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Sommario del 22/05/2010
Il Papa: contro crisi e speculazioni, i governi non siano deboli sul fronte della solidarietà. La privatizzazione delle religioni frena lo sviluppo
◊ Contro la crisi e le speculazioni i governi operino con coraggio per il bene comune e la politica riacquisti il primato sulla finanza: è l’appello lanciato dal Papa ai partecipanti ad un Convegno promosso a Roma dalla Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice. La privatizzazione delle religioni – ha poi aggiunto Benedetto XVI – frena il progresso dell’umanità. Ce ne parla Sergio Centofanti:
“Oggi più che mai – ha detto il Papa - la famiglia umana può crescere come società libera di popoli liberi quando la globalizzazione viene guidata dalla solidarietà e dal bene comune, come pure dalla relativa giustizia sociale, che trovano nel messaggio di Cristo e della Chiesa una sorgente preziosa”:
“La crisi e le difficoltà di cui al presente soffrono le relazioni internazionali, gli Stati, la sοcietà e l'economia, infatti, sono in larga misura dovute alla carenza di fiducia e di un’adeguata ispirazione solidaristica creativa e dinamica orientata al bene comune, che porti a rapporti autenticamente umani di amicizia, di solidarietà e di reciprocità anche ‘dentro’ l’attività economica. Il bene comune è la finalità che dà senso al progresso e allo sviluppo, i quali diversamente si limiterebbero alla sola produzione di beni materiali; essi sono necessari, ma senza l'orientamento al bene comune finiscono per prevalere consumismo, spreco, povertà e squilibri; fattori negativi per il progresso e lo sviluppo”.
Il Papa sottolinea che “uno dei maggiori rischi” nel mondo attuale è quello che “all’interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano”:
“Una tale interazione, ad esempio, appare essere troppo debole presso quei governanti che, a fronte di rinnovati episodi di speculazioni irresponsabili nei confronti dei Paesi più deboli, non reagiscono con adeguate decisioni di governo della finanza. La politica deve avere il primato sulla finanza e l’etica deve orientare ogni attività”.
L’obiettivo è quello di operare per il bene comune secondo una corretta gerarchia: i beni morali e spirituali sono infatti superiori ai beni materiali, cognitivi e istituzionali. Nello stesso tempo – ha proseguito il Pontefice - “si dovrà sostenere il consolidamento di sistemi costituzionali, giuridici e amministrativi nei Paesi che non ne godono ancora in modo pieno. Accanto agli aiuti economici, devono esserci, quindi, quelli finalizzati a rafforzare le garanzie proprie dello Stato di diritto, un sistema di ordine pubblico giusto ed efficiente, nel pieno rispetto dei diritti umani, come pure istituzioni veramente democratiche e partecipative”.
Si tratta di operare per uno “sviluppo umano integrale” che – nell’attuale società pluralista - va conseguito con il contributo di tutti:
“In questo, le religioni sono decisive, specie quando insegnano la fraternità e la pace, perché educano a dare spazio a Dio e ad essere aperti al trascendente, nelle nostre società segnate dalla secolarizzazione. L’esclusione delle religioni dall’ambito pubblico, come, per altro verso, il fondamentalismo religioso, impediscono l’incontro tra le persone e la loro collaborazione per il progresso dell’umanità; la vita della società si impoverisce di motivazioni e la politica assume un volto opprimente ed aggressivo”.
Rinsaldare le radici cristiane d'Europa: così il Papa alle delegazioni bulgara e macedone per la festa dei Santi Cirillo e Metodio
◊ Conservare e rinsaldare le radici cristiane dell’Europa: è l’esortazione di Benedetto XVI alle delegazioni bulgara e macedone ricevuta stamani in Vaticano per la Solennità dei Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi e patroni dell’Europa. Il Papa ha ricevuto il primo ministro della Bulgaria Boïko Borissov e successivamente il presidente del parlamento della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia, Trjako Veljanoski. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Promuovere e testimoniare” le radici cristiane che “discendono dagli insegnamenti dei Santi Cirillo e Metodio”: è l’esortazione di Benedetto XVI che nel discorso alla delegazione della Bulgaria ha messo l’accento sull’attualità degli insegnamenti dei Santi Fratelli di Tessalonica. La Bulgaria, ha detto, “è chiamata a mantenersi fedele e custodire il prezioso patrimonio che unisce tra loro quanti, sia Ortodossi che Cattolici, professano la stessa fede”:
“Come Cristiani, abbiamo il dovere di conservare e rinsaldare l’intrinseco legame che esiste tra il Vangelo e le nostre rispettive identità culturali; come discepoli del Signore, nel reciproco rispetto delle diverse tradizioni ecclesiali, siamo chiamati alla comune testimonianza della nostra fede in Gesù, nel nome del quale otteniamo la salvezza”.
Il Vangelo, è stata la sua riflessione, “non indebolisce quanto di autentico si trova nelle diverse tradizioni culturali”. Al contrario, ha sottolineato, “proprio perché la fede in Gesù ci mostra lo splendore della Verità, essa dà all’uomo la capacità di riconoscere il vero bene e lo aiuta a realizzarlo nella propria vita e nel contesto sociale”. Il Papa si è quindi soffermato sulla straordinaria opera evangelizzatrice dei Santi Cirillo e Metodio:
“Attraverso un’infaticabile opera di evangelizzazione, attuata con vero ardore apostolico, i santi Cirillo e Metodio hanno provvidenzialmente radicato il cristianesimo nell’animo del Popolo bulgaro, così che esso è ancorato a quei valori evangelici, che sempre rafforzano l’identità e arricchiscono la cultura di una nazione”.
Anche nell’udienza alla delegazione della Macedonia, il Papa si è soffermato sui frutti dell’evangelizzazione di Cirilllo e Metodio che si spesero per i popoli loro affidati, confidando sempre in Dio:
“Essi conobbero sofferenze, privazioni e ostilità, ma sopportarono tutto con incrollabile fede ed invincibile speranza in Dio”.
“Nelle prove e nelle gioie – ha detto il Papa – essi si sentirono sempre accompagnati da Dio e sperimentarono quotidianamente il suo amore e quello dei fratelli”. Un modello di vita cristiana sempre attuale:
“Anche noi sempre più comprendiamo che quando ci sentiamo amati dal Signore e sappiamo corrispondere a questo amore, siamo avvolti e guidati dalla sua grazia in ogni nostra attività e in ogni nostra azione. Secondo l’effusione dei molteplici doni dello Spirito Santo, quanto più sappiamo amare e ci doniamo agli altri, tanto più lo stesso Spirito può venire in aiuto alla nostra debolezza, indicandoci vie nuove per il nostro agire”.
Padre Pizzaballa confermato come Custode di Terra Santa e Guardiano del Monte Sion
◊ Il padre francescano Pierbattista Pizzaballa è stato rieletto dal definitorio dell'Ordine dei Frati Minori ed approvato dalla Santa Sede nell'ufficio di Custode di Terra Santa e Guardiano del Monte Sion per un triennio, come previsto dalle Costituzioni Generali dell'Ordine. Padre Pizzaballa è nato a Cologno al Serio, in diocesi e provincia di Bergamo, il 21 aprile 1965 ed è sacerdote dal 15 settembre 1990. Dopo il primo ciclo di studi filosofici - teologici, ha conseguito il baccellierato in Teologia presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma. Ha compiuto gli studi di specializzazione presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, ottenendo la Licenza in Teologia Biblica e successivamente ha conseguito il grado di Master presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. E’ stato assegnato alla Custodia di Terra Santa nell'ottobre 1990. Ha svolto il compito di docente di ebraico moderno alla Facoltà Francescana di Scienze Bibliche e di Archeologia a Gerusalemme. Nel 2001 è stato nominato superiore del Convento dei Santi Simeone e Anna a Gerusalemme. È stato collaboratore del Patriarcato Latino nella pastorale dei fedeli cattolici di espressione ebraica e ne è diventato vicario patriarcale nel 2005, proseguendo nell'incarico fino al 2008. È Custode di Terra Santa e Guardiano del Monte Sion dal maggio 2004. Parla anche l'inglese, il francese e l'ebraico moderno.
Altre udienze e nomine
◊ Il Papa ha ricevuto questa mattina il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Benedetto XVI ha elevato la sede di Tunisi ad arcidiocesi, promuovendo alla dignità di arcivescovo mons. Maroun Lahham, finora vescovo della medesima diocesi.
Il Santo Padre ha eretto la diocesi di Kalay (Myanmar), con territorio dismembrato dalla diocesi di Hakha, rendendola suffraganea della sede metropolitana di Mandalay, e ha nominato primo vescovo di Kalay mons. Felix Lian Khen Thang, vescovo titolare di Fessei e ausiliare della diocesi di Hakha. La chiesa parrocchiale di St. Mary a Kalaymyo diventa la chiesa cattedrale della neo-eretta diocesi. La nuova diocesi, in cui vivono 1 milione 300 mila persone, conta oltre 49 mila cattolici, 20 parrocchie, 26 sacerdoti, 84 religiose, 29 seminaristi e 120 catechisti.
Il Papa ha nominato ausiliare dell’ordinariato militare per gli Stati Uniti d’America il rev. F. Richard Spencer, del clero dell’arcidiocesi di Baltimore, finora vicecomandante dei cappellani militari delle Forze Usa in Europa, assegnandogli la sede titolare vescovile di Auzia. Il rev. F. Richard Spencer è nato a Sylacauga, Alabama, nella diocesi di Birmingham, il 10 giugno 1951.
Ha ottenuto un "B.S." in Giustizia Criminale presso la "Jacksonville State University" a Jackson, Mississippi e, poi, un "Masters" in amministrazione educativa presso la "University of Wisconsin" a La Crosse, Wisconsin. È stato ordinato sacerdote il 14 maggio 1988 per l’arcidiocesi di Baltimora. Ha compiuto gli studi ecclesiastici presso "Saint Mary Seminary and University" a Baltimore, Maryland. Successivamente ha compiuto studi specialistici militari presso il "General Staff College" a Leavenworth, Kansas. Dal 1974 al 1980, ha servito la Forza Armata Usa. Ha ricevuto numerose onorificenze militari.
Il Santo Padre ha annoverato tra i referendari del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica i sacerdoti Eduardo Baura de la Peña, docente presso la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce, e Paolo Giuseppe Bianchi, vicario giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo; i padri Bruno Esposito, domenicano, docente presso la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino, e Luigi Sabbarese, scalabriniano, decano della Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Urbaniana; il prof. Edward N. Peters, docente di Diritto Canonico presso il "Sacred Heart Major Seminary" dell’arcidiocesi di Detroit.
Beatificazione di suor Teresa Manganiello: una "saggia analfabeta" innamorata di Gesù
◊ È la figura di una donna semplice, legata alla sua terra, alla famiglia e a Gesù, quella della Venerabile Teresa Manganiello, giovane vissuta nell’Ottocento, che sarà beatificata oggi nella Basilica di Santa Maria delle Grazie a Benevento con una celebrazione officiata dall’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Roberta Barbi:
Una figlia del suolo beneventano, modesta e umile, apparentemente insignificante per il mondo, ma che verrà annoverata tra i cittadini sicuri del Paradiso: mons. Luigi Porsi, biografo di Teresa Manganiello e postulatore della sua causa, descrive così la giovane morta a 27 anni di tubercolosi, che oggi verrà beatificata proprio nella sua Benevento. Penultima di 12 figli di una famiglia contadina in cui era radicata la fede cristiana, fin da piccola Teresa sapeva che si sarebbe riservata per uno “Sposo invidiabile”, Gesù: così rimase in famiglia, prestando a tutti i suoi servigi, in particolare ai poveri, che accoglieva in casa curandoli con medicine che lei stessa preparava con le erbe dei campi. Molti la chiamavano la "saggia analfabeta" per la sua scarsa istruzione unita ad una singolare sapienza spirituale. Innamorata in Dio dei bambini, si prendeva cura degli orfani, ricordandoli al Padre nella preghiera. L’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che oggi celebrerà il rito, la presenta così, sottolineandone la fama di santità, vivissima nel territorio quando era ancora in vita:
“Dunque, questa figlia dell’Irpinia, analfabeta delle cose del mondo, ma fin da piccola altamente sapiente nelle cose di Dio. Anzitutto un grande spirito di penitenza e di mortificazione: non dobbiamo meravigliarci perché a quel tempo era più sottolineato questo aspetto di sequela di Cristo crocifisso. Praticava questa virtù della penitenza e della mortificazione sia in casa che fuori. Una seconda perla dell’abito è la sua preghiera continua”.
Suor Teresa, già terziaria francescana, espresse al superiore dei Cappuccini di Montefusco l’idea di fondare una Congregazione, della quale fu l’ispiratrice, la ‘pietra angolare’, ma che non vide mai, perché la tubercolosi la strappò prematuramente da questa vita. Anche nella morte, però, seppe trasformare il suo letto di malattia in una cattedra di sapienza, di vita e d’amore. Oggi la Congregazione è diffusa in tutto il mondo e si occupa dell’educazione dei giovani, della catechesi, della collaborazione pastorale nelle parrocchie e di attività missionarie, come evidenzia l’arcivescovo Amato:
“Le Suore Francescane Immacolatine trovano ispirazione proprio da questa Santa laica. E quindi dice a queste suore di mantenersi fedeli al Signore, di rivestirsi dell’abito splendente della santità e di conservare con gratitudine il grande tesoro della vocazione religiosa”.
Ma l’esempio della futura beata è valido per tutti: è un messaggio di gioia per i giovani che vogliono essere portatori di armonia in famiglia e di pace nel mondo, come conclude mons. Amato:
“Teresa dice di vivere integralmente le promesse battesimali, di non tradirle. Fu fedele nella sua semplicità. Consegna ai giovani un messaggio di gioia: si può dire che in questa donna la grazia del Signore l’ha purificata da ogni macchia; si potrebbe dire, addirittura, che ha continuato a vivere l’innocenza battesimale”.
Plenaria dei migranti. Mons. Marchetto: "per guardare più in là del nostro naso"
◊ Dal 26 al 28 maggio, presso la sede del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in Vaticano, avrà luogo la XIX Sessione Plenaria del Dicastero. Tema della Plenaria sarà la “Pastorale della mobilità oggi, nel contesto della corresponsabilità degli Stati e degli Organismi Internazionali”. La mobilità umana – spiegano gli organizzatori – richiede oggi un approccio multilaterale, che favorisca l’apporto specifico degli Stati e degli Organismi Internazionali per combattere le diverse forme di discriminazione e promuova programmi a tutela della dignità della persona umana. Punto culminante, a conclusione della Plenaria, sarà l’incontro con Benedetto XVI, che riceverà i partecipanti in Udienza venerdì 28 maggio. Ma quali forme di collaborazione sono dunque auspicabili oggi tra Chiesa, Stati e organismi internazionali per la gestione del fenomeno migratorio? Fabio Colagrande lo ha chiesto all’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:
R. – Bisogna cercare - e credo che la Chiesa realizzi un impegno straordinariamente bello ed efficace - che crescano economicamente i Paesi da cui vengono questi migranti e, cioè, di rendere il Paese adatto a poter sostenere una vita degna dei suoi cittadini. Papa Paolo VI aveva detto nella Popolorum progressio di dare l’un per cento del Pil per lo sviluppo. In prospettiva, la comunità internazionale nel 2000 aveva detto lo 0.7%. Adesso, ho visto le ultime cifre, siamo scesi allo 0.3% e l’Italia è uno dei fanalini di coda. Poi, certamente, c’è la necessità di praticare quello che è il diritto di migrazione, qui riconoscendo certamente il ruolo dei governi di regolare i flussi migratori per quanto riguarda i migranti economici, perché per quel che riguarda i migranti forzati, evidentemente, c’è una legislazione internazionale che va rispettata. Occorre tenere presente anche la prospettiva - che noi vediamo ben presente nella Caritas in veritate - del bene comune universale. C’è poi una necessità di una pastorale specifica - che è il nostro compito - e che aiuta certamente all’integrazione. Per quanto riguarda l’Italia c’è certamente la necessità della sicurezza ma anche è importante che ci sia l’integrazione: quindi aspettiamo questa legislazione.
D. - Recentemente il Papa, appena tornato dal suo viaggio a Malta, ha ricordato che tutte le nazioni che hanno i valori cristiani nelle radici delle loro Carte costituzionali dovrebbero affrontare i problemi legati alle migrazioni, concertando gli interventi a livello internazionale. Quanto siamo lontani dalla realizzazione di questo auspicio di Benedetto XVI?
R. - Certo, molto rimane ancora da fare anche perché in certi Paesi - non sono pochi - la tendenza è al ribasso per ciò che concerne l’accoglienza. Per grazia di Dio, peraltro, in tutte le nazioni ci sono persone impegnate, organizzazioni, gruppi, comunità che conoscono la situazione perché ne sono coinvolti in prima persona e non esitano a dare il meglio di sé per accogliere. I migranti memori di quanto il Cristo ha detto: "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me".
D. - Quali sono i suoi auspici proprio per quanto riguarda la vostra plenaria? Potranno uscire delle indicazioni pastorali interessanti per invertire un po’ questa tendenza?
R. - Io mi auguro che possiamo aiutare anche i vescovi, certo, ma soprattutto le comunità cristiane a crescere nella conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa - che non è un’ideologia che fa parte della morale cristiana cattolica - per tradurla nel rispetto, certamente, del realismo e nel rispetto della sicurezza ma nella carità: occorre aprirci con verità alla necessità, ormai, di una visione di un bene comune universale. Nonostante tutto si vede anche in Europa, in questi tempi, la difficoltà che abbiamo di cooperare, di mettere insieme. Invece, c’è la tendenza a guardare solo il nostro piccolo o grande territorio. Speriamo che da questa riunione esca questo slancio di guardare più in là del nostro naso.
La musica e il dialogo: l'editoriale di padre Lombardi
◊ Nella musica si realizza “il confronto, il dialogo e la sinergia tra Oriente ed Occidente, tra tradizione e modernità”: è quanto affermato da Benedetto XVI al termine del Concerto in Vaticano, offerto giovedì scorso dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Un evento sul quale si sofferma l’editoriale del nostro direttore, padre Federico Lombardi, per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
Nei giorni scorsi abbiamo assistito a un passo significativo nei rapporti fra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica. Il Concerto offerto dal Patriarca Kirill al Santo Padre, nell’Aula Paolo VI, preceduto da un cordiale messaggio dello stesso Patriarca al Papa, letto dal Metropolita Hilarion, andava ben aldilà di un normale gesto di cortesia. E’ molto chiaro infatti, che nel contesto del panorama culturale europeo odierno, le posizioni ortodosse e cattoliche sui grandi problemi etici sono comuni, poiché discendono da una visione dell’uomo ispirata dal cristianesimo. Il Metropolita Hilarion, nel suo indirizzo, ha fatto riferimento esplicito, ad esempio, alle questioni relative alla vita e alla famiglia. Il discorso finale del Papa è stato più ampio e impegnativo di quelli che abitualmente svolge al termine dei concerti, sviluppando con ampiezza il tema delle radici cristiane dell’Europa, espresse non solo nella vita religiosa, ma anche “nell’inestimabile patrimonio culturale e artistico” dei Paesi in cui la fede cristiana ha favorito e promosso “come non mai la creatività e il genio umano”. Di fronte a una secolarizzazione che spinge a prescindere da Dio e dal suo progetto e “finisce per negare la stessa dignità umana”, occorre sviluppare la proposta di un “nuovo umanesimo”, affinché l’Europa possa tornare a respirare “a pieni polmoni”, grazie “al dialogo e alla sinergia fra Oriente e Occidente, fra tradizione e modernità”. Il risonare delle note della grande musica russa in Vaticano è stato un segno eloquente della sintonia profonda che su queste prospettive cruciali si è stabilita fra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica. Un segno davvero incoraggiante per il futuro.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La politica ha il primato sull'economia: nel discorso alla fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice il Papa ribadisce che l'etica deve orientare ogni attività.
Nel pane e nel calice il fuoco dello Spirito Santo: in prima pagina, Manuel Nin sulla festa della Pentecoste nella tradizione siro-occidentale.
Il paradosso della crisi: nell'informazione internazionale, Leonardo Becchetti sull'ingratitudine del sistema finanziario dopo il salvataggio.
I versi trasparenti della sequenza d'oro: in cultura, Inos Biffi sull'inno di Pentecoste attribuito a Stefano Langton.
Una vita per il medioevo: un ricordo, a firma di Francesco Santi, di Claudio Leonardi e un testo dello studioso, morto ieri a Firenze, sulla vita mistica della beata di Foligno.
Quell'ansia di tutto vedere e tutto dipingere: Pietro Petraroia su Goya nostro contemporaneo.
Il cardinale Poletto per l’Ostensione della Sindone: grande gioia per aver visto la fede crescere
◊ Due milioni di pellegrini: è la cifra che sottolinea tutta la straordinarietà dell’Ostensione della Sacra Sindone a Torino, iniziata il 10 aprile e che si concluderà domani pomeriggio, alle ore 16, con la concelebrazione in Duomo presieduta dal cardinale Severino Poletto. Proprio l’arcivescovo del capoluogo piemontese ha tenuto stamani una conferenza stampa per tracciare un bilancio dell’avvenimento. Il servizio della nostra inviata a Torino, Emanuela Campanile:
Un flusso continuo di persone, quotidiano, che è entrato e si è fermato per la preghiera e per il Sacramento della riconciliazione nella penitenzieria e nella cappella dell’Adorazione. Tra l’altro penitenzieria e cappella aperte tutti i giorni dalle 7.30 alle 18.30 per garantire l’accoglienza continua. Ogni mattina alle 7 è stata celebrata la Messa davanti alla Sindone e poi la Via Crucis del venerdì, incentrata sul tema dell’Ostensione "Passio Christi, passio hominis". Tre meditazioni serali in Duomo di fronte al sacro telo, proprio per aiutare la riflessione. Sei settimane, 45 giorni intensissimi e, se si pensa che per ben 35 giorni c’è stata una pioggia continua, davvero possiamo dire che i pellegrini non si sono fermati di fronte a nulla. Per la prima Ostensione del nuovo millennio, Torino ha rappresentato il cuore pulsante della cristianità. Sentiamo, allora, il cardinale Severino Poletto a commento di queste settimane:
“Credo veramente che la finalità che ha ispirato me a chiedere al Santo Padre di poter fare quest’Ostensione è essenzialmente spirituale. Quindi il motivo per cui abbiamo fatto l’Ostensione era aiutare la gente a contemplare la sofferenza di Cristo, di cui la Sindone è uno specchio mirabile e preciso di ciò che dice il Vangelo. Sicuramente i due milioni ed oltre di pellegrini che sono venuti e che hanno pregato, meditato e si sono magari confessati e così via, sono tornati a casa più ricchi di fede. Perciò il frutto spirituale di quest’Ostensione è stato enorme. Ho una grande gioia nel cuore, gioia che ho visto anche nel cuore del Santo Padre, che me l’ha espressa nella bellissima lettera di ringraziamento - di cui sono veramente riconoscente e approfitto anche della Radio Vaticana per ringraziarlo - e che domani sarà letta in cattedrale prima della Messa di chiusura. Ecco, questa gioia la proviamo proprio perché abbiamo visto la fede crescere”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Tornata elettorale in Nagorno Karabakh
◊ Appuntamento elettorale domani in Nagorno Karabakh, per rinnovare il Parlamento locale. L’Unione Europea ha fatto sapere che non riconoscerà il risultato di queste legislative: l’enclave a maggioranza armena in Azerbaijan, infatti, si auto-proclamò indipendente da Baku con un referendum nel ’91. La regione caucasica rimane ancora oggi al centro del difficile processo di distensione tra l’Armenia e la Turchia, quest’ultima vicina alle autorità azere. Per un aggiornamento della situazione in Nagorno Karabakh, ascoltiamo Aldo Ferrari, docente di Lingua e letteratura armena all’Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile delle ricerche su Caucaso e Russia dell’Istituto di politica internazionale Ispi di Milano, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Il Nagorno Karabakh è una regione storicamente abitata prevalentemente da armeni che, in epoca sovietica, negli anni Venti, venne inserita all’interno della Repubblica turca musulmana dell’Azerbaijan. E gli armeni, nell’ultima fase dell’Unione Sovietica, durante la Perestrojka, chiesero che questa soluzione venisse sconfessata e che la si riunisse alla Repubblica armena; una volta crollata l’Urss, nella seconda metà del 1991, gli armeni dell’alto Karabakh si dichiararono indipendenti, iniziando una guerra sanguinosa durata circa tre anni con l’Azerbaijan.
D. – Oggi che cos’è l’enclave del Nagorno Karabakh?
R. – A distanza di quasi 20 anni, è uno dei numerosi Stati non-Stati, cioè entità politiche non riconosciute a livello internazionale, che però ormai da due decenni hanno un governo autonomo, proprie forze armate e sono de facto e de iure indipendenti, anche se l’indipendenza del Karabakh è strettamente legata a quella della vicina Repubblica armena, perché si tratta dello stesso popolo.
D. – La questione del Nagorno Karabakh rimane al centro delle tensioni tra Turchia e Armenia. Si arriverà ad una normalizzazione dei rapporti tra Ankara e Yerevan?
R. – Questo è l’auspicio, la speranza di tutti. Nell’ottobre dell’anno scorso vennero firmati dei protocolli che avrebbero dovuto far iniziare il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. A dividere Yerevan da Ankara sono due dati fondamentali: uno è la questione del riconoscimento del genocidio armeno, che Ankara nega e che Yerevan sostiene; l’altro invece è la questione dell’alto Karabakh. Ma mentre una delle due questioni riguarda precisamente Armenia e Turchia, l’altra riguarda Armenia e Azerbaigian.
D. – Si paga anche un certo scontro di sfere di influenza?
R. – Questo senz’altro, perché le tensioni etnico-territoriali nel Caucaso sono reali: armeni contro azeri, abkhazi e osseti contro georgiani; ma esiste anche una precisa strumentalizzazione da parte delle grandi potenze, della Russia, in particolare, che non vuole perdere il proprio ruolo nella regione; e degli Stati Uniti, che premono da anni - anche se adesso con la presidenza Obama con molta minore intensità - per entrare invece in forza in questa regione, così importante dal punto di vista sia strategico, sia economico.
Carlo Casini: continuare con coraggio la battaglia per la vita
◊ Con la partecipazione al Regina Caeli e la Benedizione del Papa, si conclude domani mattina la tre giorni di studio promossa dal Movimento per la Vita, in collaborazione con il Forum delle Associazioni Familiari e l’Associazione Scienza e Vita, su “Trentadue anni della legge 194”. Ma cosa è cambiato da quel 22 maggio 1978? E che tipo di contributo ha dato, se lo ha dato, il legislatore alla cultura della vita? Davide Dionisi lo ha chiesto al presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini:
R. – Io vorrei subito smentire un luogo comune, perché si dice che la legge 194 tutto sommato ha diminuito il numero di aborti: questo è assolutamente falso! Bisogna dirlo con chiarezza e non bisogna lasciarsi irretire dalle menzogne ripetute. In realtà è vero che gli aborti legali, quelli che hanno il timbro degli ospedali, hanno visto un andamento decrescente dal 1983 fino ad arrivare a 120-130 mila unità all’anno; ma c’è un fenomeno di abortività occulta, quella cioè dovuta a prodotti chimici che si prendono al Pronto soccorso, nelle farmacie, che ha certamente fatto lievitare il numero. Noi ci auguriamo che gli aborti siano comunque diminuiti, ma non lo sappiamo, anche se ne dubitiamo, ma ce lo auguriamo. Siamo però certi di una cosa: se sono diminuiti non è merito della legge, ma è perché c’è qualcuno che si batte anche contro la legge e soprattutto per la vita. Soprattutto i Sommi Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non hanno mai cessato di annunciare il valore della vita. Questo fatto, qualche effetto lo produce di sicuro: dei nostri bambini salvati, molti sono nati perché le mamme hanno ascoltato una parola che le ha incoraggiate, che le ha tolte dalla solitudine e le ha fatto ritrovare il coraggio della loro maternità. Se questo è capitato con noi, figuriamoci quanto più importante è la parola del Santo Padre e la parola della Chiesa.
D. – Lei è parlamentare europeo e ha posto l’accento più volte sulla centralità politica del diritto alla vita. Come coniugare tale impegno con i tempi e i luoghi, soprattutto quelli attuali della politica?
R. – Se uno dovesse guardare all’oggi e al domani e forse anche al dopodomani, dovrebbe scoraggiarsi. Ma questa battaglia della vita, questa questione del riconoscere l’uguale dignità di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, è una battaglia, è un impegno, è una questione epocale, planetaria e non diversa da quelle che già in passato hanno investito l’umanità. Sono quegli impegni che richiedono molto tempo, ma che non devono far rassegnare. Dopo la legge sull’aborto, la Chiesa italiana emise un comunicato in cui si diceva: “La Chiesa non si rassegna e non si rassegnerà mai”. La politica è difficile così come le battaglie parlamentari: l’Europa su questo si perde spesso su queste tematiche, tutto vero, ma noi non dobbiamo rassegnarci. Dobbiamo guadagnare il terreno anche con le unghie e con i denti e, essendo io un ottimista inguaribile, mi sembra di notare che nonostante tutto qualcosa si può muovere: basti pensare alla paura che comincia a essere europea per il crollo delle natalità. Le questioni economiche non le risolveremo, se non nascono più bambini e allora con l’aborto come la mettiamo? (Montaggio a cura di Maria Brigini)
"La Madonna in Michelangelo": presentato il nuovo libro di padre De Fiores
◊ “Un’impresa di raro valore culturale che offre spunti e novità assoluti" nell’ambito degli studi su Michelangelo. Così, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, descrive l’ultimo volume scritto dal padre monfortano Stefano De Fiores dal titolo “La Madonna in Michelangelo”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Il libro contestualizza la produzione mariana del Buonarroti nell’orizzonte dell’umanesimo e rinascimento, operando anche un’inedita incursione nel mondo femminile, rappresentato dall’artista. Il servizio di Cecilia Seppia.
Tenerezza, compassione, dolore, certamente pietà, ma anche discrezione, stupore pensoso e insieme l’affidamento certo e totale al disegno divino che ha fatto di Lei strumento di salvezza per l’uomo: sono alcune delle espressioni che il volto di Maria assume nelle diverse raffigurazioni di Michelangelo, raccontate e descritte in questo volume, che tenta di mettere in luce, usando la chiave teologica, quel rapporto privilegiato che il genio di Caprese ha avuto con la Madonna. Sentiamo l’autore, padre Stefano De Fiores:
“La figura di Maria attira moltissimo. Michelangelo fa di lei proprio il soggetto più raffigurato e più amato e possiamo anche dire più riuscito perché la più bella statua in assoluto, dicono, è senz’altro 'La Pietà' vaticana, dove c’è un’intensa partecipazione da parte di Maria non con un dolore parossistico, sul tipo del paganesimo, ma un dolore molto contenuto ed interiorizzato, che è proprio della visione cristiana. Con Michelangelo abbiamo veramente un cantore della Vergine Maria, però diciamo che Maria è vista nella sua umanità: non la dipinge né la raffigura mai coronata di gloria. Qui c’è davvero l’influsso dell’Umanesimo. Lei, quindi, è molto più vicina a noi ed anche più imitabile”.
Due novità assolute emergono nel libro: la spiegazione dell’universo femminile, in tutto 27 rappresentanti, accanto ai 40 uomini di cui parla l’evangelista Matteo, che brulicano e si agitano in quella parte della Cappella Sistina in cui sono raffigurati “gli antenati di Cristo”: una novità rivoluzionaria a favore delle donne: parte fondamentale, per l’artista di quell’umanità nella quale il Verbo si è incarnato. Ancora, l’appassionata descrizione della Vergine raffigurata da Michelangelo, nel “Giudizio Universale”. Maria qui si stringe rassegnata al Figlio: da una madre che intercede diventa una fedele discepola che riflette l’atteggiamento di Gesù. Ancora padre De Fiores:
“Maria è accanto al Cristo nello stesso alone di luce, è la prima salvata ma è anche molto addolorata. Si passa dalla Maria spaventata alla Maria addolorata per la sorte dei malvagi, che sono anche suoi figli e passiamo da Cristo, che prima era visto irato, al Signore misericordioso”.
Uno sguardo nuovo dunque su quel Grande e tormentato spirito Cristiano, che ha sempre visto nella madre di Gesù, una stella polare.
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo di Pentecoste
◊ In questa Domenica di Pentecoste la liturgia ci presenta il passo del Vangelo secondo Giovanni in cui Gesù promette ai discepoli il dono dello Spirito Santo:
“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre”.
Su questo brano evangelico, ascoltiamo il padre carmelitano Bruno Secondin, professore di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Questo stretto rapporto tra Spirito, Parola di Gesù e amore cristiano, forse non è per tutti facile da capire. In genere si pensa che chi ha fede e la pratica, prima di tutto fa certi gesti, partecipa a certi riti, osserva certi precetti della Chiesa, non trasgredisce i comandamenti. È vero, è anche così: ma il punto centrale sta altrove, come dice il Vangelo. Lo Spirito Santo è donato proprio per avere un cuore che ascolta e ama la Parola di Gesù, che è Parola del Padre; per vivere non sotto la paura di mancare nella osservanza, ma per affidarci all’amore del Padre che perdona e rimane sempre fedele, nonostante le nostre infedeltà. Per continuare a proclamare la venuta del Regno di Dio senza paura e con libertà. Lo Spirito Santo apre orizzonti di speranza: perché ricorda ogni cosa di Gesù, tutta la sua disponibilità ad essere amico, le indicazioni al bene con le parole, il recupero degli emarginati con le guarigioni, la consolazione agli afflitti con i miracoli, la sua vita donata. Lo Spirito ci rende figli di Dio, eredi e testimoni di Gesù, ci unisce in comunione e ci trasforma in profeti coraggiosi. Ne abbiamo proprio tanto bisogno!
Brasile: sacerdote di 35 anni ucciso nella sua parrocchia a Campo Belos
◊ Un giovane sacerdote brasiliano, padre Rubens de Almeida Gonçalves, 35 anni, è stato colpito a morte ieri nella sua parrocchia nella città di Campo Belos, 600 chilometri da Goiânia, in Brasile. Il sacerdote, rettore della parrocchia dell’Immacolata Concezione, noto per il suo impegno tra i poveri e gli emarginati, è stato ferito con un colpo di pistola alla testa presso l'ufficio parrocchiale. Trasportato d’urgenza in ospedale a Brasilia, padre Rubens non ce l’ha fatta ed è spirato durante il tragitto. Secondo la polizia, il colpevole sarebbe un uomo identificato come “Fagner”. Alcuni testimoni hanno dichiarato che all’origine del delitto ci sarebbe la richiesta d’affitto della sala parrocchiale che il sacerdote avrebbe negato all’uomo. La diocesi di Porto Nacional, in un comunicato, ha espresso il suo profondo rammarico e non ha esitato a definire l’assassinio di padre Rubens Almeida Goncalves come conseguenza di un “attacco violento e del disprezzo della vita stessa, nonchè dimostrazione della mancanza di Dio”. La vita di padre Rubens, ricorda la diocesi, è sempre stata segnata da una grande fedeltà verso l’esercizio delle sue funzioni sacerdotali e missionarie, e dalla profonda fede in Cristo risorto. “La passione e l’impegno con cui padre Rubens ha esercitato la sua missione di evangelizzazione – si legge nella nota - sono testimoniate dalla stessa comunità profondamente colpita dalla morte del sacerdote”. Il comunicato della diocesi conclude: “Vogliamo raggiungere la famiglia, i fratelli sacerdoti e tutti i fedeli in un fraterno abbraccio di solidarietà e, al tempo stesso, preghiamo Dio e chiediamo il suo conforto paterno in questo momento di dolore”. (R.R.)
Sri Lanka: almeno 20 morti e oltre 500mila sfollati per le inondazioni
◊ Piogge torrenziali e vento negli ultimi giorni hanno causato disastrose inondazioni in parecchi distretti del Paese, con 20 morti e 513.586 persone di 118.888 famiglie sfollate, al 20 maggio. La Chiesa cattolica si è subito attivata per portare soccorsi. Le acque - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno sommerso intere zone nei distretti più colpiti di Gampha, Colombo e Kalutara, nella zona occidentale del Paese. Sono state distrutte 220 case e danneggiate 1.039 abitazioni, molte famiglie hanno perso ogni cosa sotto l’acqua e sono state alloggiate negli 81 campi profughi allestiti dal governo. A Kalutara i profughi sono 65.823, nel distretto di Colombo 154.121, nel Gampaha 194.770. Decisivo anche l’intervento della Chiesa, che ha accolto i senzatetto in chiese e parrocchie. A sua volta la marina cingalese ha inviato 23 imbarcazioni e 22 aerei per soccorrere la popolazione e l’esercito oltre 2mila soldati. Il governo si è organizzato per servire a tutti pasti caldi nei campi, ma anche razioni di cibo in polvere. Occorre ancora predisporre un piano sanitario adeguato. La Caritas è impegnata in prima persona negli aiuti, con interventi diretti e coordinando i molti gruppi religiosi che ospitano le vittime in scuole, chiese e campi profughi improvvisati, provvedendo anche a dare loro pasti e assistenza sanitaria, con una presenza capillare sul territorio. La Caritas Colombo-Seth Sarana ha anche raccolto circa 500mila rupie per gli aiuti. I fedeli dell’intera arcidiocesi di Colombo hanno risposto alla richiesta dell’arcivescovo mons. Ranjith di accogliere i profughi in chiese, centri parrocchiali e altri locali e di preparare e servire loro i pasti. Circa 200 famiglie sono alloggiate presso la Scuola primaria del Convento di Maria Immacolata (Nimala Maria Balia Viddyalaya), vicino la chiesa parrocchiale Budella, e nella Scuola Santa Maria a Jaela. Gli sfollati provengono dalla parte bassa del villaggio Ma-eliya e dalla zona del canale Ja-ela. A loro sono stati dati 3 pasti caldi al giorno, cucinati da membri della comunità del Sacro Cuore e dagli sfollati stessi. Un grande aiuto è venuto dai parrocchiani con donazioni di cibo. Mons Ranjith ha rivolto un appello ai fedeli dell’arcidiocesi di Colombo perché inviino generi alimentari e di conforto ai profughi, tramite la Caritas Seth Sarana presso il palazzo arcivescovile. (R.P.)
70 anni di sacerdozio per mons. Capovilla, segretario di Papa Roncalli
◊ Per un decennio segretario particolare di Papa Giovanni XXIII, l’arcivescovo Loris Francesco Capovilla festeggia domani, 23 maggio, settant’anni di ordinazione sacerdotale. Amico e confidente di Angelo Giuseppe Roncalli, mons. Capovilla è stato testimone di un pontificato di cui ancora oggi si parla. Accanto al Pontefice bergamasco ha vissuto gli attimi palpitanti del Concilio e pagine di storia che hanno segnato il secolo scorso: dalla "guerra fredda" alla crisi di Cuba. Monsignor Capovilla è originario di Pontelongo, in provincia di Padova, dov’è nato il 14 ottobre 1915. Alunno del Seminario patriarcale di Venezia, viene ordinato sacerdote il 23 maggio 1940. Assolve diversi incarichi in parrocchia e in curia, a scuola e nell'Azione Cattolica, nell'Onarmo di Porto Marghera, in carcere minorile e negli ospedali. Il suo primo incontro con Roncalli risale al 1950, quando il nunzio di Parigi era venuto a San Lazzaro degli Armeni per il secondo centenario della morte di Pietro Mechitar. Tre anni dopo entra in punta di piedi al servizio del neopatriarca di Venezia, Angelo Roncalli, che lo volle come suo segretario. Divenuto Papa, Giovanni XXIII lo confermò subito accanto a sé. Dopo il pontificato giovanneo, mons. Capovilla ha continuato il suo incarico con Paolo VI, poi fu nominato vescovo di Chieti e Vasto, quindi al Santuario di Loreto prima di ritirarsi, verso la fine degli anni Ottanta, a Sotto il Monte, paese natale di Papa Giovanni XXIII. Proprio qui, nella residenza di Camaitino, oggi museo di memorie giovannee custodito dalle suore delle Poverelle, l’arcivescovo ha scelto di festeggiare la ricorrenza con amici e parenti. (R.R.)
Appello delle Ong congolesi a Obama: "Ci salvi dai ribelli"
◊ Almeno il 70% dei territori della provincia nord-occidentale dell’Equateur è ancora troppo insicuro per consentire l’intervento di organizzazioni umanitarie. A riferirlo è la relazione diffusa dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) e riportata dall'agenzia Misna. A quasi due mesi dall’attacco contro la città di Mbandaka, sferrato da un gruppo di insorti appartenenti alla comunità degli Enyele, l’Ocha classifica come “zone rosse” le strade tra Dongo, Imese e Enyele e quelle tra Buburu e Bomongo, limitando di fatto il sostegno umanitario alle popolazioni bisognose di cibo, medicinali, cure e alloggi. È la stessa insicurezza che ha portato i civili congolesi in fuga a riparare nella vicina Repubblica del Congo-Brazzaville. L’agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr), ha censito almeno 31.174 civili sfollati, portando a 120 mila il numero di congolesi rifugiati nella zona di Likouala, nel nord-est della Repubblica del Congo. Intanto una richiesta di aiuto contro gli attacchi dei ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resi stance army – Lra) è stata rivolta al presidente Usa, Barack Obama, da sette organizzazioni non governative e della società civile congolesi di Niangara. Appello condiviso da mons. Andavo Mbia, vescovo di Isiro-Niangara nella provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo: si tratta di "un’utile provocazione per far comprendere al mondo il nostro dramma”. Nella missiva si chiede, tra l’altro, di creare una rete telefonica e una radio comunitaria per avvertire la popolazione dell’avvicinarsi dei guerriglieri. Sugli attacchi dell'Lra, il vescovo dichiara: "Le violenze commesse dai guerriglieri sono indicibili. Purtroppo finora la risposta dell’esercito congolese e dei Caschi Blu della missione della Nazioni Unite in Congo (Monuc) è stata inadeguata di fronte alla portata delle violenze". Secondo l’organizzazione Human Rights Watch, i ribelli dell’Lra hanno ucciso in modo selvaggio 96 civili e rapito decine di persone tra gennaio e aprile 2010 nel nord-est del Paese. A questi crimini si aggiungono quelli commessi dai guerriglieri nel sud-est del Centrafrica e nel sud Sudan. “Le violenze dell’Lra sono un problema regionale che deve essere risolto con l’aiuto della comunità internazionale" spiega mons. Mbia che poi conclude: "Non lasciateci soli di fronte a questo dramma". (R.R.)
Allarme di una suora indiana: "I Mondiali di calcio in Sudafrica a rischio schiavitù"
◊ La Coppa del mondo di calcio “rischia di scatenare una nuova schiavitù: esseri umani costretti a lavorare in molti campi per pochissimo denaro, per non parlare del mercato del sesso. Il traffico di uomini non deve essere permesso”. È la denuncia della madre salesiana Bernadette Sangma, nata tribale nello Stato indiano del Meghalaya, che oggi lavora all’interno del Network internazionale delle religiose contro lo schiavismo. Lo riferisce Asianews. Secondo la suora, l’evento sportivo “aggiunge problemi a un Paese che è già il centro di attività criminali di diverso tipo”. Le consorelle che operano sul campo hanno già denunciato “le condizioni di vita terribili di chi ha lavorato alla costruzione degli stadi e delle strutture previste per la Coppa del Mondo”. Un altro grave problema è rappresentato dai confini sudafricani, estremamente aperti. “Le persone - spiega - vanno e vengono senza controllo, e questo spesso apre la porta a sparizioni misteriose e a traffici illeciti”. Lo denuncia anche l’Organizzazione internazionale per i migranti. Per cercare di limitare i danni, il Network ha lanciato una campagna informativa: “Soprattutto i bambini devono sapere cosa rischiano” ha concluso suor Sangma “faremo di tutto per evitare che continui questo traffico”. (R.R.)
Conferenza sull'Africa a Bologna: Prodi propone un Piano Marshall
◊ La disparità esistente tra Africa e Paesi sviluppati “è un problema che riguarda l’intera umanità”. Lo ha dichiarato Romano Prodi, nelle battute conclusive del meeting tenutosi ieri a Bologna dal titolo “Africa. 53 Paesi un’Unione”, organizzato dalla Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli, presieduta dall’ex Presidente del Consiglio italiano. Prodi ha auspicato un’ “azione congiunta per la rinascita africana”, rilanciando la necessità di realizzare l'Unione Africana sul modello di altri continenti: “i 53 Paesi africani devono essere un continente a loro misura, senza sacrificare le proprie identità e gli interessi nazionali". Al termine del lavori, l’ex premier ha sottolineato la necessità di mettere fine al bilateralismo con i Paesi africani e di mettere in campo una strategia di cooperazione da concordare a livello regionale e continentale: “una sorta di Piano Marshall per l’Africa – ha spiegato - che porti in sé uno spirito in grado di stimolare la cooperazione tra i diversi Stati”. Un po' scettico sull'idea si è mostrato l'ex presidente del Sudafrica, Thabo Mbeki: “È improbabile che avremo un piano Marshall dai Paesi più sviluppati perchè non sono così spaventati come lo erano all'epoca della guerra fredda tra i due blocchi”. Il dibattito ha alternato numerosi interventi di esponenti africani a quelli di alti rappresentati del Nord del mondo. Tutti accomunati dall’obiettivo di mettere a fuoco le iniziative migliori per un’integrazione tra i Paesi del continente in marcia verso un unico mercato comune e, con il tempo, verso gli “Stati Uniti d’Africa”. (R.R.)
Cambogia: campagna per la messa al bando delle bombe a grappolo
◊ Una campagna epistolare per la messa al bando delle bombe a grappolo. A lanciarla è la sezione cambogiana del Servizio Gesuita per i Rifugiati (JRS), in occasione dei prossimi Mondiali di Calcio in Sudafrica. In pratica , il JRS invita a spedire una lettera scritta dal sopravvissuto all'esplosione di un’arma a grappolo, Youern Sam En, a un giocatore di calcio che parteciperà alla Coppa del Mondo 2010, chiedendogli di lanciare un appello pubblico in favore della Convenzione sulla messa al bando delle bombe a grappolo. "È semplicissimo: basta imbucare la lettera di Youern con cui si chiede al giocatore di mandare una sua foto autografata al sito web della Coalizione” ha spiegato alla newsletter Dispatches suor Denise Coughlan, direttrice del JRS Cambogia e veterana della campagna contro le mine antipersona e le bombe a grappolo. "La Coppa del Mondo è ormai dietro l'angolo, e dobbiamo approfittare di questo fatto. Scriveremo ai giocatori sollecitandoli a darci il loro sostegno. Con l'aiuto di amici e dei colleghi del JRS di tutto il mondo dovremmo riuscire a sensibilizzare il pubblico sull'importanza della convenzione contro le bombe a grappolo", ha aggiunto la religiosa. Alla campagna ha intanto già dato il suo sostegno il calciatore di origine ivoriana Didier Drogba in veste di ambasciatore del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, che ha lanciato un video promozionale su internet. (L.Z.)
Usa: i vescovi chiedono di migliorare la riforma sanitaria in difesa della vita
◊ Il Congresso dovrebbe appoggiare un provvedimento bipartisan che possa rimediare agli errori riguardanti aborto e obiezione di coscienza presenti nel Patient Protection and Affordable Care Act (Ppaca), il testo di riforma sanitaria da poco approvato fra molte difficoltà. È quanto, in sintesi, afferma il presidente della commissione episcopale per le attività pro vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, il cardinale arcivescovo di Galveston-Houston, Daniel DiNardo. La riforma, spiega il porporato, rappresenta un importante passo avanti sulla strada verso la copertura sanitaria di tutti gli americani ma è profondamente manchevole per quanto riguarda appunto il trattamento dell'aborto, i diritti di obiezione di coscienza, e nei confronti degli immigrati. Per questo i vescovi esortano i parlamentari ad appoggiare il testo di emendamento presentato dal deputato repubblicano Joseph Pitts e dal deputato democratico Dan Lipinski insieme con 91 altri membri della Camera dei rappresentanti. I presuli rendono noto che «gli sforzi per assicurare che il sistema sanitario serva realmente la vita, la salute e la coscienza di tutti», attraverso interventi legislativi, saranno al centro della loro azione nei prossimi mesi. Il progetto H.R. 5111, sostenuto dalla Conferenza episcopale, riprende alcuni elementi del progetto di riforma sanitaria che era stato approvato dalla Camera dei rappresentanti nell'autunno scorso, prima dell'approvazione del testo riunificato poi diventato legge il 22 marzo del 2010. Con questo testo, spiega il cardinale DiNardo, il Ppaca si riallineerebbe con le politiche sull'aborto e sulla tutela dell'obiezione di coscienza che hanno per lungo tempo ispirato molti programmi federali. E allo stesso tempo si potrebbero affrontare le questioni relative all'aborto e all'obiezione di coscienza senza che tali temi possano essere strumentalizzati da chi si oppone alla riforma sanitaria, facendo perdere ciò che di buono esiste nella legge. L'H.R. 511, in sostanza, farebbe in modo che i fondi a finanziamento del Ppaca rientrino sotto la disciplina dell'Hyde amendment, il quale vieta l'utilizzo di fondi federali per fini abortivi. Inoltre reintrodurrebbe il modello del Weldon amendment, che vieta a istituzioni federali, statali o locali che ricevono fondi federali la discriminazione nei confronti di chi fa obiezione di coscienza. Infine, introdurrebbe alcuni aggiustamenti nel rapporto fra legislazioni statali e federali. I temi del diritto alla vita e dei diritti della persona rimangono al centro dell'attenzione della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che ha annunciato anche il ritiro dei propri rappresentanti dalla Leadership Conference on Civil and Human Rights, a causa dell'indebita estensione del campo di intervento e dell'azione dell'organismo. Il vescovo di Rockville Centre, William F. Murphy, presidente della commissione episcopale Giustizia e pace, ha spiegato che l'appoggio dato dall'organismo alla nomina del giudice Elena Kagan alla Corte Suprema degli Stati Uniti è il più recente esempio di come «le preoccupazioni dei due organismi si siano diversificate negli ultimi anni». (R.P.)
L'episcopato del Québec invita ad affrontare nel rispetto reciproco il dramma dell'aborto
◊ Hanno suscitato vive polemiche in Canada alcune recenti affermazioni del cardinale primate canadese Marc Ouellet sull’aborto. Intervenendo a un convegno organizzato dalla Campagna “Québec-Vie” nell’ambito della Giornata internazionale della Famiglia, l’arcivescovo di Québec aveva sostenuto che l’aborto è un crimine ingiustificabile anche in caso di stupro. Interrompere una gravidanza frutto di una violenza sessuale – ha argomentato il porporato – significa aggiungere alla vittima un’altra vittima: il bambino non nato. Immediate sono state le reazioni del mondo politico canadese e del Québec: più di un ministro – riferisce l’agenzia Apic e l’emittente cattolica canadese Radio Ville-Marie - ha parlato di posizioni inaccettabili, affermando che la decisione di abortire è una scelta personale e che le donne non accetteranno mai passi indietro su questo punto. Dalla dichiarazione cardinale Ouellet ha preso le distanze anche la Chiesa Unita del Canada, secondo la quale si tratta di “affermazioni radicali che su cui i diversi gruppi religiosi canadesi non la pensano alla stessa maniera”. Da notare che la Chiesa Unita è una delle le prime denominazioni cristiane canadesi a prendere posizione a favore dell’aborto in determinate circostanze. Alle critiche i vescovi del Québec hanno replicato invocando in una nota “l’urgenza di ricreare un clima di serenità e di rispetto per un dialogo pubblico razionale” su una questione così dolorosa. Senza citare le parole del cardinale Ouellet, i presuli ricordano quelle di Giovanni Paolo II nell’”Evangelium Vitae” anche se riconoscono che questa convinzione non è condivisa da tutti. Nella nota essi esprimono quindi l’auspicio che la società canadese possa “nell’ascolto e nel rispetto reciproco” trovare soluzioni alternative all’aborto. Secondo i risultati di un sondaggio condotto nei giorni scorsi, più del 90 % dei cittadini del Québec dicono di non condividere le affermazioni del cardinale Ouellet. (A cura di Lisa Zengarini)
Australia: i vescovi in difesa dell'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche
◊ Una petizione per sostenere la Special Religious Education (Sre) fra le materie di insegnamento nelle scuole pubbliche: è l'iniziativa lanciata dai vescovi australiani, in prima fila quelli della regione del Nuovo Galles del Sud, come mons. Peter Ingham, vescovo di Wollgong. La petizione è stata già firmata, in poche ore, da migliaia di fedeli cattolici, di altre confessioni cristiane ma anche da non cristiani. “E’ la prova che l'insegnamento non concerne solo la fede ma serve alla formazione integrale della coscienza dei cittadini”, dicono i vescovi. In Australia, infatti, diversi centri di ricerca chiedono di sostituire la Sre con un generico insegnamento di “etica”. Alcuni istituti come il “St. James Ethics Centre” stanno portando avanti una campagna di pressione verso le istituzioni e verso l'opinione pubblica, spingendo per l'introduzione della materia “etica” nei curriculum scolastici. “Questo mostra una generale ostilità verso la religione", ha notato il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, in un intervento inviato all’agenzia Fides. Sebbene il 60% dei cittadini australiani si identifichi e si professi “cristiano”, “il dibattito pubblico sembra ignorare questo dato, e procedere come se tutti fossero atei o agnostici. Per questo una minoranza di persone suggerisce che le considerazioni di natura religiosa sono inappropriate nella vita pubblica”, spiega il cardinale. Secondo tali centri studi, “le scuole statali sono libere e laiche, dunque non vi è ragione per escludere l'insegnamento dell'etica laica”, ma questo viene proposto in alternativa all'educazione cristiana. Anche se, prima di tutto – notano alcuni studiosi – ci si dovrebbe accordare sul significato e sui confini del termine e del concetto di “etica”, il che presenta non pochi problemi. Il Sre in molte scuole è affidato a personale formato e scelto dalle diocesi, ai quali la Chiesa riconosce con gratitudine lo svolgimento di un'opera molto preziosa. (R.P.)
Filippine: vescovi pronti a collaborare con il governo Aquino, ma criticano le sue posizioni pro-aborto
◊ I vescovi filippini sono pronti a lavorare con il governo per la costruzione di una “società giusta”, ma in attesa del suo insediamento ufficiale, criticano le posizioni del futuro presidente Aquino a favore della legge sulla salute riproduttiva. Come riferisce l'agenzia Asianews, a manifestare i timori della Chiesa è mons. Nereo Odchimar, presidente della Conferenza episcopale filippina: “Noi vescovi collaboreremo sulle tematiche utili al benessere della popolazione, ma saremo critici su tutto quello che può rappresentare un pericolo per il bene comune”. Benigno “Noynoy” Aquino, figlio della storica presidente Cory, è in testa alla classifica delle elezioni 2010 con oltre il 43% delle preferenze. Ha raccolto il favore della popolazione e dei cattolici basando il suo programma sulla lotta alla corruzione e alla povertà, sottolineando il bisogno di un cambiamento radicale nel Paese, dopo l’amministrazione Arroyo. La sua credibilità è però offuscata dalle posizioni a favore della legge sulla salute riproduttiva. Essa prevede l’utilizzo diffuso dei metodi contraccettivi, la sterilizzazione volontaria ed è sponsorizzata dall’Onu, che considera la diminuzione delle nascite come la vera soluzione alla povertà. (R.R.)
Vietnam: nel mese mariano i cattolici pregano per l’unità della Chiesa
◊ In Vietnam maggio è celebrato come il “mese del fiore” della Vergine Maria. I cattolici preparano speciali devozioni e ogni parrocchia offre canti e mazzi di fiori, accompagnati da balli tradizionali e musiche. Nel mese dedicato dalla Chiesa cattolica alla madre di Gesù, i fedeli pregano e continuano a pregare per la “comunione tra i cattolici in Vietnam”. In questo mese, prima di ogni messa domenicale, i cattolici vietnamiti ringraziano la Madonna. Il 16 maggio scorso, settima domenica di Pasqua, più di 1000 studenti di Nam Dinh, nella diocesi di Bui Chu – suffraganea dell’arcidiocesi di Hanoi – hanno allestito un omaggio floreale dedicato a Maria. I giovani appartengono a 10 fra università e istituti superiori della città e, con questo gesto, hanno voluto ringraziare la Madonna. I giovani hanno anche pregato per il Vietnam e la Chiesa cattolica del Paese, sottolineando il valore di “unità e amore reciproco”, di “discussione e lavoro in comune”, perché – come scrive uno studente all'agenzia AsiaNews – “nessuno può spezzare la nostra comunione e l’unità della Chiesa”. L’amore di Dio è fra noi, aggiunge, e “non abbiamo paura del maligno”. Sulla questione è intervenuto di recente anche mons. Nguyen Chi Linh, vescovo di Thanh Hoa e vice-presidente dei vescovi vietnamiti, secondo cui “il primo punto essenziale è la comunione della Chiesa”, per la quale tutti sono chiamati a collaborare. “Abbiamo bisogno di unità – spiega il prelato – perché rappresenta un valore positivo per la chiesa e la società. Questa è anche la via per affrontare la crisi attraversata oggi dalla Chiesa vietnamita”. (R.P.)
Taiwan: le Suore Paoline festeggiano 50 anni di missione attraverso i mass media
◊ Mons. Peter Liu, vescovo della diocesi di Kao Hsiung a Taiwan, ha auspicato che “le suore Paoline, dopo 50 anni, possano continuare il loro servizio all’evangelizzazione nella Chiesa di Taiwan con i libri, i video, le cassette, la musica, il web, e tutti gli strumenti della tecnologia moderna”. Durante la solenne celebrazione per il 50° anniversario dell’inizio della missione delle Figlie di San Paolo a Taiwan, - riporta l'agenzia Fides - suor Ida Porrino, superiora regionale dell’Asia orientale, ha ringraziato la diocesi di Kao Hsiung per aver accolto le prime suore Paoline. Inoltre, lungo tutto l’anno, le Paoline presenteranno una serie di iniziative per festeggiare la ricorrenza con sconti sui libri e su tutti i prodotti della comunicazione prodotti dalle Paoline. Due novizie emetteranno i primi voti temporanei e una consorella festeggerà 50 anni di vita religiosa il 29 maggio. Nel 1958 l’allora nunzio apostolico mons. Antonio Riberi, invitò le suore Paoline delle Filippine ad estendere il loro servizio a Taiwan. Nel 1959 quattro suore Paoline, inviate dalla provincia filippina, arrivarono a Taiwan e vennero inviate nella diocesi di Kao Hiung. Iniziarono la loro missione con le visite alle famiglie e studiando la lingua cinese. Seguirono quindi l’apertura della comunità paolina nella diocesi di Tai Pei, quindi a Tai Chung e così via, fino al sud dell’isola, avendo sempre la libreria come servizio di base. Nel 1971 è stata fondata la provincia paolina di Taiwan, nel 1973 sono arrivate le vocazioni locali e nel 1975 le Paoline, oltre alla Casa Editrice Sapienza, hanno fondato anche la Casa discografica, per produrre e diffondere materiale radiofonico, musica e videocassette. Oggi la provincia di Taiwan è stata elevata a Regione dell’Asia orientale, includendo anche Hong Kong, Macao e alcuni paesi vicini, con 33 religiose in totale. La Congregazione delle Figlie di San Paolo è stata fondata dal Beato Don Giacomo Alberione ad Alba, in Italia, il 15 giugno 1915, perché utilizzassero la stampa e i mezzi che il progresso umano metteva a disposizione per annunciare il Vangelo a tutti e in maniera adatta al cambiare dei tempi. Oggi le Paoline sono circa 2.500 presenti nei cinque Continenti, in 54 Nazioni e regione. (R.P.)
Senegal: a Popenguine il tradizionale pellegrinaggio mariano di Pentecoste
◊ Si rinnova oggi a Popenguine, in Senegal, la tradizione del pellegrinaggio di Pentecoste al santuario di Maria Liberatrice, creato nel 1888 dal vescovo Mathurin Picarda in segno di omaggio a Notre Dame de la Délivrance, particolarmente venerata a Caen, in Francia, sua diocesi di origine. Nel contesto dell’Anno Sacerdotale, il 122.mo raduno mariano senegalese avrà per tema: “Gesù Cristo ha fatto di noi un regno di sacerdoti”, tema che evoca la triplice dignità conferita dal Battesimo al nuovo credente, quella di essere sacerdote, profeta e re, a immagine di Cristo. Come ogni anno è annunciata la presenza di migliaia di giovani, molti dei quali si raduneranno nella capitale Dakar questa mattina e raggiungeranno Popenguine domani, domenica 23 maggio dopo una giornata di marcia. Nel corso delle celebrazioni, particolari preghiere saranno elevate alla Vergine per la pace in Senegal, in particolare nella regione meridionale della Casamance e in tutta l’Africa, per la riconciliazione e per lo sviluppo delle genti africane, nella giustizia e nella verità. Si pregherà anche per le famiglie, le comunità ecclesiali di base, le diocesi e l’intera Chiesa pellegrinante in Senegal, che vive l’incontro mariano di Popenguine come un momento di comunione fraterna e di rendimento di grazie per tutte le meraviglie ricevute dal Signore. (A cura di Marina Vitalini)
Allarme dell'Onu nella Giornata mondiale della biodiversità
◊ “Nonostante tutti gli impegni internazionali assunti in difesa dell’ambiente, la biodiversità sul pianeta Terra si sta esaurendo a un ritmo mai sperimentato prima”. È il messaggio diffuso dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon in occasione della Giornata internazionale della biodiversità, promossa dall’Onu che si celebra oggi. La Giornata, come ricorda l’agenzia Misna, segna l’anniversario dell’adozione nel 1992 della Convenzione sulla diversità biologica a Rio de Janeiro. In vista del 22 maggio, l’Onu ha pubblicato un rapporto che spiega come il drastico crollo della biodiversità sia una “tendenza irreversibile” oltre una certa soglia. Nessuno dei 192 governi che ha firmato la Convenzione sulla diversità biologica è riuscito a raggiungere gli obiettivi fissati per il 2010. La situazione peggiore riguarda le barriere coralline che soffrono il rialzo della temperatura nelle acque, causata dal riscaldamento globale e dall’inquinamento. “Se riconosciamo che la biodiversità è sinonimo di vita, della nostra vita – conclude il messaggio di Ban Ki-moon – dobbiamo impegnarci tutti, sin da oggi, a proteggerla, prima che sia veramente troppo tardi”. (R.R.)
Il cardinale Bagnasco inaugura la mostra fotografica "Preti al cinema"
◊ “Com'è stato rappresentato il prete al cinema? Com'è cambiata la sua immagine negli anni, da autore ad autore, attraverso pellicole e sensibilità differenti?”. E’ “Preti al cinema. I sacerdoti e l’immaginario cinematografico”, una mostra fotografica che verrà inaugurata lunedì prossimo, 24 maggio, alle ore 16 presso la Sala Nervi in Vaticano dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Nell’occasione, - riferisce l'agenzia Sir - verranno presentati i contenuti della mostra, che sarà poi visibile dal 3 giugno presso la Pontificia Università Lateranense. Ideata in occasione dell’Anno Sacerdotale indetto dal Papa, l'iniziativa, curata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia, si compone di circa un centinaio di fotografie che ritraggono i protagonisti sul set e nei momenti di riposo. Attraverso una variopinta galleria di personaggi – dal Don Bosco portato sullo schermo da Giampaolo Rosmino nel capolavoro di Goffredo Alessandrini del 1935, al Don Camillo di Fernandel, fino al disilluso don Giulio di “La messa è finita” (1985) di Nanni Moretti e al modernissimo padre Carlo di “Io, loro e Lara” (2010) di Carlo Verdone – la mostra vuole “stabilire un contatto tra gli spettatori e la religione, cercando di interpretare il succedersi delle stagioni culturali, politiche e religiose che hanno attraversato non solo il nostro Paese, ma il mondo intero”. (R.P.)
I giovani dell'Azione Cattolica verso la Gmg di Madrid
◊ Un itinerario in 13 tappe da Pentecoste 2010 alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid nel 2011, (16-21 agosto): è la proposta del Coordinamento giovani del Forum internazionale di Azione cattolica (Fiac) ai giovani di tutti i Paesi in cui è presente l’Azione cattolica (Ac), in preparazione dell’appuntamento in Spagna. “È tempo - ha affermato Chiara Finocchietti, responsabile del Coordinamento giovani del Fiac e vice presidente nazionale per il Settore giovani dell’Azione cattolica italiana - di iniziare il nostro pellegrinaggio spirituale in preparazione alla Gmg, per cominciare a ‘scaldare’ il cuore e la mente. Al centro di questo itinerario poniamo la preghiera e l’accompagnamento dei Santi”. Ogni tappa, secondo quanto riferisce l'agenzia Zenit, sarà scandita da un versetto della Preghiera in preparazione alla Giornata Mondiale e da una meditazione biblica su uno dei vangeli festivi del periodo. Seguirà una riflessione sulla parola di Dio e la testimonianza della vita e delle azioni di un giovane Santo o Beato, accompagnata dalle parole che gli ha dedicato il Santo Padre. La prima meditazione, che segnerà il periodo dalla prossima domenica di Pentecoste, il 23 maggio, fino al 20 giugno, “sarà accompagnata – ha spiegato Finocchietti - dalla figura luminosa di Pier Giorgio Frassati, patrono della GMG di Sidney”. “L’occasione – ha aggiunto - per incontrare giovani di altre aggregazioni e condividere un percorso comune di avvicinamento alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid”. L’itinerario di preghiera è disponibile sul sito Internet del Fiac: www.fiacifca.org (R.R.)
Festa di Santa Rita da Cascia: premiate due donne e una cooperativa sociale
◊ Solenni celebrazioni oggi a Cascia, in Umbria, per celebrare la memoria di Santa Rita, religiosa agostiniana, morta nel monastero oggi a lei dedicato il 22 maggio del 1457. Alle 10, davanti alla basilica dove sono custodite le spoglie della Santa dei casi impossibili, è giunto da Roccaporena, dove Rita è nata, il corteo storico in costumi quattrocenteschi con scene della vita della mistica. Alle 11 si sono svolti il solenne pontificale, presieduto dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, e la benedizione delle rose, i fiori per tradizione legati alla devozione a Santa Rita. Ieri, sempre nella cittadina umbra, è giunta la “Fiaccola della fede”, la torcia accesa nelle città che ogni anno vengono gemellate con Cascia come segno della devozione ritiana diffusa nel mondo, e al termine della celebrazione del transito della Santa, si è svolta la consegna del Riconoscimento internazionale Santa Rita, affidato annualmente a donne o istituzioni che hanno imitato le virtù della monaca, nota anche per le sue doti e qualità di sposa e madre prima di emettere i voti. Hanno ricevuto il premio Pierluigia Ciucarilli di Spoleto, infermiera e volontaria dell’Associazione Malati Oncologici Aglaia, per la professionalità, la capacità di coinvolgere gli altri, la tenerezza, la fermezza, la logica dell’accoglienza e la sua fede silenziosa; la Cooperativa sociale “Santa Rita” di Milano, che offre assistenza a ragazzi dai 18 anni in su, in prevalenza affetti da sindrome di Down; Anna Olivieri, di origini friulane ma da anni residente a Genova, che dopo aver iniziato attività di volontariato nelle carceri ha aperto un laboratorio di lavanderia per impegnare le detenute. (T.C.)
Ultime proiezioni al Festival di Cannes
◊ Ultimi film a Cannes prima del verdetto che assegnerà la Palma d’Oro del 63.mo Festival del Cinema e ultime delusioni nella competizione internazionale che mai come quest’anno ha sofferto delle contrazioni di un mercato cinematografico condizionato dalla crisi economica. Sono passati in questi due giorni titoli che, nonostante abbiano come comune denominatore la Storia, rischiano di non lasciare traccia nella memoria degli spettatori. “Fair Game”, di Doug Liman ripercorre stancamente un caso che ha scosso l’America: la costruzione della menzogna dell’uranio arricchito in mano a Saddam Hussein che determinò l’invasione dell’Iraq. “Hors La Loi” di Rachid Bouchareb traccia metodicamente il percorso strategico seguito dal Fronte di liberazione nazionale algerino per giungere all’indipendenza del Paese, tra eccidi di colonizzatori francesi e terrorismo della guerriglia. “Route Irish” di Ken Loach racconta amaramente la vicenda di un militare inglese, intento a rimediare con la violenza agli errori dell’ingiusto conflitto iracheno. “L’esodo. Sole ingannatore 2” di Nikita Mikhalkov celebra, con una certa vis retorica, la resistenza russa all’invasione nazista nell’ultimo conflitto mondiale. Tutte queste pellicole hanno dalla loro parte la forza dell’industria e vogliono essere al tempo stesso didattiche e spettacolari. Il problema è che tali intenti non sono sostenuti dall’ispirazione e finiscono per rivelare la loro natura di merce, in preda ad un’estetica che li destina più che allo schermo cinematografico, alla routine della televisione. Molto più interessanti risultano altri tre film, ripartiti fra Concorso e Certain Regard. “Tender Son – The Frankenstein Project” di Kornél Mundruczó segue con intensità emotiva e stile controllato l’educazione sentimentale di un giovane. “Octubre” di Daniel e Diego Vega è l’efficace ritratto di un usuraio del sottoproletarieto andino, alle prese con un trovatello, una solitudine disperata e grandi slanci mistici. “Hahaha” di Hong Sangsoo è un’agrodolce commedia umana i cui protagonisti, due amici, si confidano le rispettive vicende amorose, rivelando la volubilità dei sentimenti e il cinismo che sovente li accompagna. In questi tre casi il cinema non è più solo affare di mercato; la cura estetica, il rispetto etico delle situazioni ed i personaggi danno allo spettatore la sensazione di assistere ad una vera esperienza umana. E’ quanto avviene in maniera magica ed emotivamente sorprendente in quello che, a nostro avviso, è uno dei più bei film del concorso, “Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives” di Apichatpong Weerasethakul: proprio mentre il suo Paese è sull’orlo della guerra civile, il regista thailandese ci consegna una storia che attraversa i tempi, ricordandoci la quieta potenza dell’amore. Tratto dal libro di un monaco buddista, il film segue gli ultimi giorni di un uomo che, in imminenza della morte, ha accesso al regno dell’invisibile. Largamente infiltrato dal mito, esso si muove tra fantasmi, uomini diventati scimmie per amore, principesse consolate da divinità della natura, corpi e spiriti che si separano per aver ciascuno la propria visione del mondo. In attesa delle decisioni delle giurie, è questo il più bel commiato che il Festival ci potesse dare. (Da Cannes, Luciano Barisone)
Tragedia aerea in India: 158 morti e 8 superstiti
◊ 158 morti e 8 superstiti. Questo il bilancio dell’incidente aereo avvenuto all’alba nel sud dell’India mentre il velivolo era in fase di atterraggio. Recuperata la scatola nera, le autorità hanno avviato un’inchiesta per stabilire le esatte cause della sciagura. Il cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana e arcivescovo di Mumbai, in un messaggio diffuso dall’agenzia "Asia News", ha espresso vicinanza ai familiari delle vittime. Il servizio è di Maria Grazia Coggiola:
E’ uno dei più gravi incidenti aerei della storia indiana quello successo stamattina, dopo l’alba, a Mangalore, uno scalo dove solo una settimana fa era stata inaugurata una nuova e più lunga pista di atterraggio. Le vittime sono tutte di nazionalità indiana. Molti sono lavoratori immigrati, impiegati in diverse aziende negli Stati del Golfo che viaggiavano con le famiglie. Almeno 60 sono dello Stato del Kerala e ritornavano da Dubai in patria per partecipare a delle feste di matrimonio. Al momento la visibilità era buona e gli esperti escludono che le condizioni meteorologiche possano aver causato l’incidente. Il volo, arrivato alle 6.30 del mattino (ora indiana), aveva a bordo 160 persone più sei membri dell’equipaggio. Otto uomini sono riusciti miracolosamente a salvarsi saltando dalla carcassa dell’aereo prima che s’incendiasse. Tra le ipotesi della tragedia c’è un errore del pilota, un britannico di origine serba che da due anni lavorava per la compagnia di bandiera indiana. Secondo alcune supposizioni, il Boeing 737 dell’Air India Express sarebbe atterrato troppo in avanti sulla pista e poi, per cause ancora da accertare, in fase di frenata è sbandato violentemente, urtando alcune bandiere e poi finendo in un avvallamento dove ha preso fuoco.
Iraq
Continua a salire il bilancio dell’ultimo grave attentato registrato ieri in Iraq. Almeno 30 persone sono rimaste uccise e oltre 80 ferite in seguito all’esplosione di un’autobomba nei pressi di un mercato nella località di Khales, a 65 km da Baghdad. L’atto terroristico ha provocato il crollo di numerose abitazioni e si teme vi siano persone intrappolate sotto le macerie.
Yemen
Governo di unità nazionale e amnistia per 3mila detenuti politici. E’ la proposta del presidente yemenita, Ali Abdallah Saleh, rivolta all’opposizione parlamentare. L’annuncio è stato registrato durante un discorso televisivo in occasione, oggi, del 20.mo anniversario dell’unificazione dello Yemen.
Trichet - economia
L’Euro non è in pericolo e resta una moneta credibile. Lo ha ribadito il presidente della Banca centrale Europea, Trichet, in seguito alla prima riunione della task force europea che si è svolta ieri a Bruxelles. Il vertice ha sottolineato la necessità per i Paesi dell’eurozona di arrivare entro l’estate a un pacchetto di riforme strutturali per rafforzare il Patto di stabilità e la governance economica. Previste sanzioni a carico degli Stati inadempienti.
Somalia
Al via oggi a Istanbul la Conferenza organizzata dalle Nazioni Unite per discutere la situazione in Somalia, alla presenza del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, del presidente somalo Sharif Sheikh Ahmed e dei delegati di 55 Paesi e 12 organizzazioni internazionali. In primo piano, la lotta alla pirateria in mare, la sicurezza, la cooperazione politica, la ricostruzione e lo sviluppo del Paese africano, così come previsto dall'accordo di pace firmato a Gibuti nel 2008. "Il solo modo di ripristinare la stabilità in Somalia è sostenere il governo nei suoi sforzi di riconciliazione e di lotta contro l’estremismo”, ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite. L’appuntamento in Turchia giunge quando anche negli ultimi giorni sono stati segnalati scontri tra forze governative e guerriglieri Shebab, ritenuti legati ad Al Qaeda. Tensioni sono segnalate pure alla frontiera con l’Etiopia. Sulla situazione in Somalia, Lydia O’Kane ha intervistato mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio:
“La situazione della Somalia rimane molto precaria, soprattutto a Mogadiscio, negli ultimi giorni. In tale contesto si sta svolgendo quest’incontro, questa conferenza in Turchia, che ha come scopo quello di rilanciare lo sforzo della comunità internazionale per la ricostruzione della Somalia. La presenza del segretario generale dell’Onu sta ad indicare da una parte la preoccupazione, perché sembra che dal punto di vista politico non si avanzi molto, ma dall’altra parte sta ad indicare anche un invito alla comunità internazionale ad impegnarsi di più. Chiaramente impegnarsi di più in questo caso, almeno dal mio punto di vista, vuol dire impegnarsi là dove non è possibile intervenire molto. Forse è bene che ci si concentri in quelle zone della Somalia che sono relativamente più tranquille, come il Somaliland e il Puntland”.
Elezioni Etiopia
Circa 32 milioni di elettori sono attesi domani alle urne in Etiopia per il rinnovo del Parlamento nazionale e delle nove assemblee regionali. I vescovi locali hanno lanciato un appello al dialogo, per garantire una tornata corretta e pacifica. Per i risultati ufficiali bisogna attendere il prossimo 21 giugno, ma appare scontata la vittoria del primo ministro Zenawi, il cui partito è accusato di repressione dall’opposizione. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
Si prevede una valanga di voti per Zenawi la cui rielezione è data per certa da molti analisti. Il suo partito, il Fronte rivoluzionario democratico del popolo etiopico (Eprdf), al potere ha garantito elezioni libere e giuste, rifiutando le accuse di aver attuato una stretta contro gli avversari. Per il Congresso Federalista Oromo, però, la campagna elettorale è stata segnata da continue intimidazioni da parte del governo. Secondo i dati delle Nazioni Unite la copertura sanitaria e l’istruzione sono aumentate nel Paese durante l’era Zenawi, salito al potere nel 1991. Per il futuro il leader ha promesso la crescita economica, soprattutto nel settore dell’energia e delle infrastrutture, attraverso investimenti con Cina, India e Russia. La memoria però corre al dopo elezioni del 2005, quando circa 200 persone vennero uccise nelle dimostrazioni che seguirono la precedente vittoria di Zenawi. Anche i vescovi locali hanno sottolineato il timore che anche i risultati di questa tornata possano dar vita a nuove contestazioni. In un messaggio diffuso in questi giorni, firmato dall’arcivescovo metropolita di Addis Abeba, mons Berhaneyesus, si chiede di superare le divergenze attraverso il dialogo esortando i fedeli e i rappresentanti politici ad impegnarsi per evitare il ricorso alla violenza senza ricadere negli errori del passato. Non è escluso che i primi risultati provvisori si conosceranno già a 48 ore dal voto.
Elezioni Burundi
In Burundi invece slittano ancora le elezioni comunali previste per questa settimana. Secondo un’ultima indicazione le votazioni si svolgeranno lunedì. Il rinvio è stato deciso per far fronte alle numerose difficoltà logistiche.
Clinton - Cina
Tappa all’Esposizione Universale di Shanghai per Hillary Clinton. Il segretario di Stato americano ha visitato il padiglione statunitense, prima di trasferirsi a Pechino dove lunedì inizierà la seconda edizione del dialogo strategico ed economico fra Cina e Usa. Al vertice, che ha l’obiettivo di rilanciare le relazioni fra i due Paesi, verranno affrontati temi di interesse comune come il nucleare iraniano, l’Afghanistan e soprattutto le nuove tensioni fra le due Coree.
Thailandia
In Thailandia, all’indomani degli impegni assunti dal premier Vejjajiva a favore della riconciliazione, si moltiplicano gli appelli per il ritorno alla normalità. L’Europa ha chiesto il rispetto dei diritti umani, mentre l’associazione delle Nazioni del Sud Est asiatico ha sollecitato Bangkok a percorrere la strada del dialogo e della legalità. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 142
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