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Sommario del 04/08/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Memoria di San Giovanni Maria Vianney. Il Papa: santo perché innamorato di Cristo
  • Il Papa nomina il nuovo vescovo di Spiš, in Slovacchia
  • Gmg. Il nunzio a Madrid: il Papa porterà un vento nuovo, occorre ridare speranza ai giovani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Morte bimbo Rom. Il cardinale Vallini: sconfitta per tutti, aumentare impegno e solidarietà
  • Guerra cibernetica: attacco telematico contro Onu, Stati Uniti e altri Paesi
  • Prosegue la marcia palestinese verso l'adesione alle Nazioni Unite
  • Taglio delle frequenze televisive: le Tv comunitarie italiane protestano
  • Conclusa ad Assisi la marcia francescana. Don Bonaiuto: ripartire dagli ultimi
  • Le Figlie della Madonna del Divino Amore festeggiano i 50 anni
  • Chiesa e Società

  • Somalia: carestia sempre più drammatica, civili in fuga da fame e guerra
  • Stati Uniti. La Chiesa contro la nuova legge anti-immigrazione in Alabama
  • Denuncia dell'arcidiocesi messicana di Jalapa: abusi e violenze contro chi emigra negli Usa
  • Rammarico della Chiesa maltese dopo la condanna di due sacerdoti per abusi su minori
  • Inghilterra: cresce la fiducia negli organismi creati dalla Chiesa per la tutela dei minori
  • Pakistan. Due anni fa gli attacchi di Gojra, il ricordo di Aiuto alla Chiesa che soffre
  • Aumentano nel mondo le esecuzioni capitali ma anche i Paesi abolizionisti
  • Giappone. Messaggio del presidente dei vescovi per l'anniversario di Hiroshima e Nagasaki
  • Gmg: la delegazione di Hong Kong in partenza per la Spagna
  • Gmg: numerosa la partecipazione del Movimento giovanile salesiano
  • Belgio. Giovani in ritiro presso la comunità cistercense di Orval
  • Congresso internazionale di Maria Ausiliatrice presso il Santuario di Częstochowa
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria: Assad vara il multipartitismo. Nuova strage ad Hama. Ban Ki-moon: "rivoltante"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Memoria di San Giovanni Maria Vianney. Il Papa: santo perché innamorato di Cristo

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria di San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci. Un luminoso esempio di sacerdote che Benedetto XVI ha richiamato più volte in discorsi e catechesi. A lui, il Papa ha dedicato l’Anno sacerdotale, in occasione del 150.mo della sua “nascita al cielo”, indicandolo come modello per tutti i sacerdoti del mondo. Nel servizio di Alessandro Gisotti, riascoltiamo alcune riflessioni del Pontefice sul Santo Curato d’Ars:

    A 17 anni era ancora analfabeta, quando morì il popolo di Dio lo chiamò subito Santo. Così, oltre un secolo e mezzo dopo il suo ritorno alla Casa del Padre, San Giovanni Maria Vianney è ancora un esempio da imitare per ogni sacerdote. Ma cosa ha reso così straordinaria l’esistenza di questo semplice parroco di campagna di un piccolo borgo del Sud della Francia? Benedetto XVI non ha dubbi: l’amicizia con il Signore.

    “Ciò che ha reso santo il Curato d’Ars è l’essere innamorato di Cristo. Il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto e che è diventato amore delle pecore di Cristo, delle persone che cercano Dio”. (Udienza generale, 5 agosto 2009)

    In un tempo segnato dal razionalismo, nel periodo difficile della Francia post-rivoluzionaria, rammenta il Pontefice, quest’umile prete conquistò migliaia di anime a Cristo. Ci riuscì, non per le sue qualità umane, ma grazie al suo conformarsi al Buon Pastore, fino a dare la vita per le sue pecore:

    “La sua esistenza fu una catechesi vivente, che acquistava un’efficacia particolarissima quando la gente lo vedeva celebrare la Messa, sostare in adorazione davanti al tabernacolo o trascorrere molte ore nel confessionale… riconosceva nella pratica del Sacramento della penitenza il logico e naturale compimento dell’apostolato sacerdotale”. (Udienza generale, 5 agosto 2009)

    “Non è il peccatore che ritorna a Dio per chiedergli perdono – amava dire il Curato d’Ars - è Dio che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui”. Annunciare con gioia la bellezza del Vangelo, rendere presente la Parola di Dio nel mondo: questo, ribadisce il Papa, è stata la missione portata avanti da San Giovanni Maria Vianney, pur tra mille difficoltà:

    “Egli era uomo di grande sapienza ed eroica forza nel resistere alle pressioni culturali e sociali del suo tempo per poter condurre le anime a Dio: semplicità, fedeltà ed immediatezza erano le caratteristiche essenziali della sua predicazione, trasparenza della sua fede, della sua santità. Il Popolo cristiano ne era edificato e, come accade per gli autentici maestri di ogni tempo, vi riconosceva la luce della Verità”. (Udienza generale, 14 aprile 2010)

    “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio – diceva San Giovanni Maria Vianney – è il più grande tesoro che il buon Dio possa concedere a una parrocchia, ed uno dei doni più preziosi della misericordia divina”. I sacerdoti, è allora l’esortazione che il Pontefice ripete durante l’Anno a loro dedicato, imitino il Curato d’Ars coltivando, giorno dopo giorno, “un’intima comunione personale con Cristo”. Solo così potranno toccare i cuori della gente ed “aprirli all’amore misericordioso del Signore”.

    “Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Cristo e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza di riconciliazione, di pace”. (Udienza generale, 31 marzo 2010)

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    Il Papa nomina il nuovo vescovo di Spiš, in Slovacchia

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Spiš (Slovacchia), presentata da mons. František Tondra, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Štefan Sečka, finora vescovo titolare di Sita e ausiliare di Spiš. Mons. Štefan Sečka è nato il 6 luglio 1953 a Špišský Štvrtok, nella diocesi di Spiš. Dopo gli studi nel Seminario maggiore di Bratislava, il 6 giugno 1976 è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Spiš. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha dovuto espletare, per due anni, il servizio militare. Dal 1978 al 1980 è stato vicario a Špišská Nová Ves e dal 1980 al 1984 a Dolný Kubín. Dal 1984 al 1990 è stato amministratore parrocchiale a Liptovské Revúce. Nel 1990 è stato nominato vice-rettore del Seminario maggiore di Spiš. Nel 1997 ha ottenuto la licenza in teologia presso l’Università Cattolica di Lublin (Polonia) e nell’anno 2000 il dottorato presso la Facoltà Teologica Comenius di Bratislava. Il 28 giugno 2002 è stato nominato vescovo titolare di Sita e ausiliare di Spiš. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 27 luglio dello stesso anno. Attualmente in diocesi è pro-presidente della Commissione Liturgica e membro della Commissione Catechistica. In seno alla Conferenza Episcopale Slovacca è responsabile della Caritas Nazionale e membro della Commissione Liturgica. Organizza i corsi di catechesi e si dedica alla pastorale dei Rom.

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    Gmg. Il nunzio a Madrid: il Papa porterà un vento nuovo, occorre ridare speranza ai giovani

    ◊   Mancano ormai 12 giorni all’inizio della Giornata mondiale della gioventù, il 16 agosto, a Madrid in Spagna. Il 18 arriverà il Papa. E’ grande l’attesa, tante le iniziative dei giovani che si preparano a partire. E le diocesi spagnole si stanno anche organizzando per i “giorni nelle diocesi” dall’11 al 15 agosto, durante i quali offriranno ospitalità ai ragazzi stranieri e ci saranno momenti di preghiera e condivisione. Ma la Spagna, segnata in questi giorni dalla crisi economica, come sta aspettando questo evento? Debora Donnini lo ha chiesto all’arcivescovo Renzo Fratini, nunzio apostolico a Madrid:

    R. – La Spagna sta aspettando il Santo Padre con grande desiderio e con la speranza che possa anche aiutare una ripresa a livello spirituale: si sta attraversando una crisi di valori e credo che il Papa porterà a questo Paese un vento nuovo. C’è attesa e tutta la città è in fermento. Vorrei, però, sottolineare l’importanza spirituale di questa giornata: non è tanto una manifestazione popolare, seppure interessante. La Chiesa insiste sull’aspetto spirituale.

    D. – Secondo lei, Madrid sarà il luogo da dove ripartirà l’evangelizzazione dell’Europa e proprio attraverso i giovani?

    R. – Sì. Il tema della nuova evangelizzazione sarà il tema del prossimo Sinodo e viene sentito molto. Io credo che sia un punto molto importante, quello della nuova evangelizzazione: si chiede nella Chiesa, oggi, di ripartire e dare nuova speranza. I giovani si sentono delusi e hanno bisogno di nuova speranza e quindi questa Giornata – credo – rappresenterà un nuovo inizio. Il Papa avrà anche il momento delle Confessioni e darà anche una testimonianza per indicare proprio che la vita cristiana parte da un rinnovamento interiore, dalla conversione: il ritorno a Dio.

    D. – Questo è un momento di crisi economica, caratterizzato dalla disoccupazione giovanile e proprio in questo momento giunge l’invito del Papa a fondare la propria stabilità in Cristo: il tema della Giornata è infatti “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”…

    R. – Io credo che sia una buona occasione per ritrovare le basi della nostra scelta fondamentale, della nostra vita cristiana: viverlo quotidianamente nei rapporti con gli altri e in una dimensione di solidarietà, di apertura a tutto il mondo. Alcuni hanno sottolineato questa coincidenza: la celebrazione nell’aeroporto “Cuatro Vientos”, visto come luogo di incontro, dove arriveranno le persone da tutte le parti del mondo e si ritroveranno con il Papa a celebrare l’Eucaristia. Il momento della celebrazione nell’aeroporto “Cuatro Vientos” rappresenterà anche un momento simbolico di tutta la Chiesa riunita intorno al Papa a celebrare Cristo, presente oggi nel Sacramento eucaristico. Tutto questo sarà certamente importante per la nostra vista cristiana, per la vita della Chiesa. Il mio augurio è che tutto si svolga bene. Abbiamo segni che ci sarà una grande partecipazione dei giovani volontari, che sono numerosi: si parla di 20 mila qui a Madrid, che da tutto il mondo partecipano con entusiasmo, con gioia. Questo ci fa sperare che ci saranno anche i frutti. Anche in passato, in altre Giornate, sono sorte vocazioni religiose, sacerdotali e alla vita contemplativa. Si spera che ci sarà anche questo rinnovamento della vita religiosa e quindi una nuova ondata di vocazioni. (mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell'informazione internazionale, un articolo di Luca M. Possati dal titolo "Chi è padrone del destino della Spagna": Madrid nel mirino della speculazione.

    Neve ad agosto per un trionfo romano: in cultura, Timothy Verdon sulla basilica di Santa Maria Maggiore dalla tradizione liberiana alla realizzazione di Sisto III nel segno del concilio di Efeso.

    Musica al servizio della liturgia: Roberto Cutaia intervista il maestro Riccardo Zoja, direttore del coro polifonico San Vittore di Verbania, a proposito delle raffinate composizioni ottocentesche di Bartolomeo Franzosini.

    Quanto straordinario nell'ordinario: Gaetano Vallini sulle fotografie di Elliot Erwitt in mostra a New York e a Merano.

    Supera la distanza: Giulia Galeotti recensisce "La vita è una prova d'orchestra" di Elena Loewenthal.

    Arrigo Minerbi tra D'Annunzio e don Orione: Arturo Colombo su un artista ingiustamente dimenticato.

    Nell'informazione religiosa, Salvatore M. Perrella sull'insegnamento della mariologia nell'esortazione apostolica postsinodale "Verbum Domini".

    Nell'informazione vaticana, sulla drammatica situazione nel Corno d'Africa, intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

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    Oggi in Primo Piano



    Morte bimbo Rom. Il cardinale Vallini: sconfitta per tutti, aumentare impegno e solidarietà

    ◊   La Chiesa di Roma si stringe intorno alla famiglia del bimbo Rom di 11 mesi morto folgorato ieri nel container della nonna a causa di una dispersione di corrente. Il tragico incidente, avvenuto nel campo nomadi autorizzato di Tor de' Cenci, ha riaperto il dibattito sulle condizioni dei migranti stanziali. Per il cardinale vicario Agostino Vallini è "una tragedia frutto di degrado ed emarginazione", una "sconfitta per tutti" che ci ricorda di aumentare impegno e solidarietà per superare "così gravi emergenze". Il sindaco di Roma Alemanno ha assicurato completo sostegno alla famiglia e l’impegno affinché il Piano Nomadi sia portato a termine al più presto. Al microfono di Massimiliano Menichetti, il direttore della Caritas romana mons. Enrico Feroci.

    R – Questa morte ci colpisce per due motivi, perché è un bambino e poi perché i nostri operatori conoscevano la famiglia, avendo accompagnato, portato il bambino dalla nonna materna a Tor de’ Cenci, perché dovevano fare dei lavori di risistemazione nel loro container. Vorremmo esprimere non solamente la nostra solidarietà, ma anche la nostra preghiera e assicurare che saremo loro vicini anche successivamente.

    D. – E’ una tragedia che si poteva evitare?

    R. – E’ difficile rispondere: un bambino di 11 mesi che sembra abbia messo la mano sotto al frigo per cercare una pallina. Anche quando un nostro bambino cade da un balcone, quando si mettono le mani, le dita nella presa... Credo che bisognerebbe fare una cultura di prevenzione per gli incidenti, aiutare a capire. Vorremmo che questi episodi non ci fossero più. Cercheremo di essere vicini alle autorità pubbliche perché prendano in considerazione in maniera seria la problematica dei nostri fratelli Rom.

    D. – Secondo lei, per evitare tragedie come queste è necessario che i Rom si trasferiscano in strutture diverse e abbandonino, quindi lascino, la sistemazione nei campi?

    R. - Ci sono dei gradini da fare. Vivere in mezzo alle canne o ai canneti, sul bordo del fiume, in baracche, in un degrado di quel tipo, non deve esistere assolutamente. Non possiamo nemmeno ghettizzarli, metterli in ambienti come riserve, dove debbono stare perché loro sono lì. Se noi rispettiamo la loro cultura dobbiamo per forza fare un passo successivo: non è detto che debbano per forza vivere dentro roulotte o dentro container, perché non è questa la loro cultura. Quindi, io credo che il punto finale dovrebbe essere una casa accogliente dove le famiglie con bambini possano avere una loro cultura e possano avere anche un loro domani.

    D. – Quindi, di fatto, sta anche dicendo che non basta dire “questo campo è autorizzato” bisogna far sì che si favoriscono dei percorsi virtuosi dal punto di vista della legalità e dell’integrazione...

    R. – Certo! Per forza! Questo è doveroso, perché non possiamo metterli dentro ad un campo, dicendo “adesso arrangiatevi e fate quello che volete”. E’ un dovere anche civile. Bisogna assolutamente togliere i pregiudizi nei confronti della popolazione Rom, bisogna saper entrare dentro il loro mondo e conoscere le persone. Non possiamo vivere nel 2011 in una situazione in cui alcune persone vengono discriminate, tenute al margine e ai bordi della società. (ap)

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    Guerra cibernetica: attacco telematico contro Onu, Stati Uniti e altri Paesi

    ◊   72 soggetti, pubblici e privati, di 14 Paesi nel mondo sono finiti nella rete di spionaggio informatico scoperta dalla società americana McAfee per la cyber-sicurezza. In un dossier reso pubblico si è scoperto che le incursioni telematiche andavano avanti da 5 anni: nel mirino anche i governi di Stati Uniti, Canada, Vietnam, Taiwan e la stessa Onu, l’agenzia internazionale Anti-doping e il Comitato Olimpico Internazionale. Roberta Gisotti ha intervistato il colonnello Umberto Rapetto, comandante del Gat-Nucleo speciale frodi telematiche:

    D. – Comandante Rapetto, di fronte a quest’ultimo dossier sul 'cyber-spionaggio', quali valutazioni si possono fare?
    R. – La guerra cibernetica ormai è scoppiata e tutte le attività di spionaggio e di intelligence attraverso la rete cominciano a dare delle manifestazioni palesi. Da molti anni, numerose potenze economiche, militari e politiche hanno pensato di investire in tecnologie e soprattutto hanno cercato di sfruttare la vulnerabilità di quelle nazioni e di quelle organizzazioni che non hanno preso sul serio la minaccia di carattere informatico. Attraverso i sistemi informatici vengono veicolate informazioni e vengono conservati documenti preziosi e chi è capace di superare determinate protezioni ha un vantaggio incommensurabile in qualunque sfida di carattere economico, militare oppure politica.

    D. – Ma il rapporto coinvolge Paesi come gli stessi Stati Uniti, il Canada, le Organizzazioni delle Nazioni Unite, che senz’altro avranno dei sistemi di difesa…

    R. – Sono tutti convinti di essere abbastanza protetti; sono convinti di aver adottato misure che possano dare garanzia di serenità e non si tiene conto che l’investimento sul fronte avverso è sicuramente di carattere esponenziale rispetto alle precauzioni che vengono normalmente adottate. Questo comporta una fragilità delle misure di difesa che vengono rapidamente superate da chi ha attenzione e tiene conto dell’evoluzione tecnologica che, naturalmente, è incessante.

    D. – Quindi si tratta di una corsa tra contendenti, nell’attacco e nella difesa?

    R. – E’ una continua sfida dove chi attacca ha sempre il vantaggio di chi, giocando a scacchi, muove con i pezzi bianchi e quindi muove per primo, ma soprattutto gioca un ruolo la noia di rimanere in attesa di qualcuno che arrivi all’arrembaggio, mentre invece dall’altra parte c’è la molla di riuscire a vincere e sconfiggere e – se vogliamo – ad avere addirittura una rivincita. I Paesi che attaccano non necessariamente sono quelli più evoluti tecnologicamente, perché gli strumenti sono alla portata di tutti e chiunque è in condizione di sfidare anche realtà che hanno una dimensione titanica. Ormai la asimmetria del conflitto è arrivata a mettere di fronte ad una connettività anche il singolo che, armato di strumenti tecnologici, è in grado di sfidare anche l’impossibile.

    D. – Comandante, il Rapporto non fa nomi sul soggetto imputato ma si fa capire che potrebbe essere la Cina. Secondo lei, la società McAfee ha certezza su chi possa essere il soggetto protagonista?

    R. – Andando a leggere quelle che sono i diari di bordo dei sistemi informatici che sono stati presi di mira, quelli che vengono chiamati in gergo 'log', si riesce a capire la provenienza di chi ti sta attaccando. Conseguentemente sotto il profilo geografico, almeno l’ultima tappa toccata da chi sta sferrando la propria aggressione, consente di avere un riferimento sul mappamondo. Noi sappiamo che la Cina è un Paese che per anni ha investito, anche sotto il profilo militare: esistono reggimenti, divisioni, corpi di armata di hacker, di pirati informatici e ciascuno di questi reparti è in grado di fornire un contributo significativo e di aggredire specifici obiettivi.

    D. – E’ materia, il cyber-spionaggio, per gli addetti ai lavori o è argomento che deve interessare e scuotere anche l’opinione pubblica?

    R. – Dovremmo essere tutti più attenti e tener conto che esiste una nuova forma di minaccia e che l’utilizzo, sempre più pervasivo, di strumenti tecnologici per le comunicazioni o per il trattamento dei dati – pensiamo ai normali computer oppure ai telefoni cellulari, specie quelli di ultima generazione e dobbiamo tenere conto che nel loro interno c’è una sorta di 'tallone di Achille' - mostra un'evidente vulnerabilità che espone chiunque ad un rischio - dal singolo individuo alla piccola organizzazione privata, all’ente pubblico e addirittura ai sistemi-Paese – di finire nel mirino di qualche malintenzionato.

    D. – Quindi al momento non ci sono certezze di difesa?

    R. – Pensare di essere protetti è il primo errore che si va a commettere. Noi abbiamo avuto in Italia lo sgradevole episodio di documenti che sono stati rubati addirittura al Centro nazionale che è dedicato alla salvaguardia delle infrastrutture critiche nazionali (Cnaipic). Questa è stata una delle pagine più amare e che dimostra come la cultura di questo tipo di minaccia è veramente infinitesimale rispetto invece alla dimensione di un fenomeno che continua a crescere, approfittando proprio di quella che è un’ignoranza del futuro e di quello che sta accadendo. (mg)

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    Prosegue la marcia palestinese verso l'adesione alle Nazioni Unite

    ◊   I palestinesi sono determinati a proseguire lungo la strada che a settembre li porterà a chiedere all’Assemblea generale dell’Onu l’adesione dello Stato Palestinese all’organizzazione internazionale. La dichiarazione del negoziatore palestinese Saeb Erekat arriva in risposta all’apertura del governo israeliano a riprendere i negoziati di pace sulla base del piano proposto dall’amministrazione Obama, e cioè il riconoscimento delle linee di armistizio del 1967 come confini tra i due Stati. Sul significato della richiesta palestinese di adesione all’Onu sentiamo Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. - Il problema vero di questa mossa è cosa succederà dopo. Ormai, a questo punto, è abbastanza scontato: è molto probabile che se questa votazione arriverà in aula alle Nazioni Unite una larga maggioranza dei Paesi che aderiscono all’Onu riconoscerà lo Stato palestinese; d’altra parte, però, un voto all’Assemblea delle Nazioni Unite non risolve certo le contraddizioni che da mesi tengono fermo il negoziato.

    D. - Quindi le aperture fatte da Netanyahu nei giorni scorsi tornando a parlare della mediazione proposta da Obama sembrano un po’ lasciare il tempo che trovano?

    R. - E’ assolutamente una mossa che non ha alcuna possibilità di successo. Ormai non si vede perché l’Autorità nazionale palestinese che ha puntato tutto su questo voto dovrebbe fare retromarcia su un processo di pace che partirebbe ad un mese da questo appuntamento e senza alcuna chiarezza su quelli che sono gli obiettivi.

    D. - Gli Stati Uniti, con l’amministrazione Obama, si sono espressi in favore della nascita in futuro di uno Stato palestinese e anche della necessità che questo avvenga. Allo stesso tempo si è avuto un po’ un raffreddamento delle relazioni con Israele. La domanda di adesione all’Onu come verrebbe accolta?

    R. - Obama ha sempre cercato, in ogni modo, di scoraggiare questo passo da parte dell’Autorità nazionale palestinese perché ovviamente mette Washington in una posizione molto delicata: per la diplomazia di Washington votare all’Onu a favore dello Stato palestinese è impensabile e vorrebbe dire sostanzialmente scaricare Israele. Nello stesso tempo, anche di fronte a questa situazione, Washington avrebbe bisogno di un’alternativa che oggi sul terreno non c’è. Di qui, anche i tentativi che sono stati fatti di riavviare il negoziato. Il problema è che Obama si è scontrato con un muro, ha provato ad imporre la sua visione, provando a mettere al centro la questione degli insediamenti, provando a far ripartire il processo di pace attraverso uno schema diverso rispetto a quello che aveva previsto George Bush: è andato incontro ad una sconfitta, una sconfitta abbastanza evidente. La dimostrazione più chiara sono state le dimissioni qualche mese fa del suo inviato per il Medio Oriente, George Mitchell. (bf)

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    Taglio delle frequenze televisive: le Tv comunitarie italiane protestano

    ◊   Con la legge di Stabilità 2011, il Parlamento italiano ha deciso di tagliare frequenze televisive da anni in uso alle Tv comunitarie locali, cattoliche e non, per destinarle allo sviluppo della telefonia mobile. Forti le proteste delle piccole emittenti. Ce ne spiega i motivi Luigi Bardelli, presidente del Corallo, il Consorzio delle Radio e Tv Libere Locali. L’intervista è di Luca Collodi:

    R. - Il problema è che viene calcolato che in Italia 200-250 emittenti potrebbero smettere di avere i loro canali, quindi potrebbero smettere di funzionare.

    D. - La legge finanziaria appena varata dal Parlamento rischia di togliere alcune frequenze in alcune regioni ad emittenti locali per darle a società telefoniche…

    R. – Non rischia, le toglie!

    D. - Questo potrebbe comportare lo spegnimento di queste televisioni locali che sono da sempre, cattoliche e non, al servizio del territorio…

    R. - E’ esattamente così. Tremonti ha ritenuto di dover fare cassa vendendo, guarda caso, agli operatori telefonici queste nove frequenze da sempre utilizzate dalle emittenti locali.

    D. – Le compagnie telefoniche devono certamente crescere – voi dite - ma non a danno dell’emittenza locale...

    R. - E’ naturale, perché nel momento in cui si tolgono frequenze alle emittenti locali se ne regalano un bel numero, gratuitamente, ancora ai grandi network nazionali. Di qui nasce l’ingiustizia, l’irritazione e la grande protesta di tutto il mondo dell’emittenza delle tivù locali.

    D. - Come Corallo che cosa state facendo?

    R. – Insieme a tutte le associazioni di categoria ci stiamo mobilitando per misurare la sensibilità dei parlamentari. C’è da dire che per noi, soprattutto per noi cattolici, c’è una verità: se invece della strada che ha preso il sistema televisivo italiano, ci fosse stata davvero la costituzione del terzo polo, inteso come il mondo delle emittenti locali valorizzate, l’incidenza sul costume italiano sarebbe stata diversa da quella che ci hanno fatto vedere i pomeriggi di Mediaset e purtroppo anche di Rai. In provincia c’è la vita vera: gente che soffre, che lavora, che gioisce, che patisce per i propri figli, per i propri disabili … c’è un’altra vita! La nostra vita quotidiana è questo mondo e, se questo mondo fosse venuto alla ribalta, l’Italia sarebbe più vera di quella fiction nella quale si sta trasformando oggi. (ma)


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    Conclusa ad Assisi la marcia francescana. Don Bonaiuto: ripartire dagli ultimi

    ◊   Si è conclusa questa mattina la XXXI edizione della Marcia francescana sul tema “Le vie del cuore”, organizzata dai Frati Minori d’Italia. Una Marcia che ha visto anche la partecipazione di molti giovani in partenza per la Gmg di Madrid. Ieri sera, una folla di giovani marciatori si sono ritrovati, nella piazza antistante la Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli, in una veglia di preghiera dal titolo “Nel cuore di Dio, per essere saldi nella fede”. Ad Assisi c’era per noi, Alessandra De Gaetano:

    Una serata di ascolto e di invocazione, di canto e di silenzio, per continuare a festeggiare la gioia del perdono ricevuto, sotto lo sguardo benevolo della Madonna degli Angeli. Il protagonista è stato Gesù, il vero Amico con cui condividere il cammino della vita. A fare da cornice sono state le parole di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II, lette durante la veglia come segno di comunione con il Successore di Pietro, aderendo anche al messaggio di San Francesco. E in attesa della 26.ma Giornata mondiale della gioventù 2011, che si terrà a Madrid e che vedrà la partecipazione anche dei giovani marciatori francescani, è stata ricordata l’esortazione del Papa a costruire la propria casa sulla roccia e a diventare adulti nella fede, ispirandosi alle vite dei santi e dei martiri. E rappresentando idealmente l’impegno assunto, alcuni marciatori hanno posto un mattone sulla Parola di Dio. Ma il momento culminante della veglia è stato la testimonianza di don Aldo Buonaiuto, responsabile del servizio anti-sette della comunità Papa Giovanni XXIII, che ha anche ricordato la figura del fondatore don Oreste Benzi. Benedetto XVI lo definì “il grande infaticabile apostolo della carità”.

    A don Aldo Bonaiuto, Alessandra De Gaetano ha chiesto come oggi i giovani possano davvero incontrare il prossimo e dare un senso forte alla propria vita:

    R. – Partendo dagli ultimi, dalle persone più disperate e oppresse, dai poveri e da coloro che quasi chiedono scusa di esistere. Non pensiamo soltanto alle povertà materiali, perché oggi quest’umanità è ferita profondamente da una solitudine: il cuore è profondamente solo e isolato. I nostri giovani non hanno la capacità di relazionarsi: sembra che venga data loro ogni cosa, mentre invece gli viene tolto tutto. Paradossalmente questa grande emancipazione della comunicazione provoca omissione, silenzio, incapacità di dialogo e quindi poi anche incapacità di conoscersi e di armarsi. Il cuore dell’uomo oggi – possiamo dire - è veramente immerso, molto spesso, nelle tenebre di un mondo senza Dio.

    D. – Come interviene la Chiesa in queste realtà, per condurre questi giovani al cuore secondo Dio e quindi libero e illuminato?

    R. – La Chiesa è un faro importante per questo mondo. La Chiesa è una barca sicura, dove l’uomo che ha la fortuna, ha il dono, ha la vocazione di farne parte e di sentire che Gesù è il Figlio di Dio, è il Salvatore del mondo, può trovare in questa Chiesa - fatta di uomini peccatori, ma anche di santi e di persone che mettono la loro vita al servizio del Vangelo per seguire Gesù fino in fondo - può trovare la vera gioia. E questo la Chiesa annuncia: la vera gioia e quindi dare alle nuove generazioni il senso e il gusto della vita, donando la vera libertà, che è la libertà di amare gratuitamente, non per un profitto, ma soltanto per la gioia e la bellezza di amare.

    D. – Un messaggio, un auspicio per questi giovani marciatori che parteciperanno – alcuni di loro – alla Giornata mondiale della Gioventù...

    R. – Questi giovani sono veramente la speranza per tanti altri giovani qualora non si fermeranno all’esperienza in sé, ma porteranno questa esperienza dando frutto e cercando poi di comunicare questo dono della fede ai propri coetanei. Noi camminiamo proprio così, per trapianto vitale: mettere la vita con la vita degli altri, questa vita sana che per noi è in Cristo, la più bella, che può essere trasmessa e quando viene trasmessa la vita in Cristo tutto si trasforma e possiamo fare nuove tutte le cose. Così il Papa che ci aspetta tutti a Madrid non è il Papa come istituzione, ma è quel padre, apostolo e Vicario di Cristo, che vuole insegnarci e segnalarci la vera via che dà questa vita. (mg)

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    Le Figlie della Madonna del Divino Amore festeggiano i 50 anni

    ◊   Festeggiano 50 anni, domani 5 agosto, le Figlie della Madonna del Divino Amore, volute da don Umberto Terenzi - rettore e parroco dal 1931 al 1974 del Santuario del Divino Amore - per rendere onore alla Madre di Dio attraverso opere pastorali e sociali. Nell’antico Santuario del Divino Amore presiede - alle 11,00 - una Messa solenne l'arcivescovo Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia. Al microfono di Tiziana Campisi, madre Lucia Bonaiti, superiora generale delle Figlie della Madonna del Divino Amore, racconta la storia della Congregazione e l’attuale missione in America Latina e in Asia:

    R. – Don Umberto Terenzi è stato nominato come rettore il 3 gennaio del 1931 per risollevare lo stato di abbandono e degrado materiale e spirituale del luogo sacro. Inizierà a chiedere aiuto agli istituti di suore allora esistenti nella diocesi di Roma, ma nessuno accoglierà le sue richieste fino a quanto il suo padre spirituale, San Luigi Orione, non gli indicherà la strada da intraprendere dicendogli: “Sei tu che devi creare una nuova Congregazione religiosa: le chiamerai Figlie della Madonna del Divino Amore”. E questo era nel 1932 e precisamente il 5 agosto. Don Umberto, forte di questa profezia, chiamò al santuario un piccolo gruppo di giovani provenienti dall’Azione Cattolica della parrocchia di Sant’Eusebio di Roma, dove lui era vice parroco.

    D. – Da allora come siete cresciute?

    R. – Queste prime cinque giovani accolgono con la loro premurosa assistenza i pellegrini che arrivano al Santuario e poi seguono anche la popolazione sparsa nell’Agro Romano, dove si comincerà a godere un po’ dei servizi sociali, come ad esempio il primo asilo infantile, la scuola elementare, l’orfanotrofio, le Poste, il catechismo, l’animazione della Liturgia, la visita alle famiglie per la zona dell’Agro Romano…

    D. – Oggi la vostra Congregazione in che cosa è impegnata?

    R. – Soprattutto nel servizio alla parrocchia e quindi al Santuario, con tutte le attività parrocchiali: pastorale, catechesi, animazione liturgica.

    D. – Da Roma a tanti altri Paesi…

    R. – Sì, siamo presenti dal ’71 in Colombia con – oggi – cinque comunità. Dalla Colombia siamo passate al Brasile nel ’91 e qui siamo presenti con tre comunità; dal ’93, poi, siamo in Perù con una comunità; nel ’98 nelle Filippine e in India nel ’99. e questo per rispondere all’anelito del nostro fondatore che diceva: “Voi dovete portare il Divino Amore fino alle estremità della terra”. Recentemente qui alla nostra casa madre, c’è stato un ulteriore sviluppo delle opere sociali con l’erezione del “Centro della gioia”, che è un centro nuovo, all’avanguardia e che comprende una scuola dell’infanzia, due case-famiglia per bambini con problemi e con disagio familiare e un polo sanitario. Questo era anche il sogno del nostro fondatore: dare una struttura – che sarebbe il nuovo Santuario – all’avanguardia, ma anche che intorno a questo Santuario potessero continuare ad essere presenti opere caritative, opere che richiamano sempre l’amore di Dio. (mg)

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    Chiesa e Società



    Somalia: carestia sempre più drammatica, civili in fuga da fame e guerra

    ◊   Sempre più grave la situazione in Somalia, dove lo stato di carestia è stato esteso ad altre zone del Paese e dove si teme presto coinvolga l’intero territorio nazionale. Drammatico il livello di malnutrizione della popolazione che continua a migrare verso la capitale Mogadiscio e a premere al confine meridionale con il Kenya in cerca di cibo. Sono quasi 13 milioni le persone colpite dalla crisi alimentare, la peggiore in 60 anni: questi i numeri paurosi della siccità che sta colpendo il Corno d’Africa e che ha raggiunto il picco nel Paese, dove si calcola che 3 milioni e 700mila persone abbiano un immediato bisogno di aiuto. In Somalia l’Unità per la sicurezza alimentare e l’analisi della nutrizione della Fao ha esteso lo stato di carestia alle aree centro-meridionali di Balad e Adale, alla Middle Shabelle, all’insediamento degli sfollati del corridoio di Afgoye e a diverse zone di Mogadiscio, dove in pochi giorni sono arrivati oltre 100mila sfollati dalle campagne e dove dal weekend imperversano piogge torrenziali. Si stima che il 5% della popolazione totale sia ormai accampato qui, nei circa 10 insediamenti conosciuti e ora off limits: ad aggravare la situazione, infatti, è il conflitto in corso tra le milizie islamiche di Shabaab, che controllano il 20% della città e impediscono agli aiuti umanitari di entrare, e le forze governative. I miliziani legati ad al Qaeda negano l’esistenza della carestia e cercano di ostacolare l’esodo dalle zone rurali che sottrae loro uomini da arruolare con la forza o con assurde promesse di ricchezza, per ripiegare così sui giovani di età compresa tra i 12 e i 18 anni. Il timore è che l’emergenza, anche a causa della difficoltà dell’accesso degli aiuti internazionali che finora hanno raggiunto solo il 20% della popolazione, divenga generale in tutto il territorio nazionale: secondo l’Onu i prossimi raccolti saranno molto scarsi e la siccità si prevede duri almeno fino a dicembre. (A cura di Roberta Barbi)

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    Stati Uniti. La Chiesa contro la nuova legge anti-immigrazione in Alabama

    ◊   Dopo l’Arizona, la Georgia, lo Utah e l’Indiana, anche l’Alabama ha adottato una nuova legge che introduce un giro di vite contro l’immigrazione clandestina. La Hb56 - questo il nome del provvedimento che entrerà in vigore il primo settembre - è ad oggi una delle leggi anti-immigrazione più severe degli Stati Uniti. Come l’analoga legge varata in Arizona l’anno scorso, autorizza la polizia a fermare immigrati sospetti e ad arrestarli se non riescono a dimostrare la regolarità della loro posizione. Ma l’Alabama è andata oltre: con la Hb56, infatti, gli istituti scolastici dovranno verificare lo status dei propri alunni prima di iniziare l’anno e le imprese potranno assumere un immigrato solo dopo averne verificato la regolarità. L’imprenditore che non ottemperi a questo obbligo sarà perseguibile penalmente. Contro la legge – riferisce l’agenzia Cns - si stanno mobilitando le Chiese cristiane dello Stato che insieme all’Amministrazione Obama e a diverse organizzazioni per i diritti umani hanno fatto ricorso per bloccare la sua applicazione. In una lettera ai fedeli l’arcivescovo di Mobile, Thomas J. Rodi, ammonisce che il provvedimento “renderà illegale anche la pratica della nostra fede cristiana”. Un sacerdote cattolico non potrà infatti “battezzare, confessare, amministrare l’estrema unzione e predicare a immigrati o incoraggiarli a partecipare alle Messe”. Secondo il presule si tratta quindi di un attacco contro l’essenza stessa dell’essere cristiani. “Non spetta alla Chiesa – scrive - stabilire chi può entrare nel Paese, ma una volta che gli immigrati sono tra di noi essa ha l’obbligo morale, intrinseco nella pratica della sua fede, di comportarsi come Cristo ha fatto con tutti”. Secondo le stime del Pew Hipanic Center sarebbero circa 120mila gli immigrati irregolari in Alabama. Molti si stanno preparando ad uscire dallo Stato prima dell’entrata in vigore del provvedimento. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Denuncia dell'arcidiocesi messicana di Jalapa: abusi e violenze contro chi emigra negli Usa

    ◊   L’arcidiocesi di Jalapa, nello Stato messicano di Veracruz, si fa interprete delle sofferenze e delle necessità dei migranti che attraversano il territorio per raggiungere gli Stati Uniti. In un comunicato scritto dal responsabile della pastorale per la comunicazione sociale, padre José Juan Sánchez Jácome, viene manifestata «tristezza e indignazione» per la serie di abusi, prepotenze e perfino omicidi commessi negli ultimi tempi ai danni di persone colpevoli solo di lasciare i loro Paesi, del Centro e Sud America, per cercare un futuro migliore. «La voce della società si è fatta subito sentire per esigere dalle autorità — si legge nella nota ripresa dall’Osservatore Romano — un intervento più deciso per frenare queste vessazioni e questi crimini compiuti contro la gente più bisognosa e indifesa». In particolare rappresentanti della società civile pretendono un’inchiesta approfondita per punire quei funzionari pubblici che avrebbero facilitato il modus operandi delle organizzazioni che lucrano sfruttando la situazione di disagio patita da molti migranti. Padre Sánchez Jácome, oltre alla fine dei soprusi, chiede migliori condizioni di transito per i migranti e l’intervento delle autorità messicane al fine di agevolare loro il cammino. Il responsabile dell’arcidiocesi di Jalapa non manca di sottolineare lo spirito di ospitalità e generosità che caratterizza i messicani, specialmente i cittadini dello Stato di Veracruz («popolo di buoni samaritani»), che da molto tempo si sono organizzati per accogliere i migranti dal Centro e Sud America. Padre Sánchez Jácome ricorda che la Chiesa cattolica ha istituito anni fa una rete ospedaliera e di assistenza sociale attraverso le «Casas del migrante», soprattutto nelle diocesi che sono rotta naturale della ferrovia che corre a nord del Messico. Contemporaneamente, nell’ambito dei piani pastorali delle diocesi, ha preso corpo la pastorale della mobilità umana (o pastorale del migrante) per venire incontro alle necessità più immediate delle persone che bussano alle porte delle parrocchie, anche grazie ai fedeli, resi coscienti e partecipi della spiritualità del buon samaritano. «È stata veramente impressionante — osserva il sacerdote — la risposta della nostra gente e il modo come ha appoggiato questi progetti». Si tratta del riconoscimento della generosità di un popolo che, attraverso la Chiesa e le associazioni civili, si è organizzato per rendere meno pesante la «croce» portata da questi individui, un «calvario» aggravato dalla tristezza di aver lasciato le proprie famiglie e dall’incertezza del domani, in termini «di sicurezza, di possibilità reale di giungere a destinazione e di trovare un lavoro che consenta loro di realizzare il sogno e di offrire migliori condizioni di vita ai propri familiari». Sánchez Jácome ricorda infine padre Alejandro Solalinde Guerra, direttore dell’«Albergue Hermanos en el Camino», e altri leader sociali per la loro vita dedicata alla cura e alla protezione dei migranti; un impegno che ha portato molti mezzi di comunicazione a occuparsi sempre più spesso della questione. Recentemente il Governo dello stato di Veracruz ha mostrato un’apertura davanti alle denunce di padre Solalinde Guerra, considerata «importante» dall’arcidiocesi di Jalapa. Quest’ultima ha sottolineato più volte la necessità di difendere l’opera del sacerdote, la sua «completa dedizione a una causa che per noi rappresenta un segno dei tempi perché si tratta di stare con chi meno ha, dalla parte dei migranti, dei più poveri, della loro assoluta libertà di cercare una vita migliore».

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    Rammarico della Chiesa maltese dopo la condanna di due sacerdoti per abusi su minori

    ◊   "La Chiesa maltese esprime il suo profondo rammarico per il fatto che minori che erano stati affidati alla sua cura abbiano subito abusi e chiede perdono per questo". È quanto si legge in una nota diffusa ieri dalla Curia maltese dopo la condanna di due sacerdoti accusati di abusi. Padre Charles Pulis e padre Godwin Scerri, ambedue della Società Missionaria di San Paolo, sono stati condannati martedì scorso da un tribunale della Valletta, rispettivamente a sei e cinque anni di reclusione per abusi commessi poco più di vent’anni fa su almeno 11 minori in un orfanotrofio cattolico maltese. Un terzo imputato, padre Joe Bonett, è morto lo scorso gennaio. I due condannati hanno annunciato che ricorreranno in appello. Nel comunicato, la Chiesa maltese chiede scusa anche per la lunga durata del processo, (che ha impiegato otto anni per arrivare a sentenza) e rivolge un appello a tutte le persone a conoscenza di casi di abuso a denunciarli subito. Essa annuncia inoltre che a breve l’arcivescovo della Valletta, Paul Cremona, incontrerà nuovamente le vittime. Intanto, la Società Missionaria di San Paolo ha reso noto, sempre ieri, che due settimane fa il Papa ha emesso un decreto che ordina la ''dispensa'' immediata di padre Pulis dagli uffici sacerdotali. Il breve comunicato precisa altresì che sin da quando sono emerse le accuse nei suoi confronti, nel 2003, “è stato escluso dall'esercizio del ministero presbiterale a titolo cautelare”. Sulla vicenda - lo ricordiamo - si erano riaccesi un anno fa i riflettori della stampa internazionale in occasione della visita di Benedetto XVI nell’isola durante la quale aveva incontrato otto vittime. In quell'incontro il Papa aveva espresso vergogna e dolore per quanto accaduto, assicurando che la Chiesa sta facendo e continuerà a fare tutto ciò che è in suo potere per investigare sulle accuse e assicurare alla giustizia i responsabili degli abusi e per migliorare le misure volte a proteggere i giovani in futuro. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Inghilterra: cresce la fiducia negli organismi creati dalla Chiesa per la tutela dei minori

    ◊   Cresce la fiducia negli organismi creati dalla Chiesa in Inghilterra e Galles per prevenire e perseguire eventuali episodi di abusi sessuali commessi dal clero. Il numero delle persone che hanno presentato denunce è infatti più che duplicato, come ha annunciato la baronessa Patricia Scotland, presidente della National Catholic Safeguarding Commission (Ncsc), l'organizzazione istituita appunto dalla Conferenza episcopale della Chiesa d'Inghilterra e del Galles, nella recente conferenza stampa per la presentazione del Rapporto annuale 2010-2011. Nel corso della presentazione del documento - riferisce L'Osservatore Romano - la baronessa ha sottolineato che le denunce presentate dai fedeli nel 2010 sono ottantatré. L'anno precedente erano state quaranta. Secondo la responsabile del Ncsc, per i membri della commissione l'aumento è derivato dall'aperto e sincero approccio al problema che Benedetto XVI ha mostrato quando, nel corso della sua visita apostolica nel Regno Unito, ha incontrato in diverse occasioni alcune delle vittime degli abusi. Per la baronessa Scotland "il nostro Papa Benedetto ha avuto l'opportunità di ascoltare e di aprire un dialogo. Questo atteggiamento è particolarmente piaciuto ai nostri fedeli che lo hanno recepito in modo palpabile e genuino". Sempre in riferimento alla recente visita apostolica di Benedetto XVI, la presidente dell'Ncsc ha affermato che il Papa ha mostrato una grande autorevolezza e un forte sentimento di umanità nella cura pastorale dei fedeli. Molti di loro hanno colto questa sensibilità e ora ritengono che la Chiesa è pronta a dare ogni supporto necessario per affrontare con maggiore serenità il tema degli abusi. "Questo rinnovato sentimento di fiducia - ha sottolineato la baronessa - è particolarmente necessario all'attività dell'Ncsc che lavora per dare alle vittime degli abusi un contesto di sicurezza necessario per farli uscire dal loro senso d'isolamento". Illustrando i risultati del rapporto, la direttrice dell'organizzazione ha affermato che "si sono registrati molti sviluppi positivi nell'ambito della sicurezza per la missione evangelizzatrice della Chiesa d'Inghilterra e del Galles". "Tuttavia - ha aggiunto - siamo tutti consapevoli che non dobbiamo cedere all'autocompiacimento perché ancora molto lavoro resta da fare". Durante l'anno passato, la Commissione ha lavorato su tre priorità strategiche: sviluppare una comunicazione più appropriata verso le vittime; controllare le procedure di maggiore sicurezza per mezzo di un sistema di rilevamento nazionale; organizzare la Conferenza sulla sicurezza che si è tenuta a Roma lo scorso giugno con la partecipazione dei cattolici di area anglofona. Nella riunione avvenuta nei giorni scorsi la presidente dell'Ncsc ha affermato che gli attuali sistemi di selezione e di sicurezza ora in uso nei seminari sono decisamente migliori rispetto a quelli del passato. La baronessa Scotland ha sottolineato che secondo i risultati del rapporto "più dell'83 per cento dei casi di abuso sono stati registrati nel periodo antecedente agli anni Settanta". Nella relazione presentata dalla responsabile della Commissione si afferma che c'è ancora un forte bisogno di rendere maggiormente consapevoli i membri della Chiesa su come affrontare e considerare i casi di abuso nel più vasto ambito sociale. Riferendosi all'incontro di Roma dello scorso giugno, la baronessa Scotland ha sottolineato che "molti vescovi sono rimasti profondamente colpiti quando sono state illustrate le cifre degli abusi nell'ambito sociale che includevano anche quelle dei casi di violenza domestica". Sulla violenza che avviene nell'ambiente della casa, nel rapporto si afferma che "essa non può essere tollerata perché la dignità di ciascuna persona è radicata nella natura stessa dell'individuo. Per i credenti, ogni essere umano è creato a immagine e somiglianza di Dio. Questa immagine e somiglianza deve perciò essere rispettata e salvaguardata anche sulla base di una convinzione religiosa".

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    Pakistan. Due anni fa gli attacchi di Gojra, il ricordo di Aiuto alla Chiesa che soffre

    ◊   Era il primo agosto 2009 quando una folla di circa tremila estremisti islamici invase e mise a ferro e fuoco il quartiere cristiano di Gojra, cittadina nella regione del Punjab pakistano. Il bilancio di quell’attacco fu la morte di otto persone, tra cui quattro donne e un bambino, e 20 feriti, nonché l’incendio di due chiese (che ora l’Opera di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre-Acs sta contribuendo a ricostruire) e di 150 edifici. “Una delle peggiori manifestazioni di odio anticristiano in Pakistan”, l’hanno definito due leader religiosi islamici del Paese che hanno chiesto pubblicamente scusa proprio nei giorni scorsi, quando il secondo anniversario di quella tragica notte è stato celebrato con una Messa di suffragio celebrata dal vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, cui hanno partecipato un centinaio di fedeli. Alla celebrazione è seguito un incontro in cui sono intervenuti anche il direttore di una madrassa, Israr Bihar Shah, e il capo di una moschea vicina, Hafiz Abdul Haui, che hanno puntato il dito contro il fanatismo religioso e condannato le azioni dei colpevoli, bollandole come “contrarie allo spirito dell’Islam”. “Hanno pronunciato frasi molto rilevanti che sicuramente influenzeranno gli altri fedeli – ha commentato con Acs padre Aftab James Paul, direttore della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso di Faisalabad – affermando che la religione islamica non accetta in alcun modo l’omicidio”. All’epoca, la violenza scaturì da un’accusa rivolta da alcuni leader religiosi islamici a tre cristiani, colpevoli di aver bruciato alcune pagine del Corano. Un’accusa infondata contro la quale si schierò immediatamente l’allora ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, ucciso in un attentato il 2 marzo scorso. (R.B.)

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    Aumentano nel mondo le esecuzioni capitali ma anche i Paesi abolizionisti

    ◊   Aumenta nel mondo il numero di esecuzioni capitali, 5.837 nel 2010 a fronte delle 5.741 del 2009. Tuttavia diminuiscono i Paesi che mantengono la pena di morte: nel 2010 sono scesi a 42 dai 45 dell’anno precedente. E’ quanto emerge dal rapporto annuale di “Nessuno tocchi Caino”, presentato oggi a Roma. Il triste primato spetta ancora una volta alla Cina, dove l'anno scorso si stima siano avvenute circa 5.000 esecuzioni, l'85,6% del totale mondiale. Segue l’Iran, dove il ricorso alla pena di morte è in continua crescita: sono state almeno 546 le persone uccise nel 2010, un andamento triplicato nella prima metà del 2011, così come avviene in Corea del Nord, che con 60 esecuzioni è il terzo Paese per numero di condanne a morte. Le esecuzioni invece diminuiscono negli Stati Uniti e in Giappone. D'altra parte, continua ad aumentare di anno in anno il ricorso alla pena di morte in applicazione della sharia, la legge islamica: nel 2010, sono state almeno 714 le esecuzioni, contro le almeno 658 del 2009 e le circa 585 dell'anno precedente, effettuate in 13 Paesi a maggioranza musulmana, molte delle quali ordinate da tribunali religiosi ed eseguite attraverso impiccagione, decapitazione e fucilazione. In Iran, Nigeria e Pakistan sono state emesse condanne a morte tramite lapidazione, ma non risulta siano state eseguite, mentre esecuzioni di questo tipo sono state effettuate senza regolari processi in Somalia, Afghanistan e Pakistan. L'impiccagione, spesso in pubblico, è il metodo più diffuso. Particolarmente crudele la versione iraniana che avviene di solito tramite gru o piattaforme più basse per assicurare una morte più lenta e dolorosa. La decapitazione è invece esclusiva dell'Arabia Saudita. Nel 2010 ci sono state 27 esecuzioni, meno della metà di quelle del 2009 (almeno 69), ma nel 2011 le decapitazioni sono aumentate in maniera significativa (34 al 25 luglio). Nel 2010 e nei primi sei mesi del 2011, otto Paesi hanno ripreso le esecuzioni capitali: Autorità Nazionale Palestinese (5), Bahrein (1), Bielorussia (2), Guinea Equatoriale (4), Somalia (almeno 8) e Taiwan (4) nel 2010; Afghanistan (2) ed Emirati Arabi Uniti (1) nel 2011. Alcuni di questi Stati, spiega il Rapporto, lo hanno fatto dopo molti anni di sospensione. Negli Stati Uniti, nel giugno 2010, lo Utah ha compiuto la prima esecuzione dal 1999 e, nel settembre 2010, lo Stato di Washington ha effettuato la prima esecuzione dal 2001. In Europa solo la Bielorussia prevede la pena di morte. La Russia si è impegnata ad abolirla in quanto membro del Consiglio d'Europa e dal 1996 rispetta una moratoria legale delle esecuzioni. “Nessuno tocchi Caino” ha premiato Tsakhia Elbegdorj, presidente della Mongolia, come "l'abolizionista dell'anno". Infatti, il capo di Stato mongolo il 14 gennaio 2010 ha introdotto una moratoria delle esecuzioni e undici mesi più tardi, il 21 dicembre 2010, la Mongolia per la prima volta ha votato a favore della risoluzione per una moratoria universale sull'uso della pena di morte all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

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    Giappone. Messaggio del presidente dei vescovi per l'anniversario di Hiroshima e Nagasaki

    ◊   Un invito ai fedeli cattolici del Giappone affinché preghino e agiscano per favorire la pace è stato rivolto da mons. Leo Jun Ikenaga, arcivescovo di Osaka, che, in qualità di presidente della Conferenza episcopale nipponica, ha diffuso un suo messaggio in occasione dell’annuale ricorrenza intitolata «Ten Days for Peace», in coincidenza con l’anniversario dei bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki. Nel suo messaggio per i dieci giorni di riflessione sul tema della pace, che si terranno in tutte le diocesi del Sol Levante dal 6 al 15 agosto, l’arcivescovo Leo Jun Ikenaga invita i fedeli a pregare per le oltre ventimila vittime del terremoto e del maremoto che ha colpito il Giappone nord orientale lo scorso 11 marzo. Il presule ricorda anche di pregare per quanti, sopravvissuti al disastro, hanno perso i loro cari, il lavoro, l’abitazione e tutto quello che erano riusciti a raggiungere nel corso della vita. Nel documento, pubblicato sul sito in rete della Conferenza episcopale del Giappone e ripreso dall’Osservatore Romano, l’arcivescovo di Osaka non dimentica di chiedere a tutti i fedeli di pregare anche per quanti hanno sofferto e tutt’ora vivono nell’ansietà a causa delle fughe di radioattività dall’impianto atomico di Fukushima, le cui strutture sono state gravemente danneggiate in conseguenza dell’impatto dello tsunami causato dal sisma. Per il presule «è quasi impossibile per noi comprendere il motivo di questa grande tragedia. Tuttavia la fede ci assicura che c’è sempre una nuova speranza anche quando le difficoltà sembrano predominare». Nel suo messaggio in vista della ricorrenza dei «Ten Days for Peace», mons. Ikenaga ricorda i trent’anni trascorsi dalla visita apostolica in Giappone del beato Papa Giovanni Paolo II. In quell’occasione, il Papa si era recato a Hiroshima dove aveva pronunciato un appello nel quale invitava i fedeli a «rimanere uniti nel cammino per raggiungere il traguardo della vera pace, l’unica pace perché è Dio che l’assicura». «Dopo questo evento — sottolinea nel suo messaggio il presule nipponico — sono molti coloro, sia in patria che all’estero, che in nome della pace offrono il loro aiuto a quanti si trovano in una situazione di necessità. Queste persone lavorano per il loro prossimo in ogni circostanza e in ogni momento per rendere concreto un ideale di amore e di condivisione». Riferendosi al terremoto, il presule ha aggiunto: «nel corso della recente terribile tragedia siamo stati testimoni dello sviluppo dei movimenti di volontariato e di solidarietà anche in Giappone. Sono gruppi formati da persone che percorrono la strada della pace di Dio». Per l’arcivescovo di Osaka «quando noi fedeli ci aiutiamo a vicenda, cancelliamo dal nostro cuore l’odio e la sete di vendetta e ci convinciamo profondamente della futilità di ogni conflitto e rafforziamo la nostra determinazione di proteggere la dignità della persona umana che è stata creata ad immagine di Dio». Nella parte finale del documento, mons. Ikenaga ricorda che la ricorrenza dei dieci giorni per la pace inizia nell’anniversario dei bombardamenti atomici e termina in occasione del giorno di commemorazione per la fine del secondo conflitto mondiale.

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    Gmg: la delegazione di Hong Kong in partenza per la Spagna

    ◊   La diocesi di Hong Kong è in procinto di partire, domani, per Madrid in vista della Giornata Mondiale della Gioventù, cui parteciperà con una delegazione, precisa la Fides, formata da 800 giovani e 21 sacerdoti. Ai 200 ragazzi che rappresenteranno Hong Kong, infatti, vanno aggiunti 600 giovani di 14 tra comunità giovanili, parrocchie, istituti religiosi, scuole cattoliche e movimenti ecclesiali. La delegazione ha ricevuto, inoltre, la benedizione e il mandato ufficiale di rappresentanza dal vescovo, mons. John Tong, che insieme con i 21 sacerdoti che partiranno ha concelebrato una Messa solenne il 31 luglio scorso nella Cappella di Cristo Re della scuola San Paolo. Come da programma, la delegazione arriverà a Madrid il 6 agosto, dove effettuerà un ritiro spirituale e poi un pellegrinaggio fino al 10; dall’11 al 15 sono previste diverse attività diocesane, per prendere parte, poi, alla Gmg dal 16 al 21. Il 22 è previsto il ritorno a Hong Kong. (R.B.)

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    Gmg: numerosa la partecipazione del Movimento giovanile salesiano

    ◊   Sarà significativa la presenza del Movimento giovanile salesiano (Mgs) alla XXVI Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. Sono circa 6500 i giovani del Mgs che, da ogni angolo del mondo, stanno iniziando a giungere nella capitale spagnola per partecipare all’incontro con Benedetto XVI. Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice si sono impegnati ad accogliere i circa 6500 giovani del Mgs; per la Famiglia Salesiana, la Gmg è una opportunità pastorale che consente di offrire ai giovani una esperienza di fede, di Chiesa e di incontro con centinaia di migliaia di giovani credenti. Il coordinamento nazionale della Pastorale giovanile della Spagna fa sapere che, stando ai dati finora disponibili, le provenienze dei giovani del Mgs dai continenti sarà di 4921 dall’Europa, 669 dall’America, 248 dall’Africa e 347 dell’Asia e Oceania. In modo particolare oltre 1500 provengono dalla Spagna, altrettanti dall’Italia, 500 dal Portogallo, 80 dalle Filippine, circa un centinaio da Hong-Kong, e 200 dal Brasile, 500 dalla Slovacchia, 300 dal Messico, 100 dall’Angola e gruppi più piccoli dalla Tanzania, Haiti, Zambia, Congo, Sudan, Sudafrica, Corea, Georgia, Germania, Austria, Francia, Croazia, Inghilterra e altre nazioni. A questi si aggiunge circa un migliaio di giovani che parteciperanno alla Gmg come parte integrante dei gruppi delle proprie diocesi di origine. Sin dall’inizio, i centri salesiani di Madrid si sono messi a disposizione dell’organizzazione della Gmg offrendo le proprie strutture e segnalando la preferenza di accogliere i partecipanti del Mgs. Da un anno, un’equipe formata dai responsabili della pastorale dei salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice sta preparando i vari ambienti per accogliere i giovani. Le case salesiane di Madrid e dei dintorni si sono preparati per accogliere i pellegrini. Sono stati creati una serie di gruppi di lavoro al fine di predisporre tutto per le giornate della Gmg.

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    Belgio. Giovani in ritiro presso la comunità cistercense di Orval

    ◊   Un’intensa esperienza spirituale nel momento favorevole della pausa estiva è proposta anche quest’anno ai giovani in ricerca dalla comunità cistercense di Orval in Belgio. “Con Gesù in preghiera” è il motto del raduno del 2011 che si svolge dal 3 al 7 agosto, al quale partecipano giovani dai 18 ai 30 anni che desiderano vivere un tempo di scoperta o di approfondimento nell’ascolto della Parola di Dio, nella preghiera personale e comunitaria e nella celebrazione liturgica. In sintonia con la scelta tematica, i giovani si pongono alla sequela del Signore meditando sulla Sua preghiera davanti al Padre, con i discepoli, sui cammini di Galilea o sul Tabor; la riflessione si sofferma quindi sulla risonanza della preghiera di Gesù nella vita dei discepoli e sul suo insegnamento per il fedele di oggi. A guidare le introduzioni bibliche o i momenti di riflessione e di confronto sono i monaci di Orval e alcuni laici impegnati nella pastorale o nel servizio sociale, ai quali i giovani possono rivolgersi anche individualmente per un orientamento riguardante la pratica di fede o l’impostazione di vita. I partecipanti condividono la giornata dei religiosi unendosi alla celebrazione della Liturgia delle Ore, durante i pasti o collaborando alle attività manuali dei cistercensi. (M.V.)

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    Congresso internazionale di Maria Ausiliatrice presso il Santuario di Częstochowa

    ◊   Il Santuario di Jasna Góra a Częstochowa, in Polonia, ospita dal 3 al 6 agosto il VI Congresso internazionale di Maria Ausiliatrice promosso dall’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA), con la partecipazione di tutta la Famiglia Salesiana. Sono attesi nella località mariana un migliaio di partecipanti provenienti da circa 40 Paesi, per una riflessione sul tema “Totus tuus”, il motto che il beato Giovanni Paolo II scelse per il suo pontificato. L’agenda dei lavori è scandita da relazioni di carattere biblico, teologico e storico, che si alternano alla presentazione di esperienze e alle riflessioni sulle testimonianze lasciate da alcune figure di santi della Famiglia Salesiana, con particolare riferimento alla devozione mariana nella loro vita. Presenta la figura del Beato Giovanni Paolo II, il cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo di Cracovia. Sono presenti il rettor maggiore dei Salesiani, don Pascual Chávez, e la superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre Yvonne Reungoat. (M.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Siria: Assad vara il multipartitismo. Nuova strage ad Hama. Ban Ki-moon: "rivoltante"

    ◊   Il presidente Assad ha firmato oggi il decreto che apre al multipartitismo, dopo la condanna internazionale per la repressione e l’appello dell’Onu. Intanto circa 30 persone sono rimaste uccise ieri in un bombardamento dell'esercito siriano contro la città di Hama. E, secondo l’osservatorio per i diritti umani in Siria, in altre città della Siria ieri sera le forze di sicurezza hanno sparato dopo la preghiera serale che segna la fine della giornata di digiuno nel mese del Ramadan. Il servizio di Fausta Speranza:

    Il governo di Damasco aveva adottato a fine luglio un disegno di legge che autorizzava il multipartitismo: il decreto presidenziale di oggi rende la misura applicabile immediatamente, senza attendere un voto parlamentare. Significherebbe la fine del monopolio del partito Baath al potere, una delle principali richieste dell'opposizione siriana e della comunità internazionale al regime di Damasco. Ma c’è da dire che la prima reazione a livello internazionale è quella del ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, che definisce il decreto promulgato da Assad “quasi una provocazione”. Ieri, dopo una maratona negoziale di diversi giorni il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha lanciato un appello "per la fine immediata di tutte le violenze” in Siria, chiedendo a “tutte le parti di agire con la massima moderazione”. Tecnicamente i Quindici si sono espressi all'unanimità, ma la delegazione libanese, subito dopo l'adozione del testo, si è dissociata per non irritare Damasco, con cui Beirut ha ancora stretti legami, nonostante la Siria abbia ritirato ormai da sei anni i militari che per due decenni ha mantenuto su gran parte del territorio libanese. Da parte sua il segretario generale dell'Onu Ban ki-moon ha chiesto al presidente siriano di fermare la violenza, attuare le riforme promesse e permettere alle organizzazioni umanitarie di recarsi nel Paese. Un appello fatto definendo “oltremodo rivoltante” la violenza con cui il regime siriano reprime le proteste. E promettendo che saranno mobilitate tutte le agenzie delle Nazioni Unite, e contattate le organizzazioni non governative, per raccogliere informazioni e monitorare la situazione”.

    Scontri nel sud-est dello Yemen
    Due civili sono stati uccisi e altri tre feriti in scontri con le forze di sicurezza la notte scorsa a Shahr, un villaggio nel Hadramout, nel sud-est dello Yemen. Lo hanno riferito testimoni e fonti mediche spiegando che, ieri sera, centinaia di persone erano scese in piazza a Shahr per manifestare contro la morte, avvenuta la scorsa settimana, di un giovane del villaggio ucciso da un poliziotto.

    Libia - polemiche su missile contro nave italiana
    Ancora polemiche intorno al missile partito dalla Libia contro una nave italiana. Il portavoce del governo di Tripoli ha rivendicato l'attacco, ma i ministri italiani degli Esteri Frattini e della Difesa La Russa parlano di propaganda. Il servizio di Salvatore Sabatino:

    "Abbiamo sorprendenti capacità che non abbiamo ritenuto necessario usare". Parola di Moussa Ibrahim, portavoce del governo di Gheddafi, che questa mattina ha rivendicato il lancio del missile contro la nave italiana “Bersagliere”. Episodio, questo, riferito ieri da ministro della Difesa La Russa, il quale aveva sottolineato che l’imbarcazione non era il vero obiettivo; questa mattina, poi, l’ulteriore dichiarazione di La Russa; “Prendo atto di quello che dice il governo libico – ha sottolineato - ma in ogni caso le loro parole appaiono, in tutta evidenza, mera propaganda”. Della stessa opinione il ministro degli Esteri Frattini, che si dice “non preoccupato” per quanto accaduto. Ma intanto montano le polemiche su un altro episodio: gli incontri, svoltisi proprio in Italia, tra i rappresentanti di Muammar Gheddafi e Abdel Younis, ex ministro dell'Interno di Tripoli poi divenuto il comandante militare dei ribelli e assassinato a Bengasi in circostanze ancora da chiarire. A rivelarlo il figlio di Muammar Gheddafi, Saif al Islam, in un’intervista esclusiva al "New York Times". E proprio dagli Stati Uniti giunge la notizia che il Dipartimento di Stato americano ha firmato un ordine volto a definire la consegna dell'ambasciata libica a Washington al Consiglio nazionale transitorio di Bengasi. Lo riferisce la Cnn, citando funzionari governativi. Si tratta dell’ultimo atto formale del riconoscimento dei ribelli come interlocutori ufficiali.

    Ucciso capo servizi segreti a Kunduz, feriti 4 italiani vicino ad Herat
    Ancora violenze in Afghanistan. Una bomba ha ucciso stamani il capo dei servizi segreti nella provincia afghana settentrionale di Kunduz e tre civili, mentre quattro militari italiani sono rimasti feriti nell'esplosione di un ordigno vicino a Herat.

    Preghiera di cristiani e musulmani nella chiesa di Kirkuk colpita da un attentato
    La moglie del presidente iracheno Jalal Talabani ha partecipato ieri sera ad una Messa, insieme con autorità religiose musulmane e numerose famiglie cattoliche, nella chiesa della Sacra famiglia di Kirkuk, nel nord dell'Iraq, fatta oggetto due giorni fa di un attentato con un'autobomba che ha provocato 19 feriti, di cui cinque cattolici e il resto musulmani. Il religioso musulmano, sheikh Abbas Musa ha sottolineato che il momento di preghiera comune è voluto “per inviare un messaggio ai terroristi che non fanno distinzioni tra i diversi luoghi di culto e il cui unico scopo è uccidere innocenti”.

    Nave carica di carbone e petrolio affondata al largo di Mumbai
    Una nave carica di carbone con a bordo una trentina di marinai è affondata stamattina al largo di Mumbai. Lo riferisce l'agenzia Pti. L'unità che si chiama "MV Rak" proveniva dall'Indonesia ed era diretta nello Stato indiano nord occidentale del Gujarat quando ha lanciato un sos alla guardia costiera indiana che è intervenuta con gli elicotteri. I soccorritori sono riusciti a recuperare tutti i membri dell'equipaggio. A bordo del cargo ci sono circa 60 mila tonnellate di carbone e petrolio che potrebbero creare una nuova emergenza ambientale nella zona. Domenica scorsa si era incagliata sulla spiaggia di Mumbai una petroliera “fantasma” che era stata abbandonata dall'equipaggio per un'avaria. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 216


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