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Sommario del 18/03/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa agli imprenditori romani: il lavoro dignitoso per tutti sia un obiettivo prioritario
  • Sarà pubblicata sabato prossimo la Lettera pastorale di Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda sulla questione degli abusi
  • Altre udienze e nomine
  • Il Papa all’Azione Cattolica in Africa: promuovere solidarietà e rispetto della dignità umana
  • La Chiesa ricorda San Cirillo vescovo di Gerusalemme e dottore della Chiesa
  • Il cardinale Maida, arcivescovo emerito di Detroit, compie 80 anni
  • Intervento di mons. Marchetto a Norcia in occasione del transito di San Benedetto
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L'Ue si divide sugli aiuti alla Grecia in crisi
  • Riunione del Consiglio di sicurezza Onu sull'Afghanistan
  • Italia: giovani laureati alle prese con disoccupazione e basse retribuzioni
  • A Piacenza il convegno della Federazione italiana settimanali cattolici
  • A Roma le reliquie di San Gabriele dell'Addolorata
  • Domani nei cinema in Italia il film di Jacques Audiard "Il profeta"
  • Chiesa e Società

  • Il patriarca Twal ai cristiani: seminare pace e speranza in Terra Santa
  • Territori Palestinesi: chiusa dalle autorità un'emittente televisiva cristiana
  • Iraq: chiesta un’indagine internazionale sugli attacchi contro cristiani e minoranze a Mosul
  • L'imminente visita di Obama in Indonesia, un'opportunità per l'islam locale
  • India: modifiche e proposte dei cristiani alla legge contro la violenza intercomunitaria
  • Soddisfazione dei vescovi indiani per la legge che apre le porte alle università straniere
  • Filippine: i vescovi chiedono la liberazione di 43 volontari da un mese nelle mani dell’esercito
  • Asia e Africa: segnali diversi su crescita urbana e baraccopoli
  • Germania: alla plenaria dei vescovi bavaresi la questione degli abusi sessuali
  • Madagascar: aumenta il numero di vittime a causa della tempesta Hubert
  • La Chiesa in Angola: il Paese sfrutti le proprie risorse
  • Appello di Amnesty International alle autorità cubane per favorire la libertà di espressione
  • Le religiose del Brasile contro la tratta di essere umani
  • Vietnam: Quaresima di missione per i cattolici di Saigon
  • Cina: la devozione della comunità cattolica a San Giuseppe
  • Sri Lanka: cala al nord la diffusione della dengue
  • Incontro a Barcellona sulla cura pastorale dei figli degli immigrati
  • Francia: le associazioni cattoliche contrarie al disegno di legge per il 'divorzio flash'
  • Svizzera: appello ecumenico in favore dell'ambiente
  • Inghilterra: cambiamenti in vista per la Conferenza nazionale dei sacerdoti
  • Le 102 Radio latinoamericane gestite dai Gesuiti vogliono entrare in rete
  • 24 Ore nel Mondo

  • Razzo Qassam lanciato da Gaza uccide un contadino in Israele
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa agli imprenditori romani: il lavoro dignitoso per tutti sia un obiettivo prioritario

    ◊   La dignità della persona umana sia sempre al centro dell’economia, anche in tempi di crisi: Benedetto XVI lo ha ribadito con forza stamani parlando ai membri dell’Unione Industriali e delle Imprese di Roma, ricevuti in Vaticano. Dal Papa anche una viva esortazione a far sì che venga garantito un lavoro dignitoso per tutti e a cogliere l’opportunità della crisi per rivedere i modelli di sviluppo. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal presidente del sodalizio imprenditoriale, Aurelio Regina. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Anche in tempi di crisi economica, le imprese siano sempre al servizio dell’uomo: è l’esortazione rivolta dal Papa agli industriali e imprenditori di Roma. Il Pontefice ha riecheggiato la sua Enciclica “Caritas in Veritate” per ribadire la necessità di porre la persona “al centro dell’economia e della finanza”. Ed ha ribadito che la politica non deve essere subordinata ai meccanismi finanziari. Quindi, ha rivolto il pensiero alla grande emergenza della disoccupazione, specie giovanile. “L’accesso ad un lavoro dignitoso per tutti”, ha avvertito, deve essere un “obiettivo prioritario”:

     
    “Ciò che guida la Chiesa nel farsi promotrice di un simile traguardo è il convincimento che il lavoro è un bene per l’uomo, per la famiglia e per la società, ed è fonte di libertà e di responsabilità”.

     
    “Nel raggiungimento di tali obiettivi – ha osservato – sono ovviamente coinvolti, assieme ad altri soggetti sociali, gli imprenditori, che vanno particolarmente incoraggiati nel loro impegno a servizio della società e del bene comune”. Il Papa ha riconosciuto i tanti sacrifici che bisogna affrontare “per aprire o tenere nel mercato la propria impresa” e “per non licenziare i propri lavoratori dipendenti”. Le piccole realtà imprenditoriali, ha constatato, sono alle prese con il credito meno accessibile, mentre è molto forte la concorrenza nei mercati globalizzati:

     
    “In tale contesto, è importante saper vincere quella mentalità individualistica e materialistica che suggerisce di distogliere gli investimenti dall’economia reale per privilegiare l’impiego dei propri capitali nei mercati finanziari, in vista di rendimenti più facili e più rapidi”.

     
    Serve, ha soggiunto, un umanesimo cristiano che ravvivi la carità anche nelle attività imprenditoriali, nelle scelte economiche e finanziarie. Il Papa ha indicato alcune vie per contrastare la crisi: mettersi in rete con altre realtà sociali, investire in ricerca ed innovazione, non praticare un’ingiusta concorrenza tra imprese e non dimenticare i propri doveri sociali:

     
    “La stessa crisi finanziaria ha mostrato che entro un mercato sconvolto da fallimenti a catena, hanno resistito quei soggetti economici capaci di attenersi a comportamenti morali e attenti ai bisogni del proprio territorio”.
     
    Il Papa ha anzi sottolineato che la crisi va vissuta con fiducia “perché può essere considerata un’opportunità dal punto di vista della revisione dei modelli di sviluppo e di una nuova organizzazione del mondo della finanza”. D’altronde, ha rilevato, l’imprenditoria italiana ha avuto successo proprio grazie alle relazioni personali, ai rapporti di collaborazione e fiducia reciproca:

     
    “L’impresa può essere vitale e produrre 'ricchezza sociale' se a guidare gli imprenditori e i manager è uno sguardo lungimirante, che preferisce l’investimento a lungo termine al profitto speculativo e che promuove l’innovazione anziché pensare ad accumulare ricchezza solo per sé”.

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    Sarà pubblicata sabato prossimo la Lettera pastorale di Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda sulla questione degli abusi

    ◊   Sabato prossimo, 20 marzo, sarà resa pubblica la Lettera pastorale di Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda sulla questione degli abusi su minori da parte di alcuni esponenti del clero. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, terrà un briefing sul documento alle 11.00. Il Papa, come ha detto ieri ai pellegrini irlandesi durante l’udienza generale, firmerà la Lettera domani, 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, Custode della Sacra Famiglia e Patrono della Chiesa universale. Benedetto XVI, esprimendo la sua profonda preoccupazione per questa dolorosa vicenda, ha invitato ieri i cattolici irlandesi a leggere integralmente la Lettera, con cuore aperto e in uno spirito di fede. “La mia speranza – ha sottolineato - è che possa aiutare nel processo di pentimento, di guarigione e rinnovamento”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche mons. Augustine Kasujja, arcivescovo tit. di Cesarea di Numidia, nunzio apostolico in Nigeria, e alcuni presuli della Conferenza Episcopale di Burkina Faso-Niger in visita "ad Limina".

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Goma (Repubblica Democratica del Congo), presentata da mons. Faustin Ngabu, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Théophile Kaboy Ruboneka, coadiutore della medesima diocesi.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Gibraltar, presentata da mons. Charles Caruana, per raggiunti limiti di età. Gli succede il padre redentorista Ralph Heskett, finora delegato per le vocazioni della provincia redentorista di Gran Bretagna. Padre Ralph Heskett è nato a Sunderland il 3 marzo 1953. Ha emesso la professione religiosa nella Congregazione del Santissimo Redentore il 28 agosto 1971. È stato ordinato sacerdote il 10 luglio 1976.

    Il Pontefice ha nominato vescovo di Beauvais (Francia) il rev. Jacques Benoit-Gonnin, del clero di Parigi, membro della Communauté de l’Emmanuel, finora parroco della parrocchia Santissima Trinità a Parigi. Il rev. Jacques Benoit-Gonnin è nato il 24 giugno 1952 a Thoiry, nella diocesi di Belley-Ars. È stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1985 per l’arcidiocesi di Parigi.

    Il Papa ha nominato arcivescovo coadiutore dell’arcidiocesi di Rabaul (Papua Nuova Guinea) mons. Francesco Panfilo, salesiano, finora vescovo di Alotau-Sideia (Papua Nuova Guinea).

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    Il Papa all’Azione Cattolica in Africa: promuovere solidarietà e rispetto della dignità umana

    ◊   Dal 10 al 14 marzo si è svolto a Kigali, in Ruanda, il IV incontro continentale dei Movimenti di Azione cattolica dell’Africa orientale e centrale. Il Papa, in un telegramma inviato a mons. Domenico Sigalini, assistente ecclesiastico del Forum internazionale dell’Azione Cattolica (Fiac) a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, ha espresso apprezzamento per l’iniziativa, sottolineando quanto importante sia riaffermare i “valori spirituali per promuovere la solidarietà autentica e il rispetto della dignità umana”. L’incontro è stato un momento di formazione per i responsabili e per gli assistenti dei Movimenti di Azione Cattolica e per i rappresentanti di altri movimenti laicali. Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici di diversi Paesi hanno preso in esame le sfide dell’evangelizzazione e della dignità umana, quali la povertà, le ingiustizie sociali, il malgoverno, la persistente insicurezza, la corruzione, il deterioramento dei valori, l’urgenza della riconciliazione, la necessità della cultura di pace, il bisogno di formazione globale e soprattutto la formazione nella Dottrina Sociale della Chiesa. Diversi gli impegni che i partecipanti hanno voluto fissare in un documento per difendere il dono sacro della vita, attraverso la salvaguardia e la promozione della dignità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili, l’esercizio della carità verso i più poveri, l’esercizio della formazione delle coscienze, la ricerca della giustizia, della pace e della riconciliazione e l’applicazione dei principi di sussidiarietà, del bene comune e della solidarietà nella diversità delle realtà sociali. In particolare l’Azione Cattolica vuole poi lottare contro l’attrattiva esercitata dalle sette e dai nuovi movimenti religiosi, promuovere la diffusione della Bibbia nelle lingue locali affinché la Parola di Dio sia alla portata di tutti, utilizzare i mezzi di comunicazione sociale moderni come strumento efficace di trasmissione della fede cristiana. (A cura di Tiziana Campisi)

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    La Chiesa ricorda San Cirillo vescovo di Gerusalemme e dottore della Chiesa

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria liturgica di San Cirillo, vescovo di Gerusalemme e dottore della Chiesa. Vissuto nel periodo travagliato del quarto secolo, subì persecuzioni e calunnie restando sempre fedele a Cristo. Il Papa gli ha dedicato l’udienza generale del 27 giugno 2007. Ce ne parla Sergio Centofanti.
     
    Un uomo mite e fermo che subì attacchi dal potere imperiale e da esponenti della Chiesa stessa. Nominato vescovo di Gerusalemme nel 348, Cirillo fu esiliato per ben tre volte, coinvolto suo malgrado nelle dispute con gli ariani che negavano la divinità di Gesù. Calunniato dai suoi stessi confratelli, solo cinque anni prima della morte gli fu riconosciuta la più assoluta ortodossia e 15 secoli dopo, nel 1882, Papa Leone XIII lo proclama Dottore della Chiesa per le sue splendide catechesi sull’iniziazione cristiana. Le omelie di Cirillo – spiega Benedetto XVI - costituiscono una catechesi sistematica sulla rinascita del cristiano mediante il Battesimo. Usava un linguaggio ricco d’immagini per dire che la vera libertà dell’uomo è dipendere da Dio e restare unito alla Chiesa:

     
    “Al catecumeno egli dice: «Sei caduto dentro le reti della Chiesa (cfr Mt 13,47). Lasciati dunque prendere vivo; non sfuggire, perché è Gesù che ti prende al suo amo, per darti non la morte ma la risurrezione dopo la morte. Devi infatti morire e risorgere (cfr Rm 6,11.14)... Muori al peccato, e vivi per la giustizia fin da oggi» (Procatechesi 5)”.

     
    “Mentre prima eravate immersi nella notte e non vedevate nulla – diceva Cirillo sul mistero del Battesimo - riemergendo invece vi siete trovati in pieno giorno”. La sua – ricorda il Papa – è una catechesi che coinvolge concretamente la vita del cristiano:
     
    “Preghiamo il Signore che ci aiuti ad imparare un cristianesimo che realmente coinvolga tutta la nostra esistenza e ci faccia così testimoni credibili di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo”.

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    Il cardinale Maida, arcivescovo emerito di Detroit, compie 80 anni

    ◊   Il cardinale statunitense Adam Joseph Maida, arcivescovo emerito di Detroit, compie oggi 80 anni. Nato il 18 marzo 1930 a East Vandergrift in Pennsylvania, il 26 maggio 1956 è stato ordinato sacerdote presso la St. Paul Cathedral, a Pittsburgh. Nel 1960 ha conseguito la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense a Roma, e nel 1964 il Dottorato in Diritto Civile presso la Duquesne University School of Law, a Pittsburgh. Consacrato vescovo nel 1984, Giovanni Paolo II lo ha chiamato a guidare l’arcidiocesi di Detroit nel 1990 creandolo cardinale quattro anni dopo. Dal 14 luglio 2000 è anche superiore della Missione sui iuris di Cayman Islands. Ha ricoperto numerosi incarichi nella Conferenza nazionale dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, tra cui quella di presidente della Commissione per gli Affari Canonici. E’ arcivescovo emerito di Detroit dal 5 gennaio 2009. Con il compimento degli 80 anni da parte del porporato, il Collegio Cardinalizio, formato da 182 porporati, comprende ora 110 cardinali elettori e 72 non elettori. Entro la fine di marzo altri due porporati compiranno 80 anni: il cardinale neozelandese Thomas Stafford Williams (il 20) e il cardinale spagnolo Julián Herranz (il 31).

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    Intervento di mons. Marchetto a Norcia in occasione del transito di San Benedetto

    ◊   Una riflessione su “Il turismo oggi e la sua cura pastorale” è quella che mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, si appresta a tenere sabato a Norcia in occasione della festa del transito di San Benedetto e che la Radio Vaticana è in grado di anticipare. La ricorrenza vedrà momenti importanti, come l’arrivo della “Fiaccola benedettina” partita dagli Stati Uniti e benedetta nei giorni scorsi dal Papa. Il servizio di Benedetta Capelli:

    E’ il richiamo all’Enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI a guidare la riflessione dell’arcivescovo Marchetto sul turismo inteso come “un notevole fattore di sviluppo economico e di crescita culturale”. Il turismo mette insieme – evidenzia il presule – le diversità e il rispetto del creato: un compito che San Benedetto e i suoi discepoli portarono avanti, essendo “nelle radici dell’Europa”, “fattore di cultura, di educazione, di unità”. Prendendo in rassegna il fenomeno come strumento per combattere la povertà, mons. Marchetto ricorda che è fondamentale “applicare principi etici” alle attività economiche e turistiche perché sono da considerarsi meccanismi “al servizio della persona umana e non viceversa”. Principi etici che si sviluppano attraverso un turismo ecologico, sostenibile, sociale e solidale e che trovano una delle sue espressioni più alte negli stessi monasteri benedettini, attenti all’ambiente, all’accoglienza e all’ospitalità: valore della Chiesa visto e considerata “atto di misericordia e segno di carità fraterna”. “Il turismo contiene pertanto elementi positivi e valori – afferma l’arcivescovo - che ne fanno occasione di reciprocità, di socialità, di maturazione personale per la comprensione e il rispetto degli altri, per la carità e l'edificazione interiore nel cammino verso una più autentica umanizzazione”.

     
    C’è un punto sul quale mons. Marchetto insiste e riguarda il turismo sessuale che si trasforma in occasione di “sfruttamento e degrado morale”. L’invito è ai governi che facciano leggi apposite per arginare il fenomeno e alla Chiesa che con la sua opera faccia comprendere che i diritti delle persone sono da anteporre al profitto. L’arcivescovo, parlando di questa “pratica scellerata”, ricorda le vittime del turismo sessuale: le donne, i minorenni, i bambini. “Un elemento determinante – aggiunge - rimane la povertà, seguita da carenza di educazione e di opportunità lavorative”. Accanto a questo viene ricordata anche la piaga degli abusi sessuali in famiglia. L’appello di mons. Marchetto è di diffondere sempre più il Codice Mondiale di Etica del Turismo “che invita i Governi nazionali e locali, le imprese e gli operatori del settore, così come le comunità di accoglienza, a considerare l’attività turistica come rilevante per l’economia, ma anche quale opportunità per lo sviluppo individuale e collettivo dell’intera umanità”.

     
    Fondamentale è anche “un’attenzione pastorale più determinata verso i turisti” per conoscere i motivi che li spingono a comportamenti deviati per cercare di spingerli a rinunciare alle loro intenzioni. Importante è anche il lavoro sul fronte della comunicazione come azione di contrasto. “Una cura particolare – esorta mons. Marchetto - va riservata ai minori, anche da parte dei responsabili dell'immigrazione, affinché ottengano sostegno morale, economico, psicologico, religioso e protezione giuridica per ritrovare dignità umana”. “Il grado di civiltà di una nazione – conclude l’arcivescovo - si misura anche dall'attenzione che riserva ai suoi figli più deboli”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, gli auguri del giornale, a firma del direttore, al Papa per il suo onomastico.

    In prima pagina, un fondo di Gabriele Nicolò dal titolo "Kabul senza più alibi": il Club di Parigi cancella il debito afghano.

    L'uomo a tre dimensioni: in cultura, Inos Biffi su Cristo sacramento di salvezza secondo Aelredo di Rielvaux.

    Giuseppe Ghiberti sul tema dell'incontro, a Genova, "L'uomo della Sindone. Il volto e il corpo di Cristo".

    Sette adagi per sette parole: un concerto con musiche di Haydn per l'onomastico del Papa.

    Amore e fuga (per fortuna non sempre): Giulia Galeotti sulla paternità quando il figlio è disabile.

    Un articolo di Fabrizio Bisconti dal titolo "Il padre nascosto": il pieno ingresso di san Giuseppe nell'iconografia si registra a partire dal V secolo.

    L'articolo di Antonio Spadaro, nel numero in uscita de "La Cività Cattolica", sull'ultimo libro di Alessandro Baricco "Emmaus", che clichés ideologici e scrittura estetizzante rendono particolarmente prevedibile.

    Nell'informazione vaticana, il discorso del Papa ai membri dell'Unione degli industriali e delle imprese di Roma.

    Intervista di Nicola Gori all'arcivescovo Séraphin Francois Rouamba, presidente della Conferenza episcopale del Burkina Faso e Niger.

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    Oggi in Primo Piano



    L'Ue si divide sugli aiuti alla Grecia in crisi

    ◊   L’Unione Europea si divide sugli aiuti alla Grecia, alle prese con una crisi economica senza precedenti. Da una parte il cancelliere tedesco Angela Merkel, che ieri davanti al Parlamento di Berlino ha prospettato l’uscita dalla zona Euro per i Paesi che non rispettano i vincoli di bilancio; dall’altra, invece, il presidente della Banca Centrale Europea, Jean Claude Trichet, che ha definito quella avanzata da Berlino una “ipotesi assurda”. Questa contrapposizione così netta non rischia di indebolire la politica economica europea nel suo complesso? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’economista Alberto Quadrio Curzio, docente di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano:

    R. – A mio avviso, Trichet è nel giusto. La Merkel ha rilasciato al Parlamento delle dichiarazioni più che altro rivolte all’opinione pubblica interna e ai parlamentari tedeschi che ad una prospettiva europeista, sulla quale la Germania si è sempre spesa con grandi risultati che tutti noi dobbiamo apprezzare. Ricordo quanto hanno fatto da Adenauer a Kohl e mi auguro che la dichiarazione della Merkel sia solamente determinata da una contingenza interna.

     
    D. – Nel caso in cui prevalesse la posizione della Merkel, che tipo di conseguenze avremmo a livello globale europeo?

     
    R. – Se la Grecia uscisse dall’Euro, si aprirebbe un meccanismo di possibili aggressioni speculative ad altri Paesi, ovvero ai loro titoli pubblici, con conseguenze imprevedibili. Mostrarsi deboli in questa circostanza significa esporre tutta l’Europa, o meglio Eurolandia, ad un graduale sgretolamento.

     
    D. – Nelle scorse settimane si è tanto parlato del Fondo monetario europeo, fondo sul quale il presidente del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, si è detto scettico. Un’ipotesi questa che possiamo, dunque, definire tramontata?

     
    R. – E’ certamente un’ipotesi dibattuta e criticata da taluni e tuttavia a mio avviso rimane un’ipotesi plausibile, anche perché un’area monetaria integrata come Eurolandia ha pur bisogno di un qualche strumento di intervento di sostegno, in casi di urgenza e di necessità, per difficoltà di bilancio dei Paesi membri. D’altra parte, l’Europa versa consistenti contributi al Fondo monetario, dove conta relativamente poco, perché ogni Paese europeo va a rappresentare se stesso. Ebbene, quantomeno, se i Paesi europei dentro il Fondo fossero rappresentati unitariamente avrebbero ben altra voce in capitolo e per il futuro una parte delle risorse, invece di andare al Fondo monetario, potrebbero benissimo andare ad un Fondo monetario europeo.

     
    D. – Al di là delle contrapposizioni, delle ipotesi che si sono fatte in questi giorni, si è tanto parlato di effetto domino. Ma, concretamente, c’è il rischio che la situazione venutasi a creare ad Atene possa ripetersi in altri Paesi, secondo lei?

     
    R. – Io credo sia molto difficile, a meno che le dichiarazioni da parte di grandi Paesi europei, ed in particolare della Germania, diano l’impressione ai mercati internazionali, dove le aggressioni speculative ci sono, ebbene a meno che si abbia l’impressione che gli Stati nazionali europei intendano richiudersi su se stessi. Tra l’altro, un’ipotesi del genere, porterebbe dei danni anche alla Germania, che pure ha beneficiato dell’Euro e del miglioramento del commercio interno tra Paesi europei. In ogni caso, l’Italia e la Spagna, che sono due Paesi molto forti, perché hanno un’economia reale potente - e soprattutto l’Italia - potrebbero essere esposti a questi rischi, ma solamente in un caso estremo, che non credo, in alcun modo, possa essere oggi prefigurato.

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    Riunione del Consiglio di sicurezza Onu sull'Afghanistan

    ◊   Il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunisce oggi a New York per esaminare un rapporto sull’Afghanistan preparato dal segretario generale Ban Ki-moon in cui si raccomanda, fra l'altro, l'estensione per altri 12 mesi del mandato della Missione delle Nazioni Unite a Kabul. La comunità internazionale torna dunque a discutere della crisi afghana mentre sul terreno si moltiplicano le operazioni militari per sottrarre ai talebani il controllo della provincia di Kandahar, considerato loro storico feudo. A preoccupare le Nazioni Unite sono le ripercussioni della guerra in Afghanistan a livello regionale, in particolare lungo il confine con il Pakistan. Stefano Leszczynski ha intervistato Margherita Paolini, coordinatrice scientifica di Limes.

    R. – Io credo che la questione della normalizzazione dei rapporti tra India e Pakistan sia fondamentale, assolutamente fondamentale “conditio sine qua non”, per risolvere il problema dell’Afghanistan. E’ una proxy war praticamente, che continuerà ad avvelenare i rapporti tra questi due Paesi e, in fondo, ad alimentare alla fine non solamente un terrorismo da parte pakistana, ma anche a suscitare delle risposte incontrollabili da parte indiana.

     
    D. – Uno degli argomenti che emergono in questi giorni sull’Afghanistan è quello di un possibile processo di riconciliazione nazionale. Questo è possibile?

     
    D. – La condizione sine qua non per la reintegrazione dei talebani o assimilati, o genericamente così definiti, è che loro rompano i rapporti con Al Qaeda. Allora, Al Qaeda non esiste più da un pezzo ed è invece il nome che si vede affibbiato alle operazioni dei gruppi terroristici pakistani. Quindi, questo è il primo aspetto. In questo caso, la comunità internazionale si troverebbe a dover spendere una cifra considerevole per una reintegrazione, in termini di milizie, reintegrazione dentro l’esercito e la polizia, di elementi che restano ancora inaffidabili. Il problema è che tutti questi gruppi devono dire che non hanno rapporti non con Al Qaeda, che non esiste, ma bensì con i gruppi jihadisti pakistani, che sono quelli effettivamente che non devono assolutamente più mettere piede in Afghanistan e che l’India o il Pakistan si devono impegnare a mettere fuori gioco.

     
    D. – In sostanza, cosa possiamo aspettarci nei prossimi mesi per quanto riguarda l’Afghanistan?

     
    R. – Quello che è importante, se la comunità internazionale si vuole impegnare anche a spendere un notevole impegno finanziario, è appunto risolvere il problema alla radice. La radice è la normalizzazione, come dicevo, dei rapporti India-Pakistan, e soprattutto la fine della copertura che non solo il Pakistan ma che anche la comunità internazionale continua a dare a questi gruppi, chiamandoli Al Qaeda e non chiamandoli con i loro veri nomi.

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    Italia: giovani laureati alle prese con disoccupazione e basse retribuzioni

    ◊   In Italia è sempre più difficile trovare lavoro per i laureati. Non fanno eccezione neppure i percorsi tradizionalmente “forti”, come ad esempio ingegneria. Lo stipendio mensile netto ad un anno dalla laurea è di circa 1100 euro. Cinque anni dopo il conseguimento del titolo accademico, la retribuzione arriva mediamente a poco più di 1300 euro. E’ quanto emerge dal dodicesimo rapporto sulla condizione occupazionale di "AlmaLaurea", la banca dati alla quale aderiscono 60 atenei. Per un commento sui risultati di questa indagine, ecco la riflessione del direttore di "AlmaLaurea", il prof. Andrea Cammelli, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. – I numeri che vengono fuori da questa indagine sono preoccupanti, ma i giovani devono guardare questa situazione sapendo che quando usciranno dall’università fra quattro, cinque, sei anni la situazione sarà sicuramente cambiata. Sicuramente ci sarà una situazione nella quale la loro competenza e la loro preparazione risulteranno vincenti. In questo momento guai a pensare che, quindi, non valga la pena di studiare. I giovani, invece, devono rimboccarsi le maniche e studiare di più, devono studiare meglio. Bisogna che i giovani prendano in mano il loro destino in modo concreto.

     
    D. – Nell’indagine, si evidenzia che in Europa l’Italia risulta agli ultimi posti per quanto riguarda la spesa per ricerca e sviluppo in rapporto al Pil. La situazione non cambia se si prende in esame anche la spesa per l’istruzione universitaria. Si tratta, anche in questo caso, di dati preoccupanti…

     
    R. – Anche negli anni peggiori, anche negli anni di carestia i contadini risparmiano su tutto ma non risparmiano sulla semina. E' questo l’invito che facciamo naturalmente al governo e alle forze politiche. Il Paese deve investire molto di più in istruzione, in ricerca, in sviluppo anche in questi anni. Noi dobbiamo varcare le Alpi anche dal punto di vista della formazione in modo da poter fare dei confronti alla pari, dei confronti con lo sforzo che gli altri Paesi stanno facendo anche in situazioni economiche molto difficili. Si deve essere sorretti dalla convinzione che gli investimenti in istruzione, formazione e ricerca sono strategici. Non sono aspetti ai quali si dedica qualche risorsa quando ce ne sono in più...

     
    D. – In questa fase segnata dalle conseguenze negative della crisi economica mondiale, crescono dunque in Italia i disoccupati tra i laureati e mediamente diminuiscono gli stipendi dopo la laurea. Si possono comunque cogliere segnali positivi?

     
    R. – Sì, vi sono segnali anche positivi. E' vero che la disoccupazione è cresciuta in questo anno fra i laureati. Però in termini comparativi l’investimento in istruzione superiore, quella universitaria, ancora oggi rende di più per quanto concerne l'occupazione. Anche la retribuzione, seppure calata, resta pur sempre un investimento importante perché nel lungo arco complessivo della vita il laureato guadagna in media il 55 per cento in più di quanto guadagna il diplomato. Quindi, bisogna che il Paese non dimentichi intanto che ha pochi giovani e che su quelli che restano - il nostro futuro - dobbiamo investire di più. Ai giovani occorre destinare le migliori risorse del Paese.

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    A Piacenza il convegno della Federazione italiana settimanali cattolici

    ◊   In occasione del centenario del settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio “Il Nuovo Giornale”, si apre oggi a Piacenza il convegno della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc): “Fare l’Europa. Le radici e il futuro”. Obiettivo dell’incontro è di individuare il ruolo che i settimanali cattolici possono svolgere nella costruzione di una più forte percezione di un’Europa fatta di valori condivisi, come quelli della pace, della vita e della famiglia. Interverranno, tra gli altri, mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza e rappresentante dei vescovi italiani alla Comece, con una relazione su “La Chiesa e l’Europa” e mons. Józef Mirosław Życiński, arcivescovo di Lublino, in Polonia, che svilupperà il tema “Senza fede, l’Europa muore”. L’ultima giornata sarà dedicata a San Colombano, abate del VI secolo, la cui tomba si trova proprio a Bobbio. Ma perché, guardando al futuro del Continente, è importante tenere presenti le sue radici? Adriana Masotti lo ha chiesto a don Giorgio Zucchelli, presidente della Fisc.
     
    R. – Perché i frutti crescono se ci sono buone radici e noi naturalmente riteniamo che le radici del Continente europeo siano radici cristiane. Ci saranno quindi buoni frutti a livello di popoli europei, se ritroveremo e rilanceremo i valori cristiani che stanno alla radice della nostra civiltà.

     
    D. – Parlerete soprattutto del ruolo dei settimanali cattolici nel contribuire ad una più forte percezione di un’Europa comune, terra di valori condivisi e di ideali comuni …

     
    R. – Certamente: questo è il nostro scopo principale. Abbiamo scelto questo tema perché la Fisc si sta aprendo molto all’Europa. Abbiamo associato, ad esempio, i giornali delle missioni cattoliche all’estero, dei nostri emigranti; stiamo lavorando con l’Albania per la realizzazione di un settimanale cattolico nazionale in Albania; abbiamo contatti con altre diocesi … Questo è un primo settore del nostro impegno. Il secondo, evidentemente, è di dare sui nostri giornali una maggiore informazione sull’Europa. Io ritengo che non ci sia ancora un vero e proprio spirito europeo: basti dire che quando si parla di Europa, la si mette nella pagina degli esteri!

     
    D. – Durante il convegno parlerete anche di San Colombano che, in una lettera a Papa Gregorio Magno, per la prima volta utilizzava l’espressione “totius Europae”, di tutta l’Europa, con riferimento alla presenza della Chiesa nel Continente. Questa attenzione della Chiesa si è confermata in modo costante nel tempo, fino ad oggi …

     
    R. – L’Europa c’era già a quel tempo! L’Europa l’hanno fatta questi monaci, tra cui questo monaco irlandese che aveva scelto come suo impegno personale quello della missione in tutta l’Europa, portando il messaggio cristiano. Certamente, il concetto di Europa cristiana che avevano questi grandi uomini è diverso da quello che abbiamo noi oggi. Ma questo sta nell’ordine delle cose!

     
    D. – Ma che cosa potrebbe dire l’Europa, oggi, al mondo?

     
    R. – Io sono un europeista abbastanza entusiasta; entusiasta anche per la formula di questa Europa che, nonostante tutto, in fondo è una formula che nella storia non è mai esistita. Questo è già un insegnamento, tant’è vero che l’Africa guarda all’Europa e ai processi europei con grande interesse. E poi, l’altra cosa fondamentale in questo marasma dal punto di vista etico e culturale che sta imperversando in tutto il mondo, è l’ideale, l’obiettivo – come l’ha chiamato il Papa stesso – di portare al mondo, di promuovere nel mondo i valori cristiani ma che sono anche i valori veri dell’uomo! E quindi, una visione di uomo che nella nostra tradizione c’è sempre stata e che in altri popoli, purtroppo, non sempre è stata perseguita!

     
    D. – Don Giorgio, lei ha parlato di uno sforzo di apertura, di rinnovamento, anche dei settimanali cattolici italiani. Ma qual è oggi la diffusione, l’incidenza di questi settimanali proprio sull’opinione pubblica italiana?

     
    R. – Diciamo che siamo la maggioranza silenziosa, nel senso che quando si parla dei giornali si parla sempre dei ‘grandi’ giornali; ma esiste tutto un mondo di giornali di cui mai nessuno parla ma che poi, nei singoli territori; fanno veramente opinione, tra i quali ci sono i nostri, che oggi sono arrivati a 186 testate, che stampano circa un milione di copie alla settimana e che entrano nelle case e li legge tutta la famiglia! Noi, con il convegno di Verona del 2006, abbiamo lanciato l’idea che ogni diocesi abbia un proprio giornale; ci stiamo arrivando con fatica, però in questi ultimi cinque anni ne abbiamo fatti nascere una trentina, soprattutto nel Centro-Sud. Un’altra cosa che vorrei aggiungere è che questi nostri giornali si stanno evolvendo anche verso il digitale: tutti i nostri settimanali, ormai, hanno anche un loro sito. La Fisc, per esempio, porterà al convegno “Testimoni digitali”, che la Conferenza episcopale italiana organizza per il mese di aprile, il proprio nuovo sito che conterrà tutti i link di tutti i giornali nostri per cui chi entra nel nostro sito avrà la possibilità, con un click, di collegarsi a tutti i giornali delle diocesi italiane che vuole!

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    A Roma le reliquie di San Gabriele dell'Addolorata

    ◊   Da domani, e fino al 23 marzo prossimo, l’urna con le spoglie mortali di San Gabriele dell’Addolorata compirà un pellegrinaggio nella parrocchia a lui dedicata nel quartiere Tuscolano a Roma. Il servizio di Davide Dionisi.

    Il pellegrinaggio del Santo dei giovani è stato richiesto in occasione dell’inaugurazione della parrocchia romana a lui dedicata, avvenuta il 28 febbraio scorso. Domani l’urna verrà accolta nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo alle 17; seguirà la Veglia di preghiera animata dagli studenti passionisti. Domenica 21 celebrerà la Messa il cardinale Camillo Ruini, mentre il 23 marzo prossimo la celebrazione eucaristica sarà presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi. A padre Mario D’Ippolito, rettore del Santuario di San Gabriele, abbiamo chiesto perché la figura del passionista attira ancora tanti pellegrini:

     
    R. – E’ una domanda a cui rispondono i giovani: è un fascino particolare che sentono promanare da questo ragazzo. E’ morto studente anche lui – mancava un giorno a compiere 24 anni … Il suo messaggio è un messaggio che i giovani capiscono bene: ha vissuto la sua vita in pieno, con tanti lutti in famiglia, ma è stato un giovane che ha saputo godere la vita nel senso giusto della parola. Si è divertito sempre senza mai offendere il Signore. Ecco, allora i giovani capiscono che si possono divertire di vero divertimento senza offendere il Signore. E poi, soprattutto la stessa sua vita, la sua vita di studente, era a capo della “Brigata di Spoleto”, brillante negli studi, veniva chiamato addirittura “il ballerino”, recitava in teatro, un giovane effervescente, diremmo. E loro lo sentono come un coetaneo: non è stato mai contestato, nemmeno negli anni della contestazione. Il Santuario ha sempre accolto i giovani: si sono riversati qui gli studenti a 100 giorni dagli esami per ritrovarsi vicini a lui. E’ stata una giornata anche goliardica; però, vedere un Santuario invaso da giovani non organizzati da noi, spontaneamente vengono qui … vedere questi giovani così presi dal momento emozionante delle due celebrazioni in cui abbiamo commemorato gli studenti morti tra le macerie all’Aquila: è stato un momento struggente, un silenzio assoluto. Questo dimostra come i giovani veramente ci tengano.

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    Domani nei cinema in Italia il film di Jacques Audiard "Il profeta"

    ◊   “Guardare al reale per insegnare a vivere”: con questa dichiarazione Jacques Audiard ha diretto un film straordinariamente asciutto e intenso sull’ascesa al potere di un giovane arabo in un carcere francese. Il profeta, titolo metaforico come lo è il luogo nel quale tutto accade e si trasforma, ha vinto lo scorso anno il Gran Premio della Giuria a Cannes e recentemente nove César francesi. Un’opera originale e molto personale, nella sua epica e cruda narrazione di uomini senza morale, senza amore, senza pietà. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Non è di statura biblica né epica il profeta dell’intenso film di Jacques Audiard: Malik è soltanto un arabo-francese diciannovenne semianalfabeta che precipita nell’universo violento e durissimo di un carcere francese e che guarda oltre, oltre il presente, il reale, oltre il sangue, il sopruso, il delitto, il malaffare che si concretizzano in ogni angolo e in ogni forma. Malik, senza radici e senza passato, impara a sopravvivere e vivere proprio lì, in un carcere difficile dove tutti sono corrotti e corruttibili, per darsi una parvenza di statura umana, per lambire un futuro possibile, per diventare un uomo. Buono, cattivo, non gli interessa. Lui è una mente che si adatta e adattandosi si trasforma, prevedendo le mosse altrui e acquisendo nuovi livelli di potere. Diretto con accuratezza psicologica e grande virtuosismo cinematografico, ecco dunque il profeta che si piega agli ordini ricevuti, silenzioso e acuto osservatore, per diventare un domani chi gli ordini lì darà. Non è un film carcerario, ma è soltanto ambientato in un carcere con qualche veloce digressione criminale nel corso di libere e pericolose uscite; non è un film che moraleggia sulla colpa e la grazia, la condanna e il perdono. Con un piglio tra il puro noir e il documentario psicologico, scandaglia soltanto i rapporti umani, che sono rapporti di forza, evitando archetipi, stereotipi e facili approssimazioni. Qui risiede tutta la forza di un cinema che descrive uno spaccato di vita tragica, fa riflettere su quanto accade ogni giorno e presagire quanto siano difficili le soluzioni che, nella certezza dovuta della pena, non siano capaci di educare la personalità, ricostruirla, prepararla a un sano reinserimento sociale. Tutto si fonde e si trasforma nel carcere di Malik: orgoglio dell’appartenenza razziale e ideologica, lotta per la sopravvivenza e la supremazia. Spiazza, la regia di Audiard, perché non è mai prevedibile, anche nella sua crudezza, nella descrizione dell’istinto e del ragionamento, quando indaga sugli umani e i loro corpi, sulle menti e le loro dinamiche. Attori straordinari sono Niels Arestrup, il boss del clan dei corsi di cui seguiamo ascesa e caduta, e Tahar Rahim, perfettamente immedesimatosi nel piccolo delinquente Malik che pian piano, crescendo e a suon di profezie, diventerà un grande delinquente. Pronto per essere invincibile, profeta, appunto, di un mondo violento e spaventoso. Pronto per venire sicuramente vinto anche lui, se la coscienza non gli parlerà prima della probabile fine.

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    Chiesa e Società



    Il patriarca Twal ai cristiani: seminare pace e speranza in Terra Santa

    ◊   Qualsiasi occupazione innesca sentimenti di “odio”. Chi occupa “perde il senso del rispetto e della dignità altrui”. In chi subisce l’occupazione aumenta invece il “senso del rifiuto, del rancore e della resistenza”. Con queste parole mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme, ha commentato i recenti scontri in Terra Santa partecipando ieri ad un incontro nella cattedrale di San Lorenzo, a Genova, sulla situazione della Chiesa nei luoghi di Gesù dopo la visita di Benedetto XVI. La Terra Santa – ha detto il patriarca – ha bisogno dei semi di speranza e di pace per compiere “passi concreti di riconciliazione”. Ma ci sono persone – ha aggiunto – che perseguono obiettivi contrari e non hanno nessun senso di responsabilità. Ai cristiani di Israele, in maggioranza arabi per lingua e cultura, è chiesto di essere “ponte tra religioni, civiltà, culture e politiche”. In Palestina i cattolici arabi sono alle prese con le sfide di un cristianesimo che talvolta viene interpretato dagli altri arabi palestinesi come “posizione politica del disimpegno”, come se i cristiani “impegnati sul fronte della giustizia, della pace e del dialogo non prendessero posizione contro gli occupanti”. La teologia e la pastorale del perdono – ha spiegato mons. Fouad Twal – viene interpretata come “prassi del disimpegno”. I cristiani palestinesi – ha osservato – subiscono “le conseguenze della tragica situazione in cui versa tutta la Palestina, in particolare la drammatica disoccupazione”. L’instabilità politica e l’insicurezza – ha concluso il patriarca latino di Gerusalemme le cui parole sono state riprese dal Sir – alimentano una “progressiva emorragia” dovuta all’emigrazione. (A.L.)

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    Territori Palestinesi: chiusa dalle autorità un'emittente televisiva cristiana

    ◊   Per anni è stata la sola voce cristiana in terra palestinese e dalla sua fondazione ha ricevuto numerosi attestati di stima. E’ l’emittente cristiana Al-Mahed Nativity Tv che ieri, dopo 14 anni di programmazione, ha subito un drastico procedimento. La polizia ha fatto irruzione nella sede dell’emittente e, seguendo una direttiva impartita dal ministero degli Interni palestinese, ha bloccato le trasmissioni. Il direttore del canale televisivo, Samir Qumsieh, ha riferito ad AsiaNews che si tratta di un “provvedimento ingiustificato”. Il palinsesto di Al-Mahed Nativity Tv – ha aggiunto Samir Qumsieh - è molto ricco. Trasmissioni a carattere sociali e politico si alternano a programmi religiosi con messe, preghiere e le celebrazioni più importanti del calendario liturgico. Si tratta, dunque, di una proposta mediatica molto ampia rivolta non solo ai cristiani ma anche ai musulmani. Fonti locali riferiscono che dietro il blocco delle trasmissioni vi sarebbero motivazioni economiche. Il governo, infatti, pretendeva il pagamento di una somma di denaro che non sarebbe stata versata. Per il direttore Samir Qumsieh la chiusura del canale, che secondo le autorità sarebbe “sprovvisto di licenza”, è ingiustificata. (A.L.)

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    Iraq: chiesta un’indagine internazionale sugli attacchi contro cristiani e minoranze a Mosul

    ◊   Il governatore di Ninive, nel nord dell'Iraq, ha chiesto alle Nazioni Unite e all'Unione Europea di aprire un'inchiesta internazionale sugli attacchi contro le minoranze nella sua provincia. Atheel al-Nujaifi denuncia un'escalation delle violenze soprattutto a Mosul, capitale della provincia, ai danni dei cristiani costretti alla fuga o più semplicemente uccisi. Anche altre minorane, come gli shebek e gli yazidi, subiscono costanti minacce e aggressioni. Con una lettera, indirizzata al premier Nuri al-Maliki e al comandante delle forze Usa in Iraq, Nujaifi vuole puntare i riflettori della politica sulle “sofferenze della mia gente a Ninive e in particolare delle minoranze irachene, cominciate pochi anni fa”, dopo la caduta di Saddam nel 2003. Il governatore punta il dito contro le milizie curde e le fazioni politiche a cui appartengono. Sostiene che i peshmerga controllino gran parte del suo territorio, compresa la zona sinistra di Mosul. Secondo il politico, le intimidazioni contro cristiani e yazidi fanno parte di un piano per costringerli a scappare e annettere territorio alla regione semi-autonoma del Kurdistan con cui la provincia di Ninive confina. “Chi è contrario all'agenda curda, viene perseguitato, arrestato e fatto sparire”, continua Nujaifi. Nessuno dei leader curdi ha commentato le accuse. L'anno scorso un rapporto di Human Rights Watch denunciava che cristiani, yazidi, shabaki e turcomanni “sono presi come bersaglio nel conflitto fra arabi e curdi per il controllo del territorio e delle risorse della provincia di Ninive”. Ma alcune personalità curde hanno fatto notare all'agenzia AsiaNews che l’insicurezza della regione di Mosul è causata soprattutto dalla forte presenza di miliziani di al Qaeda, responsabili delle uccisioni mirate ai cristiani, e dalla mancanza di impegno e di efficacia delle forze dell’ordine (R.P.)

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    L'imminente visita di Obama in Indonesia, un'opportunità per l'islam locale

    ◊   La visita di Barack Obama in Indonesia è una felice opportunità per dimostrare che “l’islam può convivere e contribuire a una società pluralista” e che “Stati Uniti e comunità islamica nel mondo non sono nemici”. Obama “ha appreso in Indonesia il multiculturalismo e oggi lo vuole praticare, da Presidente degli Usa”: è quanto dichiarano all’agenzia Fides leader cristiani e musulmani in Indonesia, alla vigilia del viaggio del presidente degli Stati Uniti in Indonesia, in programma dal 23 al 25 marzo prossimi. L’Indonesia – ricorda la Fides - è il Paese in cui Obama ha vissuto da bambino (dal 1967 al 1971) e la nazione si prepara al suo arrivo con cerimonie di benvenuto. La comunità cristiana considera la visita di Obama un bene per l’Indonesia: oltre a rafforzare i rapporti diplomatici tra i due Paesi, la visita rappresenta un gesto di amicizia degli Stati Uniti verso l’islam. Il vescovo di Palangkaraya, mons. Aloysius Maryadi Sutrisnaatmaka, presidente della Commissione liturgica della Conferenza episcopale, sottolinea che “oltre ad essere il presidente degli Stati Uniti, Obama è anche premio Nobel per la pace. La sua visita in un Paese a maggioranza musulmana è anche un modo per dimostrare il suo impegno per portare la pace, ed affermare che l’islam non è nemico degli Stati Uniti, né gli Stati Uniti sono nemici dell’islam. Obama – prosegue il presule - porta con sé anche il messaggio che l’islam può contribuire a costruire una società pluralista. La visita di Obama – conclude il vescovo di Palangkaraya - è un’opportunità per riaffermare che nell’islam ci sono valori positivi”, anche se negli ultimi anni è prevalsa, a livello internazionale, “l’idea dell’islam come religione ispiratrice di violenza”. (A.L.)

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    India: modifiche e proposte dei cristiani alla legge contro la violenza intercomunitaria

    ◊   E’ un documento positivo, che desidera tutelare l’idea di un Paese laico, dove i diritti sono uguali per tutti, e che intende prevenire episodi di violenza intercomunitaria e interreligiosa. Ma è una legge che, per conseguire i suoi benefici scopi, necessita di alcune modifiche: è quanto afferma in una nota inviata all’agenzia Fides, l’All India Christian Council (Aicc), organizzazione ecumenica che comprende leader cristiani di tutte le confessioni, mentre il governo federale indiano si appresta a discutere la bozza del “Communal Violence Bill 2009”, per poi sottoporla al Parlamento indiano. La bozza di legge prevede mezzi per prevenire scontri fra comunità diverse, strumenti per la riabilitazione e il risarcimento delle vittime, modalità di sostegno e promozione dell’armonia sociale. Pur riconoscendo la bontà degli sforzi del governo, l’Aicc nota che “il documento non affronta adeguatamente le radici della violenza”: cioè la campagna di odio sparso pubblicamente, anche tramite i mass-media, da organizzazioni militanti e radicali. Inoltre non sono ben chiari “i criteri di risarcimento e compensazione delle vittime”, mentre si dovrebbero “esporre con maggiore nettezza i compiti della polizia e degli amministratori locali” che, in alcuni casi, si sono rivelati complici delle violenze, non avendo messo in atto i mezzi necessari per fermarle. Uno dei problemi più seri, nota l’Aicc, è infatti proprio quello che spesso le campagne violente (avvenute, ad esempio, contro i cristiani in Orissa o contro i musulmani in Gujarat) non sono state frutto occasionale di alcuni rivoltosi, ma campagne ben orchestrate, grazie a organizzazioni e partiti politici che detenevano il potere in alcuni distretti e in alcuni Stati. Fra i suggerimenti dell’Aicc per migliorare la legge: rafforzare i poteri della Commissione nazionale per le minoranze; prevedere severe punizioni per gli agenti di polizia che rifiutano di registrare la denuncia di un cittadino; interdire dai pubblici uffici funzionari responsabili o complici di campagne di violenza sociale; prevedere adeguate forme di assistenza pubblica agli sfollati interni, in seguito a eventuali conflitti sociali, secondo gli standard delle Nazioni Unite. (R.P.)

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    Soddisfazione dei vescovi indiani per la legge che apre le porte alle università straniere

    ◊   I vescovi indiani salutano con soddisfazione il via libera dato lunedì dal Consiglio dei Ministri al disegno di legge presentato dal Ministro dell’Istruzione che permetterà alle università straniere di aprire proprie sedi e corsi di laurea in India. Dopo essere stato osteggiato da diversi partiti quando fu presentato quattro anni fa, il “Foreign Educational Institutions Bill” può adesso essere presentato al Parlamento. “È senza dubbio un passo nella giusta direzione – ha dichiarato il portavoce della Conferenza episcopale (Cbci) padre Joseph Babu , secondo il quale il provvedimento darà nuove opportunità per un’educazione di migliore qualità e una maggiore concorrenza nell’offerta educativa in India. Se diventerà legge, ha aggiunto il sacerdote citato dall’agenzia Ucan, “aiuterà migliaia di studenti indiani ad accedere a un’educazione di qualità senza lasciare l’India e a costi molto minori”. Il disegno di legge prevede che gli atenei stranieri che vogliano aprire le loro sedi in India possano farlo previa autorizzazione da parte della Commissione per le borse di studio universitarie o di un altro organismo regolatore che dovrà controllare le loro attività. Secondo padre Joseph, considerando che numerose università straniere offrono oggi lauree in filosofia e in teologia, la nuova legge potrebbe finalmente aprire le porte al riconoscimento statale di alcuni corsi di formazione religiosa in India. Il via libera dato dal governo al provvedimento è stato accolto con generale favore dai media indiani. (L.Z.)

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    Filippine: i vescovi chiedono la liberazione di 43 volontari da un mese nelle mani dell’esercito

    ◊   Vescovi, leader religiosi e politici chiedono ad esercito e governo l’immediata liberazione di 43 operatori sanitari volontari detenuti dal 6 febbraio scorso a Morong (provincia di Rizal) con la falsa accusa di appoggiare i ribelli comunisti del New People Army (Npa). L’appello è stato diffuso in questi giorni sui media nazionali e firmato da oltre mille persone tra politici e leader  religiosi cattolici e protestanti. “L’ingiustizia non deve avere spazio nella società – afferma Edward Malecdan responsabile della chiesa episcopale filippina – soprattutto quando colpisce quelle persone che cercano di dare aiuto ai nostri fratelli bisognosi”.  I 43 volontari partecipavano a un corso di aggiornamento tenuto dalla Ong Council for health and development presso il Philippine General Hospital  nel villaggio di Morong a circa 100 chilometri dalla capitale. Durante la lezione oltre 300 militari hanno fatto irruzione nell’ospedale e li hanno arrestati. Secondo l’esercito, il gruppo di volontari era in possesso di esplosivi ed armi da fuoco utilizzate per appoggiare la guerriglia dei ribelli comunisti dell’Npa attivi nella zona. Dopo l’arresto, i volontari sono stati trasportati in un campo militare. Lo scorso 10 marzo – ricorda AsiaNews - la Corte d’appello ha respinto una petizione firmata dai famigliari degli arrestati e confermato la competenza del caso al tribunale della provincia di Rizal. I parenti hanno annunciato che faranno ricorso alla Corte suprema. (A.L.)

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    Asia e Africa: segnali diversi su crescita urbana e baraccopoli

    ◊   “L’espansione delle città è più rapida del miglioramento delle condizioni delle baraccopoli” sottolinea Gora Mboup, uno degli autori di un nuovo rapporto dell’Onu che fotografa progressi e difficoltà nello sviluppo urbano a livello globale. Coordinato dall’ente delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (Onu-Habitat) e intitolato “Lo stato delle città del mondo 2010-2011”, lo studio evidenzia che in termini assoluti la popolazione delle baraccopoli ha raggiunto gli 830 milioni. Il dato colpisce soprattutto se messo a confronto con le stime degli ultimi 20 anni: nel 1990 nelle periferie più povere vivevano “appena” 650 milioni, divenuti 760 nel 2000. Secondo lo studio, nell’ultimo decennio il miglioramento delle condizioni di vita ha consentito di “uscire” dalle baraccopoli a 227 milioni di persone, per lo più in India e Cina ma anche in Indonesia, Marocco, Colombia, Argentina e Repubblica dominicana. Difficile resta la situazione della regione sub-sahariana: dal Cairo a Nairobi, da Lagos a Kinshasa, in quartieri spesso senza acqua potabile e servizi igienici vivono 200 milioni di africani, circa il 60% della popolazione urbana. Il rapporto è stato diffuso a pochi giorni dal V Forum mondiale urbano, che si apre lunedì a Rio de Janeiro. Secondo il rapporto, oltre a un naturale incremento demografico all’espansione delle baraccopoli contribuiscono l’arrivo di migranti dalle campagne e l’assorbimento nel tessuto urbano di villaggi a ridosso delle periferie. (R.P.)

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    Germania: alla plenaria dei vescovi bavaresi la questione degli abusi sessuali

    ◊   Sugli abusi “non può esserci una misericordia a buon mercato”: lo ha detto mons. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, aprendo ieri a Vierzeheiligen (Baviera) la sessione primaverile dell’assemblea plenaria dei vescovi bavaresi, di cui è presidente, che in agenda ha proprio i casi di abuso sessuale. "Dobbiamo tutti elaborare le conseguenze del male abissale nel mondo, anche nella Chiesa. La preghiera va innanzitutto alle vittime degli abusi ma anche ai colpevoli”, ha aggiunto Marx, sottolineando che “la gran parte dei collaboratori ecclesiastici svolge il proprio servizio in modo integerrimo". Sempre ieri, - riferisce l'agenzia Sir - il portavoce della Conferenza episcopale tedesca Matthias Kopp, ha smentito le notizie circa l'istituzione di un fondo per il risarcimento delle vittime di abuso, ventilate dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung. “Non se ne è parlato finora", ha detto Kopp all’agenzia cattolica Kna. “Sulle forme e le modalità degli aiuti occorre consultarsi in modo accurato". (R.P.)

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    Madagascar: aumenta il numero di vittime a causa della tempesta Hubert

    ◊   Aumenta giorno dopo giorno il bilancio di vittime causate dal passaggio della tempesta tropicale Hubert in Madagascar. I morti sono almeno 54, 98.000 le persone coinvolte e circa 40.000 i senzatetto. E’ quanto rende noto l’Ufficio nazionale per la gestione dei rischi e delle calamità naturali (Bngrc). Finora è il distretto di Ikongo, circa 300 chilometri a sud-est di Antananarivo, il più colpito con 15 vittime. Nelle ultime ore – riferisce la Misna - si sono aggiunte otto vittime causate da frane in zone colpite dal fenomeno della deforestazione. Stampa locale e internazionale continuano a sottolineare le difficoltà nei soccorsi. I gravi danni materiali ad infrastrutture e comunicazioni interrotte stanno infatti ritardando gli interventi sul terreno. I primi aiuti alimentari, tende e coperte sono stati distribuiti dalla Croce Rossa malgascia con il sostegno di diverse organizzazioni non governative e di governi stranieri. (A.L.)

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    La Chiesa in Angola: il Paese sfrutti le proprie risorse

    ◊   C’è un Paese in Africa che sta vivendo una forte crescita economica grazie soprattutto alle proprie risorse minerarie, in particolare petrolio e diamanti il cui prezzo dopo una fase di crisi è di nuovo in crescita. E’ l’Angola dove però l’incremento nel Prodotto interno lordo non sembra corrispondere, però, ad un effettivo miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. E’ quanto afferma il vescovo di Benguela, mons. Eugenio Dal Corso, ricordando che negli ultimi anni il governo ha sostenuto massicci investimenti nelle infrastrutture. “Anche la recente Coppa d’Africa di calcio tenutasi in Angola ai primi di gennaio – sottolinea il presule all’agenzia Fides - ha prodotto nuove spese, in particolare per costruire 4 nuovi stadi”. Questi investimenti hanno però impoverito le casse dello Stato, “al punto che i dipendenti statali hanno ricevuto solo ai primi di marzo lo stipendio di gennaio e febbraio”. Se gli investimenti in infrastrutture sono necessari e benvenuti – prosegue mons. Dal Corso – quello che lascia perplessi “è la concentrazione di queste grandi opere nelle grandi città e nella fascia costiera”. Le zone rurali e interne – spiega il vescovo di Bnguela – sono ancora in gran parte “prive di strade e di altre opere pubbliche”. Occorre valorizzare le campagne perché l’Angola è ancora “costretta ad importare buona parte delle derrate alimentari”. Il governo – fa notare mons. Dal Corso – ha lanciato una campagna per rilanciare il settore agricolo, “ma i progressi sono ancora modesti”. L’Aids continua inoltre ad essere una piaga, soprattutto nella regione al confine con Namibia e Repubblica Democratica del Congo. Dal punto di vista ecclesiale, mons. Dal Corso sottolinea infine che la visita di Benedetto XVI nel 2009 in Angola ha rafforzato la fiducia della comunità cattolica. (A.L.)

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    Appello di Amnesty International alle autorità cubane per favorire la libertà di espressione

    ◊   “Le leggi in vigore a Cuba impongono limiti inaccettabili ai diritti alla libertà di espressione, riunione e associazione”, lo ha dichiarato Kerrie Howard, vicedirettrice del Programma Americhe di Amnesty. “Cuba ha disperatamente bisogno di riforme politiche e legali che rispettino gli standard internazionali sui diritti umani”. Questa l’esortazione di Amnesty alle autorità cubane in occasione del settimo anniversario dell’arresto di 75 dissidenti, avvenuto il 18 marzo 2003. Nel rapporto - ripreso dall’agenzia Sir - si ricorda che di questo gruppo 75 dissidenti sono ancora imprigionati mentre Orlando Zapata Tamayo è morto il 22 febbraio, dopo uno sciopero della fame, protrattosi per diverse settimane, contro le condizioni carcerarie. A tal proposito, l’organizzazione per i diritti umani sollecita di rilasciare tutti coloro che sono sottoposti a una detenzione ingiusta. Sulla situazione dei diritti umani a Cuba, Amnesty ha poi chiesto al presidente Raúl Castro di consentire verifiche indipendenti, invitando gli esperti dell’Onu a visitare l’isola e favorendo il monitoraggio di altri gruppi per i diritti umani. (A.L.)

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    Le religiose del Brasile contro la tratta di essere umani

    ◊   Il Coordinamento della rete religiosa "Un Grito por la Vida" si è riunito ieri, a Brasilia, per discutere e pianificare azioni relative alla lotta e alla prevenzione della tratta di esseri umani. La riunione si concluderà domani. Suor Beatriz Duarte Gomes, responsabile della Conferenza dei Religiosi del Brasile, ha detto che l'obiettivo principale della riunione è quello della campagna di sensibilizzazione contro la tratta di esseri umani. La stessa questione, a livello internazionale, è stata affrontata in una riunione di religiose tenutasi a Johannesburg, capitale del Sud Africa, e promossa dalla rete “Talita Kum”, dove sono state discusse le strategie per prevenire il traffico di esseri umani durante la Coppa del Mondo 2010. Suor Gabriella Bottani, membro della rete "Un Grito por la Vida" che ha partecipato alla riunione in Sudafrica, presenterà alle religiose riunite a Brasilia le indicazioni emerse in quella circostanza, sollecitando il dibattito. Oltre alla questione del traffico di persone durante la Coppa del Mondo – ricorda l’agenzia Fides - la Rete delle religiose discuterà la scelta del tema per la Campagna di Fraternità. (A.L.)

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    Vietnam: Quaresima di missione per i cattolici di Saigon

    ◊   Costruire la comunione, collaborare e portare la Buona Novella a tutti: è il tema della Quaresima dell’arcidiocesi di Saigon, portato a circa 652mila fedeli delle oltre 200 parrocchie, senza contare i “piccoli centri di missione”, nelle quali lavorano 313 incaricati. La Chiesa locale conta inoltre su 292 religiosi, 3.588 suore e 2028 sacerdoti. Nello spirito del Giubileo 2010 della Chiesa vietnamita sul tema: “I cattolici vietnamiti sono buoni cattolici per divenire buoni cittadini”, in questo periodo di Quaresima, le parrocchie hanno organizzato attività pastorali e riti penitenziali. Attraverso le attività pastorali, i fedeli hanno manifestato lo spirito di carità verso le persone che vivono nelle loro comunità. Paul, un laico della parrocchia di Binh an thuong dice ad AsiaNews: “oggi non vogliamo usare la violenza per combattere l’ingiustizia nella società, ma dobbiamo perdonare e vivere nell carità con tutti”. Per il Giubileo, il cardinale Pham Minh Man ha invitato i gruppi pastorali, le comunità e tutti i fedeli dell’arcidiocesi a seguire gli insegnamenti della Chiesa per vivere in primo luogo una “religione umana” per costruire la Chiesa e essere buoni cittadini. Padre Giuseppe, viceparroco di una piccola parrocchia di Bien Hoa City, provincia di Ding Nai, racconta: “la mia parrocchia ha pochi giovani, eppure ogni volta che organizzo gli incontri mensili, ci sono più di 270 giovani che vengono dai villaggi vivini. La maggior parte di loro sono buddisti o seguono la religione degli antenati o non hanno fede. Hanno bisogno di sostegno morale per la loro vita. Nella mia preghiera durante la messa penso che siamo poche persone e una piccola parte della missione. Così, li incontro, parlo con loro, scambio con loro esperienze di lavoro. Li capisco e loro vengono sempre di più in chiesa”. Per il Giubileo, il cardinale ha parlato della vita religiosa basata sui rapporti delle persone con la famiglia, la società, la Chiesa e Dio. Dobbiamo imparare a guardare l’amore di Gesù e la verità per la nostro vita, le nostre famiglie e la società umana. (R.P.)

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    Cina: la devozione della comunità cattolica a San Giuseppe

    ◊   In tutta la Cina, e soprattutto nelle parrocchie dedicate a san Giuseppe - Patrono della Chiesa Universale e della Missione in Cina - i fedeli stanno vivendo intensamente il mese di marzo, dedicato al santo, nel segno della Quaresima. La parrocchia di san Giuseppe che si trova al centro di Pechino, risalente alla chiesa costruita dai due gesuiti missionari, successori di padre Matteo Ricci: padre Louis Buglio e padre Gabriel de Magallanes, ha cercato di unire i tanti aspetti spirituali sulla figura di San Giuseppe e del padre Matteo Ricci. La Congregazione religiosa diocesana di Pechino dedicata a san Giuseppe sta preparando i voti perpetui delle consorelle che si terrà domani, giorno della festa. Dal momento che san Giuseppe è anche Patrono dei lavoratori, i sacerdoti hanno voluto mettere in evidenza anche la realtà cinese dei lavoratori immigrati, invitandoli a festeggiarlo domani insieme alla comunità cinese. Nel mondo cattolico cinese la fervente devozione allo Sposo di Maria e custode di Gesù Bambino ha una lunghissima tradizione e storia. Ogni anno - riferisce l'agenzia Fides - la solennitа di san Giuseppe è momento di grandi festeggiamenti, con la preghiera, la novena, l’adorazione eucaristica, per rendere grande onore al Santo più umile. Per questo motivo i fedeli cinesi nutrono un affetto speciale per Lui, come testimoniano tante chiese, strutture ecclesiali (seminari, congregazioni nazionali e diocesane), istituti caritativi (orfanotrofi, case per anziani) e scuole cattoliche che sono a Lui dedicate e portano il suo nome. Inoltre san Giuseppe è anche patrono della “buona morte”, e questo aspetto trova grande rispondenza con la tradizione cinese, molto attenta agli aspetti spirituali che riguardano la vita e la morte. (R.P.)

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    Sri Lanka: cala al nord la diffusione della dengue

    ◊   La diffusione della febbre emorragica dengue sta diminuendo nella zona settentrionale dello Sri Lanka, tuttavia gli ufficiali sanitari diffidano ad abbassare la guardia e invitano ad una maggiore vigilanza. Dall’inizio di quest’anno, sono stati registrati oltre 2 mila casi di questa infezione trasmessa dai mosquito, nei distretti di Jaffna e Vavuniya, alimentata ulteriormente dalle ultime piogge monsoniche degli ultimi mesi del 2009. Secondo l’Unità epidemiologica del Ministero della Sanità, 22 casi sono stati riportati a Jaffna nei primi 10 giorni del mese di marzo, evidenziando un’importante diminuzione rispetto agli 800 casi riportati rispettivamente a gennaio e febbraio. Nel frattempo, si è registrato un calo anche a Vavuniya, dove a gennaio si sono avuti 336 casi, 91 a febbraio e 10 dall’inizio di marzo fino ad oggi. Un grande numero di civili sfollati, vittime della guerra civile decennale terminata a maggio del 2009, vivono ancora a Vavuniya. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), alla data dell’8 marzo, oltre 104 mila sfollati sono rimasti nei campi di Jaffna, Vavuniya Mannar. Di questi, oltre 99mila si trovano nella Menik Farm di Vavuniya, mentre oltre 170 mila sono tornati nelle proprie abitazioni. Verso la fine del 2009, il monsone nordoccidentale ha accelerato la diffusione della malattia, registrando fortunatamente pochi decessi, a differenza dei contagi che continuavano ad aumentare. Quando la dengue è stata riportata per la prima volta a Vavuniya, nel mese di settembre 2009, l’Oms e il Ministero della Sanità hanno evidenziato il fatto che la diffusione dell’infezione si sarebbe potuta incrementare a causa del più facile accesso per i civili e gli altri al nord del paese. Per cercare di mitigare il contagio, a metà 2009, le autorità sanitarie hanno avviato una campagna di sensibilizzazione per cercare di educare la popolazione con visite a domicilio da parte di ispettori sanitari. Secondo l’Unità epidemiologica, la dengue ha raggiunto livelli epidemiologici in tutto lo Sri Lanka nel 2009 con oltre 32 mila contagi e 300 decessi. La zona settentrionale non ne è stata gravemente colpita. I distretti di Kandy, Colombo, Gampaha, Kegalle e Kurunegala, (nelle aree centrale ed occidentale del paese) sono quelli più gravemente colpiti. Questa febbre emorragica è stata endemica nello Sri Lanka per diversi decenni. Ogni due, tre anni sono state riscontrate epidemie, e nel 2004 sono stati registrati 15.467 casi e 88 decessi. Secondo l’Oms, il tasso di incidenza della malattia è cresciuto drammaticamente. Circa 2.5 miliardi di persone, due quinti dell’intera popolazione mondiale, sono a rischio. Ogni anno si stimano circa 50 milioni di contagi in tutto il mondo. (R.P.)

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    Incontro a Barcellona sulla cura pastorale dei figli degli immigrati

    ◊   I figli degli immigrati. Quale pastorale? E’ stato questo l’interrogativo chiave al centro del 21.mo incontro annuale di "Pastorale dei migranti nelle grandi città d'Europa", tenutosi nei giorni scorsi a Barcellona. Hanno partecipato responsabili e operatori pastorali ed esponenti delle Commissioni nazionali della pastorale dei migranti di Francia, Spagna e Svizzera. Durante il convegno – rende noto la Fides – sono stati considerati i contesti delle diverse città, mettendo in luce la varietà delle situazioni in cui vivono i giovani a seconda della particolare storia d'immigrazione di ogni singolo Paese. Dall’incontro è emerso che l'inserimento scolastico e professionale risulta fondamentale per l'integrazione nella società e la possibilità per i ragazzi di sviluppare, in modo sereno ed equilibrato, la propria duplice appartenenza culturale e linguistica. L’impegno della Chiesa ha, quindi, anche un carattere sociale, educativo e politico, allo scopo di garantire pari opportunità a tutti i giovani e di contrastare il diffondersi della xenofobia. La pastorale specifica per i figli degli immigrati cattolici intende aiutarli a diventare cristiani adulti e a testimoniare la fede in una società sempre più contraddistinta dagli estremi di una secolarizzazione avanzata e di una varietà religiosa senza precedenti. Per coloro che nascono nel Paese d'immigrazione si pone la questione della partecipazione attiva all'interno della Chiesa locale, una partecipazione che non implichi la negazione delle loro radici religiose legate alla famiglia e, quindi, alla cultura di origine. Importante è ricordare che prima di essere "migranti" sono "giovani", cioè pienamente partecipi degli stili di vita e dei linguaggi giovanili diffusi oggi a livello globale. Tra le proposte emerse vi è quella di una maggiore convergenza tra pastorale familiare, giovanile e migratoria. (A.L.)

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    Francia: le associazioni cattoliche contrarie al disegno di legge per il 'divorzio flash'

    ◊   In Francia, dopo il divorzio lampo in circa tre mesi, una nuova legge potrebbe rendere l’iter ancora più veloce. Il ministro della Giustizia, Michèle Alliot-Marie, ha presentato un progetto di legge per accelerare la procedura dei divorzi consensuali di coppie che non hanno né figli minorenni né eredi. Il testo dovrebbe passare in Parlamento nei prossimi mesi. Secondo il ministro della Giustizia francese, questa nuova procedura dovrebbe facilitare l’iter del divorzio e alleggerire il carico di magistrati e tribunali perché le coppie non dovranno più presentarsi in tribunale. Il disegno di legge prevede che gli avvocati della coppia scelgano un giudice per gli affari familiari grazie ad una convenzione. Il magistrato sarà poi incaricato di esaminare l’atto, di verificare che siano preservati gli interessi delle due parti. Agli ex coniugi sarà poi recapitata la decisione senza dover comparire davanti al giudice. Le associazioni cattoliche hanno subito espresso la loro contrarietà al disegno di legge poiché banalizza “il divorzio”. Nel 2007 in Francia oltre 139.000 coppie hanno divorziato. In 92.000 casi si tratta di divorzi consensuali. Tra questi, 45.000 riguardano coppie che non hanno avuto figli o con figli maggiorenni. La procedura di divorzio può essere ancora più veloce in Svezia dove è sufficiente recarsi in municipio ed apporre una firma davanti ad un funzionario amministrativo. La Spagna ha recentemente approvato “il divorzio veloce”, che si può ottenere nell’arco di un anno. I due Paesi europei con le procedure più lunghe - ricorda infine Avvenire - sono Irlanda e Polonia, dove devono passare almeno quattro anni dalla separazione. (A.L.)

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    Svizzera: appello ecumenico in favore dell'ambiente

    ◊   La Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale svizzera lancia un appello ecumenico a favore dell’ambiente. Insieme a “Oeku Eglise” – associazione ecumenica che si occupa, in particolare, della salvaguardia del Creato – Giustizia e Pace ha inviato una lettera al Consiglio nazionale svizzero. Nella missiva, si chiede un maggiore impegno in favore di una politica ambientale duratura e giusta nel Paese. “I due organismi – si legge nel testo – incoraggiano i consiglieri nazionali ad intervenire nel dibattito attuale in vista di una politica sul clima all’avanguardia, mirata ad intraprendere i cambiamenti necessari allo scopo”. L’obiettivo primario, infatti, “deve essere quello di non lasciare che l’aumento medio della temperatura del Globo superi i due gradi. In quanto Paese industrializzato, la Svizzera ha una particolare responsabilità: ridurre del 40% le emissioni di CO2 nel Paese entro il 2020 è necessario e giusto”. Di qui, il richiamo di Giustizia e Pace e di Oeku Eglise ad una “politica climatica giusta che tenga conto degli ambiti di emissione. In Svizzera, essi sono le industrie e la circolazione stradale. Bisogna, quindi, mantenere con fermezza la tassa sul carburante”. Infine, la lettera conclude ribadendo che “una politica sul clima all’avanguardia non è solo un’esigenza di giustizia, ma si pone anche al servizio degli interessi propri della Svizzera, perché il Paese cresca economicamente”. (I.P.)

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    Inghilterra: cambiamenti in vista per la Conferenza nazionale dei sacerdoti

    ◊   La Conferenza nazionale dei sacerdoti di Inghilterra e Galles (Ncpew) si prepara ad un grande cambiamento che, informa una nota, darà nuova forma alla collaborazione tra vescovi e sacerdoti. Dopo un ampio giro di consultazione, durato 18 mesi, in tutte le 22 diocesi locali, è emersa chiaramente la volontà di rinnovare la Ncpew di fronte alle sfide attuali. Istituita 39 anni fa, infatti, la Conferenza nazionale dei sacerdoti ha visto, con il tempo, una sempre minore partecipazione dei suoi membri e una crescente difficoltà di comunicazione con i rappresentanti episcopali. È stato quindi creato un gruppo di lavoro - comprendente, tra gli altri, padre Marcus Stock, segretario generale della Conferenza episcopale cattolica locale – per portare avanti il progetto di riforma. Su alcuni punti, è già stato raggiunto un accordo: ad esempio, si è stabilito che il nuovo organismo comprenderà 22 membri diocesani, uno per ciascuna diocesi di Inghilterra e Galles, e che un possibile nome del nuovo organismo potrebbe essere ‘Associazione dei sacerdoti di Inghilterra e Galles’; spetterebbe, poi, al segretario generale dei vescovi tenere i rapporti con il nuovo organismo. La nuova associazione, inoltre, potrebbe riunirsi due volte l’anno per identificare i temi di maggior interesse, mentre ogni due anni si potrebbe tenere una conferenza aperta a tutti i sacerdoti di Inghilterra e Galles. Infine, i temi in esame potrebbero essere stabiliti anche in base all’agenda della Conferenza episcopale. “Il nuovo organismo – afferma padre Tony Slingo, vicepresidente uscente della Ncpew – permetterà alla nostra missione sacerdotale di far fronte contemporaneamente alla realtà diocesana locale e alle strategie nazionali, mettendo insieme indipendenza e collegialità, diversità ed unità”. “L’obiettivo della missione sacerdotale – aggiunge padre Tom Jordan, presidente uscente della Conferenza – deve essere la diocesi locale, ma questo nuovo organismo va ad aggiungersi all’impegno dei sacerdoti all’interno dei singoli Consigli diocesani portando così benefici anche a livello nazionale”. Soddisfazione per il progetto viene espressa da padre Marcus Stock: “Questo nuovo organismo – dice – è una grande opportunità, con molti aspetti positivi, perché combina il realismo con un metodo costruttivo, per i sacerdoti ed i vescovi, di impegnarsi insieme su temi strategici”. Dal suo canto, l’assemblea dei vescovi afferma: “Questa proposta rappresenta un passo in avanti coraggioso, qualcosa di cui essere fieri, un nuovo capitolo di quell’unità che serve per costruire il Regno di Dio”. (I.P.)

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    Le 102 Radio latinoamericane gestite dai Gesuiti vogliono entrare in rete

    ◊   E' in corso a Caracas, in Venezuela, la prima riunione della Rete delle Radio gestita dai Gesuiti in America Latina e nei Caraibi: l’incontro è iniziato martedì scorso e proseguirà fino a sabato 20 marzo presso la sede della Conferenza episcopale venezuelana a Caracas. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, i circa 40 partecipanti provengono da varie parti del continente. I rappresentanti delle Radio della Repubblica Dominicana, di Messico, Argentina, Paraguay, Perù, Ecuador, Honduras e Venezuela, sono venuti alla riunione con molto entusiasmo e tante speranze, e anche con un enorme desiderio di promuovere la creazione di una Rete fra loro. Padre Francisco Muguiro, direttore della stazione Radio Marañón, emittente che contribuisce all'evangelizzazione appoggiando lo sviluppo sostenibile della regione nord-est del Perù, ha espresso la sua gioia e la sua speranza per i frutti che ci si aspetta di questo incontro. Padre Muguiro ha detto che è la prima volta che le Radio dei Gesuiti desiderano dare vita ad uno spazio che preveda il coordinamento e progetti radiofonici in comune. Sono 102 le stazioni radio in tutto il continente gestite dai Gesuiti. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Razzo Qassam lanciato da Gaza uccide un contadino in Israele

    ◊   Un razzo Qassam lanciato contro il sud d'Israele dalla Striscia di Gaza - la porzione di territorio palestinese controllata dagli integralisti di Hamas - è tornato oggi a uccidere dopo diversi mesi. È accaduto nel giorno dell'arrivo nell'enclave della nuova rappresentante della politica estera dell'Ue, Catherine Ashton: la vittima è un immigrato thailandese che lavorava come bracciante agricolo presso un kibbutz. L'attacco è stato rivendicato da Ansar al-Sunna, un gruppo radicale islamico avversario di Hamas. Nelle ore precedenti altri due Qassam erano caduti non lontano dalla cittadina di Sderot (sud di Tel Aviv) nel quadro di un’improvvisa recrudescenza di attacchi. Il vicepremier israeliano ha detto che la risposta di Israele sarà adeguata e forte. La visita della Ashton è a carattere umanitario e non prevede incontri con rappresentanti di Hamas, ma l'emissaria dell'Unione Europea vuole condannare “con fermezza ogni atto di violenza”. Reduce da colloqui in Israele e in Cisgiordania con i vertici dello Stato ebraico e dell'Autorità nazionale palestinese del presidente moderato Abu Mazen, Ashton è in questi giorni al debutto sulla scena mediorientale in un momento di rinnovata tensione.

    Disarmo e Medio Oriente al centro dei colloqui Russia-Usa a Mosca
    Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, è giunta oggi a Mosca per colloqui con il suo omologo russo Serghiei Lavrov sul disarmo nucleare e per partecipare alla riunione del Quartetto sul Medio Oriente, in programma domani. Il servizio di Fausta Speranza

     
    La visita di Hillary Clinton durerà 36 ore: il segretario di Stato Usa avrà colloqui con il presidente russo Medvedev, mentre per il momento non sono previsti incontri con il premier Putin. Clinton e Medvedev discuteranno del trattato Start, in scadenza, e della nuova intesa che prevede la riduzione degli arsenali nucleari di Mosca e Washington. La Clinton incontrerà anche il ministro degli Esteri Lavrov, che in un’intervista al quotidiano russo Rossiiskaya Gazeta ha detto che Russia e Stati Uniti non sono più avversari, ma non sono ancora amici. Con il presidente Obama – ha spiegato – è cambiata al positivo l’atmosfera nelle relazioni internazionali fra i due Paesi. Da parte statunitense, si parla di “buoni progressi” ma di nessuna data prevista per la conclusione effettiva dell’accordo. Sul tavolo dei colloqui bilaterali anche la questione del nucleare iraniano: la Clinton ha accennato più volte nelle settimane scorse a un possibile passaggio alla fase delle sanzioni. Ma nella capitale russa, la Clinton è attesa anche per un dibattito più ampio sulla situazione in Medio Oriente: domani ci sarà la riunione del cosiddetto Quartetto sul Medio Oriente, cioè Usa, Russia, Unione Europea e Onu. Secondo l'agenzia di stampa Interfax, che cita il ministero degli Esteri russo, il Quartetto ha denunciato il progetto israeliano di costruire nuove case a Gerusalemme est e intende monitorare da vicino la situazione, dicendosi pronto ai nuovi passi che potrebbero rendersi necessari.

     
    Iran
    Domina ancora l’incertezza per la prossima risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu sulla spinosa questione del nucleare iraniano. Durante l'incontro con la stampa a Tokyo, ove si trova il ministro degli Esteri francese per una missione diplomatica di due giorni, Bernard Kouchner informa che si stanno cercando soluzioni ma al momento “senza alcun risultato”. “È un pericolo – aggiunge - avere una nazione con un potenziale nucleare a uso militare”. “Il movimento di protesta in Iran – aggiunge il ministro francese - va sostenuto, perché gran parte della popolazione è contraria al risultato delle ultime elezioni presidenziali”'. Intanto, Casipan Makan, il fidanzato di Neda, vittima-simbolo della repressione delle manifestazioni di protesta, intervenendo alla Commissione Esteri della Camera in Italia propone, come sanzione contro Teheran, di non comprare più il petrolio dell’Iran. “La migliore sanzione è proprio questa, è una di quelle che non si abbattono sul popolo e che non finiscono per colpire persone come Neda e tanti altri”, suggerisce Makan, rendendo noto che circa l’85% dell’economia iraniana si fonda sui proventi del petrolio.

    La Spagna propone vertice a sei per accelerare la riunificazione di Cipro
    Nel tentativo di ridare slancio ai negoziati per la riunificazione di Cipro, avviati nel settembre 2008 ma apparentemente giunti a un punto morto, la Spagna - presidente di turno dell'Ue - ha proposto la convocazione di un vertice a sei. Lo riferisce il quotidiano Hurriyet citando fonti diplomatiche turche secondo le quali, oltre alla Repubblica di Cipro, alla Repubblica turca di Cipro del Nord (Rtcn, riconosciuta solo da Ankara), alla Grecia e alla Turchia, alla riunione dovrebbero partecipare la Spagna, in rappresentanza dell'Ue, e le Nazioni Unite. Il presidente cipriota Demetris Christofias, da parte sua, avrebbe subito accettato la proposta a condizione di poter avere, a margine del vertice, un colloquio faccia a faccia con il premier turco Tayyip Erdogan. Ankara, secondo le fonti, ha accettato la richiesta di Christofias a condizione che il leaderturco-cipriota Mehmet Ali Talat possa avere un analogo colloquio con il premier greco George Papandreou. Il capo della diplomazia spagnola ha vissuto sei anni a Cipro con la famiglia quando ricopriva l'incarico di rappresentante speciale dell'Ue per il Medio Oriente.

    Darfur
    Il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner ha espresso la propria soddisfazione per la liberazione di Gauthier Lefevre, un impiegato franco-britannico della Croce Rossa internazionale (Cicr), rapito in ottobre nel Darfur e liberato oggi dopo cinque mesi di detenzione. “È per noi tutti un sollievo e una grande gioia”, afferma il capo della diplomazia francese in un comunicato, sottolineando che l'ostaggio ha dovuto far fronte a una “terribile prova”. Lefevre, 35 anni, in servizio con il Cicr da cinque, era stato sequestrato il 22 ottobre scorso mentre viaggiava su un convoglio della Croce Rossa nella parte ovest del Darfur, presso la frontiera con il Ciad.

    Thailandia
    I leader delle camicie rosse thailandesi - in piazza da sette giorni a Bangkok – hanno rifiutato l'appello al dialogo lanciato dal primo ministro Abhisit Vejjajiva, che oggi aveva ribadito la sua disponibilità al negoziato con i sostenitori dell'ex premier Thaksin Shinawatra, se questi avessero contenuto la loro protesta nei limiti della legge. Jatuporn Prompan, uno dei tre capi al vertice dell'Udd (Fronte unito per la democrazia) ha spiegato che le trattative sono impossibili, finchè Abhisit si rifiuterà di considerare la richiesta di sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni. Mentre il numero di manifestanti è in costante calo rispetto al picco di domenica - meno di 40 mila, secondo le autorità - le camicie rosse sono comunque intenzionate a causare blocchi stradali in tutta Bangkok sabato, nel tentativo di mettere ulteriore pressione sul governo.

    Amnesty International: aziende europee commercializzano strumenti di tortura
    Alcune aziende europee commercializzano cosiddetti strumenti di tortura, nonostante l’introduzione nel 2006 di controlli atti a proibirne lo smercio. La denuncia è di Amnesty International e coinvolge alcune ditte, anche italiane, che producono materiale destinato a polizia e forze di sicurezza: ad esempio apparecchi di controllo a distanza dei detenuti, tipo braccialetti e cinture elettriche. Amnesty chiede agli Stati di tappare le falle legislative che consentono a queste ditte di utilizzare scappatoie legali. Francesca Sabatinelli ha intervistato Mauro Palma, presidente del comitato del consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura.

    R. – Quegli strumenti che Amnesty classifica di tortura, in molti Paesi europei, invece, sono classificati come strumenti di sicurezza avanzata, volti ad essere un’alternativa o alla presenza fisica di personale o all’utilizzo delle armi da fuoco.

     
    D. – Questi controlli che furono introdotti nel 2006 non adottavano un linguaggio comune su quelli che potevano essere considerati strumenti di tortura?

     
    R. – Su una serie di strumenti non c’è discussione, c’è una sorta di classificazione internazionalmente accettata. Questi livelli, invece, di controllo a distanza sono risultati essere in molti Paesi convenienti, formalmente non letali. Questa idea dell’essere non letali ed economicamente vantaggiosi ha determinato un mercato molto preoccupante anche in Paesi europei a democrazia abbastanza avanzata.

     
    D. – Sempre Amnesty International, diverso tempo fa, sottolineava come gli Stati Uniti avessero venduto i cosiddetti equipaggiamenti per la sicurezza a Paesi dove la tortura sappiamo essere in vigore. Ciò accade anche dall’Unione Europea?

     
    R. – Ciò accade anche da alcuni Stati europei. Se è vero che l’Unione Europea non può essere accusata di vendere strumenti a Paesi che palesemente torturano, può essere accusata di venderli a Paesi su cui non ha fatto indagini sufficienti, per sapere come utilizzeranno questi strumenti.

     Protesta delle ''Damas de Blanco'' contro il governo di Raul Castro a Cuba
    ''Possono uccidermi fisicamente, ma non uccideranno le mie idee”. Lo ha dichiarato all’agenzia Ansa il noto dissidente cubano Guillermo Farinas, ricoverato in ospedale da circa una settimana per il digiuno, che si protrae da ben ventidue giorni, per protesta sulle condizioni carcerarie a Cuba. Tali dichiarazioni seguono la manifestazione di protesta all'Avana di circa trenta ''Damas de Blanco'', mogli, madri e figlie di prigionieri politici, in protesta contro il governo, dopo aver partecipato a una Messa nel quartiere di Parraga in suffragio di Orlando Zapata, morto per lo stesso sciopero della fame. Nella capitale cubana, le dissidenti, tra cui Reina Luisa Tamayo, madre di Zapata, e Laura Pollan, una delle fondatrici del gruppo, sono state fermate dalla polizia e accompagnate nelle loro rispettive abitazioni. La marcia rientra tra le manifestazioni organizzate in occasione del settimo anniversario della cosiddetta “Primavera Nera”, quando furono arrestati 75 dissidenti, di cui 53 ancora in carcere. Una contro-manifestazione di circa 300 sostenitori del governo ha contestato in maniera netta l’operato delle donne.

    Incidente di autobus in Nepal: oltre 30 i morti
    È di almeno 31 passeggeri morti il bilancio dell'incidente che ha coinvolto un autobus stamani nel Nepal Occidentale. Lo riferiscono fonti di stampa nepalese. L'automezzo, hanno indicato i soccorritori, è uscito di carreggiata precipitando nel fiume Karnali dopo un salto di 150 metri. Dodici feriti sono stati trasportati in ospedale con un elicottero. Non è chiaro quanti passeggeri si trovassero a bordo del mezzo al momento dell'incidente. Partito dal distretto di Kalikot con 20 passeggeri, l'autobus si è affollato durante il tragitto, al punto che molte persone erano state costrette a salire sul tetto.

    Guatemala
    La magistratura del Guatemala ha autorizzato l'estradizione dell'ex presidente Alfonso Portillo negli Stati Uniti, dove è accusato di aver sottratto milioni di dollari dai fondi pubblici durante il suo mandato (2000-2004). L'ex presidente Portillo, 58 anni, era stato accusato lo scorso gennaio di sottrazione di fondi e di riciclaggio di denaro sporco da un tribunale di New York. In seguito era stato arrestato su una spiaggia del nord-est del Guatemala mentre tentava di fuggire a bordo di una imbarcazione verso il Belize. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Carla Ferraro)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 77

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