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Sommario del 11/03/2010
Benedetto XVI sul Sacramento della Riconciliazione: tocca i cuori col conforto divino in un mondo che ha perso il senso di Dio e del peccato
◊ “Tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il Sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui ‘abitare’ più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio”. E’ lo scenario che Benedetto XVI ha indicato ai sacerdoti nell’udienza concessa ai partecipanti al Corso sul Foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica. Il Papa ha invitato a mostrare “la bellezza e la grandezza della bontà del Signore” alla gente di oggi, tentata da un relativismo che offusca le coscienze. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Se sbiadisce l’esperienza di Dio, si dissolve il senso del peccato: e questa è la realtà che si respira oggi in modo diffuso. Ma se le persone sono aiutate all’incontro con Dio come a un “dialogo di salvezza” con un Padre buono che le ama, ecco che la conversione del cuore porta a un diverso stile di vita, alla rinuncia al male. Mediatore e strumento per eccellenza di questo incontro sono il sacerdote e il Sacramento della Riconciliazione. Su questi punti, Benedetto XVI ha costruito la sua riflessione al cospetto degli esperti e dei sacerdoti che hanno partecipato al Corso annuale della Penitenzieria Apostolica sul Foro interno, ricevuti in udienza:
“La ‘crisi’ del Sacramento della Penitenza, di cui spesso si parla, interpella anzitutto i sacerdoti e la loro grande responsabilità di educare il Popolo di Dio alle radicali esigenze del Vangelo. In particolare, chiede loro di dedicarsi generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare con coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo mondo, ma sappia compiere scelte anche controcorrente, evitando accomodamenti o compromessi”.
Compromessi che sono tipici dell’attuale “contesto culturale segnato”, ha constatato il Papa...
“…dalla mentalità edonistica e relativistica, che tende a cancellare Dio dall’orizzonte della vita, non favorisce l’acquisizione di un quadro chiaro di valori di riferimento e non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giusto senso del peccato. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che c’è una sorta di circolo vizioso tra l’offuscamento dell’esperienza di Dio e la perdita del senso del peccato”.
Ed è in antitesi a queste derive della coscienza personale e collettiva che, ha affermato il Pontefice, deve stagliarsi la figura del sacerdote. Il modello cui ispirarsi è San Giovanni Maria Vianney dal quale, ha indicato, si può imparare “una inesauribile fiducia nel Sacramento della Penitenza” e rafforzare quelle attitudini che sono l’essenza del sacerdozio: spirito di orazione, povertà evangelica, “rapporto personale e intimo con Cristo”, celebrazione della Messa. Ma anche, ha aggiunto Benedetto XVI, “un’intensa dimensione penitenziale personale”:
“La coscienza del proprio limite ed il bisogno di ricorrere alla Misericordia Divina per chiedere perdono, per convertire il cuore e per essere sostenuti nel cammino di santità, sono fondamentali nella vita del sacerdote: solo chi per primo ne ha sperimentato la grandezza può essere convinto annunciatore e amministratore della Misericordia di Dio”.
Per questo, ha ribadito il Papa, “è importante che il sacerdote abbia una permanente tensione ascetica, nutrita dalla comunione con Dio, e si dedichi ad un costante aggiornamento nello studio della teologia morale e delle scienze umane”:
“Nelle condizioni di libertà in cui oggi è possibile esercitare il ministero sacerdotale, è necessario che i presbiteri vivano in ‘modo alto’ la propria risposta alla vocazione, perché soltanto chi diventa ogni giorno presenza viva e chiara del Signore può suscitare nei fedeli il senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdono di Dio”.
Il Papa ricorda lo Sceicco Sayyed Tantawi: un grande leader religioso, impegnato nel dialogo tra cattolici e musulmani
◊ Una grande figura di leader religioso, che “per molti anni è stato un partner di valore nel dialogo tra musulmani e cattolici”: Benedetto XVI ricorda così il Grande Imam e Sceicco di Al-Azhar, Muhammad Sayyed Tantawi, spentosi ieri all’età di 81 anni. In un telegramma allo Sceicco Muhammad Abd al-Aziz Wasil, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il Papa esprime il suo sincero cordoglio alla comunità di Al-Azhar e alla famiglia di Tantawi. Nel messaggio, viene ricordato “con gratitudine l’impulso che lo Sceicco ha dato agli incontri tra il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e il Comitato permanente di Al-Azhar per il Dialogo”.
Altre udienze e nomine
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Sudan, in visita "ad Limina".
Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Granada (Nicaragua), presentata da mons. Bernardo Hombach, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Jorge Solórzano Pérez, finora vescovo di Matagalpa. Mons. Jorge Solórzano Pérez è nato a San Andrés de la Palanca, arcidiocesi di Managua, il 23 marzo 1961. Ordinato sacerdote il 29 marzo 1985, il 17 giugno 2000 è stato nominato vescovo titolare di Teuzi ed ausiliare di Managua. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 13 luglio dello stesso anno. È stato nominato vescovo di Matagalpa il 15 ottobre 2005.
Il Santo Padre ha nominato vescovi ausiliari della diocesi di Dallas (Usa) mons. John Douglas Deshotel e mons. Mark Joseph Seitz, entrambi del clero della medesima diocesi, vicario generale il primo e parroco della "St. Rita Parish" il secondo, assegnando loro rispettivamente le sedi titolari vescovili di Cova e di Cozila. Mons. John Douglas Deshotel è nato a Kinder, nella diocesi di Lake Charles (Louisiana), il 6 gennaio 1952 ed è stato ordinato sacerdote il 13 maggio 1978 per la diocesi di Dallas. Mons. Mark Joseph Seitz è nato a Milwaukee, Wisconsin, il 10 gennaio 1954 ed è stato ordinato sacerdote il 17 maggio 1980 per la diocesi di Dallas. Dal 30 agosto 2004 è Cappellano di Sua Santità.
Il cardinale Poletto presenta il viaggio del Papa a Torino
◊ Il cardinale arcivescovo di Torino Severino Poletto ha presentato ieri alla stampa la visita che Benedetto XVI compirà a Torino il 2 maggio in occasione dell'ostensione della Sindone. Il Papa arriverà a Torino verso le 9.15: in Piazza San Carlo incontrerà le autorità e la cittadinanza. Alle 10.00 presiederà la solenne concelebrazione eucaristica seguita dalla recita del Regina Caeli. Dopo il pranzo con i vescovi piemontesi all’arcivescovado, tornerà in Piazza San Carlo, dove alle 16.30 incontrerà i giovani. Alle 17.15 si recherà al Duomo. Entrando in cattedrale, sosterà in adorazione nella cappella del Santissimo Sacramento; poi, venerata la Sindone, terrà una meditazione sul tema “Passio Christi, Passio hominis”. Saluterà quindi i membri del Comitato per l’Ostensione della Sindone. Alle 18.15 Benedetto XVI si recherà alla Piccola Casa del Cottolengo per incontrare i malati. A salutarlo sarà padre Aldo Sarotto, superiore generale della Famiglia cottolenghina: quindi pronuncerà un discorso. Alle 19.00 il Papa lascerà Torino. Il rientro a Roma è previsto verso le 20.30.
L'intervento di mons. Tomasi all'Onu sulla questione degli abusi sui minori
◊ “La comunità cattolica continua nei suoi sforzi per risolvere definitivamente il problema degli abusi sessuali sui minori”: sono le parole di mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra. Il presule è intervenuto ieri all’incontro annuale sui diritti dei bambini, nell’ambito della 13.ma sessione del Consiglio dei diritti umani. Ce ne parla Isabella Piro:
“L’abuso sessuale sui minori è sempre un crimine odioso”. In apertura del suo intervento, mons. Tomasi ha citato le parole di Benedetto XVI, ricordando che “a questa chiarissima condanna della violenza sessuale contro i bambini ed i giovani, il Papa ha aggiunto la dimensione religiosa, ribadendo che l’abuso è anche un grave peccato, che offende Dio e la dignità umana”. “L’integrità fisica e psicologica dei minori viene violata con conseguenze distruttive – ha aggiunto il presule – Gli studiosi hanno dimostrato che i bambini abusati reagiscono in modi differenti alla violenza sessuale” e tra di loro si registrano “maggiori probabilità di gravidanze adolescenziali, vagabondaggio, tossicodipendenza ed alcoolismo”. Quindi, mons. Tomasi ha ricordato che, “negli ultimi anni, sacerdoti, religiosi e operatori laici cattolici, in diversi Paesi, sono stati accusati di abusi sui minori e molti sono stati anche condannati”. “Non ci sono scuse per questo comportamento” ha ribadito il presule, sottolineando che “la protezione dalle aggressioni sessuali rimane in cima alla lista delle priorità di tutte le istituzioni ecclesiastiche che lottano per porre fine a questo serio problema”. Poi, l’osservatore della Santa Sede ha sottolineato che “misure concrete per assicurare la trasparenza e l’assistenza alle vittime ed ai loro familiari sono il modo per alleviare la pena, il dolore e lo smarrimento provocati dagli abusi”. Per questo, “la comunità cattolica continua nei suoi sforzi per risolvere definitivamente questo problema”, ha affermato mons. Tomasi, assicurando che “i colpevoli di tali crimini vengono immediatamente sospesi dall’esercizio delle loro funzioni e trattati secondo la normativa civile ed il diritto canonico”. Altre misure legali sono state prese, inoltre, per assicurare che “i bambini ed i giovani, nelle scuole e nelle istituzioni, siano salvaguardati” e “molte di queste misure, legali o amministrative, riguardano il riconoscimento e la punizione degli abusi”. Di qui, l’accento posto da mons. Tomasi sulla prevenzione, definita come “la migliore medicina”, il che si traduce in “educazione e promozione alla cultura del rispetto dei diritti umani e della dignità di ogni bambino, specialmente attraverso l’impiego di metodi efficaci per l’assunzione del personale scolastico”. Infine, il presule ha suggerito di mettere in atto alcune pratiche che possano aiutare i minori e riconoscere e segnalare il comportamento scorretto degli educatori.
All'Onu l'incontro promosso da mons. Migliore sulla globalizzazione alla luce della Caritas in veritate
◊ “Offrire l’apporto della dottrina sociale della Chiesa alla comprensione e soluzione delle questioni mondiali”. Questo è il compito della Missione permanente della Santa Sede all’Onu. Ciò “avviene in sede di dibattito generale, ma più particolarmente organizzando eventi paralleli che oggi diventano sempre più l’ambito privilegiato dalle varie delegazioni per presentare idee, iniziative e proposte proprie”. Così l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, spiega al Sir il significato dell’incontro, organizzato ieri nella sede Onu di New York dalla Missione e dalla Fondazione “Path to Peace”, sul tema “La globalizzazione: ci rende vicini, coglie l’uguaglianza tra uomini e donne. Può anche stabilire la fratellanza? Alla luce dell’Enciclica ‘Caritas in veritate’”. L’incontro, afferma mons. Migliore, “ha avuto luogo a cavallo tra i lavori della Commissione sulla condizione della donna e il quarto evento di alto livello sul finanziamento dello sviluppo. All’ordine del giorno dell’Onu ci sono i diritti personali, sociali, economici e politici della donna, la crisi finanziaria ed economica che non allenta la presa, le remore sulle politiche dello sviluppo, tutti temi ampiamente presi in considerazione anche nell’Enciclica ‘Caritas in veritate’”. “Un principio che sempre ha caratterizzato la dottrina sociale della Chiesa – afferma mons. Migliore, spiegando il tema dell’incontro – è quello della fraternità. Oggi esso è determinante per superare con successo l’attuale crisi economica, rifondare l’economia su basi solide e garantire una equa redistribuzione della ricchezza”. L’arcivescovo ricorda che “il concetto della fraternità, in economia, ci aiuta a superare la dicotomia quasi inscalfibile tra il ‘for-profit’ e il ‘non-profit’ e si esprime nella disponibilità a concepire il profitto come uno strumento per raggiungere finalità di umanizzazione del mercato e della società”. Durante l’incontro, dice l’arcivescovo, “questa idea innovativa è stata illustrata con un documentario su varie iniziative avviate in questo senso nell’ambito di quell’economia civile o della comunione di cui parla la ‘Caritas in veritate’”. L’Enciclica, prosegue mons. Migliore, in ambito internazionale “viene spesso citata quando si argomenta che economia ed etica non sono disgiunte”. Tuttavia, “l’aspetto innovativo della ‘Caritas in veritate’ non è semplicemente l’aver sottolineato il legame tra economia ed etica, ma anche di aver aperto nuovi orizzonti e incoraggiato l’impostazione di una economia civile o di comunione che supera la sola logica del profitto”. Per l’arcivescovo, “questo è un lavoro a lungo, lunghissimo termine”. Perché “presuppone una cultura delle relazioni umane che dobbiamo fomentare sempre di più. Presuppone, proprio da parte nostra, una comprensione intelligente e fattiva, anche in termini politici e giuridici, del discorso che Papa Benedetto fa sulla carità, ben lontano dai consolidati schemi di pensiero che la scambiano per puro assistenzialismo, elemosina, buona azione individuale. È a questo livello – conclude – che si misurerà nel tempo la ricezione dell’Enciclica”.
Convegno a Roma per i dieci anni della Dominus Iesus
◊ Si svolge oggi e domani a Roma un Convegno in occasione dei dieci anni della Dichiarazione Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa. Il documento, firmato dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Josef Ratzinger, fu ratificato da Giovanni Paolo II il 16 giugno del 2000. L’evento è promosso dalla Facoltà di Teologia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Dottrina dei Sacramenti, ha tenuto stamani la relazione introduttiva. Ma ripercorriamo, in sintesi, i punti principali della Dichiarazione in questo servizio di Sergio Centofanti.
La Dichiarazione Dominus Iesus, spesso male interpretata, non intende “trattare in modo organico la problematica relativa all'unicità e universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo e della Chiesa” ma “riesporre la dottrina della fede cattolica al riguardo, indicando nello stesso tempo alcuni problemi fondamentali che rimangono aperti a ulteriori approfondimenti” e “confutare determinate posizioni erronee o ambigue”. Il documento inizia con queste parole: “Il Signore Gesù, prima di ascendere al cielo, affidò ai suoi discepoli il mandato di annunciare il Vangelo al mondo intero e di battezzare tutte le nazioni: ‘Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato’ (Mc 16,15-16)”.
“La missione universale della Chiesa” – dunque – “nasce dal mandato di Gesù Cristo”, ma oggi – rileva la Dichiarazione - “è ancora lontana dal suo compimento”. Per questo la Chiesa fa proprio il grido di San Paolo: «Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è una necessità che mi si impone: guai a me se non predicassi il vangelo!» (1 Cor 9,16).
“L'impegno ecclesiale di annunciare Gesù Cristo, «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), si avvale oggi anche della pratica del dialogo interreligioso, che certo non sostituisce, ma accompagna la missio ad gentes”. Tuttavia “il perenne annuncio missionario della Chiesa viene oggi messo in pericolo da teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il pluralismo religioso” non solo di fatto ma anche di principio. Per questo la Dichiarazione ribadisce alcuni punti: “anzitutto il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo”, “Figlio di Dio e unico salvatore”; quindi, l’inseparabilità di Cristo e la Chiesa, e ancora il fatto che “l’unica Chiesa di Cristo … sussiste (subsistit in) nella Chiesa Cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui”.
“Le Chiese che, pur non essendo in perfetta comunione con la Chiesa Cattolica, restano unite ad essa per mezzo di strettissimi vincoli, quali la successione apostolica e la valida Eucaristia, sono vere Chiese particolari. Perciò anche in queste Chiese è presente e operante la Chiesa di Cristo, sebbene manchi la piena comunione con la Chiesa cattolica, in quanto non accettano la dottrina cattolica del Primato che, secondo il volere di Dio, il Vescovo di Roma oggettivamente ha ed esercita su tutta la Chiesa. Invece le comunità ecclesiali che non hanno conservato l'Episcopato valido e la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico, non sono Chiese in senso proprio; tuttavia i battezzati in queste comunità sono dal Battesimo incorporati a Cristo e, perciò, sono in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa”.
“Deve essere fermamente creduto – ribadisce la Dichiarazione - che la Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza” ma “questa dottrina non va contrapposta alla volontà salvifica universale di Dio”. E’ perciò “necessario tener congiunte queste due verità, cioè la reale possibilità della salvezza in Cristo per tutti gli uomini e la necessità della Chiesa in ordine a tale salvezza”. “Per coloro i quali non sono formalmente e visibilmente membri della Chiesa, la salvezza di Cristo è accessibile in virtù di una grazia” – donata da Dio «attraverso vie a lui note» - “che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio ed è comunicata dallo Spirito Santo”. Ma è contraria alla fede cattolica “quella mentalità indifferentista improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che una religione vale l'altra”. Certo, la Chiesa “nulla rigetta di quanto è vero e santo” nelle altre religioni, che “non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”. E “inoltre, l'azione salvifica di Gesù Cristo, con e per il suo Spirito, si estende, oltre i confini visibili della Chiesa, a tutta l'umanità”. Cristo infatti è morto per tutti e la grazia lavora in chiunque operi “per la liberazione dal male in tutte le sue forme”. Ma “se è vero che i seguaci delle altre religioni possono ricevere la grazia divina, è pure certo che oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici. Tuttavia occorre ricordare a tutti i figli della Chiesa che la loro particolare condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati”.
L’annuncio del Vangelo a tutte le genti – conclude la Dominus Iesus – anche nel contesto del dialogo interreligioso “conserva in pieno, oggi come sempre, la sua validità e necessità” in quanto Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4). “Proprio perché crede al disegno universale di salvezza, la Chiesa deve essere missionaria”.
Alla Lateranense Convegno teologico sull'Anno Sacerdotale
◊ Si è aperto oggi presso la Pontificia Università Lateranense il Convegno teologico sul tema scelto dal Papa per l’Anno Sacerdotale: “Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”. Un’occasione ulteriore per riflettere sull’identità dei presbiteri, sulla loro missione nella Chiesa e nel mondo. Tra gli interventi anche quello di mons, Gherard Muller, vescovo di Ratisbona, che interpellato sulla questione degli abusi in Germania ha affermato: “La Chiesa cattolica è guidata dal fine di ottenere giustizia per le vittime”. Il servizio di Cecilia Seppia.
L’identità del sacerdote, la sua chiamata ad essere pastore e guida, ma anche il rapporto con i laici e la cultura contemporanea, il celibato e la castità come dono dello Spirito Santo. Sono questi i temi al centro dell’odierno Convegno della Congregazione per il Clero i cui partecipanti domani saranno ricevuti in udienza da Benedetto XVI. Una due giorni di lavori intensi per riflettere ancora sul tema scelto dal Pontefice per questo Anno Sacerdotale e avvicinarsi progressivamente, sulle orme del Curato d’Ars, ad una nuova vita spiritualmente intensa aspirando alla meta ultima di ogni sacerdote, la salvezza delle anime. Il futuro della Chiesa ha detto il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, dipende in grandissima parte dall’operato dei sacerdoti. Non è questione di numeri, - ha detto il porporato- ma di qualità della vita sacerdotale, che poggia anche su una costante e giusta formazione:
“Praticamente, nella vita spirituale e religiosa, vale pienamente il principio: chi non progredisce, regredisce, va indietro. Il sacerdote, dunque, che non si perfeziona, praticamente, diventa sempre più debole, diventa sempre meno sacerdote. Allora, la formazione permanente del sacerdote è un elemento costitutivo dell’identità sacerdotale”.
Al centro della prima sessione l’intervento del cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, e la relazione del prof. Real Tremblay, ordinario di teologia alla Pontificia accademia Alfonsiana, incentrata sulla figura del presbitero per il quale è fondamentale coniugare l’essere con l’agire. Scelto fra gli uomini per continuare l’opera di salvezza e redenzione del genere umano, il sacerdote deve restare fedele a questa missione, come lo è stato Cristo fino all’estremo sacrificio:
“La prima cosa da fare è legare precisamente il sacerdote al Sommo Sacerdote, cioè a Cristo stesso. Dobbiamo prendere sempre più coscienza di questa grandissima dimensione della nostra vocazione, per poter andare con profondità e gioia, nel senso della nostra vocazione, al servizio degli altri. Come preti siamo delle persone 'crocevia', portiamo tutti e vogliamo riportare tutti alla fonte della vita che è il Cristo, a questo rapporto del Figlio con il Padre, che è grazia e vitalità assoluta. L’essere non può essere diviso o separato dall’agire, soprattutto quando si parla del sacerdote come tale. Noi, dunque, abbiamo un’identità che deve manifestarsi assolutamente nell’agire, nell’impegno concreto al servizio degli uomini e della comunità ecclesiale”.
Vibrante anche l’intervento di mons. Gherard Muller, vescovo di Ratisbona, sul tema “sacerdoti e cultura contemporanea”, che si è soffermato sulla necessità che i presbiteri diventino interpreti e portatori di un nuovo umanesimo che valorizzi il rispetto della persona nella sua interezza, e incentivi la responsabilità verso il prossimo soprattutto quando è emarginato, povero, malato. Interpellato a margine sulla questione degli abusi sessuali, che ha coinvolto la diocesi in Germania, il presule ha definito false e diffamatorie le critiche del ministro federale della Giustizia, la signora Schnarrenberger, secondo cui vi sarebbero norme ecclesiastiche la cui applicazione eviterebbe sanzioni penali nei casi di abuso sessuale. Il vescovo di Ratisbona ha ricordato che i sacerdoti che si macchiano di reati di pedofilia non possono continuare a svolgere il ruolo di rappresentanti di Cristo. Tutti sanno, ha ammonito, che questo peccato esclude, taglia fuori dal sacerdozio.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Solo sacerdoti che chiedono perdono possono insegnare a chiedere perdono: il Papa chiede ai preti di tornare al confessionale per annunciare ai fedeli la misericordia di Dio.
La roulette cinese: in prima pagina, Luca M. Possati su sviluppo interno e leadership mondiale.
Nell'informazione internazionale, un articolo di Giulia Galeotti dal titolo "Un dramma senza confini": a Roma una giornata dedicata alla tratta degli esseri umani.
Scorno d'Africa: mai arrivati a destinazione in Somalia aiuti per oltre duecento milioni di dollari.
Convegno internazionale alla Lateranense promosso dalla Congregazione per il Clero sul tema: "Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote": in cultura, stralci delle relazioni degli arcivescovi Willem Eijk e Carlo Caffarra, del vescovo Gerhard Ludwig Muller e di Massimo Introvigne.
La pittura del guerriero: il saggio di Claudia Ramasso, curatrice della mostra, a Torino, "L'India dei Rajput. Miniature dalla collezione Ducrot".
Un neoplatonico col mondo (antico) in tasca: Giuseppe Zecchini ricorda, a un mese dalla morte, Giovanni Pugliese Carratelli.
Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Se non si chiama 'multiversità' un motivo c'è": i fondamenti dell'attività della Federazione internazionale delle università cattoliche.
Comunicato dei vescovi irlandesi: la Chiesa impegnata in un processo di rinnovamento dopo lo scandalo degli abusi
◊ In questo periodo quaresimale, i vescovi irlandesi si impegnano a “compiere atti penitenziali per riconoscere la verità e riflettere sui fallimenti della Chiesa”: è quanto si legge in un comunicato diffuso ieri al termine dell’assemblea generale di primavera dell’episcopato d’Irlanda. Una riunione incentrata sui gravi abusi sessuali compiuti su minori da membri del clero irlandese. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La Chiesa dell’Irlanda è impegnata “in un processo di rinnovamento”: è quanto ribadiscono i vescovi irlandesi al termine della loro assemblea generale, la prima dopo l’incontro con il Papa di metà febbraio sullo scandalo degli abusi sessuali. In un comunicato, i vescovi ribadiscono “il loro profondo rammarico e la tristezza per il fatto che la preservazione della reputazione degli individui e della Chiesa ha avuto la precedenza sulla sicurezza e il benessere dei bambini”. Proprio la salvaguardia dei bambini è stato uno dei temi forti dell’assemblea con l’aggiornamento sui progressi compiuti nelle diocesi, e sullo stato dei contatti con le autorità civili.
I vescovi esprimono dunque apprezzamento per la recente nota del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, riguardante gli abusi sessuali da parte di membri della Chiesa in alcuni Paesi europei. In particolare, si apprezza la “tempestività” dell’intervento ed il riferimento alle vittime, soprattutto laddove si afferma che “il punto di partenza corretto è il riconoscimento di ciò che è successo e la preoccupazione per le vittime e le conseguenze delle azioni commesse a loro danno”. Apprezzamento viene anche espresso anche per il passaggio in cui si rammenta che “la Chiesa vive inserita nella società civile e in essa assume le sue responsabilità”. Padre Lombardi, osservano inoltre i presuli, ha anche affrontato la disinformazione che esiste sulla Lettera del 2001 “De delictis gravioribus” “talvolta inopportunamente citata come causa di una cultura del silenzio”. “Chi conosce e capisce di che cosa si tratta – affermano i vescovi facendo proprie le parole di padre Lombardi – sa che è stata un segnale determinante per richiamare l’episcopato sulla gravità del problema e un impulso concreto per l’elaborazione di direttive operative per affrontarlo”.
I vescovi sottolineano inoltre che, nell’incontro avvenuto in Vaticano, è stato reso chiaro che la Lettera del 2001 “non preclude in alcun modo le autorità della Chiesa dai loro obblighi civili, specialmente per quanto riguarda la comunicazione e la piena collaborazione con le autorità civili”. Questa “importante questione – lamentano i vescovi – è stata costantemente male interpretata in alcuni ambienti”. Nel comunicato, i vescovi si soffermano anche su altri temi rilevanti, dall’Anno Sacerdotale agli aiuti per Haiti, dalla pastorale dei migranti alla difesa della famiglia e del matrimonio come unione tra un uomo e una donna. I vescovi irlandesi hanno quindi espresso apprezzamento per gli ultimi positivi sviluppi nell'Irlanda del Nord e hanno reso note alcune iniziative in vista del Congresso Eucaristico che si terrà a Dublino nel 2012.
Presidenza cilena: passaggio di consegne tra Bachelet e Piñera
◊ ''I compiti più urgenti del dopo-sisma sono già stati svolti o lo saranno quanto prima'': lo ha sottolineato nel suo ultimo intervento dalla Moneda, Michelle Bachelet, che oggi lascia la presidenza del Cile nelle mani di Sebastián Piñera. A circa due settimane dal terremoto e dallo tsunami del 27 febbraio, che hanno colpito soprattutto le regioni del Maule e del Bio Bio, con un bilancio di quasi 500 vittime, la prima carica istituzionale del Paese sudamericano passa a Sebastián Piñera: al ballottaggio elettorale di gennaio, egli ha convinto i cileni a dare una chance ad “una destra moderna e moderata”, dopo vent’anni di governi di centro sinistra seguiti alla dittatura Pinochet. Sulle sfide che il nuovo presidente cileno dovrà affrontare, Giada Aquilino ha intervistato Stefano Femminis, direttore di ‘Popoli’, il mensile internazionale dei Gesuiti:
R. – Piñera aveva puntato tutta la sua campagna elettorale sullo sviluppo e sull’idea di riportare il Cile ad essere la prima nazione dell’America Latina a far parte dei Paesi più sviluppati a tutti gli effetti, in senso economico, quindi con un certo livello di prodotto interno lordo, con un superamento della povertà. Piñera, quindi, in campagna elettorale aveva insistito su questi punti. Ora, ovviamente, il terremoto ha cambiato completamente le prospettive: non si tratta tanto di partire dal buono che era stato fatto dalla Bachelet e proseguire ulteriormente, ma si tratta di sistemare nel modo migliore e nel più breve tempo possibile i danni che il sisma ha fatto. Secondo alcune stime, ci vorranno almeno due o tre anni per riportare il Paese nelle condizioni precedenti al terremoto del 27 febbraio. Quindi, è proprio cambiata la prospettiva della presidenza. Non è mutata invece l’impostazione della politica di Piñera, che è un’impostazione molto pragmatica, molto centrata sull’efficienza: Piñera è un imprenditore, proprietario di una televisione, uno degli uomini più ricchi del Paese.
D. – Ma come coniugare l’idea di una destra moderna e moderata con la devastazione del terremoto?
R. – Nessuno si augurava una tragedia di questo tipo, ovviamente. Ma dal punto di vista prettamente politico, è chiaro che ciò che è avvenuto, in qualche modo, offra la sponda ad un governo che si presentava e si presenta un po’ come un governo del fare, tutto centrato sull’efficienza, sull’aumento delle capacità produttive del Paese, sulla privatizzazione. Se si vanno a guardare e a leggere i discorsi che sono stati fatti in campagna elettorale, non è che Piñera abbia proposto un cambiamento di modello politico rispetto alla Bachelet, perché di fatto Piñera sapeva bene che la Bachelet era molto stimata e aveva raggiunto un indice di popolarità altissimo.
D. – La Bachelet non ha confermato una propria ricandidatura alle presidenziali del 2014, ma il dominio www.bachelet2014.cl è già stato depositato dallo staff della presidente uscente. Che significato ha?
R. – Questo mi sembra un indizio sulle intenzioni dell’ex capo di Stato. D’altra parte, lei conclude il suo mandato con l’84 per cento di consenso: un dato che è stato reso noto in questi giorni da un istituto di sondaggi, tra l’altro di area legata al centro-destra. Ricordiamo che la Costituzione cilena non prevede la possibilità di candidature consecutive, ma è possibile invece per un presidente, dopo un periodo di stacco, di ricandidarsi. Quindi, la Bachelet potrebbe appunto riproporsi nel 2014. Lei in questi giorni ha detto che vuole continuare a servire il suo Paese, a rendersi utile, a mettere a frutto ciò che ha imparato in questi anni, a proposito delle conoscenze della politica del Cile. Quindi, insomma, tutto lascia pensare che poi invece tornerà in campo, anche perché nel suo partito si è visto che non c’è una classe dirigente che offra grande leadership.
Ucraina: varato il nuovo governo
◊ Prende forma l’Ucraina del neopresidente Viktor Yanukovic. Oggi il Parlamento di Kiev ha approvato il nuovo governo. Ci riferisce Giancarlo La Vella:
Il nuovo esecutivo ucraino sarà guidato da Mikola Azarov, filorusso e fedelissimo del neo presidente Viktor Yanukovic, ed è appoggiato da una coalizione costituita dal Partito delle Regioni del presidente Yanukovic, dal Partito comunista e dal blocco Litvyn, formato dai partiti dell'ex premier, Yulia Tymoshenko, e dell'ex presidente, Viktor Yushchenko. Gli avversari della recente campagna elettorale si trovano, dunque, riuniti per disegnare il futuro del Paese. Sapranno andare d’accordo e mettere da parte i contrasti di ieri? Lo abbiamo chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di "Famiglia Cristiana", esperto dell’area ex sovietica:
“L’esperienza del recente passato ci porterebbe istintivamente a dire 'no', perché questi leader che, peraltro, non per la prima volta si ritrovano più o meno intorno allo stesso tavolo non hanno praticamente fatto altro che litigare negli ultimi anni. Io credo che però, litigi a parte, incapacità decisionale a parte, abbiano dato una precisa lezione un po’ a tutti. L’Ucraina per le sue caratteristiche economiche e geografiche, per il fatto, cioè, di avere la Russia come primo partner sia nelle importazioni sia nelle esportazioni, per il fatto di avere un lunghissimo - migliaia di chilometri - confine con la Russia, per il fatto di dipendere dal punto di vista energetico praticamente al cento per cento dalla Russia, non può permettersi una politica di ostilità alla Russia”.
In un’Ucraina a metà tra legami con la Russia e istanze europeiste quali potranno essere gli obiettivi del nuovo governo in politica interna ed estera? Ce ne parla Paolo Quercia, esperto di Relazioni Internazionali:
“Innanzitutto la priorità sarà costituita dalla situazione economica. Il 2009 è stato un anno molto negativo con una caduta del Pil di oltre il 15 per cento. Il Fondo monetario internazionale deve nuovamente finanziare il debito pubblico ucraino. Per quanto riguarda i rapporti con l’estero il pendolo ucraino sembra rispostarsi verso la Russia più che verso l’Unione Europea in generale. L’importante modifica politica che si è verificata è che adesso sia il presidente che il primo ministro appartengono entrambi al cosiddetto blocco filorusso. Quindi il nuovo governo necessariamente si troverà a dover conciliare la ripresa economica con una inclinazione politica più verso la Russia. Questo non porterà particolari cambiamenti nei rapporti con l’Unione europea, ma sicuramente verso la Nato sì”.
Giornata mondiale per la prevenzione e cura delle malattie renali
◊ Una persona su dieci soffre di un disturbo ai reni. Su un milione di abitanti, 220 iniziano ogni anno un trattamento con il rene artificiale. Nel 2010 si stima che saranno 2 milioni i pazienti in dialisi cronica a livello mondiale. Sono questi i dati da cui parte, la celebrazione oggi della Giornata mondiale del rene. Un’occasione per ribadire l’importanza della formazione e della prevenzione per le patologie renali, che i dati più aggiornati dimostrano essere in costante aumento. Per l’occasione Eliana Astorri ha intervistato il prof. Luigi Tazza ricercatore del Dipartimento delle Scienze Chirurgiche e professore aggregato di nefrologia e chirurgia dei trapianti presso il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
R. – I reni rappresentano un organo duplice che depura il sangue. Lo depura da tutte le sostanze che il nostro organismo tutti i giorni deve fabbricare; ad un certo momento queste sostanze diventano non più necessarie e vengono rimosse. Altre le introduciamo con gli alimenti; una parte degli alimenti viene utilizzata per la nutrizione e la parte che rimane non più utile viene eliminata dai reni e le urine, questo capita anche con i farmaci.
D. - La funzione dei reni è solo quella di depurare il sangue?
R. – I reni hanno anche altre funzioni collegate con questa funzione depurativa. Regolano la pressione arteriosa. Molte delle sostanze vasoattive vengono eliminate dal rene e altre vengono addirittura sintetizzate dal rene per cui globalmente il rene misura minuto per minuto la pressione arteriosa e la modifica secondo le necessità dell’organismo. Poi il rene produce ormoni; uno di questi, per esempio, è indispensabile per la produzione dei globuli rossi da parte del midollo, quindi il rene interviene nella regolazione del sangue e questo diventa importante in corso di anemia. Il calcio e il fosforo vengono regolati dal rene per la loro presenza nell’organismo e molte alterazioni del metabolismo osseo sono legate appunto a un’alterata funzione renale.
D. - Prof. Tazza può accadere che ad ammalarsi sia un solo rene. In questi casi cosa succede?
R. – Le malattie monolaterali, quelle che colpiscono un rene solo dei due, non comportano una variazione funzionale perché di solito anche se la malattia fosse gravissima, per esempio l’asportazione chirurgica, il rene controlaterale riesce comunque ad essere funzionale e a sopperire alle necessità dell’organismo e quindi in quel caso la malattia monolaterale non procura un’insufficienza renale.
D. - Cosa si deve fare in termini di prevenzione?
R. – Innanzitutto curare le malattie renali appena queste iniziano, non tardivamente dopo che esistono da anni, ma appena queste si manifestano, quindi come sempre - anche in questo caso - la diagnosi precoce delle malattie renali è estremamente utile e proficua e dà ottimi risultati. Ma anche nel caso in cui noi non siamo in grado di ostacolare la progressione della malattia renale e assistiamo inesorabilmente ad un suo peggioramento, abbiamo imparato, negli ultimi decenni, che molte terapie farmacologiche per esempio sono in grado di rallentare l’evoluzione e questo conduce già a dei buoni risultati.
D. - Ma ci vuole attenzione anche per l’alimentazione?
R. - Sicuramente l’aspetto nutrizionale è importante, non in tutti i casi, e va individualizzato per ogni paziente, però può essere molto importante. In passato era molto diffusa, adesso un po’ meno, ma resta sempre la sua utilità, l’alimentazione a ridotto contenuto proteico, quella che noi chiamiamo la dieta ipoproteica. In alcune malattie renali, somministrata al momento giusto e per un periodo di tempo congruo, è in grado di rallentare alcune manifestazioni dell’uremia e di ridurre la velocità della progressione renale, però non è adatta per tutti. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Lectio divina di padre Rupnik nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina
◊ Il Papa, oggi, nel suo discorso ai partecipanti al Corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica, ha fotografato la misericordia di Dio nell’abbraccio con cui il padre riaccoglie il figlio prodigo. Proprio su questa parabola, domani sera alle 18.30, il padre gesuita Marko Ivan Rupnik, terrà una lectio divina nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina. Sergio Centofanti lo ha intervistato:
R. – Questa parabola è un gioiello del Vangelo. Certamente è importante il contesto in cui Cristo la racconta: i peccatori si stanno stringendo intorno a Cristo mentre i farisei e i cosiddetti giusti - come si ritenevano - mormorano e brontolano perché lui accetta i peccatori. Allora da questo contesto appare che la parabola viene raccontata anche per queste persone così dure di cuore.
D. - Che cos’è la misericordia di Dio?
R. - La misericordia di Dio è - in un certo senso - il nome più appropriato che noi peccatori possiamo dare a Dio. Nella parabola, la dimensione della misericordia si esprime in diversi momenti, per esempio, quando il padre attende il figlio e quando lo vede venire da lontano gli corre incontro. Per me il momento più forte è quando gli si getta al collo quasi "soffocando" quello che voleva confessare il figlio prodigo, quando dice: "non sono degno di essere tuo figlio...". Il padre quasi lo "soffoca" con amore accogliendolo e abbracciandolo perché, in quanto padre, non vuole avere uno schiavo, vuole avere un figlio, anche se un figlio che ha peccato, che ha sbagliato, ma che è rientrato in se stesso ed è tornato al padre. Dall’altro lato c’è anche la misericordia del padre quando esce dalla casa e cerca in tutti i modi di convincere il figlio maggiore ad entrare: anche questa è una bellissima immagine della misericordia di Dio. Questo Dio che freme in se stesso per tutti quelli che sono fuori, per tutti quelli che sono nell’isolamento, nella perdizione, nello smarrimento.
D. - Come riscoprire oggi il Sacramento della riconciliazione?
R. – Penso che nella stessa parabola ci siano alcuni elementi fondamentali per quanto riguarda la riconciliazione. Quando il figlio prodigo fa la scelta di vivere secondo il suo progetto autoaffermativo, comincia a vivere una serie di umiliazioni fino a giungere alla più grande, quella di trovarsi tra i porci che per la cultura ebraica rappresenta proprio un’umiliazione totale. In quel momento nel figlio si smuove un ricordo molto remoto, il ricordo della casa del padre, il ricordo del padre, ed è molto bello quando la parabola dice: “vorrebbe mangiare le carrube che mangiavano i porci ma nessuno gliene dava”, e in lui nasce proprio una vera memoria autentica della relazione d’amore: qualcuno che mi ama e si prende cura di me, non esiste più nessuno intorno a me. Allora questa memoria comincia a prendere forza nel cuore del figlio prodigo tanto che decide: "mi alzo e torno da mio padre". Io penso che nell’umanità - anche così spensierata, come può sembrare a prima vista - sotto, sotto, giace una memoria profonda che ha un’apertura verso lo spirituale e poiché l’uomo moderno vive una serie di umiliazioni, anche nei suoi progetti, questo è un momento molto opportuno, molto fecondo, per una riscoperta di Dio nel cuore dell’uomo attraverso questa memoria che rimane viva in profondità, come il fuoco sotto le ceneri.
Viaggio in Asia: intervista con Maria Voce, presidente dei Focolari
◊ Notizie di conflitti a sfondo religioso giungono spesso, in questo periodo, anche dal continente asiatico. Ben diverso il volto di quei Paesi secondo l’esperienza vissuta da Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, o "Opera di Maria", da poco rientrata da un viaggio in Asia con tappe in Corea, Giappone, Filippine, Thailandia e Pakistan. Di particolare rilievo la dimensione interreligiosa di molti degli incontri in programma come quello con 3000 buddisti laici a Tokyo o con numerosi monaci buddisti in Thailandia. Ma anche con musulmani e indù che in qualche modo condividono lo spirito d’unità che anima il Movimento. Ma ascoltiamo le impressioni di Maria Voce nell’intervista di Adriana Masotti:
R. – E' stato molto forte conoscere un po’ di più questa grande cultura dell’Asia, queste grandi tradizioni asiatiche, così ricche di grandi valori. Valori che nel nostro mondo, segnato dall’individualismo e dall’efficientismo, sono considerati forse un po’ fuori moda. Valori come il rispetto per l’anzianità, l’ubbidienza, la laboriosità, la pazienza, la capacità di sopportare situazioni dolorose e gravi: tutti valori che in quel contesto risultano essere perle preziosissime, valori straordinari. In questo senso sentiamo che l’Asia è un dono, perché abbiamo bisogno di questi valori. Allo stesso tempo, di fronte a tutto questo, mi dicevo: “Se noi non portiamo un valore più grande, cosa veniamo a fare?”. E mi risultava enorme il valore della carità, il valore dell’amore cristiano. E questo perché è l’unico super-valore che non schiaccia gli altri valori, anzi li valorizza e quindi è quel valore che tutti possono accogliere senza sentirsi schiacciati.
D. – Molti momenti del suo viaggio in Asia sono stati dedicati al dialogo tra le religioni. Dialogo avviato già da tempo da Chiara Lubich…
R. – Chiara andò in Giappone e in Thailandia sempre invitata da personaggi delle grandi religioni per il dialogo interreligioso. Chiara ha aperto in quei Paesi i focolari perché potessero mantenere questi rapporti. Questo mio viaggio era motivato invece dal desiderio di andare a trovare l’Opera in quelle zone. Ma in tutte le comunità, c’era qualcuno delle altre religioni che testimoniava il fascino del messaggio di amore e di vita che Chiara aveva portato e che loro sentivano di poter fare proprio. Era veramente essere insieme a testimoniare che, con la via dell’amore, l’unità è possibile.
Il cardinale Schönborn "non ha messo in dubbio il celibato nella Chiesa"
◊ Il cardinale Schönborn “non ha messo in dubbio in alcun modo il celibato nella Chiesa cattolica di rito latino”. Lo ha dichiarato Erich Leitenberger, portavoce dell’arcidiocesi di Vienna, smentendo alcune interpretazioni dei media su alcune dichiarazioni dell’arcivescovo. Secondo l’agenzia di stampa cattolica Kathpress, nell’ultima edizione di “thema kirche”, periodico dei collaboratori dell’arcidiocesi, Schönborn aveva affermato che sugli abusi “deve esserci solo la via della verità ed è assolutamente necessario mettere al primo posto le vittime". Riprendendo le parole esatte dell'arcivescovo, l'agenzia di stampa precisa che il cardinale aveva auspicato un esame delle cause di abuso, tra cui: “La questione della formazione dei sacerdoti, così come la questione di quanto è accaduto con la 'rivoluzione sessuale' della generazione del '68. Ne fanno parte il tema del celibato, così come il tema dello sviluppo della personalità. E ci vuole anche una buona porzione di sincerità, nella Chiesa, ma anche nella società”. Schönborn chiedeva inoltre un “cambiamento”: “Per ogni nuovo caso di abuso, avvenuto nella Chiesa o altrove, mi chiedo: 'E tu, hai davvero fatto qualcosa per il cambiamento?”. Riallacciandosi alle parole del cardinale Schönborn, Leitenberger ha concluso: “La sincerità è auspicabile anche nei resoconti sulle dichiarazioni di personalità della Chiesa". (R.P.)
Vescovi e religiosi olandesi: inchiesta ampia e indipendente sui casi di presunti abusi su minori
◊ Un'inchiesta "esterna, ampia e indipendente" con l'obiettivo di fare piena luce su possibili abusi compiuti su minori all'interno dei collegi religiosi nei Paesi Bassi da persone con responsabilità nella Chiesa. A chiederla - come riferisce l'Osservatore Romano - sono la Conferenza dei religiosi olandesi, che riunisce i superiori maggiori di tutti gli ordini monastici e degli istituti religiosi, e la Conferenza episcopale olandese che martedì scorso s'è riunita a Zeist, nei pressi di Utrecht. "L'inchiesta sarà avviata il primo possibile", ha assicurato Will van de Ven, portavoce della Conferenza degli istituti religiosi. Per i presuli quello degli abusi è una "scoperta dolorosa" e un "peccato" tanto più grave perché compiuto da sacerdoti e da religiosi che avevano come compito quello di educare i giovani. "Ogni forma di abuso sessuale deve essere condannato con forza, in quanto è in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona", si legge in un comunicato congiunto nel quale si constata di "dover confessare che nell'ultima metà del secolo scorso è venuta a mancare la cura attenta di bambini e giovani da parte di un certo numero di sacerdoti e di religiosi". I racconti degli abusi sessuali venuti alla luce negli ultimi giorni e amplificati dai mezzi di comunicazione sociale hanno "profondamente colpito" i vescovi olandesi, come anche i responsabili della conferenza dei religiosi, i quali esprimono "compassione vera e rispetto, soprattutto verso i più piccoli in mezzo a noi". Finora i casi accertati nei Paesi Bassi sono tre e risalgono al periodo tra il 1950 e il 1970. Ma dopo le prime denunce di abusi sessuali avvenuti in un istituto salesiano di 's-Heerenberg, i media olandesi hanno segnalato centinaia di nuovi casi di violenze. Circa duecento sono le denunce giunte finora all'organizzazione cattolica "Hulp en Recht" che si occupa d'aiutare le vittime degli abusi. Il portavoce dell'organizzazione, Jan Waaijer, ha detto d'essere rimasto sconvolto dalla quantità di denunce arrivate dalla fine di febbraio, quando i quotidiani hanno cominciato a riportare le prime notizie degli abusi. "A coloro che sono stati vittime di abusi nei collegi religiosi" i vescovi olandesi chiedono pubblicamente scusa, mettendo anche in rilievo "il grande bisogno delle vittime di essere ascoltate e di trovare così riconoscimento" di quanto accaduto. "Questa - viene sottolineato nel comunicato - è la prima responsabilità delle singole diocesi, degli ordini e delle congregazioni religiose. È perciò auspicabile che le vittime si mettano in contatto velocemente con i responsabili dei rispettivi ordini, congregazioni e diocesi". La linea della massima trasparenza e della collaborazione con le istituzioni viene seguita dalla Chiesa anche in Austria, dove negli ultimi giorni la stampa locale ha riportato i casi di presunti abusi sessuali che si sarebbero verificati in due istituti religiosi negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. (S.C.)
Comunicato Kek-Ccee: l’Europa tuteli la dignità dei migranti senza distinzioni
◊ “La giustizia e la carità sono le linee direttrici di tutto il comportamento dei cristiani” verso i migranti: è quanto viene sottolineato in una nota al termine dell’incontro ad Istanbul del Comitato congiunto della Conferenza delle Chiese Europee (Kek) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (Ccee), svoltosi dal 7 marzo ad oggi, su invito del Patriarca Bartolomeo I. I vescovi sottolineano che i Paesi europei “non sembrano essere del tutto preparati” al fenomeno delle migrazioni. E denunciano che spesso “il nucleo famigliare è costretto a separarsi per la mancata possibilità del ricongiungimento famigliare”. Le primi vittime “di simili politiche – avvertono – sono i bambini che crescono in un contesto sociale privo degli affetti” congiunti di un padre e di una madre. Nel comunicato si sottolinea che “deve essere riconosciuto ovunque la dignità personale di tutti, anche degli immigrati non regolari ed i richiedenti di asilo”. Pur riconoscendo la responsabilità degli Stati per i propri cittadini, proseguono i presuli, “il riconoscimento doveroso e assoluto della dignità umana di tutti, e la misericordia verso i più bisognosi dall’altra, dovrebbero formare un insieme organico”. Le migrazioni, soggiungono, sono dunque “un invito pressante di cambiamento a livello strutturale, culturale e di mentalità” e “pongono delle sfide su cui è necessario intervenire come la garanzia dei diritti dell’uomo di fronte alle diversità di status” internazionalmente riconosciuto. I vescovi europei esprimono anche preoccupazione per alcune correnti di pensiero che si vanno diffondendo nel Vecchio Continente e che contrastano la cultura della vita e il modello naturale della famiglia. “In particolare – si legge nel comunicato - il progetto di legge sulla non-discriminazione può avere gravi ripercussioni nella vita e nelle attività di realtà ecclesiali”. Il Ccee e la Kek riconoscono l’importanza del lavoro congiunto svolto nel campo delle relazioni con i musulmani in Europa e intendono proseguire in questo dialogo. Il prossimo incontro del Comitato Congiunto Ccee-Kek si svolgerà dal 17 al 20 febbraio 2011 a Belgrado. (A.G.)
Pakistan: fedeli in preghiera per le vittime dell’attacco all’Ong World Vision
◊ Il flusso dei fedeli è ininterrotto. Al santuario nazionale di Lahore, la cattedrale del “Sacro Cuore”, pellegrini cristiani di ogni confessione si recano a pregare, depositare fiori, esprimere vicinanza e solidarietà per le sei vittime del recente attacco subito dall’Ong di ispirazione cristiana “World Vision”, impegnata in Pakistan con programmi di istruzione, sviluppo, assistenza ai bambini. Ieri un commando di militanti (probabilmente talebani) ha attaccato con una bomba e poi con un’azione armata gli uffici della Ong nel distretto di Mansehra, parte della Provincia della Frontiera di Nordovest, uccidendo 6 operatori pakistani e ferendone almeno altri sette. L’azione terroristica ha creato sgomento e amarezza nella comunità cristiana in Pakistan, soprattutto perchè “l’impegno delle Ong come World Vision contribuisce a migliorare le condizioni sociali ed economiche della popolazione, senza alcuna discriminazione nei destinatari, e senza alcuna forma di proselitismo”, nota una fonte dell'agenzia Fides nella Chiesa del Pakistan. Il Santuario del Sacro Cuore a Lahore è un punto di riferimento per i fedeli pakistani ed anche un luogo che, come afferma il rettore padre Andrew Nisari, “in Quaresima è meta di assidui pellegrinaggi e si distingue per l’aiuto e le opere di carità sostenute dai fedeli, come l’orfanotrofio ‘Casa dell’Amore’ di Lahore, gestito dalle Missionarie della Carità, ed altre”. Oggi e nei prossimi giorni continuerà una preghiera speciale, dedicata alle vittime del terrorismo, e una campagna di solidarietà verso le famiglie dei sei operatori pakistani di World Vision deceduti ieri. La vita diventa difficile per le organizzazioni non governative e per le associazioni che, all’interno della società civile pakistana, difendono i diritti e la libertà delle minoranze religiose: molte Ong, di ispirazione cristiana e non, oggi si sentono in pericolo, nel timore di divenire un bersaglio degli estremisti. Le Ong rilevano che il 2009 è stato un “anno nero” per i cristiani in Pakistan: oltre 130 fedeli cristiani sono morti a causa di attacchi, arresti, aggressioni, torture. E il 2010, visti i recenti episodi, non si preannuncia molto migliore. (R.P.)
Minacce e soprusi di musulmani pakistani in Punjab: muore un cristiano
◊ Nella regione pakistana del Punjab si fa sempre più difficile la vita per le minoranze cristiane. Secondo quanto riferisce all’agenzia Fides l’organizzazione cristiana “Life for All”, che opera nel territorio con progetti per la promozione e lo sviluppo sociale delle minoranze, un giovane cristiano di 37 anni, Mukhityar Masih, è morto per un attacco cardiaco in seguito alle pesanti minacce e ai soprusi subiti da un gruppo di militanti musulmani che hanno fatto irruzione nella sua abitazione. Il caso, come racconta a Fides Xavier Williams, vice presidente di “Life for All”, è avvenuto a Youhanabad, nei pressi di Lahore, dove circa 12 anni fa Mukhityar Masih aveva siglato un contratto di acquisto per un appezzamento di terreno da un ricco possidente musulmano locale, Shafi Mayo. Il contratto prevedeva che, dopo circa dieci anni di affitto e mezzadria, il terreno sarebbe stato riscattato da Masih e divenuto definitivamente di sua proprietà. Alla scadenza del decennio, Masih ha richiesto l’applicazione del contratto, ma il proprietario ha rinviato la cessione per circa due anni. A questo punto il giovane si è rivolto alla polizia e ha avviato un’azione giudiziaria. La reazione non si è fatta attendere: domenica scorsa un gruppo di circa 20 uomini armati ha fatto irruzione nella casa di Masih e ha minacciato di morte lui e la sua famiglia. Nell’aggressione il giovane è stato colto da un attacco cardiaco ed è deceduto. “Siamo vicini alla famiglia della vittima e chiediamo giustizia”, dice Xavier Willimas, segnalando come “incidenti di tal genere ai danni delle comunità di minoranza, divengono ogni giorno più numerosi in Punjab”. (R.P.)
Nigeria: a Jos tre giorni di lutto dopo le violenze. Migliaia i profughi
◊ Sono cominciati nello stato di Plateau i tre giorni di digiuno e preghiera in memoria delle vittime delle violenze avvenute nel fine-settimana alla periferia della capitale Jos. “Invito tutti a implorare Dio perché perdoni i nostri peccati e riporti la pace” ha detto il governatore locale, Jonah Jang, in un discorso trasmesso in diretta televisiva, nel corso del quale ha indetto tre giorni di lutto a partire da oggi. “Dobbiamo posare la spada e lavorare per la pace, poiché la violenza non servirà a risolvere i problemi” ha aggiunto il governatore, in riferimento alle tensioni intercomunitarie che hanno portato nella notte tra sabato e domenica scorsi a un attacco di pastori nomadi di etnia fulani contro villaggi abitati in prevalenza da contadini di etnia berom. In queste ore inoltre, migliaia di donne vestite di nero stanno sfilando nelle strade di Jos per dire “no” alla violenza e chiedere il ritiro dell’esercito dalla cittadina dove, sostengono, “i soldati hanno fallito nel compito di proteggere la popolazione”. Il capo coperto con lunghi drappi neri e nelle mani rami di mango, in segno di pace, le donne hanno marciato in direzione della sede del governatore, bloccando la circolazione e scandendo slogan per la pace e contro i militari. Dal canto suo Robin Waudo, responsabile del Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr), conferma che sono circa 8000 le persone costrette a lasciare le loro case dopo le violenze. Secondo Waudo, 5000 persone sono state costrette a lasciare le loro case a Dogo-Na-Hawa e negli altri villaggi alla periferia sud di Jos sconvolti dalle violenze di domenica. Altre 3000 persone, calcola il responsabile del Cicr, hanno abbandonato la città e trovato rifugiato in alcuni campi nello stato vicino di Bauchi. “Le squadre di operatori con le quali siamo in contatto costante – dice Waudo – hanno confermato che lunedì a Dogo-Na-Hawa sono state seppellite almeno 300 persone”. Il Cicr ha cominciato a distribuire acqua e cibo agli sfollati, ma sottolinea che la situazione resta “tesa”. (R.P.)
Haiti: prosegue il censimento degli sfollati che hanno lasciato la capitale dopo il sisma
◊ I primi dati della Campagna per la registrazione di quanti hanno abbandonato la capitale di Haiti dopo il terremoto sono contenuti nel recente rapporto della Oim, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. La Campagna - riporta l'agenzia Fides - intende registrare gli haitiani sfollati ed emigrati a causa del terremoto del 12 gennaio che si stanno insediando in più agglomerati intorno a Port-au-Prince, al fine di garantire loro un alloggio sicuro prima dell'epoca delle piogge. La Oim, coordinatrice degli sforzi internazionali per sostenere questa iniziativa organizzata dal governo, è incaricata di eseguire le operazioni, mentre lavora con altri gruppi. L'obiettivo di questa iniziativa è identificare la provenienza dei residenti negli insediamenti più popolosi che si sono creati dopo il terremoto e studiare le opzioni future, come ad esempio il ritorno ai luoghi di origine, la fornitura di assistenza alle famiglie ospitanti, il miglioramento delle condizioni di vita negli insediamenti provvisori e la pianificazione e creazione di nuovi luoghi di residenza. Al momento è stato completato il trattamento delle informazioni raccolte dopo la prima iniziativa di registrazione di massa - per un totale di 4.943 famiglie -, svoltasi a Champ de Mars, accampamento vicino al distrutto palazzo presidenziale haitiano. Il Catholic Relief Services ha registrato 8.000 famiglie nel Golf Club di Petionville, e la settimana scorsa, la Oim ha completato la registrazione di 9.348 famiglie nell'antico aeroporto militare della capitale. Si prevede che il primo campo organizzato dall'Oim aprirà il 13 marzo e ospiterà 200 famiglie in tende donate dal governo colombiano: si tratta di un progetto comune delle organizzazioni di protezione civile di Haiti e Repubblica Dominicana. L'agenzia di aiuti Oxfam garantirà acqua e servizi igienico-sanitari. La Oim è una organizzazione intergovernativa fondata nel 1951, la quale opera secondo il principio che il fenomeno migratorio, in condizioni umane e in modo ordinato, rende benefici ai migranti e alla società. (R.P.)
I vescovi Usa sostengono la legge che favorisce gli accordi commerciali con Haiti
◊ Un trattamento commerciale preferenziale per Haiti colpita dal devastante terremoto del 12 gennaio scorso. A chiederlo è l’episcopato degli Stati Uniti, in una lettera – di cui riferisce l’agenzia Zenit - firmata dal presidente della Commissione episcopale Giustizia e Pace Internazionale, mons. Howard Hubbard, vescovo di Albany nello Stato di New York. La lettera è stata inviata ai membri della Commissione per le Finanze del Senato e alla Commissione per le Relazioni esterne, a sostegno della “Legge della speranza rinnovata ad Haiti”. Legge, proposta agli inizi di febbraio dai senatori Ron Wyden e Bill Nelson, che prevede misure specifiche per aiutare Haiti a ricostruire la sua industria tessile, che prima del sisma rappresentava il 75% delle esportazioni del Paese. Dopo il disastro, con il crollo di una fabbrica e la morte di 500 lavoratori al suo interno, la capacità industriale si è dimezzata. Tenuto conto che Haiti già godeva di condizioni più favorevoli rispetto ad altri Paesi per esportare beni negli Stati Uniti, la nuova Legge propone di rinnovare questi provvedimenti, alcuni dei quali scadono a settembre. Nella sua lettera il vescovo Hubbard chiede ai senatori di sostenere la Legge “perché progredisca rapidamente nell'iter legislativo”. “Se si approvasse questa legislazione, si potrebbero creare rapidamente migliaia di posti di lavoro ad Haiti”, osserva il presule, aggiungendo che in seguito, “sarà importante adottare un trattamento preferenziale più ampio per i prodotti haitiani”. Il vescovo assicura che la Conferenza episcopale degli Stati Uniti e la sua organizzazione umanitaria, Catholic Relief Services, farà “tutto il possibile per agire in solidarietà con il popolo e la Chiesa ad Haiti mentre ricostruiscono il loro Paese”. (R.G.)
I vescovi argentini: no alla conflittualità politica permanente
◊ Per i vescovi argentini - che ieri hanno concluso la riunione della presidenza con la partecipazione di oltre 20 presuli - le celebrazioni del Bicentenario dell’indipendenza “meritano un clima sociale e spirituale diverso da quello che si vive” e perciò, aggiungono, è urgente “ricreare le condizioni politiche e istituzionali che ci consentano di superare lo stato attuale di scontro permanente che finisce per approfondire i mali” della nazione. Così si legge nel comunicato diffuso ieri intitolato “la Patria è un dono, la Nazione un compito”, con il quale i vescovi desiderano manifestare le proprie preoccupazioni e le tante speranze in un’ora difficile per il popolo argentino. “L’attuale situazione – osservano - esige un atteggiamento di nobiltà da parte di tutti gli argentini, in particolare dei suoi dirigenti. Anche noi, pastori, ci sentiamo interpellatati da questa situazione e dunque non ci escludiamo dal necessario esame di coscienza”. Per l’episcopato, il Paese vive una “situazione di sofferenza” e al riguardo - citando documenti precedenti - i vescovi ricordano che “la qualità della vita delle persone è un qualcosa di fortemente legato alla salute delle istituzioni, della sua Costituzione”, poiché, spiegano “un loro mal funzionamento produce un alto costo sociale”. “La qualità istituzionale, scrivono, è la strada più sicura per raggiungere l’integrazione sociale di tutti nella comunità nazionale. Proprio per questo è necessario che i poteri dello Stato, in accordo con la propria natura, agiscano rispettando la propria legittima autonomia e collaborando nel servizio al bene comune”. Questa sofferenza del Paese preoccupa in particolare perché, osserva l’episcopato argentino, “colpisce più duramente i poveri” nei confronti dei quali il Paese ha già un debito sociale rilevante. “E per questo, aggiungono i presuli, che oggi occorre sancire leggi che rispondano ai bisogni reali del nostro popolo”, rifiutando opzioni determinate “da interessi che non tengono in considerazione la natura della persona umana, della famiglia e della società”. Infine, l’episcopato conclude ribadendo che “la Patria è un dono che abbiamo ricevuto e la nazione è un compito che chiama tutti e richiede il nostro impegno. Assumere questa missione, con spirito fraterno e solidale, è il modo migliore di celebrare il Bicentenario”. I presuli si congedano con una preghiera al Signore: “Salva il tuo popolo e benedici la tua eredità” e deponi nel cuore della “Nostra Madre di Luján i nostri desideri e le nostre speranze”. (A cura di Luis Badilla)
La Chiesa in Perù contro la ‘pillola del giorno dopo’
◊ L’episcopato del Perù, con una breve dichiarazione ha convocato, ieri, tutti i peruviani “a difendere la vita!” in un’ora in cui gravi insidie sembrano minacciare questo prezioso dono di Dio. Il motivo principale della preoccupazione dei vescovi e dei cattolici è la recente decisione del Ministero della Salute che consente la distribuzione della cosiddetta “pillola del giorno dopo”, farmaco abortivo. I vescovi ricordano che le autorità con la loro decisione, hanno ignorato completamente la sentenza del Tribunale costituzionale, emessa nell’ottobre 2009, che ha vietato severamente a chiunque, e dunque anche allo Stato, di distribuire o immettere nel commercio questo farmaco (Levonorgestrel), poiché – si legge nel dispositivo del verdetto costituzionale – “va detto che il diritto alla vita del concepito viene colpito dall’azione del citato prodotto”. I presuli denunciano un’interpretazione arbitraria e pretestuosa di alcuni articoli della sentenza e considerano la decisione governativa come un’azione grave da contrastare con rigore. Al tempo stesso la dichiarazione episcopale rammenta passo a passo le considerazione dei giudici costituzionali, che dopo aver ricevuto ampia documentazione scientifica sulla pillola, sono arrivati alla conclusione che si tratta di un prodotto abortivo poiché ha come effetto principale quello “di impedire l’impianto del concepito nell’utero della madre”. Molti degli argomenti usati in questi giorni per spiegare ed eventualmente giustificare la decisione governativa già sono stati trattati dai giudici, e su questi si sono pronunciati, affermando a più riprese che il farmaco viola le disposizioni legali vigenti sull’interruzione della gravidanza. “La legislazione peruviana protegge e difende la vita umana espressamente e chiaramente dal suo concepimento o fecondazione”, ricordano i vescovi che aggiungono: “il tema della pillola del giorno più che una materia di natura confessionale per il nostro Paese è una questione che riguarda la sua sovranità nazionale, la sua difesa costituzionale e il medesimo stato di diritto”. (L.B.)
Rapporto sulle armi leggere dagli Usa all'Africa
◊ “Con la presidenza Obama gli Stati Uniti hanno rovesciato la politica della precedente amministrazione sulle armi leggere e dimostrato la volontà di contribuire a elaborare un trattato” sottolinea in un’analisi pubblicata ieri il “Center for American Progress”, un istituto che si definisce indipendente dai partiti. Nel documento ripreso dall'agenzia Misna, si evidenzia l’importanza del voto espresso il 30 Ottobre dagli Stati Uniti a favore di una risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu che fissa il 2012 come scadenza per l’adozione del Trattato sul commercio di armi (Att). Secondo il “Center for American Progress”, la nuova linea di Washington deve tradursi in impegni concreti sul piano sia della legislazione nazionale che del negoziato internazionale. “Controlli sulle esportazioni e valutazioni attente dei consumatori finali sono importanti – si sostiene nell’analisi – ma è altrettanto importante assicurarsi che le armi in eccedenza, obsolete e potenzialmente destabilizzanti, siano tolte dalla circolazione; sono queste le armi spesso utilizzate nei conflitti brutali di paesi come la Colombia, il Sudan, la Repubblica Democratica del Congo, lo Sri Lanka o la Somalia”. Nel documento si evidenzia che la diffusione delle armi leggere rappresenta una minaccia “per le società e gli Stati” ma anche “per programmi di sviluppo multimiliardari e altre forme di assistenza ai ‘fragile States’”, Stati deboli, non in grado di controllare il territorio in modo efficace. Secondo le stime del “Center for American Progress” oggi nel mondo ci sono circa 875 milioni di armi leggere, appena un terzo delle quali nelle mani di “forze dell’ordine o di sicurezza riconosciute da un punto di vista legale”. L’istituto statunitense porta ad esempio il caso della Somalia, un paese che nonostante “numerose conferenze di pace internazionali” e “aiuti per miliardi di dollari” resta da quasi 20 anni ostaggio della “guerra civile”. “Ricreare le condizioni per uno sviluppo sostenibile in un ambiente dove le armi sono molto diffuse”, questa la tesi di fondo, è un compito estremamente difficile. “L’insicurezza – continua il ‘Center for American Progress’ sul caso somalo – si diffonde anche al di là dei confini statali: nel vicino Kenya i conflitti armati sono frequenti nelle regioni pastorali del nord e del nord-est, mentre l’ampia disponibilità di pistole ha aumentato i reati e la violenza politica anche nel resto del Paese”. Nella risoluzione approvata in ottobre dall’Assemblea generale dell’Onu, si stabilisce che l’Att dovrà avere “i più alti standard internazionali” per poter controllare il commercio e il trasporto delle armi convenzionali in giro per il mondo”. (R.P.)
Sud Sudan: oltre 2 milioni gli sfollati rientrati dalla fine del conflitto
◊ Sono più di 2 milioni i profughi – riferisce l’agenzia Misna - che hanno fatto ritorno nei loro villaggi d’origine in Sud Sudan dalla firma degli Accordi di pace globale (Cpa), che nel 2005 posero fine alla ventennale guerra civile in atto nel Paese africano. Lo documenta un rapporto congiunto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e della Commissione sudanese per la riabilitazione e il soccorso (Ssrrc), cui hanno partecipato anche gli uffici del Governo semiautonomo del Sud Sudan (Goss) e della missione dell’Onu nel Paese (Unmis). L’anno di maggiore affluenza e ritorno degli sfollati è stato quello successivo alla firma degli accordi, il 2006, durante il quale quasi 750 mila profughi sono rientrati alle loro case. Sarebbe però un errore - affermano gli analisti - credere che il fenomeno sia collegato al passato, poiché in vista delle elezioni e del referendum per l’autodeterminazione del Sud Sudan molti sfollati “prevedono di tornare nelle regioni meridionali”. Secondo il rapporto circa il 60% delle famiglie di sfollati sono “guidate” da donne, mentre il 60% di tutti i profughi sulla via di ritorno hanno meno di 18 anni e solo l’8 ha più 60 anni. In base a stime delle Nazioni Unite, si ritiene che gli oltre 20 anni di conflitto tra Nord e Sud del Paese abbiano causato oltre 4 milioni di profughi. (R.G.)
Costa d'Avorio: il nunzio apostolico esorta alla non violenza e al dialogo
◊ Per il nunzio apostolico della Costa d’Avorio, mons. Ambroise Madtha, il dialogo e la non violenza sono i soli strumenti per poter rivendicare qualcosa. “Ciò che possiamo fare è parlare” ha detto il nunzio domenica scorsa a Toumodi, dove ha presieduto una celebrazione eucaristica e si è poi intrattenuto con i fedeli che con lui hanno condiviso le loro preoccupazioni. Mons. Madtha, in particolare, affrontando i temi dell’attualità, ha condannato i recenti episodi di violenza che si sono verificati nella Costa d’Avorio e che hanno provocato la perdita di vite umane ed ingenti danni materiali. Il nunzio apostolico ha specificato che in democrazia le manifestazioni sono permesse, ma che questo non autorizza chi manifesta ad attaccare i beni pubblici e privati e ad uccidere. Mons. Madtha ha insistito sull’importanza del dialogo spiegando che proprio il dialogo caratterizza il suo ministero di nunzio apostolico che lo porta ad incontrare, politici, capi di stato, leader. Tra i temi affrontati con i fedeli la posizione del Papa di fronte agli strumenti per combattere l’Aids; il nunzio apostolico ha dichiarato di condividere quanto sostiene Benedetto XVI, ossia la pratica dell’astinenza e la fedeltà e non l’uso dei profilattici. Mons. Madtha ha affermato che è provato scientificamente che i profilattici non sono efficaci al cento per cento, ed è per questo che ha chiesto ai giovani di astenersi dai rapporti sessuali fino al matrimonio e a quanti sono sposati di restare fedeli al proprio coniuge. (T.C.)
Nigeria: rimandata la campagna di vaccinazione contro la polio a causa del clima di violenza
◊ La campagna di vaccinazione contro la polio programmata nella città di Jos, coinvolta in gravi episodi di violenza, è stata posticipata al 13 marzo a causa dei conflitti e di uno sciopero degli operatori sanitari. “Abbiamo bisogno di più tempo per pianificarla a causa dei cambiamenti avuti dopo i primi episodi di violenza verificatisi nel Paese a gennaio”, si legge in una nota di Mathew Dabup, responsabile della campagna di immunizzazione contro la polio della Federazione internazionale della Croce Rossa e Red Crescent Societies (IFRC). L’Organizzazione – riferisce l’agenzia Fides - ha promosso un corso di formazione per gli operatori sanitari che non hanno aderito allo sciopero nello stato di Plateau. L’IFRC è una delle agenzie impegnate in una campagna settimanale regionale, che prevede la vaccinazione contro la polio di almeno 85 milioni di bambini nell’Africa occidentale. La Croce Rossa della Nigeria ha calcolato che, a gennaio, in seguito agli scontri di Jos, circa 20 mila persone sono state allontanate. La strategia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede di raggiungere quanti più bambini possibile continuando a tutelare gli operatori sanitari, che sono 200 mila, per vaccinare 43 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni di età, la fascia più vulnerabile all’infezione. A Jos l’obiettivo è vaccinarne 215 mila, quanti riportati dalle stime ufficiali, sebbene il numero attuale sia più alto, dopo i 300 mila vaccinati a dicembre 2009. La Nigeria è l’epicentro dell’attuale epidemia nella regione, dopo quella della seconda metà del 2008. Dopo diversi cicli di vaccinazioni, nel 2009 il numero dei casi riportati nel Paese è diminuito quasi della metà. Negli ultimi anni i Paesi vicini dell’Africa occidentale hanno interrotto le campagne di vaccinazione, rendendo i bambini vulnerabili al nuovo contagio nel 2008. Anche Benin, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Senegal, Sierra Leone e Togo hanno registrato casi di polio negli ultimi 12 mesi. (R.G.)
Congo: concluso a Kinshasa il convegno dedicato al cardinale Malula
◊ “L’anno dedicato alla memoria del cardinale Malula ci pone dinanzi alle nostre responsabilità ecclesiali e storiche. La prosecuzione dell’evangelizzazione del Congo, secondo lo spirito di Malula quando parlava di una chiesa congolese in uno stato congolese, porta ad una sfida comunitaria permanente”: è quanto ha affermato mons. Laurent Mosengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, al convegno che si è svolto dal 7 al 9 marzo nella cattedrale di Nostra Signora del Congo, nella capitale, per ricordare il cardinale Joseph-Albert Malula, pastore dell’arcidiocesi di Kinshasa dal 1964 al 1989. Sul tema “Il cardinale Malula, pastore profetico”, hanno discusso diversi intellettuali che hanno ricordato il fecondo ministero del porporato, il suo impegno in diverse attività, la sua presidenza nel Simposio delle conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (Sceam) nel 1984, la ricostruzione del centro pastorale Lindonge nel 1986, e la presidenza nel Sinodo diocesano dal 1986 al 1988. “Celebrando il cinquantesimo anniversario dell’episcopato del card. Malula, non si tratta soltanto di mantenere vivo il ricordo di un pastore eccezionale, ma anche di prendere coscienza di essere gli eredi di un grande cantiere ecclesiale nel quale ciascuno è chiamato ad investirsi pienamente - ha detto padre François Luyeye -. Siamo chiamati ad iscriverci in una dinamica creatrice che ci permetterà di proseguire, dopo di lui, il compito sempre nuovo di incarnare il Vangelo”. (T.C.)
Incontro continentale dei Movimenti di Azione cattolica in Africa orientale in Rwanda
◊ “Pane, vita, pace e libertà”: i temi al centro del IV incontro continentale dei Movimenti di Azione cattolica in Africa orientale, che si è aperto ieri a Kigali, in Rwanda, per iniziativa del Forum internazionale di Azione cattolica (Fiac). All’ordine del giorno dei lavori – di cui riferisce l’agenzia Fides - l’approfondimento sulla situazione della Chiesa in Africa dopo la II Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi, svoltasi lo scorso ottobre e le prospettive d’indirizzo futuro, alla luce dello specifico contributo dei laici. All’incontro sono presenti le delegazioni dei Movimenti di Azione cattolica di Rwanda, Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Kenya, Uganda e Tanzania e quelle dei Paesi osservatori, Congo Brazzaville e Repubblica centrafricana. Partecipano inoltre rappresentanti delle associazioni di Azione cattolica di Spagna, Romania e Italia. Tra gli interventi in programma, quelli di mons. Simon Ntamwana, arcivescovo di Gitega e presidente dell’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale (Aceac); di mons. Thaddée Ntihinyurwa, vescovo di Kigali; di mons. Evariste Ngoyagoye, arcivescovo di Bujumbura, presidente della Conferenza episcopale del Burundi e della Commissione episcopale per l’apostolato dei laici; di mons. Servilien Nzakamwita, vescovo di Byumba e presidente della Commissione episcopale africana per l’apostolato dei laici (Ceal). L’incontro di Kigali, che si concluderà domenica 14 marzo, è il primo di una serie di appuntamenti continentali organizzati dal Fiac, che si svolgeranno quest’anno in preparazione della VI Assemblea ordinaria del Forum prevista per ottobre del 2011 in Terra Santa. (R.G.)
Kenya: i missionari laici della Consolata ribadiscono il sostegno all’evangelizzazione
◊ Oltre 100 delegati del movimento dei missionari laici della Consolata si sono riuniti per un incontro durato tre giorni, tenutosi al Sagana Retreat Centre di Muranga (Kenya), con l’obiettivo di rafforzare il movimento e mettere le loro attività a disposizione della gente comune. Continueranno a sostenere il lavoro di evangelizzazione e di rafforzamento della famiglia come istituzione, seguendo il carisma del Fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata, il Beato Allamano. Tema dell’incontro - riferisce l'agenzia Fides - è stato lo slogan “A New Journey with a New Spirit”: laici, uomini e donne di tutti i cammini di vita, si sono impegnati a lavorare all’interno delle strutture della Chiesa per sostenere il lavoro dei Padri, dei Fratelli e delle Suore della Consolata. I delegati sono arrivati dalle arcidiocesi di Kampala e Lugazi, in Uganda, e dalle arcidiocesi di Mombasa, Nyeri, Nairobi e Kisumu, dalle diocesi di Bungoma, Muranga, Embu, Meru e Machakos, in Kenya. L’incontro è stato presieduto dal Superiore regionale dei missionari della Consolata in Kenya e Uganda, padre Franco Cellana, assistito da diversi relatori e moderatori che si sono succeduti a presentare “L’insegnamento della Chiesa ai missionari laici” e “Il ruolo dei missionari laici della Consolata”. Rivolgendosi all’assemblea, padre Cellana ha detto che il movimento metterà in atto programmi di azione forti e tangibili, che includeranno un piano di preghiera, uno di formazione ed un piano di azione. Questi programmi saranno utili per rafforzare e fortificare le parrocchie, assistendole nella preparazione dell’Eucaristia domenicale, dei sacramenti e nella vita di preghiera dei cristiani. Padre Cellano ha inoltre insistito sul lavoro congiunto dei missionari laici con i rispettivi parroci e con gli altri gruppi presenti all’interno delle parrocchie, in quanto “la Chiesa è costituita da un’unica grande famiglia di Dio”. E’ stato inoltre suggerito che questo incontro si ripeta ogni anno per favorire la conoscenza tra i membri, lo scambio di esperienze e l’arricchimento reciproco. Altri incontri quadrimestrali e semestrali si terranno tra gruppi e parrocchie minori. (R.P.)
Le reliquie di Sant’Antonio in Sri Lanka per portare “pace e unità” al Paese
◊ Migliaia di cattolici e non dello Sri Lanka hanno accolto le reliquie di Sant’Antonio pregando per “la pace e l’unità del Paese”. I resti del santo francescano di origine portoghese – famoso per la sapienza e le doti di predicatore – hanno lasciato per la prima volta in 750 anni la città di Padova, in Italia, e sono giunti domenica scorsa a Colombo. Una speciale concessione resa possibile dalla personale richiesta avanzata da mons. Malcom Ranjith – arcivescovo della capitale – ai custodi delle reliquie, in occasione del 175mo anniversario della basilica di Sant’Antonio a Kochchikade. Negli ultimi tre giorni la basilica è rimasta aperta dalle 5 del mattino fino alle 3 di notte per consentire l’accesso alla folla di fedeli, desiderosi di ricevere la speciale benedizione di Sant’Antonio e pregare davanti alle reliquie. Tra le molte invocazioni rivolte all’indirizzo del santo francescano, quelle di donare al Paese la pace e l’unità perduta. Il 7 marzo scorso si è svolta una messa di benvenuto, presieduta da mons. Ranjith insieme a mons. Joseph Spiteri, nunzio apostolico in Sri Lanka, sacerdoti diocesani, laici, religiose e i due delegati giunti da Padova con le spoglie del santo. Durante il rito, l’arcivescovo di Colombo ha invitato i fedeli a “seguire l’esempio di Sant’Antonio” e imparare da lui a “ricostruire le nostre vite”. Alla funzione hanno preso parte anche la moglie del presidente, Shiranthi Rajapaksa, politici cattolici, monaci buddisti e fedeli di altre religioni. Almeno 5mila, secondo le stime, le persone presenti alla cerimonia. Ieri le reliquie di Sant’Antonio hanno lasciato la basilica di Kochchikade per raggiungere la diocesi di Galle, nel sud del Paese. Nei prossimi 16 giorni, infatti, le spoglie compiranno un pellegrinaggio in tutto lo Sri Lanka come “segno di pace e di speranza”. Molti i santuari cattolici che potranno esporre le reliquie, compresa l’area nel nord, teatro per tre decenni di una lotta sanguinaria fra l’esercito governativo e il movimento indipendentista Tigri Tamil. Una messa alle 6 del mattino, celebrata ieri nella basilica di Sant’Antonio, ha segnato la partenza delle reliquie dalla capitale. (R.P.)
Colloquio a Gerusalemme e Tiberiade promosso da istituzioni ebraico-cattoliche francesi
◊ Il Consiglio rappresentativo delle Istituzioni ebraiche di Francia (Crif) organizza, in collaborazione con il Servizio nazionale della Conferenza episcopale di Francia per le relazioni con l'ebraismo, un colloquio dal titolo “Cristiani ed ebrei, incontro a Gerusalemme e a Tiberiade”. Il colloquio – di cui riferisce l’agenzia Sir - si svolgerà il 16 e 17 marzo nelle due città israeliane: una sessantina finora gli iscritti che saranno accolti dal presidente del Crif, Richard Pasquier e da mons. Giacinto Marcuzzo, vicario per Israele del Patriarcato latino di Gerusalemme e vicario per Nazareth. “Il viaggio di Giovanni Paolo II nel 2000 – spiega una nota del Crif - ha aperto la via verso l’estensione ad Israele del movimento di avvicinamento iniziato dal Vaticano II. L’incontro di Gerusalemme promosso su iniziativa del Crif vuole dare nuovo slancio alle relazioni giudaico-cristiane”. Al colloquio sarà affrontata in particolare la situazione di vita delle comunità cristiane in Israele e nei territori palestinesi. Partecipano ai lavori anche il pastore Claude Baty, presidente della Federazione protestante di Francia, mons. Jérome Beau, vescovo ausiliare di Parigi e padre Patrick Desbois, direttore del servizio nazionale per le relazioni con il giudaismo della Chiesa cattolica di Francia. (R.G.)
Svizzera: il 13 marzo le Chiese celebrano la Giornata delle rose
◊ Le Chiese elvetiche celebrano questo sabato, 13 marzo, l’ormai tradizionale Giornata delle rose. Si tratta di un’iniziativa di solidarietà organizzata ogni anno nell’ambito della Campagna di Quaresima, l’annuale colletta a favore dei Paesi poveri promossa in Svizzera dall'organizzazione caritativa cattolica “Action de Carême” (AdC) con le sue omologhe protestante “Pain pour le prochain” e vetero-cattolica “Etre partenaires”. In tutte le città della Confederazione – riferisce l’agenzia Apic - centinaia di volontari venderanno 160mila rose offerte gratuitamente da un’azienda locale. I proventi della vendita saranno interamente destinati a progetti di sviluppo promossi in Perù e Burkina Faso per aiutare le popolazioni locali a sopperire ai propri bisogni e quindi a vendere i propri prodotti a prezzi giusti. “Scommettiamo su un commercio equo” è infatti il tema scelto per questa edizione per sensibilizzare l’opinione pubblica sui meccanismi perversi del commercio mondiale, in particolare sulle conseguenze delle sovvenzioni agricole che penalizzano i mercati e le agricolture locali del Sud del mondo. Come ricordano i responsabili di Action de Carême e Pain pour le Prochain, a causa della concorrenza dei prodotti sovvenzionati dei Paesi sviluppati, molti contadini dei Paesi poveri si vedono costretti ad abbandonare le proprie produzioni e diventano dipendenti dalle importazioni a prezzi bassi soggetti all’andamento aleatorio dei mercati, un meccanismo che ha contribuito ad accrescere, anziché ridurre la fame nel mondo. Le rose vendute questo sabato, prodotte da un’azienda floricola in Tanzania nel rispetto delle regole del commercio equo e solidale, vogliono appunto dimostrare – spiegano gli organizzatori - che il commercio ingiusto non è una fatalità. Per il terzo anno consecutivo alla Campagna di Quaresima 2010 aderiscono anche più di 500 fornai che fino al 4 aprile proporranno ai loro clienti il “Pane della condivisione”. (L.Z.)
Santiago de Compostela: la città si prepara a ricevere il Papa
◊ E' con “enorme speranza” che gli abitanti di Santiago de Compostela si preparano a ricevere Benedetto XVI, che una settimana fa ha annunciato la sua visita a questa città e a Barcellona agli inizi di novembre. Sánchez Bugallo, sindaco di Santiago de Compostela, si è recato a Roma per far sì che più pellegrini visitino il santuario dell'apostolo Giacomo durante l'Anno Giubilare, o “Anno Giacobeo”. In alcune dichiarazioni all'agenzia Zenit, Sánchez Bugallo ha affermato che il Municipio ha ricevuto la notizia della visita del Pontefice come “un grande impulso e sostegno per quest'Anno”. La cattedrale di Santiago de Compostela, dove secondo la tradizione riposano i resti di San Giacomo, celebra l'Anno Giubilare ogni volta che il 25 luglio, giorno della festa del santo, cade di domenica, come avviene quest'anno. L'Anno successivo si celebrerà nel 2021. Questa tradizione è seguita dal 1122. “Il Giubileo è già iniziato, abbiamo aperto la Porta Santa della nostra cattedrale il 31 dicembre, ma sappiamo che l'alta stagione inizierà nella Settimana Santa”, ha detto il sindaco. “L'Anno Giubilare porta sempre una maggiore affluenza di pellegrini”. Per questo motivo, ha sottolineato, è stata creata una commissione che coordina gli sforzi e le attività culturali e religiose con l'arcivescovado. Tra il X e l'XI secolo sono iniziati i pellegrinaggi a Santiago de Compostela per varie vie: la più conosciuta è quella francese, che arriva in Spagna attraverso i cammini di Roncisvalle e Jaca e poi passa per Navarra, Aragona, La Rioja, Castiglia e León per attraversare la Galizia e giungere a Santiago. Lungo il tragitto sono stati costruiti ostelli per i pellegrini. Nel XVI secolo il numero dei pellegrini ha iniziato a diminuire notevolmente. Negli anni Cinquanta del secolo scorso, alcuni sacerdoti e laici sono tornati a promuovere questo pellegrinaggio, e negli anni Settanta e Ottanta il numero dei pellegrini ha iniziato ad aumentare di nuovo. Nel 1982 Giovanni Paolo II ha visitato Santiago, e questo fatto ha dato un nuovo impulso al Cammino. Nel 1989 la città ha ospitato la Giornata Mondiale della Gioventù, e in quell'occasione il Cammino è stato dichiarato il primo itinerario culturale europeo, ricorda il sindaco Sánchez. Nel 1993 c'è stato un boom di pellegrini con una novità importante: “è stata coinvolta molta gente di altre confessioni: evangelici, e anche buddisti e persone che non hanno una confessione definita ma comprendono che il Cammino è un'opportunità per riconciliarsi e riflettere”, ha aggiunto. (R.P.)
Convegno a Roma sul padre cappuccino Bernardo da Andermatt
◊ Inizierà questo pomeriggio presso il Collegio Internazionale S. Lorenzo da Brindisi, a Roma, un convegno su padre Bernardo da Andermatt, Ministro generale dei Frati minori cappuccini dal 1884 al 1908. Egli può essere giustamente considerato il restauratore dell’Ordine, disgregato dalle soppressioni che avevano imposto la chiusura dei noviziati e dei luoghi di studio, rendendo inefficienti le strutture di varie Province. Sotto il suo governo l’Ordine ebbe una notevole crescita numerica, una migliore organizzazione degli studi, una sorprendente espansione mondiale con l’erezione di molte circoscrizioni e famiglie in gran parte, o anche esclusivamente autoctone, un forte risveglio missionario e l’assunzione di nuovi compiti in seno alle chiese locali. Tutto fu accompagnato da un oculato e responsabile aggiornamento delle Costituzioni dell’Ordine, rimaste sostanzialmente immutate per oltre due secoli e mezzo. Nominato vescovo titolare di Stauropoli nel 1908, padre Bernardo morì l’anno dopo a Ingenhohl, in Svizzera, a 72 anni. (A cura di padre Egidio Picucci)
Subito i negoziati in Medio Oriente: così Biden dopo le reazioni negative del mondo arabo all’annuncio dei nuovi insediamenti ebraici
◊ I negoziati tra Israele e palestinesi "devono andare avanti subito": è quanto ha sottolineato il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, intervenendo questa mattina all'Università di Tel Aviv. Israele e Stati Uniti mantengono relazioni “uniche” nel loro genere, e tale legame “non può essere rotto”, quali che siano le sfide da affrontare. Così, Joe Biden ha cercato di superare le difficoltà creatasi ieri all’annuncio di nuovi insediamenti ebraici a Gerusalemme est, proprio durante la sua visita in Medio Oriente. L’annuncio ha immediatamente provocato l’interruzione dei contatti indiretti tra l’Autorità nazionale palestinese (Anp), e il governo israeliano. Sul futuro dei negoziati israelo-palestinesi, Stefano Leszczynski ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali presso l’Università di Firenze:
R. – Immaginare un futuro di colloqui è quasi impossibile sia per quello che è avvenuto negli ultimi giorni, sia perché i palestinesi non hanno in questo momento un governo in grado di negoziare davvero e sono in attesa di elezioni che si terranno in giugno.
D. – Il governo israeliano, in questo modo, si addossa le responsabilità del fallimento della mediazione americana...
R. – D’altra parte, questo governo non può rinunciare ad un concreto piano di insediamenti o di rafforzamento di quelli esistenti senza saltare letteralmente in aria. I rapporti con gli americani hanno subìto un brutto colpo, che danneggia Israele a vari livelli. Ma soprattutto, Israele sta subendo in queste ore un colpo ancora più duro per la catena di reazioni negative, anche da parte dell’Europa, che questo doppio evento – visita di Biden e annuncio di ulteriori insediamenti – ha creato.
D. – Dall’altra parte, si ha l’impressione che l’Autorità nazionale palestinese guadagni invece punti di fronte alla comunità internazionale, sia a livello di immagine, sia a livello di politica...
R. – La leadership palestinese ha davvero guadagnato punti con la visita del presidente Biden, che si dice sia rimasto ben impressionato da quanto si sta facendo nei Territori a livello politico, economico e di riforma amministrativa. Quello che i palestinesi stanno facendo è una pratica cessazione della violenza, anche da parte di Hamas. In tutti questi giorni, il soggetto che non si è sentito è Hamas e questo indica che Hamas in qualche modo partecipa a questo sforzo di ripresentarsi sulla scena internazionale in modo nuovo.
Iraq, attesa per i risultati elettorali, scarsa partecipazione dei cristiani
Saranno annunciati oggi gli attesi risultati preliminari delle elezioni legislative irachene, tenutesi domenica scorsa. Lo ha detto ieri il rappresentante speciale dell'Onu in Iraq. Proiezioni indicano la lista del premier uscente, Nuri al Maliki, vincente nelle regioni a maggioranza sciite e quella dell'ex premier, Iyad Allawi, in quelle sunnite centro-settentrionali. Emerge intanto, secondo il sito Ankawa.com, che la partecipazione al voto dei cristiani è stata scarsa: non ha superato il 40%, mentre il dato nazionale di affluenza è stato di oltre il 62%. I motivi sono soprattutto legati alla sicurezza: specialmente a Mossul, le continue minacce e violenze a cristiani hanno scoraggiato molti a recarsi alle urne, mentre altri sono fuggiti da Mossul prima ancora della iscrizione nelle liste dei votanti.
Ordigni talebani uccidono altri bambini in Afghanistan
L'esercito afghano e la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) hanno denunciato che un ordigno piazzato da talebani ha ucciso quattro bambini ferendone altri tre nella provincia nordorientale di Kapisa. Lo ha reso noto l'Isaf a Kabul, sottolineando che è la seconda volta in due giorni che gli insorti afghani feriscono od uccidono dei bambini. Intanto, i presidenti di Pakistan ed Afghanistan, Asif Ali Zardari e Hamid Karzai, si sono accordati per rilanciare il processo di una Grande Jirga (Assemblea) congiunta per appoggiare il processo di pace e riconciliazione proposto da governo afghano. I due capi di Stato si sono incontrati ieri sera a Islamabad per esaminare il contenzioso bilaterale e per fare il punto sull'attività antiterroristica alla frontiera comune, dove operano quasi indisturbati molti gruppi di talebani, anche legati ad al Qaeda. Al termine dell'incontro nella capitale pakistana, è stata stabilità una sorta di "road map" secondo la quale dapprima si terrà una Jirgagai (piccola assemblea), successivamente alla Jirga annunciata a Kabul da Karzai per il 29 aprile. Quello in corso, sottolinea Dawn News Tv, è un tentativo per rilanciare la Grande Jirga avviata fra i due Paesi nel 2007 per ridurre le divergenze fra i governi e per studiare il ruolo che le tribù pashtun residenti sulla frontiera comune possono svolgere nell'arginare i talebani e al Qaeda.
Anche oggi in Grecia sfilano manifestanti contro il piano anticrisi del governo
Il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha elogiato oggi la politica di risparmi annunciata dalla Grecia per riportare i propri conti in ordine. Juncker è poi tornato a esprimersi a favore di un Fondo monetario europeo (Fmi). Tuttavia, ha precisato, “un simile fondo non può risolvere tutti i problemi”. Intanto, la Grecia vive oggi l’ennesimo sciopero generale, per dire "no" al piano anticrisi del governo. Oltre un milione le persone scese in piazza ad Atene, Salonicco e nelle altre principali città elleniche. Ad Atene, ai margini della manifestazione, alcune centinaia di anarchici hanno messo di nuovo a ferro e fuoco il centro cittadino, scontrandosi ripetutamente con la polizia. Il servizio di Salvatore Sabatino:
Ancora una giornata di paralisi e scontri ad Atene, dove decine di giovani col volto coperto si sono infiltrati in una protesta dei sindacati nei pressi del Politecnico e hanno gettato una bomba incendiaria ed altri oggetti contro la polizia, che ha risposto con lanci di gas lacrimogeno. Ma il peggio potrebbe ancora avvenire, perché migliaia di persone stanno marciando verso il Parlamento, dove si temono tafferugli. È il secondo sciopero generale in pochi giorni. Chiusi ospedali, uffici pubblici, aeroporti, banche, scuole, musei. Niente giornali, mentre restano fermi navi, bus e tram. Un Paese, insomma, compatto nella protesta, che guarda con sospetto al piano anticrisi del governo guidato da Papandreu: piano che prevede tagli sulla spesa pubblica e l’aumento delle tasse per ridurre il deficit. Certo è che il Paese si trova a fare i conti con un debito pubblico di quasi 300 miliardi euro, mentre il tour diplomatico del premier, prima in Europa, poi negli Stati Uniti, sembra non aver sortito gli effetti desiderati: solo appoggi politici ma niente aiuti monetari, mentre il caso ellenico ha smosso le più alte istituzioni economiche del Vecchio continente, che nei giorni scorsi hanno iniziato a parlare della creazione di un Fondo monetario europeo. Ipotesi, quest'ultima, in parte bocciata questa mattina dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha auspicato da parte dei Paesi della zona euro l’adozione di un sistema di sanzioni più incisivo per prevenire in futuro eventuali casi come questo. Papandreu, comunque, al suo ritorno, si è detto comunque soddisfatto, parlando di una “missione che ha cambiato completamente in meglio l'immagine internazionale del Paese”: dichiarazione che non ha fermato il milione di persone scese in piazza oggi, ma che ha sortito un effetto positivo sulla Borsa di Atene, che a metà mattinata segnava un aumento dello 0.40%.
Italia, il premier Berlusconi nega responsabilità del Pdl sul caos liste
Giornata politica intensa quella di ieri in Italia, caratterizzata dal botta e risposta tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ed il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, sul caos delle liste per le elezioni regionali. Il presidente del Consiglio ha negato la responsabilità del Pdl in merito all’esclusione nel Lazio e ha accusato invece radicali e magistratura di voler fermare la democrazia. Ricostruzione fantasiosa, ha detto Bersani, che dal canto suo ha proposto di bloccare i ricorsi in tribunale e di riportare al centro del dibattito i temi della campagna elettorale. Il clima di grande tensione si è riverberato ieri anche al Senato, che ha dato ieri sera il via libera definitivo al disegno di legge sul legittimo impedimento. Servizio di Giampiero Guadagni:
Una legge-ponte che salva il premier e i ministri dai processi per 18 mesi, in attesa dell’approvazione di un nuovo lodo Alfano, stavolta per via costituzionale. È il testo sul legittimo impedimento approvato ieri in via definitiva dal Senato dopo due voti di fiducia che hanno di fatto cancellato gli emendamenti dell’opposizione. Il principio cardine è che per il presidente del Consiglio e per i ministri chiamati a comparire in udienza in veste di imputati costituirà, per l'appunto, un legittimo impedimento il concomitante esercizio di attività essenziali alle funzioni di governo. L’obiettivo è garantire al presidente del Consiglio e ai ministri il sereno svolgimento delle funzioni loro attribuite dalla Costituzione e dalla legge. Sarà la stessa Presidenza del consiglio ad autocertificare l’impedimento. La normativa si applica anche ai processi penali in corso. In aula è stata bagarre: l’opposizione ha contestato duramente il provvedimento, definito l’ennesima legge "ad personam" e i senatori dell’Italia dei valori hanno sventolato in aula una copia della Costituzione.
Sei anni fa a Madrid la strage dei treni provocava 192 morti e 2000 feriti
La Spagna celebra oggi il sesto anniversario delle stragi dei treni dell'11 marzo 2004, firmate dal terrorismo islamico, che fecero a Madrid 192 morti e 2000 feriti, gli attentati più sanguinosi perpetrati in Europa negli ultimi decenni. Diverse celebrazioni ufficiali sono previste per tutta la giornata nella capitale. In mattinata, c'è stata una cerimonia di ricordo in Puerta del Sol con il sindaco, Alberto Gallardon, e la presidente della Comunità di Madrid, Esperanza Aguirre, seguito da un omaggio alle vittime alla Stazione di Atocha. Commemorazioni sono previste anche al Congresso dei deputati, con il premier Josè Luis Zapatero, e all'ateneo di Madrid dove saranno i sindacati a ricordare le vittime. Juan Carlos di Borbone ha previsto di ricevere a palazzo reale i rappresentanti delle tre principali associazioni di vittime.
Ancora combattimenti in Somalia
È di almeno 43 civili uccisi il bilancio dei violenti scontri che da ieri divampano a Mogadiscio tra le forze filogovernative e le truppe dell'Unione Africana (Ua), da una parte, e i miliziani di al Shabaab, dall'altra. Lo riferiscono fonti mediche della capitale somala che parlano anche di 83 persone rimaste ferite. Il governo somalo, assieme alle forze di pace dell’Unione Africana, sta preparando una vasta offensiva per riprendere il controllo della capitale a di altre regioni del centro e del sud.
Nuovi scontri in Nigeria
I militari nigeriani hanno aperto il fuoco contro la folla che si era radunata per le strade della città di Jos dopo il coprifuoco, uccidendo due persone. Intanto, è stato rivisto al ribasso il numero dei morti delle violenze dei giorni scorsi. Il capo della polizia dello Stato di Plateau, ha detto che sono un centinaio le vittime e non 500 come annunciato in precedenza.
Torna in Spagna la cooperante iberica liberata ieri
Ritorno in patria per la cooperante spagnola liberata ieri dal braccio maghrebino di al Qaeda, dopo tre mesi di detenzione in Mali. Smentita la notizia del rilascio della moglie dell’italiano Cicala. Tutti e due restano in mano ai terroristi dopo il rapimento avvenuto in Mauritania il 19 dicembre scorso. La Farnesina mantiene il massimo riserbo sulle trattative.
Appello di Aung San Suu Kyi contro la nuova legge elettorale
La leader dell'opposizione birmana e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, ha fatto appello al popolo birmano perchè reagisca contro "una legge ingiusta", all'indomani della presentazione della legge elettorale da parte della giunta al potere. Lo riferisce l'avvocato della leader della Lnd. San Suu Kyi ha denunciato la legge elettorale "ingiusta" che le impedirebbe di candidarsi nella prima consultazione democratica nel Paese dopo 20 anni. La nuova legge elettorale, promulgata tre giorni fa dal governo militare della Birmania, obbliga la Lega nazionale per la democrazia (Lnd) a escludere la sua presidente, Suu Kyi. Il testo prevede, infatti, che chiunque sconti una pena detentiva non possa appartenere ad un partito politico. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 70
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