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Sommario del 29/05/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa celebra padre Matteo Ricci, nel quarto centenario della morte: il suo esempio stimoli un nuovo dialogo tra Vangelo e cultura cinese
  • Altre udienze e nomine
  • Beatificazione di Madre Maria Pierina De Micheli, specchio del Volto Santo di Gesù
  • Il viaggio del Papa a Cipro: editoriale di padre Lombardi
  • Preghiera in San Pietro per l'espiazione degli abusi commessi da sacerdoti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Accordo per un Medio Oriente denuclearizzato. Israele: intesa ipocrita
  • Polemiche per una direttiva che nega i trapianti a pazienti con ritardo mentale
  • Convegno su “Dio nella sfera pubblica”: la riflessione del prof. Cardia
  • Pellegrinaggio della diocesi di Napoli a Pompei
  • La Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù nel carcere di Rebibbia
  • Proiettato alla Radio Vaticana il film su Popiełuszko: intervista con il regista Rafał Wieczyński
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Madagascar. I vescovi: porre fine alla crisi
  • Cresce l'intolleranza in Indonesia: chiese attaccate o chiuse
  • I vescovi Usa: la legge antidiscriminazioni sul lavoro viola la libertà religiosa
  • Il cardinale Ouellet: continuerò a lottare contro l’aborto nonostante le critiche
  • Vietnam: il lavoro sociale è occasione di amicizia tra cattolici e buddisti
  • In Brasile il Congresso Nazionale della Commissione Pastorale della Terra
  • Conclusa a Roma l'Assemblea dell’Unione dei Superiori Generali
  • Perù: festeggiamenti per il centenario delle Francescane Missionarie di Maria
  • Madonna ritrovata: presentato a Savona un prezioso dipinto del Seicento
  • Mostra di solidarietà a Teramo per i terremotati di Onna all'insegna di Maria

  • 24 Ore nel Mondo

  • Elezioni nella Repubblica Ceca: socialdemocratici in vantaggio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa celebra padre Matteo Ricci, nel quarto centenario della morte: il suo esempio stimoli un nuovo dialogo tra Vangelo e cultura cinese

    ◊   Il rinnovato incontro tra il Vangelo e la sua “cultura millenaria” permetterà alla Cina di godere di “frutti abbondanti di bene”. E’ la convinzione con la quale Benedetto XVI ha terminato questa mattina il suo intervento in Aula Paolo VI. Circa ottomila persone, prevalentemente in arrivo dalla Regione delle Marche, hanno partecipato all’udienza concessa dal Papa per il quarto centenario della morte di padre Matteo Ricci. Il gesuita, originario di Macerata, fu protagonista tra il Cinque e il Seicento di uno straordinario processo di inculturazione del Vangelo nel grande Paese orientale, assieme ad altri illustri personalità cinesi del tempo che si convertirono al cristianesimo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Per capirne la grandezza, non solo religiosa e mai troppo a lungo celebrata, è sufficiente affacciarsi nel “Museo del Millennio” di Pechino: in quelle sale, “solo due stranieri sono ricordati fra i grandi della storia”: uno è Marco Polo, l’altro è padre Matteo Ricci. Lo ricorda, alla folla del’Aula Paolo VI, un Benedetto XVI che non fa nulla per celare la sua ammirazione per il missionario gesuita, spentosi a Pechino il 11 maggio 1610. Il “privilegio straordinario” di essere sepolto in terra cinese, “impensabile per uno straniero”, dà la misura – ha spiegato il Papa – della stima che arrivò a circondare padre Ricci, fin nelle stanze dell’imperatore. Tra le figure di “grande statura” che si distinsero per “lo zelo e il coraggio di portare Cristo in terre nuove e lontane”, padre Ricci, ha affermato il Pontefice:

     
    “E’ un caso singolare di felice sintesi fra l’annuncio del Vangelo e il dialogo con la cultura del popolo a cui lo si porta, un esempio di equilibrio tra chiarezza dottrinale e prudente azione pastorale. Non solo l’apprendimento profondo della lingua, ma anche l’assunzione dello stile di vita e degli usi delle classi colte cinesi, frutto di studio e di esercizio paziente e lungimirante, fecero sì che P. Ricci venisse accettato dai cinesi con rispetto e stima, non più come uno straniero, ma come il ‘Maestro del grande Occidente’”.

     
    E maestro lo fu davvero, ha proseguito il Papa, nei due versanti che caratterizzarono la sua missione: l’inculturazione cinese dell’annuncio evangelico e la presentazione alla Cina della cultura e della scienza occidentali, secondo una visione prettamente cristiana che non si mette a servizio del sapere, bensì dell’uomo:

     
    “Un umanesimo che considera la persona inserita nel suo contesto, ne coltiva i valori morali e spirituali, cogliendo tutto ciò che di positivo si trova nella tradizione cinese e offrendo di arricchirlo con il contributo della cultura occidentale ma, soprattutto, con la sapienza e la verità di Cristo. Padre Ricci non si reca in Cina per portarvi la scienza e la cultura dell’Occidente, ma per portarvi il Vangelo, per far conoscere Dio”.

     
    Ma non avrebbe avuto successo la sua missione, né se ne comprenderebbe la portata, senza dare il giusto peso, ha riconosciuto Benedetto XVI, al “ruolo” e all’“influsso” dei suoi “interlocutori cinesi”:

     
    “Le scelte da lui compiute non dipendevano da una strategia astratta di inculturazione della fede, ma dall’insieme degli eventi, degli incontri e delle esperienze che andava facendo, per cui ciò che ha potuto realizzare è stato grazie anche all’incontro con i cinesi; un incontro vissuto in molti modi, ma approfonditosi attraverso il rapporto con alcuni amici e discepoli, specie i quattro celebri convertiti, ‘pilastri della nascente Chiesa cinese’”.

     
    In particolare, il Papa ha ricordato due di questi amici e discepoli: l’allora famoso scienziato e letterato, Xu Guangqi – che fra l’altro convinse padre Ricci a tradurre in cinese la più importante opera di geometria della Grecia antica, gli “Elementi” di Euclide – come pure Li Zihzao, altro studioso convertito al cristianesimo che aiutò il religioso gesuita a realizzare una moderna edizione del mappamondo, che schiuse ai cinesi una nuova immagine del pianeta. Fedeltà a Cristo, “profondo amore” alla Cina, intelligenza e studio, vita virtuosa: Benedetto XVI ha concluso auspicando che il ricordo di padre Ricci e degli uomini che collaborarono con lui sia, ha detto, "occasione di preghiera per la Chiesa in Cina e per l’intero popolo cinese, come facciamo ogni anno, il 24 maggio, rivolgendoci a Maria Santissima, venerata nel celebre Santuario di Sheshan a Shanghai":

     
    “E siano anche di stimolo ed incoraggiamento a vivere con intensità la fede cristiana, nel dialogo con le diverse culture, ma nella certezza che in Cristo si realizza il vero umanesimo, aperto a Dio, ricco di valori morali e spirituali e capace di rispondere ai desideri più profondi dell’animo umano. Anch’io, come P. Matteo Ricci, esprimo oggi la mia profonda stima al nobile popolo cinese e alla sua cultura millenaria, convinto che un loro rinnovato incontro con il Cristianesimo apporterà frutti abbondanti di bene, come allora favorì una pacifica convivenza tra i popoli”.

     
    Diverse le iniziative in tutto il mondo, a carattere pastorale e culturale, in omaggio alla figura di padre Matteo Ricci, nel quarto centenario della sua morte. Fra queste, la composizione di una Cantata per coro e orchestra, a firma del Maestro Giovanni Allevi, compositore, pianista e direttore d’orchestra, che oggi in Aula Paolo VI ha consegnato al Papa, in anteprima mondiale, la prima stesura dell’opera. Dal titolo “Sotto lo stesso cielo”, la cantata si ispira alla vicenda del missionario che fu pioniere della cristianità in Cina ed è incentrata sul concetto di amicizia e convivenza pacifica tra i popoli, le chiavi dell’esperienza missionaria di padre Ricci. Ma cosa l’ha colpito del pensiero del religioso gesuita? Il maestro Allevi lo spiega al microfono di Claudia Di Lorenzi:

    R. – Intanto una frase, “Sotto lo stesso cielo”, che ricorre negli scritti di Matteo Ricci, perché lui ipotizza l’idea che Dio abbia creato un universo con un cielo meraviglioso e sotto questo stesso cielo convivono popoli differenti, culture estremamente differenti, che però hanno così la possibilità di vivere e di convivere pacificamente. Trovo che questo sia un concetto modernissimo.

     
    D. – Quali altri temi del padre Ricci ha riproposto nella Cantata?

     
    R. – La presenza del pensiero scientifico. Padre Matteo Ricci era uno scienziato, ha introdotto in Cina l’algebra e quindi ho voluto menzionare anche l’idea che esista un pensiero scientifico che dà all’uomo la possibilità di conoscere i più remoti angoli del mondo e della realtà. Ho voluto, però, anche seguire l’idea kantiana per cui il mondo sensibile trova una sua limitazione nel pensiero scientifico, oltre il quale però si apre un mistero. E allora, a quel punto, finisce di parlare la scienza e inizia il cuore, che resta stupefatto di fronte al creato.

     
    D. – Il testo dell’opera è incentrato sui concetti di amicizia, convivenza pacifica tra i popoli, di pace universale e accettazione delle diversità multiculturali. Come ha raggiunto nella composizione questa armonia tra tradizioni, stili e sonorità diverse?

     
    R. – Mi sono immedesimato nel 1500, 1600 europeo, e ho voluto mettere il contrappunto, quindi la tecnica rigorosa dell’intreccio delle voci, che ha trovato in quel periodo il massimo splendore in Europa, vicino ad una melodia costruita sulla scala pentatonica cinese, a cui è affidata anche una ninna nanna all’interno della composizione. Sentire questi due mondi musicali avvicinarsi ed intrecciarsi è particolare, fa un bell’effetto.

     
    D. – La forza evangelizzatrice di padre Ricci stava nel calarsi nella cultura dell’altro, nel farsi cinese insieme ai cinesi. Anche lei ha avuto modo di approfondire la millenaria cultura musicale di questo Paese. Quale ricchezza può offrire all’Occidente?

     
    R. – Intanto, l’idea di una semplicità, di un’immediatezza, di una grande serenità, di una grande forza interiore.

     
    D. – Alla plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, il Papa ha ribadito che l’avvenire delle nostre società poggia sull’incontro dei popoli...

     
    R. – In fondo, la mia Cantata sacra si fonda proprio su questo concetto, il fatto che è necessario oggi che i popoli ritrovino la possibilità e la capacità di dialogare e serenamente di scoprire la ricchezza reciproca.

     
    D. – A questo scopo la musica si fa uno strumento privilegiato...

     
    R. – Ma certo, in musica è possibile ciò che purtroppo nella realtà geopolitica sembra appunto irraggiungibile. Per fortuna che c’è l’arte.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di El-Obeid (Sudan) il rev. Michael Didi Adgum Mangoria, del clero di Khartoum, rettore del St. Paul’s National Seminary di Khartoum. Il rev. Michael Didi Adgum Mangoria, è nato il primo gennaio 1959 a Engoth, diocesi di El-Obeid. È stato ordinato a Khartoum il 10 maggio 1992 ed incardinato nella medesima arcidiocesi. Inviato successivamente a Roma, si è laureato in Diritto Canonico nel 2001 presso la Pontificia Università Urbaniana.

    Il Papa ha nominato il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec, suo Inviato Speciale alle celebrazioni del IV Centenario del battesimo del Gran Capo Membertou, che avranno luogo a Chapel Island, Nova Scotia (diocesi di Antigonish, Canada) il prossimo primo agosto.

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    Beatificazione di Madre Maria Pierina De Micheli, specchio del Volto Santo di Gesù

    ◊   Una figura seria e quasi ieratica, un’anima che ha conosciuto presto il dolore del distacco dagli affetti, ma anche una religiosa impegnata nell’attività di evangelizzazione e nell’istruzione dei più piccoli. È la venerabile Madre Maria Pierina De Micheli, che domani sarà beatificata a Santa Maria Maggiore a Roma dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, mons. Angelo Amato. Il servizio di Roberta Barbi:

     
    “Voglio tutto quello che vuole Gesù, costi quel che costi”. Scriveva così nei suoi diari, Madre Maria Pierina De Micheli, suora delle Figlie dell’Immacolata Concezione di Buenos Aires. Milanese, ultima di tre sorelle e un fratello, tutti diventati religiosi, fin da piccola visse in una vera e propria chiesa domestica. Molti anni dopo, della sua Prima Comunione scriverà: “Allora vidi Gesù nell’Ostia… Paradiso in terra. Oggi, solo per fede. Domani faccia a faccia. So che Lui mi ama”. Eppure, in un primo momento, rifiutò la sua vocazione e tardò a vestire l’abito color del cielo con le sue regole di castità, obbedienza e povertà, come ricorda il prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, mons. Angelo Amato:

    “Amava Gesù con tutto il suo cuore, ma voleva essere libera e indipendente. Ma alla fine vinse la chiamata del Signore”.

    Il dolore la toccò presto: a due anni perse il padre, e la sua anima conobbe come poche la sofferenza interiore e le prove sfibranti del combattimento spirituale. La sua forza saranno la fede in Dio e nella Madonna, caratteristiche della sua santità, come sottolinea mons. Amato:

    “Anzitutto una grande devozione mariana. Appartenendo a una Congregazione chiamata Figlie dell’Immacolata, la pietà mariana era una colonna portante della sua vita consacrata. Un’immediata conseguenza di tale devozione è il suo grande amore a Gesù. Da quel giorno il primo bacio sarà al Volto Santo del Crocifisso. Sarà questa la sua missione e il suo molteplice apostolato”.

     
    Madre Maria Pierina accettò sempre con il sorriso tutti gli incarichi che le vennero affidati: superiora prima a Milano e poi a Roma, dedicò la sua vita all’evangelizzazione degli altri e all’istruzione dei giovani; desiderava offrire la propria vita di preghiera e di sofferenza per la santificazione dei sacerdoti e delle sue sorelle.

    “La passione di Madre Pierina era la santificazione propria e altrui. Invitava senza sosta le consorelle alla virtù. ‘Siamo chiamate a uno stato di santità, figliole, non a una vita buona, ma a una vita santa. Io non voglio delle buone donne, ma delle religiose che tendano alla perfezione. Se amate le vostre alunne, vi sacrificherete volentieri per loro. Se pensate che queste anime sono state redente dal Sangue di Gesù, e che gli sono care, nessun sacrificio potrà fermarvi nel cercare il loro bene”.

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    Il viaggio del Papa a Cipro: editoriale di padre Lombardi

    ◊   Un viaggio in ideale prosecuzione con il pellegrinaggio in Terra Santa di un anno fa. E’ questo uno dei motivi che tra una settimana, dal 4 al 6 giugno, porterà Benedetto XVI a visitare l’Isola di Cipro. Un tempo, rotta dei primi viaggi apostolici, e oggi importante centro di dialogo ecumenico, Cipro vedrà il Papa porre in qualche modo la “prima pietra” del prossimo Sinodo di ottobre in Vaticano, con la consegna ai vescovi del Medio Oriente dell’Instrumentum laboris sinodale. Lo spiega il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Molti si domandano perché il Papa debba andare proprio a Cipro per incontrare i Vescovi del Medio Oriente e consegnare loro il documento di lavoro del prossimo Sinodo, il grande incontro ecclesiale del mese di ottobre. La risposta è facile. Basta leggere gli Atti degli Apostoli, il racconto dei primi passi dell'annuncio del Vangelo nel mondo dopo la Risurrezione di Gesù. Cipro vi compare almeno sei volte. Da Cipro proviene Barnaba, uno dei primi ad unirsi alla comunità degli apostoli a Gerusalemme. Cipro è la prima tappa – insieme travagliata e feconda – del primo viaggio missionario di Paolo, Barnaba e del futuro evangelista Marco. Ad evangelizzare Cipro ritorna Barnaba dopo essersi separato da Paolo. Lungo le coste di Cipro passa e ripassa Paolo nei suoi viaggi successivi, compreso quello finale, che lo porta a Malta e a Roma. Del resto, basta uno sguardo alla carta geografica per capire che Cipro è crocevia strategico, e quindi anche culturale e spirituale nella regione, con una storia per noi strettamente congiunta a quella della Terra Santa. Di qui passavano le rotte dei pellegrini ebrei e cristiani verso e da Gerusalemme, le rotte dei navigatori fra Oriente e Occidente, fra Asia ed Europa. Se da una parte dunque ci sorprende che Giovanni Paolo II non vi abbia mai messo piede, non ci può sorprendere che Benedetto XVI abbia volentieri accolto l'invito a recarvisi, visitatore e pellegrino, con un viaggio che idealmente continua quello di Malta, risalendo il Mediterraneo verso Oriente, e si ricollega pure a quello fondamentale dell'anno scorso nella Terra Santa stessa. Da Cipro, dunque, non si può non guardare attorno, non si può non pregare e sperare per un annuncio e servizio del Vangelo che sia fonte di dialogo, di comunione ecclesiale, di crescita umana e di pace per tutti, in una regione immensamente cara a tutti i credenti, ma ancora attraversata da troppe sofferenze e divisioni.

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    Preghiera in San Pietro per l'espiazione degli abusi commessi da sacerdoti

    ◊   Una mattina di adorazione eucaristica e di preghiera per l'espiazione degli abusi commessi da alcuni sacerdoti si è svolta questa mattina all'altare della Cattedra in San Pietro. Promossa dagli studenti delle università pontificie a Roma, come gesto di solidarietà nei confronti di Benedetto XVI, l'iniziativa è stata patrocinata dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica e vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano. All’adorazione eucaristica è seguita la meditazione guidata da mons. Charles J. Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, che è partito dal duro monito di Gesù, come riportato dal Vangelo di Marco: “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare”. Mons. Scicluna ha riproposto l'interpretazione che del passo diede San Gregorio Magno nella Regola Pastorale, al secondo capitolo della parte prima, dedicata ai “Requisiti del pastore d’anime”, e intitolato “Non occupino il posto del governo delle anime coloro che nel loro modo di vivere non adempiono a quanto hanno appreso con lo studio”. Nel commentare la frase di Gesù, San Gregorio Magno scriveva: “La macina d’asino significa quel faticoso ritornare su se stessi della vita del secolo, e il profondo del mare indica la condanna eterna. Pertanto, chi rivestitosi dell’apparenza della santità rovina gli altri con la parola e con l’esempio, sarebbe certo stato meglio per lui che lo avessero trascinato a morte le sue azioni terrestri quand’era nello stato laicale, piuttosto che le sue funzioni sacre lo avessero indicato agli altri — nella sua colpa — come esempio da imitare. Giacché se almeno fosse caduto da solo lo avrebbe tormentato una pena infernale comunque più tollerabile”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Preghiere e stima per la Chiesa e per il nobile popolo cinese: il Papa ricorda Matteo Ricci e si dice convinto che l'incontro con il cristianesimo porterà frutti di pace.

    Per un Medio Oriente senza armi atomiche: in rilievo, nell’informazione internazionale, l’intesa tra i 189 Paesi raggiunta, a New York, alla conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare.

    Celso Costantini e la triplice missione di Pio XII: in cultura, la lettera del cardinale Tarcisio Bertone, a nome del Papa, in occasione della pubblicazione del diario del primo delegato apostolico in Cina e l’intervento del cardinale Ivan Dias alla presentazione del diario (ieri pomeriggio alla Camera dei Deputati).

    Le carrube amare del socialismo reale: anticipazione di un articolo scritto da Sergej Bulgakov nel 1906, ovvero prima della rivoluzione, che sarà pubblicato sul numero in uscita della rivista “La Nuova Europa”.

    Nuove maschere del superuomo: Paolo Becchi sulla crisi della secolarizzazione e il ritorno della teologia politica.

    In attesa di mangiare come gli angeli: Inos Biffi su comunione materiale e comunione spirituale.

    La fede dei viaggiatori e il sangue degli eroi: Antonio Paolucci alla presentazione del volume di mons. Giulio Viviani “La Cappella di San Pellegrino nella Città del Vaticano”.

    La priorità della missione educativa: nell’informazione religiosa, il comunicato finale della 61.ma assemblea generale della Conferenza episcopale italiana.

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    Oggi in Primo Piano



    Accordo per un Medio Oriente denuclearizzato. Israele: intesa ipocrita

    ◊   Storico accordo alla Conferenza Onu sulla revisione del Trattato di non proliferazione nucleare, terminata ieri a New York. La dichiarazione finale chiede ad Israele di mettere le sue testate nucleari – mai dichiarate ufficialmente – sotto il controllo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Il numero uno delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si è detto soddisfatto. Sulla stessa linea anche il presidente statunitense Obama. Pur appoggiando l’idea di un Medio Oriente senza armi atomiche, la delegazione Usa ha espresso riserve in merito alla condotta dell’Iran. Teheran plaude all’intesa, definita invece “ipocrita” dallo Stato ebraico. Ma quali potrebbero essere le conseguenze dell’accordo sul processo di pace nell’area mediorientale? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Fabrizio Simoncelli, vice presidente di Archivio disarmo:

    R. – Il fatto che la Comunità internazionale comincia a far sentire una pressione ad hoc su Israele è, a mio avviso, un elemento importante. E questo perché Israele si è riservato – come dire – una libertà di azione a 360 gradi nel campo degli armamenti convenzionali, nel campo degli armamenti nucleari, con una politica di espansione sul territorio, non rispettando le diverse Risoluzioni delle Nazioni Unite. Evidentemente è un tipo di politica che non può condurre a buoni rapporti con – in primo luogo – il popolo palestinese e con tutti i suoi vicini.

     
    D. – Professore, d’altro canto è l’ennesima conferma del fatto che i rapporti tra Stati Uniti e Israele sono cambiati? Gli Stati Uniti hanno, comunque, espresso rammarico le richieste esplicite a Israele…

     
    R. – Hanno espresso rammarico, ma noi possiamo anche dire, analizzando un po’ il linguaggio diplomatico, che in realtà loro non lo hanno impedito, non hanno messo di fatto un veto al documento finale. Per cui si dice sostanzialmente ad Israele che deve cambiare il suo approccio nel quadro mediorientale e questo è molto importante.

     
    D. – Comunque l’accordo ha un grande valore a livello globale…

     
    R. - Sicuramente è la prima volta nella storia del Trattato in cui si decide chiaramente di fare un passo in avanti e quindi da parte delle cinque potenze ufficialmente nucleari ed aderenti al Trattato – Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna – di proseguire decisamente verso una diminuzione degli armamenti nucleari. Cosa, questa, che in parte è già stata fatta soprattutto da parte di Stati Uniti e Russia nel corso degli anni. Questa volta, però, si pone anche una scadenza: nel 2014 dovrebbe essere presentato anche un preciso rapporto su questo processo di riduzione delle armi nucleari. Questo è un elemento molto importante. Si afferma anche strategicamente, tra l’altro, che l’arma nucleare non è più al centro delle strategie politiche di questi Paesi e quindi va progressivamente a scemare e quindi l’importanza di una opzione di questo genere.

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    Polemiche per una direttiva che nega i trapianti a pazienti con ritardo mentale

    ◊   “Non esiste alcun motivo razionale per negare a priori un organo a pazienti con ritardo mentale”: così Nicola Panocchia del servizio di emodialisi del Policlinico Gemelli, che insieme al collega Maurizio Bossola e allo psicologo californiano Giacomo Vivanti, ha pubblicato uno studio sulla rivista American Journal of Transplantation dopo una direttiva in senso opposto della Regione Veneto (n. 851 del 31 marzo 2009). In sostanza si smontano punto per punto le linee guida fatte proprie dalla giunta precedente a quella del governatore Luca Zaia, denunciando - di fatto - una pesante deriva eugenetica ed eutanasica. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso dott. Nicola Panocchia:

    R. - Siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che un’istituzione pubblica avallasse di fatto - con la pubblicazione nella Gazzetta Regionale - un criterio che a nostro avviso non trova un riscontro né giuridico né etico né clinico e vale a dire quello di escludere a priori i pazienti con ritardo mentale dalla trapiantabilità.

     
    D. - Viene ribadito anche dal Centro Nazionale Trapianti: fino ad oggi a livello nazionale non c’è questa discriminazione anche se il veto apre a questa possibilità…

     
    R. - Di fatto a livello nazionale quasi tutti i centri hanno finora sempre valutato il paziente caso per caso, senza - diciamo - avere dei valori soglia, come il Qi inferiore a 50 o a 70, ma sempre valutando il singolo paziente. Questa a noi sembra essere la valutazione più corretta da fare.

     
    D. - Voi ribadite che il problema non è politico, ma è molto più grave…

     
    R. - E’ chiaro che le linee guida pubblicate dal Veneto hanno recepito verosimilmente delle linee guida cliniche, mediche, psicologiche e quindi elaborate da esperti. Il problema è ancor prima che politico - vorrei dire - un problema medico. D’altra parte noi ritroviamo, soprattutto in letteratura anglosassone, alcuni autori che sostengono che il trapianto - anche se salvavita - non è indicato di beneficio ai pazienti con ritardo mentale, perché questi non miglioreranno la loro qualità di vita con il trapianto. Ma la qualità di vita è decisa da chi? E’ misurata da chi? E’ questo il vero nocciolo della questione!.

     
    D. - Chiaramente per quanto riguarda il caso del Veneto, ora ci si aspetta un correttivo?

     
    R. - Questo ce lo auguriamo tutti.

     
    D. - Dottor Panocchia, per quale motivo - secondo il Veneto - c’è la possibilità di escludere chi ha un ritardo mentale dal trapianto?

     
    R. - Queste linee guida non motivano questo, ma verosimilmente almeno tra gli autori che in letteratura si trovano favorevoli all’esclusione di questi pazienti dal trapianto, noi troviamo quattro motivazioni fondamentali, che però noi nel nostro articolo argomentiamo e riteniamo non siano valide. La prima è appunto quella di una ridotta aspettativa di vita, ma questo non è necessariamente vero. Il secondo problema, che è quello - diciamo - più importante, è quello della “mancanza di compliance”, della mancanza cioè di capacità del paziente di aderire alla terapia. Ma anche un bambino, di fatto, non è in grado da solo di aderire ad una terapia: se non ha un nucleo familiare che lo sorregge, un bambino non è infatti in grado di assumere nessun tipo di terapia. Poi c’è l’incapacità di comprendere il processo del trapianto: ma anche qui basta pensare ai bambini e a molti adulti che non capiscono completamente alcune procedure mediche a cui vengono sottoposti. Infine, e questo è poi il problema che si ritrova molto spesso nella letteratura anglosassone, ci sono alcuni articoli ed anche alcuni bioeticisti che sostengono che sia inutile trapiantare queste persone, perché poi in termini di qualità di vita non gioveranno del trapianto. Ma ripeto ancora: chi la valuta la loro qualità di vita?

     
    D. - Viene messa in discussione addirittura la dignità umana?

     
    R. - Siamo al solito problema del concetto chi è persona e chi no. In fondo questo è alla base di molte controversie proprio in bioetica.

     
    D. - Un’eugenetica, un uomo cioè fatto ad immagine di qualcuno che lo pensa come perfetto?

     
    R. - Direi proprio di sì.

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    Convegno su “Dio nella sfera pubblica”: la riflessione del prof. Cardia

    ◊   “Dio nella sfera pubblica”: è il tema di un Convegno per docenti universitari promosso oggi e domani dalla Fondazione Rui presso il Castello di Urio sul Lago di Como. L’incontro è stato aperto dalla prolusione di mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa. Al convegno interviene anche il giurista Carlo Cardia, docente dell’Università Roma Tre che, intervistato da Alessandro Gisotti, si sofferma sul binomio fede e laicità:

    R. – Da un lato abbiamo visto, negli ultimi due decenni, il riemergere della questione di Dio, della questione religiosa che – sia detto fra parentesi – ha smentito in modo radicale tutte le tesi sociologiche degli anni precedenti che parlavano del declino del sacro. Dall’altro, però, è vero che l’Europa reagisce a questo fenomeno che è poliedrico, di grande interesse, a volte quasi come a voler mettere fra parentesi, di nuovo, l’idea, l’immagine, il bisogno di Dio. A volerlo cioè relegare in una dimensione puramente privata. Questa è una contraddizione che abbiamo davanti e che deriva dalla storia europea di conflitti religiosi e da un certo laicismo che ha pensato di risolvere i conflitti semplicemente negando questa rilevanza pubblica della religione e dell’idea di Dio.

     
    D. – Benedetto XVI in più occasioni – pensiamo ad esempio al viaggio apostolico in Francia – ha messo l’accento sulla possibilità, anzi, potremmo dire la necessità di una “laicità positiva” che appunto non escluda la dimensione religiosa, non la renda irrilevante…

     
    R. – Il problema che ha posto il Papa lo abbiamo davanti riguardo ad una serie di questioni che ormai toccano l’antropologia più profonda. Siamo di fronte all’emergenza del tema della vita, del tema della famiglia. Ecco, questi sono problemi che senza una visione che potrei definire “trascendentale”, cioè di qualcosa che guida la nostra azione morale più profonda, non si possono affrontare.

     
    D. – Il Crocifisso è un simbolo universale della sofferenza umana, della dignità dell’uomo. Eppure pensiamo, da ultimo, alla sentenza della Corte di Strasburgo: da alcune parti lo si ritiene, per la sua stessa presenza, un “attentato alla laicità”…

     
    R. – Lei ha toccato un tasto dolente, perché questo è proprio l’effetto di una visione ideologica che invece di far fare passi in avanti ne compie uno indietro formidabile. Il simbolo religioso rappresenta una tradizione viva e in Europa la tradizione cristiana è una tradizione viva in tutti i Paesi. Questa tradizione si vede negata addirittura la possibilità di avere un minimo di riverbero pubblico. Negare la possibilità della presenza della Croce è veramente voler dire: “Io voglio mettere fra parentesi anche questo elemento minimo”. Non c’è nessuna ragione al mondo per questo passo.

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    Pellegrinaggio della diocesi di Napoli a Pompei

    ◊   “Napoli ha bisogno di rialzarsi e mettersi in cammino con Maria verso il Risorto”. Così l’arcivescovo del capoluogo partenopeo cardinale Crescenzio Sepe oggi in occasione del tradizionale pellegrinaggio a piedi a Pompei. L’evento ecclesiale, a conclusione del mese mariano, nato negli anni ’60 su iniziativa della Gioventù di Azione Cattolica Napoli, conta circa 25mila partecipanti. Tema di questa edizione è “Camminate con gioia incontro al Signore”. L’itinerario, partito alle 13.30 dalla Basilica del Carmine Maggiore si snoda lungo il pomeriggio per le strade della città. La conclusione questa sera nel santuario di Pompei con la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Sepe. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – La devozione mariana è tra le più sentite dal popolo napoletano e questo appuntamento, un pellegrinaggio fatto a piedi con tutte le difficoltà che questo può comportare, coinvolge soprattutto i giovani. Ho visto l’entusiasmo di questi ragazzi e ragazze, anche stremati un po’ dal cammino, dai tanti chilometri fatti a piedi. Quando arrivano si riposano, seduti per terra, ma con una gioia che illumina il loro volto. E devo dire sono tante anche le persone anziane. Ricordo lo scorso anno una donna di 80 anni, camminava a piedi piano piano, con una gioia formidabile.

     
    D. – E la gioia è il filo conduttore quest’anno, visto che il tema è “Camminate con gioia incontro al Signore”. Cosa vuol dire camminare con gioia in questo momento, per Napoli?

     
    R. – E’ fondamentale. Il pericolo di una stagnazione c’è ed è grosso. Invece avere il coraggio di alzarsi e mettersi in cammino, diventare compagno di viaggio degli altri - perché si parla, perché si prega insieme, perché ci si conforta insieme con i tanti sacerdoti che confessano durante il pellegrinaggio, : questo fa la differenza. Si sente la presenza di Cristo. Napoli ha bisogno di camminare, ha bisogno di rialzarsi e camminare con una meta precisa: questa meta è Cristo Signore. E la Madonna ci precede verso di Lui.

     
    D. – E proprio quelle strade di Napoli, che troppo spesso sono legate a episodi di ingiustizia e di illegalità, divengono invece oggi passaggio di una processione di speranza, segno della convinzione che anima i pellegrini, e cioè che il deserto può fiorire...

     
    R. – Assolutamente. Attraverseremo tante di queste strade conosciute purtroppo tristemente per i tanti episodi di violenza che sono stati commessi e che si commettono. Molte di queste strade sono diventate famose per queste stragi, per questa violenza. Allora queste strade sentiranno l’eco di preghiera, l’eco della gioia dei giovani, l’eco dei cristiani che non si arrendono di fronte al male, ma diventano fermento di speranza per tutti.

     
    D. – Di fronte ad una situazione che sembra statica, sembra che non cambi mai nulla, può un pellegrinaggio essere segno di conversione per la società napoletana?

     
    R. – Anche il pellegrinaggio vuole essere come una semina, una semina di speranza per tutti, nonostante il male, nonostante le difficoltà, nonostante i pericoli, nonostante la violenza e la camorra. Noi non ci arrendiamo, noi sappiamo che l’unica risposta a queste situazioni gravissime nelle quali ci troviamo è Cristo e in questo la Madonna ci accompagna.

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    La Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù nel carcere di Rebibbia

    ◊   L'incessante pellegrinaggio della Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù procede senza sosta. Questa mattina ha fatto tappa nella casa di reclusione di Rebibbia a Roma. Il servizio di Davide Dionisi.

    I giovani del Centro Internazionale San Lorenzo, coordinati dal cappellano del penitenziario, padre Arcangelo Masocco, dal decano don Luigi Barbini e della religiosa canossiana suor Rita Del Grosso, si sono ritrovati nel carcere romano per portare la loro testimonianza ai detenuti e per far conoscere la "potenza della Croce", quella Croce che nel 1984 Giovanni Paolo II affidò proprio a loro. "Noi adoriamo chi sulla Croce ha sacrificato la vita per tutti noi. E lo ha fatto quando eravamo peccatori e quando nessuno ci avrebbe neanche rivolto la parola", ha detto ai volontari e ai detenuti che hanno preso parte alla processione e alla celebrazione mons. Nicola Filippi, delegato episcopale dei decani di Roma, intervenuto in rappresentanza del cardinale Vallini. "Giovanni Paolo II volle che la Croce girasse il mondo, perché l'amore di Dio non venisse confinato in un tempo e in un luogo ma fosse ovunque e per sempre. Ha voluto che fosse pellegrina perché nessuno venisse escluso dall'amore di Dio", ha aggiunto mons. Filippi. E' stato poi proiettato il video "Potenza della Croce", realizzato in collaborazione con l'agenzia cattolica H2Onews e la Scuola di Evangelizzazione della Comunità dell'Emmanuele. I detenuti hanno avuto la possibilità di confessarsi e di affidare le proprie intenzioni ai piedi della Croce. "Ho colto immediatamente l'importanza di questo avvenimento e ringrazio i giovani volontari che lo hanno fortemente voluto", ha sottolineato Stefano Ricca, direttore della Casa di Reclusione. "Credere è un privilegio e lo è ancora di più in un luogo come questo" ha aggiunto. Rivolgendosi ai detenuti il direttore ha detto: "La Croce è un segno di sofferenza ma è anche segno di pace e di Risurrezione. Sono convinto che per voi possa significare rinascita e recupero, per questo vi esorto a diventare messaggeri di questa pace anche tra i vostri compagni". Attualmente nel carcere romano sono rinchiuse circa 300 persone, per lo più provenienti dalle zone del sud d'Italia. "Con loro abbiamo instaurato un rapporto familiare. Hanno molta fiducia nel cappellano e per questo cerchiamo di diventare per loro un punto di riferimento. Quel riferimento che, purtroppo, viene a mancare una volta usciti da qui. Il dramma per loro comincia paradossalmente dopo la detenzione a causa di carenza di strutture ricettive in grado di assisterli e di aiutarli a reinserirsi in società" ha spiegato il cappellano di Rebibbia, padre Arcangelo Masocco. Ma sull'importanza di questo evento ascoltiamo mons. Nicola Filippi:

    R. – L’importanza è nella Croce stessa, che per ogni uomo è fonte di speranza perché ci ricorda l’amore fedele di Dio che si apre ad ogni uomo. Un amore che, se accolto, può realmente cambiare la vita di ciascuno di noi, perché va ad agire sul nostro cuore ed anche sulla nostra volontà.
     
    D. – Qual è stata la risposta dei detenuti, dei ragazzi che vivono a Rebibbia, di fronte a quest’iniziativa della Chiesa?

     
    R. – I ragazzi hanno reagito bene, come reagiscono sempre nel momento in cui la Chiesa offre loro una parola di speranza, di conforto, una parola di vicinanza e di solidarietà, proprio perché tante volte anche il carcere è luogo di una profonda solitudine, in cui si pensa al passato, si pensa agli affetti lontani. Avere qualcuno - in particolare il Signore ma anche i tanti volontari, i tanti sacerdoti che manifestano una vicinanza, un amore più grande - che li accoglie per quello che sono, senza chiedere nulla in cambio, chiaramente fa sorgere il sole nel cuore. Quel sole che invece tante volte è oscurato.

     
    D. – Abbiamo visto anche la testimonianza di tanti giovani volontari che lavorano ed operano all’interno del carcere. Quanto può essere importante la loro testimonianza per i ragazzi detenuti, i loro coetanei o anche per i più grandi che sono qui a Rebibbia?

     
    R. – La testimonianza è fondamentale perché li aiuta a comprendere che nella vita si può sbagliare ma si possono compiere anche grandi cose. E’ fondamentale perché li aiuta a capire che forse la gioia più grande, per un uomo, è nel dono che si fa agli altri, così, nella semplicità, nella fraternità e nell’incontro che avviene lì dove Dio ci ha posto. Vorrei dire che è importante anche la testimonianza che i detenuti danno ai giovani. Il carcere è un luogo che aiuta a ripensare a ciò che realmente è essenziale nella vita.

     
    Al direttore della Casa di Reclusione, Stefano Ricca, abbiamo chiesto quanto siano importanti eventi come questo in una casa circondariale:

     
    R. – Credo che tutti i momenti d’incontro, i momenti di collegamento fra la struttura penitenziaria – quindi i detenuti, le persone che vivono questa situazione di difficoltà – e il mondo esterno in quanto tale, siano tutti momenti importanti. La giornata di oggi, poi, ha un valore ulteriore: un significato di fratellanza, di pace, di amore fra le persone. Credo che la testimonianza della Croce della Giornata Mondiale della Gioventù rappresenti proprio questo. Penso quindi che questo sia un momento davvero molto importante per la vita dei detenuti e direi anche che lo è per la vita dell’Istituto.

     
    D. – “Credere è un privilegio”: lo ha detto lei nel corso del suo intervento davanti ai detenuti. Lo è anche in un luogo come questo?

     
    R. – Probabilmente in un luogo come questo lo è ancora di più, perché le persone detenute hanno sicuramente una necessità di poter sperare in un domani che li veda reintegrati nella società ma che li veda recuperati proprio come persone. Allora penso che la fede ed il credere possano essere veramente un grande sostegno per questo tipo di difficoltà.

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    Proiettato alla Radio Vaticana il film su Popiełuszko: intervista con il regista Rafał Wieczyński

    ◊   Si è tenuta ieri pomeriggio, presso la Radio Vaticana, la proiezione del film “Popiełuszko-Non si può uccidere la speranza” sulla vita del sacerdote polacco che sarà beatificato a Varsavia il prossimo 6 giugno. Cappellano del sinadacato “Solidarność”, padre Jerzy Popiełuszko venne brutalmente torturato e ucciso da emissari del regime comunista in Polonia nel 1984: aveva 37 anni. L’uomo che dà testimonianza della verità – diceva - è un uomo libero, anche se non vive in una situazione di libertà. Ha introdotto la proiezione l’ambasciatore di Polonia presso la Santa Sede, Hanna Suchocka. Presente anche il regista del film, il polacco Rafał Wieczyński. Veronica Scarisbrick gli ha chiesto il motivo che lo ha spinto a fare quest’opera:

    R. – I felt a kind of duty to do this film…
    Ho avvertito come il dovere di fare questo film dopo la liberazione della Polonia. Come prete, come cappellano di Solidarnosc, padre Popiełuszko ha portato le persone in Chiesa, perché lui non combatteva tanto per la libertà esteriore, quanto per quella interiore. Da qui il titolo del film. Giovanni Paolo II ha detto che lui ha dato la vita per noi e deve avere il suo posto in Europa e nel mondo. Io avevo 16 anni quando partecipai ai funerali di padre Popiełuszko insieme a 600 mila persone. Quindi, riuscivo a percepire i sentimenti della gente in quel periodo. E’ diventato una sorta di maestro, una figura con la quale mi confrontavo e volevo che la nuova generazione provasse le sensazioni di quei tempi, quando la gente era unita fondandosi sui valori del Vangelo.

     
    D. – Da una prospettiva occidentale abbiamo la sensazione che lui fosse molto coinvolto in politica e che il confine tra politica e fede fosse molto sottile…

     
    R. – No, that’s absolutely not true…
    No, non è assolutamente vero. In realtà, è l’effetto della propaganda comunista, perché lui fu accusato dai comunisti di fare attività politica, attraverso molti tentativi di provocazione, come l’aver collocato materiale illegale all’interno della sua casa. Certo, lui era impegnato nel sostegno alle famiglie o alle persone attive nell’opposizione, ma la sua idea era di dare speranza alla gente, non c’era dietro un programma politico. Il regime comunista continuava ad organizzare provocazioni, ma senza conseguenze, perché in realtà la gente era tranquilla, la gente pregava. Ecco perché, probabilmente, lui era considerato il più pericoloso, perché c’erano tanti, tanti preti attivi in politica, ma lui era sempre molto attento a non toccare la politica: parlava solo del Vangelo. Il suo “potere” stava nel fatto che era molto onesto, molto coerente e molto coraggioso nel dire la verità. Diceva, per esempio, che non puoi cambiare la verità o i valori morali semplicemente varando nuove leggi. Era comunque consapevole dei tentativi dei comunisti di accusarlo di attività politica e per questo era molto attento nelle sue omelie.

     
    D. – E’ stato assassinato più di 25 anni fa, nel 1984. I giovani che sono cresciuti dopo quella data non hanno idea di chi sia...

     
    R. – Young people know it from…
    I giovani lo conoscono dalle lezioni scolastiche, ma la loro conoscenza è molto didattica: non conosceranno mai la sua personalità, le emozioni che procurava. E penso che sia importante sapere che in questi oltre 25 anni, da quando lui è morto, giorno e notte ci sono persone che vegliano sulla sua tomba dandosi il cambio, perché sentono che non sono stati capaci di amarlo a sufficienza. E ora pregano per la sua beatificazione. Immagini il segno che ha lasciato nel cuore delle persone che lo hanno conosciuto...

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Questa domenica la Chiesa celebra la Solennità della Santissima Trinità. La liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù parla ai discepoli della sua relazione col Padre e con lo Spirito Santo:

    «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità … Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

     
    Su questa Solennità, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, professore di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    “Dio non è solitudine infinita, ma comunione di luce e di amore, vita donata e ricevuta in un eterno dialogo tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo”, così ha commentato Benedetto XVI questo mistero del Dio Uno e Trino. Nel Vangelo, in poche frasi Gesù mostra la relazione di reciprocità tra Lui e il Padre: “Tutto quello che il Padre possiede è mio”. Ma anche il compito fondamentale dello Spirito: egli non è una aggiunta consolatoria, ma opera in stretta continuità con quanto Cristo stesso ha detto e fatto. Anzi lo Spirito riprenderà la verità, dal punto dove Gesù l’ha lasciata, per rivelarne ai discepoli orizzonti nuovi e impensati: “Vi guiderà a tutta la verità”, ribadisce il Maestro. Non si tratta di teoria o di concetti oscuri: si tratta di vita, di verità da vivere e da amare. In un mondo individualista che misura tutto a partire dal soggetto e dalla sua autonomia, la fede cristiana rischia di essere ricondotta agli stessi confini. Essa invece è fonte di vita comunitaria, perché Dio stesso è comunità, viva e vivace, amore e dialogo. Ricordiamolo quando ci facciamo il segno di Croce o recitiamo il Gloria al Padre. Prima che una formula, la Trinità è un modello di vita, una sorgente di unità.

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    Chiesa e Società



    Madagascar. I vescovi: porre fine alla crisi

    ◊   Un richiamo al senso di responsabilità di tutti per porre al più presto termine alla crisi sfociata più di un anno fa nelle dimissioni del presidente Marc Ravolamanana. A lanciarlo sono i vescovi del Madagascar in un messaggio diffuso al termine di una sessione straordinaria dedicata appunto all’attuale congiuntura politica ed economica del Paese, che il prossimo 12 agosto sarà chiamato a votare la nuova Costituzione. Un voto che dovrebbe portare alla fine della transizione guidata da Andry Rajoelina, ex sindaco di Antananarivo e principale oppositore del presidente dimissionario. Nel documento i presuli parlano di un Paese allo sbaraglio, dove “regna l’insicurezza, le famiglie sono divise, la disoccupazione aumenta, le divergenze politiche degenerano in scontri, si diffonde dappertutto l’uso di stupefacenti di ogni tipo”. Puntano il dito innanzitutto contro la classe politica che non ha saputo dare prova di una seria volontà di dialogo, ma anche contro i media che “accendono le passioni con il rischio di scatenare una guerra civile”. Secondo i vescovi, anche i cristiani nel Paese hanno la loro parte di responsabilità: se “come cittadini essi hanno il diritto di esprimersi in tutta libertà”, tuttavia preoccupa “il rischio di una strumentalizzazione della fede cristiana cosa che contrasta con l’insegnamento della Chiesa cattolica”. Di qui l’appello, in primo luogo, alla conversione: “Se vogliamo veramente ri-orientare la vita della Nazione dobbiamo riconoscere le nostre colpe e abbandonare l’egoismo e le gelosie per fare regnare la giustizia e mettere in pratica con ogni mezzo l’amore per la nostra patria e la ricerca del bene comune”, si legge nel messaggio. I cittadini malgasci devono inoltre riscoprire il valore supremo del ‘fihavanana’, ossia della solidarietà e di fratellanza che sono gli elementi costitutivi della società malgascia, ma che sono stati oscurati in questi ultimi tempi dalla “sete di denaro e dallo smodato desiderio di gloria”. Infine, l’appello ad impegnarsi tutti per la costruzione di un sistema stabile e durevole per le generazioni future: “La Chiesa non ha un progetto politico, ma auspica che questo periodo di transizione si concluda al più presto con dignità. Questo richiede l’impegno di tutti e un’assunzione di responsabilità nella saggezza e nella verità”, concludono i vescovi. La grave crisi politica in atto dalla fine del 2008 sta avendo pesanti ripercussioni sulla vita economica e finanziaria del Madagascar: numerosi partner esteri hanno sospeso gli aiuti allo sviluppo in segno di opposizione alla presa di potere da parte di Rajoelina nel marzo 2009. (L.Z.)


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    Cresce l'intolleranza in Indonesia: chiese attaccate o chiuse

    ◊   La comunità cristiana in Indonesia esprime preoccupazione per il crescente clima d'intolleranza: in particolare, da gennaio a maggio sono state una ventina le chiese oggetto di attacchi o di altre forme di ostilità, come la chiusura forzata o il mancato assenso delle autorità civili alla costruzione per presunte irregolarità amministrative. Del problema si è parlato in un incontro tra il sottosegretario per la Democrazia e gli Affari generali presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Maria Otero e i rappresentati dell'organismo interreligioso Indonesian Committee on Religion for Peace (Icomrp), svoltosi a Giacarta. Lo rende noto l'Osservatore Romano. Il rappresentante dei cristiani, Theophilus Bela, che è anche segretario generale dell'Icomrp, ha presentato una relazione specifica da sottoporre all'attenzione del Governo degli Stati Uniti sulla difficile situazione che vivono le comunità. «Nella relazione — ha spiegato Bela — ho denunciato tutti i casi di chiese danneggiate da attacchi, chiuse o alle quali sono stati revocati i permessi per svolgere le funzioni religiose. Inoltre ho descritto le difficoltà che s'incontrano nella costruzione di nuovi edifici di culto». Il segretario generale dell'Icomrp ha auspicato che il dossier venga presentato al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama e ha aggiunto che una visita del presidente Obama nel Paese asiatico «aiuterebbe a migliorare le relazioni tra le comunità religiose» soprattutto nella provincia del West Java, dove si concentrano maggiormente le tensioni. All'appello del rappresentante cattolico si è unita la voce moderata del leader della Muhammadiyah, la seconda più grande organizzazione islamica del Paese, Din Syamsuddin, che ha sollecitato i musulmani «a non essere troppo reazionari». Proprio nel West Java, recentemente, le autorità della città di Bogor hanno ordinato la chiusura definitiva della chiesa del Gereja Kristen Indonesia di Bogor, una comunità di cristiani nota anche come Gereja Kristen Yasmin Bogor. Nel marzo scorso era stata sospesa a tempo indeterminato l'attività della comunità, nonostante che i suoi rappresentanti avessero presentato le necessarie autorizzazioni, sia per costruire la chiesa che per praticare il culto. In Indonesia l'iter per la costruzione di un luogo di culto è regolato dall'Izin Mendirikan Bangunan: si tratta in pratica di una delibera concessa per iscritto dalle autorità municipali che consente di avviare il cantiere di costruzione. Tuttavia, se a richiedere la costruzione sono i cristiani, l'iter burocratico diventa ancor più penalizzante, in quanto occorre anche il nulla osta di almeno sessanta residenti nell'area nella quale s'intende edificare la chiesa. E questo iter richiede, talvolta, un passaggio temporale di anni. Senza contare poi le frequenti proteste che si sollevano soprattutto dai movimenti fondamentalisti musulmani che accusano i cristiani di voler praticare il proselitismo. In questo modo, molte comunità religiose sono costrette a praticare la loro fede nella clandestinità. Nella città di Bogor, per esempio, sono da tempo attivi alcuni gruppi islamici che protestano in pubblico, anche in maniera violenta, contro qualsivoglia attività dei cristiani, impedendo la costruzione degli edifici anche se non hanno finalità di culto. Anche nella città di Bandung si sono registrate tensioni tra la «Divisione islamica contro le azioni di proselitismo» (Dap) e la Pasundan Christian Church (Gkp), pretestuosamente accusata «di pagare» i musulmani affinché si convertano. A fine aprile scorso, numerosi estremisti, sempre a Bagor, hanno appiccato il fuoco a una struttura educativa, con la presunta accusa che questa sarebbe potuta diventare un luogo di preghiera. Il pastore Gomar Gultom ha sottolineato che la decisione delle autorità municipali d'impedire le cerimonie nella chiesa, non fermeranno i fedeli che si sono dichiarati intenzionati a continuare a manifestare la loro fede nei luoghi pubblici. Qualche settimana fa nella città, infatti, oltre sessanta fedeli hanno partecipato a una cerimonia religiosa, celebrata in strada, nonostante l'intervento della polizia. Il vescovo di Bandung, Johannes Maria Trilaksyanta Pujasumarta, in merito alla situazione dei cristiani nella provincia di West Jawa, ha sottolineato: «Vogliamo vivere e contribuire a tutelare l'armonia sociale e tra le religioni. Ma siamo ben consapevoli che l'Indonesia ha una Costituzione che riconosce i nostri diritti e che tutti sono tenuti a rispettare, anche i gruppi estremisti musulmani». Il presule ha ricordato che sono in vigore due decreti ministeriali che demandano alle autorità provinciali il compito di garantire l'armonia tra le comunità religiose, ma, ha aggiunto, «molte autorità sono facile bersaglio delle pressioni dei gruppi fondamentalisti e si piegano alla loro volontà, accogliendo le richieste».


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    I vescovi Usa: la legge antidiscriminazioni sul lavoro viola la libertà religiosa

    ◊   I vescovi degli Stati Uniti hanno espresso, in una lettera inviata ai membri del Congresso, le loro forti riserve sulla nuova legge contro le discriminazioni nei posti di lavoro che verrà esaminata a giugno dalla Camera dei Rappresentanti. Presentato lo scorso autunno e rimasto fermo per diversi mesi al Congresso, l’”Employment Non-Discrimination Act” (Enda) aggiunge ai motivi di discriminazione previsti dalla normativa attuale anche quelli dovuti all’orientamento sessuale. Secondo i vescovi – riferisce l’agenzia Cns -, cosi come è formulato il testo “metterebbe a repentaglio la libertà religiosa della Chiesa di vivere la propria fede nella società di oggi”. Esso potrà infatti essere usato, ad esempio, per giustificare il riconoscimento legale dei matrimoni omosessuali. “Non possiamo appoggiare una proposta che tutela qualsiasi condotta sessuale fuori dal matrimonio”, afferma la missiva, ricordando la distinzione che la Chiesa fa tra la persona omosessuale, sempre da rispettare, e gli atti omosessuali, da non approvare. Il rischio dunque è che la legge proposta venga “usata per punire come discriminatorio quello che insegna la Chiesa”. Di qui la richiesta di inserire norme che tutelino la libertà religiosa. “Come ogni altro gruppo nella nostra società - sottolineano infatti i vescovi - la Chiesa cattolica ha gli stessi diritti costituzionali di sostenere le proprie convinzioni, organizzarsi attorno ad essi e argomentarli nell’arena pubblica. Ciò comprende il diritto di insegnare la sua la verità sul comportamento omosessuale e quindi, come datore di lavoro, di agire in conformità con tale verità senza la minaccia di sanzioni da parte delle autorità ”, afferma la lettera. Da parte loro, i vescovi americani si dicono disposti a considerare un testo che protegga le persone con inclinazioni omosessuali da discriminazioni ingiuste. (L.Z.)


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    Il cardinale Ouellet: continuerò a lottare contro l’aborto nonostante le critiche

    ◊   Dimezzare gli aborti in Canada e aiutare le madri a portare avanti le gravidanze. È quanto ha chiesto il cardinale primate canadese Marc Ouellet, arcivescovo di Québec, a una conferenza stampa in cui è tornato a parlare del tema che nei giorni scorsi lo ha visto al centro di vivaci polemiche nel Paese. Intervenendo a un convegno pro-life – lo ricordiamo – il porporato aveva sostenuto che l’aborto è un crimine ingiustificabile. All’ondata di critiche dal mondo politico e dei media, il cardinale Ouellet – riferisce l’agenzia Cns - ha replicato che non si farà intimidire e che continuerà a denunciare il crimine dell’aborto: “Non lascerò le cose come stanno. C’è un legittimo dibattito sulla promozione della vita umana, sul rispetto per i bambini non nati”, ha detto. Alla conferenza stampa egli ha criticato l’alto numero di aborti nel Paese (100mila all’anno) e la mancanza di una legislazione chiara in materia. “Il dibattito sull’aborto è aperto e non dobbiamo averne paura. Dobbiamo affrontarlo anche se c’è una mozione in Québec e un primo ministro a Ottawa che vanno nella direzione opposta e si rifiutano di riesaminare la legislazione in materia”, ha detto il porporato. Egli ha quindi lamentato l’assenza di aiuti statali a favore delle organizzazioni pro-vita, aiuti che sono invece garantiti alle cliniche abortiste: “Vorrei un pari trattamento per le organizzazioni che difendono la vita”. E ha concluso: “Se ci fosse più equità nei finanziamenti, si farebbero grandi passi avanti”. (L.Z.)


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    Vietnam: il lavoro sociale è occasione di amicizia tra cattolici e buddisti

    ◊   Si è svolto a Thàn-Phô Hô Chí Minh, la più grande città del Vietnam che si trova sulla sponda occidentale del fiume Saigon, da cui in passato prendeva il nome, l’incontro tra l'arcivescovo cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân e il superiore buddista della pagoda To Dinh An Quang, il monaco Thich Tri Quang. Dal 2009 – riferisce Asianews - il cardinale Pham Minh Mân e il gruppo interreligioso lavorano insieme nell’aiuto ai poveri, ai bambini e ai malati di Aids e grazie proprio a queste forme di collaborazione i fedeli delle due religioni stanno approfondendo i loro rapporti e la loro conoscenza. La Chiesa cattolica di Thàn-Phô Hô Chí Minh - presente nel territorio vietnamita con 115 centri che si occupano di disabili, di classi di sostegno e di ricoveri per anziani; e con 23 centri che aiutano persone con problemi mentali, problemi di droga e malati di Aids - si preoccupa anche di stringere legami di amicizia con le altre religioni impegnate nel sociale, in modo particolare con i buddisti. Proprio su questa linea di dialogo interreligioso e di relazioni fraterne va collocato l’incontro della scorsa settimana tra il cardinale Pham Minh Mân e il superiore buddista. Nel corso dell'incontro si è parlato di protezione dell’ambiente e di mediazione religiosa nella vita. Il porporato ha consegnato il messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo religioso indirizzato ai buddisti in occasione della Festa del Vesak, con la quale si celebra la nascita, l'illuminazione e l’estinzione del Buddha storico. Il capo religioso buddista ha poi parlato delle sue esperienze di meditazione che gli hanno permesso di raggiungere la serenità e la tranquillità quando soprattutto, nell’organizzare attività religiose e sociali, si è trovato ad affrontare situazioni e sfide. (M.A.)

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    In Brasile il Congresso Nazionale della Commissione Pastorale della Terra

    ◊   La Commissione Pastorale della Terra (Cpt) ha ha tenuto - dal 17 al 24 maggio scorsi - il III Congresso Nazionale nella diocesi di Montes Claros, in Brasile sul tema “Biomi, i territori e la diversità dei contadini". L’organismo della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile appoggia le lotte dei contadini per l'accesso alla terra e le loro rivendicazioni per l'attuazione della riforma agraria. Circa 800 persone, tra funzionari della Commissione, lavoratori rurali, rappresentanti dei movimenti sociali e altri ospiti, hanno preso parte ai lavori e hanno dibattuto sulla questione fondiaria. Dalle loro testimonianze — si legge nel documento finale — si è potuto “percepire il pulsare della vita nelle comunità rurali, segnato da molte difficoltà e frustrazioni, ma aperto ad attese di speranza e di giustizia”. Sono state ascoltate e analizzate “le molte esperienze di resistenza e di lotta dei contadini di tutto il Brasile”, il costante lavoro “in difesa dei loro territori e delle loro culture”. Il denominatore comune emerso dalle testimonianze – riferisce L’Osservatore Romano - è che “si può e si deve vivere con i diversi ecosistemi, senza distruggerli e coltivando un rapporto di rispetto e di fratellanza con tutti gli esseri viventi e con la madre terra, dono di Dio da proteggere e conservare integro come eredità per le generazioni future”. Un particolare appello viene rivolto alle istituzioni, ai partiti politici, ai sindacati, ai movimenti, perché “non lascino sola” e sostengano “la gente della terra”, difendendo i ldiritti, assecondando “le attese di giustizia e di speranza”. Spesso, infatti, le rappresentanze politiche cadono in contraddizione: da un lato tentano di alleviare la fame e la miseria e dall'altro favoriscono e promuovono un modello di economia e di finanza perverso che incide negativamente sullo sviluppo sostenibile. In questo cammino di promozione, che deve essere prima di tutto umana, la Chiesa si “pone in prima linea” con la “sua parola profetica e la sua azione concreta di carità fraterna”.(M.A.)

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    Conclusa a Roma l'Assemblea dell’Unione dei Superiori Generali

    ◊   Dal 26 al 28 maggio, presso il Salesianum di Roma, si è svolta la 75.ma Assemblea Semestrale dell’Unione dei Superiori Generali (Usg) dal titolo: “L’Europa interpella la vita consacrata – Situazione e implicanze”. A chiudere i lavori è stato l'intervento del vicedirettore de “L'Osservatore Romano”, Carlo Di Cicco, che ha evidenziato quali possano essere i fermenti e le proiezioni della vita consacrata in Europa. "Il messaggio – si apprende proprio dal giornale vaticano – è di speranza, ma al tempo stesso di forte impegno: la vita consacrata, a partire dal rinnovamento ancora vivo del Concilio Vaticano II, è chiamata a nuove forme di collaborazione con i laici, in nome del comune titolo fornito dal Battesimo. Laici, sacerdoti e religiosi sono chiamati a muoversi insieme in un contesto sicuramente difficile, ma stimolante. Le paure del futuro si riflettono inevitabilmente anche nella vita consacrata: basti pensare al calo delle vocazioni e alla necessità di ridimensionamento di tanti istituti. Tali elementi di crisi, tuttavia, possono trasformarsi, etimologicamente, in momento forte di scelta e di svolta decisiva. Ecco l’impegno per i religiosi a vivere l'attuale momento storico con una nuova coscienza partecipativa, soprattutto ritrovando consonanza con la gente. La vita religiosa, per le sue caratteristiche di gratuità, lavoro in rete, simbolicità e pluralismo, può essere davvero sempre più una forma particolarmente adatta alle sfide del terzo millennio. Come ha osservato ieri il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica, cardinale Franc Rodé, nell'omelia della Messa conclusiva, cui hanno partecipato laici e religiosi intervenuti all'assemblea, "la vita consacrata avrà senso per la gente nella misura in cui i religiosi vivranno le fondamentali preoccupazioni degli uomini e delle donne di oggi, ma a condizione che le vivano come una ricerca di Dio, aprendosi alla trasformazione della mente e del cuore che Cristo vuole realizzare in ogni persona”. "A tutti i cristiani, ma in particolare alle persone che scelgono di consacrarsi - ha aggiunto il porporato - spetta il compito di mostrare all'Europa il coraggio di recuperare la propria eredità religiosa, di riscoprire il volto sempre giovane di Cristo, di ricercare il senso della vita, la felicità e l'amore; d'interrogarsi sulla questione del dolore e della morte; di lasciare aperta la dimensione dell'eternità; di cercare il segreto della convivenza tra le lingue, i popoli, le culture, le religioni presenti nelle nostre terre; e, di verificare il proprio ruolo nei confronti degli altri continenti”. (M.A.)

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    Perù: festeggiamenti per il centenario delle Francescane Missionarie di Maria

    ◊   Le Francescane Missionarie di Maria (Fmm) hanno iniziato domenica scorsa i festeggiamenti per il Centenario della loro presenza in Perù. Mons. Javier Augusto del Rìo Alba, arcivescovo di Arequipa, seconda città più popolosa del Paese dopo la capitale Lima, ha presieduto una Santa Messa. Nella sua omelia ha posto l’accento sull'importante lavoro svolto dalle religiose nella città e nella provincia. "E' importante dare un’educazione cattolica ai bambini, perché possano crescere con dei valori, in modo che più tardi nella loro vita, questi si riflettano nelle loro azioni, ha detto l'arcivescovo a studenti, docenti e personale amministrativo dell'Istituto d’istruzione Santa Rosa da Viterbo, la cui gestione è appunto affidata alle suore Francescane Missionarie di Maria. Il vescovo si è congratulato con le suore per il lavoro pastorale che svolgono nelle zone più lontane e remote: "Le generazioni di ragazze che ora sono l'orgoglio della Chiesa e che lavorano con successo in diversi campi della società – ha concluso il presule - riflettono il lavoro infaticabile che avete fatto". Le Francescane Missionarie di Maria arrivarono in Perù in seguito alla richiesta dell'arcivescovo mons. Francisco Mariano Holguin Maldonado, dell'Ordine Francescano. "Siamo sorelle consacrate che hanno scelto di seguire Cristo attraverso il cammino missionario proposto da Suor Maria della Passione, la nostra fondatrice", ha detto suor Maria Remei Pelach Feliu, superiora della comunità. "Come la nostra fondatrice, ci impegniamo a vivere in comunità e ci dedichiamo alla preghiera e al servizio della missione universale". Le Francescane Missionaria di Maria sono 6.966 di 80 nazionalità e sono presenti in 76 Paesi. (M.A.)

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    Madonna ritrovata: presentato a Savona un prezioso dipinto del Seicento

    ◊   Nel pomeriggio di oggi sarà presentato a Valleggia, in provincia di Savona, presso il Santuario Basilica N.S. di Misericordia e nell’ambito del Convegno diocesano delle corali, un dipinto risalente alla metà del Seicento recentemente restaurato. La frazione è cresciuta intorno alla basilica eretta sul luogo dell'apparizione di Nostra Signora della Misericordia al beato Antonio Botta, avvenuta nel 1536. La tela ritrae una bellissima Madonna della Misericordia assieme al beato, per questa ragione i promotori dell’iniziativa, d’accordo con gli organizzatori della rassegna corale e la diocesi, hanno deciso di presentarne il completo recupero proprio nel luogo dell’apparizione mariana. Lo rende noto un comunicato stampa straordinario della Curia diocesana di Savona-Noli. La Vergine appare in una posizione dinamica, con un movimento che ricorda la raffigurazione di una Nike, la classica Vittoria Alata, e tuttavia riesce a dare nel contempo una sensazione di serena quiete. Dal volto, sembra trasparire la solennità del messaggio rivolto ad Antonio Botta: questi è raffigurato con il viso illuminato e gli occhi irresistibilmente attratti da quella presenza radiosa. “Di questa tela si era persa memoria – viene spiegato nell’opuscolo che sarà diffuso al Santuario - dimenticata da almeno cinquant’anni in uno scantinato buio e polveroso, nascosta da cumuli e cumuli di carabattole. Un destino che la esponeva a molti pericoli, a danni forse irreparabili”. Al momento del ritrovamento il dipinto si presentava infatti lacero, strappato, con cadute di parti di pittura e persino con qualche spruzzo d’ intonaco. Anche in quelle condizioni, tuttavia, l’immagine rivelava una qualità sorprendente rappresentando l’iconografia dell’apparizione della Madonna al beato Antonio Botta con caratteristiche originali. Il restauro, finanziato dalla generosa disponibilità del Lions Club Savona Torretta, si presentava quindi estremamente impegnativo. E’ stato eseguito con grande maestria dal laboratorio genovese di Nino Silvestri sotto l’attenta direzione del dott. Massimo Bartoletti della Soprintendenza per i beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Liguria. (M.A.)

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    Mostra di solidarietà a Teramo per i terremotati di Onna all'insegna di Maria
     

    ◊   Si inaugura oggi alle 18 a Teramo la Mostra “Staurós per Onna. Cento Artisti di-segnano la MadOnna”. Per la prima volta – si apprende da un comunicato diffuso dalla stessa Associazione promotrice – gli allievi delle Accademie di Belle Arti si sono riuniti insieme in un progetto di solidarietà per la comunità di Onna, località a pochi chilometri dall’Aquila, paese di 350 persone, rasa al suolo per il 70% dal terremoto dell’aprile 2009. Le opere esposte, ispirate al tema della Madonna, sono state appunto realizzate da giovani artisti che nel corso degli anni hanno frequentato i percorsi formativi che la Fondazione porta avanti da circa un decennio. In futuro le opere in mostra usciranno dallo spazio espositivo del Museo Staurós per entrare definitivamente nelle case delle famiglie onnesi o, per meglio dire, nella “casa di Onna”, di prossima costruzione. La mostra sarà accompagnata da un prestigioso Catalogo pubblicato dalle Edizioni Staurós, con illustrazioni a colori delle opere esposte. L’iniziativa è stata realizzata dalla Fondazione Staurós Italiana, con il Patrocinio dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali ecclesiastici della CEI, dell’Arcidiocesi dell’Aquila, della Diocesi di Teramo-Atri, della Regione Abruzzo, della Provincia dell’Aquila, della Provincia di Teramo e di diverse Amministrazioni Comunali. (M.A.)

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    24 Ore nel Mondo



    Elezioni nella Repubblica Ceca: socialdemocratici in vantaggio

    ◊   Urne chiuse in Repubblica Ceca, dove 8,4 milioni di aventi diritto hanno votato ieri e oggi per eleggere 200 parlamentari da cinquemila candidati di 25 partiti. Secondo i primi exit poll, i socialdemocratici sono in vantaggio, ma resta il problema delle alleanze. Ieri l’affluenza si è attestata al 62%. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Si è conclusa poco fa la seconda giornata di voto in Repubblica Ceca, svoltasi all'ombra della crisi greca e con la sinistra proiettata verso la vittoria. In occasione del rinnovo della Camera dei deputati, gli elettori, più di 8 milioni, hanno votato o per sottoscrivere gli appelli al rigore economico del centrodestra o per dare seguito alle promesse di maggior attenzione al welfare fatte dai partiti di sinistra, con tanto di nuove riforme di sostegno ai lavoratori, alle famiglie e ai pensionati. Una posta in gioco che potrebbe rivelarsi decisiva per il Paese, soprattutto alla luce dei propositi di ingresso futuro nell’eurozona. Ma difficilmente, secondo gli osservatori, da questo voto uscirà un assetto in grado di dare alla Repubblica ceca un governo stabile, come auspicato nei giorni scorsi dal presidente, Vaclav Klaus. Le urne nel Paese si sono chiuse poco dopo le 14, ma per i risultati bisognerà attendere la tarda serata. Secondo gli ultimi sondaggi, sembra praticamente certa la maggioranza relativa del Partito socialdemocratico, guidato dal candidato Paroubek, con il 26,3% delle preferenze, contro il 22,9% del Partito democratico civico di Necas, ma per quanto scontata appaia una loro vittoria, molto meno potrebbe esserlo il mettere insieme un governo che tenga. Terzi nei sondaggi risultano i comunisti al 13,1%, seguiti dal gruppo Cose pubbliche al 12,6%. I popolari sono accreditati al 5,5%, mentre i verdi potrebbero non farcela a superare lo sbarramento del 5%. Nessun partito sembra però avere i numeri per governare da solo, neanche quello dei socialdemocratici, che hanno difficoltà a trovare alleati. In tal caso, la formazione del nuovo esecutivo potrebbe essere affidata al leader conservatore Necas. Il presidente Klaus si è detto pronto a dare il mandato solo a un premier in possesso di un progetto vitale e con un accordo che abbia una chance di ottenere l'appoggio in parlamento. Anche gli esperti auspicano una maggioranza solida in grado di avviare le necessarie riforme per risanare i conti pubblici e mettere fine a una fase di stallo che va avanti da oltre un anno, dopo la caduta dell'esecutivo di centrodestra.

    India
    Continua a salire il bilancio dello scontro ferroviario di ieri avvenuto nello Stato indiano del West Bengala. Almeno 100 le vittime, secondo gli ultimi dati dei soccorritori che continuano ad estrarre corpi dai due convogli entrati in collisione tra Calcutta e Bombay. Oltre 200 i feriti di cui molti in gravi condizioni. Intanto continua a negare ogni coinvolgimento ipotizzato dalle autorità, il “Comitato popolare contro le atrocità della polizia”, movimento di ispirazione maoista i cui volantini sono stati trovati sul luogo del disastro. Infine, preoccupa le autorità, il ritrovamento avvenuto questa mattina di cinque bombe a bassa intensità lungo un binario nello Stato orientale dell'Orissa, ancora chiuso al traffico ferroviario.

    Marea nera: cresce l’attesa sull’esito dell’operazione “Top Kill”
    Il presidente Usa, Barack Obama, ha ordinato di triplicare la manodopera nelle coste del Golfo del Messico, minacciate dalla marea nera fuoriuscita dalla piattaforma di petrolio una quarantina di giorni fa. Parlando nel corso di una visita in Louisiana, il capo della Casa Bianca ha promesso che gli Stati Uniti ''faranno tutto il possibile'' per arrestare il disastro ambientale. Cresce nel frattempo l’attesa sull'esito degli ultimi tentativi effettuati dalla British Petroleum per fermare la fuoriuscita di petrolio. L'operazione "top kill", che da tre giorni sta tentando di chiudere definitivamente la falla nel pozzo, sta procedendo, entro 24-48 ore, spiegano i vertici della compagnia petrolifera si potrà capire se il "tappo" di fanghi pesanti e cemento possa reggere.

    Thailandia
    Il governo della Thailandia ha revocato il coprifuoco imposto a Bangkok e in altre 23 provincie del Paese dopo le violenze causate dai manifestanti antigovernativi, le cosiddette “camicie rosse”, costate la vita ad almeno 85 persone, oltre duemila invece i feriti. Secondo il premier, Abhisit Vejjajiva, che ha escluso la possibilità di nuove elezioni entro la fine dell’anno, la situazione attualmente è sotto controllo resta però in vigore lo stato d'emergenza.

    Afghanistan
    In Afghanistan, nuovo attentato terroristico contro le forze dell’ordine. Almeno cinque poliziotti sono stati uccisi in seguito ad un’imboscata dei talebani, nella provincia sudorientale di Paktia, uno dei veicoli su cui viaggiavano gli agenti è saltato in aria in seguito all’esplosione di un ordigno piazzato sul ciglio della strada. Il capo della polizia del distretto, vero obiettivo dell'attacco, è rimasto ferito ed è stato evacuato nella base principale Usa a nord di Kabul, dove è in condizioni stabili.

    Coree
    Tensione incandescente tra le due Coree. Secondo Pyongyang, qualsiasi incidente nel Mar Giallo potrebbe portare allo scoppio di un conflitto. Intanto, sull’affondamento della corvetta militare per la quale Seul accusa la Corea del Nord, quest’ultima parla di rapporti manipolati. Sulla vicenda è intervenuta la Russia definendo la situazione “pericolosa”. Dal canto suo, la Cina chiede la pace nella penisola. Il premier, Wen Jiabao, si è detto pronto a respingere ogni azione che metta in pericolo la stabilità nell’area.

    Russia
    In Russia, continua la lotta del governo contro il terrorismo. Tre ribelli sono stati uccisi nella notte in Daghestan, nel Caucaso del nord, da alcuni poliziotti. Questa mattina invece a Kaspisk, un agente è morto e un altro è rimasto gravemente ferito nei sobborghi della città, in seguito all’esplosione di un ordigno piazzato sul ciglio della strada, che ha fatto saltare in aria il veicolo su cui viaggiavano.

    Gaza
    L'esercito israeliano ha confermato di aver effettuato due raid aerei la notte scorsa sulla Striscia di Gaza, spiegando che si è trattato di una risposta a recenti lanci di razzi Kassam verso il sud di Israele. Obiettivi dei due attacchi, ha precisato il portavoce di Tsahal, sono un tunnel di collegamento tra Israele e il sud della Striscia di Gaza e una fabbrica di armi nel nord della Striscia.

    Terremoto in Tibet
    Un forte sisma ha colpito alle 10.30 ora locale la provincia autonoma tibetana in Cina, nella città di Gyegu. Lo riferisce l'agenzia Nuova Cina. Al momento non si hanno notizie di danni a persone e a cose, ma si temono vittime. La scossa, di magnitudo 5.4, ha colpito la zona di Yushu, la stessa colpita ad aprile scorso da un disastroso terremoto di 7.1 gradi sulla scala Richter, che ha provocato la morte di oltre 2.200 persone. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 149

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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