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Sommario del 04/03/2010
Il Vangelo del povero Lazzaro e del ricco Epulone e gli insegnamenti del Papa sulla giusta distribuzione della ricchezza
◊ Il Vangelo della liturgia di oggi presenta la celebre parabola del Vangelo del povero Lazzaro e del ricco Epulone, simboli della povertà che invoca aiuto e dell’egoismo che ha occhi solo per se stesso. Il tema della giustizia e dell’equa distribuzione delle ricchezze è stato più volte affrontato in questi anni da Benedetto XVI in moltissimi dei suoi discorsi, e lo stesso brano del Vangelo di Lazzaro ed Epulone è stato posto dal Papa in un passo della Deus caritas est come esempio di come solo l’amore sia la via che redime l’uomo. Su questo argomento, Alessandro De Carolis ripropone alcune delle affermazioni più salienti del Pontefice:
Un uomo lacero e purulento, Lazzaro, che non ha più la forza della dignità ma solo quella della fame, accucciato come un cane sotto la tavola di un ricco in attesa che qualche briciola del banchetto sopra di lui gli finisca nello stomaco. E lui, Epulone, il ricco che sazia solo la propria fame e che quando dopo la morte vede ritorcersi in tormento la sua disinvolta mancanza di solidarietà col povero, si appella invano con un tardivo ravvedimento che non lo salverà. “Il ricco – ha affermato il Papa in un Angelus – impersona l’uso iniquo delle ricchezze da parte di chi le adopera per un lusso sfrenato ed egoistico, pensando solamente a soddisfare se stesso, senza curarsi affatto del mendicante che sta alla sua porta”. Il povero, al contrario, rappresenta la persona di cui soltanto Dio si prende cura”:
"Chi è dimenticato da tutti, Dio non lo dimentica; chi non vale nulla agli occhi degli uomini, è prezioso a quelli del Signore. Il racconto mostra come l’iniquità terrena venga ribaltata dalla giustizia divina: dopo la morte, Lazzaro è accolto ‘nel seno di Abramo’, cioè nella beatitudine eterna; mentre il ricco finisce all’inferno tra i tormenti”. (30 settembre 2007)
Nella storia dell’umanità, il povero Lazzaro e il ricco Epulone non hanno mai smesso l’uno di tendere la mano e l’altro, spesso, di ignorarla. Oggi i milioni di Lazzaro sono coloro che sopravvivono da profughi, che elemosinano briciole di rispetto da immigrati, sono coloro ai quali un magro stipendio o la cassa integrazione assicurano due settimane di sussistenza su quattro al mese. Di fronte a loro, gli Epuloni sono i sistemi finanziari per i quali la solidarietà è una voce nella colonne “perdite”, oppure i calcoli di governi incapaci, al dunque, di politiche solidali incisive per le società che amministrano o inerti quando si tratta di dare concretezza di “Risultati” del Millennio a quelli che spesso continuano a restare solo Obiettivi. “La fame – ha scandito senza mezzi termini il Papa davanti ai membri della Fao, tre mesi e mezzo fa – è il segno più crudele e concreto della povertà. Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori”:
“Si on vise l’élimination de la faim...
Se si mira all'eliminazione della fame l'azione internazionale è chiamata non solo a favorire la crescita economica equilibrata e sostenibile e la stabilità politica, ma anche a ricercare nuovi parametri - necessariamente etici e poi giuridici ed economici - in grado di ispirare l'attività di cooperazione per costruire un rapporto paritario tra Paesi che si trovano in un differente grado di sviluppo”. (16 novembre 2009)
Del resto, la logica del profitto e quella della equa distribuzione dei beni, ha chiarito in una circostanza Benedetto XVI, “non sono in contraddizione l’una con l’altra, purché il loro rapporto sia bene ordinato”:
“Il profitto è naturalmente legittimo e, nella giusta misura, necessario allo sviluppo economico. Giovanni Paolo II così scrisse nell’Enciclica Centesimus annus: 'La moderna economia d’impresa comporta aspetti positivi, la cui radice è la libertà della persona, che si esprime in campo economico come in tanti altri campi'. Tuttavia, egli aggiunse, il capitalismo non va considerato come l’unico modello valido di organizzazione economica”. (23 settembre 2007)
Questo perché la logica del capitalismo, anche nella migliore intenzione, è comunque figlia di quella mera “giustizia distributiva” che, spiegava il Pontefice nel suo ultimo Messaggio per la Quaresima, si limita a rimuovere le “cause esteriori” delle varie miserie, ma senza alzare lo sguardo verso gli orizzonti più ampi della giustizia di Dio. E la “tentazione dell’autosufficienza”, la cui deriva dell’egoismo è radicata – ricorda Benedetto XVI – in un limite umano più subdolo e profondo:
“Questa goccia di veleno la chiamiamo peccato originale (...) Emerge in noi (...) la dimensione drammatica dell'essere autonomi; che faccia parte del vero essere uomini la libertà del dire di 'no'”.
Un errore, obietta Benedetto XVI nel suo Messaggio, che potrebbe essere evitato se si comprendesse che, “come e più del pane”, l’uomo ha soprattutto bisogno di Dio, ed è solo in questo confronto con il Bene supremo che acquista di spessore e di costanza il bene fatto agli uomini, la giustizia che si spinge alla gratuità dell’amore:
“L'uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa divino, diventa veramente se stesso. L'uomo che si mette nelle mani di Dio non si allontana dagli altri, ritirandosi nella sua salvezza privata; al contrario, solo allora il suo cuore si desta veramente ed egli diventa una persona sensibile e perciò benevola ed aperta”. (8 dicembre 2005)
Udienze e nomine
◊ Il Papa ha ricevuto questa mattina alcuni presuli della Conferenza Episcopale di Uganda, in visita "ad Limina", e l’ambasciatore di El Salvador Francisco A. Soler, in visita di congedo.
Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Vilnius (Lituania), presentata da mons. Juozas Tunaitis, per raggiunti limiti di età.
Il Papa ha nominato membri del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali i cardinali Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; e inoltre il padre domenicano Wojciech Giertych, Teologo della Casa Pontificia, e padre Theodore Mascarenhas, della Società dei Missionari di S. Francesco Saverio (Society of Pilar), officiale presso il Pontificio Consiglio della Cultura.
Mons.Tomasi: nuove regole per superare la crisi
◊ La delegazione della Santa Sede vuole ribadire la propria convinzione che la prospettiva dei diritti umani fornisce “un contributo positivo” per una soluzione all'attuale crisi finanziaria. E’ quanto ha affermato ieri l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l'ufficio dell'Onu di Ginevra, in occasione della 13.ma Sessione del Consiglio dei diritti umani nella città elvetica. Anche se alcuni segnali di ripresa sembrano visibili – ha detto il presule - la crisi continua ad aggravare le condizioni di milioni di persone “nel loro accesso alle necessità di base”. Questa situazione, pertanto, richiede “nuove regole” e un sistema globale di “governance” in grado di assicurare un percorso sostenibile per lo sviluppo per tutti. Le Nazioni Unite – ha poi ricordato l’arcivescovo Silvano Tomasi – dispongono di molti dati sulle conseguenze negative della crisi finanziaria, tra cui lo scandalo della fame, la crescente disuguaglianza nel mondo e la disoccupazione. Questi squilibri – come ricorda il Papa nell’enciclica “Caritas in veritate” – sono prodotti quando l'azione economica, concepita solo come un motore per la creazione di ricchezza, si stacca dall'azione politica, concepita come un mezzo per perseguire la giustizia attraverso la ridistribuzione delle risorse. Equità e giustizia – ha aggiunto mons. Tomasi - sono “criteri essenziali” nella gestione dell'economia mondiale. Il godimento dei diritti umani diventa possibile quando “gli Stati traducono i principi in diritto”. L'obiettivo comune è la tutela e il rispetto della dignità umana che unisce l'intera famiglia umana. Mons. Tomasi rileva inoltre l’importanza della libertà economica ma indica quattro principi fondamentali entro cui deve muoversi: la centralità della persona umana, la solidarietà, la sussidiarietà e il bene comune. Un importante messaggio del Papa nell’enciclica “Caritas in veritate” – conclude il presule - è di superare la dicotomia obsoleta tra le sfere economiche, sociali ed ecologiche. La dottrina sociale della Chiesa ha sempre perseguito l’obiettivo del bene comune con particolare attenzione ai membri più vulnerabili della società. Dando priorità agli esseri umani si possono modificare le regole che governano il sistema finanziario per promuovere “cambiamenti concreti” e abbandonare “le vecchie abitudini di avidità che hanno portato alla crisi attuale”. (A cura di Amedeo Lomonaco)
Posticipata al 15 giugno la plenaria della Commissione bilaterale Santa Sede-Israele
◊ La prossima plenaria della Commissione bilaterale permanente fra la Santa Sede e lo Stato di Israele è stata spostata dal 27 maggio al 15 giugno. E’ quanto hanno affermato in un comunicato congiunto i due presidenti della Commissione, annunciando il loro “accordo in alcuni cambi di programma alla già annunciata agenda di incontri”. La plenaria del 15 giugno – è stato precisato - si svolgerà in Vaticano e “sarà preceduta da alcuni incontri di lavoro da programmare”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In Europa un aborto ogni undici secondi: in prima pagina, un fondo di Marta Lago.
Cresce piano l’esercito del dragone: in rilievo, nell’informazione internazionale, la contenuta spesa militare in Cina.
L’ottimismo dell’imperfezione: in cultura, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi sull’umanesimo simbolico di san Tommaso d'Aquino.
L’“ignobile macchia” agli albori del Reich: Thomas Brechenmacher ripercorre l’attività - sulla base delle carte dell’Archivio Segreto Vaticano - del nunzio apostolico a Berlino Cesare Orsenigo sotto il pontificato di Pio XI.
Il narratore che riscrisse il cinema: Emilio Ranzato ricorda, a cent’anni dalla nascita, Ennio Flaiano.
Sulla vocazione nell’arte un articolo di Timothy Verdon dal titolo “Caravaggio e il neorealismo fatto con la luce”.
Dmytro Stepovyk sulla mostra, ad Ancona, “L’epoca d’oro delle icone ucraine. XVI-XVIII secolo”.
Nell’informazione vaticana, intervista di Gianluca Biccini al vescovo Matthias Ssekamanya, presidente della Conferenza episcopale ugandese.
Terremoto in Cile: l'appello dell'arcivescovo di Concepción
◊ Torna a tremare la terra in Cile. Una nuova scossa di assestamento ha scatenato nella notte il panico tra la popolazione di Santiago e Concepción, una delle città maggiormente colpite dal sisma di sabato scorso. L’ultimo bilancio, ancora provvisorio, è di oltre 800 morti. C’è bisogno adesso di un autentico spirito di fraternità e comunione, come sottolinea l’arcivescovo di Concepción, mons. Ricardo Ezzati Andrello, raggiunto telefonicamente in Cile da Amedeo Lomonaco:
R. – La situazione materiale è molto grave, dappertutto ci sono case distrutte. Oltre al sisma, abbiamo sofferto il terremoto morale per la gente che assaliva le altre persone, che assaliva i supermercati e i negozi. Dopo l’arrivo dei militari le cose si sono tranquillizzate e adesso siamo molto impegnati a mettere in atto il servizio di soccorso, anche in relazione agli alimenti e ai generi di prima necessità. Speriamo che queste scosse, che tornano ogni tanto, finiscano presto.
D. – In questi giorni la vita a Concepción è stata scandita dal coprifuoco, dalla paura di nuove scosse e, purtroppo, anche da episodi di saccheggio. Come si affrontano la paura, il panico e la rabbia?
R. – Io ho chiesto a tutti i sacerdoti, cominciando anche da me stesso, di stare vicino alla gente, perché quello di cui la popolazione ha maggiormente bisogno in questo momento è di una parola amica, di un gesto fraterno, di una benedizione del Signore. Tutti quegli elementi umani che fanno sentire la vicinanza, l’affetto. Io tutti i giorni a mezzogiorno e mezzo celebro la Santa Messa nell’atrio della cattedrale che è impraticabile. Vedo che di giorno in giorno è cresciuta la presenza della gente all’Eucaristia. La gente non ha bisogno solamente di pane, di acqua, ma di qualcuno che ascolti. Una persona che si sente ascoltata e compresa è una persona che riacquista la fiducia. Noi abbiamo bisogno di ridare fiducia alla gente.
D. – C’è un’immagine, che anche in questo drammatico momento, dà speranza alla popolazione cilena?
R. – La cattedrale di Concepción esternamente sembra aver sofferto poco delle conseguenze del terremoto, ma internamente è totalmente impraticabile. Sulla cuspide c’è un’immagine della Madonna con le mani aperte, rivolta verso il basso, come per indicare che Lei accoglie tutti. Questa è stata l’immagine che abbiamo preso come segno per la popolazione e abbiamo detto: anche noi dobbiamo stendere le mani per aiutare, per portare sollievo, per accogliere e per consolare. Questo credo sia l’immagine della Chiesa che vogliamo far presente qui a Concepción, la città che ha il nome proprio della Santissima Vergine Maria.
D. – Eccellenza, quale appello vuole lanciare a quanti intendono portare il loro aiuto alla popolazione colpita dal sisma?
R. – L’appello è quello di essere tra la gente, con la gente, infondendo speranza, coraggio; infondendo anche timore di Dio, in modo tale che tutte le energie più belle dell’uomo e della donna si possano sprigionare e possano operare il bene di cui noi siamo capaci. Essere tra la gente, nel nome del Signore: questa è la nostra priorità. Verranno poi anche gli altri momenti e avremo bisogno di pensare alla ricostruzione, ma in questo primo momento il tempio vivo di Dio sono le persone, le persone che vogliamo servire con la stessa carità di Cristo, Nostro Signore.
Il presidente della Conferenza Episcopale cilena, mons. Alejandro Goic, ha ringraziato con un comunicato la Caritas Italiana per la solidarietà. Ieri la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana ha stanziato un milione di euro in favore della la popolazione colpita dal sisma. In Cile, intanto, è già in corso una raccolta di fondi. Nel Paese caraibico è anche iniziata la Campagna "Il Cile prega e aiuta il Cile", un'iniziativa di raccolta di alimenti non deperibili e denaro, promossa dalla Caritas a nome di tutti i vescovi del Cile. In ogni diocesi sono attivi dei centri per la raccolta di farina, riso, pasta, latte in polvere, olio, zucchero. Entro la fine della settimana, tramite i furgoni Caritas, verranno distribuiti aiuti a 150.000 famiglie nelle zone più colpite.
Missione ad Haiti: la testimonianza di un pediatra del Bambino Gesù
◊ Dopo il devastante terremoto del 12 gennaio scorso, Haiti cerca di risollevarsi: il sisma ha causato circa 300 mila morti e più di un milione e mezzo di sfollati. La ricostruzione sarà lunga. Immense le necessità. Tra i più bisognosi ci sono i bambini, spessi rimasti soli. Tanti i medici stranieri giunti ad aiutare i più piccoli: tra questi il dottor Michele Salata, pediatra dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma che ha collaborato con la rete di assistenza creata sui luoghi del disastro. Eliana Astorri lo ha intervistato al suo rientro in Italia:
R. – Il cuore rimane lì. Tornati in Italia si continua a ripensare ai bambini che abbiamo visto e che abbiamo assistito nell’ospedale.
D. – Quale è stato il primo impatto, appena arrivato?
R. – Il primo impatto è veramente disarmante: un Paese povero, con poche risorse. Immediatamente si vedono i segni devastanti del terremoto, che incidono su una realtà fatta di baracche e di povera gente. L’impatto più duro è quando si entra in ospedale, quando mi sono trovato davanti bambini senza una gamba, senza una gamba e una mano. Il primo pensiero è quello di come farà a ripartire un Paese fatto di giovani adulti che non hanno le mani e che non hanno le gambe. Questa è abbastanza disarmante come prospettiva futura.
D. – Nel suo racconto, pubblicato sul sito pediatrico del Bambino Gesù, lei fa riferimento al diverso modo di operare del personale medico locale. Cosa intende?
R. – E’ una diversità legata alle risorse che sono ancora povere rispetto a quello che è lo standard – chiamiamolo – occidentale e, quindi, la difficoltà era nostra nell’inserirci in maniera corretta, in maniera umile nella loro realtà. E questo perché comunque esistevano gli infermieri, esistevano i pediatri: l’ospedale, prima del terremoto, era un ospedale che aveva una sua funzionalità con standard elevatissimi per la realtà haitiana, con l’utilizzo di tecnologie anche all’avanguardia, per esempio, dal punto di vista della radiodiagnostica. Il nostro impegno era quello di rispettare quella che era la loro strada e il loro percorso anche di crescita, adeguandoci al contempo alla loro cultura. Assistere bambini che poi sotto i nostri occhi sono morti e sapere che con poche cose in Italia sarebbero sopravvissuti. In realtà per loro questa rappresentava la quotidianità prima del terremoto e prima che arrivassero i volontari e i medici internazionali che avevano altri standard ed altri livelli da quelli strumentali a quelli tecnologici.
D. – Quindi, una sorta di rassegnazione e accettazione?
R. – Questo si legge abbastanza. E’ un popolo che è molto provato da continue calamità naturali e sicuramente c’è quindi in questo popolo una grandissima fede in Dio. Purtroppo la rassegnazione in parte si legge, anche se devo dire che chi lavora all’interno dell’ospedale cerca di fare il massimo per i bambini.
D. – Dottor Salata, un medico che opera in quelle condizioni e non può salvare bambini che invece qui ce la farebbero, come si sente?
R. – Il senso di impotenza è fortissimo ed è veramente un susseguirsi di sensazioni, perché purtroppo i casi si ripetevano anche più volte al giorno. L’attività lavorativa era talmente elevata che ci costringeva a distoglierci rapidamente dal senso di frustrazione e di rabbia nel non poter fare di più. Ci aiutavano molto in questo gli stessi genitori che si affidavano nelle mani del Signore, accettavano con la fede, con la preghiera e con amore quella che era la realtà della loro terra, che li aveva provati ancora. Sicuramente per noi la difficoltà enorme è sentirci impotenti di fronte a un piccolo bambino di un chilo che moriva tra le braccia della mamma. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Il silenzio dell'Occidente sulle violenze anticristiane: la riflessione di mons. Bruno Forte sul libro-denuncia di René Guitton
◊ Il silenzio dell’Occidente, e in particolare dell’Europa, sulle violenze anticristiane nel mondo: lo denuncia nel suo libro lo scrittore e intellettuale francese Renè Guitton, membro della rete di esperti delle Nazioni Unite per l’Alleanza delle Civiltà. Il volume, tradotto in italiano col titolo “Cristianofobia - la nuova persecuzione” (Edizioni Lindau), gli è valso in Francia il Premio per i diritti umani. Fabio Colagrande ne ha parlato con l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, che recentemente con René Guitton ha tenuto un dialogo pubblico all’Università teatina:
R. – Il libro parte da dati di fatto. René Guitton ha raccolto dati incontrovertibili che si riferiscono a situazioni di effettiva persecuzione dei cristiani in parecchi Paesi del mondo, soprattutto nell’are islamica, e ha messo in evidenza come di fronte a questo dato di fatto ci sia un reale silenzio della stragrande maggioranza degli organi di informazione, degli opinionisti, dell’intellighenzia, nei Paesi dell’Occidente e specialmente in Europa. Dunque, si tratta di due dati ma a suo avviso incontrovertibili: il dato della persecuzione e il dato di questa omertà, di questo silenzio. Naturalmente, c’è da chiedersi perché questo silenzio: ed ecco che Guitton mette in luce una sorta di pregiudizio laicista che in nome, appunto, di una presunta laicità vorrebbe emarginare ogni forma di sostegno, di difesa del cristianesimo anche in condizioni dove è semplicemente difesa dei diritti umani e della dignità della persona umana, cercando in tal modo di favorire una sorta di presunto dialogo interreligioso che in realtà è però semplicemente perdita di identità. Dunque, il campanello d’allarme è molto serio e aiuta forse tutti, anche gli stessi cristiani, a prendere coscienza della gravità della situazione e dell’esigenza di promuovere una presa di coscienza di ciò che è veramente in gioco, che è il diritto alla libertà religiosa per i cristiani e per tutti.
D. – In Occidente, la giusta denuncia delle persecuzioni che i cristiani subiscono in Paesi a maggioranza islamica non rischia di trasformarsi poi in un sentimento di odio verso i musulmani, in “islamofobia”, come si dice?
R. – Naturalmente, se questo è un rischio non significa però che le forme di “cristianofobia” non vadano denunciate con chiarezza e con fermezza. Io credo che tutto sta a come lo si fa. Se lo si denuncia in nome di una sorta di campagna, di crociata contro l’altro, ovviamente sarebbe un errore; ma se lo si denuncia per promuovere la giustizia, la pace, il rispetto dei diritti umani di tutti e lo si fa con uno stile che promuova il dialogo e l’incontro, oltre che la corresponsabilità e la reciprocità, credo che questo possa solo giovare al bene comune di tutti e alla pace tra le nazioni.
D. – Anche perché denunciare le persecuzioni che i cristiani subiscono nel mondo significa promuovere la libertà religiosa di tutti …
R. – E’ evidente! E naturalmente significa, prima di ogni altra cosa, rispettare persone umane, salvare delle vite …
D. – Dunque, è necessario in Occidente spezzare questo silenzio, denunciare a voce alta le persecuzioni che i cristiani subiscono in diversi Paesi del mondo in questo momento storico …
R. – Certamente, credo che sia un diritto-dovere di tutti per il bene di tutti; quindi non è una bandiera di parte: è veramente un servizio alla causa di tutti ed è un rivendicare l’alternativa alla logica dello scontro, che è la logica, invece, del dialogo e della verità.
Kamikaze contro le elezioni in Iraq: vittime nei seggi
◊ Tre attentati in poche ore a Baghdad nel giorno del voto anticipato per le legislative di domenica: una bomba è esplosa questa mattina poco lontano da un seggio, mentre poco dopo due kamikaze si sono fatti esplodere davanti ad altri due seggi, aperti per consentire il voto di detenuti, pazienti, dipendenti governativi e delle forze di sicurezza. Il bilancio è di almeno 12 morti, tra cui 4 bambini. Ieri a Baquba tre kamikaze avevano provocato oltre 30 vittime. Ma queste consultazioni possono comunque essere interpretate come un segno di democrazia in Iraq? Al microfono di Giada Aquilino, risponde Alessandro Colombo, docente di Relazioni internazionali all’Università di Milano:
R. – Le elezioni non bastano in nessun contesto per parlare di democrazia. Sono naturalmente un passaggio imprescindibile per la transizione verso la democrazia. E’ chiaro che le elezioni in Iraq avvengono quando lo stesso Stato iracheno deve ancora stabilizzarsi e probabilmente anche ricostituirsi.
D. – Uno dei simboli della democrazia è anche la sicurezza. Gli attentati, però, proseguono. Che segnale è?
R. – Gli attentati vanno avanti, ma soprattutto prosegue quella che è la vera incognita di queste elezioni – o, per meglio dire, del dopo elezioni – e cioè la tensione tra le diverse etnie del Paese. Questi attentati servono a tenere viva la possibilità del conflitto e quindi la possibilità della disgregazione che sarebbe – com’è stato fino a qualche anno fa – non soltanto la disgregazione dello Stato ma automaticamente anche la disgregazione di qualunque possibilità di transizione alla democrazia.
D. – Come saranno rappresentate in questo voto le varie anime del Paese? Quindi sciiti, sunniti, curdi; nei giorni scorsi ci sono stati attentati anche contro la minoranza cristiana...
R. – E’ molto difficile dirlo. Nel processo stesso di preparazione delle elezioni sono stati esclusi diversi candidati, per possibili legami in passato con il partito Baath, durante il regime di Saddam Hussein. Queste esclusioni hanno colpito soprattutto la parte sunnita della popolazione ed hanno aggravato le tensioni interetniche nel Paese. Ma la cosa più pericolosa è il fatto che negli ultimi anni la pacificazione dell’Iraq è passata attraverso la disseminazione di promesse: tutte le parti hanno pensato di poter guadagnare qualcosa. Ora si arriva alle elezioni e nel momento in cui ci saranno i risultati qualcuno scoprirà di non aver ricevuto ciò che sperava. Quello sarà il momento decisivo per capire a che livello di stabilizzazione siamo arrivati. Il problema sarà la gestione degli insoddisfatti dopo il voto. Chiaramente ci saranno delle parti che usciranno insoddisfatte, qualcuno magari gravemente insoddisfatto e lì vedremo se si sceglieranno delle vie pacifiche per manifestare tale insoddisfazione oppure se si andranno a rafforzare i gruppi di insurrezione, che ancora ci sono. Non dimentichiamoci che l’anno scorso – anche se le truppe internazionali hanno avuto molte meno vittime che in passato – la popolazione irachena ha pagato ancora un tributo di migliaia di morti.
Messaggio del vescovo di Locri per la Quaresima: non trasformare i Sacramenti in debiti
◊ Per la Quaresima il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, ha inviato alla sua diocesi un messaggio in cui ricorda l’invito fatto da Benedetto XVI ad assumere uno stile di vita più sobrio e meno dispendioso. In particolare si riferisce alle feste in occasione di battesimi, prime comunioni, cresime e matrimoni. Ormai - scrive il presule - non si bada più a spese e le famiglie, spesso indebitandosi, si rincorrono l’una con l’altra per fare bella figura senza comprendere il vero significato dei sacramenti. Mons. Fiorini Morosini esorta quindi a riscoprire durante questa Quaresima l'autentica conversione cristiana. Ascoltiamolo al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Mi sembra questa, oggi, la necessità urgente. Non sono tanto le piccole mortificazioni, che pur le dobbiamo fare, ma è veramente un ripensamento del contesto generale della vita, perché la realtà sociale, politica, economica nella quale siamo inseriti ha bisogno proprio di questo ripensamento cristiano del nostro modo di essere nella realtà.
D. – In particolare, lei sottolinea un’usanza sociale diffusa nella sua diocesi per quanto riguarda la festa in occasione dei Sacramenti del Battesimo, delle Prime Comunioni, delle Cresime e dei Matrimoni: cosa succede in queste situazioni?
R. – Penso che non sia un problema solo della mia diocesi, penso che sia così in tutto il Sud: ormai, la festa in occasione dei Sacramenti è diventata un obiettivo fondamentale da parte dei genitori, con la celebrazione esteriore della festa a discapito di una comprensione autentica dell’incontro con il Signore attraverso i Sacramenti. E questo sta determinando un costume sociale che spesso favorisce anche quella piaga terribile che è l’usura. Perché genitori che non hanno possibilità economiche ricorrono a prestiti. I prestiti poi non riescono ad onorarli e allora cadono nelle mani degli usurai.
D. – Lei, come pastore, si trova spesso a dover affrontare casi di questo genere?
R. – La Caritas diocesana e anche il centro anti-usura mi hanno segnalato diversi casi. Tante famiglie che sono cadute nell’usura e hanno avuto alla base, come motivazione, proprio debiti non restituiti contratti in occasione di queste celebrazioni.
D. – Anche perché, come scrive lei, c’è il dubbio che davvero i Sacramenti siano diventati solamente un fatto di tradizione …
R. – Assolutamente: questo, purtroppo, lo dobbiamo constatare. Viene fatto senza cattiveria, da parte della gente ma dobbiamo constatare che il Sacramento come incontro con Cristo si fa fatica a credere che ci sia.
D. – E alla Chiesa, dunque, che compito si chiede, proprio per impedire questa deriva?
R. – L’evangelizzazione, anzitutto. Noi come diocesi ci siamo impegnando proprio per formare cristiani adulti che prendano sul serio il Vangelo.
D. – Come è il rapporto con i giovani, nella sua diocesi? C’è una pastorale giovanile che funziona?
R. – Non troppo, c'è una pastorale piuttosto rivolta a quelli che chiamiamo “giovani” e che sono sostanzialmente adolescenti. Questo avviene non solo nella mia diocesi ma in tutta la Calabria: ci stiamo preparando ad un convegno di pastorale giovanile nel 2011 perché affronti questo problema, di come ascoltare i giovani, di come impostare una pastorale nuova per loro.
D. – Quali sono gli altri aspetti sociali problematici?
R. – Il problema fondamentale è il rapporto tra religiosità popolare esteriore e scelte di fede forti, che coinvolgano nella vita. Questo nel Sud d’Italia è il problema più importante che deve essere affrontato e risolto. C’è una religiosità che tocca tutte le fasce di età: io vedo tanti giovani che, nelle feste popolari sono così entusiasti nel portare l’immagine dei Santi, ma poi la situazione diventa problematica per quanto riguarda la partecipazione alla vita ecclesiale, nelle scelte comportamentali siano autenticamente cristiane. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
La Chiesa caldea invita i cristiani iracheni a votare
◊ Clima di attesa in Iraq dove domenica si vota. Un importante appuntamento elettorale che viene salutato con favore dal cardinale Emmanuel III Delly, patriarca di Baghdad dei caldei. All’agenzia Sir, il porporato ha chiesto alla popolazione di recarsi alle urne e “di farlo per il bene dell'Iraq”. "Stiamo pregando – ha aggiunto - perché tutto avvenga senza violenza e nell'ordine". Negli ultimi giorni sono però aumentati gli attentati con decine di vittime: "sono iracheni contro iracheni, partiti contro partiti, ognuno lotta per i suoi interessi". Un appello è stato lanciato anche da mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad, che ha esortato i cristiani – riporta l’agenzia Fides - a “votare e a eleggere candidati che lavorino per il bene dell’Iraq, perché nel Paese tornino a regnare i diritti umani e la libertà religiosa”. Il presule, respingendo qualsiasi strumentalizzazione politica, ha parlato della delusione della comunità cristiana per le violenze subite e soprattutto perché la loro vita "non sembra fra le priorità. Siamo vittime del fanatismo – ha aggiunto - e della generale instabilità, che lascia mano libera a quanti vogliono usare la violenza per intimidire. Le cause possono essere molte e diverse, ma il fine sembra chiaro e unico: diminuire sempre più la presenza cristiana in Iraq, emarginarla, privarla dei diritti”. Mons. Warduni ha concluso ricordando le parole del Papa “che ci incoraggiano – ha proseguito - e ci fanno sentire il sostegno dei fedeli in tutto il mondo: sappiamo che non siamo soli e lo ringraziamo per questo, ma qui la situazione resta molto difficile”. L'agenzia Fides ha pubblicato oggi i dati che danno un quadro della sofferenza dei cristiani iracheni: circa 2.000 sono stati uccisi in diverse ondate di violenza; fra il 27 febbraio e il 1 marzo 2010, 870 famiglie, per oltre 4.400 fedeli, hanno lasciato Mossul a causa della violenza anticristiana mentre nell’ottobre 2008 oltre 12.000 cristiani sono fuggiti da Mossul; secondo fonti Unhcr il 40% dei rifugiati iracheni all’estero (circa 1,6 milioni in totale) sono cristiani; così come è cristiano il 44% degli iracheni che hanno fatto domanda di asilo in Siria. Le domande di asilo crescono in Giordania, Turchia e in paesi occidentali (soprattutto Svezia e Australia). (B.C.)
Libano: il 13 marzo Giornata di solidarietà per i cristiani iracheni
◊ Il prossimo 13 marzo, a Beirut, si svolgerà una giornata di solidarietà per l’Iraq e la sua comunità cristiana. A dichiararlo al'agenzia Sir è mons. Michel Kassarji, vescovo di Beirut dei Caldei, tra i promotori dell’iniziativa. “In Libano – spiega il vescovo – abbiamo circa 50 mila iracheni, di questi 8 mila sono cristiani, in larghissima maggioranza caldei. Molti di loro sono stati minacciati, scacciati di casa, hanno subito lutti. Nonostante tutte le sofferenze patite e che continuano a subire come rifugiati, vogliamo aiutarli a restare attaccati all’Iraq. Il desiderio di tutti, infatti, è quello, un giorno, di farvi ritorno. Il voto di domenica 7 potrebbe rappresentare una prima tappa di avvicinamento”. “La giornata del 13 marzo – afferma mons. Kassarji – prevede una serie di dibattiti, la proiezione di un film sull’Iraq, ma soprattutto ascolteremo delle testimonianze di iracheni riparati in Libano per sfuggire alle violenze. A conclusione verrà celebrata una Messa solenne, nella basilica di Nostra Signora del Libano ad Harissa, durante la quale lanceremo un appello alle Istituzioni libanesi affinché si adoperino per aiutare i rifugiati iracheni che in Libano non hanno nulla, non possono lavorare, andare a scuola, avere l’assistenza sanitaria. A questo riguardo, grazie anche all’aiuto della Congregazione per le Chiese orientali, fra due mesi apriremo un centro di assistenza sanitaria per i rifugiati, con 15 medici specialisti”. Alla Giornata hanno aderito anche i vescovi maroniti i quali hanno, nel corso della loro riunione mensile a Bkerké, espresso solidarietà ai cristiani iracheni che, si legge nella nota finale dell’incontro, “costituiscono un elemento di cultura, di stabilità e di prosperità per l’Iraq”. Nel comunicato i presuli maroniti esprimono anche soddisfazione per la decisione del governo di decretare il giorno dell’Annunciazione, 25 marzo, come festa nazionale, “sotto gli auspici di una festa comune tra cristiani e musulmani” e lanciano un appello al governo perché superi l’impasse attuale e “risponda ai bisogni del popolo”. (R.P.)
A Falluja cresce il numero dei bimbi deformati dopo i bombardamenti del 2004
◊ Fa discutere l’inchiesta trasmessa dalla BBC, nei giorni scorsi. Si tratta – riferisce l’agenzia Misna - di un reportage effettuato nella città di Falluja, in Iraq, teatro di bombardamenti americani nel 2004. Secondo le voci raccolte dal giornalista John Simpson, circa mille bambini nascono ogni anno con malformazioni, soprattutto cardiache, sarebbero “due o tre al giorno”. All’origine di questa tendenza ci sarebbe l’impiego di “armi sofisticate”; nel passato alcune inchieste parlarono di bombardamenti al fosforo bianco, agente chimico che favorisce la distruzione del tessuto organico. Il reportage dell’emittente inglese ha anche rivelato che le macerie degli edifici distrutti nei bombardamenti vennero trasportate dai bulldozer nel fiume che attraversa la città, da sempre principale fonte di approvvigionamento d’acqua per gli abitanti.(B.C.)
Pakistan: attacco xenofobo contro un scuola dei salesiani in Beluchistan
◊ I salesiani di Quetta, nella regione del Beluchistan – territorio al confine con l’Afghanistan – sono ancora traumatizzati dall’attacco xenofobo che ha colpito il loro Centro scolastico. Come l’agenzia Fides apprende dai missionari impegnati in loco, la violenta aggressione è avvenuta circa un mese fa (il 6 febbraio), ma ha lasciato tracce che ancora oggi si fanno sentire: uno dei religiosi salesiani, che ha subito un grave trauma psicologico, ha dovuto lasciare temporaneamente il Paese, mentre tutti gli altri religiosi, per paura di ulteriori attacchi e per tutelare la loro incolumità, ogni notte si rifugiano nella sede della Prefettura apostolica di Quetta, che gode di maggiore protezione. Almeno 8 uomini armati hanno attaccato all’improvviso il Centro scolastico, saccheggiandolo e minacciando fortemente il personale religioso con frasi intimidatorie come: “Non vogliamo stranieri qui. Andatevene, o sarà peggio per voi”. Non è accertato se si trattasse di fondamentalisti islamici dell'Esercito di Liberazione del Beluchistan (un gruppo indipendentista che imperversa nella regione) o se fossero semplici criminali. “Certo, è un atto molto grave, che ci lascia sgomenti”, commenta padre Eric Englet, direttore di "Missio Muenchen”, istituzione tedesca che sostiene i progetti dei salesiani a Quetta: “Siamo molto preoccupati per questo atto xenofobo. I salesiani operano per l’istruzione di bambini cristiani e musulmani, in un territorio che registra un tasso di analfabetismo pari al 70%. La loro opera di formazione culturale e professionale ha un’importanza decisiva per lo sviluppo”, nota padre Englet. Il responsabile del Centro dei salesiani, padre Peter Zago, e altri collaboratori stranieri continuano a lavorare, tenendo in funzione la scuola con l’aiuto di insegnanti locali, ma non nascondono i loro timori e prevedono di aumentare le misure di sicurezza. Secondo padre Zago, “a causa dell’analfabetismo imperante, la regione è particolarmente ricettiva alla propaganda fondamentalista islamica. Il fatto che ci occupiamo dei bambini più poveri, senza alcuna discriminazione fra cristiani e musulmani, finora era stata una garanzia per la nostra sicurezza”, spiega il religioso. Il Centro comprende una casa di accoglienza per 50 ragazzi e una scuola con 60 insegnanti per 1.300 bambini. Svolge anche programmi di assistenza per consentire alle ragazze di famiglie povere l'accesso all'istruzione e alla formazione professionale. I salesiani lavorano a Quetta dal 1998, portando il loro carisma e il loro impegno soprattutto nel campo della formazione scolastica e professionale. (R.P.)
I cristiani copti d’Egitto denunciano difficoltà dopo gli attacchi di Natale
◊ Nell’incontro avvenuto nei giorni scorsi al Cairo tra la delegazione dell’Agorà dei giovani del Mediterraneo, guidata da don Francesco Pierpaoli, e mons. Makarios Tewfik, vescovo di Ismayliah dei copti, si è discusso della strage dei cristiani del 7 gennaio scorso. Proprio il presule – riferisce il Sir – ha affermato che oggi la situazione è più calma, i cattolici copti godono di una buona reputazione ma le richieste di costruire nuove chiese non vengono accolte. Mons. Tewfik ha invitato a non dimenticare quanto accaduto all’inizio di gennaio, “i cristiani di Alessandria – ha aggiunto - sono stati bersaglio di attacchi e il governo non ha mai preso posizione, nonostante il presidente Mubarak continui a ripetere che in Egitto siamo tutti uguali”. L’Agorà concluderà il suo viaggio in Nord Africa sabato prossimo. (B.C.)
Brasile: progetto dei religiosi per assistere i bambini mutilati di Haiti
◊ Recentemente la Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb) ha accolto e approvato all'unanimità il "Progetto della Chiesa del Brasile, solidale con Haiti", presentato al Consiglio permanente della Cnbb dal Consiglio dei Religiosi del Brasile (Crb) e dalla Caritas Brasile. Contattata dall’agenzia Fides, suor Antonia Mendes Gomes, incaricata dalla Crb per il progetto di solidarietà con Haiti, ha spiegato che l’iniziativa, ancora in fase di preparazione, intende dare vita ad una équipe multidisciplinare di religiosi e religiose per andare a prestare la loro opera nella capitale haitiana di Port au Prince. Incaricato del coordinamento del progetto è il Consiglio missionario nazionale (Comina), che raduna le forze della Chiesa missionaria in Brasile, Cnbb, Crb, Ccm, Pom con il sostegno della Caritas brasiliana, del Consiglio nazionale dei Laici del Brasile e dell’Anec. Il progetto consiste nella creazione di una comunità religiosa ad Haiti per assistere i bambini mutilati vittime del terremoto. La comunità avrà sede a Port au Prince e sarà attiva per la durata di un minimo di 5 anni e un massimo di 10. Il desiderio è che questo gruppo sia costituito da una équipe multidisciplinare: religiosi e religiose, medici, infermieri, terapisti, fisioterapisti, educatori, assistenti sociali appartenenti a diverse congregazioni religiose. Secondo suor Marian Ambósio, presidente del Crb, altre iniziative dovrebbero essere incluse nel progetto. Una delle maggiori preoccupazioni dei vescovi brasiliani è infatti come aiutare la Chiesa di Haiti per la formazione dei seminaristi e la ricostruzione delle chiese, delle canoniche, dei seminari e delle case di formazione delle congregazioni religiose. (R.P.)
Malaysia: mano tesa della Chiesa nei confronti di due giornalisti musulmani
◊ L’agenzia Fides ha riferito che la Chiesa di Kuala Lumpur ha deciso di non procedere per via legale nei confronti di due giornalisti della rivista islamica Al-Islam, denunciati per aver ridicolizzato l’Eucarestia. Alla Chiesa basterà soltanto un segno di pentimento come le scuse pubbliche “perché - ha detto mons. Murphy Nicholas Xavier Pakiam, arcivescovo di Kuala Lumpur - il perdono è parte integrante della nostra missione”. In tal modo si vuole chiudere la vicenda che ha causato sofferenza e indignazione nella comunità cristiana. I due giornalisti avevano realizzato, a maggio scorso, un servizio in cui si ridicolizzava il sacro rito dell’Eucarestia e la religione cristiana. Avevano partecipato a una Santa Messa e dopo aver preso la Comunione avevano criticato i cristiani perché convinti che “in quel pezzo di pane sia presente Gesù Cristo”. Dopo la denuncia di alcuni fedeli, la polizia aveva aperto una indagine e accusato i due reporter di aver “causato disarmonia, sentimenti di inimicizia e odio e pregiudicato l’armonia religiosa nel Paese”. Le pene per questo reato prevedono il carcere da due a cinque anni. (B.C.)
Indonesia: il vescovo di Bandung sull'importanza del dialogo interreligioso
◊ “Essere religiosi, in Indonesia, significa essere interreligiosi”: un forte appello a dialogare con tutte le fedi è stato lanciato da mons. Johannes Pujasumartam, segretario generale della Conferenza episcopale indonesiana e vescovo di Bandung, intervenuto durante un congresso della Comunione delle Chiese in Indonesia, un’organizzazione protestante. “Il dialogo è un modo maturo e intelligente di essere indonesiani - ha insistito monsignor Pujasumartam – e se la Chiesa vuole davvero avere un ruolo in questo paese, ci deve essere un’autentica cooperazione”. Nel suo discorso, di cui alcuni stralci sono stati riferiti dall’agenzia di stampa cattolica indonesiana Ucan ripresa dalla Misna, il vescovo, per altro esponente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha invitato le Chiese a unirsi per lottare contro la povertà, fonte d’ingiustizie. “La Chiesa che stiamo costruendo – ha aggiunto monsignor Pujasumartam – dovrebbe essere la Chiesa dei poveri e una Chiesa che si preoccupa per le vittime di questa ingiustizia”. In Indonesia la religione musulmana è di gran lunga la più diffusa, mentre tra i cristiani i più numerosi sono i protestanti. Su 231 milioni di abitanti, i cattolici sono otto milioni. (R.P.)
Sud Corea: l'impegno della Chiesa per i profughi nordcoreani
◊ I rifugiati nordcoreani nella parte Sud della penisola “sono ancora troppo lontani dall’integrazione. Inoltre, il loro numero si è moltiplicato: dai 947 del 1998 siamo arrivati a 16.513, e continuano a crescere. Nel 2010 ci aspettiamo altri 3mila esuli, e nel 2011 il numero totale supererà le 20mila unità”. Lo dice ad AsiaNews un dirigente di Hanawon (che significa “Corea unita”) l’Istituzione governativa sudcoreana che aiuta i rifugiati del Nord a integrarsi. Secondo i dati dell’organizzazione, che opera in un campo estremamente sensibile per tutta la penisola coreana, il 58,4% di coloro che chiede asilo politico si considera ancora cittadino del Nord, e soltanto il 6,3% si ritiene integrato nel nuovo Paese. Il problema deriva sia dal duro indottrinamento politico a cui tutti i nordcoreani sono sottoposti dal regime stalinista di Kim Jong-il, sia da una difficile integrazione con i più moderni, e liberi, sudcoreani. Anche la Chiesa cattolica si è occupata del problema, e all’inizio dell’anno ha tenuto un seminario di 3 giorni dal tema “Saetomin, agenti del Vangelo”. Saeteomin in coreano significa “rifugiati, coloni”, ed è il termine con cui i sudcoreani chiamano coloro che riescono a scappare dal regime di Pyongyang per stabilirsi dall’altra parte del confine. Col tempo, dato il bassissimo livello di integrazione degli esuli, è divenuto un termine dispregiativo. Per il professore cattolico Ko Kyeong-bin, che insegna all’Università di Seoul e ha concluso l’incontro, “l’agonia dei 20mila saeteomin che vivono qui ci preoccupa molto. D’altra parte, questi sono soltanto lo specchio dei 20 milioni di nordcoreani che arriveranno da noi dopo la riunificazione delle due Coree. Dobbiamo fare molta strada, prima di essere pronti ad accoglierli nel modo giusto”. (R.P.
Repubblica Centrafricana: il vescovo di Bangassou denuncia le violenze dei ribelli ugandesi
◊ “I guerriglieri dell’Lra hanno causato gravi danni materiali ma sono soprattutto quelli psicologici ed umani che mi rattristano” dice all’agenzia Fides mons. Juan José Aguirre Muños, vescovo di Bangassou, nella cui diocesi rientra la missione di Rafai nel sud-est della Repubblica Centrafricana, attaccata recentemente dai guerriglieri ugandesi dell’Esercito di Liberazione del Signore (Lra). "I ribelli hanno razziato completamente la missione cattolica e solo l’intervento di un reparto dell’esercito ha evitato che due cooperanti francesi venissero rapiti” dice mons. Aguirre Muños. “I due cooperanti, un uomo ed una donna, insegnavano nel liceo gestito dalla Suore Francescane di Montpellier. In questa zone la Chiesa gestisce scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari fino ai licei. A Bangassou abbiamo anche un istituto tecnico per i ragazzi di strada e le ragazze madri” dice mons. Aguirre Muños. La presenza dei guerriglieri dell’Lra costituisce una serie minaccia per le popolazioni locali e la vita della missione nella diocesi. Mons. Aguirre Muños spiega come è stato possibile che un gruppo di guerriglia da anni attivo nel nord Uganda, sia giunto a minacciare il sud-est della Repubblica Centrafricana, che non ha un confine comune con l’Uganda. “Da qualche anno l’Lra si è spostato dal nord Uganda per stabilirsi prima a Juba, nel sud Sudan, poi nei pressi di Isiro, nella foresta di Garamba, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo” dice il vescovo di Bangassou. “Qui i ribelli ugandesi avevano stabilito il loro quartiere generale, dotato pure di alcune piste dove atterravano dei piccoli aerei che trasportavano i rifornimenti. Di chi siano questi aerei e da dove giungessero non si sa. Nel dicembre 2008 gli eserciti di Uganda, sud Sudan e RD Congo, attaccarono il quartiere generale dell’Lra nella foresta di Garamba. Il leader dell’Lra, Joseph Kony riuscì però a fuggire alla cattura, così come buona parte dei guerriglieri. L’operazione militare del 2008 ha avuto due conseguenze - spiega mons. Aguirre Muños - In primo luogo i guerriglieri si sono vendicati sulla popolazione civile congolese, compiendo atrocità inenarrabili. Ho raccolto testimonianze dei sopravvissuti e ho visto delle fotografie sulle violenze dei guerriglieri che sono impressionanti. In secondo luogo - continua il vescovo - i guerriglieri si sono divisi in un centinaio di piccoli gruppi. Alcuni di questi sono entrati in Centrafrica. La prima località che è stata attaccata è stata Obo, che si trova al confine centrafricano con il Sudan e l’estremo nord-est della RDC. Hanno saccheggiato il villaggio ed hanno rapito 74 persone. Buona parte di queste sono state in seguito rilasciate, alcune dopo un anno e mezzo di prigionia. “Prima di Rafai, i guerriglieri avevano attaccato la cittadina di Zacko, dove avevano ucciso due persone e rapito 55 giovani, la maggior parte dei quali sono stati liberati. Nelle mani dell’Lra rimangono però una quindicine di ragazze” dice mons. Aguirre Muños. (R.P.)
Sud Africa: campagna contro la violenza sulle donne per i Mondiali di calcio
◊ In occasione della World Cup 2010, che si terrà in Sud Africa dall’11 giugno all’11 luglio prossimo, verrà lanciata una Campagna quinquennale per fermare la violenza contro le donne (VAW) e le ragazze. Organizzata dal gruppo internazionale Man Up, radunerà 200 giovani uomini e donne provenienti da 50 Paesi di tutto il mondo. L’obiettivo di Man Up - riferisce l'agenzia Fides - è quello di sostenere le organizzazioni che combattono la violenza contro le donne, costituire una rete di giovani supporter e difensori, ed unire gli sforzi della comunità di base con le organizzazioni internazionali, quelle aziendali, sportive e di rappresentanza. Man Up è una organizzazione internazionale che mobilita i giovani leader in un movimento per fermare la violenza contro le donne e le ragazze, sfruttando il potere universale della musica e dello sport, offre formazione innovativa, risorse e sostegno ai giovani, uomini e donne, e alle organizzazioni che collaborano con loro. Il gruppo invita tutti a prendere parte a questo summit globale in Sud Africa. I delegati al Summit impareranno a pianificare e mettere in pratica le iniziative nei loro rispettivi Paesi di origine oltre a ricevere risorse e guide da importanti organizzazioni non governative, atleti, musicisti e artisti, nel corso dei cinque anni della campagna. Questo stesso gruppo di delegati si incontrerà di nuovo in Brasile in occasione della World Cup 2014 per condividere le loro esperienze e dimostrare come i giovani possono rendere il mondo un luogo più sicuro per le donne. Secondo le statistiche, una donna su tre in tutto il mondo ha subito violenza almeno una volta nella vita. L’organizzazione Man Up è stata ufficialmente lanciata nel mese di settembre 2009 in occasione del Clinton Global Initiative a New York. (R.P.)
Unesco: necessario garantire l’istruzione di base ai bambini africani
◊ Promuovere nei Paesi dell’Africa una riforma globale e completa dell’istruzione di base, fornendo un quadro di riferimento per il rinnovo dei curriculum scolastici e favorire il miglioramento di qualità, pertinenza e uguaglianza per quel che riguarda la formazione scolastica. E’ la strada indicata dalla conferenza che si è conclusa ieri a Ouagadougou, in Burkina Faso. L’iniziativa – si legge sulla Misna – è stata organizzata dall’Unesco in collaborazione con l’Ufficio regionale dell’Onu per l’istruzione in Africa (Breda). In Africa sub-sahariana, secondo i più recenti dati delle Nazioni Unite, ci sono 72 milioni di bambini in età scolare e altri 71 milioni di ragazzi ormai adolescenti rimasti esclusi dall’istruzione di base. Le disparità dei vari Paesi rispecchiano poi le ineguaglianze globali. Infatti, i bambini all’interno del 20% più povero, nelle società di Stati come Etiopia, Mali o Nigeria, hanno tre volte meno probabilità di essere inseriti nella scuola primaria rispetto a quelli appartenenti al 20% più ricco. (B.C.)
L’Africa prima vittima dei cambiamenti climatici
◊ L'Unione Africana ha celebrato ieri ad Arusha, in Tanzania, la Giornata africana dell'ambiente con l’obiettivo di sensibilizzare dirigenti e comunità locali verso una maggiore consapevolezza delle conseguenze dei cambiamenti climatici sull’Africa. E’ stata poi lanciata – riferisce la Misna - la proposta di istituire una “Carta africana di compenso volontario e solidale” per sostenere i Paesi del continente nella lotta al riscaldamento globale. In un’intervista al sito web “Afrik.com”, il ministro dell’ambiente del Mali, Tiémoko Sangaré, ha affermato che “l’Africa è la prima vittima dei cambiamenti climatici: desertificazione, deterioramento della qualità dei terreni coltivabili, lunghi periodi di siccità seguiti da inondazioni con la conseguente riduzione e distruzione delle produzioni agricole mentre la popolazione aumenta”. Sangarè ha sottolineato che i prezzi alimentari continuano a restare elevati e che pesa sul futuro del grande continente la “cattiva gestione del problema a livello mondiale”. Il ministro, ricordando la Conferenza sul clima di Copenhagen del dicembre 2009, ha aggiunto che nessuna misura concreta è stata adottata a favore dei Paesi più poveri: l’Africa pur non essendo responsabile delle emissioni nocive, ha ricevuto soltanto promesse finanziarie. Nonostante i dati parlino chiaro perché, secondo la Fao, sono 200 milioni le persone che soffrono di malnutrizione per la sola Africa sub sahariana. (B.C.)
Vietnam: dopo 50 anni le suore di Saint Paul de Chartres sono tornate ad Hanoi
◊ L’avvenimento è stato celebrato ad Hanoi il 1° marzo dall’arcivescovo Joseph Ngo Quang Kiet, insieme ai vescovi Stephen Nguyen Nhu The di Hue, Josep Nguen Chi Linh di Thanh Hoa e decine di sacerdoti. Mons. Kiet ha invitato i presenti a “ringraziare Dio per la testimonianza di fede incrollabile delle suore di Saint Paul de Chartres. I loro beni sono stati confiscati uno ad uno. Ciò che è restato è divenuto sempre più piccolo, il loro numero si è ridotto, alcune sono morte, altre imprigionate. Ciò malgrado, le suore hanno continuato a servire il popolo con tutto il loro cuore”. La suore di Saint Paul de Chartres - riporta l'agenzia AsiaNews - sono una congregazione missionaria internazionale fondata in Francia nel 1696 da don Louis Chauvet, parrocco di Levesville-la-Chenard, e arrivate in Vietnam nel 1860, durante la dura persecuzione anticattolica del regno di Tu Duc (1847-1883). Si stabilirono a Hanoi nel 1883, quasi alla fine del periodo di 261 anni, dal 1625 al 1886, durante il quale 130mila cattolici furono uccisi. Le suore educavano i bambini, visitavano i malati e aiutavano i pazienti negli ospedali. Malgrado le ondate delle perseuzioni subite, sono serenamente riuscite a piantare i semi del regno di Dio, sperando che esso cresca, fiorisca e porti molto frutto. Trattate con grande ostilità dalle autorità dopo la presa del potere da parte dei comunisti, nel 1954, erano state costrette ad abbandonare tutte le loro missioni ad Hanoi. (R.P.)
La Chiesa vietnamita prepara il battesimo di 650 catecumeni
◊ In occasione della Quaresima la Chiesa vietnamita ha accolto oltre 650 nuovi catecumeni che saranno battezzati il giorno di Pasqua. In 200 seguiranno il cammino di formazione nella diocesi di Ha Noi, 450 in quella di Ho Chi Minh City. La loro presentazione alle comunità - riferisce l'agenzia AsiaNews - è avvenuta lo scorso 28 febbraio nelle rispettive cattedrali delle due diocesi. Nella cattedrale di Ho Chi Minh City oltre 1500 fedeli hanno partecipato alla messa presieduta dal cardinale Pham Minh Man. Nell’accogliere i catecumeni mons. Joseph Ngo Quang Kiet, arcivescovo di Hanoi ha affermato: “Voi avete avuto la determinazione di seguire Gesù. Quindi oggi siete introdotti nella nostra comunità, state per entrare nella Chiesa e nella famiglia di Dio”. Il prelato ha invitato tutta la comunità locale a contribuire alla loro formazione seguendo gli insegnamenti di Cristo. Tra coloro che seguono il cammino di fede verso il battesimo, molti sono di religione buddista. “ Ho visto i cattolici vivere bene tra noi – racconta un anziano buddista – loro credono in Dio e si comportano bene con noi, così io e la mia famiglia abbiamo deciso di conoscere meglio Dio”. In Vietnam i cattolici sono circa 6 milioni e rappresentano l’8,5% della popolazione. Dal 1975 il Paese è retto da un governo comunista che limita la libertà religiosa, sottoponendo le attività religiose all’approvazione delle autorità civili. Spesso i cattolici sono oggetto di violenze ed abusi. Il servizio ai poveri e ai malati compiuto da sacerdoti, religiosi e fedeli all’interno delle comunità, affascina la gente che continua a convertirsi al cattolicesimo nonostante le violenze e il materialismo presente nella società. Frate Houang, francescano, afferma: “In questi giorni un giovane malato di Aids mi ha chiesto con le lacrime agli occhi di aiutarlo a seguire gli insegnamenti del Signore”. Mons. Domique Nguyen Chu, vescovo di Xuan Loc dice che aiutare orfani, poveri anziani e malati è uno dei compiti fondamentali per ogni cattolico e porta la gente a entrare nella Chiesa. “Il sentiero non è difficile tra montagne e fiumi – afferma il prelato citando un’antica canzone vietnamita – ma è difficile se siamo spaventati dalle difficoltà”. L’anno scorso nella diocesi sono state battezzate oltre 1000 persone. (R.P.)
In Olanda aperta un’indagine sui presunti casi di pedofilia in un istituto religioso
◊ Secondo quanto riporta l’Osservatore Romano, il presidente della Conferenza episcopale olandese, mons. Adrianus Herman van Luyn, vescovo di Rotterdam, ha deciso l’apertura di un’inchiesta per far luce sulle denunce di presunti casi di pedofilia commessi in un istituto salesiano negli anni '60-'70. Il prossimo 9 marzo, la vicenda sarà affrontata dagli stessi vescovi e nell’occasione sarà deciso se estendere l’indagine ad altri istituti. “La nostra principale preoccupazione – ha detto all’Ansa il padre superiore dei salesiani Herman Spronck - sono le vittime che hanno il diritto di vedere riconosciuto il male che è stato loro fatto”. Al momento sarebbero tre le persone individuate. Lo stesso religioso ha affermato che i casi di pedofilia probabilmente non sono da limitarsi al solo istituto di 's-Heerenberg – oggi chiuso – pertanto ha invitato le “possibili vittime di abusi” a registrarsi presso un sito internet istituito già nel 1995 per raccogliere le denunce. Intanto sull’argomento è intervenuto anche mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, che ha sottolineato come “gli abusi sessuali sui minori non siano un problema specifico della Chiesa cattolica”. Da qui l’invito all’intera società affinchè affronti questo tema. (B.C.)
Germania: documento comune dei cattolici e degli ortodossi sulla domenica
◊ “L’anno ecclesiastico nella tradizione dell’Oriente e dell’Occidente – la domenica- ‘giorno festivo originario dei cristiani”. E’ il nome del documento presentato nei giorni scorsi a Regensburg messo a punto dalla Commissione comune della Conferenza episcopale tedesca e della Chiesa ortodossa. Un testo che – ha detto al Sir mons. Gerhard Ludwig Müller, vescovo di Regensburg e presidente cattolico della Commissione comune - può contribuire a promuovere il rispetto e la comprensione reciproci. In esso si evidenziano i punti in comune, così come le differenze tra le posizioni delle due Chiese, la storia della domenica e il modo in cui questa si è evoluta nella tradizione della Chiesa cattolica ed ortodossa. Per il metropolita greco-ortodosso Augoustinos, presidente ortodosso della Commissione, ha sottolineato che "un dialogo ecumenico che fosse solo uno sforzo concettuale astratto di pochi specialisti, e rinunciasse a includere completamente il popolo di Dio, sarebbe condannato al fallimento”. (B.C.)
Le diocesi spagnole celebrano domenica la Giornata Ispanoamericana
◊ “Sacerdoti: discepoli e missionari” è il motto della Giornata Ispanoamericana, promossa dall'Opera di cooperazione sacerdotale ispanoamericana dell'episcopato spagnolo, che cade domenica prossima. Obiettivo di questa celebrazione in tutte le diocesi della Spagna è ricordare il secolare impegno missionario dell’episcopato spagnolo a favore di altre Chiese latinoamericane bisognose di sostegno pastorale. Per l’occasione, la Pontificia Commissione per l'America Latina ha inviato un messaggio nel quale si ricorda l’importante concomitanza con l’Anno Sacerdotale indetto dal Papa e la figura del curato d’Ars nella cui vita – si legge sull’agenzia Fides – traspare “la fede incrollabile di un autentico discepolo di Cristo e uno spirito missionario forgiato nel calore della preghiera. Nel celebrare la Giornata Ispanoamericana - continua il testo - il nostro sguardo si rivolge nuovamente verso l’America Latina come terra di Missione”, o anche “Continente della Speranza”. “Oggi si rinnova questa chiamata stimolante perché, come autentici discepoli di Cristo, molti rispondano con coraggio alla vocazione di annunciare il Vangelo fino agli estremi confini della terra, e perché – conclude il testo - un numero maggiore di sacerdoti e missionari siano disposti a dedicare la loro vita con generosità al grande impegno dell’evangelizzazione”.(B.C.)
Svizzera: all'Assemblea dei vescovi la solidarietà con le Chiese in difficoltà
◊ È stata presieduta dal nuovo presidente mons. Norbert Brunner la 287.ma assemblea ordinaria dei vescovi svizzeri che si è conclusa ieri a Lugano. Nel corso di tre giornate di lavori, i presuli hanno discusso in particolare della solidarietà con le Chiese che stanno vivendo momenti difficili, come è il caso di quelle di Haiti, Cile, Iraq ed Egitto. “I cristiani esprimono anzitutto la loro solidarietà attraverso la preghiera – scrivono i vescovi svizzeri nel comunicato finale della loro assemblea – per ricordare che Dio è la fonte di ogni speranza. Ma anche la solidarietà materiale è necessaria”. Per questo la Conferenza episcopale svizzera ha deciso di destinare le offerte raccolte, alla ricostruzione della Chiesa cattolica di Haiti. I presuli, poi hanno voluto lanciare un appello perché vengano rispettate le minoranze in Iraq – dove recentemente i cristiani sono stati vittime di violenze – invitando i fedeli a pregare per la pace nel Paese. E ancora i vescovi chiedono preghiere per i cristiani in India, Nigeria ed Egitto, Paese con il quale la Chiesa svizzera ha un legame particolare per la presenza in Svizzera dell’Abbazia di San Maurizio, fondata sulle tombe dei martiri della Legione di Tebe. In Egitto, attualmente, nella regione d’origine della Legione, i copti stanno costruendo una chiesa dedicata ai martiri di San Maurizio e per questo l’abate ha deciso di donare delle reliquie. Infine i vescovi hanno espresso disapprovazione per il suicidio assistito appoggiando la posizione degli esperti della commissione di bioetica della Conferenza episcopale. (T.C.)
Lectio magistralis di mons. Bruguès ieri alla Cattolica di Milano
◊ Il Concilio Vaticano II può essere “una bussola per i nostri tempi” ma serve un laicato “formato in modo appropriato” e capace “di impegnarsi nelle gravi cause e nei dibattiti decisivi del nostro tempo”. Sono alcuni dei concetti espressi ieri da mons. Jean-Louis Bruguès, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, all’Università Cattolica di Milano dove ha tenuto una “lectio magistralis” sul tema: “Il Concilio davanti a noi”. “Il Vaticano II – ha detto - ha voluto collocare l’ascolto degli altri al centro della Chiesa, della società, in fin dei conti, di ogni vita umana”. L’ascolto del Concilio, per il relatore, “si declina in tre proposizioni: il gusto del’Altro, la sollecitudine per l’altro, infine la percezione di sé stesso come un altro”. Come documento rappresentativo di tutta l’assise conciliare, mons. Bruguès – riporta l’agenzia Sir - ha citato la “Dei Verbum”, e tra i tratti distintivi del Vaticano II la consapevolezza che “le società caratterizzate dal pluralismo religioso, come le nostre, non potranno più fare a meno del dialogo interreligioso, diventato un elemento essenziale della pace sociale”. Di qui l’emergere di una “laicità positiva”, in base alla quale oggi “non è più possibile” confinare le religioni “nell’area ristretta delle semplici convenzioni personali”. La Chiesa “spiega ai governanti che la fede cristiana, quando si fanno forti di essa, deve illuminare le loro decisioni politiche e non solo la loro vita privata”. “Niente – ha concluso - potrebbe sostituire la famiglia, non a causa di non si sa quale mentalità retrograda, ma perché sa che la salute di una società si rianima nella culla di una famiglia”. Di qui la necessità di “risvegliare i laici a questa cultura cristiana, a questo umanesimo cristiano che minaccia di sparire nell’orizzonte abituale delle società secolarizzate”.(B.C.)
Borsa di Atene in rialzo ma in Grecia si moltiplicano gli scioperi
◊ La Borsa di Atene oggi è in rialzo dopo l’emissione di bond decennali, ma in Grecia si moltiplicano gli annunci di scioperi contro le misure annunciate ieri dal governo. E si discute anche del ruolo dell’Ue. Il servizio di Fausta Speranza:
La Borsa di Atene ha aperto in rialzo dopo l'annuncio che la Grecia è oggi sul mercato con un'emissione di bond decennali da cinque miliardi di euro. L’emissione è stata fatta approfittando delle reazioni positive internazionali al nuovo pacchetto di austerità. L'indice generale fa segnare +1,45%, dopo che ieri aveva chiuso in territorio leggermente negativo valutando troppo debole la risposta europea nella prospettiva di un piano di intervento. Ieri, il governo greco ha annunciato un pacchetto di “misure aggiuntive” per uscire dalla crisi, del valore di 4,8 miliardi di euro, che colpiscono duramente salari e pensioni. Ma il premier, Giorgio Papandreou, ha detto anche che senza un piano di aiuti Ue non resterà che il ricorso al Fmi. Bisogna dire che dalla Bce, dall’agenzia di analisi Moody's e dal Fondo monetario internazionale (Fmi) sono arrivati giudizi positivi sul pacchetto fiscale che dimostra e rende credibile l'impegno del governo di Atene nel risanamento dei conti pubblici. Intanto, però, i due principali sindacati greci, quello dei dipendenti pubblici Adedy e del settore privato Gsee, hanno annunciato per domani una sospensione dal lavoro di tre ore in tutto il Paese contro quelle che definiscono misure “antisociali e antioperaie” decise dal governo. La protesta coincide con lo sciopero nazionale di 24 ore dichiarato dal sindacato comunista Pame: si tratterà di fatto di uno sciopero generale parziale.
Rifiuti in Campania: per l’Ue l’Italia non ha rispettato direttiva comunitaria
L’Italia nel 2007 non ha adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. Questa situazione ha messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all’ambiente. Lo ha sentenziato la Corte di giustizia europea, sottolineando che, così facendo, l’Italia è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva comunitaria sui rifiuti. Secondo Bruxelles, né l’opposizione della popolazione, né gli inadempimenti contrattuali, né l’esistenza di attività criminali costituiscono casi di forza maggiore che possono giustificare la violazione degli obblighi derivanti dalla legislazione europea. In seguito, alla crisi nello smaltimento dei rifiuti verificatasi nella Regione Campania nel 2007, la Commissione aveva proposto alla Corte un ricorso per inadempimento contro l'Italia, criticando la mancata creazione in quella regione di “una rete integrata ed adeguata di impianti atta a garantire l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti sulla base del criterio della prossimità geografica”. Dopo l'avvio della procedura d'infrazione, la Commissione aveva inoltre congelato i fondi comunitari destinati alla Campania per circa 500 milioni di euro. Il governo italiano aveva chiesto di respingere il ricorso sottolineando come era stato fatto ogni possibile sforzo per arginare la crisi.
Annunciata ieri la nuova strategia Ue contro la crisi economica
Per far fronte alla crisi economica ed uscirne, l’Unione Europea ha previsto per gli Stati membri una nuova strategia con cinque obiettivi da perseguire. Il servizio di Federico Catani:
Portare al 75% il tasso di occupazione tra i 20 ed i 64 anni, aumentare al 3% del Pil della Ue le risorse investite in ricerca ed innovazione, ridurre del 20% le emissioni di Co2, abbassare a meno del 10% la quota di giovani che abbandonano la scuola e portare almeno al 40% il numero di diplomati o laureati, puntare a 20 milioni in meno di persone a rischio povertà. Sono i cinque obiettivi previsti dalla Commissione europea per tornare ad una crescita economica europea che viaggi “sul 2% e più”. Si tratta della “strategia 2020”, presentata ieri per promuovere la crescita e l’occupazione nei prossimi dieci anni. Gli Stati membri, ognuno partendo dalla propria realtà economica e sociale, dovranno perseguire tali obiettivi sotto la stretta vigilanza di Bruxelles. Il presidente della Commissione Ue, Barroso, ha sottolineato che l’Europa sta uscendo “dalla crisi peggiore mai vista” e che “sarà dura riprendersi”. Per questo, la crescita economica dovrà essere “intelligente, sostenibile ed inclusiva dal punto di vista sociale”. Secondo la “strategia 2020”, ogni Stato dovrà presentare ogni anno il suo programma con i traguardi che intende raggiungere rispetto ai cinque parametri. I Paesi virtuosi saranno premiati con incentivi sul fronte dell’accesso ai fondi europei, mentre gli inadempienti saranno oggetto di raccomandazioni ed eventuali “allarmi”, ma non sanzionati.
La preoccupazione del capo di Stato italiano sulle irregolarità delle liste elettorali
“Sono preoccupato. La preoccupazione è una parola pesante e importante però rimane. Seguo gli sviluppi della situazione e mi pongo i problemi che potranno sorgere”: è quanto ha detto il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in relazione all'intricata vicenda delle liste elettorali del Pdl che non sono state ammesse alle elezioni regionali nel Lazio e nella Lombardia. Il capo dello Stato ha parlato di “pasticcio” di cui resta competente la magistratura. Ha ricordato che i principi di democrazia e partecipazione costituzionalmente garantiti non possono che svolgersi nel rispetto dei limiti e delle forme previste dalla legge. Nel presentare le liste del Pdl, ci sono stati ritardi nell’adempienza del regolamento e irregolarità.
Ancora combattimenti in Pakistan tra talebani e forze governative
Duri combattimenti stamani in Pakistan al confine con l’Afghanistan. Una quarantina di combattenti talebani sono rimasti uccisi nel corso di due attacchi separati nel distretto di Mohmand. Nell’ultimo anno, il Pakistan ha intensificato le operazioni contro i talebani che cercano di abbattere il governo del presidente Zardari, sostenuto dagli Usa. Il servizio di Stefano Leszczynski.
Gli attacchi dei talebani si sono concentrati contro le postazioni delle guardie di frontiera pakistane, che presidiano la zona a ridosso dell’Afghanistan. All’alba di oggi, almeno 200 guerriglieri hanno assalito con razzi e armi automatiche i soldati di Islamabad, uccidendone uno e ferendone altri quattro. La risposta dei militari è stata però decisa e una quarantina di talebani hanno perso la vita in combattimento. Le forze aeree governative sono poi intervenute nel nordovest del Paese con incursioni mirate contro le basi dei terroristi. La controffensiva ha portato alla cattura del Mullah Agha Jan Mutasem, considerato lo stratega politico e militare dei talebani e braccio destro del mullah, Mohammad Omar. Due comandanti talebani, fra cui uno responsabile della fornitura di materiale per confezionare giubbotti esplosivi utilizzati dai kamikaze, sono stati invece uccisi in uno scontro a fuoco nella città di Peshawar. Gli attacchi suicidi in Pakistan sono diminuiti nelle ultime settimane, anche se resta il timore che si possa trattare di una decisione strategica in vista di una offensiva massiccia. Gli Stati uniti che sostengono il governo pakistano del premier, Ali Zardari, hanno chiesto più volte allo Stato maggiore di Islamabad di spingersi all’inseguimento dei talebani anche oltre il confine afghano, cosa che i generali pakistani tendono ad evitare per timore di aprire un nuovo e più esteso fronte nella loro guerra contro i talebani.
Paesi Bassi: alle amministrative successo dell’estrema destra
Il partito olandese di estrema destra Pvv, xenofobo ed anti-islamico, guidato da Wilders, è risultato la seconda forza politica alle elezioni municipali dell’Aja. Le principali forze governative hanno subito un sensibile calo di consensi, anche se il partito laburista resta alla guida dell’importante città olandese.
Il Togo al voto
Seggi aperti oggi in Togo per le elezioni presidenziali che vedono sei candidati sfidare il presidente uscente, al potere dal 2005. Sono oltre tre milioni gli aventi diritto al voto. Le elezioni saranno monitorate da osservatori dell’Unione Europea, dell’Unione Africana e della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale. La campagna elettorale si è svolta in modo pacifico, lasciando sperare in una stabilizzazione del Paese, guidato per molto tempo dal padre dell’attuale presidente, il dittatore Gnassingbe Eyadema.
Yemen: catturati membri di una cellula di Al Qaeda
Undici membri di una cellula di Al Qaeda sono stati arrestati nello Yemen, nel corso di un’operazione delle forze di sicurezza. Nel corso degli scontri, il padre di un arrestato è stato ucciso ed un poliziotto è rimasto ferito.
Cina: ridimensionate spese militari
Le spese militari della Cina aumenteranno del 7,5 % nel 2010. Lo ha annunciato oggi il portavoce del governo, Li Zhaoxing. Si tratta di una crescita inferiore a quella dello scorso anno e comunque molto più bassa rispetto a quella degli Stati Uniti. Tuttavia, gli analisti occidentali ritengono che il livello vero delle spese militari cinesi sia tre o quattro volte superiore a quello dichiarato.
India: oltre 60 morti in un tempio dell’Uttar Pradesh
È salito a oltre 60 morti il bilancio della tragedia nel tempio Ram Janki, nello Stato indiano di Uttar Pradesh. Secondo fonti locali, migliaia di persone erano accorse nel luogo di culto in occasione di una visita del loro leader spirituale, il guru Kripalji Maharaj. Proprio l’altissimo numero di fedeli accorsi ha indotto i responsabili del tempio a chiudere tre cancelli di accesso, ma, sotto la pressione della folla, quello principale si è staccato ed è caduto a terra, provocando la tragedia. (Panoramica a cura di Fausta Speranza e Federico Catani)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 63
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