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Sommario del 30/05/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all'Angelus parla della Trinità: con il segno della Croce Dio abbraccia le nostre persone. Ricordata la prossima visita a Cipro
  • Elevata agli altari a Roma la Beata Pierina De Micheli, maestra di preghiera e azione per la santità di sacerdoti e giovani
  • Oggi in Primo Piano

  • E' scomparso don Mario Picchi, fondatore del Ceis: una vita per gli ultimi guardando all'uomo, non alle sue miserie
  • Elezioni in Colombia, si cerca il successore di Alvaro Uribe
  • Alla terza edizione de "Le piazze di maggio", al Santuario della Verna, il tema della cultura della pace e delle vie per radicarla nel quotidiano
  • “Un donatore moltiplica la vita” lo slogan per la Giornata italiana della donazione degli organi
  • Modelli di città a sviluppo equo presentati alla mostra-convegno di Firenze "Comunità sostenibili e responsabili"
  • Anno Sacerdotale: la testimonianza di don Felipe Lopez, prete del Salvador e parroco alle porte di Roma
  • La musica al servizio della pace nel Premio ispirato alla Campana dei Caduti di Rovereto. Ennio Morricone racconta la sua "Jerusalem"
  • Chiesa e Società

  • Spagna. Cerimonia di chiusura a Toledo del decimo Congresso eucaristico
  • Brasile. Conclusa la prima Assemblea dei popoli indigeni di Goias e Tocantins
  • India: adorazione eucaristica di 40 ore per la Chiesa e i sacerdoti
  • L’Ue e l’immigrazione in un dibattito proposto dai Cristiani per l’Europa
  • La dimensione religiosa nella sfera pubblica al centro di un Convengo della Fondazione Rui
  • L’Onu vota il ritiro dei caschi blu dal Congo
  • Africa Day: l’Associazione Medici per l’Africa Cuamm in 40 piazze italiane
  • Per la conclusione dell’Anno sacerdotale, giornata di ritiro carismatico a Roma
  • Indonesia: l’evangelizzazione passa attraverso le ombre giavanesi
  • A Savona l’incontro delle confraternite locali per i 750 anni di presenza sul territorio

  • 24 Ore nel Mondo

  • Fallita l’operazione "top kill" per fermare la marea nera nel Golfo del Messico. Al via un nuovo tentativo della British Petroleum
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all'Angelus parla della Trinità: con il segno della Croce Dio abbraccia le nostre persone. Ricordata la prossima visita a Cipro

    ◊   Il mistero della Trinità, celebrato dalla liturgia di oggi, e il prossimo viaggio apostolico a Cipro, dalla forte connotazione ecumenica oltre che ecclesiale. Sono due dei temi ai quali Benedetto XVI ha dedicato la sua riflessione prima e dopo l’Angelus di questa mattina in Piazza San Pietro. In particolare, il Papa si è soffermato sull’importanza del segno di Croce, con il quale – ha detto – i cristiani ricordano “il nome di Dio”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Spesso è un segno frettoloso e indistinto sul viso, il petto e le spalle di tanti cristiani. Ma nei brevissimi istanti che servono per tracciarlo si compie un profondo atto di fede: si ricorda la Trinità divina, che sin dal giorno del Battesimo “prende dimora in noi”. Alle 50 mila persone in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha ricordato l’importanza del segno di Croce utilizzando la meditazione di un grande teologo, Romano Guardini, il quale fa emergere i significati spirituali che si addensano dietro un gesto che rischia di essere un mero automatismo:

     
    “Lo facciamo prima della preghiera, affinché … ci metta spiritualmente in ordine; concentri in Dio pensieri, cuore e volere; dopo la preghiera, affinché rimanga in noi quello che Dio ci ha donato … Esso abbraccia tutto l’essere, corpo e anima, … e tutto diviene consacrato nel nome del Dio uno e trino”.

     
    Poco prima, il Papa aveva parlato del mistero della Trinità, simboleggiata dal segno di Croce, affermando che essa, “in un certo senso, ricapitola la rivelazione di Dio avvenuta nei misteri pasquali”:

     
    “Morte e risurrezione di Cristo, sua ascensione alla destra del Padre ed effusione dello Spirito Santo. La mente e il linguaggio umani sono inadeguati a spiegare la relazione esistente tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e tuttavia i Padri della Chiesa hanno cercato di illustrare il mistero di Dio Uno e Trino vivendolo nella propria esistenza con profonda fede”.

     
    Nel segno della croce e nel nome del Dio vivente “è, perciò, contenuto l’annuncio che genera la fede e ispira la preghiera”, ha proseguito Benedetto XVI, sottolineando quindi la centralità del sacerdozio nella diffusione, tramite i Sacramenti, delle verità della fede che discendono dalla Trinità:

     
    “Anche il santo Curato d’Ars lo ricordava ai suoi fedeli: ‘Chi ha accolto la vostra anima – diceva – al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? … sempre il sacerdote’”.

     
    Il Papa ha concluso la riflessione prima dell’Angelus citando Sant’Ilario di Poitiers, che nei primi secoli della Chiesa pregava perché la fede ricevuta col Battesimo rimanesse in lui “retta” e “incontaminata” fino all’“ultimo respiro”. Nei saluti del dopo Angelus, pronunciati in sei lingue, il Pontefice ha ricordato la visita che compirà a Cipro dal 4 al 6 giugno per incontrare i rappresentanti delle Chiese mediorientali in vista del Sinodo di ottobre. “Chiedo – ha detto in inglese – la vostra preghiera per la pace e la prosperità di tutto il popolo di Cipro, nonché per la preparazione dell'Assemblea Speciale”.

     
    Un pensiero è andato anche alla Beatificazione di Maria Pierina De Micheli, celebrata questa mattina a Roma, accompagnato da saluti ai vari gruppi radunati nella piazza. Con quello, in particolare, giunto a Roma da Pordenone per onorare la memoria del cardinale Celso Costantini, il Papa ha ricordato la presentazione fatta due giorni fa nella capitale del libro contenente il Diario del porporato, intitolato “Ai margini della guerra (1938-1947)”:

     
    “Questa pubblicazione è di grande interesse storico. Il cardinale Costantini, molto legato al Papa Pio XII, la scrisse quando era Segretario della Congregazione di Propaganda Fide. Il suo Diario testimonia l’immensa opera compiuta dalla Santa Sede in quegli anni drammatici per favorire la pace e soccorrere tutti i bisognosi”.

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    Elevata agli altari a Roma la Beata Pierina De Micheli, maestra di preghiera e azione per la santità di sacerdoti e giovani

    ◊   Una donna indimenticabile: è stata beatificata oggi Pierina De Micheli, madre superiora dell’Istituto delle Figlie dell’Immacolata Concezione di Buenos Aires, prima a Milano e poi a Roma, dove fu sempre impegnata nell’istruzione dei giovani. Nell’omelia della cerimonia celebrata stamattina a Santa Maria Maggiore, a Roma, da mons. Angelo Amato, il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi ne ha sottolineato le tre caratteristiche della santità, poste in rilievo dal Papa: la pietà mariana, la devozione al Santo Volto di Gesù Crocifisso e l’offerta della sua vita di preghiera e sofferenza per la santificazione dei sacerdoti. Anche Benedetto XVI dopo l’Angelus in piazza San Pietro ha voluto ricordare la religiosa. Al microfono di Tiziana Campisi il postulatore della causa di Beatificazione, l’avvocato Andrea Ambrosi, racconta l’opera di madre Pierina:

    R. – A Roma, negli anni della Seconda Guerra mondiale, ha fondato l’Istituto dello Spirito Santo e proprio negli anni peggiori – tutti sappiamo quello che è stata la Seconda Guerra mondiale per Roma, soprattutto dopo l’8 settembre del ’43: veramente regnava la fame! – madre Pierina era veramente un faro per tutti, perché lei trovava da soccorrere tutti e non si sa nemmeno come. Di fatti, accoglieva a mangiare nel suo istituto tanti sacerdoti ma anche la povera gente di Testaccio, e per questa sua generosità, per questa sua capacità di trovare sempre il sostentamento per tutti, tutti l’hanno sempre considerata una persona fuori dal comune. E’ stata sempre per tutti uno stimolante esempio al perfetto servizio del Signore. Tutti l’hanno recepito, perché non era un messaggio difficile a capirsi! Il suo programma della santità, che era poi quello che lei ha affermato, sta tutto in una frase che lei ripeteva di continuo: “Quello che conta è amare Gesù!”. E lei l’ha praticato fedelmente, eroicamente lungo tutta la vita: una vita semplice, una vita umile che preferiva i posti più umili, però costantemente illuminata da una grande fede che si alimentava in una perseverante preghiera e dalle adorazioni notturne.

     
    D. – La figura di madre Pierina De Micheli che cosa suggerisce all’uomo di oggi?

     
    R. – Possiamo dire che l’amore che lei aveva per le virtù evangeliche come l’umiltà, la carità, lo spirito di servizio, la disponibilità al sacrificio velato dal silenzio e dal sorriso … noi viviamo tutti un processo di secolarizzazione che minaccia di inaridirci e di distoglierci dal pensiero di Dio e di farci perdere la doverosa stima per la vita religiosa. Bene: il richiamo della Serva di Dio in questi tempi è quanto mai importante ed efficace e di aiuterà particolarmente, secondo me, a ritrovare il senso evangelico della vita.

     
    D. – Era chiamata “la suora con gli occhiali”: lei era questo per tante persone che la cercavano …

     
    R. – Lei era un punto di riferimento, perché si era in un’epoca storica molto difficile per la città di Roma. Gli ultimi due anni della sua vita sono stati gli anni in cui la malattia avanzava, ma lei ha sempre continuato a lavorare con l’impegno di prima. Non smetteva di aiutare tutte le persone che pativano tanto a causa della guerra…

     
    Sulla figura della nuova Beata e il suo rapporto spirituale con il Volto Santo di Cristo si sofferma il gesuita, padre Piersandro Vanzan, redattore di Civiltà Cattolica ed esperto di teologia, al microfono di A.V.:

    R. – La Madre Pierina col Volto Santo precorre in qualche modo questi nostri tempi, intuendo proprio la sofferenza, quella di Cristo e dei cristiani, sia perseguitati di fuori sia con i guai interni, come ha detto il Papa adesso a Fatima. Quel Volto Santo sofferente, questo volto che lacrima, che sanguina, lei lo intuì già da allora come icona rappresentativa, riassuntiva di tutto il nostro dramma umano e della Chiesa: l’umanità che soffriva per le guerre, per le persecuzioni, per i disastri di quel tempo. Lei intuisce in qualche modo che quel Volto Santo sofferente è simbolo dell’umanità di sempre, non solo degli anni ’40, ’45 e ’50. Infatti, oggi viviamo drammaticamente con le guerre, con la fame nel mondo, con le persecuzioni. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi in Primo Piano



    E' scomparso don Mario Picchi, fondatore del Ceis: una vita per gli ultimi guardando all'uomo, non alle sue miserie

    ◊   Si è spento ieri sera all’età di 80 anni don Mario Picchi, anima e cuore del Centro italiano di solidarietà, da qualche tempo ricoverato all’ospedale Fatebenefratelli di Roma. Mentre molti esponenti del mondo politico e civile hanno manifestato il proprio cordoglio, gli operatori e le famiglie del Ceis, da anni in prima linea nella lotta contro la tossicodipendenza e non solo, lo hanno ricordato nella home page del sito web del Centro: “I nostri cuori ora sono gonfi di dolore e di nostalgia – scrivono – ti siamo grati per quello che ci hai insegnato, per l’esempio che ci hai mostrato e per la voglia di vivere che hai saputo restituirci”. Nel servizio di Roberta Barbi riascoltiamo la voce di don Picchi in alcune delle testimonianze che ha lasciato alla Radio Vaticana:

    “Se lei mi presenta un problema, allora posso affrontare il problema e posso già anche fare qualche cosa, perché domani sia un giorno migliore”.

     
    Non si scoraggiava mai, don Mario Picchi, animatore instancabile del Ceis, il Centro italiano di solidarietà da lui stesso fondato nell’ormai lontano 1969. La sua proposta era molto semplice e si condensava in due parole, “Progetto Uomo”:

     
    “Ci siamo incontrati con il problema della droga senza sapere cosa fare e quindi ci rivolgevamo a medici, cliniche, insomma, a qualcuno che ci desse una mano. Abbiamo cominciato un po’ a girare, anche andare a vedere all’estero cosa si faceva, e abbiamo creato questa Associazione, il ‘Centro italiano di solidarietà’, e poi abbiamo cominciato a imitare. Ma la mia idea era quella di mantenere vivo il rapporto umano”.

     
    Si tratta di mettere l’essere umano al centro della storia, protagonista affrancato da ogni schiavitù, ma proteso al rinnovamento interiore, alla ricerca del bene, della libertà e della giustizia. Credeva in ogni creatura umana, don Picchi, indipendentemente dalle sue qualità, cultura e livello sociale, e credeva che in ognuna di esse fosse possibile la risurrezione. Il suo progetto, infatti, non è una terapia o un metodo, ma la valorizzazione delle identità delle persone, perché è attraverso l’Uomo che si conosce Dio. Insieme con lui, ci hanno creduto in molti, visto che il Ceis, da quel primo palazzo nel centro storico di Roma, donato all’epoca da Paolo VI, si è diffuso in tutto il mondo, come raccontava lo stesso don Picchi ai nostri microfoni l’anno scorso, in occasione del 40.mo anniversario del Centro:

     
    “Siamo partiti dalle strade di Roma per arrivare, ormai, in tutti i continenti. Noi andiamo a portare un interesse nuovo sull’uomo: anziché guardare ai problemi, guardiamo all’uomo”.

     
    Una vita a servizio degli ultimi: tossicodipendenti, ma anche bambini, extracomunitari, persone senza fissa dimora, malati di Aids. Ma don Picchi era innanzitutto un prete, originario di Pavia, per dieci anni viceparroco di paese, poi la venuta a Roma, dove ricoprì l’incarico di cappellano del lavoro presso la Pontificia Opera di Assistenza e qui l’incontro, folgorante, con i giovani. In occasione dei 50 anni di sacerdozio, nel 2007, aveva voluto condividere con noi il percorso della sua vocazione:

     
    “È stata tutta una scelta volontaria quella di diventare prete e poi è stata, ogni giorno, un’alba nuova a mettermi nelle mani di Dio e lasciare lavorare lui, essere più duttile possibile, magari deludendo un po’ anche il Padre Eterno. Veramente non ero partito con l’intenzione di occuparmi della droga, ma volevo vivere in mezzo ai giovani”.

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    Elezioni in Colombia, si cerca il successore di Alvaro Uribe

    ◊   Colombia oggi al voto per le presidenziali che decreteranno il successore di Alvaro Uribe, al potere dal 2002. I sondaggi vedono favoriti al primo turno Juan Manuel Santos, ex ministro della Difesa e delfino di Uribe, e l'ex sindaco di Bogotà, il verde Antanas Mockus, sorpresa della campagna elettorale. L’eventuale ballottaggio è in programma per il 20 giugno. Le autorità hanno rafforzato le misure di sicurezza attorno ai candidati, per paura di attacchi da parte dei guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Già nei giorni scorsi, in un agguato delle Farc sono morti nove militari. Proprio la lotta alla guerriglia è stato uno dei temi dominanti della campagna elettorale. Stefano Femminis, direttore del mensile internazionale dei Gesuiti “Popoli”, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Questo è il problema-chiave della Colombia da più di 50 anni. E’ un Paese che di fatto vive un’interminabile guerra civile con una formazione guerrigliera che non accetta il potere governativo e che, di fatto, ha provocato migliaia e migliaia di morti sia la guerriglia sia i gruppi paramilitari che vi si oppongono e in alcuni casi, purtroppo, anche lo stesso esercito si è macchiato di esecuzioni, violazioni dei diritti umani piuttosto gravi. Quindi, è un Paese assolutamente non pacificato nonostante gli otto anni di Uribe, che aveva messo al centro della sua campagna elettorale, sin dagli inizi, la sconfitta della guerriglia. E’ vero che Uribe ha certamente ridotto il potere e la minaccia delle Farc, ma le Farc ancora ci sono e possono contare su ottomila combattenti. Il Paese, quindi, non è assolutamente tranquillo: negli ultimi tre anni, sono stati 38 mila i colombiani desaparecidos, coloro che, a causa delle violenze dei gruppi armati ed anche della repressione delle forze di sicurezza, sono stati uccisi e di fatto scomparsi.

     
    D. – Da non dimenticare che Ingrid Betancourt e Clara Rojas furono rapite proprio in campagna elettorale…

     
    R. – Sì. La Betancourt stava addirittura per annunciare la sua candidatura, ma in realtà non aveva possibilità di vittoria. Certamente, poi, il suo rapimento colpì molto anche per questi motivi. L’eredità della Betancourt è stata in parte raccolta dal candidato del Partito verde, Antanas Mockus, se non altro per il suo essere un po’ fuori dei circuiti tradizionali della politica. E’ vero che Mockus è stato sindaco di Bogotá per due mandati, quindi non è un neofita, però non è certamente nella linea del partito governativo e nemmeno fa parte di quell’oligarchia che, prima dell’avvento di Uribe, aveva governato in Colombia per diversi decenni.

     
    D. – E chi è l’altro candidato, quello che poi è dato dai sondaggi come favorito, l’ex ministro della Difesa, Juan Manuel Santos?

     
    R. – Ministro della Difesa nel governo uscente, rientra appunto in quella classe politica più tradizionale, che domina la Colombia da diversi anni. Tra l’altro, la sua famiglia è stata anche proprietaria, fino a poco tempo fa, del il principale quotidiano nazionale, “El Tiempo”. Si propone di proseguire la linea politica di Uribe, quindi punta tutto sulla continuità e sui successi che Uribe ha ottenuto in termini di un indebolimento delle Farc. Certamente ,è un uomo di minore carisma rispetto all’attuale presidente e quindi questo fatto è stato pagato, almeno secondo quello che dicono i sondaggi, perché Uribe ha un gradimento superiore al 50 per cento tra i colombiani, mentre invece Santos viene accreditato di un 36-38 per cento. Quasi sicuramente, quindi, non vincerà al primo turno. E’ da vedere cosa succederà in un eventuale ballottaggio.

     
    D. – Che Paese è oggi la Colombia, anche a livello di equilibri latinoamericani?

     
    R. – Intanto, è un solido amico degli Stati Uniti, con la presidenza Bush ma anche adesso con Obama. Certamente è un Paese-chiave rispetto al confronto con il Venezuela di Chavez e infatti ci sono stati parecchi problemi tra i due Peasi che confinano. Allo stesso tempo, la guerra civile ha giustificato, diciamo così, tutte quelle violazioni dei diritti umani. Sappiamo anche che ci sono difensori dei diritti umani, tra cui diversi Gesuiti che non si stancano di denunciare queste violazioni anche da parte del governo e dell’esercito. Direi che forse queste elezioni potrebbero segnare un po’ una svolta, nel senso di una Colombia che finalmente potrebbe guardare ad un futuro e ad un presente non unicamente attraverso la chiave di lettura della guerriglia.

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    Alla terza edizione de "Le piazze di maggio", al Santuario della Verna, il tema della cultura della pace e delle vie per radicarla nel quotidiano

    ◊   Quali sono le vie che conducono ad una cultura di pace? Le ha proposte in questi giorni l’Associazione Rondine Cittadella di Pace, che oggi conclude al Santuario della Verna la terza edizione de “Le piazze di maggio”, un itinerario ideale di incontri attraverso la formazione, la bellezza ed il dialogo. Ce ne parla Francesca Sabatinelli:

    Dialogo interreligioso, formazione e università, impresa sociale e terzo settore, riflessione e silenzio interiore. L’associazione Rondine Cittadella di Pace ha proposto questi percorsi come vie per arrivare ad una vera cultura di pace. Un itinerario ispirato alla figura di San Francesco, che si è sviluppato tra Umbria e Toscana e che ha visto gli interventi di esponenti del mondo culturale, religioso, accademico, diplomatico, istituzionale ed economico, legati da un filo conduttore costante: unica la persona, molte le vie. Abbiamo intervistato Franco Vaccari, presidente dell’Associazione Rondine Cittadella di Pace:

     
    R. - Centrare di nuovo tutto sulla persona e vedere che diversi ambiti di vita quotidiana possono essere strade percorribili per crearci come persone di pace e creare una cultura della pace: questo era lo scopo de “Le piazza di maggio” di quest’anno.

     
    D. - A chiusura dell’evento, potere dire di averlo raggiunto questo scopo?

     
    R. - Siamo pieni di soddisfazione e di gioia, perché abbiamo incontro luoghi e persone che, o erano già in sintonia con questo atteggiamento, o si sono messe in sintonia. E mi riferisco in modo particolare ai luoghi dell’Umbria, alle Università degli studi, alle Università per gli stranieri. Mi sono riferito ad Assisi, perché abbiamo attinto allo "Spirito di Assisi" e al gesto di Giovanni Paolo II. E mi riferisco ai giovani che incontriamo nella vita: l’altro non lo incontriamo fuori da noi, ma lo incontriamo se ciascuno di noi rientra davvero in se stesso.

     
    D. - Motore e cuore de “Le piazze di maggio” è lo Studentato internazionale di Rondine Cittadella della Pace. Che cos'è?

     
    R. - Sono gli studenti che vengono dai luoghi di guerre, permangono a Rondine per un lungo periodo, il tempo cioè di laurearsi o di prendere una specializzazione post-laurea, vivendo un’esperienza di dialogo e di riconciliazione, per poi ritornare nei loro luoghi e testimoniare che una cultura del dialogo e della convivenza pacifica è possibile. Diventano, quindi, dei veri antidoti alla guerra e al conflitto.

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    “Un donatore moltiplica la vita” lo slogan per la Giornata italiana della donazione degli organi

    ◊   “Un donatore moltiplica la vita”. Questo lo slogan scelto per l’odierna giornata Nazionale della ‘donazione e trapianto di organi e tessuti’, voluta dal Ministero della Salute. Diverse le manifestazioni e gli eventi organizzati in tutta Italia dagli enti locali e dalle istituzioni sanitarie con l’obiettivo di dare visibilità al tema. Ma sono cresciute le donazioni nel Paese? Eliana Astorri lo ha chiesto al professore Ciro D’Alò, coordinatore locale del Policlinico Gemellli per la donazione di organi e tessuti a scopi di trapianti:

    R. – Lo scorso anno, abbiamo avuto una media, in Italia, di 21 donatori per un milione di abitanti. Nei primi mesi di quest’anno, abbiamo registrato una leggera flessione. Ciò su cui stiamo lavorando, in tutt’Italia, è l’abbattimento delle opposizioni alla donazione. Quando noi ci troviamo nelle condizioni di non avere persone che hanno espresso in vita la propria volontà, dobbiamo fare riferimento ai familiari. Su 100 volte che un medico rianimatore rivolge ad un familiare la domanda: “Lei desidera donare gli organi per il suo congiunto?”, bene, circa 30 volte i familiari rispondono di no, perché non conoscono la volontà del proprio congiunto. La risposta è: “In vita non abbiamo mai parlato di questo problema. Non sappiamo come la pensasse e quindi, nell’incertezza e nel dubbio, pensiamo di rispettare un’eventuale volontà negativa alla donazione e diciamo di no”.

     
    D. – Quanto tempo ha un parente per decidere?

     
    R. – Il tempo coincide normalmente con le sei ore, nelle quali si sviluppano le attività di accertamento della morte col criterio neurologico.

     
    D. – In che modo un cittadino può esprimere la volontà di donare i propri organi?

     
    R. – Le modalità sono diverse. La più semplice è un foglio di carta bianco, sul quale ognuno di noi può indicare il proprio nome e cognome, il riferimento di un documento d’identità ed esprimere la propria volontà, sia in senso favorevole che contrario. Questo scritto – che si chiama “documento olografo”, scritto di pugno – è poi da firmare e datare ed ha il valore di una volontà inconfutabilmente espressa in vita e che può essere modificata in qualunque momento. Se non vogliamo utilizzare il foglio di carta bianco, esistono dei prestampati del formato delle carte di credito – da qui il nome di “Donor Card” – dove i contenuti sono assolutamente identici a quelli del foglio di carta bianca. Se desideriamo una registrazione della nostra volontà in modo formale, in un’anagrafe delle volontà che si sta sviluppando presso il Centro nazionale trapianti, possiamo rivolgerci allora ai grandi ospedali – ad esempio da noi presso l’Ufficio relazioni con il pubblico – o ai medici di base. In alcune città ciò è possibile anche presso gli uffici comunali o le sedi delle Asl, dove la nostra volontà registrata su un modulo i cui contenuti sono sempre gli stessi: nome, cognome ed espressione della volontà, che viene poi conservata nell’archivio informatizzato gestito dal Centro nazionale trapianti. Io aggiungo sempre che se non vogliamo compilare il foglio di carta bianco, né la “Donor Card” o registrare formalmente la volontà, almeno però parliamone. Parliamone con chi ci circonda, con le persone con le quali viviamo.

     
    D. – Questa settimana c’è stato il “sì” da parte del Consiglio superiore di Sanità ai trapianti cosiddetti “samaritani”, cioè alle donazioni di organi – per ora solo i reni – in favore di chi si conosce. Qual è il suo punto di vista?

     
    R. – Sicuramente, è una modalità che potrà rappresentare un’espansione del pool dei donatori, un’espansione della possibilità di effettuare trapianti di rene. E’ una modalità sulla quale il Consiglio nazionale di Bioetica ed il Consiglio Superiore di Sanità si sono espressi in modo chiaro: deve essere eseguita in modo prudente. I primi dieci casi saranno affidati al controllo assoluto del Centro nazionale trapianti. Il “donatore samaritano”, che ovviamente esprime al massimo livello i sentimenti di solidarietà, che sono alla base della donazione – ricordo che la donazione deve essere libera, anonima e soprattutto gratuita – dovrà essere valutato attentamente anche nell’aspetto che ha motivato il suo gesto, valutato cioè nel suo tratto psichico, per escludere ovviamente che ci siano donazioni che provengano da disturbi dell’equilibrio psichico ed emotivo.

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    Modelli di città a sviluppo equo presentati alla mostra-convegno di Firenze "Comunità sostenibili e responsabili"

    ◊   Si conclude oggi a Firenze la mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità “Terra Futura”. Al centro di questa settima edizione sono le “Comunità sostenibili e responsabili”, dove nascono modelli concreti di sviluppo per un futuro più equo. L’evento ha proposto un programma fitto e articolato fra seminari, dibattiti e convegni con esperti e testimoni dei diversi ambiti, e poi workshop e laboratori. “Terra futura” ha dato spazio anche alle numerose campagne nazionali e internazionali di lotta alla povertà, di contrasto alla privatizzazione dell’acqua, di cooperazione internazionale. Adriana Masotti ha intervistato Ugo Biggeri, presidente della Fondazione culturale Responsabilità Etica onlus tra i promotori dell’iniziativa, insieme alla Regione Toscana e a numerose realtà associative tra cui le Acli e Caritas Italiana:

    R. – Terra Futura è un momento d’incontro tra cittadini, imprese, istituzioni e associazioni per ragionare sui grandi temi del futuro che vogliamo dare alla terra. Si fa questo incontro partendo dai tanti segni positivi che abbiamo, dalle buone pratiche che fanno i cittadini auto organizzandosi, così come le imprese e le istituzioni.

     
    D. – Il tema di questa settima edizione è “Comunità sostenibili e responsabili”. Perché si è pensato di partire dalle comunità e quindi dal locale?

     
    R. – Perché negli anni scorsi Terra Futura ha sottolineato i temi delle crisi globali, ma in realtà i cittadini si sanno auto organizzare, sanno comunque gestire queste tematiche e forse anche meglio della grande politica internazionale.

     
    D. – Ci fa qualche esempio per capire di cosa stiamo parlando?

     
    R. – Stiamo parlando soprattutto di domande di buon senso che si fanno i cittadini. La cosa impressionante è che queste domande di buon senso danno dei risultati in tutti i campi. Dalle energie rinnovabili al welfare partecipato: laddove lo Stato non arriva, arrivano le cooperative sociali, arrivano le organizzazioni di volontariato dei cittadini. Per arrivare al risparmio energetico, a modalità nuove per promuovere la mobilità sostenibile in cui magari partecipano anche gli enti locali. Tutte insieme ci danno l’impressione che usare un pochino di più il buonsenso ambientale e sociale, che tutti noi abbiamo, si riesce a rendere l’economia più responsabile.

     
    D. – Oltre a presentare buone pratiche già esistenti, si è chiesto anche l’impegno ai vari attori, singoli e collettività, attraverso un documento che è già stato redatto e condiviso dalle Associazioni che lavorano per questi scopi e che lancia quattro sfide principali. Vuol dirci in breve quali sono?

     
    R. – In questo documento, partiamo dalle cose che ci riguardano da vicino, come l’abitare: tutti quanti abitiamo e, quindi, possiamo pensare ad una maggiore efficienza energetica delle nostre case attraverso il risparmio energetico, la produzione di energie rinnovabili. Poi c’è la mobilità e quindi bisogna ragionare in che termini viviamo questi spostamenti e se possiamo farli in modi più collettivo, certamente un tema importante. Ancora, le nostre città hanno un clima che dipende dal verde, da quante sostanze inquinanti usiamo, dal tipo di riscaldamento che utilizziamo, tutte cose che ci riguardano personalmente. Infine, non dobbiamo dimenticare che la qualità della vita e la capacità di intervenire su queste cose dipende dalla capacità che abbiamo di costruire buone relazioni e quindi relazioni di buon vicinato, relazioni di unione ideale con altre persone che si impegnano sugli stessi temi, relazioni di volontariato e di lavoro.

     
    D. – Tutti sono protagonisti di questo cambiamento o lo possono diventare. Ma la politica potrebbe aiutare questa sensibilizzazione e questo cambiamento?

     
    R. – Sì, la politica potrebbe aiutare molto. Purtroppo, credo che l’Italia sia un caso un po’ particolare rispetto a qualunque altro tipo di nazione e questo non dipende dal tipo di governo, perché nel resto del mondo governo progressisti o conservatori – tutti quanti – stanno cominciando a prendere sul serio queste tematiche. Organizzare eventi come "Terra Futura" serve anche – e questo lo speriamo – perché la politica si renda conto che non stiamo parlando soltanto di idee, ma si sta facendo economia e forse si sta facendo quell’economia che ha più futuro di altre.

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    Anno Sacerdotale: la testimonianza di don Felipe Lopez, prete del Salvador e parroco alle porte di Roma

    ◊   Un sacerdote fra la gente, un prete “amico” e guida insieme, capace di farsi incontro all’altro per ascoltarlo e accoglierlo, e testimoniare con la sua vicinanza l’amore di Cristo che rinnova. Fra i terremotati d’Abruzzo, come fra i poveri e le persone sole. E’ don Felipe Lopez, 40 anni, del Salvador, parroco a Tivoli, alle porte di Roma, dove è vicedirettore della Caritas cittadina. Al microfono di Claudia Di Lorenzi, racconta che la sua vocazione è nata seguendo l’esempio di altri sacerdoti, autentici apostoli del Vangelo:

    R. – La nascita della mia vocazione è avvenuta all’interno di una comunità parrocchiale, in un oratorio, tra un gruppo di ragazzi, di chierichetti. C’è stato soprattutto un vescovo che a noi ragazzi di quel tempo ha dato qualcosa in più: il vescovo Romero. La sua maniera di essere con il popolo, con la comunità. Quando lui è morto, io avevo dieci anni. Ero affascinato da questa figura: lo vedevo anche nel mio parroco, il sacerdote-pastore in mezzo alla gente. Mi ricordo le cose più belle vissute: il mio parroco che giocava a calcio con me, il pastore che considera sue le sue pecore fino a dare anche la vita.

     
    D. – Poi, la decisione di lasciare il suo Paese per venire a studiare in Italia: come ha vissuto questo importante cambiamento?

     
    R. – E’ sempre difficile, perché devi inserirti in una nuova vita, ci sono tante cose diverse, anche una cultura abbastanza diversa: cercare di imparare una lingua, capire le persone con cui vivevo… Le cose hanno iniziato ad andare meglio per me quando ho capito che non c’è nessuna differenza nell’essere sacerdote in Salvador o in qualsiasi altra parte del mondo: alla fine, sei un pastore e lo sei dovunque tu sia. Dopo tre anni, mi hanno chiesto di fare il parroco in una piccola parrocchia della diocesi: anche questo ha dato un nuovo senso alla mia vita, offrire il tuo sacerdozio ad una Chiesa che ha anche bisogno di vocazioni, di sacerdoti. Questo ti dà anche un cuore sacerdotale universale.

     
    D. – Questo mettersi al servizio di Dio nella Chiesa e fra la gente ha attratto anche molti non credenti…

     
    R. – Mi ricordo che in parrocchia c’erano anche persone non credenti. Ma se anche a loro ti manifesti come il pastore, come qualcuno che è vicino a loro semplicemente perché vuoi loro bene, penso che difficilmente si possa rimanere indifferenti. Il mio modo è stato questo: mi sono dimostrato amico, sono andato a prendere il caffè insieme a loro al bar del paese… Ricordo che un giorno, proprio giocando a calcetto con uno di questi ragazzi che non era battezzato, mentre giocavamo è nato un discorso più profondo. Il modo è questo: mostrare la tua umanità tra di loro. Al resto, poi, ci pensa Dio.

     
    D. – Infine, il trasferimento a Tivoli e l’impegno nella Caritas: quale esperienza ha potuto fare in questi anni?

     
    R. – Quando parliamo di Caritas, pensiamo immediatamente all’agenzia che risolve le necessità. Noi ci prendiamo cura sostanzialmente della solitudine delle persone, che sembra essere il bisogno più profondo: persone che hanno tutto, ma interiormente sono vuote e che sicuramente non hanno nemmeno qualcuno con cui scambiare una parola. Noi siamo abituati a veder venire alla Caritas persone che vengono alla ricerca di “qualcosa”, ma la grande novità che sto rilevando è che le persone in realtà vengono alla ricerca di “qualcuno”! Spesso non riusciamo a risolvere il loro problema, ma riusciamo a lasciarli con un sorriso o con la consapevolezza di aver trovato qualcuno con cui scambiare una parola, con cui condividere qualcosa.

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    La musica al servizio della pace nel Premio ispirato alla Campana dei Caduti di Rovereto. Ennio Morricone racconta la sua "Jerusalem"

    ◊   Il celebre musicista Ennio Morricone ha proclamato nei giorni scorsi il vincitore della seconda edizione del Concorso internazionale di composizione “Strumenti di pace”, indetto dalla Fondazione Opera Campana dei Caduti di Rovereto. L’artista primo classificato, Andrea Portera, è risultato il migliore nello spartito per baritono e orchestra, scritto seguendo i tre versetti proposti dal Concorso, tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento e dal Corano e tutti inneggianti alla pace. L’opera vincitrice, assieme alla composizione “Jerusalem”, scritta per l’occasione da Morricone, saranno entrambe eseguite in concerto il 9 luglio a Rovereto. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    (Suono campana Rovereto)

    Il rintocco della grande Campana è un suono che arriva dentro l’anima. La gente che ogni domenica sale sul Colle di Miravalle a Rovereto per ascoltare i 100 rintocchi della Maria Dolens sa che in quegli echi di bronzo vibra la memoria dei caduti di ogni guerra e la preghiera che i popoli scelgano per sempre il valore della fraternità. Da qualche anno, dopo gli oltre 80 trascorsi da quel primo rintocco del 4 ottobre 1925, la Campana dei Caduti – voluta dal sacerdote roveretano, don Antonio Rossaro, e fusa con i cannoni della Prima guerra mondiale – affianca la sua tipica sonorità alle arie della musica colta per diffondere il suo messaggio universale di pace. Qui, dove sono venuti in pellegrinaggio presidenti che hanno fatto la storia assieme a persone comuni che hanno a cuore ciò che la Campana simboleggia, la Fondazione che cura le attività socioculturali fiorite attorno alla Maria Dolens ha deciso di istituire un premio per giovani compositori, che sappiano interpretare attraverso le note di una partitura ciò che la Campana comunica con i suoi potenti echi. Ecco il senso del Concorso “Strumenti di pace”, che ha visto per la seconda edizione il maestro Ennio Morricone presiedere una giuria di grande prestigio – al suo fianco i compositori Salvatore Sciarrino, Jesus Rueda e Marcello Filotei, direttore artistico del Premio, oltre che il direttore d’orchestra, Michel Tabachnik – e proclamare vincitore il compositore toscano Andrea Portera, che spiega così il senso del suo lavoro, intitolato “…tre forme dell’infinito informe…”:
     
    “I versetti che erano brevi e comunque essenziali, anche se molto profondi, hanno richiesto una profonda meditazione musicale. Ho cercato di essere molto musicale e di riempire di musica evocativa alcune parole chiave, come per esempio la parola ‘pace’, ripetuta in tutti e tre i versetti. Di fondo, il lavoro è stato fatto con uno slancio molto interiore. La musica tendenzialmente cerca di comunicare sia all’intelletto umano che al sentimento, all’emotività. E queste due componenti rendono un messaggio – sempre vincolato dalla musica – molto più forte, molto più immediato”.
     
    Gli stessi versetti del Vangelo, della Torah e del Corano che hanno ispirato il lavoro del musicista vincitore hanno guidato la scrittura di “Jerusalem”, composta dallo stesso Ennio Morricone su commissione della Fondazione Opera Campana dei Caduti. Un canto per la pace, quello del celebre compositore, che assieme al brano di Andrea Portera verrà eseguito a Rovereto il 9 luglio dall’Orchestra sinfonica nazionale della Rai, diretta da Daniel Kawka. Ecco come Morricone spiega le suggestioni musicali evocate in lui dal suono della Campana dei Caduti:

    “Quando ero ragazzo e suonavo in un’orchestra, uno dei suoni per me più straordinari, ma veramente straordinari, era quello del cosiddetto gong. E’ fatto dello stesso materiale della campana e, volendo, suona come una campana. Poi ho capito, studiando composizione, perché è il suono più straordinario che esiste: non ha gli armonici. Li ha irregolari e per questo ha un suono così straordinario, per questo mi sembrava un suono dell’aldilà, proveniente da un altro mondo. Il testo scelto da tre religioni diverse – ebraica, musulmana e cristiana, tra l’altro con lo stesso significato, quello della pace – penso sia un’idea straordinaria. L’idea del concorso è un’idea buonissima. Un’idea che unifica e fa pensare alla pace, piuttosto che a tutte le cose che dividono gli uomini”.

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    Chiesa e Società



    Spagna. Cerimonia di chiusura a Toledo del decimo Congresso eucaristico

    ◊   Nella splendida cattedrale di Toledo, capolavoro dell’arte gotica medievale, si è celebrata questa mattina una solenne eucaristia a chiusura del decimo Congresso eucaristico nazionale di Spagna. La cerimonia è stata presieduta dal legato pontificio, il cardinale Angelo Sodano, accompagnato da circa 50 vescovi tra i quali i cardinali Antonio Canizares, Carlos Amigo, Antonio M. Rouco Varela, e Lluis Martinez Sistach. Nella sua omelia, il cardinale Sodano ha messo in risalto il significato dell’Eucaristia come presenza di Cristo. Sono diverse le forme di presenza divina nel mondo, ma quella dell’Eucaristia acquista un significato speciale per ogni essere umano nel corso della sua vita. L’Eucaristia, con la trasformazione del pane nel Corpo del Signore, rende visibile anche la possibilità della nostra trasformazione. Di fronte a questa splendida realtà, è chiaro che l’Eucaristia non può rimanere nella vita individuale del credente, ma deve essere portata agli altri. “Una chiesa autenticamente eucaristica è una chiesa missionaria”, ha detto il cardinale Sodano. I lavori del Congresso sono iniziati a Toledo la sera di giovedì 27 maggio, con un ricevimento per i partecipanti e una processione, alla quale hanno preso parte, insieme all’arcivescovo di Toledo, mons. Braulio Rodriguez Plaza, cardinali, vescovi, sacerdoti e fedeli. Nei giorni successivi hanno avuto luogo quattro conferenze e tre tavole rotonde. Il cardinale Angelo Sodano ha avuto venerdì scorso, prima dell’Eucaristia in rito ispano-mozarabo, un incontro con i congressisti, ai quali ha letto la lettera di Benedetto XVI. Nel messaggio, il Santo Padre ha messo in risalto il significato dei Congressi eucaristici come “fonte di rinnovamento spirituale” e un pressante invito in favore della diffusione dell’amore di Cristo in tutti gli ambiti della società. Il legato pontificio ha poi ricordato i tre Congressi eucaristici internazionali celebrati in Spagna: quello di Madrid (1911), di Barcellona (1952) e di Siviglia (1993), commentando l’enorme diffusione che ha avuto in tutte le nazioni di lingua spagnola l’inno “Cantemos al amor de los amores” composto per il Congresso di Madrid del 1911. La giornata di venerdì 28 maggio è stata, in parte, dedicata ai giovani, con una serata che ha avuto inizio al Monastero San Juan de los Reyes, da dove è partita una processione la Croce e con l’icona della Madonna, simboli delle Giornate mondiali della gioventù, che si è conclusa in cattedrale. La giornata di ieri, infine, è stata caratterizzata dalla lettura di quattro commenti-testimonianze sulla devozione all’Eucaristia di uomini e donne del nostro tempo. Secondo l’organizzazione, i vescovi partecipanti a questo decimo Congresso sono stati circa 50, tra i quali, quattro cardinali, oltre a 700 congressisti, più alcune migliaia di fedeli. (A cura di Ignacio Arregui S.J.)

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    Brasile. Conclusa la prima Assemblea dei popoli indigeni di Goias e Tocantins

    ◊   Un modo per farsi conoscere attraverso spettacoli e musica della propria cultura tradizionale e per parlare dei problemi che li affliggono: è stata un successo la prima Assemblea dei popoli indigeni, svoltasi dal 24 al 27 maggio scorsi nel campus universitario dell’Ateneo federale di Tocantins, a Palmas, in Brasile. Come riporta l’agenzia Fides, l’evento, organizzato dal Cimi, il Consiglio indigenista missionario, ha riunito circa 350 persone provenienti dai villaggi della regione di Goias e Tocantins, per parlare delle “Sfide per la difesa dei territori e dei diritti indigeni”. L’assemblea si è articolata nella forma di conferenze e forum di discussione in cui sono stati trattati argomenti quali lo Statuto dei popoli indigeni, la ristrutturazione del Funai, Fondazione nazionale dell’Indiano, e le attività della Commissione nazionale per la politica indigena, oltre ad alcune questioni relative alla salute e all’istruzione dei popoli aborigeni e ai progetti del Programma di accelerazione della crescita (Pac), previsti per la regione. Secondo i dati del Consiglio indigenista missionario, sono in corso circa 430 progetti per lavori che riguardano le aree indigene e la maggior parte sono opere idriche (144). Nel solo Stato di Tocantins, ben 16 sono le opere idroelettriche. A Goias sono 17, secondo i dati forniti dal segretario del Cimi, Saulo Ferreira Feitosa. (R.B.)

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    India: adorazione eucaristica di 40 ore per la Chiesa e i sacerdoti

    ◊   Le Discepole del Divino Maestro, Istituto religioso femminile dedito alla preghiera contemplativa, hanno organizzato in India un’Adorazione eucaristica di 40 ore. La preghiera, con la speciale intenzione per le vocazioni al sacerdozio, è stata pensata per celebrare la fine dell’Anno sacerdotale e chiedere a Dio di aiutare l’umanità e in particolare la Chiesa, il Papa, i vescovi e i sacerdoti in questi momenti di sofferenza. L’invocazione avrà inizio alle 7 del mattino del 10 giugno e si protrarrà fino alle 6 del 12 giugno a Mumbai, sulla costa occidentale del continente, mentre a Bangalore, nel sud del Paese, il gesto di raccoglimento e supplica durerà dall’11 al 13 giugno con gli stessi orari. La responsabile provinciale della congregazione, suor Kanikaimary, spiega ad AsiaNews: “Abbiamo invitato tutti i fedeli a partecipare, anche se la veglia notturna sarà riservata alle sole suore. L’Anno sacerdotale è stato celebrato in tutte le nostre 18 case, poiché il sacerdozio è collegato al nostro carisma e alla nostra vocazione. Noi abbiamo, infatti, un ministero speciale verso i sacerdoti: spiritualmente, moralmente e materialmente siamo chiamate al loro benessere”. Il carisma delle Discepole “inizia con la preghiera a favore delle vocazioni e si conclude con l’assistenza ai sacerdoti anziani o malati – aggiunge la religiosa – il nostro fondatore, padre Alberione, ha instillato in noi in modo particolare il desiderio di prenderci cura degli anziani e degli ammalati: se riusciamo ad assistere un sacerdote, permettendogli di celebrare Messa, perfezioniamo il nostro servizio”. (M.A.)

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    L’Ue e l’immigrazione in un dibattito proposto dai Cristiani per l’Europa

    ◊   L’Iniziativa dei Cristiani per l’Europa, creata da associazioni e singole personalità operanti su scala continentale, propone per martedì primo giugno a Bruxelles un dibattito pubblico dal titolo “Migrazioni, una sfida per l’Unione Europea e i cristiani d’Europa”. L’appuntamento promosso da Jérôme Vignon delle Settimane Sociali di Francia, da Gabriele Erpenbeck del Comitato centrale dei cattolici tedeschi e da Andrea Olivero delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani arriva in un momento di fondamentale importanza per l’Ue, che sta elaborando un sistema di asilo comune. Argomenti come l’immigrazione e il diritto d’asilo, si legge in una nota del Sir, assumono un ruolo centrale in un momento in cui l’Unione Europea deve far fronte a sfide crescenti in tema di immigrazione e integrazione. Si cercherà di sciogliere questi nodi attraverso tavole rotonde, che affronteranno la questione sotto il profilo teorico, pratico e politico. (R.B.)

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    La dimensione religiosa nella sfera pubblica al centro di un Convengo della Fondazione Rui

    ◊   “Solo se Dio trova un posto nella sfera pubblica, la religione può dare il proprio contributo allo sviluppo della società”. E’ questo il messaggio lanciato dal Convegno per docenti universitari, svoltosi questo fine settimana al Castello di Urio sul Lago di Como. All’evento, promosso dalla Fondazione Rui dell’Opus Dei, è intervenuto mons. Aldo Giordano che ha sottolineato come non ci sia vero umanesimo senza apertura all’assoluto. Soffermandosi sull’Enciclica Caritas in Veritate, l’osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa - ha affermato che il Vecchio continente ha bisogno di uno sguardo della fede sulla vita dell’uomo ed ha messo in guardia da quelle visioni relativiste che in definitiva negano il senso autentico della vita delle persone. Rivolgendo il pensiero alla sentenza della Corte di Strasburgo sul Crocifisso nelle aule, mons. Giordano ha quindi ribadito che la Croce è un segno universale di amore e che non minaccia affatto la laicità né la libertà educativa. Dal canto suo, il giurista Carlo Cardia ha svolto una articolata relazione sul tema della laicità in Europa. In particolare, il docente dell’Università Roma Tre ha ripercorso le dinamiche storico-culturali che hanno portato alla scelta del sistema concordatario per regolare i rapporti tra Stato e Chiesa in numerosi Paesi europei. Il Convegno della Fondazione Rui si è concluso con un dibattito sull’importanza delle scelte valoriali e della gratuità nelle dinamiche economiche e sociali. (Dal Castello di Urio, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana)

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    L’Onu vota il ritiro dei caschi blu dal Congo

    ◊   “I Caschi blu, in Congo, sono una presenza ancora necessaria”: così dice all’agenzia Fides padre Loris Cattani, missionario saveriano animatore della "Rete Pace per il Congo". La sua dichiarazione giunge a commento della decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu di ritirare duemila Caschi blu della missione delle Nazioni Unite nell’area, denominata "Monuc". Entro il 30 giugno, quindi, i militari saranno ritirati da quelle zone in cui “le condizioni di sicurezza lo permetteranno”. La risoluzione, la 1925, adottata all’unanimità il 28 maggio scorso, stabilisce inoltre che la missione, dal primo luglio, si chiamerà "Monusco": Missione di stabilizzazione della Repubblica Democratica del Congo. Secondo padre Cattani, l’appoggio dell’Onu è ancora indispensabile soprattutto nella fase organizzativa delle prossime elezioni politiche, che avranno luogo nel Paese nel 2011, ma anche per quanto riguarda la sicurezza: "L’esercito congolese è formato da ex miliziani che fino all’altro ieri si sono combattuti a vicenda", ricorda il missionario. "Bisognerebbe creare un vero esercito professionale con personale selezionato e addestrato, ma occorrono tempo e denaro". (R.B.)

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    Africa Day: l’Associazione Medici per l’Africa Cuamm in 40 piazze italiane

    ◊   Una duplice occasione per agire, in questa domenica 30 maggio, in cui ricorrono la Giornata mondiale per l’Africa e i 60 anni di attività dell’Associazione Africa Cuamm. Dopo l’adesione, da parte di esponenti del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport, alla campagna “Mio fratello è Africano”, Medici con l’Africa Cuamm si mobilita con punti informativi in oltre 40 città italiane, dove si potrà aderire personalmente alla campagna. Coloro che si avvicineranno, afferma il Sir, potranno indossare la maglietta “Mio fratello è Africano” e farsi scattare una foto che verrà pubblicata sul fotobook del sito "miofratelloafricano.it". Inoltre, una volta intinte le mani in barattoli di colore nero, si potranno lasciare le proprie impronte su un telo bianco la cui sagoma ricorda quella del continente africano: simbolo della volontà di toccare con mano l’Africa e di sporcarsi le mani insieme con il nostro fratello che vive laggiù. (R.B.)

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    Per la conclusione dell’Anno sacerdotale, giornata di ritiro carismatico a Roma

    ◊   Una giornata di ritiro per i sacerdoti sul tema "Il dono del sacerdozio" è quella organizzata per l’8 giugno prossimo a Roma dal Servizio internazionale del Rinnovamento carismatico cattolico (Iccrs) e dalla Fraternità cattolica delle comunità e associazioni carismatiche d’alleanza. L’occasione per ritrovarsi, specifica l'agenzia Zenit, è la chiusura dell’Anno sacerdotale che si celebrerà dal 9 all’11 giugno nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma. L’incontro è stato organizzato dalle comunità che sentivano l’esigenza di affermare la propria identità all’interno del Rinnovamento carismatico, di rafforzare il proprio legame con la Chiesa e di approfondire la comunione con il successore di Pietro. Tra gli oratori ci saranno il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il cardinale Peter Turkson, il segretario della Congregazione per il Clero, l'arcivescovo Mauro Piacenza, il vescovo della diocesi australiana di Sandhurst, mons. Joseph Grech, e il direttore internazionale di "Evangelizzazione 2000", padre Tom Forrest. (R.B.)

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    Indonesia: l’evangelizzazione passa attraverso le ombre giavanesi

    ◊   Una singolare iniziativa di evangelizzazione in Indonesia: spettacoli di teatro con le ombre giavanesi incentrati sul tema della salvezza e del Nuovo Testamento. L’idea è di padre Augustine Handi Setyanto, che l’ha realizzata nella parrocchia del Sacro Cuore di Kroya, nel distretto di Cilacap (Java centrale), per poi estenderla, riferisce Asianews, alle aree più remote del Paese, come da direttiva del vescovo. Nella zona, gli spettacoli di ombre giavanesi sono molto apprezzati: si svolgono all’aria aperta e col sottofondo musicale di un gruppo non professionista di etnia cinese, chiamati “gamerlan”. (R.B.)

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    A Savona l’incontro delle confraternite locali per i 750 anni di presenza sul territorio
     

    ◊   Si svolge oggi a Savona l’annuale incontro diocesano delle confraternite. Con tale termine si indica, secondo il vigente Codice di diritto canonico, un'associazione pubblica di fedeli della Chiesa Cattolica che ha come scopo specifico l'incremento del culto pubblico oltre che l'esercizio di opere di carità, di penitenza, di catechesi. Il convegno è l’evento centrale delle celebrazioni per il 750.mo anniversario della presenza confraternale sul territorio savonese. “Nel lontano 1260, con la nascita dell’Oratorio di Nostra Signora di Castello, il primo a comparire sulla rocca Priamàr – spiega il priore Giovanni Priano, nel comunicato stampa diffuso dalla diocesi – è come si fosse accesa una piccola, ma bellissima luce che nel corso dei secoli si è moltiplicata e ancora oggi continua a illuminare il nostro percorso di fede, testimoniando un’opera fatta di preghiera, di carità, ma anche di tutela dell’arte e delle tradizioni”. La fortezza del Priamar di Savona è un’imponente struttura che si affaccia al centro cittadino, in corrispondenza del porto, dalla collina che porta lo stesso nome e dove la giornata si è conclusa con un momento di preghiera e con la benedizione della reliquia della Santa Croce. Come da programma, nel primo pomeriggio si tiene il ricevimento delle rappresentanze presso l’Oratorio, quindi l’incontro del vescovo con i confratelli e le consorelle, infine gli interventi del priore Priano, dei rappresentanti dei giovani e del delegato vescovile. Infine, la processione con gli artistici crocifissi lignei quattrocenteschi liguri e la cassa della Madonna della misericordia, partita da piazza Sisto IV e portata attraverso tutto il centro storico. “Tutte le venerabili Confraternite diocesane e i magnifici Priori sono invitati a intervenire con le proprie insegne e croci – auspicano dal priorato l'invito è esteso a tutti i fedeli e rappresenta l'attuale testimonianza dei valori di fede e civiltà cristiana che nei secoli hanno ispirato le nostre confraternite”. (M.A.)

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    24 Ore nel Mondo



    Fallita l’operazione "top kill" per fermare la marea nera nel Golfo del Messico. Al via un nuovo tentativo della British Petroleum

    ◊   L’operazione "top kill", ovvero l'ultima manovra di British Petroleum (Bp) per fermare la marea nera nel Golfo del Messico, non ha funzionato. Lo ha annunciato in una conferenza stampa il capo dell’ufficio operativo della multinazionale, Doug Suttles, illustrando i dettagli di un nuovo tentativo che ha già ricevuto il via libera dal governo federale. Il servizio di Marco Guerra:

    Il tappo di fango e cemento non ha retto. Non sono bastati tre giorni di operazioni e il pompaggio 35 mila barili di fluidi nella falla per fermare la fuoriuscita di greggio che va avanti dallo scorso 20 aprile. Si tratta del terzo fallimento dopo i tentativi della cupola e del cosiddetto “siringone”. British Petroleum passerà subito a una nuova tecnica per cui si è data quattro giorni di tempo. La manovra si chiama "Lower Marine Riser Package" (Lmrp): nella sostanza si poserà un "cappuccio" sopra la supervalvola che non ha funzionato in aprile, questo sarà a sua volta collegato alla nave di appoggio in superficie che dovrà catturare il grosso del greggio e del gas che escono dal pozzo danneggiato. “Un fallimento che infuria e che spezza il cuore", lo ha intanto definito il presidente Obama, che ha inoltre ammesso che il nuovo approccio della compagnia “non è senza rischi”, spiegando che si tratta di un metodo che non è mai stato sperimentato prima a quella profondità. E la rabbia e l’indignazione crescono in tutta l’opinione pubblica americana. Si sono registrate proteste in Louisiana e a New York, mentre a Washington il Dipartimento della Giustizia sta valutando azioni legali a carattere penale.
     
    Giappone, socialdemocratici lasciano il governo
    Il partito socialdemocratico giapponese ha lasciato la coalizione di governo dopo che il suo leader, il ministro per le pari opportunità, Mizuho Fukushima, è stato rimosso dal suo incarico dal premier Hatoyama perché contraria alla risistemazione della base Usa sull'isola di Okinawa. Pressato da Washington, Hatoyama si è infatti dovuto rimangiare la promessa, fatta in campagna elettorale, di trasferire la base dei Marine, causando molti scontenti anche nel suo elettorato. L'uscita dei socialdemocratici dalla coalizione di governo dà uno scossone al partito Democratico (Dpj) a poco più di un mese dalle elezioni per il rinnovo del Senato. Tuttavia, considerata la larga maggioranza del partito del premier Hatoyama alla Camera bassa del parlamento, l’attuale esecutivo potrebbe continuare a governare anche senza i socialdemocratici.

    Elezioni Repubblica Ceca
    I risultati definitivi delle elezioni politiche tenutesi venerdì e sabato scorsi in Repubblica Ceca dicono che il Paese sarà di nuovo governato da una coalizione di centrodestra. I socialdemocratici (Cssd) risultano il primo partito con il 22,1% dei consensi, ma non hanno numeri per governare. Il leader della formazione di sinistra, Jiri Paroubek, ha ammesso la sconfitta annunciando le dimissioni dalla guida del partito. Si prospetta quindi una coalizione di governo tra il partito moderato dei Civici democratici (Ods), guidato dal probabile prossimo primo ministro, Petr Necas, e il nuovo partito di destra Top 09 dell'ex ministro degli Esteri, Karel Schwarzenberg, che con il oltre 17% dei consensi rappresenta la sorpresa di queste elezioni.

    Georgia, elezioni amministrative
    Georgiani oggi alle urne per un importante appuntamento elettorale, il primo dopo la guerra con la Russia dell'agosto 2008. 1730 i seggi aperti da stamani per rinnovare 64 consigli municipali. Ma l’attenzione è tutta sulla capitale Tbilisi, che vedrà per la prima volta l’elezione diretta del sindaco, trampolino di lancio, secondo molti osservatori, per la poltrona della presidenza che si libererà nel 2013, alla scadenza del secondo mandato di Mikheil Saakashvili. A contendersi questo ruolo, il primo cittadino uscente, Guigui Ougoulava, sostenuto dal governo, e Irakli Alassania, ex ambasciatore della Georgia presso l’Onu, passato all’opposizione dopo il conflitto con la Russia. Un test per valutare il livello di democratizzazione del Paese: così gli osservatori considerano il voto odierno. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore di "Famiglia Cristiana ed esperto di Europa orientale:

    R. - La democrazia in Georgia, come in altri Paesi, ondeggia fra due aspetti: quello formale e quello sostanziale. Si vota democraticamente e, quindi, diciamo è tutto a posto. Bisogna, però, vedere quanto Saakashvili, che ha costruito intorno a sé un regime molto solido e monocratico, permetterà che queste elezioni facciano il loro libero corso.

     
    D. - Per l’Occidente e gli Stati Uniti, c’è uno sguardo di particolare interesse a questo voto…

     
    R. - Sicuramente sì, e direi più per gli Stati Uniti che non per l’Occidente, perché nonostante la Georgia e Saakashvili stesso abbiano espresso il proposito di entrare nella Nato e addirittura nell’Unione Europea, è chiaro che la Georgia resta un punto di osservazione strategica soprattutto per Washington. E questo per tante ragioni, alcune delle quali geostrategiche, perché a Tbilisi passa l’oleodotto che va dall’Azerbaigian fino alla Turchia: probabilmente, una delle più riuscite mosse strategiche dell’amministrazione Bush, perché collega come un cordone ombelicale economico - e cioè il petrolio - appunto l’Azerbaigian, la Georgia e la Turchia stessa, che sono tre Paesi fondamentali che per gli equilibri nell’Asia centrale.

     
    D. - E’ così fondamentale l’esito del voto nella capitale della Georgia e soprattutto un’affermazione dell’opposizione avrebbe un ruolo simbolico?

     
    R. - Sì, simbolico, ma non solo, perché è l’eredità di questi Paesi che furono parte dell’Unione Sovietica: questo centralismo per cui la capitale ha sempre un peso che è superiore al peso semplicemente demografico ed economico. E c'è poi anche un’altra questione: certamente la capitale Tbilisi è quella che ha deciso le sorti dei regimi georgiani precedenti, da Gamsakhurdia a Shevardnadze, allo stesso Saakashvili. Una sconfitta proprio nella capitale avrebbe sicuramente un forte peso sugli equilibri interni, anche perché, man mano che si va verso la periferia, il potere di Saakashvili si allenta fino alle regioni apertamente secessioniste.

     
    D. - Secondo l’opposizione, specie nella capitale, queste elezioni sono importanti per riequilibrare le amministrazioni locali e nazionali, dato il potere schiacciante del presidente. Potrà avvenire effettivamente?

     
    R. - Sarebbe certamente auspicabile un riequilibrio generale dei poteri, se non altro un limite un pochino più cogente alla sua libertà di azione. Dubito che questo avvenga proprio perché il potere di Saakashvili è tale da condizionare anche l’andamento delle elezioni locali.

     
    India
    Almeno 30 passeggeri di un autobus sono morti in un incidente stradale nello Stato indiano del Karnataka. Il pullman, partito da Karnataka e diretto verso la città di Bangalore, nell’India meridionale, è piombato su un blocco stradale della polizia ed è precipitato in un fosso. Intanto, sempre in India, è salito a 145 morti il bilancio del deragliamento di un treno passeggeri, avvenuto venerdì scorso nello Stato del West Bengala. Secondo gli inquirenti, l’incidente è stato causato da un atto di sabotaggio dei ribelli maoisti che, dal canto loro, negano ogni coinvolgimento nella sciagura.

    Medio Oriente
    Resta alta la tensione al confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Per il secondo giorno consecutivo, l'esercito israeliano ha sferrato nella notte un duplice raid aereo sul territorio controllato da Hamas. Fonti mediche palestinesi non segnalano vittime. Un portavoce militare israeliano ha confermato il raid, sostenendo che è stata una risposta “al lancio di razzi” avvenuto sabato passato. Intanto, è salito a sei morti il bilancio delle vittime dell'esplosione di alcune bombole di gas che venivano introdotte clandestinamente nel territorio palestinese e che hanno provocato il crollo accidentale di un tunnel clandestino scavato nella Striscia di Gaza.

    Guatemala
    Almeno 13 persone sono morte e altre 11 risultano disperse in Guatemala a causa della prima tempesta tropicale della stagione, chiamata Agatha. Lo hanno reso noto le squadre di soccorritori locali, mentre il Coordinamento nazionale per i disastri ha parlato di circa 20 mila sinistrati, la metà dei quali è stata evacuata dalle aree alluvionate. Colombia e Stati Uniti hanno offerto un ponte aereo per il trasporto di aiuti e l’evacuazione delle vittime. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 150

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.
     

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