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Sommario del 09/03/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • A proposito del dibattito sugli abusi sessuali: nota di padre Lombardi
  • Il digiuno ci apre all’amore di Dio e del prossimo: i pensieri di Benedetto XVI sull’antica pratica penitenziale della Quaresima
  • Visita “ad Limina” dei vescovi del Sudan. Mons. Mazzolari: una Chiesa povera al fianco dei poveri
  • L'intervento di mons. Migliore all'Onu sulla situazione delle donne nel mondo
  • La Chiesa celebra la memoria di Santa Francesca Romana: un anno fa la visita del Papa al Monastero di Tor de’ Specchi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nigeria. Il vescovo di Jos sul massacro di 500 cristiani: terribile vendetta tribale
  • Padre Pizzaballa: preghiera e solidarietà per i cristiani di Terra Santa
  • Rispetto e valorizzazione delle badanti: intervista con mons. Perego
  • La Fondazione Don Gnocchi in Vaticano per donare al Papa una reliquia del Beato
  • Chiesa e Società

  • Orissa: la Chiesa indiana contro una multinazionale che espropria le terre dei locali
  • India: i sacerdoti in Orissa sono stati sempre accanto ai fedeli
  • Africa: il contributo dei leader religiosi per la lotta ai cambiamenti climatici
  • Le donne in Africa protagoniste per la pace e lo sviluppo del continente
  • Dall'Aibi una mimosa virtuale per aiutare le ragazze Masai in Kenya
  • L’opera di soccorso della Caritas in Cile
  • Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri dedicata a mons. Romero
  • Colombia: oltre un milione e mezzo le donne sfollate a causa del conflitto interno
  • Argentina: i vescovi analizzano la situazione sociale ed ecclesiale del Paese
  • Il vescovo di Ciudad Juárez in Messico: no alla cultura della morte
  • Perù: i francescani celebrano il centenario della morte di padre Pio Sarobe
  • Australia: boom di vocazioni nell’Anno Sacerdotale anche grazie alla Gmg
  • Hong Kong: 3.000 catecumeni riceveranno a Pasqua i sacramenti dell’iniziazione cristiana
  • Sri Lanka: al Santuario di Tewatte migliaia di giovani pregano per la loro vocazione
  • Giappone: la “Madonna bombardata” di Nagasaki in pellegrinaggio a Guernica
  • La Chiesa di Papua contro le piantagioni di olio di palma che stanno distruggendo le foreste
  • Presentazione a Roma del volume "Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto"
  • Ricerca negli Usa mostra la tendenza ad attingere notizie da Internet
  • A Lodi, dall’11 al 14 marzo, primo Festival della Fotografia etica
  • 24 Ore nel Mondo

  • L'Iran al centro della visita in Israele del vicepresidente statunitense Biden
  • Il Papa e la Santa Sede



    A proposito del dibattito sugli abusi sessuali: nota di padre Lombardi

    ◊   La Chiesa sta facendo tutto il possibile affinché in futuro non si ripetano più abusi sessuali su minori. Così, in sintesi, il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, che in una nota si sofferma sul dibattito che da settimane sta coinvolgendo la Chiesa in alcuni Paesi europei. Ascoltiamo padre Federico Lombardi:

    Da alcuni mesi la gravissima questione degli abusi sessuali su minori in istituzioni gestite da enti ecclesiastici e da parte di persone con responsabilità nella Chiesa, in particolare sacerdoti, ha investito la Chiesa e la società irlandese. Di recente il Santo Padre ha dimostrato la sua partecipazione, in particolare con due incontri, prima con i più alti rappresentanti dell’episcopato e poi con tutti i vescovi ordinari, e prepara la pubblicazione di una lettera sull’argomento per la Chiesa in Irlanda.

     
    Ma nelle ultime settimane il dibattito sugli abusi sessuali nei confronti di minori sta coinvolgendo la Chiesa anche in alcuni Paesi dell’Europa centrale (Germania, Austria, Olanda). Su questo sviluppo ci siano permesse alcune semplici considerazioni.

     
    Le principali istituzioni ecclesiastiche coinvolte (la Provincia dei gesuiti tedeschi – prima ad essere coinvolta per il caso del Collegio Canisius di Berlino -, la Conferenza episcopale tedesca, la Conferenza episcopale austriaca, la Conferenza episcopale olandese…) hanno affrontato il manifestarsi del problema con tempestività e con decisione. Hanno dato prova di volontà di trasparenza, in certo senso hanno accelerato il manifestarsi del problema invitando le vittime a parlare anche quando si trattava di casi di molto tempo fa. Così facendo hanno affrontato le questioni “con il piede giusto”, perché il punto di partenza corretto è il riconoscimento di ciò che è avvenuto, e la preoccupazione per le vittime e le conseguenze degli atti compiuti contro di loro. Inoltre, hanno ripreso in considerazione le “Direttive” già esistenti o hanno previsto nuove indicazioni operative per mettere a fuoco anche la strategia di prevenzione, affinché sia fatto tutto il possibile perché in futuro simili gravissimi fatti non abbiano a ripetersi.

     
    Questi fatti mobilitano la Chiesa ad elaborare le risposte appropriate e vanno inseriti in un contesto e in una problematica più ampia che riguarda la tutela dei bambini e dei giovani dagli abusi sessuali nella società. Certamente gli errori compiuti nelle istituzioni e da responsabili ecclesiali sono particolarmente riprovevoli, data la responsabilità educativa e morale della Chiesa. Ma tutte le persone obiettive ed informate sanno che la questione è molto più ampia, e il concentrare le accuse solo sulla Chiesa porta a falsare la prospettiva. Solo per fare un esempio, i dati recentemente forniti dalle autorità competenti in Austria dicono che in uno stesso periodo di tempo i casi accertati in istituzioni riconducibili alla Chiesa sono stati 17, mentre ve ne sono stati altri 510 in altri ambienti. E’ bene preoccuparsi anche di questi.

     
    Giustamente in Germania vengono ora ipotizzate iniziative, promosse dal Ministero della famiglia, per convocare una “tavola rotonda” delle diverse realtà educative e sociali per affrontare la questione in una prospettiva complessiva e adeguata. La Chiesa è naturalmente pronta a partecipare e impegnarsi. Probabilmente la sua dolorosa esperienza può essere un contributo utile anche per altri. Il Cancelliere, Signora Merkel, ha giustamente dato atto alla Chiesa in Germania della serietà e della costruttività del suo impegno.

     
    Per completare queste considerazioni, è bene ricordare ancora che la Chiesa vive inserita nella società civile e in essa assume le sue responsabilità, ma ha anche un suo ordinamento specifico distinto, quello “canonico”, che risponde alla sua natura spirituale e sacramentale, in cui quindi anche le procedure giudiziali e penali sono di natura diversa (ad esempio non prevedono pene pecuniarie o di privazione della libertà, ma impedimento di esercizio di ministero, privazione di diritti nel campo ecclesiastico, ecc.). Nell’ambito canonico il delitto di abuso sessuale di minori è sempre stato considerato uno dei più gravi fra tutti, e le norme canoniche lo hanno costantemente riaffermato, in particolare la Lettera “De delictis gravioribus” del 2001, talvolta inopportunamente citata come causa di una “cultura del silenzio”. Chi conosce e capisce di che cosa si tratta, sa che è stata un segnale determinante per richiamare l’episcopato sulla gravità del problema e un impulso concreto per l’elaborazione di direttive operative per affrontarlo.

     
    In conclusione, se non si può negare la gravità del travaglio che la Chiesa sta attraversando, non bisogna rinunciare a fare tutto il possibile perché se ne ottengano alla fine anche risultati positivi, di migliore protezione dell’infanzia e della gioventù nella Chiesa e nella società, e di purificazione per la Chiesa stessa.

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    Il digiuno ci apre all’amore di Dio e del prossimo: i pensieri di Benedetto XVI sull’antica pratica penitenziale della Quaresima

    ◊   In questo tempo quaresimale, Benedetto XVI ci indica nelle tre pratiche penitenziali – preghiera, elemosina e digiuno – gli strumenti per disporci a celebrare meglio la Pasqua. In particolare, ci invita a riscoprire il vero digiuno cristiano che apre a Dio e all’amore del prossimo. In questo servizio di Alessandro Gisotti, ripercorriamo alcune meditazioni del Papa sul digiuno quaresimale:

    Una “terapia” per curare tutto ciò che ci impedisce di conformarci alla volontà di Dio: Benedetto XVI sintetizza così il significato del digiuno nel cammino quaresimale. “Poiché tutti siamo appesantiti dal peccato e dalle sue conseguenze – scrive il Papa nel Messaggio per la Quaresima dell’anno scorso – il digiuno ci viene offerto come un mezzo per riannodare l’amicizia con il Signore”. Rileva, inoltre, che “digiunare volontariamente ci aiuta a coltivare lo stile del Buon Samaritano”. Scegliendo liberamente di “privarci di qualcosa per aiutare gli altri”, ribadisce il Papa, mostriamo concretamente che “il prossimo in difficoltà non ci è estraneo”:
     
    “Incoraggiamoci a vicenda a riscoprire e vivere con rinnovato fervore il digiuno non solo come prassi ascetica, ma anche come preparazione all’Eucaristia e come arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi. Questo periodo intenso della vita liturgica ci aiuti ad allontanare tutto ciò che distrae lo spirito e ad intensificare ciò che nutre l’anima, aprendola all’amore di Dio e del prossimo”. (Discorso alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 13 marzo 2009)

     
    Ai nostri giorni, constata il Papa, la pratica del digiuno “pare aver perso un po’ della sua valenza spirituale” e aver acquistato piuttosto “il valore di una misura terapeutica per la cura del proprio corpo”. Bisogna invece tornare all’antica pratica penitenziale, “che può aiutarci a mortificare il nostro egoismo e ad aprire il cuore all’amore di Dio e del prossimo”:

     
    "Il digiuno al quale la Chiesa ci invita in questo tempo forte, non nasce certo da motivazioni di ordine fisico, estetico, ma scaturisce dall’esigenza che l’uomo ha di una purificazione interiore che lo disintossichi dall’inquinamento del peccato e del male, lo educhi a quelle salutari rinunce che affrancano il credente dalla schiavitù del proprio io, lo renda più attento e disponibile all’ascolto di Dio e al servizio dei fratelli". (Messa nel Mercoledì delle Ceneri, 21 febbraio 2007).

     
    Il vero digiuno, è ancora la sua riflessione, è finalizzato a mangiare “il ‘vero cibo’ che è fare la volontà del Padre”. Ecco allora che “il digiuno del corpo si trasforma in ‘fame e sete’ di Dio”. Nel nostro tempo così inflazionato da immagini e parole, il Papa ci invita quindi a far spazio alla parola di Dio. Non basta dunque solo un digiuno del corpo:

     
    “Mi sembra che il tempo della Quaresima potrebbe anche essere un tempo di digiuno delle parole e delle immagini, perché abbiamo bisogno di un po’ di silenzio. Abbiamo bisogno di uno spazio senza il bombardamento permanente delle immagini (…) di crearci spazi di silenzio e anche senza immagini, per riaprire il nostro cuore all’immagine vera e alla Parola vera”. (Incontro con i parroci romani, 7 febbraio 2008)

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    Visita “ad Limina” dei vescovi del Sudan. Mons. Mazzolari: una Chiesa povera al fianco dei poveri

    ◊   E’ il più grande Stato dell’Africa ed è abitato da oltre 37 milioni di persone, di cui circa il 80% musulmani e il 17% cristiani. E’ il Sudan, Paese ancora dilaniato da laceranti conflitti nonostante il riconoscimento, nel 2005, del governo autonomo del Sudan meridionale e il cessate-il-fuoco siglato lo scorso 24 febbraio nella martoriata regione occidentale del Darfur. In questa cruciale fase storica del Paese, alla vigilia delle elezioni e ad un anno dal referendum per l’indipendenza delle regioni meridionali abitate in maggioranza da cristiani, è cominciata la visita "ad Limina" dei vescovi del Sudan. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, diocesi nel Sud Sudan:

    R. – Per noi ha un valore immenso perché siamo alla vigilia delle elezioni, che avranno luogo l’11 aprile, per scegliere i presidenti e i membri dei Parlamenti di Nord e Sud. Speriamo che il Vaticano, con la sua voce, possa veramente fare un appello ai governanti del Sudan per un cammino sereno verso le elezioni e per un vero consolidamento della pace nel Sudan.

     
    D. – E’ un fronte, questo della pace, su cui la Chiesa si è sempre impegnata. Quali passi sono stati compiuti e quali si devono ancora compiere?

     
    R. – Nel 2005 sono stati firmati dei trattati di pace in cui si prevede una divisione delle risorse, delle forze armate, della partecipazione al Parlamento e quindi del potere. Queste cose, però, sono andate avanti molto lentamente. E’ una pace fragile, una pace che non ha forse raggiunto il cuore della gente e quindi speriamo di poterla consolidare.

     
    D. – Qual è l’auspicio per le regioni meridionali, che sono a maggioranza cristiana?

     
    R. – La più grande povertà della popolazione del Sud Sudan è, in particolare, la mancanza di identità. Un’identità che non è mai stata permessa, da secoli, in questa condizione di un governo islamico che opprime la popolazione del Sud, una popolazione che vuole scoprire la propria identità e arrivare al punto di prendersi la responsabilità del proprio destino.

     
    D. – Un’altra terra sconvolta e martoriata è quella del Darfur. Cosa sta facendo la Chiesa in questa regione?

     
    R. – La Chiesa è sempre stata presente e cerca anche di portare il proprio aiuto umanitario. Abbiamo sin dall’inizio detto al governo il nostro parere riguardo quello che consideriamo un vero e proprio genocidio nel caso del Darfur. La nostra parola non è stata però seguita e quindi continuiamo a cercare di esercitare un’influenza costruttiva ma con molta difficoltà. Il Sudan è il Paese più grande del Continente africano ma con soltanto nove diocesi.

     
    D. – Eppure nel Paese più grande dell’Africa, nonostante tante risorse, c’è la povertà, la necessità di dover emigrare…

     
    R. – Probabilmente è il Paese in assoluto più povero del mondo. Le nostre risorse, le nostre ricchezze non sono ancora state sviluppate. Dopo aver riscoperto la nostra identità e la nostra capacità, scopriremo le risorse e le svilupperemo. Intanto, però, viviamo nella povertà dell’insicurezza ed anche la Chiesa è povera e cammina con i poveri.

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    L'intervento di mons. Migliore all'Onu sulla situazione delle donne nel mondo

    ◊   Favorire il miglioramento della condizione femminile resta un impegno per il futuro. E’ la priorità indicata da mons. Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Onu, in occasione della 54.ma sessione della Commissione sullo Status delle donne tenutasi a New York ieri per la Giornata internazionale della donna. Benedetta Capelli:

    Uno scenario fatto di “alcune luci ma anche di ombre inquietanti” è quello disegnato da mons. Migliore che all’Onu ha parlato di condizione femminile. Il presule ha ricordato i progressi fatti negli ultimi 15 anni nel campo dell’istruzione e della promozione delle donne: “chiavi fondamentali per sradicare la povertà e favorire lo sviluppo, una maggiore partecipazione alla vita sociale e politica”. Le riforme attuate - ha sottolineato - hanno inoltre aiutato a rimuovere “forme di discriminazione contro le donne” e favorito il varo di “leggi specifiche contro la violenza domestica”. In particolare, l’Osservatore della Santa Sede ha evidenziato “il ruolo indispensabile giocato dalla società civile nel sottolineare la dignità delle donne, i loro diritti e le loro responsabilità”. Ma non bisogna dimenticare le donne che continuano a soffrire in molte parti del mondo. Esistono fenomeni agghiaccianti come “l’aborto di bambine, l'infanticidio e l'abbandono, le discriminazioni a livello di assistenza sanitaria e di alimentazione”. In proposito, l’arcivescovo ha ricordato alcuni dati: le donne dai 15 anni in su rappresentano i due terzi degli analfabeti del mondo; i tre quarti delle persone affette da Aids sono ragazze tra i 15 e i 24 anni; le vittime della tratta di essere umani sono per il 70% donne e per la metà minorenni. “In tutto il mondo – ha proseguito mons. Migliore – le donne sono vittime di violenza fisica, psicologica e sessuale, lo stupro è usato come arma di guerra per non parlare del loro sfruttamento economico”.

     
    Evidenziando le diverse ragioni di questa situazione – “dinamiche sociali e culturali” e “ritardi, lentezza delle politiche” - il presule ha sottolineato la necessità di guardare “anche ai principi, alle priorità e alle politiche d'azione delle organizzazioni internazionali, nella fattispecie al sistema di valori, linee guida e metodologie che guidano l'operato delle Nazioni Unite sulle questioni relative alle donne”. Mons. Migliore ha introdotto poi un importante concetto sull’uguaglianza di genere, “i fatti – ha evidenziato - dimostrano che la manipolazione di questo concetto è sempre più indirizzato a livello ideologico e ritarda il vero sviluppo delle donne”. Ricordando come nei documenti ufficiali recenti ci siano interpretazioni del genere che "dissolvono ogni specificità e complementarietà tra uomini e donne", il presule ha messo in evidenza come le teorie “stanno già offuscando e ostacolando ogni serio e tempestivo progresso nel riconoscimento della dignità e dei diritti delle donne". Quasi tutti i documenti di conferenze internazionali, inoltre, mettono in luce il legame tra “il raggiungimento dei diritti personali, sociali, economici e politici e una nozione di salute e di diritti sessuali e riproduttivi che è violenta nei confronti dei concepiti e dannosa per i bisogni integrali delle donne e degli uomini nella società”.

     
    Allo stesso tempo, “solo raramente si menzionano i diritti politici, economici e sociali delle donne come condizione ineludibile”. Questo aspetto, ha sottolineato il presule, è "particolarmente doloroso" considerando la diffusa mortalità delle donne incinte nelle regioni dove i sistemi sanitari sono inadeguati. "Una soluzione rispettosa della dignità delle donne non ci permette di bypassare il diritto alla maternità, ma ci impegna a promuoverla – ha proseguito mons. Migliore - investendo nei sistemi sanitari locali e migliorandoli". In conclusione, l’arcivescovo ha richiamato la “Piattaforma per l’azione” di Pechino del 1995 che aveva sancito i diritti delle donne come “parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali”. Pertanto ricordando l’impegno della Santa Sede nella promozione della condizione femminile, ha fatto appello alle istituzioni cattoliche per una strategia comune diretta a ragazze e giovani donne, soprattutto le più povere, che porti avanti gli importanti risultati del passato e favorisca un forte impegno per il futuro.

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    La Chiesa celebra la memoria di Santa Francesca Romana: un anno fa la visita del Papa al Monastero di Tor de’ Specchi

    ◊   “Ceccolella”: così i fedeli romani chiamano affettuosamente Santa Francesca Romana, che la Chiesa ricorda oggi, 9 marzo, nel giorno della sua morte. Nata nel 1384 e scomparsa nel 1440, Francesca era nobile di nascita, ma dedicò la sua vita ai poveri ed ai bisognosi e fu fondatrice della Congregazione delle Oblate Olivetane di Santa Maria Nuova. Canonizzata da Paolo V nel 1608, Santa Francesca Romana è stata omaggiata anche da Benedetto XVI che proprio un anno fa si recò in visita presso il Monastero romano di Tor de’ Specchi. Il servizio di Isabella Piro:

     
    “La più romana delle Sante”: così Benedetto XVI, un anno fa, definì Santa Francesca Romana. Figlia della nobile famiglia Bussa de’ Buxis de’ Leoni, Francesca coltivava nel cuore la vocazione monastica, ma il padre la diede in sposa, a soli 13 anni, all’aristocratico Lorenzo de’ Ponziani. Non voleva, Francesca, ma con semplicità, umiltà e pazienza, rispettò la scelta dei genitori. Per 40 anni fu moglie e madre di tre figli, ammirata per le sue virtù. Ma non dimenticò mai i meno fortunati: per loro, svuotò i granai e le cantine personali, distribuendo tutto l’aiuto possibile; a loro aprì le porte del Palazzo di famiglia quando la peste colpì la città di Roma. Quella stessa peste che le portò via due figli. Francesca smise gli abiti eleganti ed i gioielli, scelse di indossare un semplice saio. Il 15 agosto 1425, costituì l’associazione delle “Oblate Olivetane di Maria”, aggregata all’Ordine Benedettino. Otto anni dopo, Papa Eugenio IV diede il via libera alla Congregazione e la stessa Francesca ne divenne Madre Superiora nel 1436. Quattro anni più tardi, debilitata nel fisico, Ceccolella moriva. Ma forte resta il suo insegnamento spirituale, come ricordava il Papa un anno fa, nella sua visita al Monastero romano Tor de’ Specchi:

     
    "Contemplazione e azione, preghiera e servizio di carità, ideale monastico e impegno sociale: tutto questo ha trovato qui un 'laboratorio' ricco di frutti, in stretto legame con i monaci Olivetani di Santa Maria Nova. Il vero motore però di quanto qui si è compiuto nel corso del tempo è stato il cuore di Francesca, nel quale lo Spirito Santo riversò i suoi doni spirituali e al tempo stesso suscitò tante iniziative di bene".

     
    La vita contemplativa, disse ancora il Santo Padre il 9 marzo 2009, si preoccupa di “tenere sempre la terra aperta verso il cielo” ed “è chiamata ad essere una sorta di polmone spirituale della società”, così da “dare senso pieno alle molteplici attività dell’essere umano”:

    "Il vostro monastero, poi, ha una sua peculiarità, che naturalmente riflette il carisma di santa Francesca Romana. Qui si vive un singolare equilibrio tra vita religiosa e vita laicale, tra vita nel mondo e fuori dal mondo. Un modello che non è nato sulla carta, ma nell’esperienza concreta di una giovane romana: scritto – si direbbe – da Dio stesso nell’esistenza straordinaria di Francesca, nella sua storia di bambina, di adolescente, di giovanissima sposa e madre, di donna matura, conquistata da Gesù Cristo, come direbbe san Paolo".
     
    Oltre all’esempio di vita, di Santa Francesca Romana resta un unguento speciale per sanare i malati, preparato ancora oggi nello stesso recipiente di cinque secoli fa.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un fondo di Gabriele Nicolò dal titolo “Quale Iraq dopo le elezioni legislative”.

    Il contributo dei diritti umani alla soluzione della crisi finanziaria: nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede a Ginevra.

    In cultura, un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Dietro la malattia l'uomo”: una storia dell'assistenza psichiatrica in Italia.

    L'autismo del mercato genere mostri: Luca M. Possati su un incontro in Laterano dedicato alla “Caritas in veritate”.

    L'arte è sempre un dono: Uwe Michael Lang illustra fondamenti teologici e liturgici dell'architettura sacra.

    Un articolo di Claudio Toscani dal titolo “Dio mi ha liberata da una vita deprimente”: Edith Stein dalla fenomenologia husserliana al lager di Auschwitz-Birkenau.

    Raffaele Alessandrini su uno studio di Michele Del Re “La vittima e la sua voce”.

    La notizia della morte di Alberto Ronchey.

    Nell’informazione religiosa, Giulia Galeotti intervista la comboniana eritrea suor Elisa Kidane.

    Nell’informazione vaticana, Nicola Gori a colloquio con l'arcivescovo Fortunato Baldelli, Penitenziere maggiore.

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    Oggi in Primo Piano



    Nigeria. Il vescovo di Jos sul massacro di 500 cristiani: terribile vendetta tribale

    ◊   C’è ancora tensione in Nigeria, nello stato di Plateau, teatro nei giorni scorsi di violenze interetniche costate la vita a oltre 500 persone, in gran parte cristiani, tra cui donne e bambini, uccisi a colpi di machete o bruciati vivi nelle loro case. Nella zona sono intanto arrivate le truppe di Abuja con il compito di pattugliare l’area mentre infuriano le polemiche proprio sul ritardo dei militari a intervenire. Il vescovo di Jos, Ignatius Kaigama, che è anche co-presidente del Consiglio nigeriano per il dialogo interreligioso - e quindi lavora a stretto contatto con i leader musulmani del Paese - ha ribadito con forza che quanto accaduto è stata una terribile vendetta a sfondo tribale: non ci sono dunque motivazioni religiose anche se gli assalitori sono islamici e le vittime cristiane. Ma ascoltiamo il vescovo di Jos al microfono di Irene Lagan:

    R. – Abbiamo una crisi terribile qui, nella periferia di Jos. E’ stata ammazzata gente inerme: bambini, donne … è una situazione terribile! Noi stiamo facendo tutto il possibile per ridare fiducia alla gente, per consolarli, per aiutare in qualsiasi modo. Io sto partecipando ad una riunione convocata dal presidente della Nigeria: dobbiamo cercare la radice di questa crisi; stiamo cercando di fare il possibile per riportare la giustizia a Jos, una città il cui nome significa “città della pace”. Anni fa, questa era la più bella città della Nigeria e la gente era felice. Purtroppo, con questa crisi, le cose sono cambiate. Ma pian piano, a Dio piacendo, la pace tornerà.

     
    Sono numerosi gli appelli alla calma lanciati dopo le violenze. L’Organizzazione della Conferenza islamica (Oci) ha condannato quanto accaduto mentre Human Rights Watch, organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani, ha chiesto massimo impegno alla Nigeria perché i responsabili del massacro siano assicurati alla giustizia. Una fotografia del conflitto interetnico in Nigeria viene scattata al microfono di Fabio Colagrande da padre Franco Moretti, direttore della rivista comboniana “Nigrizia”:

    R. – Nella fascia saheliana si scontrano due tipi di gruppi etnici: i sedentarizzati, che sono gli agricoltori e che - con una percentuale più o meno elevata - sono diventati cristiani, perché qui le missioni sono arrivate; e, al nord, i nomadi che tradizionalmente sono musulmani. I nomadi si spingono sempre più verso sud in cerca di pascoli e gli agricoltori ovviamente non vogliono che i loro campi vengano distrutti dalle grandi mandrie dei popoli nomadi pastori. Gli scontri ci sono sempre stati. Il grave problema è che le forze governative in questi Stati sono molto deboli e non hanno le risorse finanziarie per poter portare avanti delle operazioni di sicurezza e, a volte, mancano anche di personale. Il problema è, quindi, tutto lì. E’ secondario il fatto che i sedentarizzati siano cristiani - in percentuale più o meno grande, perché non sono tutti cristiani, ma ci sono anche i seguaci delle religioni tradizionali – e i pastori nomadi siano musulmani. Quello religioso non è il vero motivo che porta allo scontro, ma si tratta di questioni sociali, questioni economiche, questioni di giustizia. Questi scontri cosiddetti etnici, e che molti giornali amano definire religiosi, avvengono - guarda caso - sempre alla vigilia di appuntamenti elettorali. In effetti nella seconda parte di quest’anno vedremo le elezioni locali dei governatorati, mentre all’inizio dell’anno prossimo si terranno le elezioni presidenziali. La situazione politica della Nigeria è molto critica.

     
    D. – Quindi, padre Moretti, un quadro politico complicato, in cui c’è qualcuno che strumentalizza le etnie?

     
    R. – Quando hai a disposizione masse di gente non povere ma misere, fai presto a sfruttarle e a lanciarle l’una contro l’altra, facendo anche accadere dei massacri. Se ci fosse più giustizia, più giusta distribuzione delle risorse… E’ la questione sociale, economica e politica che, a volte, fa scattare queste follie che poi alcuni giornali amano presentare come dovute alla religione.

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    Padre Pizzaballa: preghiera e solidarietà per i cristiani di Terra Santa

    ◊   E’ stato accolto con gratitudine dai Cristiani di Terra Santa l’appello che ieri il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha lanciato a tutta la Chiesa a sostegno della Terra Santa. A causa della situazione di perdurante conflitto tra israeliani e palestinesi, i cristiani stanno abbandonando i luoghi della vita terrena di Gesù. Proprio per questo – scrive il porporato – in loro aiuto è necessaria “la preghiera, la partecipazione vigilante e la concretezza della generosità”. Sulla realtà dei cristiani che vivono nella regione, Giancarlo La Vella ha intervistato il padre francescano Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa:

    R. – I cristiani sono indispensabili per la Terra Santa, perché esprimono anche il carattere cristiano di questa terra, perché sono i custodi gelosi delle nostre radici, di tutta la Chiesa che è nata qui; e poi sono anche un elemento pacifico, non una minaccia, per tutte le popolazioni locali. Quindi, sono una risorsa che deve essere custodita da tutta la Chiesa con cura e attenzione.

     
    D. – Si può fare qualcosa affinché si interrompa questo esodo?

     
    R. – Sì, ci sono molte cose da fare. Innanzitutto, una preghiera solidale, una preghiera che deve diventare appunto solidarietà, come è sempre stato fatto lungo tutta la storia della Chiesa. Solidarietà significa diverse cose, innanzitutto venire in pellegrinaggio in Terra Santa, che è una forma di sostegno concreta e pratica per i cristiani che vivono qui e che lavorano qui, e poi sostenere anche le opere e le attività della Chiesa, che sono opere di sostegno alla presenza cristiana in Terra Santa.

     
    D. – Quali sensazioni a trovarsi nei luoghi di Cristo, in una situazione così difficile invece come quella di oggi?

     
    R. – La situazione è difficile: israeliani e palestinesi non si parlano; cristiani, ebrei e musulmani si guardano non sempre in maniera serena. Quindi, è una realtà sicuramente molto difficile e dolorosa. Come molti altri hanno già detto, per noi cristiani stare in Terra Santa significa imparare a stare sulla Croce come Cristo qui a Gerusalemme e dalla Croce però significa anche imparare soprattutto a dare una testimonianza di perdono e di amore per tutti.

     
    D. – Come si stanno vivendo questi timidi progressi nel dialogo tra israeliani e palestinesi?

     
    R. – I progressi sono ancora molto fragili e incerti. Dobbiamo innanzitutto pregare, ma anche insistere in tutte le sedi e in tutti i modi opportuni, perché questi accenni di dialogo si rafforzino e diventino un rapporto serio e sereno come finora non è stato, almeno in quest’ultimo periodo.

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    Rispetto e valorizzazione delle badanti: intervista con mons. Perego

    ◊   Recentemente la Caritas Internationalis ha definito “schiave moderne” le assistenti familiari, le cosiddette badanti, lanciando un appello alla comunità internazionale a proteggere i loro diritti. Spesso sono sfruttate e vengono loro negati i diritti dei quali godono gli altri lavoratori: non hanno assicurazioni sociali, sono sottoposte a orari massacranti e sottopagate. Ma qual è la situazione delle badanti in Italia? Fabio Colagrande lo ha chiesto mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes:

    R. – E’ un tema che interessa sostanzialmente un milione di famiglie in Italia. Quindi, si tratta di una persona nuova che è entrata in famiglia e sta cambiando anche la vita della famiglia. E’ una risorsa in più, che ha bisogno, da una parte, di essere valorizzata, ma dall’altra anche di essere accompagnata, proprio perché è all’interno di una situazione di precarietà, essendo la persona che assiste una persona molto anziana.

     
    D. – La scarsa considerazione sociale di cui gode questo lavoro, quello delle badanti, è spesso un argomento di cui queste lavoratrici straniere si lamentano...

     
    R. – C’è un primo tema che è molto importante, che è quello di giustizia retributiva. Un secondo tema importante è quello che prevede la tutela di tutti quei tempi, che sono i tempi di passaggio da un lavoro all’altro. Essendo un lavoro precario, alla morte della persona anziana, tante volte la badante rimane senza casa oltre che senza lavoro. Quindi, si tratta di costruire attorno alla persona badante un sistema di protezione sociale, di accompagnamento, che possa tutelare i tempi morti, che diventino tempi di formazione e di passaggio ad un altro lavoro.

     
    D. - Alcuni enti locali, in collaborazione proprio con le diocesi, stanno creando dei corsi di formazione. Ci si è resi conto che non è un lavoro che si può improvvisare assolutamente...

     
    R. – Certamente, sono diversi gli aspetti di questa formazione necessaria: da una parte, una formazione linguistica, che è un primo elemento importante per valorizzare questo incontro fra una persona anziana, un disabile, e un’assistente familiare. Un secondo elemento importante riguarda anche un’attenzione sul piano professionale a questo tipo di lavoro, che chiede alcune competenze. Ma una terza attenzione importante è anche quella di valorizzare molto alcuni aspetti sul piano culturale e sul piano religioso. Molte badanti provengono dai Paesi dell’Est e sono di tradizione ortodossa e quindi c’è una tradizione di preghiera che può essere valorizzata insieme fra una badante e una persona anziana, quelle preghiere che da mille anni sono patrimonio comune.

     
    D. – Quindi anche un’interessante possibilità in chiave ecumenica?

     
    R. – Certamente, la famiglia sta diventando una famiglia dove si incontrano una badante e un’anziana e un luogo quotidiano di ecumenismo, dove l’ecumenismo si costruisce a partire soprattutto dalle relazioni, da un rispetto, da una capacità di cura, che diventa veramente il valore aggiunto in questo incontro, che è un incontro tra esperienze di vita ed esperienze religiose.

     
    D. – E di questa cura dal punto di vista pastorale delle badanti, si occupano i 700 centri etnici che seguono pastoralmente le singole comunità etniche, cattoliche e non solo, presenti in Italia. Un lavoro di circa mille sacerdoti, responsabili di questi 700 centri etnici, che forse non è abbastanza conosciuto a livello ecclesiale, ma è importantissimo...

     
    R. – E’ importantissimo perché sono dei luoghi attraverso i quali si crea una nuova esperienza di Chiesa, che valorizza la diversità e, al tempo stesso, questi centri diventano anche luoghi di accompagnamento, di cura, di comunità cristiane, che diventano esperienze importanti, che dalla famiglia cambiano anche la nostra Chiesa. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La Fondazione Don Gnocchi in Vaticano per donare al Papa una reliquia del Beato

    ◊   A conclusione dello straordinario 2009, anno durante il quale è stata solennemente celebrata il 25 ottobre la beatificazione di don Carlo Gnocchi, la Fondazione che oggi porta il suo nome si appresta a vivere un altro importante appuntamento. Domani l’incontro con il Santo Padre previsto nell’ambito dell’udienza generale.  Il servizio di Davide Dionisi:

    Al termine della cerimonia di beatificazione di don Gnocchi del 25 ottobre 2009, Papa Benedetto XVI aveva salutato i 50 mila fedeli presenti in piazza Duomo a Milano, rilanciando a gran voce il motto che accompagna le attività della Fondazione: “Accanto alla vita. Sempre!”. L’udienza dal Papa di domani rappresenta un momento di grande coinvolgimento per tutti i 28 Centri della Fondazione. Sui preparativi e sull’evento di domani, la testimonianza di mons. Angelo Bazzari, presidente della Fondazione:

     
    R. – Vorremmo ringraziare per il dono che il Santo Padre ha voluto farci con la beatificazione di don Gnocchi e sarà l’occasione per consegnare al Santo Padre la reliquia di don Gnocchi. La preparazione che abbiamo cercato di fare è di ordine più spirituale: abbiamo celebrato alcune iniziative di fronte all’urna di don Gnocchi e poi, nei singoli centri, abbiamo favorito momenti di riflessione con pensieri e azioni di don Gnocchi, cercando di riprodurre in miniatura la Piazza Duomo, con tutte le altre componenti, tutti quelli che sono con noi, “amici della baracca”, come diceva don Gnocchi. Quindi, una preparazione forte, profonda, culturale, spirituale per poter vivere questo immenso dono che il Papa ha voluto farci.

     
    D. – Mons. Bazzari, parliamo ora della Fondazione don Gnocchi e delle sue attività:

     
    R. – La Fondazione don Gnocchi si pone in linea di coerenza di una fedeltà dinamica con il suo fondatore, riproponendo oggi il valore aggiunto, un supplemento d’anima all’interno dei nostri centri per potere assistere soprattutto i più fragili. Abbiamo invece cambiato la direzione, gli ambiti applicativi di questo spirito, di questa azione utilizzando la ricerca scientifica, la formazione, gli ambiti della sanità, allargando i paletti della nostra solidarietà fino ai confini della grande scacchiera internazionale. Ci interessiamo dei bambini disabili fino ad arrivare a tutto l’ambito riabilitativo, dall’ictus e l’intervento soprattutto sull’Alzheimer, il Parkinson, la sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multipla fino ad arrivare ai malati terminali oncologici con degli hospice, fino anche allo stato vegetativo persistente. Come vede, l’“Accanto alla vita” che Sua Santità ha voluto richiamare e ricordarci come motto per la nostra azione, noi lo celebriamo con servizi abbastanza qualitativi, completando così l’opera che abbiamo svolto in questi anni: ripartire da don Gnocchi, questo era il primo slogan, una missione che continua; poi, l’altro passaggio da don Gnocchi al don Gnocchi e adesso “Accanto alla vita. Sempre!”, in qualsiasi condizione, costi quel che costi, servendo, promuovendo la vita a tutti i livelli, dalla culla alla tomba.

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    Chiesa e Società



    Orissa: la Chiesa indiana contro una multinazionale che espropria le terre dei locali

    ◊   La Chiesa cattolica indiana si è schierata al fianco dei lavoratori dell’Orissa, che combattono contro la ditta coreana Posco – leader nel campo dell’acciaio – che starebbe minacciando la sopravvivenza dell’etnia locale. Il progetto multi-miliardario lanciato dalla Posco nell’India orientale, infatti, prevede secondo gli abitanti lo sgombero forzato di migliaia di persone. Il vescovo di Rourkela, mons. John Barwa, dice: “Ci opponiamo a qualunque cosa vada contro gli interessi delle comunità locali. La Chiesa non può accettare un progetto che preveda lo sgombero e la cacciata delle persone dalle proprie terre”. Nel concreto, - riferisce l'agenzia Asianews - i locali combattono il governo dell’Orissa. Esso sarebbe pronto a cedere all’azienda 1.600 ettari di terra: questi dovrebbero diventare un porto privato, una miniera di ferro e una fabbrica per la lavorazione dell’acciaio. La diramazione locale del gigante industriale – la Posco India – affronta problemi nell’Orissa sin dal 2005, quando ha firmato una serie di contratti con il governo locale che prevedono lo sfruttamento delle terre. Con l’aumento delle proteste, rischia di sfumare il progetto generale: 12 miliardi di dollari da investire per ottenere la produzione di 12 milioni di tonnellate di acciaio ogni anno, il più grande piano di investimento estero sul territorio indiano. L’opposizione ha il suo punto nevralgico nei distretti interni di Keonjhar e Sundargarh, e in quello costiero di Jagatsingpur. I manifestanti sono arrivati al punto di montare la guardia all’ingresso dei villaggi, per impedire l’accesso di stranieri. Mansid Ekka, cristiano, guida la rivolta tesa a “proteggere l’acqua, la terra e la foresta. Questo progetto è una cospirazione preparata dallo Stato per colpire i tribali e i dalit in nome dello sviluppo”. Secondo padre Nicholas Barla, un altro dei leader tribali, il progetto della Posco si tramuterà nella cacciata di circa 42.500 persone nel solo distretto di Sundargarh: di questi, oltre 32mila sono tribali, dalit e cristiani poveri. Inoltre, i manifestanti puntano il dito contro i danni previsti all’ecologia locale: della terra promessa dallo Stato, 2.700 acri sono di foresta che la ditta coreana prevede di spianare. John Dayal, presidente del Consiglio cristiano indiano, sostiene la protesta: “La Chiesa deve sostenere tutti quei movimenti che si oppongono ai progetti che denudano le foreste, emarginano i tribali e umiliano la dignità dell’uomo”. Questa posizione ha raccolto anche l’inatteso appoggio degli indù, che in Orissa hanno più volte attaccato la minoranza cristiana. In una mail al Common Concern, il gruppo che si occupa di coordinare le proteste, un uomo di nome Manas scrive: “Cari amici, grazie alla Chiesa, a padre Barla, al vescovo Barwa e a John Dayal. Da indù praticante, vorrei che ci fossero leader della mia religione pronti a fare lo stesso”. (R.P.)

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    India: i sacerdoti in Orissa sono stati sempre accanto ai fedeli

    ◊   “I sacerdoti della martoriara regione dell'Orissa , nell'India orientale, soprattutto nel distretto di Kandhamal, hanno condiviso la sorte e dimostrato profondo amore e dedizione al gregge dei fedeli loro affidato”, dice in un intervento inviato all’agenzia Fides John Dayal, segretario generale dell’All India Christian Council, riflettendo su come la comunità locale sta vivendo l’Anno Sacerdotale. Nell’agosto 2008, 300 villaggi cristiani sono stati attaccati e 54mila persone sono fuggite nei boschi circostanti, per scampare alla furia degli estremisti indù. Fra loro c’erano anche preti e suore, che hanno condiviso in toto la sofferenza della popolazione. Per alcuni di loro, come per il sacerdote cattolico padre Bernard Digal, è sopraggiunta la morte dovuta alle ferite e alle percosse subite. “Ma questa tragedia – nota Dayal – ha mostrato quanto profondo sia il legame dei preti dell’Orissa con il loro gregge. La maggior parte dei sacerdoti di Kandhamal sono locali. Sono nati, hanno vissuto, sono stati battezzati e ordinati in quella terra. Sono spesso dalit (i cosiddetti intoccabili) o tribali. Alcuni di loro hanno cultura teologica e dottorati acquisiti all’estero, altri sono maggiormente impegnati nel sociale. Ma tutti amano profondamente la terra e il popolo. Da decenni lottano con la gente per la promozione umana, per l’istruzione, per migliorare le condizioni di vita. Quando la violenza è scoppiata, i preti dell’Orissa e le loro famiglie sono stati i bersagli preferiti. Hanno subito umiliazioni e aggressioni in odium fidei nel silenzio, senza reagire. Padre Bernard è stato il martire di quella violenza ed è simbolo di tutti i preti che ancora oggi sono impegnati a predicare il Vangelo - conclude Dayal - e difendere la popolazione dell’Orissa”. (R.P.)

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    Africa: il contributo dei leader religiosi per la lotta ai cambiamenti climatici

    ◊   I leader religiosi africani vogliono dare un contributo attivo alla lotta ai cambiamenti climatici. È l’impegno scaturito da un forum sul clima organizzato nei giorni scorsi dal British Council nella capitale nigeriana Abuja. All’incontro hanno partecipato un centinaio di persone, tra cui una sessantina di esponenti religiosi protestanti, cattolici e musulmani dell’Africa Sub-sahariana e dal Regno Unito. I partecipanti hanno espresso preoccupazione per le sempre più pesanti conseguenze economiche e sociali dei mutamenti climatici, soprattutto in un continente come l’Africa. Nella dichiarazione finale pubblicata dal quotidiano nigeriano “Daily Champion”, ripreso dall’agenzia Apic, i leader religiosi evidenziano come i “cambiamenti climatici rischiano di aumentare in modo significativo la povertà, le malattie e i conflitti”, ricordando che essi hanno già causato inondazioni e siccità in diverse parti dell’Africa. Un continente che non è tecnologicamente e finanziariamente in grado di fare fronte a questa emergenza che minaccia l’agricoltura, principale risorsa di sostentamento delle popolazioni africane. La conseguenza - già messa in evidenza dai recenti vertici internazionali sul clima - è che i popoli africani rischiano di diventare sempre più dei “rifugiati del cambiamento climatico”, creando un’ulteriore minaccia alla già fragile pace e sicurezza di questi Paesi. Ricordando gli insegnamenti delle religioni sulla difesa del creato, i leader religiosi si sono detti pronti a fare la loro parte, in particolare sensibilizzando i rispettivi fedeli. Essi hanno inoltre chiesto di potere partecipare ai negoziati nazionali e regionali per gli accordi sul clima e hanno proposto di unire le loro forze per chiedere ai Paesi sviluppati una effettiva riduzione delle emissioni dei gas-serra. Dal forum è, infine, emersa la proposta per la creazione di un Fondo mondiale per il clima. (L.Z.)

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    Le donne in Africa protagoniste per la pace e lo sviluppo del continente

    ◊   Le donne africane sono le “prime attrici nella risoluzione dei conflitti, nei processi di pace e ricostruzione ma anche dello sviluppo del continente”. Il riconoscimento arriva da Jean Ping, presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA), nel messaggio per la Giornata internazionale della donna – di cui riferisce l’agenzia Misna - dove lamenta pure lo scarso accesso alla proprietà e ai redditi terrieri delle donne, che sono le principali produttrici alimentari nell’Africa sub-sahariana”. Secondo studi dell'Ocse, (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) l’attività economica delle africane (61,9%) è infatti di gran lunga superiore rispetto a quelle dei Paesi del Nord del mondo. Certo rimane molto da fare, secondo Ping, in materia di accesso paritario a posti di lavoro qualificati e di istruzione, in materia di rispetto dei diritti e dignità, di pari opportunità e di assistenza sanitaria, ma passi avanti sono stati compiuti anche grazie a particolari strumenti giuridici, soprattutto il “Protocollo sui diritti della donna” allegato alla “Carta africana dei diritti umani e dei popoli”, e alla “Dichiarazione solenne sulla parità uomo-donna in Africa”. L’anno in corso segnerà nuove conquiste per le africane con il lancio da parte dell’UA del Decennio della donna africana (2010-2020) e la creazione di un apposito fondo, varato lo scorso febbraio dal XIV Vertice dei capi di Stato e di governo che si è tenuto ad Addis Abeba. Il presidente della Commissione dell’UA collega le difficoltà nel raggiungere gli “Obiettivi di sviluppo del millennio” fissati dall’Onu alle ridotte risorse finanziare a disposizione dei Paesi africani, ma anche al perdurare di conflitti che ipotecano l’attuazione di programmi a favore delle donne. Per quanto riguarda la partecipazione ‘rosa’ alle istituzioni e alla vita politica, invece, Ping sottolinea che al 1° gennaio 2010 l’Africa registrava il tasso più elevato al mondo di rappresentanza femminile nei Parlamenti. D’altra parte, giornali e organizzazioni di difesa dei diritti umani di tutto il continente, evidenziano “pratiche culturali, religiose e sociali in vigore arcaiche, degradanti e avvilenti” per le donne africane; a preoccupare sono anche i tassi di scolarizzazione e di alfabetizzazione troppo bassi, mentre la mortalità materna (866 decessi ogni 100.000 gravidanze) rimane la più elevata al mondo. (R.G.)

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    Dall'Aibi una mimosa virtuale per aiutare le ragazze Masai in Kenya

    ◊   Trasformare la festa della donna in un sostegno concreto a favore di bambine e adolescenti in Kenya. E’ l’invito che l’Associazione Amici dei bambini (Aibi) ha rivolto ieri in occasione dell'8 marzo, chiedendo di inviare via mail una mimosa virtuale di 5, 10, 15, 25 o 50 euro a favore del sostentamento, dell’istruzione e formazione professionale di dell’assistenza sanitaria di ragazze Masai. L’associazione Amici dei bambini - riferisce l'agenzia Sir - è presente in quattro regioni del Kenya con il progetto di cooperazione internazionale “Occhi di speranza”, che cura programmi di educazione, animazione e socializzazione e di reinserimento sociale e professionale degli adolescenti ospiti in istituto. “Occhi di speranza” sostiene inoltre i bambini orfani a causa dell’Aids per favorire la loro reintegrazione nella comunità e impedirne la discriminazione. Il progetto mira anche a sviluppare la cultura dell’accoglienza attraverso iniziative di sensibilizzazione sul problema dell’abbandono minorile. In particolare il “Soila Masai Girls Rescue Centre di Suswa Empash”, nella Rift Valley, fornisce assistenza e supporto psicologico alle ragazze della tribù Masai che rischiano di essere sottoposte a una mutilazione genitale tramite la pratica dell’infibulazione. Questo rituale comporta seri rischi per la salute delle giovani ragazze che sono esposte al rischio di dissanguamento, infezioni, esposizione al contagio da virus Hiv. Le bambine vengono accolte quando gli operatori sociali percepiscono il pericolo che vengano assoggettate a questa pratica. Restano nel centro fino ai 16-17 anni, quando ormai sono fuori pericolo. Qui ricevono istruzione, vitto, alloggio, cure mediche e partecipano ad attività extra curricolari per sviluppare le loro attitudini personali. (R.G.)

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    L’opera di soccorso della Caritas in Cile

    ◊   “Fa bene sentire la vicinanza e la solidarietà delle comunità cristiane e delle organizzazioni della nostra Chiesa. Di cuore molte grazie”. Con queste parole mons. Riccardo Ezzati, arcivescovo di Concepción, risponde all’azione solidale della Caritas Italiana, dopo il terribile sisma che ha sconvolto il Cile. “I danni del terremoto e dello tsunami sono ingenti – sottolinea il presule - e da zone meno colpite cominciano ad arrivare soccorsi in alimenti, acqua, medicine di prima necessità. Le strade verso il Nord e verso il Sud sono agibili. Permangono difficoltà di comunicazione all'interno della regione e della diocesi. Le nostre strutture, chiese, case pastorali e parrocchiali, asili, case di riposo per anziani, scuole e anche la sede Caritas sono state severamente danneggiate. Il nostro primo impegno resta quello di accompagnare la gente; essere loro vicini. Anche dopo la fase di emergenza – ricorda mons. Ezzati - i bisogni saranno molti, specialmente per la ricostruzione di case e di strutture di servizio”. Con il ripristino delle comunicazioni nelle aree colpite, emerge un quadro sempre più chiaro dei danni causati dal violento terremoto in Cile. In totale sono due milioni le persone colpite, in 8 diocesi. La Caritas a Concepción sta gestendo tre centri dove riceve aiuti d’urgenza che vengono poi distribuiti alle famiglie. La sede nazionale di Caritas Cile è parzialmente danneggiata ma resta operativa ed ha avviato gli aiuti su vasta scala. Già la scorsa settimana 20 camion sono partiti da Santiago per Concepción, con 15 tonnellate di kit alimentari. (R.G.)

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    Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri dedicata a mons. Romero

    ◊   Il 24 marzo 1980 veniva assassinato mons. Oscar A. Romero, arcivescovo di San Salvador. Dal 1993 questa data è stata scelta dal Movimento Giovanile Missionario delle Pontificie Opere Missionarie italiane per ricordare ogni anno tutti i missionari uccisi nel mondo, con una “Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri”. L’iniziativa, giunta alla XVIII edizione, si è presto estesa a molte diocesi nel mondo e a diversi istituti religiosi che dedicano particolari iniziative a ricordare i propri missionari uccisi e con essi tutti quelli che hanno versato il sangue per il Vangelo. In questo anno 2010, nel 30° anniversario dell’assassinio di mons. Romero, la Giornata è dedicata a Lui, ed ha per tema una sua espressione: “La mia vita appartiene a voi”. “Ogni martirio, ogni uccisione, ogni assassinio porta con sé il sapore amaro della prevaricazione, dell’ingiustizia, dell’arbitrio, delle peggiori realizzazioni umane” scrive don Gianni Cesena, direttore nazionale delle POM, nel sussidio preparato per questa Giornata. “Eppure ogni martirio cristiano appartiene alle ‘beatitudini’ di Gesù… Sul seme di Romero, come su quello dei martiri cristiani antichi e contemporanei, ogni comunità cristiana ha ritrovato anzitutto il senso profondo della vita secondo il Vangelo e spesso il coraggio di una memoria attiva, non rassegnata, capace di continuare il cammino con uno slancio migliore”. A comunità parrocchiali e di vita consacrata, seminari, noviziati, gruppi impegnati, vengono proposte le tracce per una Veglia di preghiera, per la Via Crucis, per l’Adorazione eucaristica sul tema della Giornata. Tra le altre indicazioni suggerite: creare in chiesa l’angolo del martirio utilizzando una croce, un drappo rosso, un ramo d’olivo con i nomi delle missionarie e dei missionari uccisi; suonare le campane alle ore 15 del 24 marzo per invitare alla meditazione sul sacrificio di Cristo e di tante donne e uomini di buona volontà; piantare un albero per fare memoria di quanti hanno dato tutto per amore. Le famiglie possono accendere un cero rosso sul davanzale della finestra o esporre un drappo rosso; compiere un gesto di riconciliazione tra i membri della stessa famiglia o tra vicini di casa; offrire l’offerta del digiuno per sostenere il progetto di solidarietà proposto quest’anno. Malati e sofferenti possono offrire la loro sofferenza in memoria delle missionarie e dei missionari uccisi per l’annuncio del Vangelo e per sostenere il lavoro apostolico di quanti operano in ogni angolo della terra e per chiedere al Signore il dono di vocazioni missionarie. I giovani sono invitati a donare il proprio sangue e a visitare quanti sono soli e oppressi dalla sofferenza: in ospedale, in una casa di riposo, in carcere. Quest’anno il progetto di solidarietà che si intende sostenere con le offerte del digiuno del 24 marzo riguarda la costruzione di un Centro giovanile gestito dai padri canossiani nel distretto di Tondo, una delle zone più povere e desolate di Manila. (R.P.)

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    Colombia: oltre un milione e mezzo le donne sfollate a causa del conflitto interno

    ◊   Costrette a lasciare le proprie case per fare spazio ai gruppi armati, evitare di essere reclutate o impedire che i figli vengano rapiti e obbligati a combattere, sono oltre un milione e mezzo le donne sfollate per il conflitto interno. In un nuovo rapporto ripreso dall'agenzia Misna, l’Onu raccoglie le denunce su minacce e attacchi contro le donne che in tre casi su quattro affermano anche di essere discriminate non solo a causa della guerra ma anche per le aggressioni fisiche, gli abusi di varia natura, la dipendenza economica, l’esclusione, la povertà. “Molte non hanno accesso ai servizi sanitari e a quelli di assistenza familiare, soprattutto giovani e adolescenti” segnala lo studio, ricordando inoltre che almeno 500 donne muoiono ogni anno per cause evitabili legate al parto. L’Onu esorta lo Stato a “identificare la violenza contro le donne come un crimine che non deve ripetersi e tanto meno essere accettato”, sollecitando anche la magistratura a creare un sistema d’informazione affidabile sui reati sessuali e di genere. Secondo un altro studio realizzato dal centro regionale dei diritti umani e la giustizia di genere, citato dall’agenzia ‘Efe’, la discriminazione più marcata avviene in ambiente lavorativo, in politica, nella vita familiare e nell’accesso alla giustizia e interessa principalmente le donne residenti nelle aree rurali e appartenenti alle fasce sociali meno abbienti. (R.P.)

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    Argentina: i vescovi analizzano la situazione sociale ed ecclesiale del Paese

    ◊   Tra oggi e domani si svolge la riunione del Comitato permanente della Conferenza episcopale argentina sotto la guida del presidente, l’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Jorge Mario Bergoglio. Una ventina di vescovi rifletteranno sull’attuale momento della vita della Chiesa del Paese. In particolare è quasi certo - secondo l’agenzia ecclesiale Aica - che si discuta sulla crisi politica interna, che ha avuto origine nelle ultime settimane per l’uso, che in molti ritengono ‘abuso’, da parte del governo dei cosiddetti “Dna”, vale a dire i “Decreti di necessità e urgenza”. Si tratta di strumenti giuridici a cui ha fatto ricorso il presidente della Repubblica signora Cristina Fernández de Kirchner, per poter disporre della riserve della Banca centrale con lo scopo di pagare parte delle obbligazioni del debito estero. La decisione dell’autorità ha provocato forti polemiche che hanno appesantito il clima politico ed è ciò che più preoccupa i vescovi poiché, come hanno ribadito a più riprese negli ultimi mesi, il Paese ha bisogno di tutte le sue forze per cooperare nel conseguimento del bene comune, al di sopra degli interessi parziali. Su questa materia, i presuli, dovrebbero ascoltare, sempre secondo l’agenzia Aica, un rapporto di mons. Jorge Casaretto, vescovo di San Isidro e responsabile della pastorale sociale. Alla riunione oltre ai quattro membri della Presidenza prendono parte numerosi vescovi responsabili di Commissioni episcopali che hanno la responsabilità di settori pastorali come fede e cultura, ministeri e vita consacrata, educazione cattolica, vita e famiglia, ecc. I presuli analizzeranno con ottica ecclesiale temi di grandi importanza, a cominciare dall’andamento della Missione continentale e dall’ultima fase dell’Anno sacerdotale che si chiuderà nel mese di giugno. Altre due materie fondamentali da valutare alla luce degli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa sono da una parte la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale che impegna i vescovi argentini da molti anni e, dall’altra parte, la condizione di migliaia di giovani che non lavorano e neanche studiano. Si tratta di un fenomeno che coinvolgerebbe almeno 900 mila giovani e ciò è ritenuto, da più parti, una lacerazione del tessuto sociale e un’ipoteca per il futuro dell’Argentina. (A cura di Luis Badilla)

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    Il vescovo di Ciudad Juárez in Messico: no alla cultura della morte

    ◊   In un’intervista all’agenzia Zenit, mons. Renato Ascencio León, vescovo di Ciudad Juárez in Messico, racconta la sua esperienza di pastore in una delle città più violente del mondo in cui regnano sovrane il narcotraffico e l’illegalità. La Chiesa nella zona di Ciudad Juárez si trova a fare i conti anche con gravi problemi sociali, come la disgregazione familiare e l’allontanamento dei genitori dai propri figli per motivi di lavoro. Di conseguenza i giovani crescono senza una guida precisa e disertando frequentemente la scuola, privandosi così di un’adeguata cultura e lasciandosi sovente coinvolgere in attività criminose. Si tratta di una reazione a catena, prodotta da povertà e ingiustizia dilaganti, causa principale del clima di violenza. Mancano inoltre spazi dove questi giovani possano riscattarsi mediante attività artistiche, ricreative o nello sport. L’Esercito a Ciudad Juárez - ricorda il presule – sebbene svolga un ruolo importante di tutela pubblica in situazioni di continua emergenza, nondimeno compie talvolta abusi nei confronti dei cittadini. "Senza dover andare lontano – rammenta mons. León - la settimana scorsa uno dei miei sacerdoti è stato assaltato e minacciato". Si tratta dunque di un problema che investe non solo i cittadini ma gli stessi presbiteri. Ciò che conforta è il coraggio che mostrano i cristiani ad andare a Messa, evitando di farsi travolgere dal vortice di paura che facilmente s’innesta di fronte ad una diffusa cultura della morte. La preghiera e un’adeguata formazione culturale sono per il presule una possibile via da tracciare per un futuro migliore da offrire ai giovani, che ne hanno il pieno diritto. (C.F.)

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    Perù: i francescani celebrano il centenario della morte di padre Pio Sarobe

    ◊   I francescani di Ocopa, nel centro delle Ande peruviane, stanno celebrando il centenario della morte del venerabile padre Pio Sarobe. Nato il 5 maggio 1855 in Gastigarraga, nei Paesi baschi della Spagna, è morto il 7 marzo 1910. Proprio il giorno anniversario della sua morte, domenica scorsa sono state avviate le celebrazioni per il suo centenario con una Messa solenne ad Ocopa, presieduta dall'arcivescovo di Huancayo, mons. Pedro Barreto. C’è stata una grande partecipazione di fedeli e religiosi, francescani e non francescani, e di tanti fedeli laici. Dopo la Messa solenne c'è stata una grande festa animata da danze e canti del folclore di questa regione peruviana. Padre Pio visse e si è santificato ad Ocopa. Il suo ricordo è ancora vivo in vari villaggi nella Valle del Mantaro, dove è stato missionario. Ha portato la Parola di Dio al popolo di Jauja, Concepción, Huancayo, Pariahuanca, Chanchamayo, Pasco, Huancavelica, Ayacucho, lasciando tracce durature. Quando nel 1910 stava predicava la Quaresima in San Jeronimo de Tunán, si ammalò gravemente e morì il 7 marzo presso l'ospedale El Carmen de Huancayo. “Dopo aver celebrato la Messa funebre fu sepolto nella cripta, sotto l'altare della chiesa del Convento - racconta all'agenzia Fides il padre francescano Dante Villanueva che risiede ad Ocopa - che era così affollata di fedeli che dovettero richiedere l'intervento della polizia. Dopo aver riesumato i suoi resti, nel 1980, è stato sepolto in quello che era il Battistero della chiesa, in modo che i tanti fedeli che vengono possono pregare sulla sua tomba.” (R.P.)

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    Australia: boom di vocazioni nell’Anno Sacerdotale anche grazie alla Gmg

    ◊   Sei ordinazioni sacerdotali nel giugno prossimo, numerosi ingressi in seminario e molti giovani che si interessano alla vita religiosa e al sacerdozio, iniziando un percorso di discernimento vocazionale: come l’agenzia Fides apprende dall’arcidiocesi di Sydney, si registra un autentico “boom di vocazioni” nella Chiesa locale. I responsabili diocesani sono molto felici di questa “spinta verso l’Alto” che “si registra nell’Anno Sacerdotale, benedetta dal Santo Curato d’Ars”, e che “affonda le sue radici anche nell’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, che ha avuto il merito di sensibilizzare e scuotere le coscienze dei giovani, risvegliando il seme dello Spirito Santo nel loro cuore e il desiderio di rispondere alla chiamata di Dio”. Sarà il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, a ordinare sei nuovi sacerdoti l’11 giugno prossimo: si tratta, come comunica la diocesi, del gruppo più numeroso da vent’anni a questa parte. Oltre ai sei, due diaconi ugandesi, che hanno studiato in Australia, saranno ordinati a luglio 2010 nel loro Paese, per poi tornare in Australia a svolgere il servizio pastorale. “Se negli anni passati, dal 1980 in poi, uno dei problemi che la Chiesa australiana ha dovuto affrontare la carenza di vocazioni al sacerdozio, ora la tendenza sembra invertita e vi è una certa crescita”, nota la diocesi. Il rettore del seminario del Buon Pastore a Sydney, padre Fr. Anthony Percy, conferma questo rinnovato interesse, annotando che nel seminario sono stati appena accettati 10 nuovi candidati, che hanno iniziato il percorso degli studi filosofici e teologici. Secondo il rettore, “un influsso benefico è venuto dalla GMG”, mentre stanno dando i loro frutti altre moderne forme di evangelizzazione dei giovani, adottate in Australia, come l’uso delle nuove tecnologie, dei blog, degli incontri a sfondo religioso organizzati anche nei pub. Domenica prossima, 14 marzo, il seminario organizza una speciale “Giornata di informazione sulla vocazione”, che vedrà la partecipazione di centinaia di giovani, all’insegna della preghiera, di colloqui personali, dell’Eucarestia, della discussione in gruppi. (R.P.)

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    Hong Kong: 3.000 catecumeni riceveranno a Pasqua i sacramenti dell’iniziazione cristiana

    ◊   Partecipare alla vita comunitaria e consolidare la fede: sono le due raccomandazioni che mons. John Tong, vescovo di Hong Kong, ha rivolto ai catecumeni durante il rito degli scrutini, svoltosi il 7 marzo nella parrocchia di san Francesco. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), sono circa 3.000 i catecumeni di Hong Kong che nella prossima solennità di Pasqua riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana, quindi domenica scorsa sono stati celebrati due scrutini. Durante l’omelia Mons. Tong ha sottolineato il tema dell’acqua “viva”, indicando la preghiera incessante come il modo migliore per ottenere appunto “l’acqua viva” di Gesù. Quindi ha incoraggiato i catecumeni “a riflettere sempre sulla Parola di Dio, allontanandosi da tutte le cose che sono incompatibile con la fede”, soltanto così “ci si può avvicinare sempre di più a Cristo e al Padre Celeste, e testimoniare Gesù”. Il vescovo ha consegnato spiritualmente e simbolicamente la Sacra Scrittura ai catecumeni, perchè sia loro compagna di vita, mantenendo viva la fiamma della fede. I prossimi scrutini si terranno il 14 marzo nella parrocchia di sant'Andrea e in quella di san Benedetto; il 21 marzo nella parrocchia di sant'Andrea e in quella di Cristo Re. (R.P.)

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    Sri Lanka: al Santuario di Tewatte migliaia di giovani pregano per la loro vocazione

    ◊   Oltre 4mila tra bambini e giovani provenienti dall’intera arcidiocesi di Colombo hanno partecipato in questi giorni alla Giornata dei bambini, dal titolo “Eccomi, manda me”. L’incontro - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stato organizzato sabato scorso presso il Santuario di Nostra Signora di Lanka, dal centro catechistico dell’arcidiocesi. L’incontro si celebra ogni anno e ha lo scopo di aiutare i bambini e i giovani a comprendere la loro vocazione attraverso rappresentazioni teatrali e testimonianze di sacerdoti e religiosi. La giornata di quest’anno avviene dopo l’interruzione del 2009 dovuta al conflitto in corso tra esercito srilankese e ribelli delle Tigri Tamil. Per aumentare il senso di unità tra i bambini mons. Malcom Ranjith, arcivescovo di Colombo e altri tre prelati hanno celebrato la messa in tre diverse lingue: sinhala, tamil e inglese. “Siamo oltre 6 miliardi nel mondo e ciascuno di noi è differente dagli altri – ha detto il prelato durante l’omelia – Noi abbiamo differenti talenti, qualità e debolezze, ma prima di tutto siamo preziosi e unici per il Signore. Proprio per questa unicità Lui chiama ciascuno di noi alla sua missione”. Il prelato ha invitato i bambini a seguire l’esempio di Samuele, Santa Teresa del Bambino Gesù, Madre Teresa e San Giovanni Vianney, che hanno reso sante le loro vite rispondendo alla chiamata di Dio. “Questo è stato un grande giorno per noi – afferma uno dei ragazzi – stiamo prendendo importanti decisioni per la nostra vita e questa giornata ci ha aiutato a scegliere la strada giusta”. La giornata è stata anche occasione per riflettere sulla condizione dei bisognosi. Durante l’offertorio i bambini hanno donato denaro, giocattoli e cibo ai coetanei poveri delle varie scuole dell’arcidiocesi. (R.P.)

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    Giappone: la “Madonna bombardata” di Nagasaki in pellegrinaggio a Guernica

    ◊   La pace “non può mai essere originata dalla violenza. L’abrogazione delle armi atomiche non sta procedendo come previsto, e oggi più che mai c’è bisogno di appellarsi alla non violenza. Ecco perché l’arcidiocesi di Nagasaki - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha deciso di lanciare un pellegrinaggio verso Guernica: per riunire le due Madonne colpite dalle guerre del ventesimo secolo”. Lo ha detto l’arcivescovo della città, mons. Mitsuaki Takami, presentando il viaggio che porterà in Europa la famosa “Madonna bombardata”, una statua di Maria di oltre due metri che venne parzialmente distrutta dall’atomica americana. La statua, creata in Italia nei primi anni Trenta, venne danneggiata all’interno della cattedrale di Urakami durante il bombardamento del 9 agosto del 1945. In occasione del 65esimo anniversario del bombardamento, dice il presule, “nessun simbolo è più adatto per sottolineare l’importanza della non violenza. La scelta della città spagnola come ultima tappa del pellegrinaggio, aggiunge, “nasce dal fatto che ho scoperto che fu Guernica la prima città ad essere rasa al suolo nella storia della guerra moderna, così come Nakasaki e Hiroshima sono state sostanzialmente le ultime due. Inoltre, e questo sembra incredibile, anche la Chiesa locale ha una statua della Madonna colpita dalle bombe sganciate dai tedeschi il 26 aprile del 1937, nell’ambito della guerra civile spagnola”. Per mons. Takami “il pellegrinaggio non deve soltanto dimostrare al mondo quanto dolore derivi dall’uso della violenza, ma deve stimolare il mondo all’allontanamento permanente delle armi atomiche. Anche io ho perso dei familiari, durante la seconda Guerra mondiale, e spero che un disastro del genere non si ripeta mai più”. Il pellegrinaggio prevede un lungo tour europeo. La “Madonna bombardata”, già uscita due volte dal Giappone, è attesa alla Sagrada Familia di Barcellona e a Roma, dove il Papa Benedetto XVI incontrerà in udienza i pellegrini. A Guernica, ultima tappa, verrà posata nel Museo cittadino della Pace che, da marzo a maggio, presenterà una mostra fotografica sul bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. (R.P.)

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    La Chiesa di Papua contro le piantagioni di olio di palma che stanno distruggendo le foreste

    ◊   Le cinque diocesi di Papua, la provincia più orientale dell’Indonesia, hanno lanciato una vasta campagna per fermare l’espansione delle piantagioni di olio di palma nel distretto orientale di Timika. La coltura intensiva delle palme da olio è infatti una delle principali responsabili della distruzione delle foreste pluviali in Indonesia e si sta trasformando in un vero e proprio disastro ambientale a danno delle popolazioni del posto. Insieme a diverse organizzazioni cattoliche, la Chiesa locale, con il sostegno della Commissione per la giustizia, la pace e l’integrità del Creato della Conferenza episcopale, si sta mobilitando per sensibilizzare l’opinione pubblica e premere sulle autorità politiche indonesiane. Tra le principali iniziative una conferenza pubblica il 6 giugno prossimo e una manifestazione nella Giornata per i diritti umani il prossimo dicembre. Sono inoltre previsti incontri con parlamentari e esponenti del governo centrale indonesiano. L’obiettivo, ha spiegato all’agenzia Ucan padre Sefin Dany Sanasi, segretario esecutivo di Giustizia e Pace “è di fare sapere alla gente che le piantagioni di palma da olio hanno creato gravi problemi e per chiedere al governo di intervenire per la riforestazione”. “L’olio di palma, ha distrutto le foreste che sono la principale fonte di sostentamento dei papuani”, ha aggiunto il sacerdote. Lo scorso febbraio la Commissione, insieme all’arcidiocesi di Merauke , alle diocesi di Timika, Jayapura, Agats-Asmat, e Manokwari-Sorong e ai Missionari del Sacro Cuore in Indonesia, hanno organizzato uno speciale programma di formazione all’advocacy, i cui partecipanti hanno deciso di incontrarsi per raccogliere dati sulla distruzione ambientale in atto nelle loro rispettive diocesi e che serviranno per successive iniziative di protesta. Resta la difficoltà – come è stato evidenziato durante il corso – di trovare un canale di dialogo con le autorità centrali di Giakarta, sinora sorde al problema. (L.Z.)

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    Presentazione a Roma del volume "Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto"

    ◊   Sarà presentato a Roma giovedì prossimo alle ore 17.30 presso la Sala Angiolillo di Palazzo Wedekind, piazza Colonna, 366, il volume “Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto”, edito da Cantagalli e frutto del Convegno Internazionale celebrato a Roma dal 10 al 12 dicembre del 2009. Sono previsti gli interventi del cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, di Giacomo Marramao, dell’Università Roma Tre, e di Roberto Maiocchi, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Modererà il dibattito Sergio Belardinelli, dell’Università di Bologna. Il convegno internazionale “Dio oggi: con Lui o senza di Lui cambia tutto” ha avuto il grande merito di riportare la discussione su un argomento centrale per la nostra epoca. La questione di Dio da sempre interroga e affascina lo spirito umano, ma oggi più che mai assume il valore di un invito a spingere lo sguardo oltre la dimensione puramente “orizzontale” dell’esistenza che vorrebbe ridurre l’uomo a materia pura. In questo volume sono raccolti gli interventi più significativi che hanno animato le giornate del convegno svoltosi a Roma tra il 10 e il 12 dicembre 2009, facendone un evento culturale senza precedenti. Nelle quattro sessioni plenarie, personalità del mondo laico e cattolico si sono confrontate davanti a un pubblico eterogeneo, attento e numeroso, su “Dio della fede e della filosofia”, "Dio della cultura e della bellezza”, “Dio e le religioni” e “Dio e le scienze” dando vita a un dibattito la cui ricchezza e profondità è destinata a lasciare un segno nella cultura del nostro Paese. Oltre al messaggio inaugurale di Benedetto XVI, il volume contiene le relazioni del cardinale Angelo Bagnasco, del cardinale Camillo Ruini, del cardinale Angelo Scola, di mons. Gianfranco Ravasi, di mons. Rino Fisichella e di Andrea Riccardi, Robert Spaemann, Lorenzo Ornaghi, Roger Scruton, Antonio Paolucci, Francesco Botturi, Remì Brague, Massimo Cacciari, Ugo Amaldi, George Coyne, Martin Nowak, Peter van Inwagen. (D.D.)

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    Ricerca negli Usa mostra la tendenza ad attingere notizie da Internet

    ◊   Nell’era digitale cresce il ruolo dell’informazione, sempre più presente nella vita delle persone, soprattutto quella on line che negli Stati Uniti ha superato i giornali, situandosi al terzo posto dopo Tv locali ed emittenti nazionali. L’informazione è inoltre diventata un vero e proprio ambito di esperienza sociale per molti cittadini. Sono i dati emersi da uno studio condotto dal Project for Excellence in Journalism del Pew Research Center. I cittadini americani – rileva l’Istituto di ricerca – accedono oggi alle notizie in formati e piattaforme multiple. La stragrande maggioranza (92%) attinge per informarsi a Tv nazionali, emittenti locali, Internet, giornali locali, radio e quotidiani nazionali. Il 46% utilizza da quattro a sei piattaforme diverse. Solo il 7% usa un’unica piattaforma. In questo scenario l’avvento di Internet ha trasformato il rapporto tra pubblico e informazione: sempre più persone condividono le notizie con amici e conoscenti attraverso i social network o occasionali interlocutori sui blog, e utilizzano questi strumenti come fonti di informazione primaria. E, una volta trovate le notizie, ne sono coinvolti e ne vogliono parlare. La gente usa quindi i social network e i blog per filtrare, valutare e reagire alle notizie, utilizzando anche le email e altri strumenti per scambiare articoli e commenti. In particolare, lo studio mostra che il 28% degli utenti di Internet hanno personalizzato le loro home page in modo da includere fonti informative su temi che li interessano in modo particolare. Il 37% degli utenti hanno contribuito alla creazione di notizie, le hanno commentate o le hanno diffuse attraverso i social network. Fra coloro che s’informano online, il 75% riceve le notizie via email oppure tramite post sui siti di social networking e il 52% condivide i link alle notizie con altri utenti. Le relazioni degli utenti con le notizie – annota lo studio - stanno diventando “mobili, personalizzate e partecipative’’. Una ricerca che sollecita interrogativi per la stampa e per i giornalisti in tutto il mondo su come continuare a servire il pubblico, promuovendo e tutelando al meglio un bene collettivo quale è l’informazione. (A cura di Roberta Gisotti)

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    A Lodi, dall’11 al 14 marzo, primo Festival della Fotografia etica

    ◊   Si svolgerà a Lodi dall’11 al 14 marzo il primo Festival della Fotografia etica. Si tratta di un’iniziativa, nata dal Gruppo fotografico Progetto immagine, che si propone di avvicinare il pubblico a contenuti di grande rilevanza etica, promuovendo dunque la fotografia come strumento di conoscenza e di approfondimento delle tematiche proposte. “Nonostante le pressioni soprattutto di tipo economico siano schiaccianti – spiega Sandro Iovine, direttore della rivista “Il Fotografo”, tra gli organizzatori della manifestazione – esistono ancora dei fotografi che mantengono vivo nel proprio lavoro il concetto di fotografia d’impronta etica e non voglio affermare che siano degli eroi, ma sicuramente le scelte che hanno fatto e rinnovano quotidianamente decidendo di lavorare in un certo modo, non sono di quelle che rendono la vita più semplice a livello professionale. Sono peraltro convinto che se questi fotografi potessero godere di un palcoscenico più ampio nell’editoria riuscirebbero a coinvolgere il pubblico portandolo a riflettere di più di quanto mediamente non faccia, ma forse questo è proprio quello che si cerca di evitare che avvenga. Dal momento che ci riconosciamo in questo modo di intendere la professione - prosegue Iovine - abbiamo deciso di non rimanere con le mani in mano e fare qualcosa per consentire uno sbocco di visibilità anche a questo tipo di lavori che tanto faticano ad emergere nella loro integrità’’. Il programma del Festival prevede un circuito espositivo di quattro mostre: “Colombia, voci nascoste”, foto di Francesco Zizola per Medici senza Frontiere; “Il costo umano di una catastrofe nucleare” di Robert Knoth per Greenpeace, “Migranti” di Francesco Cocco per Amani e infine “Worldless Children” di Luca Catalano Gonzaga, vincitore del premio Grand Prix Care du Reportage Humanitairie 2009. Le mostre saranno ospitate presso la sede del Gruppo Fotografico Progetto Immagine, l’ex Chiesa di San Cristoforo e l’ex Chiesa dell’Angelo. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    L'Iran al centro della visita in Israele del vicepresidente statunitense Biden

    ◊   L’Iran al centro della visita in Israele del vice-presidente statunitense Biden, che questa mattina ha incontrato il capo dello Stato ebraico Shimon Peres. Chiesta ufficialmente al numero due della Casa Bianca l’espulsione di Teheran dalle Nazioni Unite. Intanto, proseguono i negoziati indiretti tra israeliani e palestinesi. Il servizio di Marco Guerra:

    Doveva essere la giornata che avrebbe segnato la ripresa dei negoziati tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese con la mediazione americana, ma i colloqui odierni tra il primo ministro israeliano Netanyahu e il vice presidente Usa, Joe Biden, sono stati ancora volta completamente dedicati alla minaccia nucleare iraniana. Dopo la richiesta all’Onu di imporre “sanzioni paralizzanti” contro Teheran avanzata ieri dal vice-premier israeliano Shalom, stamane il capo dello Stato ebraico Peres ha rincarato la dose, auspicando l'espulsione dell'Iran dalle Nazioni Unite. Il presidente Ahmadinejad, ha detto Peres, “non può al tempo stesso essere membro delle Nazioni Unite ed invocare la distruzione di Israele”. Dal canto suo, Biden ha ribadito che l'impegno di Washington nei confronti della sicurezza dello Stato ebraico è ''assoluto e totale'', garantendo inoltre il pieno sostegno degli Stati Uniti a chi si ''assume i rischi'' del processo di pace in Medio Oriente. E mentre si fa più duro lo scontro con l’iran, emerge a sorpresa la disponibilità di Israele a costruire centrali nucleari in cooperazione con i vicini Stati arabi. E sempre di queste ore un’altra notizia che allenta la tensione nella regione: Israele ha autorizzato, in via eccezionale, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e l'Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Ashton, a recarsi nella Striscia di Gaza passando attraverso il proprio territorio.

     
    Iraq
    Dopo il voto di domenica, ora l’Iraq attende i risultati elettorali in un clima di calma apparente. Secondo gli ultimi dati, il premier uscente Nuri al-Maliki, leader sciita, sarebbe in testa nelle preferenze almeno nella metà dei collegi del Paese. L'Alleanza per lo Stato di Diritto di Maliki è in vantaggio nelle regioni sciite mentre Iyad Allawi, ex-premier a capo della lista Iraqiya, avrebbe riscosso maggior consensi, come previsto, nelle zone sunnite. I risultati definitivi probabilmente non saranno pronti prima della fine del mese e, a causa dell'elevata frammentazione della politica irachena, al momento non sembra possibile che un singolo partito possa riuscire a conquistare i seggi necessari (ne servono 163) per formare il governo. Dunque, il nuovo esecutivo avrà probabilmente la forma di un governo di coalizione. La Comunità internazionale, intanto, continua a lodare il Paese per la grande affluenza alle urne nonostante la minaccia di attentati da parte di Al-Qaeda.

    Afghanistan
    Circa 1.400 personalità della società civile afghana si riuniranno a Kabul il prossimo 29 aprile per la “jirga” di pace. Lo ha reso noto il ministro dell'Istruzione, che sta lavorando da tempo all'organizzazione dell'assemblea di tre giorni che ha l’obiettivo di rilanciare il processo di riconciliazione nazionale. Intanto, è stato confermato per domani a Kabul l’incontro tra il presidente afghano Hamid Karzai e il suo omologo iraniano Ahmadinejad. Lo ha annunciato il portavoce del capo di Stato iraniano chiarendo così l'annullamento della visita che in un primo momento era stata annunciata per ieri.

    Yemen: aperture del governo ai ribelli
    Il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh tende la mano ai separatisti e, in un discorso che giunge dopo un pesante giro di vite nel sud del Paese teatro di gravi violenze nelle scorse settimane, afferma che le loro rivendicazioni verranno ascoltate. Tra i punti principali della crisi vi sono le accuse al governo centrale di avere concentrato lo sfruttamento delle poche risorse del Paese a favore del nord. Il commento di Vincenzo Strika, studioso di storia dei paesi arabi, intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. – Il petrolio, che è stato trovato nel Nord, in realtà non è tanto ed è anche in zona di confine. C’è poi il discorso riguardo al confine con l’Arabia Saudita, che è ripetutamente intervenuta nella questione, perché lì c’è anche la questione dell’acqua e delle falde sotterranee, che possono essere anche usate sia nello Yemen del Nord che in Arabia Saudita. Questo è un discorso certamente abbastanza delicato in zone come queste dove piove poco. C’è poi il discorso della pirateria in quell’area, che non si capisce come possa prosperare sotto gli occhi di tutti e con i mezzi attuali.

     
    D. – Come si può vedere un ruolo internazionale dello Yemen, quali i margini di manovra per cercare di tirarsi fuori da una situazione difficile?

     
    R. – Se il Canale di Suez avesse oggi l’importanza che ha avuto quando fu aperto, l’Occidente sarebbe già intervenuto. Oggi è una zona meno importante ed anche il petrolio non è che poi sia tanto. Credo che andremo avanti ancora per molto tempo.

     
    Togo
    Sempre alta la tensione in Togo. Il governo ha vietato la manifestazione indetta per oggi nella capitale Lomè dall’opposizione contro l’esito del voto che ha confermato il capo di Stato uscente Gnassingbè. Le autorità hanno spiegato che “le manifestazioni nelle strade pubbliche non possono svolgersi nei giorni feriali perché disturbano le attività lavorative”. Intanto, anche gli osservatori dell’Unione Africana hanno confermato la vittoria del presidente uscente Gnassingbè, secondo il quali avrebbe raccolto oltre 1,2 milioni di voti su 2,1 milioni di votanti.

    Fondo Monetario Ue
    Un fondo monetario europeo in aiuto dei Paesi che, come la Grecia in questi giorni, attraversano momenti di crisi economico-finanziarie. Questa l’ipotesi che sta prendendo piede a Bruxelles. Secondo un nota della Commissione Ue “l'ossatura” di questo istituto verrebbe presentata entro fine giugno.

    Grecia
    Una scossa di terremoto di magnitudo 4.6 è stata registrata questa mattina in Grecia con epicentro a 95 chilometri da Atene. Ieri un altro sisma di magnitudo 4.4 ha interessato l'area di Patrasso, a 170 chilometri dell'epicentro della scossa odierna.

    Ue, condizione femminile
    Si svolge in questi giorni all'Onu l'incontro intitolato Pechino+15: l'obiettivo è fare il punto sulla condizione della donna nel mondo 15 anni dopo la Conferenza del 1995 a Pechino. L'Unione Europea ha inviato una delegazione a New York, dopo avere ricordato ieri la Giornata internazionale della donna con una cerimonia al Parlamento Europeo. Dei temi che più stanno a cuore all'Europa in tema di condizione femminile, Fausta Speranza ha parlato oggi a Strasburgo con l'europarlamentare Silvia Costa:

    R. – Intanto, il tema di una maggiore attenzione a definire a livello europeo e a livello internazionale gli indicatori sensibili, per poter veramente fare una verifica di dati, di statistiche, che oggi non sono disponibili. Poi, c'è il tema della violenza contro le donne. Purtroppo vediamo una recrudescenza sotto vari profili e alcuni più nuovi, purtroppo. Penso a tutto il discorso dell’abuso dell’immagine femminile nei media: una vera violenza, che tradisce in particolare le nuove generazioni di donne. Quindi, questo è un tema. L’altro tema è quello della violenza in aumento: parlo di violenze sessuali, di violenze anche nell’ambito domestico, purtroppo - e quindi avere delle politiche più sensibili, più mirate a questo -; e il tema della tratta degli esseri umani. Questo fa parte del "pacchetto" sul tema della violenza. Un altro grande tema è quello della povertà femminile. Questo è l’Anno europeo della lotta contro la povertà per l’inclusione sociale. La povertà ha ancora, in Europa e nel mondo, ha un volto prevalentemente femminile.

     
    D. – Onorevole Costa, il dramma delle schiave del sesso...

     
    R. – Sono stata relatore ombra e con molta soddisfazione della risoluzione fatta per chiedere al Consiglio e alla Commissione una direttiva nuova dopo il 2004, visto che prevedeva soltanto il soggiorno umanitario, ma sempre quando c’è la denuncia, per andare avanti in un nuovo approccio olistico, cioè centrato sui diritti umani. Prevede soprattutto una grande tutela delle vittime, maggiori sanzioni omogenee a livello europeo e un maggiore coordinamento per questa, che è una piaga di schiavitù dei tempi moderni. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 68

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