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Sommario del 21/05/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • C'è bisogno di politici cristiani coerenti, aperti al dialogo e alla collaborazione: così il Papa alla plenaria dei Laici
  • Benedetto XVI: l'annuncio del Vangelo è sempre più urgente; prova dell'autenticità della missione è anche la persecuzione
  • Colloquio tra il Papa e il presidente della Repubblica Dominicana
  • Altre udienze
  • Torniamo a far respirare l’Europa con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente! L’auspicio del Papa al concerto offerto dal Patriarca Kirill
  • La realtà della Chiesa negli Emirati Arabi Uniti: la testimonianza di mons. Hinder
  • La Lev presenta il nuovo libro di padre De Fiores “La Madonna in Michelangelo”
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La liberazione dei detenuti politici al centro dell'importante incontro tra i vertici della Chiesa cubana e il presidente Raul Castro
  • Annunciata la creazione della prima cellula artificiale in grado di riprodursi
  • Il Movimento per la Vita: non rassegnarsi alla logica dell'aborto
  • Chiesa e Società

  • Elezioni in Etiopia: appello dell’arcivescovo di Addis Abeba
  • Visita del Patriarca di Costantinopoli alla Chiesa ortodossa russa
  • L’arcivescovo maronita di Cipro: la visita del Papa rafforzerà la nostra società
  • Stati Uniti: la Chiesa in ascolto delle vittime degli abusi
  • Vescovi Usa e messicani per una riforma migratoria giusta
  • Brasile: appello del Movimento per la Vita per uno Statuto del nascituro
  • Inghilterra: no dei vescovi alla pubblicità per prodotti che propongono l'aborto
  • Ifad: la tutela della biodiversità agricola garantisce la sicurezza alimentare
  • Conferenza a Bologna su "Africa: 53 nazioni, una Unione"
  • Cresce in Africa il culto della Madonna grazie ai programmi di Radio Maria
  • India: l'arcivescovo di Mumbai in difesa delle scuole cristiane
  • Iraq. Patriarcato caldeo in crisi economica: costretto ad affittare le sue proprietà
  • Turchia: per mons. Padovese migliora la situazione della chiesa di Tarso
  • Congo: convegno dei giornalisti cattolici per diffondere una cultura di pace
  • Inizia a Lourdes il 52.mo Pellegrinaggio militare internazionale
  • Al via oggi a Torino l'incontro dei vescovi salesiani
  • Fondazione Centesimus Annus: convegno a Roma sul bene comune
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il Senato Usa approva la riforma di Wall Street
  • Il Papa e la Santa Sede



    C'è bisogno di politici cristiani coerenti, aperti al dialogo e alla collaborazione: così il Papa alla plenaria dei Laici

    ◊   “C’è bisogno di politici autenticamente cristiani”: è l’esortazione di Benedetto XVI contenuta nel discorso ai partecipanti alla 24.ma assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, riunita in questi giorni a Roma sul tema “Testimoni di Cristo nella comunità politica”. Il Papa ha ribadito la necessità della promozione di quei valori propri della Dottrina Sociale della Chiesa, come vita, famiglia, solidarietà con i poveri, libertà, ricerca del bene comune, che garantiscono un autentico sviluppo della società. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale presidente del dicastero, Stanislaw Rylko. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “I cristiani non cercano l’egemonia politica o culturale”, ma si impegnano perché sono certi che “Cristo è la pietra angolare di ogni costruzione umana”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, che ha ribadito la necessità per i laici di essere testimoni del Vangelo “in tutte le loro attività e ambienti”:

     
    “Spetta ai fedeli laici mostrare concretamente nella vita personale e familiare, nella vita sociale, culturale e politica, che la fede permette di leggere in modo nuovo e profondo la realtà e di trasformarla; che la speranza cristiana allarga l’orizzonte limitato dell’uomo e lo proietta verso la vera altezza del suo essere, verso Dio; che la carità nella verità è la forza più efficace in grado di cambiare il mondo; che il Vangelo è garanzia di libertà e messaggio di liberazione”.
     
    Quindi ha evidenziato che i principi fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa “sono di grande attualità e valore per la promozione di nuove vie di sviluppo al servizio” di ogni uomo. Parole corredate da una viva esortazione:

     
    “Compete ancora ai fedeli laici partecipare attivamente alla vita politica, in modo sempre coerente con gli insegnamenti della Chiesa, condividendo ragioni ben fondate e grandi ideali nella dialettica democratica e nella ricerca di un largo consenso con tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita e della libertà, la custodia della verità e del bene della famiglia, la solidarietà con i bisognosi e la ricerca necessaria del bene comune”.
     
    Richiamando i suoi predecessori, il Papa ha affermato che “la politica è un ambito molto importante dell’esercizio della carità”. Essa, infatti, “richiama i cristiani a un forte impegno per la cittadinanza, per la costruzione di una vita buona nelle nazioni, come pure ad una presenza efficace nelle sedi e nei programmi della comunità internazionale”.

     
    “C’è bisogno di politici autenticamente cristiani, ma prima ancora di fedeli laici che siano testimoni di Cristo e del Vangelo nella comunità civile e politica. Questa esigenza dev’essere ben presente negli itinerari educativi delle comunità ecclesiali e richiede nuove forme di accompagnamento e di sostegno da parte dei Pastori”.

     
    L’appartenenza dei cristiani ad associazioni e movimenti, ha detto ancora, “può essere una buona scuola per questi discepoli e testimoni, sostenuti dalla ricchezza carismatica, comunitaria, educativa e missionaria propria di queste realtà”. I tempi che stiamo vivendo, è stata ancora la sua riflessione, “ci pongono davanti a grandi e complessi problemi”. La “questione sociale” è diventata infatti anche una “questione antropologica”. In particolare, ha poi indicato il rischio del “diffondersi di un confuso relativismo culturale e di un individualismo utilitaristico ed edonista che indebolisce la democrazia e favorisce il dominio dei poteri forti”:
     
    “Bisogna recuperare e rinvigorire un’autentica sapienza politica; essere esigenti in ciò che riguarda la propria competenza; servirsi criticamente delle indagini delle scienze umane; affrontare la realtà in tutti i suoi aspetti, andando oltre ogni riduzionismo ideologico o pretesa utopica”.
     
    Bisogna “mostrarsi aperti ad ogni vero dialogo e collaborazione”, ha proseguito, “tenendo presente che la politica è anche una complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi”. Tuttavia, è stato il suo richiamo, non va dimenticato “che il contributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione”. È necessaria una vera “rivoluzione dell’amore”, ha concluso il Papa. Una rivoluzione che spetta innanzitutto alle nuove generazioni, chiamate ad un impegno “sociale e politico”, “un impegno fondato non su ideologie o interessi di parte, ma sulla scelta di servire l’uomo e il bene comune, alla luce del Vangelo”.

     
    Uno dei temi forti della plenaria è stato il binomio politica e democrazia nell'esperienza di un fedele laico. Per una riflessione su questo argomento, Paolo Ondarza ha intervistato il prof. Lorenzo Ornaghi, rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore:

    R. – Quanto oggi le democrazie riescono a contenere la politica o la politica rischia di erodere quei valori che sono valori fondativi della politica e quindi essere una politica non più contenibile dentro la democrazia, credo sia una questione importante, perché, come osserva qualche studioso, siamo non solo nell’età della sfiducia rispetto alla politica, ma anche in ciò che lo stesso studioso chiama la “contropolitica”. Ecco, questo credo sarebbe molto, molto pericoloso per le sorti della democrazia.

     
    D. – A questo proposito, si sta parlando in questa sede anche della disaffezione alla politica, un male che affligge anche i laici cattolici, che non di rado vanno a votare il “meno peggio”. Come recuperare?

     
    R. – Recuperando la politica buona, la politica ancora delle sue virtù, la politica delle sue caratteristiche naturali, dobbiamo ritrovare gli aspetti positivi della politica sulla base del convincimento che, agostinianamente, la politica può anche essere considerata come rimedio del peccato originale. La politica, però, per far crescere una collettività è assolutamente indispensabile.

     
    D. – Talvolta votare il “meno peggio” significa anche tradire una propria coerenza a certi valori...

     
    R. – Formare, educare ad un impegno politico, in modo tale che i cattolici siano davvero una presenza attiva e rilevante, richiede di guardare oltre il nostro immediato presente: richiede una visione, non perché il delineare una visione debba fare sfuggire i problemi del presente, ma perché consente di risolverli meglio.

     
    D. – Il cardinale Rylko ha evidenziato un paradosso della democrazia. Ha detto: “Strana tolleranza quella che non tollera chi si chiama fuori dal politicamente corretto”. Il cristiano in politica non può parlare il linguaggio del politicamente corretto ... e allora come inserirsi?

     
    R. – Inserendosi con le proprie convinzioni e inserendosi in maniera convinta sulla base delle proprie convinzioni, che non è un gioco di parole. Credo che il far valere le proprie convinzioni in maniera convinta significhi sfuggire ad ogni trappola del conformismo. Anch’io ho richiamato la necessità, non solo, di comportamenti nuovi, soprattutto che intendano correggere alcuni degli attuali fatti più negativi, ma anche di idee nuove, che è il rapporto tra cultura e politica. Le idee nuove sono ciò che spezza la rete degli stereotipi culturali e dei luoghi comuni.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Benedetto XVI: l'annuncio del Vangelo è sempre più urgente; prova dell'autenticità della missione è anche la persecuzione

    ◊   Oggi "è ancora più urgente e necessario" l’annuncio del Vangelo al mondo; nessun popolo sia privato “della luce e della grazia di Cristo”: è quanto ha detto stamani il Papa nell’incontro con i partecipanti all'assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie. Benedetto XVI ha ricordato anche che la persecuzione è prova dell’autenticità della missione. Il servizio di Sergio Centofanti:

    E’ una missione immensa, quella dell’evangelizzazione – ha affermato il Papa - specialmente in questo nostro tempo” caratterizzato dalla carenza di pensiero riflessivo e sapienziale e da “un umanesimo che esclude Dio”. “Per questo è ancora più urgente e necessario illuminare i nuovi problemi che emergono con la luce del Vangelo che non muta”. L’annuncio del Cristo, morto e risorto – ha aggiunto - “è un inestimabile servizio che la Chiesa può offrire all’umanità intera”:

     
    Noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita… Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui” (Omelia all’inizio del ministero petrino, 24 aprile 2005)”.

     
    “La missione di annunziare il Vangelo a tutte le genti – ha proseguito il Papa - è giudizio critico sulle trasformazioni planetarie che stanno cambiando sostanzialmente la cultura dell'umanità … è la chiamata alla libertà dei figli di Dio, anche per la costruzione di una società più giusta e solidale e per prepararci alla vita eterna”. Nella consapevolezza che “la persecuzione è prova anche dell’autenticità della nostra missione apostolica”:

     
    “Chi partecipa alla missione di Cristo deve inevitabilmente affrontare tribolazioni, contrasti e sofferenze, perché si scontra con le resistenze e i poteri di questo mondo. E noi, come l’apostolo Paolo, non abbiamo come armi che la parola di Cristo e della sua Croce (cfr 1 Cor 1,22-25). La missione ad gentes richiede alla Chiesa e ai missionari di accettare le conseguenze del loro ministero: la povertà evangelica, che conferisce loro la libertà di predicare il Vangelo con coraggio e franchezza; la non-violenza, per la quale essi rispondono al male con il bene (cfr Mt 5,38-42; Rm 12,17-21); la disponibilità a dare la propria vita per il nome di Cristo e per amore degli uomini”.

     
    Nell’opera missionaria è importante ricordare – conclude il Papa - che il Vangelo “prende corpo nelle coscienze e nei cuori umani e si espande nella storia solo nella potenza dello Spirito Santo”, in unione “con Colui che è l’Inviato di Dio Padre per la salvezza di tutti”:
     
    "L’evangelizzazione ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che la conversione del mondo a Cristo non è da noi prodotta, ma ci viene donata”.

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    Colloquio tra il Papa e il presidente della Repubblica Dominicana

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani il presidente della Repubblica Dominicana, Leonel Fernández Reina, che successivamente ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Durante i cordiali colloqui – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - è stato apprezzato il grande contributo che la Chiesa offre allo sviluppo del Paese, specialmente in campo educativo e sanitario, dove presta particolare attenzione ai più bisognosi. Si è quindi sottolineata l’importanza di continuare a promuovere la vita umana, dal concepimento alla morte naturale”. C’è poi stato “uno scambio di opinioni sull’impegno delle Autorità dominicane ad affrontare i problemi sociali che affliggono il loro Paese”. Infine, ci si è soffermati sulla situazione internazionale e regionale. “Al riguardo, è stato evidenziato il ruolo della Repubblica Dominicana nell’organizzazione degli aiuti umanitari ad Haiti”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI riceverà questo pomeriggio il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

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    Torniamo a far respirare l’Europa con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente! L’auspicio del Papa al concerto offerto dal Patriarca Kirill

    ◊   “Torniamo a far respirare l’Europa a pieni polmoni”, con l’Oriente e l’Occidente: questo l’auspicio espresso ieri sera da Benedetto XVI al termine del Concerto in Aula Paolo VI, offerto da Kirill I, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. L’evento si è svolto in occasione delle “Giornate di cultura e di spiritualità russa in Vaticano” ed è stato realizzato insieme ai Pontifici Consigli per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della Cultura. Ad esibirsi sono stati l’Orchestra Nazionale Russa, il Coro Sinodale di Mosca e la Cappella di Corni di San Pietroburgo. In programma, musiche di Rachmaninov, Čajkovskij e del Metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento delle Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, che ha letto un Messaggio del Patriarca Kirill. Il servizio di Isabella Piro:

     
    (musica)

     
    Amnesia: è questo il rischio che il mondo europeo corre, afferma il Papa, il rischio della “dimenticanza e dell’abbandono dello straordinario patrimonio suscitato e ispirato dalla fede cristiana”, definita “ossatura essenziale della cultura europea e non solo”. La fede cristiana, continua Benedetto XVI, “nelle sue diverse espressioni ha dialogato con le culture e le arti, le ha animate e ispirate, favorendo e promuovendo come non mai la creatività e il genio umano”. Un contributo valido anche oggi:

     
    "Anche oggi tali radici sono vive e feconde, in Oriente e in Occidente, e possono, anzi devono ispirare un nuovo umanesimo, una nuova stagione di autentico progresso umano, per rispondere efficacemente alle numerose e talvolta cruciali sfide che le nostre comunità cristiane e le nostre società si trovano ad affrontare, prima fra tutte quella della secolarizzazione, che non solo spinge a prescindere da Dio e dal suo progetto, ma finisce per negare la stessa dignità umana, in vista di una società regolata solo da interessi egoistici".

    Di qui, l’appello del Papa:

    "Torniamo a far respirare l’Europa a pieni polmoni, a ridare anima non solo ai credenti, ma a tutti i popoli del Continente, a promuovere la fiducia e la speranza, radicandole nella millenaria esperienza di fede cristiana! In questo momento non può mancare la testimonianza coerente, generosa e coraggiosa dei credenti, perché possiamo guardare insieme al futuro comune come ad un avvenire in cui la libertà e la dignità di ogni uomo e di ogni donna siano riconosciute come valore fondamentale e sia valorizzata l’apertura al Trascendente, a Dio, l’esperienza di fede come dimensione costitutiva della persona".

     
    Nella musica, continua Benedetto XVI, già si realizza “il confronto, il dialogo e la sinergia tra Oriente ed Occidente, tra tradizione e modernità”. Una “visione unitaria e armonica dell’Europa” è necessaria, dice il Papa, poiché senza la consapevolezza di radici culturali e religiose “profonde e comuni”, l’Europa di oggi “sarebbe come priva di un’anima e segnata da una visione riduttiva e parziale”.

    "Еще раз благодарю Патриарха Кирилла…"
    Ringraziando poi in russo tutti i presenti e gli organizzatori del concerto, Benedetto XVI esprime “profonda gratitudine” al Patriarca Kirill e ringrazia il Metropolita Hilarion per il suo “costante impegno ecumenico”, manifestando un particolare augurio:

    "... che la lode al Signore e l’impegno per il progresso della pace e della concordia tra i popoli ci accomunino sempre più e ci facciano crescere nella sintonia degli intenti e nell’armonia delle azioni".

    Dal suo canto, nel messaggio letto dal Metropolita Hilarion, il Patriarca Kirill ha ricordato il contributo evangelizzatore della cultura russa, soprattutto negli anni delle persecuzioni della Chiesa e dell’ateismo di Stato, ed ha poi definito così il concerto:

     
    "Un evento di grande importanza nella storia degli scambi culturali tra le nostre Chiese".

     
    Cattolici e ortodossi devono agire insieme come alleati, non come concorrenti, ha continuato Hilarion, ribadendo che la difesa comune di valori come la famiglia e la vita, dal concepimento fino alla fine naturale, può aiutare l’Europa ad uscire dalla “serissima crisi di identità” che sta attraversando.

     
    (musica)

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    La realtà della Chiesa negli Emirati Arabi Uniti: la testimonianza di mons. Hinder

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto ieri il primo ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti presso la Santa Sede. Nel suo discorso il Papa ha apprezzato la libertà di culto che vige in questo Stato musulmano. Ma cosa si attende adesso la Chiesa da questo Paese che finalmente ha un suo rappresentante presso la Sede Apostolica? Emer McCarthy lo ha chiesto al vicario apostolico d’Arabia, mons. Paul Hinder:

    R. – Ora, evidentemente, io aspetto che ci sia un rapporto molto più facile per quanto riguarda questioni comuni come quella della situazione della Chiesa qui negli Emirati, ma anche nell’ambito del dialogo interreligioso, dove le due parti sono impegnate – il Vaticano da lungo tempo, lo sappiamo bene, ma anche qui negli Emirati ci sono delle iniziative in corso.

     
    D. – Nel suo discorso il Papa ha sottolineato l’apertura degli Emirati alla libertà di culto …

     
    R. – Evidentemente è una libertà di culto che, seppur limitata, paragonata però a quella che esiste in altri Paesi nella regione, è relativamente generosa. Noi abbiamo sette parrocchie cattoliche, al momento, sparse negli Emirati. All’interno degli ambienti fisici che ci sono stati riconosciuti come luoghi di culto noi siamo completamente liberi: possiamo organizzare anche manifestazioni, sempre all’interno delle mura del nostro ‘compound’. I limiti interverrebbero qualora volessimo uscire da questi spazi a noi attribuiti per le parrocchie, ma è già – paragonato alla situazione di altri Paesi – un progresso enorme. E questo si fonda su una tradizione, perché il fondatore degli Emirati Arabi Uniti, il famoso Sheik Zayed, e già prima il suo predecessore, ci avevano riconosciuto questa possibilità. E questi buoni rapporti, che originano nel passato, sono stati anche una delle ragioni per cui il vescovo prese residenza ad Abu Dhabi quando fummo obbligati a lasciare Aden, nello Yemen, che è stata storicamente la prima sede del vicario apostolico in Arabia. Ora, è vero: nelle grandi parrocchie come Abu Dhabi o Dubai abbiamo migliaia e migliaia di persone che ogni venerdì e ogni domenica vengono in chiesa; quando ci sono le grandi feste i posti non bastano, dobbiamo ripetere le celebrazioni soltanto per garantire almeno ad una certa maggioranza la possibilità di poter partecipare ai servizi liturgici delle grandi feste.

     
    D. – Accompagnare i fedeli ad essere testimoni del Vangelo nei Paesi arabi, quanto è difficile? Anche il Papa ha sottolineato che questi fedeli sono per la maggior parte immigrati: ci può parlare delle loro realtà?

     
    R. – E’ vero: sono migranti, provenienti un po’ da tutto il mondo, in particolare dalle Filippine, dall’India, soprattutto dai Paesi asiatici, ma anche da altre parti del mondo, inclusi Paesi di lingua araba con minoranze più o meno grandi di fede cristiana, come il Libano, la Siria o altri Paesi; e questo, nelle nostre parrocchie, produce una sorta di miscellanea. Una volta, ad esempio, abbiamo contato nella parrocchia di Abu Dhabi circa 90 diverse nazionalità: è facile immaginare come non sia sempre facile gestire questa realtà multinazionale, multi-rituale, in un certo senso anche multi-culturale. Nella composizione sociale della nostra realtà ecclesiastica, noi abbiamo anche lavoratori che vivono nei labour-camps, che molto spesso hanno difficoltà a raggiungere le nostre chiese perché non hanno denaro per poter pagare il trasporto, o addirittura non hanno la possibilità “legale” di poter raggiungere la chiesa. Poi ci sono gli impiegati domestici di diverso tipo, ma ci sono anche persone che vivono posizioni più confortevoli: ci sono professori nelle scuole, ci sono persone che lavorano negli ospedali, negli uffici, imprenditori che hanno posizioni abbastanza buone … c’è un po’ di tutto! Però, la stragrande maggioranza è composta da gente semplice che lavora per poter offrire una vita migliore alla propria famiglia che vive nel Paese d’origine …

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    La Lev presenta il nuovo libro di padre De Fiores “La Madonna in Michelangelo”

    ◊   Questo pomeriggio alle ore 17.30, presso la Libreria Internazionale Paolo VI a Roma, per “I Venerdì di Propaganda: temi e autori”, la Libreria Editrice Vaticana (Lev) presenta il nuovo volume del padre monfortano Stefano De Fiores “La Madonna in Michelangelo. Nuova interpretazione teologico-culturale”. “Dire qualcosa di nuovo su Michelangelo – rileva un comunicato della Lev - dopo la vastissima bibliografia accumulata su di lui, appare fantasia o temerarietà. Eppure questo avviene oggi con la pubblicazione” del volume del De Fiores. L’opera si inserisce nella serie dei libri che la Lev dedica al rapporto tra arte e religione e si presenta cartonato e ricca di molte illustrazioni. “Dopo aver contestualizzato la produzione mariana del Genio di Caprese nell’orizzonte dell’umanesimo e rinascimento – prosegue il comunicato - l’autore offre due autentiche e inedite scoperte: l’interpretazione femminista ante litteram, data da Michelangelo agli antenati dipinti nella volta della Sistina, e la nuova interpretazione del cambiamento operato dall’artista nella Madonna del Giudizio universale: da una Madre che intercede a una fedele discepola che riflette l’atteggiamento del Figlio”. Padre De Fiores è considerato uno dei rappresentanti più qualificati della mariologia contemporanea. Ordinario emerito di Mariologia Sistematica alla Pontificia Università Gregoriana, insegna varie discipline mariologiche alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum. Conta al suo attivo l’organizzazione di  20 convegni mariani nazionali e di 26 Colloqui internazionali di mariologia. È socio fondatore e presidente dell’Associazione mariologica interdisciplinare italiana. Ha al suo attivo 36 opere mariologiche e “La Madonna in Michelangelo” è la prima opera che pubblica con la Libreria Editrice Vaticana.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un giudizio critico sulle attuali trasformazioni culturali: nell’informazione vaticana, le udienze di Benedetto XVI al Pontificio Consiglio per i Laici e alle Pontificie Opere Missionarie.

    L’Europa a pieni polmoni: il discorso del Papa al termine del concerto offerto in suo onore dal Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie e il messaggio del Patriarca Kirill letto dal metropolita Hilarion.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’economia: la caduta di Wall Street accoglie la riforma di Obama.

    Tatuaggi sulla carne e nell’anima: in cultura, Mordechay Lewy, ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, sulla corporeità nel pensiero e nell’arte dell’ebraismo.

    “Da avvocata intrepida a madre affranta” e “Il ritorno dell’Atteso e il compimento della Storia”: le conclusioni di Stefano De Fiores, autore del volume “La Madonna di Michelangelo”, e il saggio introduttivo di Antonio Paolucci.

    Ottenuta in laboratorio una cellula con Dna artificiale: un commento di Carlo Bellieni dal titolo: “Un ottimo motore, ma non è la vita”.

    La Signora della rete: Claudio Bernardi al convegno “Nigra sum. Culti, santuari e immagini delle Madonne nere d’Europa”.

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    Oggi in Primo Piano



    La liberazione dei detenuti politici al centro dell'importante incontro tra i vertici della Chiesa cubana e il presidente Raul Castro

    ◊   Un evento “molto positivo” che costituisce una rilevante “novità” per Cuba: così il cardinale Jaime Ortega Alamino, arcivescovo dell’Avana, ha definito, ieri, durante una conferenza stampa, l’importante incontro, avvenuto mercoledì scorso, tra i vertici della Chiesa cubana e il presidente Raul Castro. Erano presenti anche mons. Dionisio García, arcivescovo di Santiago di Cuba e presidente della Conferenza episcopale cubana, e Caridad Diego, capo dell’Ufficio per rapporti religiosi del Comitato centrale del Partito comunista. Un incontro che, per ufficialità e per solennità, non si registrava da diversi anni: il cardinale Ortega ha spiegato che le quattro ore di conversazione sono state incentrate esclusivamente sulla questione dei prigionieri politici, di cui la Chiesa chiede la liberazione. “Si tratta - ha aggiunto - di un buon inizio, che apre le porte a un trattamento serio della questione”. Insistendo sulla natura dell’incontro - definito “dialogo e conversazione” - l’arcivescovo ha rilevato che non si “tratta di alleanze o compromessi”, bensì di possibile gestione, di “mediazione e conciliazione” nel rispetto “della libertà religiosa garantita dalla Costituzione e dell’autonomia” dello Stato e della Chiesa. Dunque, una Chiesa che diventa interlocutrice? Sergio Centofanti ne ha parlato con il nostro collega Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:

    R. – Mi sembra che questa sia la cosa più importante e ieri il cardinale Ortega, nella sua conferenza stampa, lo ha sottolineato a più riprese: viene riconosciuto il ruolo della Chiesa nel contesto della società cubana. Cosa inedita questa, perché non era mai accaduta. Va, infatti, ricordato che spesso i vescovi incontravano le massime autorità nei cocktail diplomatici, ma raramente – ed ormai erano parecchi anni che ciò non accadeva – incontravano le autorità più alte dello Stato. Il fatto, quindi, che siano stati convocati dal presidente, si siano fermati a parlare per lunghe ore e che sia stata chiesta alla Chiesa una mediazione specifica nell’ambito dei prigionieri politici è il riconoscimento ufficiale, definitivo - e che arriva dopo cinquant’anni - che questa Chiesa a Cuba esiste, conta ed è importante.

     
    D. - In concreto, dove dovrebbe condurre questo dialogo?

     
    R. – Su questo il cardinale Ortega è stato ieri molto preciso. Ha detto che si tratta dell’inizio di una conversazione: “Abbiamo aperto un dialogo, sappiamo su cosa dobbiamo lavorare”. Si dovrà ora aspettare e vedere già nelle prossime settimane o forse anche nei prossimi giorni - ricordiamo che di mezzo c’è una persona che sta facendo uno sciopero della fame e che rischia ogni minuto la sua vita – se la Chiesa - immagino io perché in questo non abbiamo molte informazioni - sarà in grado, e penso che lo sarà, di proporre un piano, una modalità, per uscire da questa situazione, dando la libertà in diversi modi a questi prigionieri politici, che oggi come oggi si calcolano intorno ai 200-240.

     
    D. - Ieri il cardinale Ortega ha parlato del dialogo come il “nuovo nome della pace”. Come interpretare questo pensiero all’interno dell’odierna realtà cubana?

     
    R. – Secondo me è fondamentale ed è una questione chiave. Il problema della società cubana, fra tanti altri problemi, in questo momento è che non c’è comunicazione fra i diversi settori sociali, tra la società, il popolo, le autorità. Il cardinale ritiene – e questo lo aveva già detto tre settimane fa – che la cosa primordiale e fondamentale in questo momento è quella di riuscire a parlarsi, che tutti dicano, l’un l’altro, cosa pensano e come vedono il futuro del Paese. Se non si dialoga, non si trovano soluzioni, non si superano le controversie e il Paese non progredisce: anzi – come diceva il cardinale Ortega - si rischia di arrivare alle soluzioni soltanto quando queste sono ormai inutili ed inefficaci.

     
    D. - Fra poco visiterà Cuba mons. Dominique Mamberti per inaugurare le Settimane sociali. Come leggere questa sua presenza in questo momento?

     
    R. – Anzitutto come la continuazione di una presenza, di una sollecitudine della Santa Sede e in particolare del Papa nei confronti di Cuba, che viene da lontano, da diversi anni, da diversi decenni. Mons. Mamberti arriva dopo la recente visita di mons. Celli e la precedente visita del cardinale segretario di Stato Bertone. E’ vero che lui va per l’inaugurazione delle Settimane Sociali, ma è anche vero che lui arriva nel momento in cui si celebrano i 75 anni dei rapporti diplomatici ininterrotti fra Cuba e Santa Sede. Questo è certamente un altro momento importante – immagino io – per poter riflettere sul rapporto tra Stato-società e Stato-Chiesa nell’isola cubana.

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    Annunciata la creazione della prima cellula artificiale in grado di riprodursi

    ◊   Ha suscitato scalpore nel mondo scientifico la notizia, pubblicata ieri dalla rivista Science, della prima cellula artificiale costruita in laboratorio e capace di dividersi e moltiplicarsi come qualsiasi altra cellula vivente. Il risultato è stato raggiunto negli Stati Uniti presso l’istituto del genetista Craig Venter. Il presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Elio Sgreccia, ha affermato ai nostri microfoni che non si tratta ancora della creazione di una vita artificiale ma piuttosto di manipolazione, trasformazione. Un progresso - ha aggiunto - che comunque richiama il senso di responsabilità dei protagonisti della ricerca. Ma qual è la reale portata dell’esperimento portato a termine dal gruppo americano che fa capo a Venter? Marco Guerra lo ha chiesto al genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Bambino Gesù:

    R. - L’originalità del suo lavoro è l’originalità dell’assemblaggio: aver cioè creato dapprima un cromosoma artificiale e aver capito il numero minimo di informazioni che sono indispensabili a propagare quel cromosoma e "dare origine" – lo diciamo tra virgolette – ad una vita. Aver adesso inserito questo all’interno di una cellula, significa aver dato origine ad una cellula che è in grado di riprodursi. Naturalmente questo non ha niente a che fare con l’idea che qualcuno pensa di creare organismi pluricellulari animali o umani. Le cellule che ha elaborato Craig Venter sono cellule singole che hanno teoricamente una possibilità di grandi funzioni, ma rimangono sicuramente confinate a specifiche domande nel mondo unicellulare.

     
    D. – Quali saranno i passi successivi, secondo lei?

     
    R. – E’ chiaro che andrà avanti, creando organismi sempre unicellulari, ma sempre più complessi, che saranno in grado di creare domande. Non dimentichiamoci che Craig Venter, oltre ad essere un ricercatore importante, è sicuramente anche un gran commerciante, con una ditta quotata in borsa e quindi intravede chiaramente quelle che possono essere le ricadute di questo tipo di attività nel campo applicativo: dal possibile disintossicare l’ambiente, ad esempio, da un inquinamento di petrolio o lo sviluppo di vaccini, o la produzione su larga scala delle molecole che potrebbero avere un interesse terapeutico. La ricerca moderna ci insegna che noi possiamo fare previsioni a breve termine – diciamo cinque anni – dopo di ché non siamo in grado di farlo più. Certamente però oggi possiamo pensare che da questo punto di partenza, Craig Venter cercherà di elaborare, sempre con singole cellule, delle strutture un po’ più complesse.

     
    D. – Quindi è un evento che può avere ricadute positive...

     
    R. – Assolutamente sì. La mia interpretazione più semplice di quello che può essere un beneficio per l’umanità è proprio lo sviluppo di un vaccino piuttosto che di molecole che possano avere un effetto farmacologico. Io naturalmente non trascuro le possibili ricadute negative. Non dimentichiamoci che c’è un concetto che domina il mondo di questi tempi e che è la paura della guerra biologica: nel momento in cui si crea un organismo contro il quale né animali né uomini sono predisposti a rispondere, chiaramente siamo in presenza di un qualcosa che è un potenziale pericolo. Poi evidentemente ci sono dei codici etici che il mondo della ricerca si dà e che non dovrebbero essere superati. Ma come lei mi insegna, ci può essere sempre uno scienziato "pazzo" che potrebbe venire in possesso di questa struttura. Quindi, direi che vedo più aspetti positivi che aspetti negativi: l’aspetto più negativo – ripeto - è quello di creare un qualcosa che sfugga dal controllo o che sia destinato alla distruzione dell’umanità. Non disegnerei in questo momento uno scenario di questo tipo.

     
    D. – Invece dal punto di vista etico, qual è la posta in gioco?

     
    R. – La posta in gioco è che si crei un qualcosa che non sia fatto nell’interesse dell’uomo, ma contro l’uomo. Questo è l’unico problema etico. Io – lo ripeto – in questo momento vedo possibili ricadute a beneficio dell’umanità. In questo senso credo che eticamente siano accettabili esperimenti di questo tipo. Non diventeranno più accettabili nel momento in cui verrà fatto qualcosa contro l’uomo.

     
    D. – Insomma nessun pericolo da scongiurare nel campo dell’eugenetica?

     
    R. – Non penso nell’eugenetica ma alla creazione di batteri rivolti verso la distruzione dell’umanità. Questo è l’unico reale e concreto problema che in questo momento mi pare di vedere da questo esperimento.  

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    Il Movimento per la Vita: non rassegnarsi alla logica dell'aborto

    ◊   Una “tre giorni di non rassegnazione” in difesa della vita nascente: è l’iniziativa promossa a Roma dal Movimento per la Vita in occasione dei 32 anni della Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Domenica 23, al termine dei lavori, i partecipanti all’evento si riuniranno in Piazza San Pietro per la benedizione del Papa e per non dimenticare i 120 mila bambini nati grazie ai Centri di aiuto alla vita. La tre giorni ricorda anche i 5 milioni di bambini mai nati in Italia da quando la legge è stata approvata. Un dato drammatico su cui si sofferma Olimpia Tarzia, tra i fondatori del Movimento per la Vita italiano e attualmente vicepresidente della Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana. L’intervista è di Fabio Colagrande:
     
    R. – A volte i numeri grandi non riusciamo a concretizzarli e a vederli. Stiamo parlando di 150 mila aborti l’anno in Italia; significano, in una regione come il Lazio, 16 mila l’anno, di cui 15 mila a Roma. Io credo che questa realtà non può non far interrogare, perché non stiamo parlando di cifre, ma stiamo parlano di bambini e di bambine; stiamo parlando di mamme, di papà, di famiglie; stiamo parlando di una società che inevitabilmente è sempre più povera quando ad un bambino viene impedito di nascere. Ecco il senso di questa tre giorni: da un lato, il non dimenticare questi 5 milioni di bambini mai nati; dall’altro, il non dimenticare che cosa si può fare per fermare il dramma dell’aborto e sono i 120 mila bambini aiutati a nascere grazie all’azione dei Centri di aiuto alla vita in tutta Italia. Quando si aiuta un bambino a nascere, quando si salva un bambino dall’aborto, lo si fa sempre insieme alla donna: è un porsi accanto alla donna e chiederle “Di cosa hai bisogno? Cosa posso fare per te?

     
    D. – C'è un parte della legge 194 che è rimasta disattesa: quale in particolare?

     
    R. – La legge 194 è nata sotto la spinta di una sorta di rivendicazione di un veterofemminismo che spingeva le donne ad una autodeterminazione esasperata e credo che oggi, tra l’altro, ne cogliamo i frutti nefasti. Quella stessa legge, in cui tra l’altro sotto diversi slogan veniva portata avanti questa sorta di onnipotenza della donna, si è tramutata in un boomerang, perché di fatto ha consentito negli anni e nella prassi agli uomini meno responsabili di lasciare tutto sulle spalle della donna e dire: “E’ un problema tuo, risolvilo tu!”. Noi cogliamo quanta solitudine vive la donna proprio di fronte ad una maternità inattesa. La legge, nel suo linguaggio piuttosto ambiguo direi, prevedeva comunque una parte di cosiddetta prevenzione. Se la 194 diceva che bisogna rimuovere le cause, vuol dire che comunque l’aborto era l'ultima possibilità: bisognava cioè aiutare la donna a trovare altre scelte. Ma il problema è questo: oggi la donna è libera di abortire e non trova in questo nessun tipo di ostacolo, mentre non è libera di non abortire nel senso che io la libertà la posso esercitare se ho davanti a me delle opzioni, se ho davanti a me delle proposte alternative. Certamente se l’unica via di uscita che mi viene data è quella di un certificato di aborto, è chiaro che questa non è libertà. Un altro aspetto, tra l’altro che era previsto dalla legge, era la possibilità di coinvolgere l’associazionismo, il volontariato presente sul territorio: noi sappiamo bene che ai nostri Centri di aiuto alla vita le richieste che arrivano da parte di consultori sono solo richieste di natura assistenziale. Noi non vogliamo stare nei consultori, nel processo abortivo e quindi del rilascio del certificato, ma vogliamo esserci nella fase preliminare. Crediamo che sia doveroso proporre alla donna tutte le possibili alternative a quello che sappiamo essere un dramma a prescindere dalle posizioni di favorevoli o contrari: di fatto l’aborto è un dramma e non solo ovviamente per il bambino, ma anche per la donna. (Montaggio a cura di Maria Brigini) 

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    Chiesa e Società



    Elezioni in Etiopia: appello dell’arcivescovo di Addis Abeba

    ◊   Risolvere le divergenze con il dialogo, evitare il ricorso alla violenza, non ripetere gli errori del passato, partecipare al voto, garantire un processo elettorale corretto e pacifico. Sono le cinque raccomandazioni proposte dai vescovi etiopici in un messaggio per le elezioni parlamentari di questa domenica. Il testo, firmato dal Presidente della Conferenza episcopale locale, mons. Abune Berhaneyesus, arcivescovo metropolita di Addis Abeba, sottolinea l’importanza del dialogo per risolvere i conflitti senza ricorrere alla violenza che tanto ha segnato il Paese nel suo recente passato: “Noi che abbiamo vissuto la realtà di tante guerre distruttive costate molte vite umane – affermano i presuli - non vogliamo vedere il ripetersi di questi eventi nella storia dei nostri bambini. Occorre un approccio civile e maturo”. Il messaggio richiama quindi al dovere del voto: “Votare è un diritto legittimo di cittadinanza e una responsabilità. Esercitare questo diritto è il primo passo per partecipare al progresso di questo Paese”. Ma non basta: occorre predisporre gli strumenti per risolvere in modo pacifico e civile eventuali contenziosi post-elettorali: “Le esperienze passate ci ricordano che in molti Paesi la fase più critica è quella dopo le elezioni. Non si può escludere che anche l’esito di questa tornata elettorale sarà contestato, ma siamo fermamente convinti che sia possibile superare le divergenze con un dialogo pacifico”. Di qui l’accorato appello a tutti i cittadini e ai partiti in lizza a fare ciascuno la propria parte e a tutti i cristiani del Paese a pregare per il buon esito delle elezioni. Il governo del premier Meles Zenawi ha annunciato che i risultati del voto di domenica saranno ufficializzati il prossimo 20 giugno. (L.Z.)

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    Visita del Patriarca di Costantinopoli alla Chiesa ortodossa russa

    ◊   Partirà domani e proseguirà fino al 31 maggio la visita ufficiale alla Chiesa ortodossa russa del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, che giungerà a Mosca, su invito del Patriarca Kirill. Secondo quanto riferisce L’Osservatore Romano, il programma, oltre agli appuntamenti previsti nella capitale, include celebrazioni e incontri alla Lavra della Santa Trinità e di San Sergio a Sergiyev Posad, al monastero della Trasfigurazione a Valaam e a San Pietroburgo. Nella delegazione del Patriarcato di Costantinopoli figurano, tra gli altri, i metropoliti Michael di Austria, Irinaios di Myriophyton e Peristasis, Emmanuel di Francia, e il segretario generale del sinodo, l'archimandrita Elphidophoros. Bartolomeo ricambia così la visita ufficiale compiuta da Kirill in Turchia dal 4 al 6 luglio 2009. Una tappa, quella, fondamentale nei rapporti tra le due Chiese, capace — nonostante gli attriti che ancora sussistono — di aprire una nuova pagina delle relazioni, con il passaggio dal momento del confronto a quello della collaborazione. “Certe ombre e piccole nubi — disse il Patriarca ecumenico nell'omelia della divina liturgia celebrata nella chiesa di San Giorgio a Istanbul — possono di tanto in tanto nascondere le relazioni tra le nostre Chiese sorelle, ma quelle ombre, quelle nubi hanno solo un carattere temporaneo. Tale unità, raggiunta nel calice comune, non ci può essere tolta da nessuno”. In effetti, durante quel viaggio, si affrontarono concretamente questioni controverse, come la difficile situazione creatasi in Estonia dopo la formazione, nel 1996, di strutture ecclesiali del Patriarcato di Costantinopoli, parallele a quelle già esistenti della Chiesa russa. Fra i temi oggetto del confronto anche la situazione dell'ortodossia in Ucraina, la cura spirituale dei fedeli della diaspora e le procedure di ottenimento dell'autocefalia da parte delle Chiese autonome. Il risultato più importante della visita di Kirill in Turchia è stato forse proprio l'intesa sul metodo da utilizzare nei futuri rapporti fra i due patriarcati, basato sulla fiducia reciproca e sulla collaborazione, in particolare riguardo alle controversie. Se in passato delegazioni di Mosca e di Costantinopoli si sono apertamente scontrate, anche in presenza di rappresentanti di Chiese cristiane non ortodosse, «ora vogliamo superare questo modello», disse il metropolita Hilarion, capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, nella conferenza stampa in cui tracciò un bilancio del viaggio. La visita di Bartolomeo in Russia, particolarmente lunga, conferma la volontà di approfondire un dialogo che sembra ripreso in maniera fattiva. «Un buon inizio per il rinnovamento dei rapporti fraterni e per il consolidamento dell'unità comandataci da Dio», come disse Kirill appena giunto al Phanar. Domenica i due patriarchi celebreranno insieme la divina liturgia nella cattedrale della Dormizione nella Lavra della Santa Trinità e di San Sergio, a Sergiyev Posad. Lunedì, a Mosca, presiederanno il rito nella cattedrale di Cristo Salvatore, per poi partecipare alla cerimonia inaugurale delle giornate della letteratura e della cultura slave. Successivamente Bartolomeo si recherà prima a Valaam, nel monastero della Trasfigurazione, e poi a San Pietroburgo dove, assieme a Cirillo, guiderà la divina liturgia nella cattedrale di Sant'Isacco. (M.G.)

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    L’arcivescovo maronita di Cipro: la visita del Papa rafforzerà la nostra società

    ◊   Benedetto XVI visiterà Cipro dal 4 al 6 giugno. Sarà il primo Papa nella storia a mettere piede sulla terza isola del Mediterraneo in ordine di estensione dopo Sicilia e Sardegna. L’arcivescovo maronita, Joseph Soueif, coordinatore generale della visita per la comunità cattolica cipriota, lancia un appello a due settimane dal viaggio apostolico. “Diamo un caldo benvenuto al Papa. – dichiara all’agenzia Sir - Viviamo il suo arrivo in profondità. Egli è uomo di dialogo, di pace e di giustizia. La visita nella nostra isola rafforzerà tutti questi valori di cui la nostra società ha bisogno”. E continua: “C’è molta attesa e siamo entusiasti di accogliere il Papa. Nella preparazione abbiamo coinvolto direttamente le parrocchie in ogni sua componente. Siamo davanti ad un evento storico. Per tre giorni Cipro sarà sulle prime pagine dei giornali e dei notiziari di tutto il mondo e ciò rappresenta un gran beneficio”. Oggi, a Cipro, i greci di religione ortodossa rappresentano oltre l'80% della popolazione. Le altre minoranze sono costituite dai turchi, di religione musulmana, e poi sono appunto presenti una minoranza armeno-cattolica e una maronita. “In questa visita – ha affermato l’arcivescovo – porteremo la nostra lunga esperienza di multiculturalismo mostrando come si possa vivere insieme, cattolici, ortodossi e musulmani, nonostante le differenze religiose”. (M.A.)

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    Stati Uniti: la Chiesa in ascolto delle vittime degli abusi

    ◊   L’ascolto e la comprensione come terapia di recupero per le vittime degli abusi da parte del clero. E’ questo l’approccio usato dalla Commissione nazionale di Revisione della Conferenza episcopale degli Stati Uniti nel lavoro svolto con le vittime o i sopravvissuti agli abusi infantili da parte del clero. Da questa attività sono state tratte dieci lezioni di cui da notizia l’agenzia Zenit. La lista è stata preparata dal presidente della Commissione, Diane Knight, e diffusa venerdì dall'episcopato. “Abbiamo imparato che serve un grande coraggio da parte di una vittima per fare un passo avanti e rendere nota la propria storia dopo anni, a volte decenni, di silenzio e sentimenti di vergogna”, afferma il comunicato. “Per la vittima, alla fine conta semplicemente essere creduto”, aggiunge. La Knight afferma che “nonostante il proprio dolore e la sofferenza, molte vittime sono preoccupate che la Chiesa agisca per evitare che gli abusi colpiscano altri bambini, e si preoccupano anche per se stessi e per le proprie necessità di guarigione”. “Se la storia di ciascuno è diversa, ciò che è comune è la violazione della fiducia”, segnala. Alcuni sopravvissuti, aggiunge la Knight, “non confidano assolutamente in nessuno, mentre altri sono stati capaci di lavorare attraverso questo dolore con l'aiuto e il sostegno dei propri cari”. “Abbiamo imparato che attualmente esistono metodi di terapia che funzionano particolarmente bene con e per i sopravvissuti agli abusi sessuali infantili e che gli individui possono essere aiutati, anche dopo molti anni di tentativi senza successo di 'dimenticare' semplicemente”, sottolinea. “Abbiamo imparato che l'abuso ha rubato a qualche vittima la propria fede. Per alcuni ciò significa la perdita della fede cattolica, ma per altri vuol dire la perdita totale della fede in un Dio”, aggiunge il comunicato della Commissione.“Abbiamo imparato che abbiamo ancora molto da imparare”, termina il testo. La Commissione Nazionale di Revisione è un gruppo consultivo di 13 laici con esperienza in settori come il diritto, l'istruzione, i mezzi di comunicazione e le scienze psicologiche. La Commissione è stata creata nel 2002, quando i Vescovi degli Stati Uniti hanno approvato la “Lettera per la Protezione dei Bambini e dei Giovani” per supervisionare gli sforzi dell'Ufficio per la Protezione dei Bambini e dei Giovani. La Commissione Nazionale di Revisione lavora attualmente a “Cause e Studio di Contesto” su casi di abuso sessuale di minori da parte di sacerdoti. Ad opera del Collegio John Jay di Giustizia Criminale, i suoi risultati verranno resi pubblici nel 2011. (M.G.)

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    Vescovi Usa e messicani per una riforma migratoria giusta

    ◊   Portare le politiche migratorie al centro del programma di governo, nel rispetto dei diritti umani e della dignità della persona: è l’appello congiunto rivolto ai rispettivi governi dal vescovo di Salt Lake City, mons. John Charles Wester, e dalll’arcivescovo di Tijuana, mons. Rafael Romo Muñoz, presidenti del Comitato per le migrazione delle Conferenze episcopali statunitense e messicana, in occasione della visita del presidente messicano Felipe Calderón negli Usa. Un tema – sottolineano nel documento ripreso da ‘L’Osservatore Romano’ – sempre più urgente soprattutto dopo la recente promulgazione della nuova ‘legge anti-clandestini’ nello Stato sud-occidentale americano dell’Arizona che introduce il reato di ‘clandestinità’ e consente alla polizia di arrestare un immigrato anche solo sulla base del semplice sospetto di ‘irregolarità’. “Gli Stati Uniti e il Messico – si legge nella nota - hanno l'opportunità di lavorare assieme per contrastare, con metodi umani, l'immigrazione dei clandestini, non ponendo l'enfasi soltanto sul rafforzamento delle misure restrittive”. Mentre i due Paesi “hanno consolidati rapporti di scambi commerciali e di capitali, oltre che di informazioni, il mercato del lavoro non è stato ancora regolamentato, a scapito dei diritti fondamentali delle persone”. Negli Stati Uniti, aggiunge la nota, “è essenziale garantire priorità alla riforma sull'immigrazione. Attualmente, il sistema non garantisce adeguate protezioni giuridiche per gli immigrati che ottengono lavoro. La garanzia di adeguate tutele consente di evitare che le persone diventino vittime di traffici umani o vivano abbandonate nei deserti del confine. Una riforma organica è altresì necessaria per consentire alle persone di ricongiungersi alle loro famiglie”. In Messico, inoltre, “i cambiamenti legislativi devono assicurare che gli immigrati non siano oggetto di abusi e di sfruttamento da parte delle autorità e delle bande criminali”. Per discutere d'immigrazione - riferisce l'agenzia Misna - i rappresentanti delle Conferenze episcopali di Stati Uniti, Canada, Messico e altri paesi latinoamericani e caraibici si incontreranno a Washington, dal 2 al 4 Giugno. (R.P.)

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    Brasile: appello del Movimento per la Vita per uno Statuto del nascituro

    ◊   Il Movimento per la difesa della vita ha invitato il popolo brasiliano a scrivere ai deputati federali sollecitandoli all'approvazione dello «Statuto del nascituro». Si tratta di un disegno di legge che mira a rendere esplicita la difesa del nascituro fin dal concepimento e a contrastare l'aborto in Brasile. Un gruppo di parlamentari favorevoli all'interruzione volontaria della gravidanza, attraverso tattiche ostruzionistiche, era infatti riuscito a rinviare la discussione della norma nel mese di luglio. “Aiutaci — si legge nella missiva stilata dal Movimento per la vita, di cui riferisce L’Osservatore Romano — a proclamare la vittoria della difesa della vita in seno alla Commissione di sicurezza sociale e della famiglia”. L'approvazione di tale progetto intende riaffermare “il primo e più fondamentale di tutti i diritti, il diritto alla vita”. Per l’occasione il Movimento per la vita in Brasile ricorda l'impegno, nella storia recente, contro la violazione del diritto alla vita da parte della comunità internazionale. Nel 1948 fu solennemente approvata dall'Onu la “Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo”. In essa, all'articolo 3, si legge: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza”. Alcuni anni dopo, nel 1959, la “Dichiarazione dei diritti del bambino”, sempre delle Nazioni Unite, stabiliva nel suo preambolo che: “Il bambino ha bisogno di una protezione speciale, e concretamente giuridica, tanto prima della nascita che dopo”. Dal canto suo l'Assemblea medica internazionale, del 1948, rielaborando il giuramento d'Ippocrate, faceva promettere a tutti i medici: “Io osserverò il rispetto assoluto della vita umana dal momento stesso della concezione”. Per quanto riguarda il continente latinoamericano, il Movimento per la vita ricorda il Patto di San José di Costa Rica del 1969 — il Brasile ne è stato firmatario — nel quale viene garantito “il diritto alla vita del nascituro fin dal concepimento”. Da queste e altre solenni dichiarazioni e accordi internazionali, nonché dall'esame dei diritti costituzionali e civili delle nazioni più progredite, è stato giustamente dedotto che fino alla metà del secolo XX c'era nel mondo una rilevante “omogeneità legislativa” di fronte alla tutela della vita umana, anche del concepito non ancora nato: sia nella sfera del diritto romano-germanico che nel sistema della common law delle legislazioni anglosassoni, l'aborto e l'eutanasia erano valutati e proibiti come delitti. Lo Statuto del nascituro è stato proposto nel 2007 da due deputati federali — additati dagli oppositori come “antidemocratici” — i quali hanno dato voce a quanti in Brasile (l'80% degli elettori) respingono l'aborto e difendono il diritto alla vita del nascituro. La finalità della proposta legislativa è quella di far convergere il Brasile nel sistema degli impegni assunti dai trattati internazionali a riguardo della difesa del diritto alla vita. Una testimonianza in favore della vita che si iscrive nell'acceso dibattito a riguardo del Piano per i diritti umani, che promuove l'aborto e le unioni omosessuali, al centro nel gennaio di quest'anno, di forti critiche da parte dell'episcopato brasiliano. Proprio in seguito alla forte opposizione espressa dalla Chiesa cattolica, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha ordinato la modifica della legge pro-aborto. Nel nuovo testo è stata invece soppressa la parte che parla dell'autonomia della donna; si è inteso così non dare facoltà di interrompere liberamente la gravidanza fuori dal quadro delle norme vigenti: i casi di violenza e il rischio di morte per la madre. (M.G.)

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    Inghilterra: no dei vescovi alla pubblicità per prodotti che propongono l'aborto

    ◊   A prodotti o servizi che propongono l’aborto o che rimandano ad esso, siano di natura commerciale o relativi ad organizzazioni no profit – non dovrebbe essere permesso fare pubblicità nei media. E’ quanto chiedono i vescovi di Inghilterra e Galles in risposta ad una consultazione pubblica del Bcap (Broadcast committee of advertising practice) sulla pubblicità nei media. “L’aborto – ha dichiarato oggi un portavoce dei vescovi inglesi – non è un prodotto di consumo. Presentarlo in questo modo è lesivo del rispetto della vita ed è altamente dannoso per le donne che potrebbero sentire la pressione fino a prendere una decisione veloce che non potrebbe mai essere cambiata. Per cui, permettere la pubblicità all’aborto non è nell’interesse della salute psicofisica delle donne”. Dal canto loro - riferisce l'agenzia Sir - i vescovi “incoraggiano e sostengono le donne affinché facciano scelte informate circa il loro benessere psicofisico. I vescovi sostengono molte associazioni che fanno questo lavoro, in particolare le organizzazioni chiamate ‘Life’ che offrono informazioni, danno consigli ed aiutano le donne che vorrebbero abortire, che soffrono per la fine di una gravidanza o che lottano dopo un aborto”. (R.P.)

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    Ifad: la tutela della biodiversità agricola garantisce la sicurezza alimentare

    ◊   L’Ifad, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, è un’istituzione finanziaria e un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite con il mandato di eliminare la povertà e la fame nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo. Attraverso donazioni e prestiti a tassi agevolati promuove e finanzia progetti per sconfiggere la povertà nelle aree rurali. In vista della Giornata della biodiversità alimentare che si tiene oggi, il presidente del Fondo dell’Ifad Kanayo F. Nwanze ha dichiarato al Sir: “La biodiversità agricola può aumentare la produttività, migliorare gli standard alimentari e le condizioni di vita delle popolazioni rurali, far fronte alle sfide ambientali e garantire la sicurezza alimentare”. Per biodiversità si intende l'insieme di tutte le forme viventi, geneticamente dissimili e degli ecosistemi ad esse correlati. Preservare la diversità biologica esistente in natura è importante per il raggiungimento della sicurezza alimentare mondiale. Questa varietà di vita è essenziale per gli esseri umani. Dipendiamo da essa per il cibo, l’acqua, l’energia e molto altro. Tuttavia, essa è sempre più minacciata dalla pressione esercitata da una popolazione mondiale in continua espansione e dal degrado degli ecosistemi naturali che spesso comporta. I programmi promossi dall’Ifad sostengono contadini poveri e popolazioni indigene per contribuire all’uso sostenibile e alla conservazione delle specie e degli ecosistemi. Ad oggi sono in corso di attuazione 191 progetti e programmi, sostenuti dall’Ifad, che hanno lo scopo di combattere la povertà rurale, per un impegno finanziario complessivo pari a 6,6 miliardi di dollari. L'anno 2010 è stato dichiarato dall'Onu l'anno internazionale della biodiversità. Per celebrarlo, la campagna Diversity for Life, diretta da Bioversity International, sponsorizza “La Settimana della Biodiversità” che si sta svolgendo da ieri all’Auditorium Parco della Musica di Roma e si concluderà domenica. Un festival per celebrare la biodiversità, con appuntamenti di musica, scienza, video, mostre, arte, dibattiti e laboratori per bambini. Il tutto per riconoscere l’importante ruolo che l’Italia ha svolto e svolge nella conservazione e uso della biodiversità agraria nel mondo. Saranno presenti alla manifestazione economisti, scrittori, accademici, esperti, cuochi e artisti di fama internazionale che cercheranno di sensibilizzare il grande pubblico sul valore della biodiversità agraria nella vita dell’uomo, contribuendo a far diventare il festival un evento di respiro mondiale. (M.A.)

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    Conferenza a Bologna su "Africa: 53 nazioni, una Unione"

    ◊   Si svolge oggi a Bologna, una conferenza ad alto livello per l’integrazione politica economica e sociale del Continente africano, sotto l’egida della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli presieduta da Romano Prodi. Prendono parte all’incontro esponenti delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana e della Commissione Europea, insieme a presidenti e vicepresidenti africani, diplomatici, docenti universitari. Posta sotto il titolo ”Africa: 53 Nazioni, una Unione”, l’iniziativa punta al superamento della frammentazione politico-economica e alla promozione di una maggiore integrazione tra nazioni ed economie africane, in vista di una pace e di uno sviluppo durevole. Si intende in particolare discutere della possibile adozione di politiche rivolte all’intera realtà continentale da parte di istituzioni quali Nazioni Unite, Unione Europea, Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale del Commercio, e di singoli Stati come Stati Uniti e Cina. I contributi previsti insisteranno sulla questione cruciale dell’istruzione, focalizzando inoltre i settori del commercio e dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Nella tavola rotonda conclusiva i diversi elementi di analisi e le proposte formulate confluiranno nella bozza di una “Road Map” sull’integrazione dell’Africa, che verrà ulteriormente discussa nelle due conferenze successive, in programma a Washington nel 2011 e ad Addis Abeba nel 2012. (A cura di Marina Vitalini)

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    Cresce in Africa il culto della Madonna grazie ai programmi di Radio Maria

    ◊   I presidenti e delegati delle associazioni laicali di Radio Maria di Ruanda, Costa D'Avorio, Burundi, Burkina Faso, Zambia, Ghana, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Sierra Leone e Kenya, si sono riuniti a Roma insieme ai vertici italiani della World Family per un corso di formazione teologico, pastorale e gestionale. L’incontro si concluderà domani. Padre Francisco Palacios, coordinatore dei direttori delle Radio Maria nel mondo, ha spiegato all’agenzia Zenit che la devozione e il culto mariano in Africa sono diffusissimi. E ha aggiunto: “C'è  bisogno che la devozione popolare diventi fede solida e che acquisti argomenti per spiegare le ragioni del nostro credere”. Per questo il corso di formazione di questi giorni ha un valore importante. Vittorio Viccardi, coordinatore generale della World Family of Radio Maria, ha fatto notare la grande crescita demografica e la diffusione della religione cattolica in Africa. L'Africa è il continente dove il cattolicesimo cresce di più. Non sorprende quindi vedere che Radio Maria sia già uno dei primi network radiofonici privati del continente e che la diffusione sia in atto tutt’oggi: tanti vescovi stanno chiedendo di portare Radio Maria nelle loro diocesi e infatti alle quattordici sedi già attive se ne aggiungeranno altre sei nei prossimi due anni. In alcuni Paesi Radio Maria è la prima per ascolti ed il numero dei suoi ascoltatori in Africa potrebbe superare in pochi anni quello complessivo di tutte le altre Radio Maria nel mondo. Tale forte riscontro si spiega non solo con la grande diffusione della religione cattolica, soprattutto nell'Africa Subsahariana e centrale, ma anche con la cultura tradizionale che indica nella donna e madre il centro di accoglienza e di coesione della struttura sociale africana. In questo contesto la figura di Maria non fa che esaltare valori e virtù che sono già presenti nelle culture locali. Un altro motivo del grande successo riscosso dall’emittente nel continente africano lo spiega Emanuele Ferrario, presidente della World Family of Radio Maria: esso è dovuto al fatto che è stata data fiducia agli africani. Con pazienza si sono messe insieme le associazioni, promuovendo non solo l'investimento tecnico iniziale, ma soprattutto la formazione delle competenze. Insomma, si è data fiducia al personale locale, sostenendolo nel confronto con le difficoltà ed ora se ne vedono i frutti. “Ma bisogna fare in fretta - ha concluso Ferrario - perchè anche nelle grandi megalopoli africane sta arrivando la secolarizzazione che stravolge i valori tradizionali del popolo. Per questo motivo è necessario che i cattolici e Radio Maria possano funzionare da vaccino rafforzando le comunità intorno alle virtù evangeliche”. (M.A.)

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    India: l'arcivescovo di Mumbai in difesa delle scuole cristiane

    ◊   Il cardinale Gracias, arcivescovo di Mumbai, respinge le accuse “che provengono da uno sparuto gruppo di funzionari della municipalità” e sottolinea “i valori di patriottismo e armonia religiosa” che vengono inculcati agli studenti delle scuole cristiane. A Mumbai, infatti, capitale dello stato del Maharashtra, l’amministrazione della municipalità critica i metodi di insegnamento nelle scuole cristiane della metropoli. Nella seconda città più popolosa del mondo dopo Shangai, il Dipartimento dell’arcidiocesi per l’istruzione annovera 150 scuole fondate e guidate da missionari, alcune delle quali ricevono sovvenzioni dallo Stato. Nel tentativo di promuovere “l’ideologia indù” - si apprende dall’agenzia Asianews - l’alleanza Sena-Bjp ha lanciato una campagna contro gli istituti cristiani che usufruiscono di fondi pubblici, perché “predicano la fede cristiana e impediscono alcune pratiche tipiche dell’induismo”. Fra queste vi sarebbe il divieto di indossare decorazioni sulla fronte, braccialetti e tatuaggi temporanei, la mancata osservanza di alcune feste indù e dell’obbligo di cantare l’inno nazionale. “I nostri istituti cristiani – spiega il presidente della Conferenza episcopale Gracias – sono guidati secondo la Costituzione dell’India e l’ethos cristiano. Non possiamo certo scordare che siamo scuole cristiane”. Attraverso l’Apostolato dell’educazione, prosegue il porporato, noi “serviamo la nazione” in accordo al nostro codice che “rispetta tutte le religioni e gli studenti di ogni credo religioso. Tutte le scuole sono modelli di integrazione”. (M.A.)

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    Iraq. Patriarcato caldeo in crisi economica: costretto ad affittare le sue proprietà

    ◊   In una critica situazione economica, che non le permette nemmeno di sostenere i suoi sacerdoti, la Chiesa caldea in Iraq è costretta ad affittare a privati gli spazi adiacenti alle sue parrocchie a Baghdad. Bollando come “pericolose bugie” le voci che parlavano addirittura della vendita della chiesa della Madonna Addolorata - la prima cattedrale d’Iraq, dove sono sepolti i patriarchi e di inestimabile valore storico -, l’Ausiliare della capitale mons. Shlemon Warduni spiega all'agenzia AsiaNews come la Chiesa irachena stia affrontando questa grave crisi. Una serie di fattori spiegano l’attuale difficoltà in cui versa il Patriarcato caldeo. “Da circa 10 mesi”, il ministro delle Finanze del Kurdistan, Sargis Agajan, ha interrotto i finanziamenti alla comunità cristiana che negli ultimi anni avevano garantito una buona entrata. Non solo: “Con la massiccia emigrazione dei nostri fedeli – spiega il vescovo - sono dimezzate anche le entrate che arrivavano dalle offerte, mentre dal governo non riceviamo nessun aiuto”. Così, una commissione del Patriarcato - composta da quattro laici, di cui è supervisore lo stesso Warduni e responsabile il cardinale Emmanuel III Delly – sta studiando progetti per far fruttare le proprietà della Chiesa e ricavarne entrate utili a sostenere economicamente i sacerdoti, a coprire le spese delle parrocchie e della catechesi (come il trasporto dei ragazzi e i libri)”. Questo, sottolinea il vescovo di Baghdad, è un punto importante: “I protestanti stanno portando via i nostri giovani e dicono di fare l’evangelizzazione anche al posto nostro, abbiamo il dovere di custodire i nostri ragazzi con il catechismo”. Per ora si è deciso di “affittare per 15 anni il terreno adiacente alla ex cattedrale di Baghdad (fuori dalle mura della chiesa vera e propria) a un privato che ci costruirà dei negozi”. Al termine del contratto restituirà tutto al Patriarcato. La zona in cui sorge la “Madonna Addolorata” è quella del primo quartiere cristiano della capitale irachena, “Haqid al Nasara” (in italiano, “l’incontro dei cristiani”). Qui, fino agli anni ’70, si concentravano tutte le denominazioni cristiane del Paese. Ora è una zona molto commerciale, piena di mercati e negozi, il cuore pulsante della città, dove il valore di immobili e terreni è aumentato molto. Per motivi logistici - la chiesa si trova in un vicolo poco praticabile con le auto – la cattedrale caldea è stata trasferita da alcuni anni nella chiesa di “San Giuseppe” nel quartiere di Karada. Nonostante i problemi di sicurezza che affliggono i cristiani nella capitale, la “Madonna Addolorata” è ancora aperta: “E’ stato anche designato un sacerdote che ogni tanto va a celebrare messa”, racconta mons. Warduni. “La diocesi di Baghdad, conclude il vescovo ausiliare, è al lavoro per studiare progetti che possano portare aiuto economico anche alle altre diocesi d’Iraq”. (R.P.)

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    Turchia: per mons. Padovese migliora la situazione della chiesa di Tarso

    ◊   Lasciato alle spalle il periodo invernale tornano i pellegrini a Tarso, per celebrare nella chiesa-museo di san Paolo. Sebbene la decisione delle istituzioni turche di destinarla a luogo permanente di culto sia stata data, al momento, solo verbalmente, la situazione registra un netto miglioramento grazie anche all’aiuto del nuovo ambasciatore turco presso la Santa Sede. Come spiega, infatti, all'agenzia Sir, il presidente dei vescovi turchi (Cet), mons. Luigi Padovese, “le autorità di Ankara hanno recentemente rimosso l’obbligo di prenotazione per le messe all’interno della chiesa-museo. Ora si può celebrare tranquillamente senza alcun preavviso, quando prima era richiesta una prenotazione previa di almeno tre giorni, portati poi addirittura a dieci con inevitabili problemi organizzativi. Il consiglio ai pellegrini, tuttavia, resta sempre quello di avvisare dell’arrivo per permettere alle suore di allestire la chiesa al meglio”. Sulla concessione verbale della chiesa, aggiunge mons. Padovese, “siamo ancora a livello di trattativa; la situazione non è pienamente risolta. Ciò che di fatto ci interessa non è tanto la proprietà della chiesa o che questa venga data in gestione alla chiesa cattolica o alla comunità ortodossa. Ci interessa soprattutto la possibilità di celebrare liberamente e con tranquillità cosicché tutti i pellegrini possano andare a Tarso sapendo che possono pregare senza essere disturbati e senza nessuna limitazione. Il che assume grande importanza per il fatto che con l’Anno Paolino, Tarso è diventata una meta di pellegrinaggio continuo. Abbiamo gruppi che arrivano quasi quotidianamente e prevedo un sensibile aumento nei prossimi mesi. Tarso, con Antiochia e la Cappadocia, è rientrata nei grandi percorsi di pellegrinaggio e questo - afferma mons. Padovese - è un bene anche per la Chiesa che è in Turchia”. (R.P.)

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    Congo: convegno dei giornalisti cattolici per diffondere una cultura di pace

    ◊   Diventare operatori di pace evitando la cultura della menzogna, della violenza e della divisione: è l’appello ai giornalisti cattolici di Burundi, Repubblica Democratica del Congo e Rwanda, diffuso al termine di un incontro svoltosi presso il centro di accoglienza della Caritas di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, dall’associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa centrale (Aceac). Ricordando che “il lavoro della comunicazione nella Chiesa è opera di evangelizzazione”, l’abate Melchior Edward Mombili ha invitato tutti i media cattolici a comunicare le notizie in maniera corretta e conforme all'insegnamento della Chiesa, per rispondere alle sfide della riconciliazione e la ricostruzione dell'ordine sociale turbato negli ultimi due decenni da tragedie inenarrabili. I vescovi membri dell'Aceac, si legge in un articolo pubblicato da ‘L’Osservatore Romano, hanno voluto che “questo laboratorio di Goma fosse una sorta di catechesi per offrire ai comunicatori cattolici l'occasione di abbeverarsi alla fonte della dottrina sociale della Chiesa che li mette in condizione di coprire l'informazione elettorale nella verità e nella carità”. (R.P.)

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    Inizia a Lourdes il 52.mo Pellegrinaggio militare internazionale

    ◊   Quasi 12 mila persone, tra militari e familiari, provenienti da 37 Paesi, da oggi e fino a domenica, sono a Lourdes per il 52° pellegrinaggio militare internazionale. Tra loro anche 4 mila pellegrini italiani accompagnati dall’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi. A questi - riferisce l'agenzia Sir - l’arcivescovo castrense si è rivolto con una riflessione che ha preso spunto dal tema dell’anno pastorale in corso: “Segnati dalla Croce… per la vita del mondo”. “Il Crocifisso è l’icona più vera – ha detto l’arcivescovo castrense - porta sulla terra il potere di Dio: quello di servire, non di asservire; quello di salvare, non di giudicare; quello di dare la vita, non di toglierla. Il Crocifisso porta l’immagine vera dell’uomo. Vero uomo non è chi accumula denaro o potere, maneggia la lancia e spezza vite, non chi schernisce o deride. Vero uomo è Gesù, capace del dono supremo, che muore ostinatamente amando”. Parole che rimandano direttamente ai due militari italiani uccisi in Afghanistan e dei quali ieri si sono svolte le esequie. E proprio per i militari italiani e di altre nazioni, “che hanno offerto la vita per la pace e la sicurezza dei popoli”, sarà recitata, oggi e domenica (ore 18), una preghiera particolare nel corso del Rosario, alla Grotta delle Apparizioni, guidato da mons. Pelvi. (R.P.)

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    Al via oggi a Torino l'incontro dei vescovi salesiani

    ◊   Si apre oggi a Torino (fino al 25 maggio) l’incontro dei vescovi salesiani “Carisma salesiano e ministero episcopale”, voluto “dal rettor maggiore, don Pascual Chávez Villanueva, per rinforzare il nostro servizio e il nostro carisma sempre al servizio della Chiesa”, spiega don Filiberto Gonzalez, consigliere per la comunicazione sociale. Un appuntamento presso la casa madre di Valdocco per celebrare i 150 anni della congregazione, il centenario della morte di don Michele Rua, primo successore di don Bosco, e i 125 anni della consacrazione del primo vescovo salesiano mons. Giovanni Cagliero. Ma anche per vivere insieme la festa di Maria Ausiliatrice e pregare davanti alla Sindone, “un momento di raccoglimento - dice ancora don Gonzalez - vissuto come un regalo di grazie speciale per noi”. Dei 119 vescovi e cardinali salesiani, 93 hanno confermato la loro presenza: tra questi il Segretario di Stato cardinaleTarcisio Bertone. La spiritualità salesiana e lo stato episcopale, l'azione educativa ed evangelizzatrice dei giovani, la comunicazione del vangelo nell’era digitale saranno oggetto di incontri tematici accanto alle celebrazioni. La Congregazione salesiana - riporta l'agenzia Sir - è presente con 7.610 opere in 129 nazioni, con 16.092 salesiani, dei quali 10.669 sacerdoti, 2.025 coadiutori, 2.765 studenti, 515 novizi, 119 vescovi (tra cui cinque cardinali). A questi vanno aggiunte le 15 mila Figlie di Maria Ausiliatrice, i cooperatori e gli ex allievi. (R.P.)

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    Fondazione Centesimus Annus: convegno a Roma sul bene comune

    ◊   Si svolge oggi a Roma, presso il Centro Congressi “Matteo Ricci” della Pontificia Università Gregoriana il Convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice. “Sviluppo, progresso e bene comune” è il titolo dell’evento. I lavori saranno scanditi da tre relazioni di base e da una tavola rotonda alla quale interverranno docenti universitari ed operatori economici che discuteranno di religioni, dialogo e sviluppo sociale. Domingo Sugranyes Bickel, presidente della Fondazione, presentando l’evento ha detto: “Nella crisi attuale il concetto di sviluppo economico é profondamente messo in discussione.” E aggiunge – come si legge nel comunicato diffuso dalla stessa Fondazione - “I grandi Paesi emergenti stanno cambiando la geo-politica economica. Il maggior benessere di milioni di persone, il consumo accelerato di materie prime, gli squilibri finanziari mondiali tra Paesi con eccedenza di esportazioni che finanziano l’immenso debito degli Stati Uniti, rappresentano tutte nuove realtà dello sviluppo economico mondiale, mentre nei ricchi Paesi occidentali c’è disorientamento, disoccupazione, assenza di sbocchi per i giovani”. In questo clima può e deve assumere un ruolo centrale l’etica economica. Come afferma il Papa nella sua enciclica “Caritas in Veritate”, l’attività economica deve diventare sempre più un luogo dove si manifesta solidarietà e si innescano relazioni umane di collaborazione. Sulla linea della reciproca interazione si pone l’esigenza di maggiore dialogo tra le diverse culture. Tale processo deve avvenire tramite la conoscenza e l’istruzione per tutti al fine di acquisire una reale consapevolezza del futuro proprio e dell’umanità. “L’importante è percorrere queste strade nel piccolo, - auspica Bickel - ognuno di noi, nel proprio ambito, deve dare il suo contributo, essere portatore di esempi positivi”. Nuclei centrali della giornata di studi saranno da un lato le dinamiche del dialogo in materia religiosa, dall’altro, da un punto di vista più prettamente economico, i danni apportati dall’attuale crisi, aggravati dalla precedente fase speculativa. Nonostante il quadro generale non appaia florido, il Presidente della Fondazione Vaticana, conclude la sua riflessione con fiducia: “C’é da sperare che la presente crisi porti ad un incremento della cooperazione internazionale, ad un maggiore rispetto e comprensione e ad istituzioni di governance multinazionali più efficienti”. (M.A.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il Senato Usa approva la riforma di Wall Street

    ◊   Via libera della Camera bassa del parlamento tedesco, il Bundestag, al piano di aiuti europeo da 750 miliardi di euro. Il provvedimento, che fissa il contributo della Germania in circa 148 miliardi, passa ora all’esame del Senato, il Bundestrat, e dovrebbe diventare legge entro oggi. In Spagna i sindacati minacciano lo sciopero generale all’indomani del varo delle misure anti crisi da parte del governo che consistono in tagli agli stipendi nel pubblico impiego. Nuovo sciopero generale anche in Grecia, probabilmente a metà giugno contro la riforma delle pensioni, dopo quello di ieri che ha visto in piazza 20 mila persone. Intanto, mentre anche l’Italia è al lavoro sulla nuova manovra finanziaria, a Bruxelles prosegue la task force europea per discutere di come rafforzare la vigilanza sui conti pubblici dei Paesi membri. Sempre questi temi sono stati al centro dell’incontro di ieri a Parigi tra il presidente francese Sarkozy e il neo premier britannico Cameron. Ieri, intanto, nel giorno in cui Wall Street è scesa sotto i 3 punti percentuali trascinando al ribasso le piazze europee, il Senato degli Stati Uniti ha approvato con maggioranza bipartitica, l’attesa riforma del settore finanziario fortemente voluta dal presidente Obama. La normativa dovrà essere ora armonizzata col testo approvato dalla Camera dei rappresentanti. Secondo la Casa Bianca servirà a proteggere la più vasta economia mondiale e il popolo americano dagli sconvolgimenti degli ultimi anni, senza punire le banche. Quali dunque i contenuti più importanti in tal senso? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Diego Valiante ricercatore al Ceps Centro studi di politica europea di Bruxelles:

    R. – La riforma ha tre obiettivi principali: la riduzione del rischio sistemico, incrementare la trasparenza del mercato ed alzare quindi il livello di protezione dei consumatori e dei piccoli investitori. Per raggiungere questi tre obiettivi, la riforma punta su nuovi meccanismi di supervisione, innanzitutto, e su una maggiore regolamentazione delle grandi istituzioni finanziarie, tramite maggiore trasparenza e tramite vincoli che vengono posti alle loro attività. S’interviene dando più potere alla Federal Reserve, con maggiore protezione per i cittadini nel caso in cui una di queste istituzioni dovesse fallire, e la creazione di un Consiglio che lancerà un segnale di avvertimento nel caso in cui ci siano problemi dal punto di vista finanziario.

     
    D. – Dal punto di vista dei consumatori, forse l’elemento principale di questa riforma è la creazione di una nuova agenzia per la loro protezione. Quali poteri avrà?

     
    R. – Avrà un controllo diretto sulle pratiche di vendita effettuate dalle istituzioni finanziarie verso i piccoli consumatori, gli investitori, e avrà poteri diretti di intervento per bandire determinate pratiche o comunque per controllare i termini con cui queste pratiche vengono effettuate. Sicuramente, farà crescere la protezione per i consumatori, da un lato, e migliorerà la stabilità finanziaria del sistema.

     
    D. – Lei ritiene che in questo momento un provvedimento del genere basterà a tranquillizzare anche i mercati mondiali?

     
    R. – Sicuramente servirà a calmare le acque nel breve periodo; però, i mercati guardano molto all’Europa e si aspettano dall’Europa, e soprattutto dall’Eurozona, una risposta sia dal punto di vista della stabilità finanziaria – quindi non solo delle istituzioni finanziarie, ma anche dei governi, delle finanze pubbliche – che dal punto di vista dei consumatori. L’Europa deve trovare una soluzione che sia una soluzione propria. Ci serve un passo in avanti più forte…

    Thailandia
    In Thailandia ripristinato l’ordine a Bangkok dopo i disordini degli ultimi giorni. Lo ha annunciato il premier Vejjajiva in un discorso televisivo in cui ha lanciato un appello alla riconciliazione. Intanto, sono almeno una novantina le vittime e circa 1.800 i feriti per gli episodi di guerriglia urbana in seguito all’assalto dei militari contro le "camice rosse" anti-governative. Ma l’esercito ha davvero assunto il controllo della capitale? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Stefano Vecchia, raggiunto telefonicamente a Bangkok:

    R. - Ci sono ancora alcune sacche di resistenza, non tanto nella zona centrale, che ormai è stata messa quasi completamente in sicurezza, ma in alcune aree “esterne”. Il coprifuoco è confermato per questa notte e per domani; sono stati creati dei gruppi di pronto intervento misti – polizia, esercito e vigili del fuoco – per intervenire dove potrebbero verificarsi altri casi di incendio.

     
    D. – Il bilancio dei danni e delle vittime è stato veramente molto pesante: avrebbe potuto essere sicuramente peggiore se le “camicie rosse” non si fossero arrese. Ma possiamo dire che la crisi in Thailandia si sia risolta così?

     
    R. – No: probabilmente no. Ha colpito anche noi cronisti, anche noi reporter, qui, il fatto che la resistenza in fondo sia stata abbastanza limitata, conoscendo un po’ le potenzialità di questa protesta. Evidentemente, già da qualche giorno prima della tragica conclusione, una parte della protesta era finita nella clandestinità ed è pronta a riemergere – armata, molto probabilmente – nelle province e forse anche nella stessa capitale, da qua a qualche tempo.

     
    D. – In questo momento, come sta reagendo il governo nei confronti di quelli che sono stati i leader della protesta? Sono stati tutti rintracciati o sono ancora comunque in latitanza?

     
    R. – Diciamo che i leader storici della protesta, quelli che hanno organizzato le “camicie rosse”, quindi il mito della democrazia contro la dittatura, sono stati tutti arrestati. Però, l’impressione è che il governo stia usando un po’ un guanto di velluto nei loro confronti. Occorre anche pensare ad una riconciliazione nazionale, occorre pensare ad un futuro che sarà anche verso le elezioni, probabilmente il prossimo anno; una repressione indiscriminata potrebbe soltanto aggravare la crisi e il governo ne è ben cosciente.

     
    D. – La figura di Shinawatra esce rafforzata da questa situazione, o indebolita?

     
    R. – Ufficialmente ne esce molto indebolita a tal punto che anche le “camicie rosse” non riuscivano più a dare molto credito alla sua leadership. Però è anche vero che il suo potere resta forte: in qualche modo, il governo e le stesse “camicie rosse” dovranno tenerne conto.

     
    Coree
    Gli Stati Uniti premono per una reazione forte nei confronti della Corea del Nord accusata di aver affondato una nave da guerra sud coreana a marzo. Non si placa la tensione fra le due Coree. Pyongyang ha rinnovato le sue minacce contro Seoul che chiede giustizia alla comunità internazionale. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    L’attacco di Pyongyang rappresenta una chiara provocazione e una violazione dell’armistizio firmato alla fine della guerra del '53. Così durante l’odierna riunione di emergenza del Consiglio Nazionale di Sicurezza la presidenza sudcoreana che ha invitato i ministeri competenti ad individuare misure risolute contro la Corea del Nord per evitare il ripetersi di simili episodi. Nello stesso tempo, però, Seoul ha chiesto prudenza. La situazione è delicata, dunque, bisogna ridurre al minimo le possibilità di sbagliare le mosse e provocare reazioni gravi. Tra le ipotesi al vaglio, in accordo con gli Stati Uniti, l’eventualità di innalzare il livello d’allerta nei confronti del Paese vicino che peraltro in queste ore è tornato a minacciare definendo il momento attuale “una fase di guerra”. Nel caso in cui il Sud tenterà di far approvare sanzioni internazionali Pyongyang ha promesso una punizione spietata annunciando che straccerà il patto di non aggressione. Seoul, secondo le dichiarazioni del ministro della Difesa, ha intenzione di far pagare il regime per l’attacco contro la nave sudcoreana. L’appoggio della comunità internazionale non manca. Serve una risposta forte, ha detto il segretario di stato Usa, Hillary Clinton, che oggi a Tokyo ha incontrato il ministro degli Esteri nipponico per discutere della questione. Le consultazioni sono cominciate. Russia e Cina, però, frenano sulla possibilità di nuove sanzioni da parte del consiglio di sicurezza dell’ONU.

     
    Pakistan
    In Pakistan i talebani hanno giustiziato due uomini considerati spie degli americani facendoli saltare in aria dopo avergli messo addosso una carica di esplosivo. Lo ha riferito una fonte dell'intelligence locale presente sul posto. Teatro dell’esecuzione la regione del Waziristan del nord, al confine con l’Afghanistan.

    Striscia di Gaza
    Nuovi raid aerei israeliani nella Striscia di Gaza. Bombardati alcuni tunnel scavati dai miliziani – secondo l’intelligence dello Stato ebraico – al fine di attaccare oltre il confine. Gli attacchi non hanno provocato vittime. Intanto cresce la tensione a Rafha, nel sud della regione, dopo che nei giorni scorsi il governo di Hamas ha ordinato la demolizione di altre case abusive costruite da palestinesi precedentemente sfrattati a ridosso della frontiera dall’esercito israeliano.

    Afghanistan
    In Afghanistan, ritrovati in una zona montagnosa nei pressi di Kabul i cadaveri della sciagura aerea di lunedì scorso. Rinvenuti inoltre pezzi del velivolo che si è schiantato con 43 persone a bordo mentre era diretto nella capitale. Ancora da chiarire le esatte cause del disastro, forse dovuto alle cattive condizioni meteorologiche.

    Somalia
    Continuano le tensioni politiche in Somalia tra le massime autorità del governo di transizione. Di pari passo, proseguono pure gli scontri a Mogadiscio. Il presidente Sharif Sheikh Ahmed sarebbe tornato sui suoi passi e avrebbe deciso di non licenziare più primo ministro ed esecutivo, mentre nella capitale sono segnalate nuove violenze tra le forze governative e i ribelli Shabaab.

    Turchia-Somalia
    Al via oggi in Turchia, a Istanbul, la conferenza internazionale sulla Somalia sotto l’egida dell’Onu. Al vertice, che si concluderà domenica, prendono parte alti rappresentanti di 55 Paesi e di 12 organizzazioni internazionali assieme al numero uno del Palazzo di Vetro Ban Ki-moon. I lavori entreranno nel vivo domani quando saranno discusse questioni di politica e sicurezza. Domenica invece il tema centrale sarà la ricostruzione e lo sviluppo del Paese africano.

    India
    E’ salito a 27 il bilancio delle vittime del ciclone tropicale Laila che si è abbattuto tre giorni fa sulla costa sud-orientale dell’India. Nello Stato dell’Andhra Pradesh si contano oltre 50 mila sfollati nei centri allestiti dal governo. Le autorità hanno deciso di mantenere lo stato di allerta, nonostante sia diminuita l’intensità del vento e della pioggia. Secondo l’ultimo bollettino meteorologico il ciclone è stazionario, ma nelle prossime 24 ore si muoverà verso nord.

    Dalai Lama
    Il Dalai Lama dialogherà con gli internauti cinesi attraverso il social network Twitter. La massima giuda spirituale tibetana ha infatti accettato l’invito a rispondere a 250 domande poste da oltre mille cittadini cinesi, avanzato da uno scrittore dissidente cinese residente negli Stati Uniti. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

     
     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 141

     
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