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Sommario del 08/03/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • La giustizia di Dio è l’amore. A metà del cammino quaresimale, ripercorriamo le meditazioni del Papa sul significato della conversione del cuore
  • Udienze
  • Colletta per la Terra Santa: appello alla solidarietà del cardinale Sandri
  • Corso della Penitenzieria Apostolica per i giovani sacerdoti: intervista con mons. Girotti
  • Mons. Migliore promuove un incontro all'Onu sull'uguaglianza tra uomini e donne
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Scontri in Nigeria: 500 morti. Mons. Onaiyekan: violenze etniche, non religiose
  • Alta affluenza alle urne in Iraq: testa a testa tra al Maliki e Allawi
  • Migliaia di persone in piazza a Madrid contro la legge sull’aborto
  • Giornata internazionale della donna
  • Memoria di San Giovanni di Dio. Mons. Zimowski in visita al Fatebenefratelli di Roma
  • Notte degli Oscar: miglior film "The Hurt Locker" sulla guerra in Iraq
  • Chiesa e Società

  • L’impegno della Chiesa per le donne indiane
  • Eurostat: la crisi economica colpisce più gli uomini che le donne
  • Colombia: la Giornata della donna ricorda quanti hanno contribuito all’indipendenza del Paese
  • Cile: Messa del cardinale Errázuriz per le vittime del terremoto
  • Incontro in Turchia delle Chiese europee. La solidarietà per i terremotati
  • Pakistan: nuove indagini sugli attacchi anticristiani di Gojra e Korian
  • India: incontro sulle persecuzioni anticristiane
  • In Malaysia la Chiesa accoglie le scuse di un giornale musulmano: incidente chiuso
  • La Chiesa filippina condanna la campagna governativa per i preservativi nella lotta all’Aids
  • Zimbabwe: il morbillo continua a colpire la metà dei distretti del Paese
  • Africa orientale: vittime a causa del maltempo
  • I vescovi austriaci chiedono verità e giustizia per le vittime degli abusi sessuali
  • Olanda: domani riunione dei vescovi. Si parlerà anche dei casi di abusi
  • Ecuador: incontro pro vita a Santiago de Guayaquil con la consacrazione delle donne incinte
  • L’invito in tutto il mondo a proporre progetti artistico-culturali per la Gmg di Madrid
  • Presentato in Vaticano un documentario sul cardinale Massaja
  • “Scoprire l’informazione”: quattro incontri pubblici promossi da Comune di Roma e Fnsi

  • 24 Ore nel Mondo

  • Terremoto in Turchia: oltre 50 le vittime
  • Il Papa e la Santa Sede



    La giustizia di Dio è l’amore. A metà del cammino quaresimale, ripercorriamo le meditazioni del Papa sul significato della conversione del cuore

    ◊   “In Quaresima, ciascuno di noi è invitato da Dio a dare una svolta alla propria vita”: nella visita alla parrocchia romana di San Giovanni della Croce, Benedetto XVI è tornato ieri a sottolineare il significato autentico del percorso quaresimale. Un tempo forte, ha detto, che ci invita “alla conversione della nostra vita”, “pensando e vivendo secondo il Vangelo”. A metà del cammino quaresimale, ripercorriamo alcune meditazioni del Papa sulla Quaresima di quest'anno. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Entrare nella giustizia “più grande”, la giustizia dell’amore operata da Cristo, “la giustizia di chi si sente sempre più debitore che creditore”: nel Messaggio per la Quaresima, Benedetto XVI ha indicato la meta verso cui i fedeli devono tendere in questo periodo che ci prepara alla Pasqua del Signore. Il Papa mette in guarda dall’illusione dell’autosufficienza, da quell’egoismo individualistico che è “l’origine stessa dell’ingiustizia”. L’uomo deve invece riconoscere la sua piccolezza. Solo in questa prospettiva, si può comprendere “il segno penitenziale delle Ceneri”:

     
    “E’ essenzialmente un gesto di umiltà, che significa: mi riconosco per quello che sono, una creatura fragile, fatta di terra e destinata alla terra, ma anche fatta ad immagine di Dio e destinata a Lui. Polvere, sì, ma amata, plasmata dal suo amore, animata dal suo soffio vitale, capace di riconoscere la sua voce e di rispondergli; libera e, per questo, capace anche di disobbedirgli, cedendo alla tentazione dell’orgoglio e dell’autosufficienza”. (Messa del Mercoledì delle Ceneri, 17 febbraio 2010)

     
    Ecco allora la necessità della conversione. “Convertirsi – avverte il Papa – significa cambiare direzione nel cammino della vita: non, però, con un piccolo aggiustamento, ma con una vera e propria inversione di marcia”:

     
    “Conversione è andare controcorrente, dove la 'corrente' è lo stile di vita superficiale, incoerente ed illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale. Con la conversione, invece, si punta alla misura alta della vita cristiana, ci si affida al Vangelo vivente e personale, che è Cristo Gesù”. (Udienza Generale, 17 febbraio 2010)

     
    Nella prima Domenica di Quaresima, il Pontefice ci invita così ad entrare nel deserto con Gesù e a percorrere con Lui l’itinerario quaresimale. Come Cristo lotta “in prima persona contro il tentatore, fino alla Croce”, è l’esortazione del Papa, anche noi siamo chiamati, “con la grazia di Dio”, a cambiare “ciò che non va” nella nostra vita. La Quaresima, ribadisce ancora, è “come un lungo ‘ritiro’ durante il quale rientrare in se stessi e ascoltare la voce di Dio, per vincere le tentazioni del Maligno”:

     
    “Un tempo di 'agonismo' spirituale da vivere insieme con Gesù, non con orgoglio e presunzione, bensì usando le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza. In questo modo potremo giungere a celebrare la Pasqua in verità, pronti a rinnovare le promesse del nostro Battesimo”. (Angelus, 21 febbraio 2010)

     
    Nella seconda Domenica di Quaresima, in cui la liturgia è dominata dall’episodio della Trasfigurazione del Signore, il Papa si sofferma sul significato di questo avvenimento straordinario. Pietro vorrebbe restare sul monte Tabor, perché "è bello" essere con Lui. Un sentimento, constata il Papa, che “assomiglia spesso al nostro desiderio di fronte alla consolazioni del Signore”:

     
    “Ma la Trasfigurazione ci ricorda che le gioie seminate da Dio nella vita non sono punti di arrivo, ma sono luci che Egli ci dona nel pellegrinaggio terreno, perché ‘Gesù solo’ sia la nostra Legge e la sua Parola sia il criterio che guida la nostra esistenza”. (Angelus, 28 febbraio 2010)

     
    Di qui l’invito a tutti, in questo periodo quaresimale, “a meditare assiduamente il Vangelo”. Esortazione ancor più forte per i sacerdoti, in quest’Anno giubilare a loro dedicato, affinché siano veramente “pervasi dalla Parola di Dio, la conoscano davvero, la amino al punto che essa realmente dia loro vita e formi il loro pensiero”.

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    Udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e alcuni presuli della Conferenza episcopale di Uganda, in visita “ad Limina”.

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    Colletta per la Terra Santa: appello alla solidarietà del cardinale Sandri

    ◊   Le Chiese continuino a mostrare solidarietà concreta alla Terra Santa per permettere ai cristiani di Oriente di custodirne le origini. Così il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella tradizionale Lettera rivolta ai vescovi del mondo, nel periodo quaresimale, che indice la “Colletta per la Terra Santa” del Venerdì Santo. L’esortazione del porporato “trae ispirazione dal pellegrinaggio compiuto ‘sulle orme storiche di Gesù’ da Benedetto XVI nel maggio scorso”. Sottolineando fortemente il problema incessante dell’emigrazione - spiega il cardinale Sandri - Sua Santità ha ricordato che ‘nella Terra Santa c’è posto per tutti!’. Ed ha esortato le autorità a sostenere la presenza cristiana, ma nel contempo ha assicurato ai cristiani di quella Terra la solidarietà della Chiesa”. “Prodighiamoci” allora “instancabilmente – sollecita il porporato - per garantire un futuro ai cristiani là dove apparvero ‘la benignità e l’umanità’ del Nostro Dio e Padre”. “Il Papa – si legge ancora nella Lettera – ha affidato alla Congregazione per le Chiese Orientali il compito di tenere vivo l’interesse per quella Terra benedetta. A Suo nome – conclude il cardinale Sandri - esorto tutti a confermare la solidarietà finora mostrata. I cristiani d’Oriente meritano l’appoggio di tutta la Chiesa”. (R.G.)

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    Corso della Penitenzieria Apostolica per i giovani sacerdoti: intervista con mons. Girotti

    ◊   Inizia oggi pomeriggio a Roma, presso il Palazzo della Cancelleria, il Corso sul “Foro interno” promosso annualmente dal Tribunale della Penitenzieria Apostolica per i giovani sacerdoti. Partecipano circa 700 presbiteri. Introduce i lavori il penitenziere maggiore, l’arcivescovo Fortunato Baldelli. Tra le relazioni pomeridiane, quella del reggente, il vescovo Gianfranco Girotti: tra i temi che saranno affrontati, oltre a quello della crisi del Sacramento della Riconciliazione, situazioni di particolare delicatezza, come quella dei divorziati risposati. Quale deve essere l’atteggiamento dei confessori in questi casi? Sergio Centofanti lo ha chiesto allo stesso mons. Girotti:

    R. – La dottrina e la prassi ufficiale della Chiesa, tutt’ora in atto, cerca di percorrere una via fedele al mandato rivoltole dal suo Signore, che è quello di amministrare il perdono e la misericordia. La Chiesa, anche di fronte a situazioni talvolta delicatissime – i casi dei divorziati risposati – e il Santo Padre ce lo ricorda molto spesso, agisce sempre secondo lo spirito di Gesù che ha compassione dei peccatori, e ricordiamo sempre che “non spezza la canna incrinata e non spegne neanche il lucignolo fumigante”.

     
    D. – Come si deve comportare il confessore quando i divorziati risposati desiderano accedere alla Comunione?

     
    R. – Il confessore è l’amministratore, non è il padrone. E’ l’amministratore di questo ministero. Il confessore, quando non può dare l’assoluzione, dà comunque delle indicazioni, offre dei mezzi per poter rimanere sempre all’interno della Chiesa. La Chiesa non può venir meno al suo mandato, non può nascondere i suoi principi, ma ciò nonostante la Chiesa tiene care queste persone che sono persone che non può abbandonare.

     
    D. – La Chiesa, però, viene accusata in questi casi di essere “priva di misericordia”…

     
    R. – La Chiesa in tutti i suoi interventi, anche recenti, ha assolutamente sempre mostrato quell’attenzione, quella premura, quell’impegno di venire incontro anche a situazioni che umanamente sono così difficili, che sembrerebbero non risolversi. La Chiesa, però, ha sempre un particolare occhio di riguardo, di predilezione e di attenzione verso costoro. La premura che è riservata loro è una premura veramente senza confini.

     
    D. – C’è da ribadire che i divorziati risposati continuano ad appartenere sempre alla Chiesa…

     
    R. – Certo. Anzi, vengono coinvolti nell’impegno ed anche nel servizio della Chiesa. Talvolta ci sono alcune situazioni di persone che hanno subito il divorzio e si trovano poi in una situazione nuova ma loro, personalmente, sono delle persone che hanno la volontà di essere dentro la Chiesa e sono dentro la Chiesa e la Chiesa non le ha mai considerate persone ai margini, anzi, persone da tenere costantemente presenti nella sua pastoralità.

     
    D. – Persone che poi vanno accompagnate dalla Chiesa anche al di là del Sacramento della penitenza…

     
    R. – Indubbiamente. Qui la Chiesa ha una strategia pastorale veramente attenta. La premura che vuole riservare a costoro è veramente una premura degna di ogni attenzione.

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    Mons. Migliore promuove un incontro all'Onu sull'uguaglianza tra uomini e donne

    ◊   Presso la sede delle Nazioni Unite di New York la Missione di Osservazione Permanente della Santa Sede e la Fondazione Path to Peace promuovono un incontro dal titolo “La globalizzazione: ci rende vicini, coglie l’uguaglianza tra uomini e donne. Può anche stabilire la fratellanza? Alla luce dell’Enciclica Caritas in veritate”. L’incontro, che si tiene in concomitanza con la riunione della Commissione sulla condizione delle donne, sarà aperto dall’indirizzo di saluto dell’Osservatore Permanente, l’arcivescovo Celestino Migliore. Seguirà una tavola rotonda, alla quale interverranno il prof. Joseph Stiglitz, docente alla Columbia University, a capo della Commissione dell’Assemblea Generale sulle riforme del sistema economico e finanziario e la prof.ssa Karen Boroff, della Seton Hall University; modererà il dialogo Eugene McCarthy, già funzionario della Banca Mondiale. Le relazioni focalizzeranno in particolare alcune accentuazioni dell’Enciclica, in particolare “la necessità di coniugare economia ed etica - un’etica basata sulla persona - e di potenziare le imprese volte a raggiungere l’umanizzazione del mercato e delle società anche nei Paesi esclusi o emarginati dai circuiti dell’economia globale”. Viene anche richiamata l’importanza di avviare nei Paesi svantaggiati progetti di sussidiarietà “che tendano a potenziare i diritti, prevedendo però sempre anche l'assunzione di corrispettive responsabilità” (Caritas in Veritate n. 45, 47). (M.V.)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Anche nelle sventure e nei lutti c'è un disegno d'amore di Dio: il Papa ricorda che tutti sono chiamati a convertirsi vivendo e pensando secondo il Vangelo.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il massacro nella Nigeria centrale: cinquecento persone uccise in una feroce recrudescenza degli scontri etnici nello Stato di Plateau.

    Come Caterina rimodellò se stessa: in cultura, Alessandra Bartolomei Romagnoli sull'esperienza della maternità spirituale nella santa senese.

    Una piccola serpe d'oro per fermare i capelli e il tempo: Isabella Farinelli su Matilde Lachman Oddi Baglioni e Maria Sticco, due vicende femminili emblematiche e speculari.

    Pio XII difeso dagli archivi: su "la Repubblica".

    La fionda di Davide e le forbici del regista: Emilio Ranzato sulla notte degli Oscar, durante la quale è crollato il gigante d'argilla "Avatar".

    Un articolo di Cristiana Dobner dal titolo "Ludmila e la "pietra" del traduttore: un romanzo sulla vita di Oswald Rufeisen.

    Nell'informazione vaticana, la lettera della Congregazione per le Chiese Orientali in occasione della tradizionale Colletta per la Terra Santa.

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    Oggi in Primo Piano



    Scontri in Nigeria: 500 morti. Mons. Onaiyekan: violenze etniche, non religiose

    ◊   Un imponente schieramento di soldati presidia oggi i villaggi dello Stato di Plateau, nella parte centro settentrionale della Nigeria, teatro nelle ultime ore di violenti scontri che hanno causato almeno 500 morti, secondo un bilancio ancora provvisorio. Le autorità locali hanno arrestato 95 persone in relazione al massacro. Secondo le ricostruzioni dei testimoni, i pastori nomadi di religione musulmana dell'etnia Fulani hanno lanciato un attacco contro i villaggi di Dogo Nahawa, Ratsat e Zot, non distanti dalla capitale dello Stato, Jos, e abitati in prevalenza da contadini di etnia Berom e di religione cristiana. Ce ne parla mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, raggiunto telefonicamente in Nigeria da Giada Aquilino:

    R. – Persone armate, pastori itineranti che seguono il loro bestiame, chiamati Fulani, hanno attaccato il villaggio dell’etnia Berom, composta da agricoltori. Si tratta del classico conflitto tra pastori e agricoltori, solo che i Fulani sono tutti musulmani e i Berom sono tutti cristiani. Facilmente la stampa internazionale è portata a dire che sono i cristiani e i musulmani ad uccidersi. Ma non è questo il caso, perché non si uccide a causa della religione, ma per rivendicazioni sociali, economiche, tribali, culturali. Le vittime sono povera gente che non sa, che non ha niente a che fare con tutto questo e che non ha alcuna colpa. Dal punto di vista della Chiesa, continuiamo a lavorare per promuovere buone relazioni fra cristiani e musulmani e cerchiamo anche di metterci d’accordo nel tentare di domare la violenza e di impegnarci assieme per affrontare i problemi concreti, politici ed etnici. Ci rattrista moltissimo che il governo, che dovrebbe avere il compito di garantire la sicurezza di tutti i cittadini, sembri non avere la capacità di farlo. Non è che non abbia la volontà di farlo, ma è un governo molto debole.

     
    D. – Secondo lei, perché a Jos ci sono queste continue violenze? Non è la prima volta che si verificano tali tensioni...

     
    R. – Perché a Jos i due gruppi si mescolano. La rivalità su chi deve controllare il terreno è molto più forte lì che altrove. Per esempio, i Fulani, che seguono il loro bestiame, li troviamo dappertutto nella Nigeria, ma quando si trovano in altre zone non si dicono padroni della terra. A Jos, invece, pretendono di esserlo. C’è anche un altro aspetto: che i pastori musulmani Fulani sembra che abbiano sempre l’appoggio dei loro fratelli del Nord della Nigeria.

     
    D. – Potrebbero esserci dei legami con il terrorismo internazionale?

     
    R. – Non credo, ma può anche essere che marginalmente ci siano alcuni che hanno qualche contatto; ma in generale non credo che questa sia la realtà. La realtà certamente è che ci sono tante armi che circolano dappertutto. Non dimentichiamo che più a Nord c’è il Darfur, c’è la guerra del Ciad, il Sud Sudan. È molto facile trovare della gente che venga a combattere solo per un pugno di dollari.

     
    D. – Quali sono le speranze della Chiesa?

     
    R. – Preghiamo per la pace, per il buon governo, per la verità. E preghiamo anche che la gente riconosca che l’unico modo di sopravvivere in questo Paese è che ci si riconosca come fratelli e cittadini dello stesso Paese.

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    Alta affluenza alle urne in Iraq: testa a testa tra al Maliki e Allawi

    ◊   Cominciano ad arrivare i primi risultati parziali delle elezioni che si sono svolte ieri in Iraq. Chiara la tendenza: il premier Al Maliki sta dominando nelle regioni sciite mentre il suo rivale Allawi si sta imponendo in quelle sunnite. Decisivo sarà lo spoglio della regione di Baghdad con 68 seggi da assegnare. E’ stata buona l’affluenza nonostante le minacce di al Qaeda e gli attentati che hanno provocato morti e feriti in tutto il Paese. Soddisfazione per l’andamento del voto è stata espressa anche dal presidente americano Obama, che ha lodato il coraggio degli elettori iracheni. Restano alte le preoccupazioni per il futuro dell’Iraq, un Paese ancora caratterizzato da forti tensioni. Stefano Leszczynski ha intervistato Mirella Galletti, docente di Storia dei paesi islamici presso la II Università di Napoli.

    R. – Sicuramente dà adito a nuove speranze sulla normalizzazione dell’Iraq, cioè di un Iraq guidato dal proprio popolo e con il consenso popolare. Il fatto che ci siano tante formazioni rappresenta anche il Paese.

     
    D. – Un elemento particolare di queste elezioni sembra essere stato la forte presenza di candidate donne. E’ una novità, questa, per il Paese?

     
    R. – Non strettamente una novità, nel senso che già per legge il 25 per cento dei seggi deve essere riservato alle donne. Le donne erano già rappresentate nel Parlamento con le elezioni del 2005. Adesso c’è una maggiore partecipazione attiva delle donne.

     
    D. – Tra tutti i candidati è stato espresso il timore che qualcuno non accetti il responso delle urne…

     
    R. – Adesso, intanto, abbiamo ancora l’incognita su quale sarà l'esito delle urne. Bisogna vedere se gli elettori premieranno, o meno, le forze più massimaliste o meno massimaliste del Paese. Dall’altro, però, mi sembra che si evinca anche da tutte le varie dichiarazioni una volontà a non estremizzare la situazione.

     
    D. – Gli Stati Uniti hanno espresso una forte soddisfazione per l’andamento del voto. Questa situazione politica si iscrive nella nuova linea che il presidente Obama sta cercando di dare al processo di democratizzazione in Iraq?

     
    R. – Sicuramente, nell’insieme, il Paese ha tenuto. Gli americani, come presenza, si sono mantenuti in sottordine. Quindi si è visto un Paese iracheno più forte, in grado di camminare sulle proprie gambe. Credo che questo sia un po’ l’auspicio di tutti i democratici del mondo e soprattutto degli Stati Uniti che non vedono l’ora di lasciare l’Iraq sotto il controllo degli iracheni.

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    Migliaia di persone in piazza a Madrid contro la legge sull’aborto

    ◊   Migliaia di persone sono scese in piazza ieri a Madrid per protestare contro la nuova legge votata in ultima lettura a fine febbraio dal Senato spagnolo. La legge attende ora solo la firma di promulgazione di re Juan Carlos di Borbone. Gli organizzatori parlano di centinaia di migliaia di dimostranti sotto le bandiere di 270 associazioni pro vita. Il servizio di Fausta Speranza.

    “Sì alla vita, no all'aborto”: questo il principale slogan di intere famiglie, giovani e anziani, che hanno sfilato insieme con esponenti del principale movimento di opposizione al premier socialista Zapatero, il Partido Popular. Fra i manifestanti anche il socialista cattolico Joaquin Montero, che si è dimesso dal partito di Zapatero dopo l'adozione della legge sull’aborto. Il Pp fa sapere che presenterà un ricorso davanti alla Corte costituzionale. La nuova legge, contro la quale si è pronunciata la Chiesa cattolica spagnola, prevede libera scelta di interruzione della gravidanza da parte della donna fino alla 14/a settimana di gravidanza, facoltà concessa anche alle minorenni fra i 16 e i 18 anni. L'aborto rimane possibile fino alla 22/a settimana, dietro parere medico, in caso di “rischio grave” per la vita o la salute della madre, o di gravi anomalie del feto. Bisogna dire che la normativa precedente consentiva l'aborto in caso di stupro fino alla 12/a settimana, di malformazione del feto fino alla 22ma settimana, o di pericolo per la salute fisica o psichica della madre, senza limiti di tempo.

     
    Per un commento sulla nuova legge sull’aborto, Irene Lagan ha intervistato mons. Ignacio Borreiro, direttore dell’Ufficio romano dell’organizzazione Human Life International:

    R. – Si permette l’aborto fino alla quattordicesima settimana, senza che la donna debba dare ragioni. Quindi, la donna può abortire liberamente fino alla quattordicesima settimana. Inoltre la legge permette l’aborto fino alla ventiduesima settimana di gestazione, in caso di rischio per la vita, per la salute o per malformazioni del bambino in grembo. Ma sappiamo, per la legge preesistente, che ottenere certificati medici che allarghino questa possibilità è molto facile in Spagna. Di fatto, fino alla ventiduesima settimana di gestazione, ci saranno degli aborti e il numero degli aborti in Spagna, dunque, aumenterà in maniera esponenziale. In più, c’è l’aspetto molto grave che minorenni di sedici anni potranno subire un aborto senza il consenso dei genitori.

     
    D. – Ieri, ci sono state dimostrazioni contro questa legge. Cosa vuole la gente spagnola?

     
    R. – Ci sono state parecchie dimostrazioni contro l’iter legislativo di questa legge. Adesso che la legge è stata approvata, quello che chiedono è l’abrogazione di questa legge.

     
    D. – Che influenza ha questa legge sugli altri Paesi?

     
    R. – Chiaramente è una cattiva influenza, perché questa dà un forte appoggio a quanti considerano l’aborto come un diritto della donna. C’è un problema ideologico e molto grave che noi dobbiamo combattere. Dobbiamo testimoniare che mai si può uccidere un bambino nel grembo della madre.

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    Giornata internazionale della donna

    ◊   Si celebra oggi la Giornata internazionale della donna, occasione annuale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche femminili, per ricordare sia le conquiste delle donne che le discriminazioni di cui ancora sono oggetto. A questo proposito un rapporto Onu sullo sviluppo rende noto oggi che fino al 2007, in sette Paesi asiatici, erano quasi 100 milioni le donne considerate “scomparse”, escluse dall’accesso alla salute e all’istruzione, “eliminate” prima della nascita: una strage silenziosa che riguarda soprattutto le bambine. E alle donne del domani guarda anche il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che invita a contrastare l’aborto, gli infanticidi selettivi, il difficile processo dell’integrazione delle giovani immigrate. Quali dunque i motivi per festeggiare la ricorrenza odierna e cosa augurarsi per il futuro? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Adele Ercolano coordinatrice dell’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell’Università Pontificia Regina Apostolorum:

    R. – E’ da festeggiare la maggiore presenza delle donne in tutti gli ambiti professionali della vita pubblica ed anche nei ruoli decisionali all’interno di multinazionali ed anche nelle istituzioni; in secondo luogo direi anche la maggiore consapevolezza delle donne di voler essere loro stesse, di volersi affermare senza perdere la propria femminilità. A livello internazionale direi una maggiore consapevolezza e vitalità delle donne nella lotta per il riconoscimento dei loro diritti. Per quanto riguarda cosa augurarci, sicuramente il superamento di ogni forma di discriminazione, di violenza e sfruttamento della donna nel mondo e la centralità del sostegno alla famiglia e alla maternità. Direi che su questi due beni c'è da lavorare molto.

     
    D. – Ben cinque Premi Nobel sono stati assegnati quest’anno alle donne nel mondo occidentale. Dall’altra figura come Neda in Iran ed Aung San Suu Kyi in Birmania ci ricordano quanto ancora resta da fare. C’è ancora tanta disparità nel riconoscimento della figura femminile?

     
    R. – Ci sono ancora molte criticità da superare sia in Occidente che nelle altre parti del mondo, dove le donne continuano ad essere – ahimè – discriminate o sottovalutate per il solo fatto di essere donne. Anche se pure lì c’è soprattutto una presa di coscienza della necessità di una legittimazione dei loro diritti e lottano, in questo senso, per un cambiamento culturale significativo. L’assegnazione dei Premi Nobel alle donne rappresenta un riconoscimento ufficiale alle potenzialità delle donne. C’è, però, anche da sottolineare che le donne - dal ‘900 in poi - hanno sempre dato importanti contributi nell’ambito accademico-scientifico. Il problema storico è sempre stato quello del mancato riconoscimento del lavoro svolto. Sicuramente l’assegnazione è frutto di un cambiamento culturale in atto.

     
    D. – Su tematiche particolari, quali invece l’educazione, la famiglia e la bioetica, è cambiato qualcosa nel ruolo della donna, a suo parere?

     
    R. – La donna ha tanto da dare in questi ambiti come umanizzatrice ovvero come custode dell’umanità, della vita e della dignità. Credo che abbia e che debba sempre avere un ruolo fondamentale proprio per proteggere la vita dall’inizio alla fine.

     
    D. – Nella società odierna si può ancora dire che la donna sia portatrice di valori umani ed anche culturali unici ed insostituibili?

     
    R. – La donna è per sua natura portatrice dei valori umani ed ha quindi una concezione molto forte della dignità e pone particolare attenzione allo sviluppo integrale di ogni essere umano. Quando mette in atto le sue capacità tipicamente femminili, c’è un valore aggiunto.

     
    D. – In rapporto, invece, alla Chiesa e alla luce del Pontificato attuale, quello di Benedetto XVI, a suo parere qual è il ruolo assegnato alla donna?

     
    R. – In particolare Benedetto XVI sottolinea l’urgenza proprio di un contributo delle donne nella Chiesa. Sicuramente molto importante è sottolineare, anzi proprio un segnale positivo, anche di innovazione, che al recente Sinodo dei vescovi siano state presenti 10 donne fra gli esperti e 19 uditrici. Questo dato è un dato molto significativo e dimostra come la si voglia introdurre ampiamente nella vita della Chiesa.

     
    Le donne sono spesso le prime alle quali si nega il rispetto dei diritti umani, che la comunità internazionale riconosce come basilari per ogni persona. Di tante forme di violazione dei diritti viene fatta continua denuncia. Non si parla mai del rapporto tra donna e libertà religiosa, anche se spesso le donne sono le prime a soffrire per non poter dare testimonianza della loro fede dal momento che per attitudine sono spesso le più attive nell’ambito di ogni forma di educazione. Abbiamo raccolto la testimonianza di una donna medico che ha vissuto in Polonia sotto il regime socialista per 30 anni. Si chiama Anna Fratta ed è da anni legata al Movimento dei Focolari. Nell’intervista di Fausta Speranza racconta la sofferenza provata, ma anche la particolare esperienza di fede che ha vissuto sotto un regime che negava la dimensione religiosa:

    R. – C’è la sofferenza perché la libertà - e non solo quella religiosa - è un valore fondamentale per l’essere umano, ma c’è poi anche la sofferenza dovuta a quel sentirsi costrette, in un certo modo, ad un certo stile di vita che non si vorrebbe. Io ho vissuto 30 anni sotto il regime socialista in Polonia – dal ’62 al ’92, fino cioè alla caduta del Muro – e di questa esperienza posso dire che la religiosità è amare e se si ama veramente, si è liberi, quasi non si sente la non-libertà, proprio perché si ama tutti e ci si fa uno con tutti, ma mantenendo la propria identità di cristiani. Io le posso raccontare una mia esperienza vissuta nel mio posto di lavoro in ospedale, dove c’era il segretario del Partito, che era praticamente la persona più importante dell’istituzione, che era una dottoressa e che sapeva che io ero cristiana, che ero credente e che ero coerente con la mia fede. Ricordo che una volta siamo andate insieme in macchina ad un congresso e lei, indicandomi un edificio, mi ha detto: “Sa, quella è la scuola del Partito. Lei potrebbe seguire questa scuola, perché sarebbe un bravo leader del Partito…”. Ma io le ho risposto: “Guardi, io sono cristiana. Vedo, apprezzo e valorizzo alcuni valori che voi avete, ma io sono cristiana e non potrei mai far parte del Partito”. Dopo questo, siamo diventate ancora più amiche.

     
    D. – La libertà religiosa dunque è alla base dei diritti fondamentali...

     
    R. – Certo, perché noi siamo esseri umani e siamo stati creati da Dio e, quindi, si tratta di una cosa insita nella natura umana. La religiosità è un qualcosa di insito nella natura umana. Certamente negarla porta anche la sofferenza: io sono stata in Polonia durante tutto il periodo di Solidarnosc e c’era la sofferenza, perché non c’era la libertà e non soltanto quella religiosa. C’era sofferenza perché quello della libertà è un valore fondamentale nell’uomo. Io credo, però, che se si pongono gli uomini nella condizione di amare, se si aiutano ad amare, questo li rende liberi. La mia esperienza, fatta con migliaia di persone oltrecortina, rappresenta un altro tipo di lotta: è la lotta della carità, che disarma in un certo senso. Non si va contro, ma si va incontro per amare e questo porta anche a capirci di più. Noi abbiamo vissuto - come Movimento dei Focolari - nel periodo del regime socialista e dalla ex Ddr: siamo arrivati fino in Siberia, ma portando sempre la consapevolezza dell’esser liberi interiormente, di amare Dio e di amare Gesù nel fratello. Allora la sofferenza non è soltanto Gesù Crocifisso ed abbandonato, ma è un Gesù già Risorto.

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    Memoria di San Giovanni di Dio. Mons. Zimowski in visita al Fatebenefratelli di Roma

    ◊   “La Chiesa deve essere un segno di riconciliazione e di comunione, una presenza viva della carità di Dio… Questo attendono da noi i poveri, gli ammalati e gli emarginati: una Chiesa che vive le opere di misericordia a tutti i livelli. Tanto più che noi portiamo il peso storico di una Chiesa che porta con sé il fallimento di non aver vissuto prima di tutto la carità”: è quanto ha detto stamani mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio degli Operatori Sanitari, in visita all’ospedale Fatebenefratelli dell’isola Tiberina, a Roma. Nel giorno in cui si celebra la memoria di San Giovanni di Dio, il presule ha presieduto una Messa nell’antica chiesa dedicata a San Giovanni Calibita ricordando quanto il fondatore dei Fatebenefratelli ci tenesse a sottolineare che “la carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole”. Ricordando che San Giovanni di Dio viene “definito modello di evangelizzazione in campo sanitario e ritenuto un modello di apostolato tra i malati”, mons. Zimowski ha aggiunto che “questo Santo ha vissuto in tempi molto interessanti per la Chiesa, ma anche molto difficili. Basta ricordare le persone che, volendo riformare la Chiesa, l’hanno invece ferita gravemente. Questa ferita si avverte ancora oggi nella Chiesa, nonostante i tentativi di ecumenismo e riconciliazione”. “Molte cose ha il mondo e la nostra società che non chiederà mai più alla Chiesa: né scienza, né tecnica, né arte, né politica, né economia – ha detto poi il presidente del Pontificio Consiglio degli Operatori Sanitari - ma qualcosa di definitivo per il senso della vita non ha la società e lo chiede e lo attende dalla Chiesa. L’amore di Cristo, la comunione, la riconciliazione, la vera pace dei cuori. Noi – ha concluso il presule – dobbiamo essere per la società e per il mondo questo dono, questa presenza come buoni samaritani”. Ma in che modo oggi i fatebenefratelli proseguono l’opera da buon samaritano del loro fondatore? E come è arrivato San Giovanni di Dio alla fondazione di ospedali? Tiziana Campisi lo ha chiesto a fra Gian Carlo Lapic’, segretario del padre generale dell’Ordine dei Fatebenefratelli:

    R. – San Giovanni di Dio è una figura del XVI secolo. Persona piuttosto inquieta, fino al punto della conversione, quando ascolta la predica del grande San Giovanni d’Avila, l’apostolo dell’Andalusia, e si converte profondamente. Possiamo dire che per noi sono questi due gli eventi che segnano la sua vita: la conversione e una spropositata reazione, che viene vista come una malattia mentale, per cui viene ricoverato nell’ospedale reale di Granada. Questa esperienza lo segna profondamente e lì finalmente capisce quale strada intraprendere, dove lo chiama il Signore, tanto che uscendo dall’ospedale, disse: “Io vorrei fondare un posto dove assistere questi poveri malati come voglio”.

     
    D. – Come avete attualizzato la spiritualità di San Giovanni di Dio?

     
    R. – Noi assistiamo e serviamo la Chiesa attraverso il nostro carisma dell’ospitalità, cioè il mandato fondamentale dell’Ordine: evangelizzazione del mondo della sofferenza. E il mezzo con cui facciamo questo, lo strumento - se possiamo chiamarlo così - è l’ospitalità, cioè l’assistenza diretta alle persone sofferenti, come segno di quel Dio misericordioso da cui San Giovanni di Dio si è sentito amato e perdonato. Per cui la presenza, presso coloro che sono nel bisogno, deve manifestare sempre questo amore misericordioso di Dio.

     
    D. – Voi raccogliete l’eredità di San Giovanni di Dio e la fate fruttificare giorno per giorno. Ma cosa dice San Giovanni di Dio all’uomo comune?

     
    R. – Anzitutto che la persona bisognosa, il fratello che si trova nella sofferenza, non può essere lasciato a se stesso. L’uomo bisognoso ha il diritto di essere aiutato, c’è il dovere di stargli accanto. Viviamo in una società in cui questi valori vengono sempre meno e la persona sofferente viene vissuta con un certo disagio, con una certa difficoltà. San Giovanni di Dio era sensibile verso qualsiasi forma di carità, cioè verso qualsiasi forma di bisogno dell’uomo, non soltanto fisico – la malattia e la povertà – ma era sensibile anche verso le povertà che chiamiamo disagio sociale, verso le prostitute, i poveri, gli abbandonati. Nei confronti di qualsiasi bisogno, lui non rimaneva indifferente, cercava di dare una risposta, di porre rimedio. Per cui, animato da questa fede, da questa esperienza di amore, di perdono, che Dio ha assunto nei suoi confronti, lui comunque si spendeva senza nessuna riserva nei confronti di qualsiasi e qualunque persona si presentasse lungo la strada della sua vita.

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    Notte degli Oscar: miglior film "The Hurt Locker" sulla guerra in Iraq

    ◊   Assegnati nella notte a Los Angeles, nel corso di una confusa cerimonia presentata distrattamente da Steve Martin e Alec Baldwin, i Premi Oscar 2010: scelte assolutamente non scontate che, volutamente ignorando il favorito Avatar, hanno privilegiato la donna e la maternità, l’infanzia e la violenza, la società e la guerra. Un cinema dai linguaggi poco convenzionali, meno soggetto al solo richiamo commerciale e più attento ai contenuti, alla realtà, al nostro tempo. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Una notte degli Oscar partita alla pari con nove candidature ciascuno tra il film super-campione di spesa e d’incassi Avatar di James Cameron e The Hurt Locker, diretto dalla ex-moglie Kathryn Bigelow, ambientato non sul lontano pianeta Pandora, ma a Baghdad, nel più vicino Iraq. Il primo è il super grande sconfitto con soli tre Oscar nelle categorie minori, mentre lei è la prima donna nella storia del cinema a vincere l’agognata statuetta come regista, cui si è aggiunta anche quella per il miglior film. Una vittoria, dunque, femminile, accolta con una standing ovation, per un film che racconta una guerra vera, con morti veri e sangue vero, seguendo le giornate di una squadra speciale addetta allo sminamento. Insomma, è il riconoscimento massimo per una donna di cinema che è stata capace di raccontare la guerra con grande cura dell’analisi psicologica ed empatia nel tratteggio emotivo. Poco amato dal grande pubblico e piuttosto ignorato dalla critica, The Hurt Locker è stato, invece, segnalato da quella cattolica alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2008, dove ha ricevuto il Premio Signis e il premio la Navicella - Venezia Cinema.

     
    Altre violenze sono quelle intime, nascoste e altrettanto socialmente devastanti, di Precious dell’afro-americano Lee Daniels, titolo che ha vinto un meritato Oscar per la sceneggiatura non originale. E’ la terribile storia di una ragazzina obesa di sedici anni violentata dal padre, madre di un bambino down avuto da lui e sottoposta alle angherie di una madre aggressiva e gelosa, ruolo quest’ultimo che ha fatto vincere all’attrice di colore Mo’Nique l’Oscar come non protagonista. Un film sicuramente coraggioso e poco commerciale, come lo è The Blinde Side con il quale Sandra Bullock ha vinto il suo primo Oscar come migliore attrice protagonista, anche lei impegnata nel ruolo di una madre, ma questa volta di grande caparbietà e coraggio. Qualità che non mancano al carismatico Jeff Bridges, alla sua quinta nomination e finalmente Oscar come miglior attore protagonista per Crazy Heart. E’ un cuore davvero pazzo quello del cantante country alcolizzato che lui interpreta, mentre sul viale del tramonto inizia, grazie all’amore, un doloroso e difficile percorso di redenzione.

     
    Infine, c’è il caso di Up della Disney che segna anch’esso una svolta. Per la prima volta, infatti, un cartone animato affronta temi seri, ossia la sterilità di una sposa, la morte di una persona cara, la solitudine di chi rimane. E’ un bellissimo film per l’infanzia, che nella fantasia tridimensionale della favola pone anche ai piccoli una serie di problemi inevitabili, quelli che punteggiano la vita man mano che si invecchia. Porta così la filosofia nell’animazione, come ha affermato il suo creatore Pete Docter nel prendere in mano la sua statuetta dorata, anch’essa questa volta assegnata dai membri della famosa Academy, come tutte le altre, con una scelta singolare, per nulla scontata e che onora il buon cinema.

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    Chiesa e Società



    L’impegno della Chiesa per le donne indiane

    ◊   In occasione dei 100 anni dell’istituzione della Giornata internazionale della donna, che ricorre oggi, la Conferenza dei vescovi cattolici indiani (Cbci) ha ricordato la pari dignità delle donne nella Chiesa e nella società”. Mons. Albert D’Souza, arcivescovo di Agra e segretario generale della Cbci, ha spiegato in esclusiva all'agenzia AsiaNews il ruolo sempre maggiore che la donna assume nella società indiana e l’impegno della Chiesa contro le discriminazioni. Mons. D’Souza ricorda come “la Chiesa indiana sia stata benedetta del dono di due donne molto importanti, Sant’Alfonsa e la Beata Madre Teresa di Calcutta, che sono un chiaro esempio del ruolo delle donne. D’altra parte l’India ha un presidente donna e donne quali leader o responsabili in molti ambiti. E’ triste che le donne appartenenti a gruppi emarginati, come dalit, tribali, caste inferiori e minoranze, subiscano ancora di più le discriminazioni che colpiscono questi gruppi, a causa di povertà, malattie, scarse possibilità di accesso all’istruzione, mancanza di igiene e di acqua potabile. La Chiesa indiana provvede, con le proprie risorse, a fornire aiuto per l’istruzione, la sanità e le condizioni sociali di queste donne, per eliminare le discriminazioni e per consentire loro di accedere alle migliori opportunità sociali. La Chiesa ha guidato varie iniziative per portare cambiamenti positivi nella situazione di vita di donne e ragazze. Dai primi missionari cristiani, che hanno sottolineato l’importanza di un’istruzione uguale per bambini e bambine, e attraverso i molteplici interventi nei campi dell’istruzione, la sanità, la sicurezza sociale e nel processo per consentire alle donne di organizzarsi, la Chiesa cattolica ha avuto un ruolo prominente nel miglioramento dello status della donna”. “Oggi, Giornata della donna, la Chiesa indiana proseguirà nell’opera di ispirare, motivare, organizzare e verificare la situazione della donna nella Società e nella Chiesa. Possa Maria - conclude mons. D'Souza - Madre nostra, modello e guida, guidarci ad essere veri discepoli di suo Figlio, per realizzare il Suo Regno nella nostra amata madreterra India”. (R.P.)

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    Eurostat: la crisi economica colpisce più gli uomini che le donne

    ◊   “Nel corso dell’ultimo decennio la disoccupazione è sempre stata più elevata per le donne rispetto agli uomini, ma dal maggio 2009 la situazione è mutata nell’Ue27”, tanto che “nel gennaio 2010 si è registrato un tasso di senza lavoro del 9,3% per le donne e del 9,7% per gli uomini”. È uno degli effetti della recessione in corso: “La crisi ha colpito settori come quello delle costruzioni o dell’industria manifatturiera con una maggiore presenza di lavoratori maschi”. Il dato è contenuto nello studio effettuato da Eurostat - ripreso dall'agenzia Sir - in occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna. L’Istituto statistico dell’Unione europea rivela, ad esempio, che la speranza di vita media alla nascita nell’Ue27 è di 82,2 anni per le donne e di 76,1 per gli uomini, con uno scarto di oltre 6 anni. Ma la situazione è molto differente da Paese a Paese: “Il più ampio scarto si registra in Lituania, dove la speranza di vita è di 77,6 anni per le femmine e di 66,3 per gli uomini”. Gli scarti minori si verificano nei Paesi del nord Europa, come Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito. Eurostat stima inoltre che “nel 2030 la speranza di vita media alla nascita sarà per le donne di 85,3 anni e di 80,0 anni per gli uomini”. L’allungamento della vita media dovrebbe portare, nei prossimi 20 anni, le donne con oltre 65 anni di età da un quinto a un quarto della popolazione totale. L’analisi demografica e sociale effettuata da Eurostat per l’8 marzo rivela che le donne complessivamente utilizzano meno internet rispetto agli uomini. “Nel 2009 più della metà delle donne (55%) nell’Ue27, di età compresa fra i 16 e i 74 anni, ha usato internet per inviare o ricevere delle e-mail, contro il 60% degli uomini”. Il tasso più elevato per le donne è rilevato in Svezia (83%), nei Paesi Bassi (82%) e in Danimarca (80%); quello più basso, inferiore al 35%, appare invece in Italia, Grecia, Bulgaria e Romania. Una percentuale maggiore di uomini (35%) utilizza invece internet per leggere i giornali rispetto alle donne (27). Per quanto riguarda le operazioni bancarie via web, il tasso per le donne è del 30%, mentre per gli uomini è del 35%. È infine uguale il dato relativo all’utilizzo di internet per la scelta del posto di lavoro: per cercare impiego o inviare curriculum, utilizzano la rete il 15% degli uomini e delle donne. (R.P.)

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    Colombia: la Giornata della donna ricorda quanti hanno contribuito all’indipendenza del Paese

    ◊   In Colombia la Giornata internazionale della donna acquista quest’anno un valore speciale perché nella nazione, come in altri paesi dell'America Latina, si ricorda e commemora il bicentenario dell’Indipendenza. Con una specifica Campagna, la “Commissione Vita, Giustizia e Pace” del Segretariato nazionale della Pastorale Sociale, vuole ricordare le donne che hanno ricoperto un ruolo importante per conquistare la libertà della Colombia. Sono quindi proposte all’attenzione generale - riferisce l'agenzia Fides - donne simbolo del periodo dell’indipendenza e degli ultimi 200 anni di storia della Colombia, mettendo in luce alcune di loro che, partendo da una profonda convinzione della loro fede, hanno trovato la ragione e la forza di lottare per la libertà. Per questa Campagna è stato anche preparato un opuscolo che presenta quattro temi: L'indipendenza con il volto di donna; Continuano a vivere in schiavitù; L'apertura di nuovi spazi; Tutte e tutti verso la costruzione della pace. Per questa speciale occasione, mons. Jaime Prieto Amaya, Vescovo di Cucuta, ha pubblicato una lettera-comunicato che raccoglie i sentimenti della Chiesa cattolica nei confronti della donna. Vengono ricordati gli ultimi fatti di cronaca che hanno colpito l’opinione pubblica del Paese, quindi i risultati di due rapporti importanti: il “IX rapporto della violenza socio-politica contro le donne, le giovani e i bambini in Colombia” e “La discriminazione lavorativa ha il volto di donna” che affrontano la realtà della situazione in Colombia. Quindi la lettera presenta la proposta della Chiesa in modo concreto: “La Chiesa ha una proposta seria per la società e un progetto per tutti i suoi figli e figlie, per i suoi fedeli. La proposta, il progetto della Chiesa, non crea divisioni antagonistiche tra maschio e femmina. I due sono insieme nella costruzione del presente e del futuro della società. La proposta è formulata partendo dai valori insostituibili per la Chiesa e per la società come la famiglia e la maternità, che non impedisce la loro partecipazione attiva in altri. (R.P.)

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    Cile: Messa del cardinale Errázuriz per le vittime del terremoto

    ◊   Ieri, l’arcivescovo di Santiago del Cile, cardinale Francisco Javier Errázuriz, ha presieduto una celebrazione eucaristica per ricordare le vittime del terremoto e maremoto, che il 27 febbraio scorso ha seminato, in una vasta regione del Paese, morte e devastazione. “Per noi, adesso - ha rilevato nella sua omelia il porporato - è l’ora del dolore, ma anche della solidarietà e della conversione”. Insieme con l’arcivescovo hanno celebrato altri sacerdoti tra cui mons. Andrés Arteaga, vescovo ausiliare, e mons. Cristián Precht, vicario responsabile della “Misión Continental” e il padre Joaquín Alliende, autore dell’iniziativa “Il Vangelo del Cile”. “Vogliamo affidare alla misericordia del Signore, in un modo speciale tutte le persone che sono morte a causa della tragedia che ha colpito la nostra patria”, ha detto il cardinale per poi sottolineare: “Vogliamo anche ringraziare il Signore” per la sua “vicinanza a ciascuno di noi e per la sua solidarietà”. Al momento della lettura delle Sacre Scritture è stato portato all’altare il “Vangelo del Cile” che, com’è noto, in questo caso è un testo manoscritto con il contributo di 8 mila persone, tra cui - per primo - Benedetto XVI, con il quale i cileni hanno aperto le celebrazioni del bicentenario dell’indipendenza nazionale. L’arcivescovo della capitale, che giorni fa ha ricevuto la visita del presidente uscente, Michelle Bachelet, e del presidente eletto Sebastián Piñera, che volevano ringraziare la sollecitudine del Papa e l’opera della Chiesa locale, ha ribadito a più riprese la “vicinanza della comunità ecclesiale a tutte le persone che piangono la scomparsa di parenti”, “la distruzione della casa”, “la perdita dei beni personali e del lavoro”: “tutte lacerazioni che ci fanno sentire veramente in un momento di lutto nazionale”, ha aggiunto. Come giorni fa avevano già sottolineato i vescovi con un comunicato dell’Episcopato, il cardinale Francisco Javier Errázuriz ha ribadito l’importanza dell’unità nazionale in un momento come questo che vive la nazione cilena e perciò ha elogiato la signora Bachelet e il signor Piñera che si sono stretti attorno alla bandiera del Cile in un abbraccio ideale, che simboleggia l’unione e la solidarietà tra tutti i cittadini senza nessuna eccezione. “E’ proprio il momento di dire: benedetto sia Dio!”, ha esclamato il porporato che prima di concludere ha ringraziato il lavoro volontario e disinteressato di migliaia di cileni, tra cui i membri delle Forze armate, dei Vigili del fuoco, delle Università, del settore privato e dell’Amministrazione statale. Il Vangelo della terza domenica di Quaresima, ha concluso il cardinale, ci “pone molte domande” e ci offre anche molte risposte: “Dio non è Dio dei morti. Lui è il Dio dei vivi”. I vivi devono saper “leggere i segni dei tempi e quindi, “leggere i segni di questa tragedia per sentire nel fondo del proprio cuore l’unico appello importante: convertirsi per vivere. Dobbiamo rivolgere i nostri cuori a Dio, fonte di ogni vita, di amore e di pace; rivolgere il nostro cuore ai fratelli, poiché nel loro volto ci parla Cristo”. (A cura di Luis Badilla)

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    Incontro in Turchia delle Chiese europee. La solidarietà per i terremotati

    ◊   I cristiani in Europa sono chiamati ad affrontare la grande sfida delle migrazioni mantenendo un approccio equilibrato tra giustizia e carità. Lo ha detto questa mattina ad Istanbul il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee aprendo l’incontro annuale del Comitato Congiunto Kek-Ccee dedicato tra l’altro anche al tema delle migrazioni. Un fenomeno – ha detto il cardinale “importante per tutti i Paesi europei” e “particolarmente carico di sfide per i cristiani e, oserei dire, anche per l’ecumenismo”. L’arcivescovo - riferisce l'agenzia Sir - ha quindi aggiunto: ”La giustizia e la carità sono le linee direttrici di tutto il comportamento sociale, soprattutto di quello dei cristiani. Deve essere riconosciuta ovunque la dignità personale di tutti, anche degli immigrati illegali. Ciò non significa l’abolizione di tutta la regolamentazione giuridica nell’ambito delle migrazioni. Deve essere tutelato allo stesso tempo anche l’ordine legale di tutti i Paesi”. “La legalità e la giustizia quindi da una parte, il riconoscimento doveroso e assoluto della dignità umana di tutti e la misericordia verso i più bisognosi dall’altra, formano un insieme organico”. “Le migrazioni, inoltre – ha proseguito il cardinale Erdő - fanno arrivare tra l’altro popolazioni cristiane di confessioni diverse”. Questa presenza – ha detto il presidente del Ccee – “deve essere per tutti noi un richiamo per approfondire il dialogo e cercare l’unità dei cristiani”. Uno sprone a vivere “un vero e sincero ecumenismo senza relativismo o proselitismo”. Significativa in questo senso è la possibilità di usare luoghi di culto offerta dai vescovi cattolici specie dell’Europa occidentale, ai migranti cristiani, specialmente ortodossi e cattolici di rito orientale. “La carità – ha commentato l’arcivescovo - deve avere sempre la precedenza nel dialogo ecumenico e potrà avere anche delle risposte nella stessa carità cristiana nei Paesi dove invece i cattolici si trovano in posizione di immigranti o di diaspora. Questa reciproca accoglienza tra fratelli cristiani è segno dell’amore di Dio e porta una grande speranza per tutti”. E’ la prima volta che il Ccee incontra il presidente neo eletto della Kek, il metropolita Emmanuel di Francia, del Patriarcato Ecumenico. “La salutiamo – ha detto il card. Erdő - nella Sua nuova funzione con sincera gioia e grande soddisfazione. Stia sicuro che i vescovi cattolici ed in particolare il Ccee, sono disponibili a continuare a fare quanto è di loro competenza per promuovere il bene di tutti e l’unità dei cristiani. Abbiamo, infatti una grande sfida comune: portare Dio nella vita dell’Europa”. Il Comitato congiunto ha espresso oggi la solidarietà e la preghiera di tutte le Chiese cristiane in Europa al governo della Turchia e alle persone che sono state colpite nella notte dal terremoto. (R.P.)

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    Pakistan: nuove indagini sugli attacchi anticristiani di Gojra e Korian

    ◊   Il governo della regione del Punjab, nel Pakistan orientale, ha ordinato una nuova e più approfondita indagine sugli attacchi anticristiani di Gojra e Korian, avvenuti nell’estate del 2009, che hanno causato la morte di 9 cristiani e la distruzione di chiese, case e proprietà. “E’ un buon segnale per riportare alla luce la verità e combattere l’impunità”, ha commentato all’agenzia Fides Francis Mehboob Sada, responsabile del Christian Study Center a Rawalpindi, centro ecumenico di studi e di promozione dei diritti delle minoranze cristiane. “I colpevoli degli attacchi sono ancora impuniti. Il governo era rimasto silente fino ad oggi, e più volte avevamo manifestato il nostro disappunto per questo atteggiamento. Speriamo che le nuove indagini possano far luce sui gravi episodi e riportare giustizia. Le false accuse di blasfemia continuano a fare danni nel Paese”, ha rimarcato Francis Mehboob Sada. Le violenze su cui la polizia sarà chiamata a indagare risalgono all’estate 2009: il 30 luglio scorso nel villaggio di Korian, in Punjab, durante un matrimonio, circa quaranta proprietà e famiglie cristiane, accusate di violazione delle leggi sulla blasfemia, sono state attaccate da alcuni militanti islamici. Oltre 57 case sono state bruciate, alcune chiese del villaggio profanate e devastate. Il 1° agosto, a Gojra, una folla inferocita ha assediato l’area residenziale e appiccato il fuoco a case e persone cristiane, accusate di blasfemia. Nove fra donne e bambini, impossibilitati a scappare o a nascondersi, sono stati bruciati vivi. Responsabile del gesto è un’organizzazione militante già bandita dal governo. Secondo fonti locali, “prove circostanziali hanno messo in luce il ruolo di copertura giocato dalla polizia e dall’amministrazione locale”. Un’altra notizia ha però turbato in questi giorni la comunità cristiana in Pakistan: secondo quanto riferiscono sempre all’agenzia Fides fonti locali, la polizia di Karachi ha arrestato cinque cristiani e ne ha indagati circa 40 per le violenze e i disordini avvenuti di recente a Karachi. “Si tratta di un'accusa paradossale”, commentano le fonti di Fides, dato che “in quell’occasione, il quartiere cristiano di Pahar Ganj a Karachi, è stato attaccato da una folla di musulmani che hanno portato scompiglio per le strade e bruciato negozi”. (R.P.)

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    India: incontro sulle persecuzioni anticristiane

    ◊   “Durante l’ultima ondata di violenza anticristiana, i fanatici indù hanno prima distrutto la chiesa del nostro villaggio, poi hanno bruciato completamente le case dei cristiani e distrutto col fuoco qualsiasi cosa ci fosse dentro. Quindi hanno iniziato a cercare noi cristiani per ucciderci. Per salvarci siamo dovuti fuggire nella foresta e fino alle colline e restare nascosti”. Lazara Digal, unico figlio del pastore cristiano Biswanath Digal del villaggio Ladapadar, nel distretto Kandhamal in Orissa, trucidato in quei giorni, ricorda l’orrore delle ultime violenze anticristiane e punta il dito contro le autorità assenti. 95 cristiani vittime di persecuzioni - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno partecipato la settimana scorsa al 5° Incontro sulla persecuzione nazionale, a Bangalore, organizzato dal Consiglio globale degli indiani cristiani (Gcic) con l’intervento di oltre 250 gruppi cristiani e non. Una speciale menzione è stata resa a Kaunri Digal, vedova del pastore ucciso. “Siamo rimasti nascosti per 10 giorni – prosegue Lazara Digal - senza cibo e sotto una pioggia battente. C’erano circa 20 famiglie, potevano solo piangere e pregare Dio. Dopo 10 giorni abbiamo saputo che erano arrivate le forze dell’ordine. Allora siamo tornati. La polizia ci ha assicurato che ci avrebbe protetti, se tornavamo al villaggio. Nelle case, nel villaggio non era rimasto nulla, nemmeno riso a sufficienza per sfamarci, nemmeno era possibile riprendere il normale lavoro. Così in molti abbiamo deciso di andare a Bhunaneswar o a Cuttack, per trovare lavoro e guadagnare di che vivere. Ma i nostri genitori sono rimasti al villaggio. Nel giugno scorso mio padre, il pastore Biswanath Digal, è stato attaccato da alcuni estremisti indù, colpito con bastori ed è morto dopo qualche giorno a casa di un parente perchè la nostra casa era stata distrutta nel corso delle violenze anticristiane. Per la perdita di mio padre, mia madre ha avuto una paralisi che non le permette di camminare". Sajan K. George, presidente Gcic, nel saluto ai partecipanti all’incontro di Bangalore ha ricordato come “il nostro Paese sia fondato sul riconoscimento che ogni essere umano ha diritti inalienabili per diritto di nascita. Ma le minoranze cristiane subiscono discriminazioni in ogni ambito. La Costituzione indiana garantisce la libertà religiosa. Ciò nonostante, nel 2009 ci sono state 177 brutali aggressioni contro i cristiani”. L’incontro si doveva concludere con una marcia di protesta fino al municipio di Bangalore, ma non è stata autorizzata. (R.P.)

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    In Malaysia la Chiesa accoglie le scuse di un giornale musulmano: incidente chiuso

    ◊   Il mensile musulmano 'Al Islam' ha presentato le scuse ufficiali alla Chiesa cattolica malaysiana per il servizio offensivo e il comportamento sacrilego di due suoi giornalisti. L’arcivescovo di Kuala Lumpur, mons. Murphy Pakiam, ha accolto con favore il gesto, proclamando concluso lo spiacevole episodio: è quanto l’agenzia Fides apprende da fonti della Chiesa malaysiana, che registrano “con soddisfazione la conclusione pacifica di una vicenda incresciosa, che poteva portare altra tensione interreligiosa e disarmonia nella società malaysiana”. 'Al Islam' aveva pubblicato nel maggio 2009 un servizio giornalistico offensivo verso la Chiesa cattolica, e due suoi giornalisti, per realizzarlo, avevano anche profanato l’Eucarestia. La Chiesa aveva chiesto un passo indietro del giornale. La rivista ha espresso sul suo sito web il disappunto e le scuse “per aver ferito in modo non intenzionale i sentimenti dei cristiani, specialmente dei cattolici”. Il giornale spiega che il servizio voleva indagare “casi di apostasia” e che i due reporter non volevano “deridere o profanare la fede cristiana”, assicurando che “incidenti di tal genere non accadranno più”. Le scuse saranno pubblicate anche sull’edizione stampata del mensile, nel numero di aprile. “Sono molto felice che i due giornalisti e il direttore di 'Al Islam' ci abbiano presentato le scuse ufficiali. Le accettiamo e confermiamo che non promuoveremo alcuna azione legale per questa vicenda”, afferma l’arcivescovo. La Chiesa cattolica chiude volentieri questo spiacevole episodio, con “un saluto di pace alla rivista” e “una benedizione per la nazione”. Al Islam è un giornale edito da una Fondazione politicamente vicina all’Umno (United Malays National Organization), il partito attualmente al governo, a maggioranza musulmana e malay. Secondo fonti locali “il gesto delle scuse è stato appoggiato dal governo”, e molti sperano che la “ricomposizione serva anche a sbloccare il dialogo fra Chiesa e governo, ancora aperto per la questione dell’uso del termine Allah per i cristiani”. (R.P.)

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    La Chiesa filippina condanna la campagna governativa per i preservativi nella lotta all’Aids

    ◊   Dura condanna della Chiesa nelle Filippine contro la campagna governativa, pubblicizzata su tv, radio e giornali per favorire l’uso dei preservativi allo scopo di prevenire la diffusione dell’Aids. I vescovi filippini e le organizzazioni pro-life criticano aspramente l’utilizzo dei soldi pubblici per sovvenzionare l’iniziativa, che prevede anche la distribuzione gratuita di preservativi in alcuni quartieri di Manila. Vi sono infatti bisogni primari, come cibo, medicine educazione e lavoro, cui far fronte economicamente, ha dichiarato ad Asianews mons. Nereo Odchimar, presidente della Conferenza episcopale filippina. “Per di più – ha osservato il presule - è ingiusto che le tasse dei cittadini, incluse quelle dei cattolici, siano utilizzate per iniziative che vanno contro la morale”. Ammonisce la Chiesa che innumerevoli sono i rischi che possono investire le coscienze dei giovani, che hanno invece bisogno della guida morale e sessuale dei propri genitori, indeboliti nel proprio insostituibile ruolo. La castità e la fedeltà sono i valori che i presuli filippini propongono al governo come rimedi nella lotta contro l’Aids. Già da diversi anni nelle scuole filippine viene proposto il Natural Family Program, sostenuto da Chiesa e organizzazioni pro-life per orientare i giovani verso una vita sessuale responsabile e cosciente, basata sui valori del cristianesimo e per rendere loro noti i rischi del sesso libero e dell’uso dei contraccettivi. Nonostante le stime di contagio del virus siano in aumento, le Filippine rappresentano il Paese con uno dei più bassi tassi di contagio dell’Asia. Da quanto viene riportato su Asianews, “nel 2008 il Paese ha registrato circa 9 mila infettati (0,1% della popolazione) e 308 decessi”. (C.F.)

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    Zimbabwe: il morbillo continua a colpire la metà dei distretti del Paese

    ◊   Un’epidemia di morbillo ha colpito 28 dei 62 distretti dello Zimbabwe e ancora si sta diffondendo, anche perchè gli sforzi per vaccinare le persone vengono ostacolati dalle credenze religiose. Secondo l’ultimo bollettino epidemiologico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), dall’inizio dell’epidemia, nel mese di ottobre 2009, sono stati registrati circa 1.200 casi sospetti, di cui 221 confermati e 50 morti. L’Unicef insieme ad altre organizzazioni impegnate nel settore sanitario, hanno intrapreso un programma di vaccinazioni intensive. La campagna punta a tutti i bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 14 anni. Nella parte orientale dello Zimbabwe, nel solo distretto di Buhera della Provincia di Manicaland, sono stati già vaccinati oltre 25 mila bambini. Adesso l’organizzazione è impegnata in una campagna porta a porta per mettere in risalto l’importanza della vaccinazione dei bambini, sebbene la strategia sia rivolta anche verso la reticenza di quelli che rifiutano i vaccini per motivi di credo religioso. L’epidemia di morbillo ha colpito anche un gruppo di famiglie appartenenti alla “Johanne Marange Apostolic Church” nella zona di Nzvimbe, a circa 70 km dalla città di Mutare, al confine con il Mozambico. Gli anziani della chiesa non permettono le vaccinazioni e per i loro seguaci preferiscono rimedi come spruzzare l’acqua santa sui malati. Nei rapporti si legge che 30 persone appartenenti a gruppi religiosi, prevalentemente bambini, sono morti a causa del morbillo, sebbene il numero possa essere più alto a causa della pratica del Vapostori, cioè delle “sepolture accelerate”. Nello Zimbabwe i bambini ricevono la prima vaccinazione contro il morbillo a nove mesi dalla nascita e la seconda somministrazione a 18 mesi. I sintomi della malattia compaiono di solito da 8 a 12 giorni dopo l’infezione e comprendono febbre alta, occhi iniettati di sangue, macchie bianche minuscole all’interno della bocca. Ogni anno questa malattia causa centinaia di migliaia di morti tra i bambini nei Paesi in via di sviluppo. (R.P.)

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    Africa orientale: vittime a causa del maltempo

    ◊   Piogge torrenziali ancora in corso in Africa orientale stanno causando vittime e disagi con pesanti conseguenze sul comparto agro-zootecnico della regione. Il fatto più grave resta quello avvenuto in Uganda, dove una frana ha travolto tre villaggi dell’area di Bududa, causando la scorsa settimana la morte di circa 400 persone. Sul posto, per ordine del presidente Yoweri Museveni, è ancora presente l’esercito che sta continuando a scavare per recuperare i corpi delle vittime. Il rischio di frane e smottamenti - riferisce l'agenzia Misna - ha costretto al trasferimento di 2600 famiglie anche nel confinante Kenya, come riferito dalla Croce Rossa. Secondo la stessa organizzazione almeno 11 persone hanno perso la vita annegate. L’area più colpita dal maltempo sembra essere il distretto di Nandi, nella Rift Valley, dove le operazioni di soccorso sono state rese più difficili per il crollo di una quindicina di ponti e l’impraticabilità delle strade. In centinaia sono stati sfollati anche nei distretti di Mandera e Turkana. Per queste province il governo di Nairobi ha dichiarato lo stato di allerta inviando gruppi di soccorso nelle zone più a rischio frana. Le piogge stanno avendo ripercussioni sul comprato turistico, limitando in particolare l’afflusso di turisti verso riserve e parchi nazionali. Più grave l’impatto su agricoltura e allevamento anche in Somalia e nella regione semiautonoma del Somalilad dove migliaia di capi di bestiame sono andati persi. (R.P.)

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    I vescovi austriaci chiedono verità e giustizia per le vittime degli abusi sessuali

    ◊   Abusi sessuali, immigrazione e asilo, giustizia sociale, sono alcuni dei temi affrontati dai vescovi austriaci riuniti a St. Pölten in Assemblea plenaria la settimana scorsa. In particolare nel documento finale - di cui riferisce l'agenzia Sir - i presuli chiedono verità e giustizia per le vittime degli abusi sessuali. “Le ferite causate” da questo reato – si legge nel testo - “sono particolarmente gravi laddove esista un forte rapporto di fiducia: nella famiglia e nella Chiesa. I casi di abuso sessuale nella Chiesa e nella società sono stati spesso taciuti. Per questi accadimenti non può che esserci pentimento, richiesta di perdono e sforzo per guarire le ferite. Ciò vale in particolar modo per la Chiesa”, sottolineano i vescovi austriaci, esprimendo "grande rispetto per chi è disposto a parlare delle proprie esperienze di abuso sessuale in ambienti ecclesiastici”, così come la “comprensione per coloro il cui dolore, paura o rabbia sono ancora troppo grandi per poter raccontare dell'abuso. Purtroppo, in passato, nella Chiesa i colpevoli sono stati a torto protetti più delle vittime stesse. Con vergogna e tristezza, i vescovi constatano che solo negli ultimi anni, nella Chiesa austriaca si è fatta strada la consapevolezza che in caso di accuse di abuso niente conta quanto la verità, l’unica che renda liberi. Solo la verità e la giustizia possono contribuire a sanare le ferite subite”, proseguono i vescovi che “invitano tutti coloro che abbiano subito abusi a rivolgersi agli appositi centri antiabuso delle diocesi, in cui troveranno un ambiente protetto e riservato per poter parlare”. Nel documento si ricordano le misure contro gli abusi, adottate negli ultimi 15 anni dalle diocesi. “La preoccupazione per le vittime deve essere al primo posto”, ribadiscono i presuli, indicando alcuni aspetti in cui apportare miglioramenti, prendendo ad esempio la disciplina dei casi di abuso applicata dall'arcidiocesi di Vienna. Si sottolinea inoltre la necessità di promuovere "la consapevolezza e la prevenzione” per impedire il ripetersi dei casi. “L'abuso sessuale è un lato oscuro dell’intera società”, dichiarano i vescovi, respingendo generalizzazioni contro "sacerdoti, collaboratori ecclesiastici o la Chiesa nel suo complesso”. “I vescovi sanno che la Chiesa è chiamata giustamente a rispondere ad aspettative etiche elevate. A maggior ragione, i vescovi intendono far fronte alla propria responsabilità e a collaborare nella società, per impedire gli abusi sessuali con una prevenzione migliore e guarire le ferite arrecate”, conclude il documento. (R.G.)

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    Olanda: domani riunione dei vescovi. Si parlerà anche dei casi di abusi

    ◊   Dopo l’appello lanciato alla fine di febbraio sono arrivate, ad oggi, 160 segnalazioni di possibili abusi sessuali all’interno di istituzioni della Chiesa cattolica nei Paesi Bassi, secondo quanto afferma Maria ter Steed, segretaria di Hulp & Recht (Aiuto e Diritto), l’associazione istituita nel 1995 dai vescovi olandesi per fornire assistenza alle vittime di abusi sessuali di sacerdoti, suore e operatori pastorali. Della questione si è occupata, il 7 marzo la trasmissione televisiva Kruispunkt. I casi di abuso accertati, attualmente tre, - riferisce l'agenzia Sir - hanno riguardato il periodo tra il 1950 e il 1970. Dopo le prime denunce di abuso sessuale da parte dei Padri salesiani in un collegio a Heerenberg, i media hanno riportato diversi nuovi casi di possibili abusi sessuali compiuti dal clero nella seconda metà del secolo scorso. Monsignor van Luyn, vescovo di Rotterdam, salesiano, si è detto scioccato dalla notizia dei possibili abusi e ha sollecitato un’inchiesta. Le segnalazioni all’associazione Hulp & Recht possono essere inviate via posta, via mail e via telefono. Domani si riunirà la Conferenza episcopale olandese per discutere della questione. (R.P.)

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    Ecuador: incontro pro vita a Santiago de Guayaquil con la consacrazione delle donne incinte

    ◊   Madri, donne incinte e famiglie: protagoniste nella Plaza San Francisco, a Santiago de Guayaquil, in Ecuador, sabato 27 marzo, per il "IV Incontro per la Vita", di cui riferisce l'agenzia Fides. Manifestazione organizzata dalla "Casa della Vita" (Cdv) insieme all’arcidiocesi. All'incontro festoso in piazza seguirà un momento di preghiera nella cattedrale cittadina, dove l’arcivescovo mons. Antonio Arregui, consacrerà alla Madonna le donne ‘in attesa’ e i bambini nel loro grembo. "L'iniziativa mira ad elevare la partoriente e ad esaltare il valore della vita del bambino", ha spiegato padre Paulino Toral, direttore della Cdv. "Il nostro messaggio è Pro-maternità e Pro-vita. Cerchiamo di coinvolgere la famiglia, i giovani e i medici a valorizzare il ruolo della madre in gravidanza e della vita umana, dal momento del concepimento" ha aggiunto. L’iniziativa è nata nel novembre 2005, ricorda padre Toral, quando nel tempio di Urdesa è stata collocata l'immagine della Vergine Maria con una peculiarità: la Madre del Redentore è incinta. Per il fatto di essere in “stato di attesa” l’abbiamo chiamata 'Maria della Buena Esperanza'. Così l’abbiamo proposta come modello e patrona delle mamme in attesa, ed è sorta spontaneamente una grande devozione". (R.G.)

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    L’invito in tutto il mondo a proporre progetti artistico-culturali per la Gmg di Madrid

    ◊   “La fede può esprimersi anche attraverso attività artistiche e culturali”, questo l’invito del Comitato organizzatore spagnolo per l’attesa Giornata mondiale della Gioventù, che si celebrerà dal 16 al 21 agosto 2011 a Madrid. Accanto all’aspetto liturgico e religioso tutti i soggetti - Conferenze episcopali, diocesi, movimenti, congregazioni e Istituti di vita consacrata, Università, parrocchie - sono infatti invitati a dare il proprio contributo culturale per la preparazione dell’evento. Sarà così dato spazio non solo alla storia e alla cultura della Spagna ma anche a tante altre realtà che potranno far sentire la propria voce mediante proposte che entro il 30 settembre dovranno pervenire all’indirizzo di posta elettronica cultura@jmj2011madrid.com . Un vero e proprio progetto dettagliato andrà stilato e dovrà ispirarsi a temi concernenti le virtù cristiane di fede, speranza e carità; proposte che promuovano la dignità e la bellezza dell’amore umano, l’impegno per la costruzione di una società più giusta, l’amore per la libertà vera e la responsabilità del singolo. Il tutto nel rispetto di un linguaggio che sia accessibile a persone di culture differenti, all’insegna della qualità artistica e che ricalchi sempre il tema della Giornata, "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede". Come sottolinea il sito ufficiale italiano della Giornata Mondiale della Gioventù (www.gmg2011.it), lo stesso logo dell’autore Josè Gil-Nogués è emblema di “giovani di tutto il mondo che si uniscono per celebrare la propria fede accanto al Papa, ai piedi della Croce, e formano la corona della Vergine di Almudena”. “Nella corona – spiega l’artista – spicca la “M” di Maria, iniziale anche di Madrid, luogo dell’incontro”. Dei simboli che ricordano il verso, monfortiano “Ad Jesum per Mariam”: bisogna andare a Cristo per salvarsi e Maria rimane la guida per eccellenza, Colei che era sotto la Croce, luogo e segno di salvezza universale. (C.F.)

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    Presentato in Vaticano un documentario sul cardinale Massaja

    ◊   “Un santo sociale in trasferta in Vaticano”. Padre Mario Durando, Provinciale dei cappuccini del Piemonte e presidente di Nova-T, ha commentato così la proiezione del documentario “Un illustre conosciuto”, dedicato alla figura del cardinale cappuccino Guglielmo Massaja, avvenuta ieri pomeriggio in Vaticano ed organizzata dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Il documentario è stato prodotto dai Frati cappuccini del Piemonte in occasione delle iniziative per il bicentenario della nascita di questo loro confratello che è stato uno “straordinario esempio di missionario e di francescano”, come ha notato il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio. Il documentario è stato realizzato dalla Nova-T, il centro di produzioni televisive e multimediali delle Province cappuccine italiane. Alla proiezione, organizzata dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, erano presenti, tra gli altri, il cardinale Tarcisio Bertone, il cardinale Achille Silvestrini, il cardinale Saraiva Martins, mons. Eterovic, padre Lombardi. Presente anche il postulatore generale dei cappuccini padre Florio Tessari che segue la causa di beatificazione di Massaja. Ieri è stato presentato anche il film "Guerra alla guerra", prodotto nel 1948 dal Centro Cattolico Cinematografico con la sceneggiatura di Diego Fabbri e Cesare Zavattini e recentemente restaurato dalla filmoteca Vaticana. (R.P.)

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    “Scoprire l’informazione”: quattro incontri pubblici promossi da Comune di Roma e Fnsi
     

    ◊   Proseguono a Roma con successo di pubblico gli incontri proposti nell’ambito della manifestazione "Scoprire l'informazione", organizzata da Comune di Roma e Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi), in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma. Dalla Radio alla Televisione, dalla Carta stampata ai nuovi Media: quattro gli appuntamenti proposti la domenica mattina, alle ore 11, per parlare con i professionisti dell’informazione di un mestiere cha cambia ogni giorno. Sede d’eccezione l’Auditorium dell’Ara Pacis, con l’intento di aprire gli spazi museali ad iniziative culturali in grado di appassionare e coinvolgere le più svariate tipologie di pubblico. “E’ infatti estremamente utile – commenta il presidente della Fnsi, Roberto Natale, che tra giornalismo ed istituzioni si instaurino rapporti virtuosi che abbiano come fine l'approfondimento del sistema della comunicazione per i giovani, per l'opinione pubblica in generale ma anche per lo stesso mondo dei giornalisti che sempre di più devono accettare un sano ritorno tra la gente proponendo spunti di interpretazione della realtà". “Al centro dei dibattiti – informa una nota - sono i temi che coinvolgono l’opinione pubblica sia chi - con i mezzi che ha a disposizione - crea in questa, giudizi, prese di posizione, distacco o morbosità. I detentori dell'informazione si raccontano e raccontano la loro stessa informazione al pubblico presente nell'Auditorium a seconda del mezzo usato e dell'ascoltatore di riferimento: le immagini a volte cruente della tv, il senso nostalgico di una radio ormai in linea con i tempi, lo sguardo rivolto al futuro dei new media o l'evocazione magica delle parole scritte su un quotidiano”. Dopo il primo incontro del 28 febbraio dedicato alla Televisione, presenti Mimosa Martini (TG5) e Riccardo Iacona (Rai Tre), moderati da Roberto Natale (presidente Fnsi), si è parlato ieri della Radio con Roberta Gisotti, nostra collega della Radio Vaticana e Marino Sinibaldi (Radio Tre), moderati da Mario Morcellini (preside Facoltà Scienze della Comunicazione Università La Sapienza Roma). Seguirà domenica prossima 14 marzo l’incontro dedicato ai nuovi Media con Eugenio Occorsio (Affari e Finanza - La Repubblica), Giampaolo Rossi (RaiNet), Luca Tremolada (Nova – Il Sole 24 ore), moderati da Mario Schintu (direttore Dipartimento Comunicazione Comune di Roma). Ultimo appuntamento domenica 21 marzo per dibattere su Quotidiani e periodici con Norma Rangeri (Manifesto) e Marcello Veneziani, moderati da Franco Siddi, segretario generale Fnsi. Prima degli incontri la proiezione del documentario "Cent'anni di giornalismo" a cura di Silvana Palumbieri, prodotto da Rai Teche per la Fnsi, fondata nel 1908. Una storia intrecciata alle grandi vicende del Paese, passando attraverso il fascismo, il dopoguerra, le battaglie contro la mafia, la lotta al terrorismo, le concentrazioni editoriali, le grandi rivoluzioni tecnologiche che hanno investito giornali, radio, tv e internet, le sfide per la libertà di stampa.

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    24 Ore nel Mondo



    Terremoto in Turchia: oltre 50 le vittime

    ◊   Una forte scossa di terremoto di magnitudo 6 sulla scala Richter è stata avvertita nella notte nella provincia di Elazig, nell’est della Turchia. Al momento sono 57 le vittime accertate e una cinquantina i feriti. L'epicentro del sisma è stato localizzato a Karakocan e i villaggi più colpiti sono stati Okcular e Yukari Kanatli. Secondo il governatore locale, la zona è stata già raggiunta dalle squadre di soccorso che stanno scavando tra le macerie in cerca di sopravvissuti. La "Mezzaluna Rossa" ha inviato sul posto 500 tende e numerosi generi alimentari. “L’area colpita – ha riferito all'agenzia Sir, mons. Luigi Padovese, presidente della Conferenza episcopale della Turchia – è una zona di antica presenza cristiana”. Sulla situazione, Debora Donnini ha raggiunto telefonicamente in Turchia Rinaldo Marmara, direttore della Caritas Turchia e portavoce della Conferenza episcopale turca:

    R. – E’ una regione nel sud-est della Turchia, una zona curda. Ora, in seguito al terremoto, è stata chiusa dai militari e solo la "Mezzaluna Rossa" è potuta entrare. Le ricerche continuano per salvare le persone sotto le macerie.

    D. – Come si sta organizzando la macchina degli aiuti, e voi, come Caritas Turchia, cosa state pensando di fare? Siete già arrivati sul posto?

     
    R. – No, per adesso abbiamo telefonato e ci hanno detto di aspettare, perché solo la "Mezzaluna Rossa" è potuta entrare in questa zona. Aspettiamo che ci dicano di cosa hanno bisogno.

     
    D. – Voi però state organizzando degli aiuti?

     
    R. – Certo. Per esempio, so che hanno bisogno del macchinario per alzare le macerie. Certo, per noi, mandare un macchinario del genere è un po’ difficile. Ho sentito che avevano bisogno di acqua potabile e forse ci sarà bisogno anche di tende, di coperte... In una zona terremotata potrebbero verificarsi, da un minuto all’altro, altre scosse. Quindi, noi come Caritas, siamo pronti a cercare di portare il nostro aiuto. Chiediamo anche all’Europa di sostenere sempre la Caritas in Turchia.

    Cile-terremoto
    Dopo il devastante terremoto che ha colpito il Cile lo scorso 27 febbraio, ora si pensa alla ricostruzione. Secondo il ministro dei lavori pubblici, Sergio Bitar, serviranno 1,2 miliardi di dollari per i primi interventi d’emergenza come la sistemazione delle strade, dei ponti e dei canali di acqua potabile. Si calcola che 500 mila edifici siano stati danneggiati o distrutti dal terremoto. Intanto da ieri il Paese è in lutto, bandiere a mezz'asta sono state collocate in tutti gli angoli delle città. L'ultimo bilancio del governo è di 452 morti ma almeno altre 271 persone sono ancora disperse.

    Pakistan-cronaca
    E’ salito a 13 vittime e 60 feriti il bilancio dell’esplosione di un’autobomba oggi a Lahore, in Pakistan. L’attacco, rivendicato dai talebani, è avvenuto nei pressi dell’Agenzia federale investigativa. La potente deflagrazione ha provocato il cedimento di diversi edifici. Intanto fonti dell’intelligence di Islamabad hanno smentito l’arresto a Karachi di Adam Gadahn, il cittadino americano considerato portavoce di Al Qaeda. Su Gadahn, accusato di alto tradimento, l’Fbi ha messo una taglia da un milione di dollari.

    Afghanistan-violenza
    Violenza in Afghanistan. Un commando di talebani ha fatto irruzione in un palazzo governativo a Khost, nel sudest del Paese. Alcuni testimoni hanno riferito di aver sentito un’esplosione. Ieri, nella provincia nord-occidentale afghana di Badghis, una decina di civili e tre agenti della polizia avevano perso la vita in due distinti attacchi. E oggi a sorpresa è giunto in Afghanistan, il segretario alla Difesa americano, Robert Gates. Sembra invece saltato l’incontro a Kabul tra il presidente afghano Karzai e quello iraniano Ahmadinejad. Il colloquio tra i due capi di Stato dovrebbe tenersi mercoledì.

    Medio Oriente-colloqui di pace
    Importante passo in avanti nei colloqui di pace tra israeliani e palestinesi. Ieri, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) ha detto sì a 4 mesi di negoziati indiretti con Israele. A fare da tramite saranno gli Stati Uniti. Lo Stato ebraico aveva già dato il suo via libera, anche se considera questa mediazione un passo indietro rispetto ai colloqui diretti avuti in passato. Oggi in Israele è atteso il vicepresidente americano Joe Biden. Intanto, è stata annunciata la costruzione di 112 nuovi alloggi in un insediamento ebraico nella colonia di Beitar Illit, in Cisgiordania. Una decisione che contrasta con la moratoria dello scorso anno che prevedeva il congelamento parziale delle nuove costruzioni.

    Myanmar-elezioni
    Sono state promulgate dalla Giunta militare birmana le leggi che regoleranno le elezioni nel Paese. Domani – fanno sapere i media governativi – saranno resi noti i dettagli. Ancora non è certa la data dello scrutinio che arriva a distanza di 20 anni dall’ultima consultazione vinta dalla Lega Nazionale per la Democrazia, il partito del premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, oggi agli arresti domiciliari. La leader dell’opposizione ha trascorso 14 degli ultimi 20 anni in stato di fermo.

    Togo-presidenziali
    In Togo, l’opposizione contesta il risultato delle presidenziali del 4 marzo scorso che ha decretato la vittoria del presidente Gnassingbè, con oltre il 60% dei voti. "L’Unione delle forze di cambiamento", il partito del candidato sconfitto, Jean-Pierre Fabre, ha lanciato un appello alla resistenza e ha annunciato una marcia di protesta in programma domani per le strade della capitale Lomè.

    Grecia-crisi economica
    Proseguono le agitazioni sindacali in Grecia dopo il pacchetto di misure anticrisi varato dal governo. Oggi incrociano le braccia doganieri, studenti e insegnanti ma anche i dipendenti dei tribunali. Intanto, prosegue il tour mondiale del premier greco, Georges Papandreu, in cerca di sostegno internazionale per far fronte alla grave crisi economico-finanziaria. Oggi è negli Stati Uniti, dove incontrerà il presidente Obama e il segretario di Stato, Hillary Clinton. Ieri tappa a Parigi e colloquio con il presidente francese, Nicolas Sarkozy, che ha assicurato pieno sostegno da parte dei Paesi dell’Eurozona. Intanto, la Banca Centrale Greca ha escluso aiuti esterni per far fronte alla crisi.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 67

     
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