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Sommario del 02/03/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Nomine
  • La gratitudine dei cristiani iracheni dopo l'esortazione di Benedetto XVI. Interviste con mons. Philip Najim e don Renato Sacco
  • Mons. Vegliò apre in Vaticano l’Incontro sulla Pastorale degli Zingari: la Chiesa combatte discriminazioni e ingiustizie
  • Alla Pontificia Università Gregoriana Giornata di studi su padre Matteo Ricci, il gesuita che si fece "cinese tra i cinesi"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Oltre 720 morti nel sisma cileno. Caritas in prima linea nei soccorsi
  • Carpineto Romano celebra i 200 anni dalla nascita del suo illustre concittadino, Leone XIII, aspettando la visita del Papa. Intervista con mons. Loppa
  • La scuola italiana e l'aumento dei 5 in condotta, un fenomeno che chiama in causa gli esempi offerti dagli adulti. L'opinione di don Francesco Macrì
  • In corso le iniziative de "I giorni di San Benedetto" per riscoprire nelle società di oggi i valori del cristianesimo nella quotidianità
  • Chiesa e Società

  • Appello del presidente dei vescovi ugandesi per milioni di persone che vivono nei campi profughi
  • Uganda: decine di vittime per una frana ad est del Paese
  • Francia: la vicinanza della Chiesa alle vittime della tempesta Xinthya
  • Portogallo: per la visita del Papa i vescovi chiamano ad un rinnovamento spirituale
  • Usa: “fermo dissenso” dei vescovi del Maryland con il procuratore dello Stato sui matrimoni gay
  • India: il cardinale Gracias eletto presidente della Conferenza episcopale indiana
  • Sri Lanka: l'arcivescovo di Colombo invita i cattolici ad essere "seme di unità”
  • Sud Corea: delusione dei vescovi per la sentenza costituzionale sulla pena di morte
  • Cina: le comunità cattoliche stanno vivendo intensamente la Quaresima
  • Inghilterra: la Chiesa in prima linea per i diritti dei bambini nei centri immigrati
  • Camerun: l'impegno della Chiesa per i "bambini di strada"
  • Sudan: lettera pastorale dell'arcivescovo di Juba sulle prossime elezioni
  • Senegal: creato uno speciale ufficio per i catechisti
  • Vademecum della Cei per promuovere “corretti rapporti” con i fedeli ortodossi
  • Cresce l’attesa per l’ostensione della Sindone mentre emergono nuove prove sulla sua veridicità
  • Perù: le conclusioni del X Congresso degli Istituti Secolari in America Latina
  • All’Università della Santa Croce di Roma il convegno sul celibato sacerdotale
  • Presentato il volume: “Educare alla speranza. Itinerari pedagogici e didattici speciali”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Arrestato a Teheran il noto regista iraniano Jafar Panahi, una delle voci più critiche del presidente Ahmadinejad
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato membro della Congregazione per i Vescovi il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

    In Uganda, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jinja, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Joseph B. Willigers, dei Missionari di Mill Hill. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Charles Martin Wamika, finora ausiliare di Tororo.

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    La gratitudine dei cristiani iracheni dopo l'esortazione di Benedetto XVI. Interviste con mons. Philip Najim e don Renato Sacco

    ◊   Nell’Iraq che si prepara all’appuntamento con la democrazia, rappresentato dalle ormai imminenti lezioni di domenica prossima, continua a suscitare eco l’appello che Benedetto XVI ha levato domenica scorsa all’Angelus in favore dei cristiani del Paese. Quella frase del Papa – “non stancatevi di essere fermento di bene per la patria a cui da secoli appartenete a pieno titolo” – ha riempito il cuore dei cristiani in tutto l’Iraq, dando slancio e coraggio. Lo conferma mons. Philip Najim, procuratore della Chiesa caldea presso la Santa Sede, intervistato da Fabio Colagrande:

    R. – E’ un messaggio del Papa per tutti i cristiani dell’Iraq e possiamo dividerla in due parti. La prima parte sta chiamando tutti noi cristiani a dare ancora la testimonianza della nostra fede e a non stancarci mai di essere cristiani, di portare la nostra croce e vivere il Vangelo. La seconda parte ricorda a ciascuno di noi che siamo cittadini a pieno titolo e che questa è la nostra patria. Perciò, attraverso la nostra fede dobbiamo contribuire alla costruzione della nostra patria, assieme ai nostri fratelli musulmani. Noi da secoli viviamo insieme in tolleranza e in piena amicizia, siamo iracheni: dobbiamo cercare di rimanere in Iraq, dare allo Stato la nostra forza e contribuire anche alla realizzazione della sicurezza e del futuro del Paese.

     
    D. – Domenica scorsa, in Piazza San Pietro, c’era uno striscione che recitava: “Non ce la facciamo più!”: perché in questo momento questa esasperazione? Per i morti a Mossul?

     
    R. – Davvero la popolazione è stanca di tutte queste discriminazioni e persecuzioni, siamo esseri umani. Ormai, non vediamo più una via d’uscita. Noi abbiamo la speranza che un giorno la pace possa regnare, perché veramente è un dono prezioso, oggi come oggi, poter vivere la pace, poter rinascere di nuovo e poter ricostruire un Iraq nuovo. Siamo stanchi perché ci sentiamo dimenticati anche dalla comunità internazionale, che non interviene per porre fine a queste discriminazioni e a queste persecuzioni che si compiono ogni giorno nei confronti dei cristiani e nei confronti delle minoranze in tutto il Medio Oriente.

     
    D. – Nella manifestazione a Mossul, proprio i cristiani che hanno protestato in piazza hanno chiesto giustizia: il sangue degli innocenti grida perché siano fermati terrorismo e violenza. Eppure, le autorità locali non sembrano in grado di poter fermare questa mattanza vera e propria…

     
    R. – La giustizia dev’essere compito dello Stato: non possiamo dare ancora sangue, non possiamo dare ancora vittime… Siamo lasciati soli e il governo deve assumersi la propria responsabilità per tutelare i diritti dei suoi cittadini.

     
    Tra le sue tante vittime, l'Iraq ricorda sempre con affetto e piange la brutale scomparsa di mons. Faraj Rahho, l'arcivescovo di Mossul dei caldei sequestrato due anni fa e poi barbaramente ucciso. Il presule iracheno ritorna nel ricordo di don Renato Sacco, delegato di Pax Christi Italia per l'Iraq, dove si è recato in numerose occasioni. L'intervista è di Fabio Colagrande:

     
    R. – Non si può non ricordarlo: era il 29 febbraio del 2008, io l’avevo appena incontrato qualche giorno prima, ma non a Mossul perché era impossibile entrare. A qualche mia domanda, mons. Rahho un po’ ironicamente mi ha risposto: invece di chiedere tutte queste cose, vieni anche tu a vedere, no? Pur sapendo che la cosa non era fattibile. Appena sono rientrato in Italia, è arrivata la notizia del suo rapimento, le preoccupazioni e poi la notizia della sua morte: gettato in una discarica, in un modo indegno. Sembra davvero che sia un Venerdì Santo, una Via Crucis infinita quella che sta vivendo il popolo iracheno, e in particolare ancora di più ora i cristiani. Io ho avuto modo di parlare in questi giorni anche con mons. Sako di Kirkuk che diceva: i cristiani non cercano potere, non cercano violenza, non cercano ricchezza e forse questa potrebbe essere una chiave per capire perché questo accanimento.

     
    D. – Don Renato, visto che siamo in Quaresima, il pensiero, la riflessione sulle persecuzioni molto dure che stanno subendo questi nostri fratelli cristiani in Iraq può essere davvero anche uno spunto di preghiera in questo tempo di preparazione alla Pasqua?

     
    R. – Io credo che dovremmo sicuramente pregare di più e la preghiera – ce lo insegna Gesù, il Maestro – è sempre poi collegata alla vita, ha sempre uno sguardo rivolto al Cielo ma ha i piedi molto per terra, per cui bisogna fare in modo che le nostre preghiere siano fatte anche sfogliando il giornale chiedendoci: chi oggi paga con il proprio sangue e la propria vita la testimonianza, la carità o scommette sul dialogo, che è ritenuto perdente? La nostra Pasqua è una Pasqua si Risurrezione, soprattutto per chi vive oggi il Calvario. L’Iraq non è un Paese anonimo: è fatto di volti, di nomi, di persone, di mani strette, di abbracci condivisi e, quindi, quando si pensa ai volti si umanizza un rapporto. Forse la Quaresima ci deve davvero convertire su questo. Lo chiediamo nella preghiera al Signore. (Montaggi a cura di Maria Brigini)

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    Mons. Vegliò apre in Vaticano l’Incontro sulla Pastorale degli Zingari: la Chiesa combatte discriminazioni e ingiustizie

    ◊   “Sollecitudine della Chiesa verso gli Zingari in Europa: situazione e prospettive”: è questo il tema dell’Incontro dei Direttori nazionali della Pastorale degli Zingari in Europa, apertosi oggi in Vaticano per concludersi giovedì prossimo. L’evento, promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, è stato inaugurato stamani dagli interventi dell’arcivescovo Antonio Maria Vegliò e dell'arcivescovo Agostino Marchetto, rispettivamente presidente e segretario del dicastero. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La Chiesa è chiamata a denunciare le ingiustizie e le indegne ineguaglianze, affinché la vita dell’uomo divenga più umana”: è quanto sottolineato dall’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, che nel suo intervento ha anche auspicato “un esame di coscienza” sulla “fedeltà alla vocazione e missione nella Chiesa” che è di tutti “e particolarmente dei poveri”. La storia degli Zingari, ha osservato, è “tristemente segnata da rigetto e persecuzioni”. In questa storia, ha ammesso il presule, “la Chiesa ha avuto le sue colpe, dirette o indirette, sia con condanne aperte sia con silenzi a volte interpretati come convivenze”. Mons. Vegliò indica dunque le “non poche ombre”, ma anche “esempi luminosi di cristiani” che hanno segnato il cammino di riconciliazione della Chiesa nei confronti degli Zingari. Guardando all’incontro, il capo dicastero esprime la speranza che ai Rom, ai Sinti e in generale agli Zingari sia consentita “una maggiore partecipazione alla vita e alla ricchezza della Chiesa”. E, d’altro canto, che la Chiesa sia “maggiormente presente in mezzo a loro”. E’ vero, ha rilevato mons. Vegliò, gli Zingari “non sono più lasciati soli come in passato”. E tuttavia, “molti sono costretti a vivere in condizioni di povertà e altri trovano difficoltà a raggiungere il cuore della Chiesa”. Giocano negativamente, ha affermato, “preconcetti e stereotipi, talmente radicati nella società da non permettere sviluppo e maturazione di atteggiamenti di apertura, accoglienza, solidarietà e rispetto”.

     
    Ci sono inoltre fenomeni di razzismo e antiziganismo che, ha avvertito, “troppo spesso ostacolano una pacifica, umana e democratica convivenza”. Allo stesso tempo, ha soggiunto, non vanno dimenticate “anche responsabilità e atteggiamenti negativi degli Zingari stessi nei confronti degli ambienti in cui vivono”. E’ allora necessario, è la sua esortazione, che pure gli Zingari assumano “i doveri propri di tutti i cittadini del Paese dove permangono”. Di qui l’auspicio che venga percorsa la strada della “riconciliazione” e della “ricerca di comprensione”. Il presule non ha mancato di indicare quei segnali che aprono alla speranza come la rinnovata attenzione verso gli Zingari degli Organismi europei ed internazionali. Tali trasformazioni, ha detto mons. Vegliò, “contribuiranno ad arrestare fenomeni ed atti di razzismo”, creando una “nuova coscienza europea” che consenta agli Zingari di “riaffermare la propria identità e diversità culturale nell’ottica di un inserimento civile nei rispettivi Paesi”.

     
    Dal canto suo, il segretario del dicastero, mons. Agostino Marchetto, ha affermato che l’attenzione pastorale per gli Zingari “è un compito irrinunciabile” della Chiesa. Ancor più, ha detto, una pastorale ad essi diretta è “esigenza interna della cattolicità della Chiesa e della sua missione”. Il presule ha messo l’accento sulle condizioni di emarginazione e discriminazione nella quale vivono spesso le popolazioni zingare in Europa. Ed ha auspicato una approccio integrato a livello europeo “per l’inclusione sociale dei rom e degli altri gruppi zingari”. Queste iniziative, ha ribadito, devono essere realizzate “con giustizia e nella verità” e sostenute dalla carità. Mons. Marchetto ha quindi auspicato che le Chiese locali possano sempre più essere “casa e strumento di comunione” per le comunità zingare. Alla sessione di lavori di oggi, è intervenuto anche padre Duarte Da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Padre Da Cunha ha messo in guardia da quelle iniziative che in vista dell’integrazione promuovono delle soluzioni “omologanti”. Nella Chiesa, ha detto, va preservata la logica dell’unità di amore, in cui “ognuno e ogni comunità mantiene e ravviva la sua identità propria”.

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    Alla Pontificia Università Gregoriana Giornata di studi su padre Matteo Ricci, il gesuita che si fece "cinese tra i cinesi"

    ◊   “In tutto mi accomodai a loro” è il titolo dell’odierna Giornata di studio su padre Matteo Ricci, promossa dalla Pontificia Università Gregoriana di Roma. La figura del gesuita che si fece “cinese tra i cinesi” viene analizzata sotto diversi punti di vista, a partire dal processo di inculturazione fino alla sua importanza nell’attuale evangelizzazione della Cina. Il servizio di Benedetta Capelli:

    E’ in quell’accomodarsi a tutto la chiave per leggere la figura di Matteo Ricci. Perché in essa c’è il percorso del gesuita e la rottura della “cortina di diffidenza” che isolava “il suo mondo da quello circostante”. Il concetto espresso da padre Gianfranco Ghirlanda, rettore della Pontificia Università Gregoriana, ha introdotto il “modello di approccio apostolico che Ricci per primo attuò”. Un modello che – sulla scia degli insegnamenti di padre Alessandro Valignano, missionario in Estremo Oriente – si avvicina oggi a “quello che definiremmo "dialogo interculturale" e "dialogo interreligioso" per giungere ad un’inculturazione della fede”. Padre Ghirlanda ha definito Ricci un “riferimento imprescindibile” sia per la specificità della vocazione apostolica della Compagnia di Gesù, sia per il modello di missione da lui sperimentato e compiuto con “travaglio, patimento, sudore e diligenza”. Il rettore dell’ateneo ha sottolineato poi il legame tra la Pontificia Università Gregoriana e Matteo Ricci costituito dal Collegio Romano, di cui l’Università è continuatrice, e dove il maceratese studiò tra il 1573 e il 1577. Pertanto, la sua figura resta ad oggi un esempio per la conoscenza della religione e la cultura degli altri.

     
    Proprio “sull’altro” ha ruotato l’intervento di don Mario Florio, docente dell’Istituto teologico marchigiano, che partendo dagli inizi di Matteo Ricci in Cina ha ricostruito l’itinerario che portò al metodo dell’inculturazione inteso in una “dinamica processuale” e in costante “costruzione o elaborazione nella relazione interattiva con l’altro”. Infatti, l’originalità del gesuita sta nel non partire da “un piano preformato” o da “una strategia già esistente”, ma in un modo di agire che richiese “una notevole capacità di ascolto dell’altro, in una sospensione della propria identità culturale, una vera e propria kenosi del proprio sé, incluso il proprio modo di essere cristiano per permettere la creazione di uno spazio fecondo per l’inculturazione del messaggio cristiano”. Il “farsi cinese tra i cinesi”, dunque, passato attraverso lo studio della lingua e attraverso il proprio corpo indossando l’abito grigio dei monaci buddisti e portando barba e capelli rasati. Un modo di essere che risponde al meglio a quanto ricordava Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi parlando di evangelizzazione a partire dalla persona e “tornando sempre ai rapporti delle persone tra loro e con Dio”. Matteo Ricci diventa così “mediatore culturale” che “sa qualificare a partire dall’altro il messaggio che vuole veicolare” e che trova nei “varchi simbolici” – la lingua ma anche la cultura occidentale di cui si è portatori – uno snodo significativo.

     
    Ma cosa rappresenta Matteo Ricci per l’attuale evangelizzazione della Cina? Da questa domanda è partita la relazione di Augustine Tsang Hing-to del Fu Jen Catholic University di Taiwan, che ha ricordato il gesuita maceratese come “uomo del dialogo”, ma dialogo inteso come “dialogo di vita”, “dialogo di lavoro”, “dialogo teologico”, rappresentato soprattutto dal libro “Genuina nozione di Dio”. Lo studioso, dopo aver esaltato il metodo di Matteo Ricci in Cina, ha poi evidenziato il grande sviluppo del Paese asiatico ma anche le difficoltà interne che non favoriscono l’evangelizzazione.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Le catastrofi al tempo della globalizzazione: in prima pagina, un articolo dopo i terremoti ad Haiti e in Cile.

    Disarmante Obama: in rilievo, nell'informazione internazionale, la strategia statunitense per ridurre le armi atomiche.

    L'architetto “alla rovescia”; macchine effimere per smascherare l’apparenza: in cultura, sulla mostra, a Roma, dedicata all'audace sperimentalismo artistico del gesuita Andrea Pozzo, il rettore della Pontificia Università Gregoriana, Gianfranco Ghirlanda, e i curatori Richard Boesel e Lydia Salviucci Insolera.

    Una casualità troppo intelligente per essere casuale: Fiorenzo Facchini su creazione, complessità ed evoluzione.

    Arturo Colombo ricorda padre David Maria Turoldo.

    Alla ricerca del successore di Giunone: Vincent Borg rivisita i luoghi di culto nelle isole maltesi.

    Quei bravi ragazzi della piccola terra dei cedri: Marco Beck su poeti e scrittori arabo-cristiani nella New York degli anni Venti del secolo scorso.

    Nell'informazione vaticana, un articolo sull'intervento del cardinale Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, dedicato ai due sinodi per l'Africa celebrati nel 1994 e nel 2009.
     Un ricordo di Rosemary Goldie, sottosegretario del dicastero per i laici dal 1967 al 1976.

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    Oggi in Primo Piano



    Oltre 720 morti nel sisma cileno. Caritas in prima linea nei soccorsi

    ◊   Prosegue lo sciame sismico in Cile con oltre 100 scosse. Il bilancio provvisorio è di 723 vittime, un milione e mezzo di case danneggiate e ancora molte zone senza acqua, gas ed elettricità. Una prima stima in 30 miliardi di dollari i danni. Il Cile ha chiesto aiuti internazionali per affrontare l'emergenza. L'Ue ha già stanziato tre milioni di euro, mentre Tokyo ha messo a disposizione tre milioni di dollari. Il servizio di Marco Cardinali dal Cile:

    A quattro giorni dal terremoto, che ha sconvolto il Cile, la situazione rimane difficilissima, anche se timidamente cominciano ad individuarsi i primi segnali di una leggera ripresa, almeno in alcune zone, come ad esempio il ristabilimento questa mattina dell’energia elettrica nell’isola di Juan Fernández. C’è ancora tanta gente che è in attesa, che dorme fuori dell’aeroporto e delle stazioni degli autobus per cercare di approfittare del primo mezzo disponibile per poter partire. I Vigili del fuoco continuano a lavorare incessantemente e a questo punto non soltanto per cercare i corpi delle vittime o persone eventualmente ancora in vita, ma anche per evitare i danni causati dai crolli dei palazzi e i tanti incendi che stanno devastando alcune parti della città di Concepción e di altre città cilene. Una notizia di questa mattina, è che i Vigili del fuoco non riusciranno ancora a raggiungere alcune zone disastrate del Paese, proprio perché la rete stradale per raggiungerle è distrutta. Il presidente eletto, Sebastián Piñera, ha parlato di una situazione che è molto più grave di quello che si pensava inizialmente ed è per questo che la presidente in carica, Michelle Bachelet, ha chiesto l’aiuto internazionale ai Paesi del mondo. Le persone a Concepción hanno trascorso la loro terza notte senza luce, senza acqua, ma maggiormente protette rispetto alla prima notte da militari e carabinieri e quindi da eventuali atti di ruberia. In alcune zone del Paese, c’è stata anche la possibilità di riaprire qualche supermercato. Un altro problema gravissimo invece – ricordiamo che sono circa 2 milioni gli sfollati – è quello di riuscire a cercare i propri familiari sparsi nelle varie zone del Paese, anche perché qui le distanze sono enormi da una parte all’altra, ed è quindi molto difficile sapere se le persone care stanno bene. Per saperlo, si usano tutti i mezzi disponibili: dalla televisione che elenca i nomi delle persone che si stanno cercando a Facebook, a Twitter.

     
    La Caritas italiana ha donato 100 mila euro per i bisogni della popolazioni colpite dal terremoto. La Caritas del Cile si è mobilitata, inoltre, attraverso la sua rete locale presente nelle diocesi del Paese andino per prestare aiuto d'emergenza alle vittime del devastante sisma di sabato scorso. Le Messe di questa domenica sono state una preghiera congiunta del Paese a favore delle vittime e dei loro cari, alla quale si è unito Benedetto XVI da piazza San Pietro. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l'incaricato nazionale delle emergenze nazionali di Caritas Cile, Juan Cristobal, raggiunto telefonicamente a Santiago:

    R. –Estamos trabajando ….
    Stiamo lavorando in coordinamento con il Ministero dell’interno. La situazione attuale è molto difficile e si parla di centinaia di morti e di un numero indeterminato di feriti e di dispersi.

     
    D. – La Caritas cilena dispone di fondi da destinare all’emergenza?

     
    R. – Sí. Estamos evaluando la cantidad de los fundos…
    Sì, stiamo valutando la quantità dei fondi che sono stati già raccolti e che verranno destinati unicamente per viveri, alimenti non deperibili, indumenti, tende per vivere e sacchi a pelo per dormire.

     
    D. – La Caritas cilena si è dunque mobilitata nelle diverse diocesi del Paese?

     
    R. – Las 26 diócesis…
    Le 26 diocesi presenti sul territorio cileno, insieme con la Caritas, stanno muovendosi in questa direzione e stanno attuando una campagna di raccolta di fondi e di alimenti. Io stesso sto coordinando quella di Santiago.

     
    D. – Disponete di notizie provenienti anche dal sud del Cile e da Concepción?

     
    R. – Son la zonas mas devastadas…
    Sono le zone maggiormente devastate e colpite dal sisma. Pian piano, si sta tornando alla calma. La Caritas Cile, sin dal primo momento, attraverso tutte le sue squadre di emergenza, sta lavorando nelle diverse zone. Ci sono sul campo 26 squadre su tutto il territorio cileno.

     
    I soccorritori continuano a scavare. Sotto le macerie di un palazzo di Concepción, la città più colpita dal sisma, sono state individuate almeno tre persone. Il presidente eletto, Sebastian Piñera, che si insedierà nei prossimi giorni, ha visitato la zona più colpita ed ha detto che ''la situazione è peggiore di quello che ci si poteva aspettare''. E’ quanto sottolinea anche l’ambasciatore del Cile presso la Santa Sede, Pablo Cabrera Gaete, intervistato da Emanuela Campanile:

    R. – Oggi, abbiamo saputo che la calamità è un po’ più vasta di quello che abbiamo pensato in un primo momento, perché si è trattato di un terremoto molto forte. Credo che la cooperazione internazionale si sia subito fatta sentire; abbiamo ascoltato le parole del Papa con molta emozione e lo abbiamo sentito vicino al Cile, assieme a tutta la Chiesa. Credo che tutte queste cose diano un po’ di animo a tutti i cileni per cercare di rialzarsi dopo questa catastrofe che ci ha colpito.

     
    D. – Il Cile è sempre stato all’avanguardia per cercare di arginare, in qualche modo, le devastanti conseguenze di un terremoto, tant’è che nonostante i quasi 800 morti, ce ne sarebbero potuti essere molti più…

     
    R. – Io credo che la perdita di una vita umana sia sempre terribile, ma credo anche che l’esperienza di sofferenza sia sempre un esempio per le nuove generazioni e da una tragedia viene sempre una cosa positiva. Dobbiamo pensare in positivo e credo che questa reazione internazionale, quella di tanta gente che ha sentito questa sofferenza come fosse la propria, dia slancio per cercare di uscire da questa catastrofe. Il governo sta gestendo bene la situazione, tanto più che ci sarà tra poco un nuovo e le due autorità – l’uscente e l’entrante – hanno deciso di lavorare insieme per aiutare i più sofferenti. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Carpineto Romano celebra i 200 anni dalla nascita del suo illustre concittadino, Leone XIII, aspettando la visita del Papa. Intervista con mons. Loppa

    ◊   Il 2 marzo di 200 anni fa nasceva a Carpineto Romano, cittadina del Lazio meridionale, colui che sarebbe passato alla storia come uno dei Papi più longevi e lungimiranti. Al nome di Leone XIII, salito al soglio pontificio nel 1878, è legata in particolare la pubblicazione della celebre enciclica Rerum Novarum, considerato il primo atto magisteriale della Dottrina sociale della Chiesa. In questi giorni la città di Carpineto Romano e la diocesi di Anagni-Alatri sono in festa con le iniziative dell'Anno Leoniano, indetto per ricordare l'illustre concittadino, al quale lo stesso Benedetto XVI farà omaggio con la visita del prossimo 5 settembre. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il vescovo, Lorenzo Loppa, chiedendogli quale sia oggi la modernità di Leone XIII:

    R. – Il suo è un Magistero che spazia su tanti elementi della vita cristiana, ma in modo particolare, direi, su degli elementi molto attuali. A livello mondiale, siamo nell’anno sacerdotale e Papa Leone XIII ha scritto tantissimo sulla formazione del clero di tante nazioni, sulla formazione dei seminaristi. In Italia, poi, siamo molto impegnati a raccogliere la sfida dell’educazione sul dettato odierno del Santo Padre, ma anche Leone XIII ha scritto molto sulla sfida educativa. Il terzo tema è quello del Vangelo che deve diventare lievito per una comunità nella quale ciascuno abbia il suo nei riguardi della propria dignità, della propria libertà, della propria crescita. Direi, allora, un Magistero radicato sulla tradizione in maniera molto solida ma aperto anche alle res novae, anche con un tocco di sorriso che gli era proprio, perché Leone XIII era arguto e fine sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista della parola.

     
    D. - Leone XIII, grande Papa della Chiesa universale ma anche illustre carpinetano: quale rapporto mantenete con questa figura?

     
    R. – Gli abitanti di Carpineto lo chiamano “il Papa nostro”, se ne appropriano, e proprio in occasione della visita pastorale che io ho fatto a Carpineto all’inizio del 2008 mi sono accorto che l’opera di questo Sommo Pontefice, l'interesse che nutriva per la sua cittadina natale, si concretizza ancora oggi nella presenza sul posto di molte famiglie religiose. Leone XIII ha voluto a Carpineto le Suore Sacramentine, gli Agostiniani, e questo per una sorta di affetto, di attaccamento bello al suo paese natale.

     
    D. – Mancano ancora sei mesi alla visita che Benedetto XVI farà alla vostra diocesi: come vi state preparando a questo incontro col Papa?

     
    R. – A livello di spiritualità e a livello di vita cristiana, ci stiamo preparando bene. Io scrivo sempre un messaggio per la Quaresima partendo proprio dal messaggio del Santo Padre e quest’anno è particolarmente significativo il messaggio di Quaresima di Benedetto XVI sulla giustizia di Cristo, una giustizia più grande rispetto alla nostra. Nel messaggio di quest’anno, ho indetto un anno intero, che si conluderà il 2 marzo 2011, dedicato alla riscoperta, all’approfondimento del Magistero di Leone XIII. Noi terremo una serie di iniziative: ci sarà un convegno a Carpineto Romano, momenti di spiritualità, convegni... Lo stesso presbiterio diocesano è chiamato a raccolta su questi temi proprio per preparare bene la visita del Santo Padre.

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    La scuola italiana e l'aumento dei 5 in condotta, un fenomeno che chiama in causa gli esempi offerti dagli adulti. L'opinione di don Francesco Macrì

    ◊   Nel primo quadrimestre di quest’anno, oltre 63 mila studenti italiani delle scuole medie e superiori hanno ricevuto un "5" in condotta. In aumento sono stati anche i voti negativi in alcune materie, in particolare la matematica. “Non è bello constatare così tante insufficienze, ma possono comunque essere recuperate nel secondo quadrimestre”, ha affermato il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, che ha sottolineato come per educare sia importante anche la valutazione del comportamento. Debora Donnini ha chiesto un'opinione a don Francesco Macrì, presidente della Fidae, una federazione che riunisce molte scuole cattoliche:

    R. – Probabilmente, nella scuola si sente la necessità di riportare un certo ordine, inteso anzitutto come rispetto delle regole, per poter svolgere il proprio lavoro in maniera serena. Purtroppo, negli anni scorsi c’è stata una sorta di permissivismo per cui in parecchie circostanze si è creata l’impossibilità di svolgere il proprio lavoro. Immagino, quindi, che le scuole – in maniera del tutto indifferenziata – sentano la necessità di una maggiore disciplina e naturalmente qualunque forma "costrittiva" nei confronti dei ragazzi è finalizzata al loro bene e per cercare di metterli nelle condizioni di poter sviluppare tutte le loro potenzialità.
     
    D. – Il Papa e il cardinale Ruini, in questi anni, hanno sottolineato il fatto che esista una "emergenza educativa". Cosa, a livello educativo, è stato dato meno o poco ai ragazzi di oggi?

     
    R. – I ragazzi di oggi sono in qualche modo il riflesso della società degli adulti. Basta guardare i giornali, che sono pieni di dati di corruzione, di malaffare e via dicendo.

     
    D. – Secondo lei, manca una educazione alla positività dei limiti, a valorizzarli, a capire l’importanza dell’autorità, di essere cioè limitati?

     
    R. – I ragazzi di oggi difficilmente vengono educati al rispetto delle regole, proprio perché mancano spesso di forza le figure paterne: la figura del padre intesa come espressione del rispetto delle norme, dell’assunzione di responsabilità. E poi mancano tutte le altre figure, chiamiamole pure sempre "paterne": la famiglia nel suo ruolo tradizionale fino ad arrivare alle istituzioni sociali. Di fronte a questo scenario negativo delle istituzioni, i ragazzi – come per riflesso condizionato – assumono spesso comportamenti trasgressivi. Per cui, se noi vogliamo risolvere il problema dei ragazzi, dovremmo partire proprio dai problemi che pongono gli adulti.

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    In corso le iniziative de "I giorni di San Benedetto" per riscoprire nelle società di oggi i valori del cristianesimo nella quotidianità

    ◊   Con l’accensione della fiaccola benedettina il 27 febbraio scorso a Colonia, città in cui nel 1999 è stato dato l’avvio al processo di elaborazione della Carta dei diritti fondamentali, si sono aperti ufficialmente “I giorni di San Benedetto”, patrono d’Europa. Organizzata dall’abbazia di Montecassino con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, l’iniziativa prevede un ricco calendario di rievocazioni storiche, cortei e manifestazioni musicali che si concluderanno il 21 marzo a Montecassino con la Messa presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Ma la perfezione ascetica cercata e trovata da San Benedetto 15 secoli fa è ancora un messaggio attuale? Paolo Ondarza lo ha chiesto a don Antonio Potenza, tra i promotori delle celebrazioni.

    R. – In particolare, il 4 giugno del 1999 Colonia ha ospitato il Consiglio della comunità europea proprio per iniziare a lavorare sulla Carta costituzionale che poi si è conclusa nel 2000. Momenti importanti, quindi: noi volevamo portare un annuncio di pace in Europa ma soprattutto di unità secondo le radici cristiane.

     
    D. – La perfezione ascetica come espressione di bellezza assoluta e pace è ancora un messaggio attuale?

     
    R. – Certamente, è un messaggio attualissimo. Il nostro padre abate e noi, come comunità di Montecassino, insistiamo sull’importanza di ritrovare quella semplicità che è data da una vita quotidiana di normalità, dalla quotidianità che viviamo ogni giorno nel lavoro e nella preghiera e si sintetizza nel famoso motto "Ora et labora".

     
    D. - Preghiera che non è da confondere - come spesso può accadere superficialmente - con seriosità, nel senso che San Benedetto è un uomo che aveva trovato la gioia di Cristo…

     
    R. – Certamente, e mettendo sempre Cristo al primo posto. Nulla anteporre all’amore di Cristo: lui evidenzia questo nella sua Regola. Ciò di cui abbiamo bisogno, soprattutto oggi, in questo momento della storia, sono uomini che attraverso una fede illuminata e vissuta rendono Dio credibile in questo mondo.

     
    D. - Quanto è riconosciuta l’importanza dell’abbazia di Montecassino come centro di cultura per tutta l’Europa?

     
    R. - Il monachesimo, quindi San Benedetto, è molto presente nell’ambito europeo e mondiale perché sono tantissimi i monasteri maschili e femminili in tutto il mondo. Nel secolo scorso, è stata affermata in maniera ancora più evidente, soprattutto in Europa, l’importanza di San Benedetto grazie anche a Papa Paolo VI, che il 24 ottobre del 1964 ha proclamato San Benedetto Patrono d’Europa. Lo stesso Benedetto XVI, che ha visitato Montecassino lo scorso 24 maggio, ha ancora una volta riaffermato questi valori.

     
    D. - Tuttavia, non di rado in Europa si assiste ad atteggiamenti che tendono un po’ a relegare il religioso nella sfera del privato, quasi a volersi dimenticare invece di quello che voi con queste iniziative volete evidenziare: cioè, la centralità proprio di una figura come San Benedetto, la centralità del cristianesimo per l’Europa…

     
    R. – Sì, questo è sicuramente vero. Però, noi proprio per questo siamo convinti di continuare questo tipo di manifestazioni per sottolineare l’importanza del cristianesimo in Europa. E’ anche una missione - se vogliamo - che l’abate di Montecassino e la comunità vogliono sottolineare anche negli anni che verranno.

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    Chiesa e Società



    Appello del presidente dei vescovi ugandesi per milioni di persone che vivono nei campi profughi

    ◊   Una chiesa viva e in costante crescita. È questa la fotografia della comunità cattolica ugandese fatta mons. Matthias Ssekamanya, vescovo di Lugazi e Presidente della Conferenza episcopale dell’Uganda, intervistato dall'agenzia Fides a Roma in occasione della visita ad limina Apostolorum. “Se da un lato riponiamo molte speranze sulla crescita della Chiesa nel nostro Paese, dall’altro non nascondiamo che siamo di fronte ad alcune sfide importanti” ha poi affermato mons.  Ssekamanya. “In primo luogo, non tutti i fedeli hanno completamente assimilato il Vangelo. Questo perché le culture tradizionali sono ancora molto forti. Alcune di queste sono incompatibili con il Vangelo, come ad esempio la poligamia e certe credenze religiose ancestrali”. “Altre sfide - continua mons. Ssekamanya - sono rappresentate dalle sette, che dispongono di risorse finanziere importanti ed hanno una forte attrattiva nei confronti dei giovani e delle persone di condizioni modeste”. Secondo il presule la maggior parte di queste sette presenti, sono originarie dell’America del Nord e dell’Europa”. Discreto ottimismo viene espresso anche sul fronte dei rapporti ecumenici e interreligiosi: “In Uganda abbiamo una Commissione interreligiosa nella quale discutiamo insieme con i rappresentanti degli altri culti, alcuni problemi comuni. Esiste anche un Consiglio ecumenico del quale fanno parte la Chiesa cattolica, quella ortodossa e quella anglicana. Tra le questioni che affrontiamo vi sono l’educazione, i matrimoni misti, i problemi sociali, specialmente la pace nella giustizia. A questo proposito stiamo preparando una Lettera pastorale comune sulle prossime elezioni”. Mons. Ssekamanya ha parlato anche delle condizioni nel nord dell’Uganda, da più di 20 anni sconvolto dalla guerra condotta dall’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) contro la popolazione civile: “La situazione è in via di continuo di miglioramento perché non vi sono più combattimenti”. L’Lra (che Mons. Ssekamanya definisce un “gruppo molto misterioso”), ha spostato da qualche anno le sue attività al di fuori dell’Uganda, in particolare, in sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e in Centrafrica. Ma secondo il vescovo “il problema maggiore è rappresentato dal fatto che abbiamo milioni di persone che da 20 anni vivono in campi profughi”. Per questo motivo hanno bisogno di assistenza per ricostruire le case e per permettere alla gente di riprendere le coltivazioni: “Queste persone sono molto povere e necessitano di tutto. Mi preme sottolineare l’urgenza di ricostruire le scuole, perché l’educazione è la chiave per ogni tipo di sviluppo”. “La Chiesa cattolica continuerà a fare la sua parte per giungere ad una riconciliazione completa nella zona” conclude il presidente della Conferenza episcopale. (M.G.)

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    Uganda: decine di vittime per una frana ad est del Paese

    ◊   Almeno 50 persone sono morte e altre 320 risultano ancora disperse in seguito a una frana che avrebbe distrutto un intero villaggio nella regione montuosa del distretto orientale di Bududa. Secondo fonti contattate dall'agenzia Misna a Kampala, lo smottamento è stato causato dalle forti piogge che da tre giorni colpiscono la regione del parco nazionale del Monte Elgon. “La frana – ha detto la fonte alla Misna – è cominciata nel pomeriggio di ieri e ha sommerso tutto il mercato di Nyametsi, dove c’erano almeno 150 persone; a causa del cattivo tempo e delle difficoltà di comunicazione, le unità di soccorso hanno potuto raggiungere la zona solo stamattina”. Finora, secondo i mezzi di informazione locali, dalle macerie sono stati estratti una cinquantina di corpi, ma si teme che il bilancio delle vittime possa aumentare. La regione orientale di Bududa, a circa 300 chilometri a est di Kampala, è stata spesso teatro recente di frane e smottamenti, a causa del disboscamento lungo le pareti del monte Elgon. (R.P.)

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    Francia: la vicinanza della Chiesa alle vittime della tempesta Xinthya

    ◊   Costernazione e cordoglio nella Chiesa francese per le vittime della tempesta Xinthya che fra sabato 27 e domenica 28 febbraio ha investito la costa atlantica del Paese provocando almeno 48 morti e una trentina di dispersi. Il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese, in una dichiarazione diffusa oggi dall'agenzia Sir, ha detto di pregare per i morti e ha esortato tutte le organizzazioni cattoliche a “mettersi all’opera per arrecare sollievo a chi ha perduto tutto”. “La tempesta che ha colpito il nostro Paese, soprattutto nelle regioni occidentali – si legge ancora nella nota del cardinale Vingt-Trois -, ha seminato morte e desolazione”. “In questo momento crudele la solidarietà di tutti deve essere un primo conforto. Constatiamo che essa non manca”. Domenica prossima, 7 marzo, l’arcivescovo di Parigi presiederà alle 18.30 nella cattedrale di Notre-Dame una concelebrazione eucaristica per le vittime e per le loro famiglie. (M.G.)

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    Portogallo: per la visita del Papa i vescovi chiamano ad un rinnovamento spirituale

    ◊   La prossima visita di Benedetto XVI “non rimanga un avvenimento passeggero, ancorché partecipato e festivo, ma che al contrario rappresenti il seme da cui possano germinare e svilupparsi i frutti di un rinnovamento spirituale, apostolico e sociale”. È l’auspicio del Consiglio permanente della Conferenza episcopale portoghese espresso in una Nota Pastorale pubblica ieri sera. Il documento citato dal Sir afferma che “il viaggio del Papa deve essere preparato in un orizzonte di fede, di costruzione dell’unità ecclesiale e di una società più giusta e fraterna”. “Benedetto XVI - scrivono ancora i vescovi - giunge come pellegrino, e la Chiesa portoghese dovrà camminare con il successore di Pietro, per riscoprire nel cristianesimo, un’esperienza di conoscenza e di missione”. Ai fedeli cattolici i vescovi chiedono di “trasformarsi in coraggiosi apostoli, capaci di rendere concreto il necessario e urgente annuncio di Cristo in tutti gli ambiti dell’azione quotidiana come politica, sanità, industria, commercio, agricoltura, pesca, educazione, insegnamento, lavoro e divertimento”. Nel ricordare che la visita del Papa si estende “a tutti i portoghesi” come anche alle “comunità migranti” i vescovi ribadiscono infine che “solo vivendo in una conversione permanente, la Chiesa potrà presentarsi con credibilità in un mondo dove si cercano di imporre il relativismo e l’indifferenza”. (M.G.)

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    Usa: “fermo dissenso” dei vescovi del Maryland con il procuratore dello Stato sui matrimoni gay

    ◊   I vescovi del Maryland hanno espresso, in una nota, il loro “fermo dissenso” con il parere giurisprudenziale del Procuratore Generale Douglas Gansler secondo il quale le amministrazioni dello Stato dovrebbero riconoscere i matrimoni omosessuali contratti in altri Stati dove sono legali. Il Maryland è uno dei 41 Stati dell’Unione che definisce esplicitamente il matrimonio quale unione tra un uomo e una donna e vari tentativi di modificare la legislazione in materia non sono sinora andati a buon fine. Anche se non vincolante il parere espresso dal Procuratore potrebbe tuttavia avere qualche riflesso sull’operato delle amministrazioni pubbliche dello Stato. Di qui la dura reazione dei vescovi: “Confidiamo che anche i nostri legislatori e il popolo del Maryland si opporranno e agiranno di conseguenza per contrastare tale giudizio”, si legge nella dichiarazione della Conferenza cattolica del Maryland ripresa dall’agenzia Cns. Nella nota i presuli ricordano che l’Assemblea legislativa statale ha "ripetutamente ed esplicitamente confermato la definizione tradizionale del matrimonio quale unione tra un uomo e una donna, anche se ha riconosciuto alcuni limitati benefici alle coppie dello stesso sesso". A loro giudizio, il parere del Procuratore Gansler arreca un grave vulnus “all’istituzione fondante della nostra società” e denota “un disprezzo di fondo per la natura e lo scopo del matrimonio e il suo ruolo sulla società, così come per la volontà espressa dai legislatori e i pareri dei precedenti titolari della Procura Generale” Di qui l’esortazione ai legislatori, al Governatore e ai giudici a difendere la definizione tradizionale di matrimonio, con tutti i mezzi del caso, poiché, scrivono, “non si tratta di una mera questione di fede religiosa o di una semplice istituzione creata dalle autorità civili”, ma di tutelare il fondamento stesso della società. (L.Z.)

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    India: il cardinale Gracias eletto presidente della Conferenza episcopale indiana

    ◊   La Chiesa indiana “deve essere vista nel suo servizio alla nazione tramite l’educazione, la sanità e l’apostolato sociale nei confronti degli emarginati e della popolazione tutta. Questa è la nostra missione, ed è essenziale che venga estesa a tutti, senza distinzione di casta o credo. Dobbiamo continuare a vedere nei poveri e negli indifesi il volto di Cristo”. Lo ha detto all'agenzia AsiaNews il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, eletto ieri presidente della Conferenza episcopale indiana. I confratelli nell’episcopato lo hanno eletto durante l’Assemblea generale, che si tiene ogni due anni. Il porporato è conosciuto in tutto il Paese per la sua difesa dei diritti umani e della libertà religiosa. Notissimi i suoi attacchi al governo, colpevole di non fare nulla per difendere i cristiani dell’Orissa durante i pogrom della scorsa estate. Celebre anche il suo impegno a favore della vita, una delle missioni a cui tiene di più. Uno dei suoi nuovi compiti, spiega, “sarà quello di far lavorare insieme i tre diversi riti cattolici che vivono in India, così come dialogare con le altre religioni del Paese. Le Sacre Scritture definiscono tutti gli esseri umani ‘creature di Dio’ poste al vertice dell’ordine del creato. Dio ha benedetto il mondo anche con altre creature, ed è importante condividere con loro la terra in cui viviamo”. Sin dall’inizio, conclude il cardinale Gracias, “Dio ha chiamato la sua Chiesa a lavorare nell’ambito della creazione. E questo, oggi più che mai, rimane il nostro compito più urgente: dobbiamo sviluppare risorse da mettere al servizio della nazione e del mondo intero. La nostra Chiesa ha, poi, un’ultima priorità: il piano dei poveri. Ma la povertà è collegata al degrado ambientale, e combatterli entrambi è il nucleo della nostra missione”. (R.P.)

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    Sri Lanka: l'arcivescovo di Colombo invita i cattolici ad essere "seme di unità”

    ◊   I cattolici dello Sri Lanka devono ricoprire un ruolo attivo, insieme alle altre comunità religiose, nella creazione di un Paese unito, che dia spazio e rispetto alle varie etnie, fedi religiose e organizzazione politiche. È l’appello lanciato da mons. Malcom Ranjith, arcivescovo di Colombo, durante la consegna annuale dei premi del St. Joseph College, nella capitale. Rivolgendosi ai cattolici, il prelato ha chiesto di rafforzare la “fedeltà alla Madre Lanka” e pregare perché, attraverso la sua intercessione, possiamo sperimentare “un’autentica rinascita religiosa e nazionale”. Mons. Ranjith ha invitato i fedeli a lavorare per creare uno “spirito di unità, riconciliazione e curare le ferite del Paese”. Lo Sri Lanka - riferisce l'agenzia AsiaNews - si è lasciato da poco alle spalle tre decadi di guerra civile e le contestate elezioni del gennaio scorso, che hanno confermato la presidenza di Mahinda Rajapaksa e determinato l’arresto del principale sfidante, il generale Sarath Fonseka. “Gli organi esecutivo, legislativo e giudiziario – ha commentato il prelato – devono assicurare la legge e l’ordine, la giustizia e una vera pratica della democrazia e della libertà”. Ripercorrendo i 30 anni di guerra civile fra l’esercito di Colombo e i ribelli delle Tigri tamil (Ltte), che ha causato centinaia di migliaia di profughi, mons. Ranjith invita a “restituire alla loro terra gli abitanti originari” e auspica che la comunità tamil “si senta parte integrante della nazione”. Rivolgendosi infine a studenti e genitori del collegio cattolico, l’arcivescovo di Colombo ricorda a padri e madri che “non sono i proprietari dei figli, ma solo i loro custodi” e sono chiamati a guidarli “nel viaggio della vita”. Ai genitori si aggiunge il ruolo delle scuole cattoliche, “nutrimento di fede” per ogni alunno, conclude mons. Ranjith, e ogni gesto è compiuto per “condurre il bambino verso una santità di vita e in totale comunione con Dio”. (R.P.)

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    Sud Corea: delusione dei vescovi per la sentenza costituzionale sulla pena di morte

    ◊   La legge sulla pena di morte in Corea del Sud non è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte costituzionale del Paese, vanificando le speranze degli abolizionisti che ora puntano sull’abrogazione per legge della pena capitale. Per l’incostituzionalità si sono pronunciati cinque dei giudici sui nove della suprema Corte, contro i sei necessari. Secondo il dispositivo della sentenza “la pena capitale non può essere considerata come una violazione dei limiti posti dalla Costituzione che regola il valore e la dignità degli esseri umani”. Grande disappunto per la decisione è stato espresso dai vescovi sud-coreani, da sempre in prima linea su questo fronte. Il presidente della Commissione esecutiva per l’abolizione della pena di morte della Conferenza episcopale John Kim Hyoung-tae ha parlato di “una decisione retrograda e controcorrente” rispetto alle tendenze oggi prevalenti nel mondo. Come ha infatti ricordato all’agenzia Ucan, “attualmente 139 Paesi hanno abolito per legge o di fatto la pena capitale e ad essi se ne stanno aggiungendo altri. Delusione per la sentenza è stata manifestata anche da mons. Boniface Choi Ki-san di Incheon, presidente della Commissione Giustizia e Pace dei vescovi coreani che ha espresso la speranza che il governo non usi la sentenza per riprendere le esecuzioni. “La Corte Costituzionale ha perso l’occasione per abolirla ora dobbiamo fare appello all’Assemblea Nazionale e continueremo la nostra battaglia”, ha detto il presule all’agenzia Ucan. In Corea del Sud l’ultima condanna a morte eseguita risale a più di 12 anni fa e per questo essa è considerata come un Paese abolizionista di fatto. Una proposta di legge per convertire la pena capitale in ergastolo è stata presentata all’Assemblea nazionale da 53 parlamentari. (L.Z.)

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    Cina: le comunità cattoliche stanno vivendo intensamente la Quaresima

    ◊   Il Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2010 dal titolo “La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo” è il punto di riferimento centrale per le comunità cattoliche cinesi che stanno vivendo intensamente la Quaresima, in comunione con la Chiesa universale. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, durante il Corso di formazione che si è tenuto dal 22 al 25 febbraio nella comunità ecclesiale di base del villaggio di Zong Wang, della città di Ning Guo, nella provincia di An Hui, i fedeli hanno potuto studiare e meditare il messaggio del Papa contemporaneamente alle altre comunità. Trovandosi questa comunità nella zona più sperduta e povera, da anni i cattolici avevano difficoltа a ricevere regolarmente i Sacramenti, e dovevano addirittura attraversare la montagna e cambiare pullman per partecipare alla Santa Messa domenicale. Oggi, grazie all’impegno del sacerdote e delle suore, anche questi fedeli hanno potuto leggere il messaggio del Papa appena pubblicato. Inoltre da gennaio 2010 hanno anche la celebrazione della Santa Messa mensile fissa, quindi possono affermare di vivere “una Quaresima spiritualmente felice”. Oltre 60 fedeli della Cattedrale della diocesi di Jing Xian hanno preso parte al ritiro spirituale tenuto dal 22 al 26 febbraio. Durante questi giorni i fedeli battezzati da lungo tempo insieme ai neo battezzati hanno condiviso la propria esperienza della fede, la lettura della Sacra Scrittura, la preghiera, il sacramento della riconciliazione. Secondo i sacerdoti e i religiosi organizzatori dell’iniziativa, “il ritiro è necessario sia per vivere la Quaresima preparando la Santa Pasqua che per consolidare il senso missionario dei fedeli, per poter vivere bene la vita cristiana mantenendo sempre vivo e forte il fuoco dell’Amore”. Il Centro culturale di Bonfire della famiglia salesiana, fondato nel 1965 ad Hong Kong, ha pubblicato una serie di materiali per aiutare i bambini a vivere la Quaresima e preparare una “Happy Easter”: così sono stati preparati gli scacchi alla “ricerca del Signore Risorto”, i fumetti dei Buoni Samaritani, giochi di carta colorata ispirati all’Ultima Cena. Secondo i responsabili del Centro Bonfire, questi sussidi aiutano i bambini a conoscere la passione di Gesù, e anche a pregare e a riflettere sugli eventi pasquali. (R.P.)

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    Inghilterra: la Chiesa in prima linea per i diritti dei bambini nei centri immigrati

    ◊   “Porre fine alla presenza forzata, nei centri di accoglienza, di bambini, neonati e giovani”. Il grido di allarme è stato lanciato da mons. Patrick Lynch, vescovo di Southwark, presidente dell’ufficio della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles che si occupa di immigrazione. Parlando al Sir, il presule ha denunciato che “i centri di accoglienza hanno sui bambini effetti negativi quindi non sono luoghi adeguati”. Per questo motivo sostiene che i piccoli andrebbero ospitati in ampi ‘bed and breakfast’ o hotel dove vengono di solito alloggiati donne e bambini appena arrivano nel Regno Unito. “Non è chiaro – aggiunge - perché queste sistemazioni non possano essere usate anche dopo, una volta che le famiglie rimangono”. Il vescovo Lynch ha anche firmato, insieme ad altri leader religiosi metodisti, evangelici e battisti, una lettera al primo ministro Gordon Brown per chiedere di “allineare la Gran Bretagna agli standard di accoglienza degli altri Paesi Ue e del Commonwealth che garantiscono ospitalità basata sulla comunità e quindi meno nocivi per famiglie che attendono una decisione sul loro futuro”. La lettera fa riferimento al rapporto compilato dal commissario all’infanzia, sir Al Aynsley-Green, su giovani e bambini detenuti a Yarl’s Wood, un centro di accoglienza immigrati e richiedenti asilo a Clapham, Bedford, nel sud di Inghilterra sul quale i leader religiosi esprimono “grave preoccupazione”. Esperti e pediatri hanno studiato che bambini detenuti in questi centri soffrono di insonnia, enuresi, perdita di peso, ritardo nella capacità di parlare, depressione e autolesionismo. (M.G.)

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    Camerun: l'impegno della Chiesa per i "bambini di strada"

    ◊   “La Chiesa cattolica è direttamente interessata al problema dei bambini di strada” dice all’agenzia Fides mons. Philippe Stevens, vescovo di Maroua-Mokolo, nel nord del Camerun, vicino alla frontiera con il Ciad. Di recente nella città camerunese si è tenuto un seminario sul tema che ha messo in luce come Maroua sia al centro di un vasto traffico di esseri umani, in particolare di bambini. Nelle vie della città è facile imbattersi in questi bambini, alcuni ciondolano negli angoli delle strade, altri aspettano di essere reclutati per lavorare nelle case o nei campi, altri ancora in procinto di varcare il confine per fornire manodopera a buon mercato nei Paesi vicini, dal Gabon alla Guinea Equatoriale. Una situazione che non ha lasciato indifferente la Chiesa locale, come spiega mons. Stevens: “Come i bambini di strada di tutto il mondo, anche i bambini di strada di Maroua sono esposti a diversi pericoli. Da diversi anni abbiamo creato a Maroua un centro, la “Belle Etoile”, che raccoglie nelle strade e accoglie per un tempo più o meno lungo, in tutta libertà, i bambini che desiderano trovare un rifugio. La nostra prima preoccupazione è in primo luogo ritrovare le famiglie , e nella misura del possibile, preparare i bambini a tornare a vivere con la loro famiglia”. “Un mio confratello, fratel Yves Lescanne, dei Petits Frères de l’Evangile de Charles de Foucauld, ha fondato questo centro nel 1996 dopo aver fondato e sostenuto per lungo tempo il centro di Yaoundé, “le Foyer de l’Espérance”. È stato assassinato nel 2002 a Maroua da uno di quei giovani che aveva tanto aiutato ed amato. Ma noi vogliamo continuare la sua opera con il suo stesso spirito” conclude il vescovo. (R.P.)

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    Sudan: lettera pastorale dell'arcivescovo di Juba sulle prossime elezioni

    ◊   L’arcivescovo sudanese di Juba, mons. Paolino Lukudu Loro, esorta i fedeli ad informarsi bene sui candidati prima recarsi il prossimo 11 aprile alle urne per le prime elezioni multipartitiche dopo 24 anni in Sudan e a cogliere l’occasione della prossima Pasqua per pentirsi di tutto il male fatto negli anni passati, soprattutto nel Sud del Paese. In una lettera pastorale ripresa dall’agenzia Cns e intitolata "L’autentica voce del popolo è la voce di Dio”, il presule sottolinea che il voto potrebbe segnare un nuovo inizio per il Sudan dopo anni di guerre. "La Chiesa – scrive - ha il dovere morale di orientare questo importante processo”. Quindi l’invito al pentimento: “Dio ci chiama a pentirci dei numerosi peccati che abbiamo commesso contro di Lui e noi stessi, in particolare nel Sud Sudan: tribù contro tribù, uccisioni, rapimenti, rapine, corruzione. Dobbiamo espiare questi peccati con preghiere e buone azioni." Osservando che per il 60% della popolazione del Sud Sudan, dove gli elettori saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente e le autorità locali, Mons. Loro invita i cittadini a partecipare numerosi al voto: “Il vostro voto è la vostra voce e la vostra scelta”, ma anche “il vostro contributo al bene comune del popolo di questo Paese". L’arcivescovo esorta inoltre gli elettori a non accettare denaro dai candidati e questi ultimi “a evitare manipolazioni, inganni che possano fuorviare e ingannare i votanti”, come anche un linguaggio “violento” nella campagna elettorale. "Voglio sottolineare – scrive ancora il presule - l'importanza delle virtù dell’onestà e dell’integrità morale nel processo politico”. Mons. Loro sottolinea quindi che andrà a tutto vantaggio del Paese se gli elettori sceglieranno candidati che si sono impegnati ad attuare "alla lettera" l’accordo di pace globale del 2005: "Ci sono voluti più di due decenni per raggiungere la pace. Votare per le persone sbagliate, soprattutto in questo momento cruciale per storia del nostro Paese, equivale a vanificare il prezzo pagato per la pace", sottolinea l’arcivescovo. (L.Z.)

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    Senegal: creato uno speciale ufficio per i catechisti

    ◊   La creazione di un ufficio nazionale per i catechisti incaricato di dinamizzare la catechesi in Senegal. Questo il principale frutto del primo Forum nazionale sulla catechesi svoltosi la settimana scorsa a Mbour, a sud di Dakar. L’incontro – riferisce l’agenzia Apic - aveva per tema "Trasmettere la fede e la catechesi, i catechisti nel Senegal di oggi" e si inseriva nel quadro delle iniziative organizzate per il primo Congresso Eucaristico dell'arcidiocesi di Dakar, in corso dal 26 gennaio fino al 30 giugno prossimo. L’obiettivo era di fare il punto sulla situazione della catechesi nel Paese “al fine di ricollocarla nel suo reale contesto che è quello di mettere una persona in contatto con un’altra, ma in comunione e intimità con Cristo”. L’idea di organizzare un forum è nata dalla constatazione dei vescovi e dei catechisti senegalesi dell’esistenza di diversi problemi. "Quello più grave – ha spiegato al termine dell’incontro mons. Ernest Sambou, Presidente del Comitato episcopale per la catechesi, cui è stata affidata la direzione dei lavori - è che i catechisti non sono abbastanza supportati dalla Chiesa” in Senegal. Il presule, citato dall’agenzia di informazione senegalese Aps, ha evidenziato che dal forum è emersa una “forte volontà di lavorare di più per la catechesi nel Paese”. Il principale frutto di questa riflessione è stata appunto la decisione di creare un ufficio ad hoc. Il nuovo ufficio, in cui saranno rappresentate tutte le diocesi senegalesi, ha precisato mons. Sambou, “si prenderà carico dei catechisti perché possano dedicarsi a tempo pieno al compito loro affidato che è così importante per la Chiesa”: rileverà i problemi incontrati nelle singole diocesi, i punti di forza e quelli di debolezza e discuterà con i vescovi il da farsi. Perché la catechesi possa svolgere il suo vero ruolo nella Chiesa - ha inoltre detto mons. Sambou - occorre arrivare alla base “cioè fino alle parrocchie, dove il catechismo deve essere conosciuto da tutti i fedeli”. C’è poi da migliorare l’inquadramento pastorale da parte dei sacerdoti nelle parrocchie loro affidate e a livello diocesano. L’incontro ha anche sottolineato lo stretto nesso tra catechesi e comunicazione, rilevando come la prima non possa prescindere dalla seconda. È stato infine evidenziato l’importante contributo della catechesi alla pace sociale in Senegal. Questo perché - ha spiegato uno dei relatori - più le persone hanno familiarità con le proprie tradizioni religiose, più sono tolleranti verso gli altri. (L.Z.)

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    Vademecum della Cei per promuovere “corretti rapporti” con i fedeli ortodossi

    ◊   A fronte del crescente fenomeno migratorio che ha fortemente interessato in questi anni in Italia, la Conferenza episcopale ha pubblicato oggi un vademecum “per la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali non cattolici”, ovvero verso gli ortodossi presenti in Italia. Il testo, redatto dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo diretto da don Gino Battaglia e per i problemi giuridici guidato da mons. Adolfo Zambon, è destinato prevalentemente ai parroci, agli operatori pastorali e ai responsabili delle istituzioni educative cattoliche e organizza tutta la disciplina vigente nella Chiesa cattolica sui “corretti rapporti” con i fedeli appartenenti alle diverse Chiese ortodosse. Secondo quanto riferisce l'agenzia Sir, il testo fa il punto su alcune indicazioni relative per esempio ai sacramenti (battesimo, confermazione, eucaristia, penitenza, unzione degli infermi), ai matrimoni misti e all’ammissione dei fedeli alla piena comunione nella Chiesa cattolica. In particolare, la prima parte del vademecum presenta, in modo sintetico, alcuni elementi dottrinali utili per comprendere il profilo delle Chiese orientali non cattoliche in Italia, mentre la seconda parte intende offrire alcune indicazioni relative alla condivisione del culto liturgico sacramentale. I vescovi hanno ritenuto necessario mettere a punto questo strumento anche alla luce dei dati sull’immigrazione del 2009, secondo cui i cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia ammonterebbero a circa quattro milioni e mezzo. Circa la metà degli immigrati sono cristiani: fra di loro i fedeli ortodossi erano stimati nel 2008 in circa un milione centotrentamila. Bisogna inoltre considerare che se i flussi migratori manterranno le caratteristiche attuali, nei prossimi anni l’insieme di tali fedeli diventerà la seconda comunità religiosa italiana. “Questa nuova realtà – scrivono don Battaglia e mons. Zambon – cambia anche i termini dei rapporti ecumenici nel nostro Paese”. “Infatti – spiegano ancora -, il numero dei fedeli è tale da rendere impossibile alle comunità orientali, che pure vanno progressivamente strutturandosi, di fare fronte compiutamente alle loro esigenze spirituali e pastorali”. “È dunque urgente considerare le conseguenze pastorali e giuridiche della presenza dei fedeli orientali non cattolici all’interno delle comunità cattoliche – aggiungono infine don Battaglia e mons. Zambon -, a motivo dei contatti che si instaurano, per rispondere in maniera corretta alle richieste che essi presentano”. (M.G.)

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    Cresce l’attesa per l’ostensione della Sindone mentre emergono nuove prove sulla sua veridicità

    ◊   L’Uomo della Sindone continua ad affascinare e a rappresentare una sfida per tutti. L’Ostensione del sacro Lino, in programma a Torino dal prossimo 10 aprile al 23 maggio, registra già un enorme numero di prenotazioni, a testimonianza delle attese che si concentrano attorno a questa reliquia, il più famoso e studiato reperto storico del mondo. Il prof. Pierluigi Baima Bollone, che ha dedicato buona parte della sua esistenza e del suo lavoro scientifico proprio alla Sacra Sindone, ha riproposto un viaggio fra le contese scientifiche e religiose che hanno accompagnato da sempre il cammino della Sindone. Direttore onorario dell’Istituto Internazionale di Sindonologia, Baima Bollone ha condotto la famosa indagine che, grazie alle analisi ematologiche sui fili di lino, ha accertato la presenza di sangue umano sul telo, conservatosi inalterato probabilmente per la contestuale presenza di materiali conservativi, quali aloe e mirra. Baima Bollone ha presentato alcune immagini inedite sulle più recenti analisi chimico-fisiche che portano nuove prove a favore della Sindone. Si tratta di analisi sul lino che mostrano come il tessuto non risulti assolutamente intaccato da un calore ipotizzabile attorno ai 200 gradi, necessari per la fissazione dell’immagine tridimensionale. Sviluppi che contribuiscono ulteriormente a demolire la prova radiometrica al carbonio-14 eseguita nel 1988, che sembrò smentire l’origine storica del sudario, demolendone la credibilità. Conclusioni che – ha ribadito Baima Bollone - sono state sconfessate pubblicamente dallo stesso laboratorio di Oxford che eseguì le analisi. Lo studioso ha ribadito come gli studi non ricerchino la verità ultima sull’immagine piuttosto, come lo definì Giovanni Paolo II, “il volto eloquente e silenzioso della Sindone” evidenzia “la fragilità della ragione nel cogliere la storia di quell’Uomo rimasto impresso sul telo per restare per sempre sotto gli occhi del mondo”. (A cura di Fabio Brenna)

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    Perù: le conclusioni del X Congresso degli Istituti Secolari in America Latina

    ◊   Circa 200 partecipanti provenienti da 16 paesi latino-americani e 4 europei, appartenenti a 80 istituti, si sono radunati a Lima, capitale del Perù, dal 3 al 7 febbraio 2010 per il X Congresso Latinoamericano e dei Caraibi degli Istituti Secolari. Il Congresso precedente si era tenuto a Santo Domingo nel mese di agosto 2006 e il prossimo sarà nel luglio 2014 a Porto Rico. Il tema di riflessione, in sintonia con Aparecida, è stato "La sfida missionaria degli Istituti Secolari in America Latina e nei Caraibi". All’agenzia Fides sono state inviate le conclusioni di questo Congresso: 12 punti che esprimono gioia per la vita secolare consacrata e ringraziamento della comunione di questi 80 istituti rappresentati nel Congresso. In risposta al tema scelto, i partecipanti rilevano l’urgente bisogno di pianificare la vita consacrata con una spiritualità cristiana responsabile dinanzi alla società. Ci sono diversi elementi per riuscire in questo obiettivo: l’età giovane dei consacrati, la fedeltà creativa al proprio carisma, la mentalità aperta degli istituti verso i giovani latinoamericani e l’esempio dei santi, soprattutto quelli “latinoamericani” come Santa Rosa di Lima e Toribio di Mogrovejo. Con questi elementi, secondo le conclusioni, bisogna creare opportunità per far crescere le vocazioni, rafforzare i collegamenti di partecipazione e di comunicazione fra i paesi - in questo il ruolo della Cisal, la Confederazione degli istituti secolari in America Latina, è decisivo -, infine creare una rete potente per proiettarsi al servizio della Chiesa e del mondo. L’ultima richiesta delle conclusioni è costituita da una preghiera alla Madonna di Guadalupe per avere il suo accompagnamento e la sua guida in questo compito missionario. (R.P.)

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    All’Università della Santa Croce di Roma il convegno sul celibato sacerdotale

    ◊   “Riflettere sulle novità della ricerca sulla dottrina sul celibato”, studiando la materia in “maniera interdisciplinare”, anche a fronte degli sviluppi registrati negli ultimi decenni. È questo l’obiettivo di “Il celibato sacerdotale: teologia e vita”, XIV Convegno organizzato dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce, a Roma, in programma dal 4 al 5 marzo prossimi. A presentare le varie prospettive ci saranno, il primo giorno, il prof. Stefan Heid, del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, che affronterà il tema “La ricerca storica sul celibato e sulla continenza clericale a partire dal Concilio Vaticano II”; mons. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, che parlerà nella sezione “Per una teologia del celibato di Gesù Cristo, Pontefice della Nuova Alleanza”; il prof. Laurent Touze per “Il celibato è vincolato al sacramento dell’Ordine? Per una teologia spirituale del celibato” e mons. Damiano Marzotto che analizzerà il tema del “Celibato sacerdotale e fraternità: dal Nuovo Testamento alla vita”. Ad introdurre i lavori del secondo giorno il cardinale Claudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il Clero. Seguiranno gli interventi del prof. Aquilino Polaino, dell'Università San Pablo-CEU di Madrid, su “La realizzazione della persona nel celibato sacerdotale”; del prof. Pablo Gefaell, del Pontificia Università della Santa Croce, su “Il celibato sacerdotale nelle Chiese orientali: storia, presente, avvenire” e del prof. Antonio Malo su “Antropologia dell’affettività e celibato sacerdotale”. Il Convegno si concluderà con la tavola rotonda dal titolo “Come formare al celibato sacerdotale oggi? Esperienze a Roma e nel mondo”, a cui prenderanno parte alcuni formatori e rettori di seminari. Nel corso delle due giornate, inoltre, è previsto uno spazio per le comunicazioni dei partecipanti. (M.G.)

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    Presentato il volume: “Educare alla speranza. Itinerari pedagogici e didattici speciali”

    ◊   Sollecitare la società ad educare i giovani ad essere costruttori di una nuova civiltà nonostante la crisi di valori del tempo attuale. E’ il tema del libro “Educare alla speranza. Itinerari pedagogici e didattici speciali”, edito da Franco Angeli e curato da Anna Maria Favorini, docente di didattica e pedagogia speciale nell’ Università di Roma Tre. Il volume, presentato ieri nell’ateneo, è una raccolta degli atti di un convegno sulla pedagogia, organizzato lo scorso maggio dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma. “Non è facile oggi educare i giovani alla speranza. Le difficoltà di questo obiettivo le viviamo tutti i giorni. Ma non bisogna scoraggiarsi perché solo aiutando le nuove generazioni a costruire futuri progetti di vita, si realizzerà una nuova civiltà dell’amore”. Così il vice gerente di Roma mons. Luigi Moretti che ha presentato il libro. Un volume che affronta un tema attuale: quello di saper donare ai ragazzi la certezza che un futuro migliore è possibile anche di fronte agli evidenti disagi della società. “Educare oggi - ha spiegato l’autrice - è un compito delicato ed attualissimo, anche alla luce del ripetersi di episodi di malessere culturale e sociale che investono i nostri giovani”. E proprio per questo, nel libro viene evidenziata l’importanza di mantenere aperto un dialogo tra esperti e soggetti sociali, per cogliere quelle richieste educative che arrivano non solo dai giovani ma anche da chi vive con loro quotidianamente, come i genitori e gli insegnanti. “Per questo - ha continuato Anna Maria Favorini - è fondamentale non lasciarli soli ma sentirsi tutti noi partecipi di questo compito, anche se non sempre ciò è facile e possibile”. E l’incontro è stato concluso da monsignor Lorenzo Leuzzi, direttore dell’ufficio per la Pastorale universitaria di Roma che ha spiegato come il futuro della nostra società dipenda in particolare dalle nostre capacità educative di formare uomini e donne impegnati nella costruzione di una nuova civiltà con fiducia e responsabilità. (A cura di Marina Tomarro)

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    24 Ore nel Mondo



    Arrestato a Teheran il noto regista iraniano Jafar Panahi, una delle voci più critiche del presidente Ahmadinejad

    ◊   Il regista iraniano Jafar Panahi, già vincitore del Leone d'oro a Venezia e una delle voci più critiche del presidente Ahmadinejad, è stato arrestato la scorsa notte a Teheran con la moglie e la figlia, da agenti dei servizi di sicurezza. Lo rende noto oggi il sito dell'opposizione Jaras. Panahi, la moglie e la figlia erano già stati arrestati una prima volta il 30 luglio dell'anno scorso mentre prendevano parte - nel cimitero Behesht-e-Zahra di Teheran - ad una commemorazione di Neda Aqa-Soltan, la manifestante uccisa le immagini della cui agonia avevano fatto il giro del mondo su Internet. Poche ore dopo i tre erano stati rilasciati. Ma, successivamente, al regista é stato impedito di lasciare il Paese per essere presente ai festival cinematografici di Mumbai, in ottobre, e di Berlino, il mese scorso. Il figlio di Panahi, Panah, ha detto che uomini delle forze di sicurezza in borghese hanno fatto irruzione ieri sera in casa sua, da dove hanno prelevato, oltre al regista e alle sue congiunte, 15 ospiti, tra i quali alcuni altri registi e attori. Successivamente hanno perquisito la casa per cinque ore e hanno portato via diverso materiale, tra cui il computer di Panahi. Jafar Panahi vinse il Leone d'oro nel 2000 con "Il cerchio", un film dedicato alla condizione delle donne in Iran. Dello stesso argomento si occupava "Offside", pellicola che nel 2006 fu premiata a Berlino con l'Orso d'argento.

    Attacco aereo Nato nella provincia afghana orientale di Kunar
    Una decina di talebani sono morti nel corso di un attacco aereo della Nato nella provincia afghana orientale di Kunar. Lo scrive oggi l'agenzia di stampa Pajhwok. Citando fonti della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) e locali, l'agenzia indica che il raid è avvenuto nel distretto di Sakwai e che in esso “sono morti dieci talebani”. Da parte sua, il generale Khalilullah Ziaee, capo della polizia provinciale, ha precisato che i velivoli della Nato hanno bombardato nascondigli degli insorti nel villaggio di Zangal Banda, uccidendo sei militanti e ferendone due. Un portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha invece smentito tutto, sostenendo che le bombe “hanno ucciso solo civili”, e che “13 militari stranieri sono stati uccisi mentre scendevano dagli elicotteri”.

    Pakistan
    La polizia pakistana ha presentato ad uno speciale tribunale antiterrorismo di Sargodha (provincia del Punjab) un rapporto riguardante le indagini svolte su cinque giovani statunitensi arrestati nello scorso dicembre e sospettati di contatti con organizzazioni di talebani e con la stessa "Al Qaeda". Lo riferisce "Dawn News tv". Il documento, che sarà esaminato dai giudici in un’udienza pubblica il 10 marzo, riguarda, fra gli altri, i possibili reati di cospirazione a fini terroristici, contatti con organizzazioni clandestine estere con l'obiettivo di mettere in pericolo la sicurezza del Pakistan e partecipazione a raccolte illecite di fondi. I cinque si sono difesi in interrogatori recenti sostenendo che il loro obiettivo era quello di fornire sostegno sociale e sanitario “ai fratelli musulmani”, mentre secondo la polizia il loro proposito reale era di unirsi ai talebani in Afghanistan per combattere l'esercito afghano e le forze militari straniere.

    Incertezza della Borsa di Atene: attesa per le nuove misure previste dal governo
    La Borsa di Atene ha oggi aperto con segno positivo, in attesa delle misure auspicate ieri dal Commissario europeo Olli Rehn e che il governo deve annunciare verosimilmente domani. Intanto è iniziata oggi una nuova astensione dal lavoro di 48 ore dei tassisti, mentre per l'8 marzo è annunciato un altro sciopero, il secondo, dei doganieri. Domani scendono in piazza anche i pensionati contro il congelamento delle pensioni mentre la confederazione del settore pubblico, Adedy, minaccia una possibile nuova grande protesta. Questo pomeriggio il premier Giorgio Papandreou interverrà davanti al gruppo parlamentare del suo partito, il Pasok, e si prevede che delineerà le “misure aggiuntive” annunciate ieri genericamente dal ministro delle Finanze Giorgio Papaconstantinou dopo il colloquio con Rehn.

    Altre 16 persone incriminate in Turchia
    Altre 16 persone, tra cui cinque personaggi di spicco delle forze armate e della magistratura, sono state incriminate nelle ultime ore in Turchia nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria su Ergenekon, una presunta organizzazione nazionalista accusata di aver tentato di rovesciare il governo del filo islamico Partito Giustizia e Sviluppo (Akp) del premier Tayyip Erdogan. Lo riferiscono con risalto i media locali. Tra i nomi “eccellenti” incriminati dalla Procura della Repubblica della città di Erzurum figura il generale Saldiray Berk, comandante (in servizio) della terza armata dell'esercito di base nella provincia orientale di Erzincan, il primo più alto grado delle forze armate turche in servizio ad essere ufficialmente incriminato nel caso Ergenekon. Ci sono poi l'ex procuratore della Repubblica di Erzincan, Ilhan Cihanr, arrestato il mese scorso da un collega della Procura di Erzurum perché sospettato di far parte di Ergenekon; il colonnello Ali Tapan, comandante della gendarmeria della città di Erzincan; il colonnello Recep Gencoglu, comandante della gendarmeria di Eskisehir; e Demir Sinasi, direttore dell'ufficio dei servizi segreti di Erzincan. Dopo le incriminazioni, gli atti che li riguardano verranno inviati alla Procura della Repubblica di Istanbul che da due anni segue il processo sul caso Ergenekon. Se riconosciuti colpevoli, rischiano una pena variante dai sette ai 15 anni di carcere per eversione.

    Ucraina
    La coalizione del Parlamento ucraino si è sciolta: lo ha detto il presidente della Camera Vladimir Livtin. La coalizione comprende il blocco di Iulia Timoshenko, il blocco "Nostra Ucraina" e il partito di Luivtin. La maggioranza che sosteneva il governo della premier filo occidentale Iulia Timoshenko non ha confermato entro la scadenza di oggi l'adesione di almeno 226 deputati in calce all'accordo di coazione, come prevede una legge approvata il 10 febbraio scorso. Ora entro 30 giorni deve essere formata una nuova coalizione, altrimenti il presidente ha il diritto di sciogliere il parlamento e di convocare nuove elezioni. Per la formazione del nuovo governo, invece, sono previsti altri 60 giorni. Domani invece il parlamento voterà la mozione di sfiducia al governo, presentata dal partito delle regioni guidato dal nuovo presidente Viktor Ianukovich.

    Gli Shabab bloccano il lavoro del Pam in Somalia
    Il movimento integralista islamico degli Shabab, che controlla parte della Somalia, ha vietato da alcuni giorni la distribuzione degli aiuti alimentari del Programma Alimentare Mondiale dell'Onu nel Paese del Corno d’Africa. Lo ha reso noto il movimento islamico che si professa vicino ad al Qaeda, accusando l'agenzia dell'Onu di essere orientata politicamente e di arrecare danno agli agricoltori locali. Stefano Leszczynski ha intervistato Mario Raffaelli, esperto di processi di pace nel Corno d’Africa:

    R. – Ovviamente è una cosa che mostra come spesso gli aiuti umanitari vengano trasformati in un’arma di lotta politica. Gli Shabab sono tra l’altro un movimento non dotato di una guida unitaria e, quindi, con comportamenti diversi a seconda dei diversi comandanti e dei diversi gruppi presenti sul territorio. Dopo aver fatto allontanare con le minacce molti operatori internazionali, in questa escalation hanno preso anche quest’altra decisione che rappresenta evidentemente un’arma di lotta politica sulle spalle della popolazione civile.

     
    D. – Sono anni che si cerca di parlare di un controllo del territorio da parte di un governo transitorio, ma ciò non riesce mai…

     
    R. – Non riesce mai perché – a mio avviso – non si è ancora riusciti ad andare oltre un’ottica di tipo esclusivamente militare e di sicurezza. E’ evidente che per poter allargare il controllo sul territorio è necessario anche che il governo convinca la popolazione o parte della popolazione che avere un governo è una cosa importante e fa certamente la differenza.

     
    D. – Tuttavia per quanto riguarda la pirateria, la Comunità internazionale - usando il pugno duro, come si suol dire – è riuscita a tenere il fenomeno sotto controllo. Come mai non si decide per un’azione simile sul territorio somalo?

     
    R. – Gli interventi contro la pirateria sono relativamente più semplici, perché sono gestiti direttamente dal sistema militare occidentale. Nel caso, invece, degli interventi a terra si tratta di una logica completamente diversa per cui c’è sia una impossibilità di intervenire direttamente ed anche una difficoltà nel far pervenire in maniera adeguata ed efficiente gli stessi aiuti alle istituzioni.

     
    In Niger, dopo il colpo di Stato, la Giunta annuncia un nuovo governo
    La giunta militare che ha preso il potere nel Niger con un colpo di Stato lo scorso 18 febbraio ha nominato oggi un governo di transizione di 20 membri con il compito di condurre il Paese alle elezioni. Il capo della giunta, Salou Djibo, ha inoltre nominato il capo di Stato maggiore militare, generale Salou Suleyman, e gli altri vertici militari del Paese africano, grande esportatore di uranio. La giunta militare, che ha promesso di indire elezioni, senza stabilire una data, nel golpe di febbraio ha deposto il presidente Mamadou Tandja e i suoi ministri. Tandja si era attirato le critiche in patria e nel mondo per aver sciolto il parlamento e modificato la costituzione per assicurarsi il potere oltre il secondo mandato presidenziale.

    Obama conferma per un altro anno le sanzioni Usa allo Zimbabwe
    Il presidente Usa Barack Obama ha annunciato che le sanzioni della sua amministrazione contro i dirigenti dello Zimbabwe saranno prorogate di un anno, perchè le azioni delle persone sanzionate continuano "a minacciare la politica estera degli Stati Uniti". In un messaggio diretto al Congresso, Obama sottolinea che "la crisi derivante dalle azioni e politiche di alcuni membri del governo dello Zimbabwe e di altre persone, che puntano a minare il processo democratico e le sue istituzioni, non è stata risolta". "Per queste ragioni - prosegue Obama - ho deciso che era necessario mantenere in vigore queste sanzioni, per rispondere a questa minaccia".

    Nigeria
    Un giornalista sportivo sudafricano e due suoi colleghi nigeriani sono stati sequestrati nel Delta del Niger, secondo quanto hanno annunciato media sudafricani e nigeriani e fonti della polizia di Port Harcourt. Secondo fonti sudafricane i tre, appartenenti al canale satellitare SuperSport, sono stati rapiti presso Warri, uno dei poli dell'industria petrolifera nigeriana, mentre si stavano recando in aeroporto. Una fonte della polizia nigeriana ha invece detto che i tre giornalisti sono stati presi nello stato di Imo, la cui città principale, Owerri, è vicino alla zona del Delta del Niger.

    Dalla Commissione Europea 100 milioni ad Haiti per scuole, strade e salari
    Cento milioni di euro per pagare i salari dei dipendenti del governo, ricostruire scuole e rimettere in sesto le strade saranno destinati da oggi a maggio ad Haiti, nell'ambito degli impegni assunti dall'Unione europea a favore dell'isola devastata dal terremoto. Lo ha annunciato oggi la Commissione Ue. L'Unione europea, uno dei più grande donatori di Haiti, si è impegnata finora per oltre 600 milioni di euro tra aiuti umanitari e fondi destinati alla ricostruzione del Paese. Il 31 marzo si terrà a New York la conferenza internazionale dei donatori di Haiti. In vista di questo appuntamento, la Commissione Ue ha anche assunto l'impegno ad organizzare un incontro con tutte le Organizzazioni non governative impegnate nella ricostruzione di Haiti.

    Ue e Vietnam annunciano negoziati di libero commercio
    L'Unione europea e il Vietnam hanno concordato di lanciare un accordo bilaterale di libero commercio (Fta). La decisione - riferisce una nota diffusa a Bruxelles - è stata assunta in seguito ad un incontro tra il commissario del commercio estero Karel de Gutch e il primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung, oggi in Hanoi.

    Inguscezia
    Sei estremisti sono morti e cinque poliziotti sono rimasti feriti oggi in un conflitto a fuoco, tuttora in corso, nel villaggio di Ekazhevo, nella turbolenta repubblica caucasica russa dell'Inguscezia. Lo riferiscono le agenzie. Secondo quanto riferito dal quartier generale delle forze del Caucaso del Nord, la polizia ha circondato alcune case dove si nascondevano i ribelli e quest'ultimi hanno aperto il fuoco dopo che era stato intimato loro di arrendersi. Il gruppo di militanti, secondo la stessa fonte, sarebbe coinvolto in attacchi e attentati alle forze dell'ordine. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 61

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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