Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 07/03/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI nella parrocchia romana di San Giovanni della Croce: non aspettate altri messaggi, fatevi voi stessi missionari di Cristo
  • L'Angelus del Papa: Dio non vuole il male ma se permette la sofferenza è per un bene più grande
  • La visita ad Limina dei vescovi ugandesi. Mons. Franzelli: la vera sfida nel Paese è ricostruire i cuori feriti da oltre 20 anni di conflitto interno
  • Oggi in Primo Piano

  • Elezioni insanguinate in Iraq: decine di morti in vari attentati
  • Il fronte della Chiesa guatemalteca contro il potere dilagante della corruzione e della violenza. La testimonianza di padre Pasquale Miniero
  • La difficile conquista della parità uomo-donna in Bangladesh, terra dove persistono forti discriminazioni. Intervista con Licia Ronzulli
  • La rubrica dell'Anno Sacerdotale racconta la storia di padre Giorgio Licini, missionario del Pime che vive in Papua Nuova Guinea
  • Chiesa e Società

  • India: i vescovi accanto ai dalit cristiani e islamici per la parità dei diritti
  • India: un successo le celebrazione dei Tamil per la festa di Sant’Antonio
  • Filippine: nuove speranze per la pace nel Mindanao
  • Comece: presto una direttiva per promuovere il riposo domenicale
  • Ecuador: le future mamme consacrate a “Maria della Buena Esperanza”
  • Egitto: a Minia la prima comunità per l’inserimento nel lavoro dei disabili
  • Spagna: migliaia di pellegrini in marcia verso il Castello di San Francesco Saverio
  • Sacerdoti di Hong Kong in pellegrinaggio in Francia
  • Caritas Internationalis schierata accanto ai migranti che lavorano
  • India: il movimento cristiano Dimension compie quattro anni
  • Burkina Faso: un festival cinematografico per raccontare le donne africane
  • Il vescovo dell’Aquila: “Chiesa impegnata per ridare speranza alla città”
  • Dopo i restauri torna a splendere la "Madonna del Rifugio" di Giotto
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il presidente afgano Karzai visita la città di Marjha e chiede il sostegno delle tribù locali
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI nella parrocchia romana di San Giovanni della Croce: non aspettate altri messaggi, fatevi voi stessi missionari di Cristo

    ◊   Superare la “pigrizia spirituale” per essere quelle “pietre vive” che sanno annunciare e radicare in ogni ambiente quotidiano il messaggio di Gesù. E’ l’esortazione che Benedetto XVI ha rivolto alla folla di fedeli della parrocchia romana di San Giovanni della Croce, visitata questa mattina. Il Papa vi ha presieduto la celebrazione della Messa, alla presenza del cardinale vicario, Agostino Vallini, e si è poi intrattenuto con i membri del Consiglio parrocchiale, prima di rientrare in Vaticano. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Al centro della Chiesa o nelle periferie della fede, l’attendismo non può far parte del Dna di un cristiano. E’ lui che deve vivere il Vangelo con dinamismo, portarlo a chi non lo conosce, senza aspettare che siano altri a portargli “altri messaggi” che però “non conducono alla vita”. Con queste parole Benedetto XVI tocca il cuore delle centinaia di fedeli che dalle prime ore di questa mattina hanno affollato l’interno e l’esterno della parrocchia romana di San Giovanni della Croce a Colle Salario, pavesata a festa. Una chiesa incastonata in un tessuto urbano di tremila famiglie, alle quali ben presto si aggiungeranno altre di un nuovo quartiere, affidate alla cura di don Enrico Gemma e dei suoi collaboratori. E dunque una realtà, ha sollecitato il Papa all’omelia, che ha bisogno della linfa vitale dei laici, chiamati a essere “responsabili” e maturi nella loro vocazione:

     
    “Carissime famiglie cristiane, carissimi giovani che abitate in questo quartiere e che frequentate la parrocchia, lasciatevi sempre più coinvolgere dal desiderio di annunciare a tutti il Vangelo di Gesù Cristo. Non aspettate che altri vengano a portarvi altri messaggi, che non conducono alla vita, ma fatevi voi stessi missionari di Cristo per i fratelli, dove vivono, lavorano, studiano o soltanto trascorrono il tempo libero. Avviate anche qui una capillare e organica pastorale vocazionale, fatta di educazione delle famiglie e dei giovani alla preghiera e a vivere la vita come un dono che proviene da Dio”.

     
    (canto)

     
    Benedetto XVI, con indosso i paramenti viola del tempo di Quaresima, aveva fatto ingresso nella chiesa capitolina verso le 9.30, dopo essersi intrattenuto diversi minuti a salutare i molti fedeli assiepati in due ali al di fuori del portone parrocchiale. E proprio la liturgia quaresimale gli aveva suggerito una prima considerazione, in particolare il brano del Vangelo che vede Gesù commentare due tragici fatti di cronaca – l’esecuzione di criminali e il crollo di una torre – per poi provocare interiormente i discepoli sul significato della conversione che salva, ha detto il Pontefice, da un altro tipo di morte, “quella dell’anima”:

     
    “In Quaresima, ciascuno di noi è invitato da Dio a dare una svolta alla propria esistenza pensando e vivendo secondo il Vangelo, correggendo qualcosa nel proprio modo di pregare, di agire, di lavorare e nelle relazioni con gli altri. Gesù ci rivolge questo appello non con una severità fine a se stessa, ma proprio perché è preoccupato del nostro bene, della nostra felicità, della nostra salvezza. Da parte nostra, dobbiamo rispondergli con un sincero sforzo interiore, chiedendogli di farci capire in quali punti in particolare dobbiamo convertirci”.

     
    Il Papa ha apprezzato, della giovane comunità parrocchiale, l’apertura da sempre manifestata ai Movimenti ecclesiali, che ha consentito di maturare, ha constatato, “una più ampia coscienza di Chiesa”. E si è congratulato per il diffuso spirito di carità grazie al quale, attraverso gruppi come la Caritas o quello di Sant’Egidio, si provvede alle esigenze del territorio, specie delle famiglie più povere. Uno spirito, ha osservato Benedetto XVI, fiorito dai primi tempi della parrocchia, nata nel 1989, quando la provvisorietà dei pochi mezzi a disposizione ha reso più solida la fiducia nella provvidenza e nei valori della fede:

     
    “La mia visita desidera incoraggiarvi a realizzare sempre meglio quella Chiesa di pietre vive che siete voi. So che l’esperienza dei primi dodici anni ha segnato uno stile di vita che tuttora permane. La mancanza di strutture adeguate e di tradizioni consolidate vi ha spinto, infatti, ad affidarvi alla forza della Parola di Dio, che è stata lampada nel cammino e ha portato frutti concreti di conversione, di partecipazione ai Sacramenti, specie all’Eucaristia domenicale, e di servizio. Vi esorto ora a fare di questa Chiesa un luogo in cui si impara sempre meglio ad ascoltare il Signore che ci parla nelle sacre Scritture”.

     
    La festa riservata al Papa è proseguita al termine della Messa, quando Benedetto XVI si è spostato in una sala parrocchiale dove ha salutato i membri del Consiglio parrocchiale:

     
    “Cari fratelli e sorelle, di tutto cuore dico grazie per questa bella esperienza pre-pasquale che mi avete donato con questa domenica mattina (...)Vi prego di continuare in questo senso, a costruire sempre la Chiesa di pietre vive e così essere anche un centro di irradiazione della Parola Dio nel nostro mondo che ha talmente bisogno di questa Parola, della vita che viene da Dio (….) Grazie per tutto il vostro lavoro, vi auguro (…) ulteriori progressi spirituali (…) Grazie a tutti voi, buona Pasqua!”.

     
    Quindi, il congedo, passando ancora una volta per il caldo abbraccio della folla che lo attendeva all’esterno:

     (acclamazioni e applausi)

    inizio pagina

    L'Angelus del Papa: Dio non vuole il male ma se permette la sofferenza è per un bene più grande

    ◊   Il Papa, dopo la visita in parrocchia, è rientrato in Vaticano dove a mezzogiorno ha presieduto, dalla finestra del suo studio privato, la preghiera mariana dell’Angelus. Riprendendo le letture proposte dall’odierna liturgia, ha affermato che Dio è buono, non vuole il male e se permette la sofferenza è per un bene più grande. Migliaia i pellegrini giunti in Piazza San Pietro da tutto il mondo per partecipare all’Angelus. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il Papa all’Angelus offre ulteriori spunti di riflessione sulle letture domenicali. Commentando l’epifania divina nel roveto ardente, ricorda come Dio inviti Mosè a prendere coscienza della sua indegnità. Ma se quella di Mosè è un’esperienza straordinaria, “Dio – aggiunge - si manifesta in diversi modi anche nella vita di ciascuno di noi”:

     
    “Per poter riconoscere la sua presenza è però necessario che ci accostiamo a lui consapevoli della nostra miseria e con profondo rispetto. Diversamente ci rendiamo incapaci di incontrarlo e di entrare in comunione con Lui. Come scrive l’apostolo Paolo, anche questa vicenda è raccontata per nostro ammonimento: essa ci ricorda che Dio si rivela non a quanti sono pervasi da sufficienza e leggerezza, ma a chi è povero ed umile davanti a Lui”.

     
    Riprende quindi i fatti drammatici raccontati dal Vangelo odierno, l’uccisione di alcuni Galilei per ordine di Ponzio Pilato e il crollo di una torre su alcuni passanti. “Di fronte alla facile conclusione di considerare il male come effetto della punizione divina – rileva - Gesù restituisce la vera immagine di Dio, che è buono e non può volere il male”. Anzi “mettendo in guardia dal pensare che le sventure siano l’effetto immediato delle colpe personali di chi le subisce” invita “a fare una lettura diversa di quei fatti, collocandoli nella prospettiva della conversione:

     
    “Le sventure, gli eventi luttuosi, non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio, e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare vita. Di fronte al peccato, Dio si rivela pieno di misericordia e non manca di richiamare i peccatori ad evitare il male, a crescere nel suo amore e ad aiutare concretamente il prossimo in necessità, per vivere la gioia della grazia e non andare incontro alla morte eterna”.

     
    “La possibilità di conversione - prosegue il Papa - esige che impariamo a leggere i fatti della vita nella prospettiva della fede, animati cioè dal santo timore di Dio. In presenza di sofferenze e lutti, vera saggezza è lasciarsi interpellare dalla precarietà dell’esistenza…”:

     
    “…e leggere la storia umana con gli occhi di Dio, il quale, volendo sempre e solo il bene dei suoi figli, per un disegno imperscrutabile del suo amore, talora permette che siano provati dal dolore per condurli a un bene più grande”.

     
    Al termine dell’Angelus il Papa si è rivolto ai pellegrini francesi esprimendo la propria vicinanza a quanti hanno sofferto a causa della recente tempesta che ha causato in Francia decine di vittime:

     
    “Que la Vierge Marie aide toutes les familles…”“Che la Vergine Maria – ha concluso – aiuti tutte le famiglie, soprattutto quelle che sono nella difficoltà, perché non disperino mai dell’amore del suo Figlio!”.

    inizio pagina

    La visita ad Limina dei vescovi ugandesi. Mons. Franzelli: la vera sfida nel Paese è ricostruire i cuori feriti da oltre 20 anni di conflitto interno

    ◊   Uno Stato che vive sperequazioni sociali, che in alcune regioni ha vissuto per oltre vent’anni dolorosi conflitti e ora è in cerca di riconciliazione, dove c’è tanto da ricostruire e l’economia è da riavviare. È l’Uganda, i cui vescovi sono in questi giorni in Vaticano per la visita ad Limina. Al microfono di Tiziana Campisi il vescovo di Lira, mons. Giuseppe Franzelli, descrive il suo incontro con il Papa e la realtà ugandese:

    R. – E' stato un incontro molto bello con un Papa attento, oltre che molto accogliente, desideroso di ascoltare ed anche molto informato di quella che è la realtà locale. Le sue osservazioni sono puntuali, così come le sue domande sono puntuali: Pietro che accoglie un fratello e che è interessato a mantenere questo legame di unione, questa comunione che ci fa tutti membri di una sola famiglia, la grande famiglia di Dio, che è la Chiesa in Africa.

     
    D. – Voi vescovi dell’Uganda che realtà avete presentato al Papa?

     
    R. – La realtà di una società e di una nazione che vive al suo interno grandi contraddizioni, caratterizzata da un fenomeno molto grande di povertà, che diventa addirittura miseria, con alcuni che hanno moltissimo, anzi troppo, ed altri che hanno poco o nulla. Una società ferita, specialmente per quanto riguarda la zona del nord, in cui io lavoro: stiamo infatti uscendo ora dal tunnel di questi 20-23 anni di guerriglia dell’Esercito di resistenza del signore, e dove bambini, uomini e donne hanno visto con i loro occhi, hanno subito e, alle volte hanno anche loro stessi praticato, la violenza e l’hanno respirata per 20 anni. E’ una società che ha veramente bisogno di una evangelizzazione, di una buona notizia, la più profonda, che tocchi il cuore delle persone e faccia riscoprire che siamo tutti fratelli, perché c’è un altro sangue – quello di Cristo – che ci unisce, che va al di là e che è più forte del legame naturale della tribù, del partito di appartenenza o della classe sociale. Si tratta di affrontare la sfida di una ricostruzione, che non è soltanto quella economica e materiale – quindi di case, di istituzioni distrutte – di un’economia che non ha prodotto, perché la gente era nei campi di sfollamento, ma quella di una ricostruzione e di una guarigione spirituale. E’ qui che il Vangelo diventa più che mai attuale ed urgente.

     
    D. – In che modo si inserisce la Chiesa in questa realtà?

     
    R. – Essendo un seme, un appello e soprattutto un esempio concreto che la riconciliazione è possibile, che è possibile anche una maggiore giustizia di fronte a tante, tantissime ingiustizie e violenze e che è davvero possibile vivere in pace e in armonia anche fra gente diversa: fra gente che si è magari si è trovata su fronti opposti e che ora può e deve – perché non c’è altra alternativa – imparare, anche se non è facile, a vivere insieme, a collaborare, a guardarci in modo diverso, come fratelli e sorelle, proprio perché tutti figli dello stesso Padre.

     
    D. – Di che cosa necessita la Chiesa in Uganda?

     
    R. – Di un sacco di cose, anche perché abbiamo problemi strutturali anche grossi, dal punto di vista di personale anzitutto. Io ho soltanto una quarantina di sacerdoti e ce ne vorrebbero molti di più: ho 18 parrocchie in un territorio di oltre 12 mila chilometri quadrati, con un milione e 800 mila abitanti. C’è, quindi, un problema di vocazioni, di preti e di suore che abbiano la visione giusta del sacerdozio e della vita consacrata, come di una vita spesa per gli altri, al servizio degli altri, e non in vista di una carriera o di una promozione personale. Ci sono poi i problemi relativi alla povertà dei mezzi: c’è ancora bisogno di costruire, di ricostruire strutture che sono state distrutte e diventa sempre più difficile trovare aiuti per questo o per quello. La Chiesa in Uganda ha, poi, bisogno di conversioni e di essere sempre più autentica, essendo la Chiesa di Cristo, e quindi di porsi nella situazione come lo ha fatto Gesù.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Elezioni insanguinate in Iraq: decine di morti in vari attentati

    ◊   Sangue in Iraq nel giorno delle elezioni politiche, che dovranno eleggere il secondo parlamento del dopo-Saddam. Malgrado le eccezionali misure di sicurezza, sono già una ventina le vittime per una serie di attentati che si sono verificati nella capitale Baghdad a poche ore dall’apertura delle urne. La violenza non condizionerà il voto, ha detto il premier uscente, al Maliki. Trecentomila gli osservatori internazionali a vigilare sulla tornata, mentre modesta, secondo i media, è l’affluenza ai seggi che chiuderanno alle 17 ora locale, le 15 italiane. Ma cosa rappresentano queste elezioni per l’Iraq? Al microfono di Benedetta Capelli, risponde Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all'Università Cattolica di Milano:

    R. – Rappresentano molte cose e tutte significative. Anzitutto, sono le prime elezioni veramente irachene: le precedenti – quelle del 2005 – avvenivano ancora in un quadro molto incerto e fortemente influenzato dalle violenze, dalla quasi guerra civile, dalle violenze di al Qaeda ed erano pesantemente controllate e gestite dalla comunità internazionale e dagli Stati Uniti. Un’altra differenza è che si è indebolito, si è incrinato il voto settario: mentre nel 2005 i grandi partiti e le grandi alleanze elettorali riflettevano l’identità etno-religiosa e, quindi, l’alleanza curda e l’alleanza sciita, oggi vi sono molte più formazioni, molte più alleanze e in tanti casi davvero trasversali e che includono sia sunniti, sia sciiti. Un altro elemento importante – ma ahimè non positivo – è l’estrema durezza e competizione politica, con una serie di candidati squalificati e poi parzialmente riammessi, seppure "sub iudice", oppure con mandati di arresto, accuse infamanti che vengono utilizzate per delegittimare i vari avversari politici.

     
    D. – Lei ha parlato di partiti. Vogliamo fare una carrellata sulle formazioni che, almeno sulla carta, sono le più accreditate a vincere?

     
    R. – I partiti teorici sono quasi 300, un numero immenso. Diciamo però che si sono raggruppati in una serie di alleanze elettorali. La prima è la cosiddetta lista “State of law”, lista del premier al Maliki che punta a rafforzare il ruolo del governo centrale e che presenta un cartello, anche se soprattutto sciita, trasversale e molti sono gli indipendenti. Questo è il gruppo accreditato con maggiori possibilità di successo. Vi è poi l’”Alleanza nazionale irachena”, che rappresenta il resto della grande alleanza elettorale sciita e che è stata voluta dall’ayatollah al Sistani. Questa alleanza è più marcatamente sciita e più marcatamente religiosa. C’è poi l’"Alleanza patriottica del Kurdistan”, che raggruppa i due gruppi curdi storici, un tempo avversari e che oggi per convenienza sono alleati. C’è poi il gruppo dell’ex primo ministro Allawi, che è su una base davvero trasversale, nazionalista e fortemente secolare e quindi contro le ingerenze religiose e contro il federalismo spinto e voluto dai curdi. Ci sono poi una serie di liste minori.

     
    D. – L’appuntamento elettorale è stato legato ad episodi di violenza, ad episodi di tensione. Secondo lei, la comunità internazionale è più preoccupata per le conseguenze di un voto che può essere e può risultare frammentato?

     
    R. – La sicurezza, sì, preoccupa. Ci sono stati molti attentati, ma il quadro generale della sicurezza ha tenuto. Lo scenario non è crollato. Più pericolosa è la frammentazione: il sistema elettorale iracheno è puramente proporzionale e quindi più liste ci sono e più è difficile è che qualcuno raggiunga la maggioranza assoluta. Di fatto, è visto come impossibile. Ciò renderà obbligatorio un voto di coalizione e questo significa lunghissime trattative, negoziazioni, giochi e mosse che possono produrre un lungo periodo di incertezza. A questo la comunità internazionale guarda con preoccupazione ed anche – ahimè – qualche Paese attorno guarda per poterne sfruttare la debolezza e magari invertire il nuovo corso iracheno.

     
    D. – Cosa può attendersi, secondo lei, la minoranza cristiana da questo voto?

     
    R. – Purtroppo, i cristiani sono – per così dire – il "vaso di coccio" in Iraq e come tutte le minoranze vengono usate cinicamente dai principali partiti e soprattutto i cristiani, proprio perché hanno una grande visibilità, hanno una grandissima storia. A parole, tutti difendono i cristiani. Nei fatti c’è, però, una forte sottovalutazione del pericolo che i cristiani iracheni vengano sradicati dalla loro terra e che si spezzi questo legame tra comunità e terra. Il rischio è quello che i cristiani diventino sempre più profughi o all’interno del Paese e quindi in ghetti o che abbandonino l’Iraq e vadano verso l’Occidente o verso altri Paesi del Medio Oriente. Da soli, non ce la possono fare. E’ fondamentale un maggiore impegno ed una maggiore attenzione da parte della comunità internazionale, finora invero molto distratta.

    inizio pagina

    Il fronte della Chiesa guatemalteca contro il potere dilagante della corruzione e della violenza. La testimonianza di padre Pasquale Miniero

    ◊   In Guatemala, violenza e corruzione sono divenuti fenomeni endemici. Tredici anni dopo l’accordo di pace firmato tra il governo e l’Unione rivoluzionaria nazionale guatemalteca, alla fine di 36 anni di guerra civile, il Paese sta attraversando una nuova gravissima crisi. Sulla situazione Hélène Destombes ha intervistato padre Pasquale Miniero, missionario comboniano in Guatemala:

    R. – Il y a une situation qui est très précaire…
    La situazione oggi è molto precaria e questo è dovuto alla mancanza di sicurezza, che va aumentando di giorno in giorno. Questa mancanza di sicurezza scoraggia tante persone. Ci troviamo poi di fronte al fenomeno della formazione di corpi paramilitari creati per la sicurezza: si tratta, in realtà, di una sorta di polizia autonoma ed indipendente. E purtroppo accade che questi “corpi” uccidano persone solo sospettate di essere ladre o delinquenti, e poi emerge che non è vero. Infuria anche la violenza tra bande rivali: la sera, ormai, dopo le 20, è pericoloso passeggiare per le strade.

     
    D. – Violenza e corruzione rischiano di essere un nuovo potere nel Paese?

     
    R. – Sans doute. Parce que c’est une violence …
    Sicuramente. Perché si tratta di una violenza che non dipende unicamente dalle persone, ma proviene dai livelli più alti, e questo fatto si istituzionalizza ogni giorno di più: ci sono imprenditori o comunque guatemaltechi che, nonostante abbiano una buona posizione economica, stanno valutando l’ipotesi di andarsene perché qui diventa ogni giorno più difficile rimanere onesti.

     
    D. – Qual è il ruolo che la Chiesa guatemalteca in questa situazione?

     
    R. – La Conférence épiscopale parle toujours clair…
    La Conferenza episcopale ha sempre parlato chiaro ed interviene ovunque sia possibile, soprattutto in difesa dei diritti dei più poveri. Ma non sempre ci riesce. Stiamo poi organizzando comitati di dialogo che hanno lo scopo fondamentale di evitare che le violenze degenerino. E questi comitati funzionano piuttosto bene, ma i problemi restano perché vengono dall’alto.

     
    D. – Lei ha la sensazione che il Guatemala sia un Paese un po’ dimenticato, che la comunità internazionale potrebbe compiere sforzi maggiori per sostenerlo?

     
    R. – Leur présence un peux plus grande …
    Certo, una presenza maggiore sarebbe importante. Però, la soluzione non può venire dall’esterno: la soluzione si deve trovare all’interno del Paese. E’ da qui che deve venire il coraggio di fare delle scelte, e queste devono essere scelte importanti che ci impegnino personalmente. Aspettarsi sempre l’aiuto dall’esterno, sì, può essere positivo, ma non contribuisce certamente a formare le nostre coscienze. Per il momento, non ci sono grandi progressi da questo punto di vista, ma ci sono tante manifestazioni di buona volontà. Ci sono segni di speranza …

    inizio pagina

    La difficile conquista della parità uomo-donna in Bangladesh, terra dove persistono forti discriminazioni. Intervista con Licia Ronzulli

    ◊   "Si stima che una donna su tre nel mondo sia stata picchiata, violentata o vittima di altri abusi nel corso della propria vita, spesso all'interno della propria famiglia". La denuncia, purtroppo non nuova, è stata resa di recente a Ginevra dall'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, Navi Pillay. Alla vigilia della festa della donna, si moltiplicano gli appelli come quello del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che nel suo messaggio per l’occasione afferma fra l’altro: ''Finché a donne e ragazze non saranno risparmiate povertà e ingiustizia, tutti i nostri obiettivi - pace, sicurezza, sviluppo sostenibile - saranno in pericolo”. Tra i Paesi in cui le donne vivono ancora situazioni di forte discriminazione, c’è il Bangladesh. La parlamentare europea, Licia Ronzulli, appena tornata da una missione nel Paese asiatico, racconta la sua esperienza nell’intervista di Fausta Speranza:

    R. – Il Bangladesh è un Paese che nei confronti delle donne è molto discriminante. In un Paese dove il Primo ministro è donna, come donne sono anche molti ministri, e dove un ministero importantissimo, quello degli Affari esteri, è guidato da una donna, perché ancora oggi la donna in Bangladesh – parlo del Bangladesh perché è una realtà che conosco molto bene, ma ovviamente ci sono anche altri Paesi in cui è così – deve subire queste discriminazioni? Loro non hanno fatto che rispondermi che è un problema di mentalità e che il percorso per cambiare queste cose sarà lunghissimo.

     
    D. – Ci vuole dire qualcosa di più di queste discriminazioni, fare qualche esempio?

     
    R. – Personalmente, nell’ospedale dove prestavo soccorso, la cosa che più mi ha sconvolto non è stata vedere arrivare donne magari col volto distrutto dall’acido perché erano state rinnegate dal marito, dove questo tipo di crudeltà è figlio di costumi antichi. La cosa che più mi ha fatto star male è stato vedere che tante donne che arrivavano con bambine di 15-20 giorni chiedendo all’ospedale di potersene occupare, perché in Bangladesh per una donna avere una bambina è quasi una maledizione. La donna in Bangladesh è una persona completamente a carico della famiglia, una persona che dev’essere sposata. Se la donna non si sposa è reietta dalla società, mentre se si sposa deve pagare una dote: pagare in termini monetari e quindi per la famiglia avere una donna è un costo in più. Arrivavano quindi questi neonati di 15-20 giorni, che venivano abbandonati in quanto femmine. Peraltro, in Bangladesh c’è anche un altro problema: esiste una scala di colore del viso per giudicare quanto pagare o meno una donna. Ci sono cinque colori che mettono la donna in posizioni di maggiore o minore "sposabilità", che definiscono quanto si debba pagare in base al colore della pelle. Questo senza tenere conto, ovviamente, l’appartenenza alla classe sociale, alle caste che, nonostante dicano che non esistano, ci sono eccome.

    inizio pagina

    La rubrica dell'Anno Sacerdotale racconta la storia di padre Giorgio Licini, missionario del Pime che vive in Papua Nuova Guinea

    ◊   Essere vicino alla gente, là dove ce n’è più bisogno, ma anche imparare a conoscersi meglio: sono gli obiettivi che porta avanti, ogni giorno, padre Giorgio Licini, missionario dall’altra parte del globo. Nato in Italia ed arrivato in Papua Nuova Guinea nel 2003, padre Licini vive a Port Moresby in veste di superiore della Delegazione locale del Pime, il Pontificio Istituto Missioni Estere. Al microfono di Isabella Piro, il religioso racconta com'è nata la sua vocazione:

    R. – Ero molto piccolo, avevo 10-11 anni, quando ho pensato di farmi prete missionario. Poi ho iniziato il cammino di studio e di formazione, di riflessione. Ci ho pensato bene, ho pregato a lungo e ho deciso di andare avanti.

     
    D. – Perché poi la scelta di diventare missionario?

     
    R. – Non è dipeso da me: me la sono trovata dentro. Nelle nostre parrocchie, negli anni Settanta, c’erano molti missionari che visitavano i gruppi, i ragazzi venivano al catechismo, c’era un’intensa attività di animazione missionaria, per cui parecchi di noi ci siamo sentiti motivati e abbiamo deciso di tentare.

     
    D. – A suo parere, quali caratteristiche deve avere un missionario per compiere al meglio la sua missione?

     
    R. – Certamente, un grande spirito di dedizione, di carità, di adattamento, cercare di stare vicino alla gente: se si sta con la gente e si è felici con la gente, tutto va abbastanza bene. Se non si riesce a rapportarsi bene con la gente cui si è inviati, tutto diventa un po’ più difficile. Però, allo stesso tempo, c’è anche la fede, la convinzione, l’amore alla Chiesa soprattutto. Direi: se non c’è l’amore alla Chiesa, non c’è molta speranza per una vocazione missionaria.

     
    D. – Quali progetti lei porta avanti in Papua Nuova Guinea?

     
    R. – Noi siamo in una zona di periferia di Port Moresby, la capitale: i problemi non mancano. C’è molto alcolismo, ragazzi che non vanno a scuola, l’Aids, c’è un po’ un senso di sbandamento dovuto al fatto che la gente, in un passato non troppo lontano, viveva nei villaggi tradizionali. Adesso, invece, vive una vita urbana, moderna, organizzata all’occidentale, alla quale non è facile adattarsi. Per cui, noi siamo una parrocchia, una missione: abbiamo una scuola e cerchiamo di creare anzitutto uno spirito di famiglia, cerchiamo di essere vicini alla gente perché si senta un po’ rincuorata e porti avanti il suo cammino giorno per giorno.

     
    D. – Lei ha detto spesso: “Il prete è uno di famiglia”. Cosa significa?

     
    R. – Quello che fa un padre, una madre in una famiglia, a mio parere lo fa il prete in una parrocchia, in un quartiere, in una comunità: lo fa il prete che – come si diceva una volta – lavora in cura d’anime.

     
    D. – Padre Giorgio, lei da quanti anni è missionario e cosa le ha insegnato lo stare in missione?

     
    R. – Sono stato ordinato nel 1986, a Sotto il Monte, Bergamo. Poi, sono partito per le Filippine nel 1991, sono passato alla Papua Nuova Guinea nel 2003. E una delle cose che la missione ha insegnato molto a me - certamente anche riguardo a me stesso - è che ho scoperto che cosa riesco a fare e in che cosa non riesco, i miei limiti e anche le mie ricchezze. Mi arrabbio facilmente, ho poca pazienza, ma allo stesso tempo mi pare di aver scoperto che sono anche portato ad un certo senso di carità, generosità, accoglienza. Ho sempre gente attorno e questo anche mi rende felice.

     
    D. – Sotto il Monte è la patria di Giovanni XXIII: è per lei un simbolo, questo Papa?

     
    R. – Certo. Siamo cresciuti un po’ nello spirito di Giovanni XXIII in quegli anni: gli anni Sessanta, Settanta. Soprattutto nella diocesi di Bergamo, la figura del Papa era fortissima e quindi questo senso di generosità, apertura, accoglienza, amicizia, bontà che quel Papa ha espresso in quei pochi anni, penso sia penetrato un po’ nel cuore di ciascuno di noi.

     
    D. – Qual è il suo augurio per l’anno sacerdotale in corso?

     
    R. – Credo che dovrebbe aiutare ogni prete a stare vicino alla gente, con la gente, a spendere la sua vita per gli altri e con gli altri: negli ospedali, nelle carceri, nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, nelle famiglie, nei quartieri, là dove la gente vive, pensa, soffre, ama, spende la sua vita, nasce e muore.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    India: i vescovi accanto ai dalit cristiani e islamici per la parità dei diritti

    ◊   La Chiesa indiana è accanto ai dalit, come sempre è dalla parte dei poveri e degli emarginati. A ribadirlo è l’arcivescovo di Agra, nonché neosegretario della Conferenza episcopale indiana, mons. Albert D’Souza, che lancia un appello a tutti gli Stati indiani, al governo federale, alle istituzioni, ai funzionari pubblici e alla polizia per il rispetto dei leader religiosi impegnati sul fronte dei diritti umani, in seguito all’increscioso episodio avvenuto il 5 marzo scorso. Quel giorno, quattro vescovi del Tamil Nadu, nell’India meridionale, assieme a migliaia di fedeli stavano manifestando con una marcia pacifica a favore dei dalit cristiani, la categoria più in basso nel sistema delle caste indiano, esclusa dalle quote riservate ai dalit di religione indù nei campi dell’istruzione e del lavoro. I dalit cristiani, infatti, rifiutano il sistema delle caste e per questo ne sono tenuti ai margini. La protesta è stata interrotta dalla polizia, che ha trattenuto per alcune ore sia i vescovi che molti fedeli. “Quella dei dalit cristiani è una questione rilevante a livello umano e democratico – nota ancora, intervistato dalla Fides, mons. D’Souza – la Chiesa è al loro fianco per affermarne la dignità e i diritti”. In particolare, la Chiesa del Tamil Nadu chiede al governo di seguire un documento elaborato dalla Commissione Raganath Misra che estenderebbe i diritti riservati ai dalit di religione indù a quelli di fede cristiana e islamica. (R.B.)

    inizio pagina

    India: un successo le celebrazione dei Tamil per la festa di Sant’Antonio

    ◊   Più di quattromila fedeli hanno partecipato, il 27 febbraio scorso, alla due giorni di festa in occasione di Sant’Antonio, organizzata dagli indiani Tamil nell’isoletta di Katchadeevu, nel mezzo dello stretto che divide l’India dallo Sri Lanka. In particolare, riferisce Asianews, un migliaio di fedeli sono arrivati Nedundeevu e da varie zone di Jaffna, a bordo di un centinaio di imbarcazioni e con la scorta della Marina indiana, prima, e di quella cingalese poi. All’arrivo è stata immediatamente issata la bandiera con il vessillo di Sant'Antonio, quindi è stata celebrata la Messa e la Via Crucis con la benedizione. Successivamente, i fedeli hanno pernottato sull’isola dopo un momento di condivisione e agape fraterna. Il mattino successivo alle 6, è stata officiata l’Eucaristia dal parroco di Nedundeevu e da quello di Rameshwaram, mentre intorno alle 10 i pellegrini sono ripartiti. L’isola di Katchadeevu venne ceduta nel 1974 dall’India allo Sri Lanka nell’ambito degli accordi sui confini marittimi, che prevedevano la possibilità per i pescatori indiani di lavorare nella zona e di visitare la chiesa di Sant’Antonio senza bisogno del visto, ma nella realtà non è mai stato così. Nel 2010, dopo 27 anni, il governo di Colombo ha dato il permesso ufficiale a tutti i pellegrini di celebrare insieme la festa, segno di pace e dell’unità delle comunità Tamil dei due Stati. (R.B.)

    inizio pagina

    Filippine: nuove speranze per la pace nel Mindanao

    ◊   Si intravede la pace nella regione filippina del Mindanao. Stando a quanto riferisce Asianews, l’incontro conclusosi il 4 marzo tra il governo filippino e il Milf, il Moro islamic liberation front, avrebbe segnato un concreto passo in avanti per il processo di pace nel Paese. Il Milf, infatti, avrebbe rinunciato all’idea di creare uno Stato islamico nel Mindanao a maggioranza musulmana, dopo il netto rifiuto alle sue proposte da parte del governo filippino, nella riunione del 28 gennaio. “Non pretendiamo più l’indipendenza quale soluzione ai problemi del Mindanao – fa sapere Mohagher Iqbal, responsabile dei negoziatori del Milf – questo in favore di un accordo di 'Stato nello Stato'”. Tale posizione viene accolta con favore dal governo filippino, tanto che il responsabile per le negoziazioni, Rafael Seguis, l’ha definita “un buon incentivo”, mentre un plauso è arrivato da più parti. Il Mindanao è una regione delle Filippine a maggioranza musulmana, da oltre 40 anni sconvolta da un conflitto tra esercito regolare ed estremisti islamici. Dopo 10 anni di tregua, gli scontri sono ripresi nell’agosto 2008 e hanno causato 750 mila profughi fra cristiani e musulmani. I negoziati per la fine del conflitto, cui partecipano anche rappresentanti della Conferenza delle organizzazioni islamiche ed esponenti dell’Onu, sono ripresi nel settembre 2009 a Kuala Lumpur, in Malaysia. (R.B.)

    inizio pagina

    Comece: presto una direttiva per promuovere il riposo domenicale

    ◊   Proteggere la domenica e promuoverla come giorno di riposo per i lavoratori europei: è questo l’obiettivo del documento "Direttiva tempi di lavoro" che la Comece, la Commissione degli episcopati delle comunità europee, presenterà in una conferenza il 24 marzo prossimo nella sede del Parlamento europeo di Bruxelles. Come riporta l’agenzia Sir, il dibattito sul tema è molto acceso all’interno della Commissione europea, sostenuto da molti sindacati, da organizzazioni della società civile e dalle Chiese: alla conferenza, infatti, interverranno esperti ed europarlamentari, ma soprattutto il nuovo commissario dell’Ue per l’Occupazione e gli Affari sociali, László Andor. Secondo il nuovo documento, molti studi scientifici dimostrano il legame tra la salute dei lavoratori e il riposo domenicale. Inoltre, un giorno di libertà a settimana permette alle famiglie di riunirsi e ai cittadini di dedicarsi ad attività spirituali, culturali o ludiche. (R.B.)

    inizio pagina

    Ecuador: le future mamme consacrate a “Maria della Buena Esperanza”

    ◊   Un momento di preghiera e un’occasione per ribadire il valore e l’importanza di una vita che comincia: vuole essere tutto questo il IV Incontro per la Vita organizzato per sabato 27 marzo dalla Casa della Vita (Cdv), in collaborazione con l’arcidiocesi di Guayaguil in Ecuador. Nella plaza de San Francisco, potranno partecipare madri, famiglie e donne incinte che s’incontreranno per un momento di festa seguito da un incontro di preghiera nella cattedrale, guidato dall’arcivescovo della città, Antonio Arregui Yarza, che consacrerà le donne e i bambini presenti a “Maria della buona attesa”. L’iniziativa, ha spiegato alla Fides padre Paulino Toral, direttore di Cdv, è nata nel 2005, quando nel tempio di Urdesa venne collocata l’immagine della Vergine Maria in attesa del Redentore. Da allora, ogni ultimo martedì del mese, le donne in gravidanza, in media 150 ogni volta, vengono per essere consacrate a “Maria della Buena Esperanza”. “Il nostro è un messaggio pro maternità e pro vita – ha concluso padre Toral – cerchiamo di coinvolgere così le famiglie, i giovani e i medici sul valore della vita fin dal concepimento”. (R.B.)

    inizio pagina

    Egitto: a Minia la prima comunità per l’inserimento nel lavoro dei disabili

    ◊   Si chiama al-Fulk e ha sede a Minia la prima comunità per disabili in Egitto, creata nel 2002 grazie al sostegno, anche economico, dell’associazione caritativa internazionale cattolica Acs, Aiuto alla chiesa che soffre, che ha donato 15 mila euro. Al-Fulk significa “arca”: la comunità infatti, che si trova sotto la cura della diocesi copta cattolica di Minia, è affidata all’Arca internazionale e fa lavorare 15 disabili, 7 in casa e 8 in sede, nella produzione di candele, lavoro per il quale le persone vengono retribuite ogni settimana. “Speriamo di arrivare presto a 10 persone che lavorano a casa e 20 in laboratorio”, racconta alla Zenit uno degli operatori, Magdi Asham Henein, che spiega quanto l’esistenza di questo centro sia di fondamentale importanza per un Paese come l’Egitto in cui i disabili, altrimenti, resterebbero ai margini della società, derisi e abbandonati a se stessi. “Fino a dieci anni fa – aggiunge – nessuno capiva gli handicap mentali, che erano considerati una punizione di Dio e perciò i disabili erano rifiutati e cacciati dalle famiglie e dalle comunità”. Ora, grazie a questo centro, luogo di resurrezione a nuova vita, i disabili cattolici e ortodossi hanno una speranza e offrono un esempio di convivenza pacifica alla quale presto, si spera, si uniranno anche disabili di religione islamica. (R.B.)

    inizio pagina

    Spagna: migliaia di pellegrini in marcia verso il Castello di San Francesco Saverio

    ◊   È iniziata giovedì 4 marzo, e si concluderà venerdì 12, la popolare Novena della Grazia a San Fracesco Saverio, patrono di tutte le Missioni della Chiesa. In coincidenza con la Novena, sono in programma anche due grande pellegrinaggi al Castello di Saverio a Navarra, luogo natale del Santo, cui prenderanno parte migliaia di fedeli. Oggi, si è svolto il primo, che ha registrato una partecipazione superiore a quella dell’anno scorso, grazie anche alle condizioni climatiche e al tempo fresco, senza pioggia, che ha favorito la marcia a piedi dei pellegrini. In seimila circa hanno camminato per tutto venerdì e tutto sabato, accompagnati da un servizio di assistenza organizzato da diverse associazioni e composto da oltre 500 persone. Tutti i pellegrini, una volta arrivati alla cittá di Sangüesa, a otto km dalla meta finale, hanno iniziato una Via Crucis che dopo due ore di marcia li ha accompagnati fino alla spianata del Castello di Saverio. Alle 10, è stata celebrata l’Eucaristia presieduta dall’acivescovo di Pamplona e vescovo di Tudela, mons. Francisco Pérez González. Dopo le parole di benvenuto, il presule ha letto il messaggio firmato dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone a nome del Santo Padre. Con il messaggio i fedeli sono stati chiamati a riflettere sulla loro vera vocazione cristiana, e hanno ricevuto la benedizione papale. La vocazione del cristiano é stato anche il tema centrale dell’omelia di mons. Francisco Pérez, modellata sul tema “Vieni e seguimi come Francesco Saverio”, scelto per quest’anno. Questo cammino della sequela di Gesù tiene conto di tre importanti requisiti: la preghiera, i Sacramenti e la presa di posizione in favore della giustizia e dei poveri. L’arcivescovo ha annunciato, nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, di avere l’intenzione di consacrare, durante il mese di giugno, l’arcidiocesi di Pamplona al Cuore di Gesú. L’arcivescovo ha incoraggiato ai giovani e ha ricordato loro le parole di Giovanni Paolo II nella sua visita a San Francesco Saverio nel 1982: “Voi giovani siete la speranza della società e del mondo”. Domenica prossima, si terrà la seconda “Savierada” con altre migliaia di pellegrini. Infine, il 14 marzo, arriveranno al Santuario la Croce l’icona della Madonna e i simboli della Giornata mondiale della gioventú, prevista a Madrid per il mese d’agosto 2011. (A cura di Ignacio Arregui )

    inizio pagina

    Sacerdoti di Hong Kong in pellegrinaggio in Francia

    ◊   Un’occasione di riflessione e un modo per imparare a vivere al meglio le tre dimensioni fondamentali della guida, del sacerdote e del pastore: questo è l’obiettivo del pellegrinaggio in Francia che la diocesi di Hong Kong ha organizzato per i propri preti dal 27 aprile al 13 maggio, riporta l’agenzia Fides. I 22 sacerdoti che partiranno, provenienti da 17 parrocchie, hanno ricevuto la benedizione del vescovo coadiutore della diocesi, John Tong, e si stanno preparando spiritualmente al viaggio durante il quale visiteranno ad Ars la casa di Santa Teresina del Bambino Gesù, il monastero benedettino e vari santuari. Il viaggio si concluderà con l’incontro con l’arcivescovo di Parigi e con la comunità protestante. Il pellegrinaggio è stato organizzato in sintonia con l’Anno sacerdotale indetto da Benedetto XVI. (R.B.)

    inizio pagina

    Caritas Internationalis schierata accanto ai migranti che lavorano

    ◊   Cameriere, badanti, assistenti a domicilio: quasi tutte donne e quasi tutti impieghi ricoperti da migranti, che hanno lasciato il proprio Paese alla ricerca di un lavoro. Spesso sono sfruttati e vengono loro negati i diritti dei quali godono gli altri lavoratori: non hanno assicurazioni sociali, sono sottoposti a orari massacranti e sottopagati. Caritas Internationalis, riporta la Fides, li definisce “schiavi moderni” e lancia un appello ai governi e alle comunità internazionali per la tutela di queste categorie svantaggiate. L’Ilo, l'Organizzazione internazionale dei lavoratori, ente delle Nazioni Unite responsabile della gestione dei lavoratori internazionali, sta preparando per il prossimo giugno un documento con cui si chiedono provvedimenti particolari per i lavoratori domestici migranti, affinché i loro permessi non siano vincolati al datore di lavoro ma regolati da agenzie per l’impiego specifiche, che fungano da intermediari e garantiscano l’osservanza delle leggi e degli standard di qualità del lavoro svolto. (R.B.)

    inizio pagina

    India: il movimento cristiano Dimension compie quattro anni

    ◊   Medici, avvocati, imprenditori di vari rami, docenti che lavorano per creare benessere utile allo sviluppo della comunità. È questo il compito del network cristiano Dimension, nato quattro anni fa da un’idea di Freddy Mendoca e che oggi unisce circa 300 uomini d’affari e professionisti di vari settori. “Non capivo perché i cristiani fossero individualmente ricchi, ma poveri come comunità – spiega il fondatore ad Asianews – perché non avessero voce in capitolo quando si trattava di prendere decisioni e perché continuassimo a lamentarci senza fare nulla”. Il movimento, che spinge i propri membri a condividere la fede, è plasmato sull’insegnamento di Benedetto XVI, “trasformare il profitto in veicolo di sviluppo” e oggi guarda ai giovani, selezionando i più promettenti per costruire il futuro dell’India: un Paese dove entro il 2020 metà della popolazione avrà meno di 29 anni. (R.B.)

    inizio pagina

    Burkina Faso: un festival cinematografico per raccontare le donne africane

    ◊   Si è conclusa oggi la prima edizione delle “Giornate cinematografiche della donna africana, dell’immagine e del suono”, il nuovo appuntamento del Burkina Faso creato in occasione della Giornata mondiale della donna, che si celebra l’8 marzo, dal Fespaco, il Festival panafricano del cinema e della televisione. Durante l’evento, racconta l’agenzia Sir, nella capitale Ouagadougou e nella città di Koudogou è stato possibile visionare film e cortometraggi realizzati da registe africane e aventi per oggetto il mondo femminile dell’Africa subsahariana, oltre che visitare mostre sul tema e partecipare a incontri, conferenze e dibattiti. L’evento si svolgerà ogni due anni: per questa prima edizione, sono state selezionate 37 opere di registe provenienti da 13 Paesi, che “con il loro lavoro hanno contribuito al progresso della società”, ha commentato Michel Ouédraogo, delegato generale di Fespaco. (R.B.)

    inizio pagina

    Il vescovo dell’Aquila: “Chiesa impegnata per ridare speranza alla città”

    ◊   “La Chiesa sente il dovere di impegnarsi per ridare speranza e fiducia alla nostra città”: così l’arcivescovo metropolita dell’Aquila, Giuseppe Molinari, spiega l’incontro che lo vedrà impegnato domani - a undici mesi dal terremoto - insieme con il vescovo ausiliare, Giovanni D’Ercole, i religiosi del territorio e la Municipalità aquilana all'interno della riunione del Consiglio comunale che avrà luogo nel palazzo dell’Emiciclo. Saranno presenti, tra gli altri, il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, e il presidente del Consiglio comunale, Carlo Benedetti. “È nostra intenzione stringere un patto di fattiva collaborazione per il bene di tutti i cittadini, fatte salve le competenze e gli ambiti di nostra specifica competenza ecclesiale – ha detto il presule – proprio perché l’opera della ricostruzione sia condivisa e tenacemente perseguita da ogni istituzione cittadina abbiamo chiesto di incontrare Giunta e Consiglio comunale”. (R.B.)

    inizio pagina

    Dopo i restauri torna a splendere la "Madonna del Rifugio" di Giotto

    ◊   Il suo nome ufficiale è “Madonna in trono con il Bambino”, ma i fedeli la conoscono come "Madonna del Rifugio", opera di Giotto e della sua bottega, che ieri, dopo un lungo restauro, è tornata a splendere nella chiesa di Santa Maria a Ricorboli a Gavinana, Firenze. I lavori sono stati diretti dalla Soprintendenza per il patrimonio artistico e per il polo museale. Ieri, la cerimonia di inaugurazione, cui ha preso parte il presidente del Quartiere 3 di Firenze, il parroco della chiesa e la responsabile dei restauri. Dopo l’esibizione di un coro polifonico e la Messa celebrata dall’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, la tavola trecentesca è stata alloggiata in una piccola cappella progettata appositamente all’interno della chiesa. (R.B.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Il presidente afgano Karzai visita la città di Marjha e chiede il sostegno delle tribù locali

    ◊   In Afghanistan, visita del presidente, Hamid Karzai, nella città meridionale di Marjha, centro della vasta offensiva antitalebana della Nato lanciata nelle scorse settimane. Il leader afgano ha chiesto il sostegno delle tribù locali in cambio della promessa di costruire scuole ed ospedali. Nella provincia settentrionale di Baghlan, proseguono intanto gli scontri fra fazioni islamiche, che hanno provocato finora un’ottantina di vittime. Sul piano internazionale, il premier britannico, Gordon Brown, ha annunciato nuovi investimenti per i soldati di stanza in Afghanistan, mentre nel Paese c’è attesa per la visita del presidente iraniano, Ahmadinejad, che domani a Kabul dovrebbe incontrare Karzai. Un incontro considerato di fondamentale importanza dagli osservatori internazionali, che ritengono cruciale il ruolo della Repubblica islamica per la stabilizzazione del Paese.

    Iran
    Al via in Iran la produzione di un nuovo missile antinave a corto raggio, in grado di colpire obiettivi da tremila tonnellate e di sfuggire ai radar. Lo ha annunciato il ministro della Difesa iraniano, precisando che si tratta di un prodotto sviluppato elusivamente con tecnologia locale. Intanto, in queste ore Teheran è tornata ad attaccare il governo italiano in merito alla vicenda di un cittadino iraniano arrestato per il suo presunto coinvolgimento in un traffico di armi.

    Al Qaeda
    In un video pubblicato oggi su alcuni siti islamici, un portavoce di al Qaeda esorta i soldati musulmani al servizio degli eserciti occidentali a seguire l’esempio di Nidal Hasan, il maggiore che il 5 novembre scorso aveva aperto il fuoco con un fucile nella base americana di Fort Hood facendo una carneficina. Nel videomessaggio, si chiede di colpire non solo le basi militari ma anche altri obiettivi come le istituzioni.

    Italia
    Ancora polemiche dopo la firma del decreto cosiddetto "salva liste" da parte del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che in queste ore è intervenuto sull’argomento, spiegando i motivi del suo atto. La cronaca nel servizio di Eugenio Bonanata:
     
    Garantire il diritto di voto. Il presidente Napolitano ha scelto il sito internet del Quirinale per replicare alle contestazioni, parlando del decreto come di una soluzione necessaria per la tormentata vicenda della mancata presentazione delle liste del Pdl nelle regioni di Lazio e Lombardia. Due i beni da tutelare: da un lato, il rispetto delle norme e, dall’altro, il diritto dei cittadini di scegliere attraverso il voto fra schieramenti e programmi diversi. Dunque, nessuna incostituzionalità. La posizione del Quirinale, però, è stata bollata come inutile e dannosa dal leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, che in più riprese ha parlato di impeachment e ha accusato Napolitano di "correità", perché – a suo dire – avrebbe partecipato alla stesura del provvedimento salva liste. "Critiche inaccettabili": questa l'immediata difesa del capo dello Stato da parte dei presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani. Sulla stessa linea anche il resto dell’esecutivo. Complicata la posizione del Pd, che ha stigmatizzato la posizione di Di Pietro. Pur criticando da sempre il decreto, per il leader del Pd, Bersani, il presidente della Repubblica non ha responsabilità ma è una "vittima" come tutti gli italiani. La responsabilità – per il Pd – è tutta del governo Berlusconi. Dalla sinistra solo insulti, ha replicato il premier, ribadendo che ancora una volta ci si trova di fronte ad una scelta di campo, con il Pdl che governa e che risolve i problemi e la sinistra che, invece, sa dire solo di no. Intanto, mentre il Tar della Lombardia ha riammesso la lista di Formigoni, c’è attesa per il pronunciamento relativo a quella del Pdl di Roma e provincia, previsto per domani. In questo quadro, oggi pomeriggio il "popolo viola" torna in piazza per protestare contro il mancato rispetto delle regole, a Roma e in altre città. Nelle prossime ore, si svolgerà l'incontro dell’ufficio politico del Pd per decidere i dettagli della manifestazione nazionale, annunciata per sabato prossimo, che dovrebbe unire tutte le anime dell’opposizione.

     
    Irlanda
    Netta vittoria del "no" in Islanda al referendum in merito alla legge sul risarcimento ai risparmiatori britannici e olandesi, colpiti dal crack della banca online Icesave. Oltre il 90 per cento dei cittadini dell’Isola ha bocciato il piano che prevede un rimborso pari a 3,9 miliardi di euro, in pratica il 40 per cento del Prodotto interno lordo del Paese. Il premier, Sigurdardottir, ha ribadito che non si dimetterà e che ora l’obiettivo è quello di concludere i negoziati con Olanda e Gran Bretagna. Secondo gli esperti, l’esito del voto avrà certamente delle ripercussioni nel cammino dell’Islanda verso l'integrazione europea, con la Commissione Ue che proprio nei prossimi giorni dovrà pronunciarsi sulla domanda di adesione del Paese.

    Grecia
    Il premier greco, Papandreou, ha assicurato che le misure varate dal governo porteranno al risanamento dei conti pubblici nel giro di tre anni e che i sacrifici dei cittadini avranno dei risultati. Nel Paese, però, cresce il malcontento. Secondo gli ultimi sondaggi, un numero sempre maggiore di greci ritiene "ingiuste" le soluzioni proposte, perché colpiscono soprattutto i redditi più bassi. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha sottolineato l’importanza di sostenere la Grecia in nome dell’euro. Il ministro dell’Economia italiano, Giulio Tremonti, ha invece ipotizzato un ruolo forte dell’Europa in stretto coordinamento con il Fondo monetario internazionale.

    Togo
    Tensione in Togo all’indomani della rielezione del capo di stato uscente, Faure Gnassingbè, con oltre il 60 per cento dei voti delle presidenziali. Quasi il doppio rispetto al principale antagonista, Jean-Pierre Fabre, che con il suo partito "L’Unione delle forze di cambiamento" non ha riconosciuto la sconfitta. Nella capitale Lomè, oggi la situazione sembra tranquilla. Ieri sera, invece, subito dopo la diffusione dei risultati da parte della Commissione elettorale indipendente, la polizia aveva usato la forza per disperdere i manifestanti dell’opposizione. Una decina gli arresti nelle ultime ore.

    Darfur
    Nella regione sudanese del Darfur due militari della missione internazionale di pace risultano ancora dispersi in seguito ad un agguato contro la loro pattuglia, avvenuto venerdì nella zona di Jabel Mara. I ribelli ieri hanno rilasciato alcuni Caschi Blu che avevano trattenuto per tutta la notte. Due uomini però mancano all’appello. Forse hanno tentato la fuga durante l’imboscata della guerriglia.

    Cina
    La Cina punirà i responsabili degli attacchi informatici ai danni di Google, se ve verrà provato che sono cinesi. Lo ha garantito il viceministro dell’Industria e dell’informatica di Pechino, chiedendo però una denuncia scritta al motore di ricerca statunitense, che finora ha avanzato solo delle lamentele circa attacchi subiti da suoi clienti cinesi, soprattutto dissidenti e attivisti per i diritti umani. La vicenda, che risale al gennaio scorso, ha provocato tensioni diplomatiche fra i due Paesi. La settimana pasata, un portavoce del governo cinese ha fatto sapere che sono in corso contatti con Google per risolvere amichevolmente il problema.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 66

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina