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Sommario del 05/08/2011
Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore. Il Papa: come Maria, doniamo Gesù al mondo
◊ Stamani a Roma nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, nel giorno in cui si ricorda la sua Dedicazione, si è svolta la Messa Pontificale con la tradizionale pioggia di fiori in ricordo del miracolo della neve. Il Papa, il 26 maggio scorso, vi ha presieduto il Rosario per i 150 anni dell’Unità d’Italia ricordando che si tratta del più antico santuario d'Occidente dedicato alla Madre di Dio. Il servizio di Sergio Centofanti:
Durante la Messa Pontificale, presieduta dal cardinale arciprete Bernard Francis Law, al momento del Gloria una pioggia di petali bianchi è caduta dal soffitto cassettonato sull’altare della Confessione: un rito che ricorda la nevicata estiva avvenuta sull’Esquilino, secondo la tradizione, il 5 agosto del 358. La Vergine, apparsa in sogno a Papa Liberio, esortò a costruire in quel luogo una chiesa. Sul tempio liberiano venne poi edificata nel V secolo l’attuale Basilica, per volontà di Papa Sisto III per commemorare le conclusioni del Concilio di Efeso che nel 431 confermò per Maria il titolo di Theotòkos: Maria è davvero Madre di Dio. Ma perché tra tutte le donne – si domanda Benedetto XVI - Dio ha scelto proprio Maria di Nazaret?
“La risposta è nascosta nel mistero insondabile della divina volontà. Tuttavia c’è una ragione che il Vangelo pone in evidenza: la sua umiltà … Sì, Dio è stato attratto dall’umiltà di Maria … ha accolto con fede Gesù e con amore l’ha donato al mondo. Questa è anche la nostra vocazione e la nostra missione, la vocazione e la missione della Chiesa: accogliere Cristo nella nostra vita e donarlo al mondo, ‘perché il mondo si salvi per mezzo di Lui’ (Gv 3,17)”. (Angelus, 8 dicembre 2006)
Ma Maria stessa – osserva il Papa – si sarà posta questa domanda: perché Gesù ha scelto di nascere nella povertà da una ragazza semplice come lei? La risposta l’ebbe dopo aver deposto nel sepolcro il corpo di Gesù, morto e avvolto in fasce:
“Allora comprese appieno il mistero della povertà di Dio. Comprese che Dio si era fatto povero per noi, per arricchirci della sua povertà piena d’amore, per esortarci a frenare l’ingordigia insaziabile che suscita lotte e divisioni, per invitarci a moderare la smania di possedere e ad essere così disponibili alla condivisione e all’accoglienza reciproca”. (Omelia, 1 gennaio 2009)
“Dio ha voluto essere il Dio con noi – afferma il Papa - e ha una madre, che è la nostra madre”, madre celeste, ma non lontana da noi:
“Proprio perché è con Dio e in Dio, è vicinissima ad ognuno di noi. Conosce i nostri cuori, può sentire le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data – come è detto dal Signore – proprio come Madre che ci sente sempre, ci è sempre vicina e, essendo Madre del Figlio, partecipa al potere del Figlio”. (Omelia, 15 agosto 2005)
Per questo Maria, Madre di Dio e Madre nostra, è fonte di speranza e di conforto per tutti i suoi figli:
“In mezzo alle prove della vita e specialmente alle contraddizioni che l’uomo sperimenta dentro di sé e intorno a sé, Maria, Madre di Cristo, ci dice che la Grazia è più grande del peccato, che la misericordia di Dio è più potente del male e sa trasformarlo in bene …Alla sua intercessione affido le necessità più urgenti della Chiesa e del mondo. Ella ci aiuti soprattutto ad avere fede in Dio, a credere nella sua Parola, a rigettare sempre il male e a scegliere il bene”. (Angelus, 8 dicembre 2010)
Gmg. Mancano 11 giorni: le attese dei giovani nelle diocesi italiane
◊ Mancano 11 giorni all’atteso appuntamento della Giornata Mondiale della Gioventù. In Italia, in particolare, non solo nelle grandi città ma anche nei piccoli comuni, cresce la trepidazione per questo evento, in programma dal 16 al 21 agosto a Madrid. Il servizio di Giorgia Innocenti:
Con il trascorrere dei giorni, si avverte, tra i giovani che si recheranno a Madrid, un sempre maggiore entusiasmo. Per molti, è l’occasione di vivere una profonda esperienza di fede, come sottolinea Miriam Paschetta, ragazza piemontese di Cantalupa, che parteciperà alla Gmg con la diocesi di Pinerolo:
R. – Sono alla mia seconda Gmg, perché ho già partecipato a quella di Colonia nel 2005. E’ stata un’esperienza importantissima, divertente ed anche profonda. Ho deciso di partecipare di nuovo a quella di Madrid, quest’anno, e partirò con la diocesi di Pinerolo. Non vedo l’ora di partire per la Spagna!
D. – Benedetto XVI ci ha invitati ad essere radicati, fondati in Cristo e saldi nella fede. Come leggi questo messaggio?
R. – E’ una frase forte, perché al giorno d’oggi, soprattutto i giovani, si trovano in un mondo che spesso propone dei messaggi opposti che ci invitano a seguire dei modelli che sono soltanto apparenza ed effimero. Invece questo è un invito a rimanere saldi nella fede, in qualcosa che continua, non cambia di giorno in giorno, non è apparenza, ma è qualcosa di profondo che ci aiuta ad affrontare tutti i giorni quello che ci capita nella vita. I giovani, soprattutto, che devono ancora passare attraverso diversi momenti importanti della vita, hanno un punto di riferimento verso cui guardare.
Diventare testimoni autentici della fede significa vivere con gioia l’invito del Papa ad essere “radicati e fondati in Cristo”. Ma come dare questa testimonianza? Ascoltiamo Francesco Santi, giovane corista nella parrocchia di San Cristoforo Martire ad Urbania, nelle Marche:
R. – Portando degli esempi semplici, oppure avendo anche il coraggio e la forza di testimoniare sempre la Parola di Cristo. Nella società di oggi è sempre più difficile parlare di Dio, parlare di religione. Dobbiamo avere più senso di appartenenza alla comunità cristiana e portare con più coraggio la Parola di Cristo. Anche il Papa dice che nella società di oggi si tende a considerare la fede sempre più come un fatto privato e non rilevante nella società, ma questo sicuramente porta Dio ad uscire dalla nostra vita e dalla società e quindi dalla quotidianità. Dobbiamo avere più coraggio!
D. – Si dice che cantando si prega due volte. Che importanza ha la preghiera nella tua vita?
R. – E’ molto importante; la preghiera mi permette di ringraziare il Signore e di chiedergli d'illuminarmi per le scelte nella vita quotidiana.
Essere cristiani, in una società sempre più materialista, è una sfida. E’ quanto sottolinea Alessandro Ferrara, giovane di Montefalcone nel Sannio, in Molise:
R. - Ho 18 anni e sto studiando. Faccio parte della Pastorale giovanile della diocesi di Trivento e nella mia vita cerco di dare testimonianza del Cristo risorto.
D. – Ma la cultura attuale tende ad escludere Dio…
R. - Sappiamo la difficoltà odierna di essere cristiani e credenti. E’ difficile essere un credente, nella nostra società, perché quando sentono che sei cristiano ti disprezzano, ti mettono da parte. Cerchiamo comunque di andare avanti, annunciando sempre Gesù Cristo, che è la nostra forza.
D. - Bisogna passare attraverso le debolezze ma continuare ad andare sempre dritti verso Dio…
R. - Questo è vero, perché il cammino di un cristiano non è privo di croci, debolezze o sofferenze. Le ha subite lo stesso Gesù, ci è passato anche lui. Anche il nostro cammino, quindi, è fatto di croci, però poi si arriva alla meta. Questa nostra meta è Cristo, che ci dà la corona della gloria.
D. - Quali sono le tue aspettative per la Gmg?
R. - La mia aspettativa è incontrare Gesù Cristo e farlo incontrare anche a quei giovani che non lo conoscono e che magari vengono per altri motivi. (vv)
La Giornata mondiale della Gioventù, per molti giovani, è anche un’esperienza già vissuta, come nel caso di Sergio Spata, della diocesi siciliana di Ragusa:
R. - E’ la mia terza Gmg. Sto partendo anche come organizzatore del gruppo ragusano.
D. - Come pensi che si possa essere cristiani nella nostra società e nel futuro?
R. - Essere cristiani è sempre stata una sfida e parlando di futuro, lo è ancora di più. Posso dire che per me, al di là dell’ottimismo, c’è anche la speranza che sostiene ogni cristiano, quella che ci permette di andare avanti. Bisogna avere un progetto chiaro, che si basi sull’educazione e, non a caso, nei prossimi anni il tema per i giovani sarà proprio quello dell’educazione. Un tema importante per aiutare i giovani ad avvicinarsi a Cristo.
D. - Quali sono le tue aspettative per la Gmg?
R. - Vedere tutti questi giovani uniti in Cristo, che danno una testimonianza viva e giovane di una Chiesa che non è vecchia, che non è legata al passato ma che è proiettata verso il futuro.
D. - Come portare i giovani a confidare in Dio?
R. - Con la testimonianza, a partire dai coetanei. Anche gli adulti devono però svolgere il proprio ruolo, soprattutto investendo sui giovani. Quando i giovani sentono la fiducia da parte degli adulti, è molto più facile. (vv)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Oggi il Signore trasfigurato rinnova Adamo: in prima pagina, Manuel Nin sulla festa della Trasfigurazione nella tradizione siro-occidentale.
Nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia sulla Santa Sede e la questione nucleare.
Con Lui sul monte: in cultura, Eliana Versace su Giovanni Battista Montini, Montserrat e la spiritualità benedettina.
L'essenziale di ogni vita religiosa: il cardinale Georges Cottier, pro-teologo della Casa Pontificia, sui quarant'anni dell'"Evangelica testificatio".
"L'Osservatore Romano" meglio della merenda: aneddoti e ricordi di Giulio Andreotti, direttore di "30 Giorni", per i 150 anni del nostro giornale.
L'amore desidera vedere ciò che ama: Timothy Verdon sulla Trasfigurazione da Pietro Crisologo a Raffaello.
Ogni sera benediciamo questa nostra Città: nell'informazione vaticana, Paolo VI e la sua diocesi in una pubblicazione di padre Leonardo Sapienza.
◊ La Fao, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha lanciato oggi un nuovo appello alla comunità internazionale affinché s’intensifichino gli aiuti per le popolazioni del Corno d’Africa. La carestia che si è abbattuta sulla regione - afferma l'agenzia Onu - ha già provocato decine di migliaia di morti, ma gli stanziamenti promessi dagli Stati affluiscono con il contagocce e le stesse organizzazioni regionali come l’Unione Africana non riescono ad intervenire efficacemente. Sul pericolo che la carestia possa ulteriormente aggravarsi colpendo aree sempre più vaste del Corno d’Africa Stefano Leszczynski ha sentito Filippo Ortolani, coordinatore nella regione dei programmi umanitari dell’Ong internazionale Oxfam.
R. – Questa situazione sta colpendo principalmente in questo momento tre Paesi: Somalia, Kenya ed Etiopia, ma sono coinvolte pure l’Eritrea, Gibuti e il Nord Uganda. Sto parlando di 12 milioni di persone colpite, ma si prevede che nei prossimi mesi la situazione possa peggiorare ulteriormente.
D. – Quello che sorprende è il fatto che questa carestia non sia un evento improvviso. Come mai c’è stato poi questo ritardo nell’avviare una macchina di aiuti umanitari?
R. – Questa siccità è causata da un fenomeno meteorologico - e dal riscaldamento globale – chiamato la niña e già dall’ottobre dell’anno scorso si sapeva che gli effetti sarebbero potuti essere devastanti in alcune zone dell’Est Africa. Sorprende molto che molti governi e molte agenzie delle Nazioni Unite si siano mosse con ritardo. Questo, purtroppo, denota il sistema degli aiuti internazionali, che in qualche modo non funziona come dovrebbe.
D. – L’opinione pubblica internazionale è rimasta molto colpita dalla situazione che si è verificata nel Corno d’Africa e ha dimostrato in un certo senso una forte sensibilità attraverso le donazioni per gli interventi che vengono portati avanti nella regione. A fare da contraltare c’è un impegno finanziario più scarso da parte dei governi, nonostante le promesse...
R. – L’opinione pubblica si è dimostrata particolarmente sensibile a queste tematiche. I governi, purtroppo, stanno rispondendo, ma in maniera lenta e al di sotto delle aspettative. Per rispondere in maniera adeguata a questa emergenza si parla di una necessità di un miliardo e 200 mila dollari e al momento c’è purtroppo un gap di circa 800 milioni di dollari. Si parla di interventi di emergenza classici - distribuzione di cibo, distribuzione di acqua, medicine - affinché il minor numero possibile di persone muoia. (ap)
Speranze dopo i dati Usa sull'occupazione: ma incombe lo spettro di una recessione mondiale
◊ Borse internazionali in rialzo dopo le notizie positive sull'occupazione statunitense: si parla di 117mila posti di lavoro in più con una diminuzione del tasso di disoccupazione a luglio del 9,1% (era attesa la conferma del 9,2% di giugno). Intanto, la Banca centrale europea ha reso noto che farà di tutto per garantire la stabilità della zona euro: lo ha detto il commissario Ue agli affari economici, Olli Rehn, nella conferenza stampa straordinaria convocata stamane dopo le pesanti perdite dei mercati di ieri. Ha affermato che l'aumento ''degli spread non è giustificato dai fondamenti economici’’ dei Paesi colpiti ma ha ribadito che entro settembre deve essere operativo l'accordo del 21 luglio dei leader dell’eurozona per poter rassicurare gli investitori''. Rehn ha escluso che Italia e Spagna possano aver bisogno di un piano di salvataggio ma ha chiesto all’Italia di accelerare le riforme contro il debito. Per un’analisi della situazione a partire dal preoccupante andamento dei Mercati, Fausta Speranza ha parlato con Ugo Bertone, editorialista di questioni economiche del sito dedicato ai temi della finanza first online:
R. – Abbiamo visto in questi giorni che i listini perdono soprattutto nel pomeriggio, dopo l’apertura di Wall Street. Il che sta a indicare che le grandi case di investimento americano, grazie ai derivati, sono i grandi venditori di questi giorni e non solo in Italia, ma in tutta Europa.
D. – Oggi il Premio Nobel per l’economica Mundell invita l’Europa a “non farsi trovare impreparata di fronte alle necessità di intervenire e a predisporre – dice – subito i piani e le risorse necessarie”. Ma non avevamo visto l’Europa mobilitarsi? Siamo ancora al punto di dire: bisogna mobilitarsi…
R. – Ancora non esiste un’istituzione comune europea che sia in grado di intervenire efficacemente nei momenti di turbolenza dei mercati. Ieri il membro tedesco si è opposto fino all’ultimo al fatto che la Bce comprasse titoli dei Paesi indebitati. Ma comunque erano contrari anche l’austriaco e l’olandese e altri di circa metà del Nord Europa. Alla fine si è giunti ad un compromesso con un mini acquisto di titoli portoghesi e irlandesi: nessun riferimento ai bonus spagnoli o ai Btp italiani. Questa è la dimostrazione che il recente accordo di Atene sul piano di salvataggio, come tutti gli accordi di compromesso, può essere variamente interpretato. La visione tedesca è che questo fondo potrà comprare – e sottolineiamo potrà e cioè non prima della fine di settembre – solo su indicazioni politiche da parte degli Stati. Questo è un aspetto estremamente negativo: siamo ancora a metà del guado!
D. – Diciamo che abbiamo scoperto la “questione debito”, che in realtà doveva essere ben conosciuta, ma in ogni caso in questo momento è scoppiata negli Stati Uniti e in Europa. A fronte di questa “questione debito”, il punto è che i mercati stanno chiedendo al mondo politico risposte...
R. – Io credo che la diagnosi più felice e più spietata sia quella dell’Economist che questa settimana ha dimostrato che all’inizio del 2009 i dati statistici erano molto, molto peggiori di quelli che sono stati rivelati. E sostiene che la crisi è molto più grave di quel che è stato detto. In questo momento siamo di fronte ad una situazione pre-recessiva. A questa situazione viene richiamata la politica. E c’è da dire che la risultante americana è stata finora molto deficitaria; a livello europeo, in questo momento, non si esprime una linea politica soddisfacente; per quanto riguarda poi l’Italia, direi che una cosa mi sembra che vada sottolineata: abbiamo cercato di mistificare la realtà fino all’ultimo! Negli ultimi mesi e negli ultimi anni, ho sentito parlare di banche estremamente solide - trascurando il fatto che se si minano alle fondamenta i bot e gli asset delle banche, sono meno solidi di quello che non appaiano - ho sentito parlare, bene o male, di una situazione e di una congiuntura che andava migliorando oppure che comunque teneva o che comunque era migliore degli altri: no, non era così! Noi abbiamo perso così gli anni buoni, che erano quelli dei bassi tassi di interesse, per rientrare dal debito pubblico. Abbiamo perso gli anni buoni in cui si poteva crescere di più, come sono cresciuti tutti gli altri e ci siamo presentati all’appuntamento della crisi in condizioni strutturali e congiunturali di debolezza e in condizioni politiche di estrema debolezza.
D. – Una parola di possibile speranza?
R. – L’importante è saper reagire al panico. L’altra parola è che tutto sommato non c’è nulla di irreversibile. I mercati, che adesso vengono considerati in maniera molto cattiva, in realtà sono come la matematica a scuola: può essere antipatica, ma alla fin fine ha una sua logica... I mercati ci stanno indicando una direzione di rotta: noi possiamo continuare ad insistere a guardare da un’altra parte, ma se prendiamo l’indicazione giusta che ci arriva, bene o male e in molto meno tempo di quello che si creda – perché le recessioni durano meno delle fasi di sviluppo, se affrontate correttamente – potremmo riprendere un cammino virtuoso. L’importante è non sbagliare ripetutamente…. (mg)
Siria: l'assedio continua ad Hama
◊ Siria ancora nel sangue: epicentro della repressione è sempre Hama, completamente isolata dal resto del Paese. L'agenzia ufficiale siriana Sana scrive oggi che ''più di 20 militari sono stati uccisi'' in un attacco contro il club degli ufficiali. E l’esercito continua a presidiare la città e a sparare sui manifestanti impedendo la preghiera islamica del venerdì; secondo gli insorti sono almeno 30 i morti nelle ultime ore. Sullo sfondo resta il varo del decreto, firmato ieri dal presidente Assad, che apre al multipartitismo. Una mossa considerata tardiva e inutile dalle opposizioni. La nuova legge elettorale, nasconderebbe infatti troppe condizioni per ostacolare la formazione dei partiti. E ieri l’Unione Europea ha accolto con favore la firma della dichiarazione Onu con la quale si condannano le violenze. Camilla Spinelli ne ha parlato con Alessandro Politi, analista politico e strategico:
R. - Dal punto di vista pratico la dichiarazione non sposta assolutamente nulla. Dal punto di vista politico-diplomatico, invece, ognuno se la gira come vuole. Forse i tempi sono prematuri per tentare una risoluzione. L’opposizione di Russia e Cina è molto forte, ma è tradizionale, non è nulla di sorprendente.
D. - Ieri il presidente siriano, Assad, ha firmato il decreto sul multipartitismo. Che significato può avere, visto che comunque le repressioni continuano?
R. - E’ una legge che ha vigore immediato. D'altra parte c’è poi tutta una serie di clausole che limitano il multipartitismo: e intanto si continua a sparare sui cittadini.
D. - A questo punto, secondo lei, qual è lo scenario che si profila?
R. - Lo scenario voluto dal regime è quello di tenere duro con delle finte concessioni e nello stesso tempo di spaventare la popolazione. Lo scenario che rischia il regime, invece, è un suicidio al rallentatore. (vv)
Yemen: scontri tra esercito e tribù fedeli all'opposizione
◊ In Yemen continuano gli scontri tra esercito e tribù fedeli all’opposizione a sei mesi dall’inizio delle proteste conto il presidente Ali Abdullah Saleh, e a due mesi dal suo ricovero in Arabia Saudita dopo un attacco al suo palazzo. Davide Maggiore ha chiesto a Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali, di tracciare un quadro della situazione sul campo:
R. - Sono in corso diversi tipi di crisi, in Yemen. C’è una rivolta di province meridionali: il vice-presidente ha affermato che hanno perso il controllo di cinque province che, tradizionalmente, si oppongono al governo di Sana’a. Ci sono problemi anche nel Nord, con alcune tribù che sono in rivolta contro Saleh. Inoltre, c’è il problema di Al Qaeda nella penisola araba.
D. - Chi ha, oggi, il potere effettivo nelle istituzioni?
R. - Il presidente - che attualmente è in Arabia Saudita e che dovrebbe rientrare - probabilmente ha ancora una fetta importante del potere. C’è, però, anche suo figlio Ahmed, che forse non è del tutto d’accordo con lui. E c’è la potente tribù degli Hamar, che comprende il generale Mohsen, il capo delle Forze Speciali, che si è recentemente dimesso, in critica con il presidente Saleh e che controlla una parte della stessa capitale, Sana’a.
D. - Saleh, prima di abbandonare il Paese, a giugno, aveva prospettato uno scenario simile a quello somalo. E’ un timore che si è concretizzato?
R. - Non ancora, però ci sono moltissimi profughi interni - più di 150 mila - e situazioni di non controllo del territorio da parte del governo, in particolare in queste cinque province meridionali. E’ una situazione non come quella somala ma di forte fragilità.
D. - Che ruolo gioca Al Qaeda in questo scenario?
R. - Al Qaeda cerca di infiltrarsi in tutto questo. Secondo molti analisti sta cercando di costruirsi una nuova base, avendo persa quella in Afghanistan ed essendo meno sicura quella in Pakistan. Oltretutto, probabilmente Al Qaeda, nello Yemen, è indipendente ed autonoma dalla versione pachistana o afghana di Al Qaeda. Evidentemente il suo obiettivo è quello di controllare, almeno in parte, alcune delle grandi strade di pellegrinaggio che vanno alla Mecca e, in questo modo, cercare di indebolire il regime saudita, che in questo caso è il suo vero nemico.
D. - Ci sono reali margini d’intervento o di mediazione per la comunità internazionale?
R. - Il tentativo che stanno cercando di fare sia i Paesi del Golfo sia gli Stati Uniti è quello di arrivare ad una sorta di coalizione, diminuendo i poteri dittatoriali che si era preso Saleh e cercando di ricostituire una sorta di federazione delle tribù principali che ricompatti quantomeno il governo del Nord. Margini di mediazione sembrano esserci. Il problema è vedere quanto poi sia possibile mettere veramente insieme tutte le principali fazioni dopo anni di dura lotta interna e di forti contrasti. Probabilmente tutto questo richiederebbe un cambiamento al vertice del regime, ma finora non sembra che Saleh sia disposto a farlo. (vv)
Nuova tragedia del mare a Lampedusa. Polemiche sui soccorsi. Frattini: la Nato apra un'inchiesta
◊ L’Italia, attraverso il ministro degli Esteri Frattini, ha chiesto ufficialmente alla Nato l’apertura di un’inchiesta in merito al presunto mancato soccorso di un barcone di immigrati provenienti dalla Libia da parte di una nave dell’Alleanza che si trovava nell’area. L’episodio, risalente ai giorni scorsi, è avvenuto a largo di Lampedusa. A bordo dell’imbarcazione viaggiavano oltre 350 persone. La Guardia Costiera, fino ad ora, ha recuperato un cadavere. Circa 50, invece, gli immigrati giunti sull’isola siciliana che hanno avuto bisogno di cure mediche. Il loro racconto lascia presagire l’ennesima tragedia del mare: c'è chi parla di un centinaio di morti e di cadaveri gettati in mare. In merito Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Laura Boldrini portavoce in Italia dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati:
R. – Io penso che in questo caso ci sia da invocare l’intervento e la collaborazione di tutti gli Stati della comunità internazionale. Se è confermato - e questo punto va verificato - se è vero che una nave della Nato non ha prestato aiuti è qualcosa di molto grave. Ricordo, però, che qualche settimana fa una nave della Nato aveva prestato soccorsi a persone in difficoltà su una carretta del mare, ma era rimasta in attesa di sapere dove sbarcare queste persone per una settimana. Anche questo, dunque, scoraggia il soccorso. Allora la responsabilità di nuovo è degli Stati. Bisogna stabilire un sistema per cui gli Stati consentano lo sbarco delle persone che vengono soccorse, perché altrimenti lasciare le imbarcazioni con il carico umano per giorni scoraggia il soccorso.
D. - Cosa fare dunque?
R. – Bisogna fare di più, bisogna fare in modo che ci sia un meccanismo di intervento, per cui queste imbarcazioni non possano essere lasciate al loro destino; bisogna trovare dei meccanismi per cercare di dare alternative a queste persone che fuggono da una guerra. Se ci fossero delle quote che gli Stati offrono per fare il re-insediamento di queste persone, dei rifugiati che non possono tornare nei Paesi di origine, che vivevano in Libia e che oggi non sanno più dove andare, persone che vivono nei campi profughi, in Tunisia e in Egitto, ma che spesso ritornano in Libia con la speranza di potersi imbarcare, mettendo in conto anche di rischiare la vita, se queste persone, dunque, potessero invece avere la possibilità di essere trasferite legalmente in un sistema di re-insediamento, che dimostri anche solidarietà tra la comunità internazionale, probabilmente ridurremmo anche il numero delle persone che accettano oggi la roulette russa nel Mediterraneo.
D. – Intanto, la Farnesina ha chiesto alla Nato di aprire un’inchiesta su questo episodio: attendiamo di vedere cosa realmente sia successo, perché non abbiamo neanche la certezza di come siano andate le cose...
R. – No, non abbiamo la certezza, perché durante le operazioni di soccorso è ovvio che la priorità sia quella di salvare vite umane e non si può pensare che si facciano dei colloqui durante le operazioni di soccorso. Ora, prima di avere un quadro ci vuole un po’ di tempo, perché le persone che arrivano sono sotto shock. Bisogna rispettare, dunque, la loro condizione, fare in modo che prima si riposino per poi fare dei colloqui. Prima di avere un quadro che ci possa dare l’idea della dimensione della tragedia, bisogna aspettare dei tempi.
D. – Quindi, cautela di fronte al racconto degli immigrati che parlano, tra l’altro, di decine di corpi gettati in mare...
R. – Cautela sino al momento in cui si è parlato con più persone possibili e quando si capisce che c’è un’uniformità nelle versioni che vengono date. (ap)
Agricoltura in crisi: provocatoria manifestazione della Coldiretti
◊ La crisi economica sta avendo ripercussioni gravissime anche nel settore ortofrutticolo. Gli agricoltori denunciano le speculazioni che si verificano nel passaggio della frutta dal campo alla tavola. Dal produttore al consumatore infatti i prezzi aumentano anche di 5 o 6 volte. Per protesta la Coldiretti ha organizzato oggi in Piazza Santi Apostoli a Roma e in alcune località balneari italiane una distribuzione gratuita di oltre 100 quintali di frutta e verdura di stagione, rigorosamente Made in Italy. Il servizio è di Paolo Ondarza:
Pomodori, peperoni, melanzane, angurie e pesche: “meglio regalarli che svenderli!''. Di fronte allo scandaloso aumento della forbice dei prezzi tra produzione e consumo la Coldiretti scende in piazza. Al microfono di Lev Sordi il vicepresidente Massimo Gargano:
R. - “Una pesca gialla costa 33 centesimi al campo e 1,90 euro ad un cittadino. Si sta distruggendo il made in Italy agroalimentare, si sta desertificando il tessuto imprenditoriale, quello che crea ricchezza, che fa occupazione, di questo Paese. Pochi furbi si arricchiscono a danno della collettività”.
D. - Meno 29%: di tanto sono crollati i prezzi per la frutta estiva pagati agli agricoltori, costretti a vendere 10 chili di cocomeri per acquistare una tazzina di caffè al bar...
R. - “Purtroppo noi agricoltori siamo rovinati, ci hanno messo in ginocchio. Da noi comprano a centesimi per rivendere poi ad euro. Questo è un grande problema”.
D. - Quindi è meglio regalarla che buttarla?
R. - Almeno il popolo mangia.
D. - Non va meglio per i consumatori che rinunciano a comprare frutta e verdura di stagione, vendute a prezzi esorbitanti, con rincari oltre il 500%. Ascoltiamo alcune risposte:
R. - “I commercianti ci guadagnano sopra. Ad esempio, i pomodori che vengono venduti a 7 centesimi il commerciante li fa rivendere a 40”.
R. - “Speriamo che cambino la differenza che c’è tra quello che danno a loro e quello che paghiamo noi”.
R. - “L’iniziativa è stata buona, anche perché penso serva più che altro a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla crisi del settore”.
La mobilitazione, organizzata da Coldiretti, prosegue anche nei prossimi giorni con tappe in alcune delle principali località balneari italiane.(ma)
Kenya: fondo di emergenza dei vescovi per le popolazioni colpite dalla siccità
◊ “Siamo tutti profondamente preoccupati per la crisi provocata dalla siccità e per la sofferenza di così tanti keniani”. “La nostra preoccupazione è rivolta verso i milioni di persone indifese che rischiano di morire di fame e verso le tante comunità che hanno perduto i mezzi di sussistenza”. E’ quanto affermano i vescovi del Kenya in un comunicato con il quale lanciano una sottoscrizione nazionale a favore delle popolazioni colpite dalla siccità che imperversa in diversi Paesi dell’Africa orientale. Se la situazione più drammatica è quella della Somalia, anche il Kenya risente in modo pesante della crisi alimentare, non solo perché accoglie sul suo territorio centinaia di migliaia di somali in fuga dal loro Paese, ma anche perché la siccità ha colpito diverse aree del suo territorio. Nel messaggio della Conferenza Episcopale del Kenya – ricorda l’agenzia Fides - si afferma che le persone più vulnerabili sono i pastori delle regioni del nord, del nord-est, del nord-ovest, e del sud. Ad essere colpite sono soprattutto le famiglie più povere che vivono di agricoltura di sussistenza nelle pianure costiere e nelle regioni sud-orientali. La siccità – ricordano i presuli - ha provocato “scarsità di cibo, forte aumento dei prezzi dei generi alimentari, mancanza d'acqua, migrazioni e conflitti, malnutrizione, abbandono scolastico da parte dei bambini e perdita del bestiame”. La Conferenza Episcopale del Kenya ha quindi deciso di lanciare un fondo di emergenza (Catholic Charity Emergency Fund) ed ha rivolto un appello per una sottoscrizione a favore di questa iniziativa. Sono state organizzate anche raccolte di cibo presso parrocchie, uffici diocesani ed altre strutture della Chiesa. (A.L.)
Sudan: i vescovi dovranno decidere se formare due distinte Conferenze Episcopali
◊ I vescovi sudanesi si riuniranno ad ottobre nella diocesi di Wau, nel Sud Sudan, per decidere se formare due distinte Conferenze Episcopali, dopo la nascita del Sud Sudan, che è diventato ufficialmente uno Stato indipendente lo scorso 9 luglio. Lo afferma una fonte di Sudan Catholic Radio News. Attualmente, esiste un’unica Conferenza Episcopale con due segreterie indipendenti a Khartoum e a Juba, capitale del Sud Sudan. Questa decisione sarà probabilmente influenzata da come evolverà la situazione della Chiesa nel Nord Sudan. Il numero dei fedeli, nelle regioni settentrionali, è in calo. Come riferisce all’Agenzia Cisa di Nairobi John Ashworth, consulente della Chiesa in Sudan, diversi cattolici che vivevano nel Nord, ma originari del Sud, sono stati costretti a tornare nelle regioni meridionali dopo l’indipendenza del Sud Sudan. “Altri probabilmente saranno costretti a farlo nei prossimi mesi a causa dei problemi relativi alla concessione della cittadinanza, così come per la concreta possibilità che le minoranze culturali e religiose nella Repubblica del Sudan, nel Nord, subiscano molestie”. “Se Khartoum – ha concluso Ashworth - concederà i diritti di cittadinanza ai cittadini sud sudanesi, allora la situazione potrebbe migliorare, ma tutto dipende da come verranno trattati i meridionali e i cristiani”. Delle nove diocesi sudanesi – ricorda l’agenzia Fides - solo due sono nel Nord. Si tratta di Khartoum ed El Obeid. Le altre sette diocesi - Malakal, Juba, Yei, Wau, Rumbek, Tombura-Yambio e Torit - sono nel Sud Sudan. (L.Z.)
I vescovi del Nicaragua: rispettare la vita fin dal concepimento
◊ “Rispettare la vita”: è il monito che dall’episcopato in Nicaragua viene ribadito contro i tentativi di rendere, in varie forme, legale la pratica dell’interruzione volontaria della gravidanza. Si tratta di una questione che, nel Paese, investe in particolar modo le nuove generazioni, alle quali vengono offerti “modelli” diseducativi che promuovono una cultura offensiva nei confronti dei valori della tradizione religiosa e morale. Nei giorni scorsi una delegazione spagnola dell’organizzazione Amnesty International ha incontrato alcuni deputati del Parlamento nicaraguense sollecitando la presentazione di una legge per depenalizzare il cosiddetto “aborto terapeutico”. L’organizzazione, tramite un appello, chiede alle autorità di eliminare il divieto di aborto, garantendo servizi abortivi, maggiori diritti e cure specialistiche adeguate, in base alla considerazione che negli ultimi anni si è evidenziata una crescita esponenziale delle violenze, soprattutto nei confronti delle minorenni. I deputati dell’Assemblea Nazionale, accogliendo di fatto le richieste delle comunità religiose, hanno abolito, nel 2007, il comma 3 dell’articolo 143 del Codice Penale, confermando il divieto assoluto di qualsiasi forma di aborto in Nicaragua. E’ stata anche eliminata, di fatto, la possibilità per i medici di effettuare l’aborto terapeutico in caso di grave rischio per la vita della madre, di gravi malformazioni del feto o di maternità a seguito di violenza. La pena prevista, in caso di violazione della legge, può arrivare fino ai trent’anni di carcere. Il vescovo ausiliare di Managua, Silvio José Báez Ortega, ha dichiarato che la Chiesa è stata sempre chiara nell’affermare che “bisogna rispettare la vita dal concepimento fino alla morte naturale”. Eliminare questo principio, ha aggiunto, “significa commettere un’offesa nei confronti di Dio”. Ad indicare la necessità di rispettare la volontà nazionale, espressa tramite l’approvazione della riforma della legge penale, è stato anche il vicario della cattedrale di Managua, padre Bismark Conde, ricordando come in diverse occasioni sono state promosse nel Paese delle manifestazioni in difesa della vita. “Siamo contro ogni cultura di morte”, ha ribadito inoltre il vescovo di León en Nicaragua, mons. César Bosco Vivas Robelo, le cui parole sono state riprese dall’Osservatore Romano. In occasione, nel 2008, della visita ad Limina Apostolorum dei vescovi del Nicaragua, il presidente della Conferenza episcopale, l’arcivescovo di Managua, mons. Leopoldo José Brenes Solórzano, aveva infine sottolineato, in un’intervista rilasciato alla nostra emittente che “un’ombra che minaccia la Chiesa: sono le battaglie per l’approvazione dell’aborto”. (L.Z.)
Perù: la formazione missionaria entra nelle reti sociali
◊ Il Centro di Studi Missionari (Cem), che ha come fine l’istruzione e la formazione missionaria soprattutto dei laici nella diocesi di Carabayllo, in Perù, ha fatto il suo ingresso nelle reti sociali, aprendo un suo profilo su Facebook. “Il Cem – si legge in una nota inviata all’Agenzia Fides - ha deciso di avventurarsi negli spazi virtuali offerti da Internet, per condividere con la comunità il suo percorso missionario realizzato nel corso degli anni”. “La comunicazione virtuale è una sfida, ma anche una possibilità in più, perché utilizzare le reti sociali comporta una grande responsabilità e molta dedizione”. Questa nuova esperienza in Internet è una risposta all’appello dei vescovi dell'America Latina riuniti alla Conferenza Generale di Aparecida che hanno scritto: "l'evangelizzazione non deve essere limitata alle omelie, alle conferenze, ai corsi biblici o teologici, ma deve anche utilizzare i diversi mezzi di comunicazione: come la stampa, la radio e la televisione, i siti web, i social forum e molti altri sistemi ". (A.L.)
Sumatra: bruciate due chiese protestanti per l'inizio del Ramadan
◊ Una folla di almeno 100 persone ha assalito e dato alle fiamme un centro di preghiera della Christian Batak Synod (Hkbp). In precedenza, avevano attaccato un altro edificio cristiano a cinque chilometri di distanza. Il fatto è avvenuto il primo agosto scorso, in concomitanza con l’inizio del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera per i musulmani. Ma la notizia è stata diffusa da una radio di Jakarta solo nel tardo pomeriggio di ieri. Il nuovo attacco contro la minoranza cristiana, secondo alcuni esperti, è anche conseguenza delle pene “morbide” comminate di recente dai giudici contro estremisti e leader islamici in Indonesia. Uno dei due luoghi di preghiera dati alle fiamme apparteneva alla Protestant Christian Batak Synod (Hkbp). Sahat Tarigan, leader della Protestant Karo Christian. All’improvviso, gli assalitori hanno cosparso di benzina il luogo di culto, quindi gli hanno dato fuoco. In precedenza, la folla aveva attaccato un’altra chiesa domestica, situata a circa cinque km di distanza. Sahat Tarigan – riferisce AsiaNews - aggiunge che “i fedeli non hanno nulla a che fare con gli assalitori”. I centri di preghiera cristiani sorgevano in un’area a maggioranza musulmana, ma non si erano registrati particolari episodi di violenza o intolleranza in passato. “Per farla breve – conclude Sahat Tarigan – non abbiamo idea del perché abbiamo dato fuoco”. Tuttavia, in Indonesia, si registrano di frequente casi di violenze contro le minoranze religiose e i luoghi di culto cristiani. E la polizia, invece di colpire i responsabili, giustifica i roghi – come avvenuto nell’ultimo caso – sostenendo che le chiese sono costruite il legno “quindi si bruciano facilmente”. (A.L.)
Si celebra in Italia la “Giornata delle minoranze” in Pakistan
◊ L’associazione dei Pakistani Cristiani celebrerà in Italia, l’11 agosto, la Giornata nazionale delle Minoranze in Pakistan. Come riferisce l’agenzia Fides, la Giornata nazionale delle Minoranze in Pakistan è stata istituita alcuni anni fa dal ministro Federale Shahbaz Bhatti, cattolico ucciso lo scorso marzo in un agguato. Tale giornata - precisa un comunicato dell’associazione - prende spunto dal discorso del padre della nazione, Muhammad Ali Jinnah, al Parlamento Costituente del Pakistan nel 1947 che sanciva pari dignità e pieni diritti per tutti i cittadini del Pakistan. L’associazione dei Pachistani Cristiani in Italia, voluta da Shahbaz Bhatti, celebrerà la giornata nazionale per le Minoranze come giornata di preghiera per ricordare lui e tutte le vittime del martirio per motivi religiosi in Pakistan. Si pregherà inoltre per la pace e stabilità del Pakistan, afferma la nota. L’associazione a Roma renderà omaggio al Ministro Shahbaz visitando la Basilica di San Bartolomeo a Roma dove è conservata la sua Bibbia personale. I pachistani cristiani residenti in altre città come Milano, Fidenza, Prato, Firenze, Torino, Trento, Foggia e Palermo organizzeranno dei momenti di preghiera. Lo schieramento "All Pakistan Minority Alliance", il partito fondato da Shahbaz Bhatti, organizzerà vari eventi sul territorio nazionale. “In accordo con l’ APMA il nostro vuole essere un appello alla comunità internazionale per sostenere le minoranze del Pakistan”, conclude il comunicato dei pachistani cristiani in Italia. (D.M.)
I vescovi della Mongolia Interna: rilanciare l’evangelizzazione attraverso i mass media
◊ Incoraggiare l’evangelizzazione attraverso i mass media. È il proposito ribadito da mons. Mneg Qing Lu, vescovo della diocesi di HuHeHaoTe e da mons. Du Jiang, vescovo della diocesi di Ba Meng, nella Mongolia Interna, nel corso della loro visita a Faith, l’ente cattolico di comunicazione sociale che gestisce la più importante pubblicazione cattolica cinese cartacea e on-line. L’ufficio di questo organismo si trova nella diocesi di Shi Jia Zhuang capoluogo della provincia cinese di He Bei. Faith gestisce un giornale, un settimanale, e un sito internet. Quest’anno ricorrono inoltre i 20 anni della fondazione (aprile 1991) di Faith, le cui pubblicazioni sono iniziate nel settembre 1991. Dopo la concelebrazione eucaristica, i fedeli della Mongolia Interna hanno condiviso e scambiato la loro esperienza con i fratelli e le sorelle di He Bei. Mons. Meng Qing Lu ha ringraziato per le borse di studio offerte ad un gran numero di studenti di famiglie disagiate mongole, sia cattoliche sia di altre fedi. Secondo il vescovo, “il contributo di Faith all’evangelizzazione cinese è inestimabile. Nella nostra provincia che è povera, il giornale e il sito di Faith per diverso tempo sono state l’unica fonte di informazione sul mondo cattolico e sulla Chiesa universale ed il Papa”. “Il risultato di questa evangelizzazione attraverso i mass media è evidente in tutto il continente”. “Ora tocca a noi lanciare nella nostra provincia l’evangelizzazione attraverso i mass media”. (A.L.)
I vescovi croati sulla controversia tra Diocesi di Parenzo e Pola e Monastero Benedettino di Praglia
◊ Il Comitato permanente della Conferenza episcopale croata è intervenuta ieri con un comunicato sulla controversia tra la Diocesi di Parenzo e Pola, in Croazia, e il Monastero Benedettino di Praglia, in Italia, relativa a proprietà ecclesiastiche nel territorio della Parrocchia di Dajla nella suddetta Diocesi. I vescovi croati si rivolgono ai fedeli e a tutta la popolazione croata per cercare di contribuire alla comprensione veritiera della situazione e per rigettare un approccio definito “inadatto, fuorviante e nocivo per tutta la nostra società”. Questa questione “piuttosto intricata – afferma il comunicato - va considerata anzitutto come intra-ecclesiale” anche se è stata originata da decisioni prese prima dal regime fascista e poi da quello comunista; regimi che hanno attuato persecuzioni e violazioni di diritti umani fondamentali, confiscando le proprietà sia ai singoli sia alle istituzioni, come accaduto ai Benedettini a Dajla. Senza entrare nel merito delle decisioni degli organi giudiziari croati e delle loro ragioni – afferma il comunicato - rimane il fatto che nel 1999 la proprietà benedettina è passata alla Parrocchia di Dajla, nella Diocesi di Parenzo e Pola. Successivamente, la Diocesi e l’Abbazia di Praglia, in quanto persone giuridiche ecclesiastiche, ben conoscendo tutto ciò che era successo con l’alienazione e la restituzione della proprietà, sulla base delle prescrizioni canoniche si sono impegnate a ricercare la via migliore affinché ciò che era stato restituito venisse ripartito in modo equo. Anche grazie al contributo offerto dalla Congregazione per i Vescovi e dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica - continua il comunicato - tra la Diocesi di Parenzo e Pola e l’Abbazia di Praglia si era arrivati all’accordo, firmato a Roma il 17 maggio 2006, sulla divisione della proprietà a metà. Ma poiché non era stato possibile attuare l’intesa, il Papa nel 2008 nominava una commissione cardinalizia: questa, nel novembre 2010, consegnava i risultati del proprio lavoro al Santo Padre che, sulla base di essi, prendeva la sua decisione. Il comunicato ricorda quindi il rifiuto del vescovo di Parenzo e Pola, Ivan Milovan, di firmare il documento che avrebbe chiuso le pluriennali trattative e la successiva nomina da parte del Santo Padre di un suo delegato come firmatario di tale documento. Questo – spiega il comunicato – allo scopo di attuare decisioni intra-ecclesiali con le quali in nessun modo si intendeva danneggiare la Diocesi di Parenzo e Pola. Al contrario – prosegue il testo - senza tali accordi sarebbero rimasti poco chiari i rapporti tra le due istituzioni all’interno della stessa Chiesa. “Noi Vescovi – conclude il comunicato – continueremo, nel rispetto delle varie posizioni, a coltivare e promuovere l’unità ecclesiale. Rimaniamo fermi nell’unità del Ministero episcopale, in particolare nel rispetto delle decisioni e nell’amore verso il Santo Padre, la Santa Sede e le varie istituzioni ecclesiastiche, impegnandoci per la giustizia e rifiutando tutto ciò che potrebbe danneggiare la pace tra i fedeli, le nazioni e gli Stati. Come tante volte si è dimostrato nel passato, solamente guidati dalla verità e dalla giustizia possiamo testimoniare anche il nostro amore verso la patria croata”.
Msf denuncia l’irruzione delle forze di sicurezza nel proprio ufficio in Bahrein
◊ L’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (Msf) condanna il violento assalto armato alle proprie strutture in Bahrein. “Il 28 luglio – si legge nel comunicato di Msf – forze di sicurezza hanno compiuto una violenta irruzione nelle strutture di Msf a Manama, danneggiando l’ufficio e confiscando le attrezzature, compresi i materiali medici e le forniture”. In quell’occasione – si sottolinea nel documento – è stato arrestato un operatore locale di Msf, Saeed Mahdi, che lavora per l’organizzazione come interprete e autista. Da quando in Bahrein sono cominciate le manifestazioni di protesta contro il governo, Msf ha visitato circa 200 tra feriti e persone malate che non si recavano nelle strutture sanitarie temendo l’arresto con l’accusa di un presunto coinvolgimento nelle proteste. “Medici Senza Frontiere – dichiara Jerome Oberreit, direttore delle operazioni dell’organizzazione umanitaria a Bruxelles – è stata trasparente con le autorità del Paese, compresi i Ministeri della Salute e dell?interno, in merito al proprio lavoro e alle proprie intenzioni”. “La violazione delle strutture di Msf e la detenzione di uno dei nostri operatori sono inaccettabili e del tutto ingiustificate”. (A.L.)
Indonesia: assemblea dei sacerdoti diocesani
◊ E’ in corso a Sintag, nella regione indonesiana del Kalimantan Occidentale, la decima assemblea triennale dei sacerdoti diocesani della “Unio Indonesia”. Alla cerimonia inaugurale – riferisce l’agenzia Ucan - il nunzio apostolico in Indonesia, mons. Antonio Guido Filipazzi, ha rivolto un indirizzo di saluto ai presenti. “In questa occasione – ha detto il presule - possiamo apprezzare e ringraziare i sacerdoti diocesani per quello che fanno. Senza di loro la Chiesa non potrebbe sopravvivere e i fedeli ne risentirebbero sia sul piano spirituale sia su quello psicologico”. L’arcivescovo ha quindi espresso l’auspicio che i sacerdoti del Kalimantan possano ispirare con il loro operato tutti i fedeli. L’incontro, al quale partecipano oltre 100 sacerdoti, è incentrato su vari temi che riguardano, in modo specifico, la vocazione sacerdotale in un contesto caratterizzato da una grande diversità etnica e culturale. In particolare, le varie relazioni saranno dedicate al tema centrale della riunione : “Trovare nella terra del Kalimantan il volto di Gesù”. “Unio Ecclesia” è un’associazione che riunisce 1.700 membri con l’obiettivo principale di rendere più efficace la cooperazione tra i ministri diocesani. (L.Z.)
Dibattito organizzato dalle Conferenze episcopali asiatiche sulla “Caritas in Veritate”
◊ Rispetto e solidarietà nei confronti dei lavoratori domestici immigranti e delle popolazioni indigene secondo l’insegnamento di Papa Benedetto XVI nell’Enciclica “Caritas In Veritate”. È questo, come riporta la Fides, l’invito rivolto ai 35 partecipanti dell’incontro che si è tenuto presso il Redemptorist Center di Pattaya in Thailandia dal 26 al 29 luglio. L’evento, che aveva per tema “Caritas In Veritate nel contesto asiatico”, è stato organizzato dall’Ufficio per lo Sviluppo Umano (Office of Human Development) della Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche (Federation of Asian Bishops' Conferences FABC). Tra i partecipanti vi erano i membri delle diverse Commissioni “Giustizia e Pace” di alcune organizzazioni impegnate nella difesa delle popolazioni indigene, e delle Caritas di 12 Stati asiatici. Secondo i dati resi noti durante i lavori, sono 53 milioni i lavoratori domestici immigranti in Asia. Un dato che interroga con urgenza la pastorale della Chiesa. Nel corso del Workshop i partecipanti hanno studiato l’applicazione dell’Enciclica Caritas In Veritate” nella vita della Chiesa asiatica, sulle modalità con le quali la Chiesa può aiutare i lavoratori domestici immigranti ad affrontare la loro difficoltà, e le sfide poste alla Chiesa dai recenti eventi sociali ed economici. (D.M.)
Settanta giovani disabili alla Gmg grazie all’Aeronautica Militare italiana
◊ Un aereo speciale partirà il prossimo 16 agosto da Bologna per atterrare a Madrid. A bordo, ci saranno settanta giovani disabili che si recheranno nella capitale spagnola per partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, in programma dal 16 al 21 agosto. Per l’occasione, non sarà utilizzato un aereo di linea. I giovani disabili, infatti, arriveranno a Madrid con un volo speciale messo a disposizione dall’Aeronautica Militare italiana. L’organizzazione del viaggio è stata gestita dall’Unitalsi di Modena grazie alla preziosa collaborazione di Protezione Civile e Aereonautica. La Protezione Civile ha messo a disposizione un camper da cucina con alcuni volontari. Ma il viaggio in pullman, o in treno, avrebbe comunque presentato numerose difficoltà per i ragazzi disabili. L’Aereonautica Militare - rende noto Korazym - ha quindi messo a disposizione un velivolo C – 130. Si tratta di una soluzione ottimale perché il cargo ha la capienza necessaria per trasportare anche il camper della Protezione Civile e due pulmini attrezzati. Il ritorno, sempre con un aereo militare, è previsto il 22 agosto. (A.L.)
Libia: giallo sulla morte di uno dei figli di Gheddafi
◊ Proseguono le operazioni militari della Nato sulla Libia. A Zliten, nel corso di uno degli ultimi bombardamenti, sarebbe morto uno dei figli di Gheddafi, affermano gli insorti, ma Tripoli smentisce. Ce ne parla Marco Guerra:
Ennesima notte di bombardamenti su Tripoli. Colpita la periferia della città dove la tv di Stato denuncia una strage di civili senza specificare il numero dei morti. Il regime segnala 3 vittime civili, fra cui 2 bambini, anche a Zlitan, a 150 km ad est della capitale. Secondo gli insorti, qui le bombe dei jet della Nato avrebbero ucciso anche Khamis Gheddafi, il figlio minore del rais in prima fila nella repressione della rivolta anti-regime al comando della temuta 32.ma Brigata. La Nato ha confermato i bombardamenti, ma non la morte di Khamis “perché priva di forze sul terreno”. Ma qualora fosse confermato il suo decesso, sarebbe il secondo figlio di Gheddafi ad essere ucciso nei raid Nato: l'altro, Saif al-Arab, è morto con tre nipoti del colonnello nel maggio scorso. Tripoli da parte sua smentisce seccamente. Intanto gli insorti tentano, in ogni modo, di ridurre a zero i rifornimenti del regime: questa notte hanno sabotato un oleodotto a sud-ovest di Tripoli, che alimenta l'unica raffineria ancora in funzione del Paese. Da segnalare, infine, il passo indietro del governo libico che, attraverso il suo portavoce, ha fatto sapere “che non è stato lanciato alcun missile contro le navi della Nato”, ritrattando quanto rivendicato ieri; e le dichiarazioni del ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, secondo il quale i ribelli stanno avanzando e l'intervento internazionale non è in “fase di stallo”, sebbene sia stata “sottovalutata la resistenza delle forze di Gheddafi”.
Gaza, violenze
Tre nuovi raid aerei israeliani sono stati compiuti nella notte sulla Striscia di Gaza, in risposta agli ultimi lanci di razzi verso il sud d'Israele. Lo riferisce un portavoce militare precisando che le incursioni hanno preso di mira i tunnel del contrabbando al confine con l'Egitto e altri siti imprecisati, usati per ''finalità terroristiche''. Al momento, non risultano vittime.
Egitto – processo Mubarak
In Egitto ancora in primo piano il processo contro l’ex presidente Mubarak; il capo del consiglio supremo delle forze armate egiziane, Hussein Tantawi, si dice pronto a testimoniare contro l’ex rais. Se condannato, Mubarak rischia la pena di morte. Ieri interrogato il ministro degli Interni del regime, in carica per oltre 30 anni.
Thailandia, parlamento elegge primo premier donna del Paese
Il Parlamento Thailandese ha eletto primo ministro, Yingluck Shinawatra. Si tratta della prima donna a ricoprire l'incarico nel Paese asiatico. La nomina di Yingluck - sorella dell'ex premier Thaksin Shinawatra, in esilio dopo essere stato deposto da un colpo di stato nel 2006 - è stata approvata con i voti del suo partito, il Puea Thai, che si è imposto alle elezioni politiche del 3 luglio scorso, conquistando 265 seggi su 500 e ha poi formato una coalizione con altri quattro movimenti, controllando così tre quinti del Parlamento. Per arrivare alla formazione ufficiale del governo, ora è necessario il nulla osta formale di re Bhumibol, che potrebbe arrivare nelle prossime ore o al massimo entro la settimana prossima. L’elezione Yingluck rappresenta il trionfo delle 'camicie rosse', protagoniste delle proteste di piazza tra aprile e maggio dell'anno scorso che furono sedate con la forza da parte dell’esercito; adesso l'attende la sfida di riportare la stabilità nel regno e conciliare le masse dei diseredati del nord con le elite della capitale e legate alla monarchia.
Spagna – manifestazioni
In Spagna, uno dei Paesi più colpiti dalla crisi, tornano le manifestazioni di piazza. Da tre giorni a Madrid si susseguono le proteste dei cosiddetti “indignados”. Ieri la giornata più cruenta. Gli scontri tra la polizia e i dimostranti hanno provocato una ventina di feriti, tra cui 7 poliziotti. Tre gli arresti, secondo la stampa locale.
Fmi - Lagarde
Il Fondo Monetario Internazionale torna nel mirino dei riflettori, dopo la vicenda Strauss Kann. Avviata nei confronti della neo guida dell’organismo, Chirtine Lagarde, un’inchiesta giudiziaria per abuso di potere in Francia. L’Fmi conferma intanto la fiducia al neo direttore: il comitato esecutivo, si legge in una nota, aveva già discusso il caso prima della sua candidatura.
Italia, proteste braccianti nel Salento
Paghe da fame, vessazioni, caporalato, condizioni disumane di vita. Si scagliano contro lo sfruttamento i 350 braccianti africani che nel Salento, in Puglia, stanno incrociando le braccia da giorni, lasciando deserti i raccolti di pomodori nella zona di Nardò, nel leccese. Ma la rivolta salentina, concordata ad oltranza in un’assemblea nella Masseria di Boncuri, è la cassa di risonanza di una più generalizzata sofferenza che coinvolge decine di migliaia di migranti, si stima siano oltre 10 mila solo in Campania, che lavorano in una condizione di semi schiavitù, nelle diverse regioni del Sud. Ad Antonella Cazzato, segretario confederale della Cgil Lecce, che sta sostenendo la lotta in Puglia, Paola Simonetti ha chiesto di tracciare il quadro delle condizioni esistenziali e lavorative di questi immigrati:
R. - La qualità quotidiana di vita è veramente precaria. Consideri che i lavoratori di Nardò di Boncuri, che sono in sciopero da diversi giorni oramai, e che hanno dichiarato che continueranno lo sciopero fin tanto non dovessero cambiare le condizioni di lavoro, hanno come immediata ricaduta, quella di non avere denaro neanche per mangiare.
D. – Voi denunciate, in particolare, la mancanza di contratti e puntate il dito soprattutto contro il caporalato...
R. – La presenza dei caporali nasconde la tassa esattoriale. I lavoratori non conoscono chi sia il proprietario del campo, nel quale vanno a raccogliere le colture, vengono pagati a quantità di prodotto e non a ora di lavoro o comunque a giornata, come invece dovrebbe essere. I lavoratori di Boncuri, percepiscono, con riferimento alla cultura sulla quale adesso sono interessati, tre euro e mezzo per un’ora di lavoro.
D. – Quale, secondo lei, l’intervento urgente da attuare subito?
R. – La necessità è quella di superare la piaga del caporalato, che per altro crea anche una situazione di forte tensione sociale, perché i caporali vessano e minacciano e soggiogano le persone, non tutte in condizioni di resistere. La necessità di guadagnare qualche cosa è pressante.
D. – Potrebbe allargarsi una protesta del genere alle regioni anche vicine?
R. – Noi speriamo di sì. I lavoratori di Boncuri hanno deciso di rivendicare in prima persona i loro diritti e c’è veramente un’idea di sentirsi uguali e di pretendere uguali diritti.
D. – In che misura l’irregolarità rappresenta per un immigrato un punto di debolezza rispetto al fenomeno del lavoro nero?
R. – Nel caso della manodopera straniera abbiamo dinnanzi purtroppo una situazione particolarmente complessa, determinata anche dalla condizione di permanenza spesso non regolare delle persone che raggiungono il nostro territorio per lavorare. Ci sono delle persone irregolarmente residenti nel nostro territorio, che raggiungono le varie regioni d’Italia per lavorare, generalmente assorbiti da un mercato in nero, soprattutto in agricoltura. (ma)
Ucraina
La procura ucraina di Pechersk ha chiesto nuovamente l'arresto dell'ex premier Iulia Timoshenko durante l'udienza di oggi del processo a carico dell'attuale leader dell'opposizione. Lilia Frolova, procuratore della corte, che sta giudicando Timoshenko, ha chiesto l'arresto dell'ex primo ministro perchè, a suo avviso, le dichiarazioni e i comportamenti di Timoshenko “non danno possibilità di assicurare il rispetto delle norme processuali”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 217