiderata e la liberazione esaminata immediatamente”. Intanto è stata sospesa la decisione della giustizia ucraina di vietare qualsiasi manifestazione nel centro di Kiev e di far quindi sgomberare il sit-in di protesta dei sostenitori della Timoshenko.
Norvegia, polizia esclude eventuali complici di Breivik
Anders Behring Breivik, l'autore delle stragi del 22 luglio di Oslo, avrebbe agito da solo. E' quanto sostiene la polizia norvegese che sta conducendo le indagini. “Stiamo esaminando e cercando di identificare qualsiasi persona con la quale avrebbe potuto collaborare ma quello che è stato raccolto finora indica che Breivik ha agito da solo”, ha riferito il responsabile delle indagini, Christian Hatlo. “Tutto lascia pensare - ha aggiunto - che fosse solo al momento dei fatti”.
Gran Bretagna, guerriglia urbana a Londra
Alta tensione nel quartiere Tottenham di Londra, teatro questa notte di violenti scontri tra le forze dell’ordine e gruppi di giovani, scoppiati dopo che circa trecento persone si erano radunate per chiedere giustizia per la morte del 29.enne Mark Daggan, ucciso giovedi' al termine di un conflitto a fuoco con la Metropolitan Police. La zona resta presidiata dalla polizia. Squadre di vigili del fuoco sono impegnate a domare quel che resta degli incendi appiccati dalla folla. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 219