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Sommario del 18/05/2010
Nomine
◊ In Irlanda, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Killaloe, presentata per raggiunti limiti di età da mons. William Walsh.Al suo posto, il Papa ha nominato padre Kieran O'Reilly, finora superiore generale della Società delle Missioni Africane. Il neo presule, 58 anni, ha frequentato i corsi di Filosofia e Teologia presso il St. Patrick’s College di Maynooth, conseguendo il Baccalaureato in Lettere, quello in Teologia e il Diploma in Studi Missionari. Ordinato sacerdote, ha svolto per due anni il ministero pastorale nell' arcidiocesi di Monrovia, in Liberia. Quindi, al Pontificio Istituto Biblico di Roma ha conseguito la Licenza in Sacra Scrittura. Successivamente è stato insegnante di Studi biblici nel Seminario maggiore di Ibadan, in Nigeria. Dal 1990 al 1995 è stato membro del Consiglio Provinciale della Provincia irlandese del suo Istituto, con sede a Cork. Nel maggio 1995 è stato eletto Vicario Generale e, nel 2001, superiore generale della Società delle Missioni Africane, rieletto per un secondo mandato nel 2007.
In Spagna, il Pontefice ha nominato ausiliare di Terrassa Mons. Salvador Cristau Coll, finora vicario generale della medesima diocesi. Originario di Barcellona, dov’è nato 60 anni fa, il presule ha ottenuto la Licenza in Diritto Civile presso l’Università cittadina, completando gli studi ecclesiastici nel Seminario Maggiore di Toledo. Ordinato sacerdote in quella stessa città, ha svolto fra gli altri gli incarichi di amministratore parrocchiale, formatore del Seminario, notaio del Tribunale Ecclesiastico. Incardinato poi nell’arcidiocesi di Barcellona, ha ricoperto gli incarichi: di amministratore parrocchiale, arciprete della Cattedrale, direttore spirituale del Seminario Maggiore, delegato episcopale per gli affari amministrativi matrimoniali; promotore di Giustizia del Tribunale Ecclesiastico. In seguito alla creazione della diocesi di Terrassa, il 15 giugno 2004, s’incardinò in essa, dove è stato prima parroco della Cattedrale e quindi vicario generale e rettore del Seminario maggiore.
Nell'intenzione di preghiera di maggio, il Papa esorta a pregare perchè sia fermato "l’iniquo commercio di esseri umani"
◊ Benedetto XVI esorta a pregare “perché si ponga fine al triste ed iniquo commercio di esseri umani che purtroppo coinvolge milioni di donne e bambini”. Questa intenzione di preghiera generale che il Papa rivolge ai fedeli per il mese di maggio è un rinnovato invito a promuovere la dignità di tutte le persone come risposta alle Parole di Gesù: “Sono venuto a portare la vita e la vita in abbondanza”. E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, suor Estrella Castalone, coordinatrice di “Talita Kum”, Rete Internazionale della Vita Consacrata contro la tratta di persone, nata nel 2009 su impulso dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (Uisg) e dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim):
R. – “Sono venuta a portare la vita e la vita in abbondanza”: questa Parola di Gesù, dal Vangelo di Giovanni, l’abbiamo citata nella nostra dichiarazione contro la tratta delle persone. Siamo molto contente e siamo in sintonia con il Santo Padre, perché noi crediamo che tutti – come dice il Papa – abbiamo il diritto di vivere con la dignità dei Figli di Dio.
D. – Come si muove la vostra rete per arginare questo turpe fenomeno?
R. – Nella rete, nella missione che svolgiamo, ci occupiamo di interventi di prevenzione e di sensibilizzazione ed anche di denuncia della tratta delle persone. Ci occupiamo poi anche della protezione e dell’assistenza alle vittime. Svolgendo la nostra missione, ci impegniamo sul fronte della lotta contro la povertà e l’emarginazione, che riteniamo le cause che portano al fenomeno della tratta delle persone.
D. – Quale è la leva principale della vostra azione missionaria?
R. – Noi puntiamo, prima di tutto, sulla sensibilizzazione. Contiamo tanto sul nostro contatto con le persone nella nostra missione, perché è con loro che noi vogliamo portare il nostro impegno per cercare di porre fine, o di diminuire, l’effetto di questa schiavitù moderna.
D. – C’è un progetto, in particolare, che avete lanciato in questo periodo?
R. – Abbiamo lanciato una campagna contro la tratta di persone in Sudafrica, in occasione dei Mondiali di calcio che inizieranno a giugno. Ci siamo impegnate a sostenere la campagna organizzata dalle nostre consorelle contro la tratta in Sudafrica durante il Mondiale. In concreto, abbiamo lanciato quattro opere indirizzate ai tifosi, alle potenziali vittime, ai leader religiosi e alle persone che possono inconsapevolmente far parte della tratta.
D. – “Talita Kum”, il nome della vostra rete, significa “fanciulla, alzati!”. Con questa espressione, in lingua aramaica, Gesù risuscita una ragazza morta all’età di 12 anni. Come riportare alla vita bambini e bambine che hanno subito gli orrori della tratta?
R. – Abbiamo delle case, nelle quali cerchiamo di aiutare queste vittime a recuperare la dignità, offrendo loro un’opportunità per uscire come fece Gesù, che dando la mano alla bambina le disse: “Alzati!”. Noi offriamo opportunità, mezzi e risorse affinché questi bambini possano alzarsi con dignità e camminare verso un futuro dignitoso.
L'incontro del Papa con i rappresentanti degli episcopati europei, occasione per superare le difficoltà puntando sul Vangelo
◊ Con la sua persona e il suo esempio, a Fatima e a Lisbona, Benedetto XVI ci ha insegnato a pregare. La gente ha scoperto di nutrire per lui un grande affetto. Sono le impressioni del recente viaggio apostolico in Portogallo ricavate dal segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), padre Duarte da Cunha, originario di Lisbona. Presente ieri all’udienza concessa dal Papa ai vertici dell’organismo episcopale europeo, padre da Cunha ha illustrato in sintesi – al microfono della collega della redazione inglese, Philippa Hitchen – gli argomenti trattati dalla Ccee al cospetto di Benedetto XVI e della Curia Romana:
R. – E' stato un incontro informale che ci ha permesso di raccontare e illustrare al Santo Padre e alla Curia quanto stiamo facendo a livello di Ccee con le Conferenze episcopali: quindi, la collaborazione, i progetti e i principali temi affrontati. Con il Santo Padre è stato un incontro molto bello, nel quale si poteva vedere anche la sua gioia per il viaggio in Portogallo, da dove è appena rientrato. Abbiamo avuto anche l’occasione per discutere delle difficoltà che si vivono Europa, che si sta allontanando dalle radici cristiane. Il Papa insiste molto nell’evangelizzazione e nella speranza. Abbiamo avvertito un grande conforto. Per l’Europa sono veramente molto importanti i vescovi e le Conferenze episcopali, appare un momento decisivo.
D. – E’ anche un momento difficile...
R. – Molto difficile, ma si capisce che non si può guardare solo ai problemi. La Chiesa non può rimanere chiusa sotto le minacce di coloro che, purtroppo ed è una cosa gravissima, hanno macchiato la Chiesa. La Chiesa deve continuare, perché c’è tanto da fare e non possiamo fermarci. Quato, certo, senza dimenticare e senza far finta che non ci siano i problemi, ma non possiamo neanche rimanere fermi in questi problemi. C’è il Signore Gesù, ci sostengono i Santi e quindi c’è la possibilità di riuscire ad andare oltre le difficoltà. Questo credo sia un segno anche a livello ecumenico, a livello della pastorale, dell’evangelizzazione, della celebrazione della fede, della catechesi. Ci sono tante possibilità, perché si vede che la gente ha sete di Dio e ha bisogno della gioia che viene dalla fede. Questa è la nostra missione, come dice il Papa è quella di testimoniare.
D. – Una reazione sulla visita del Papa in Portogallo: quali sono stati i momenti più emozionanti e più belli, per lei?
R. – uno dei più belli è stato a Lisbona: lo scenario era molto suggestivo, davanti al fiume, e soprattutto si vedeva il Papa veramente contento. E poi, ciò che il Papa ci ha detto è stato di una bellezza e di una forza incredibile. Ma anche vedere la folla di Fatima è stato veramente commovente: soprattutto si vedeva che la gente era contenta. Mi ha fatto molta impressione e mi ha commosso il silenzio, perché il Papa – ha sempre questa abitudine – ci ha fatto restare in silenzio dopo l’omelia e sono stati momenti incredibili: cinque minuti di silenzio in una folla di 500 mila persone, così come anche a Lisbona e a Porto. Questo momento di silenzio e di vera preghiera di una moltitudine di persone ci mostra come il Papa ci stia insegnando a pregare.
D. – Quali sono le cose che rimarranno di più dopo questa visita e che porteranno dei veri frutti?
R. – Forse l’immagine stessa del Papa. La gente ha capito che il Papa è una persona di fede profondissima, una persona di una gentilezza e di una sensibilità fortissime. Possiamo dire che la gente si è "innamorata" del Santo Padre, ancora più di prima. La seconda cosa riguarda certamente i suoi testi, che saranno sicuramente studiati ed approfonditi nei gruppi, nelle parrocchie. E in questo Internet è un vantaggio, perché permette ormai a tutti di avere rapidamente i testi. Il Papa riesce a dire le cose profondissime in modo così semplice che la gente dice: “Io ho capito, ho capito”. Anche questo colpisce molto. Infine, l’entusiasmo: abbiamo visto più di due milioni di persone che in un modo o in un altro sono stati con il Papa per quattro giorni. C’è una tale speranza e c’è un tale entusiasmo nella Chiesa che io sono sicurissimo porteranno frutto come segno dello Spirito Santo. E’ veramente un segno che c’è qualcosa di più grande rispetto alla nostra volontà.
L'arte che rende plastico il Dio rivelato: in un volume gli scritti del Papa e del cardinale Ratzinger sul rapporto tra musica e liturgia
◊ La musica, nella liturgia, è il segno col quale la Chiesa interpreta la Rivelazione. E’ questa la tesi di fondo contenuta in molti degli scritti che – sia un tempo da cardinale, sia ora in veste di Pontefice – Joseph Ratzinger ha periodicamente espresso nel corso degli anni. Una significativa selezione di questi testi è contenuta nel volume appena uscito in libreria, intitolato “Lodate Dio con arte” e pubblicato dalla Marcianum Press. Fabio Colagrande ne ha parlato con il sacerdote salesiano, don Massimo Palombella, musicista, compositore e docente ala Pontificia Università Salesiana e al Conservatorio di Novara:
R. – A me pare di cogliere che tutte le volte in cui, sia il cardinale Ratzinger che Papa Benedetto XVI, affrontino la questione musica, arte e liturgia emerga un pensiero di fondo: quando noi facciamo musica all’interno di una celebrazione liturgica, questa non è un’occasione di fatto per ascoltare esteticamente solo della buona musica, ma primariamente è un gesto attraverso il quale la Chiesa dice e interpreta la Rivelazione. Quindi, l’arte è la modalità con la quale la Chiesa, nella sua storia, ha reso plastico il Dio rivelato.
D. – Uno dei temi che troviamo in questo volume è quello della grande sfida della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, anche per quanto riguarda proprio il linguaggio musicale…
R. – A me pare che un’idea di fondo presente in questa pubblicazione, ma anche leggendo tutti gli scritti di Joseph Ratzinger, sia che ogni riforma liturgica che la Chiesa compie è sempre inclusiva delle precedenti. Per cui, l’atteggiamento con il quale noi dobbiamo cogliere e comprendere il patrimonio ecclesiale è quello di una inclusività e non quello di una esclusività. Questo è il primo dato. Poi, tutto si colloca in una nozione di liturgia, all'interno di una nozione di ecclesiologia. La sfida del Concilio Vaticano II, fondamentalmente e primariamente, non è una dunque una sfida del togliere cose o di aggiungerne nuove, ma è quello del ricomprendere tutto all’interno di un’ecclesiologia che ci pone consiglio, e in questa comprensione tutto diventa una grossa sfida di cultura.
D. – Una sfida culturale che si pone a tutta la Chiesa, per quanto riguarda l’utilizzo della musica in ambito liturgico. Quindi, è un momento molto importante, in cui, sulla scorta anche di questi scritti di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, ricordarsi dell’importanza che hanno i linguaggi artistici…
R. – Il linguaggio artistico ha la capacità di andare oltre la sola parola detta. In fin dei conti, viene incontro alla stessa struttura fondamentale della Rivelazione, che non si esaurisce con il solo parlare, ma viene incontro a ciò che la sola parola non può dire e che quindi esprime attraverso un linguaggio plastico, aprendo – secondo un’espressione che usa spesso Joseph Ratzinger nel suo libro – il cielo, squarciando il cielo.
D. – Uno dei passaggi di questo volume, che raccoglie gli scritti di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI sulla musica, ricorda la parentela particolare che c’è tra musica e speranza…
R. – Credo che questa connessione non sia tanto d’ordine emotivo, ma sia anche in questo caso, e profondamente, di ordine teologico. La musica destinata alla liturgia, la musica sacra, è connessa con la speranza, perché la musica sacra dice la salvezza, dice la possibilità del contatto con l’umanità gloriosa di Cristo e quindi dice la vita in abbondanza.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La miniera d'oro di madre Cabrini: in prima pagina, un fondo di Lucetta Scaraffia sulle religiose e le capacità imprenditoriali.
La lunga notte dell'euro: in rilievo, nell'informazione internazionale, il vertice finanziario dell'Ue a Bruxelles.
Il mondo della guerra e il suo popolo di profughi: ventisette milioni di sfollati sono concentrati nei Paesi dilaniati dai conflitti.
Il principio e la sua applicazione: in cultura, Georges Cottier sul convegno dedicato al Concilio Vaticano II ieri e oggi.
Un articolo di Isabella Farinelli dal titolo "Una poesia tra due Papi e sei secoli": Celestino nei versi di Leone XIII.
Tradurre è un po' tradire: Emanuele Castelli al convegno, in Romania, su "Le scienze dell'antichità nelle università europee: pasato, presente, futuro".
La Sindone ai tempi del 3D: David Rolfe recensisce "Il testimone silenzioso", documentario realizzato in occasione dell'ostensione del Sacro Lino.
Quella "grillanda" di luce sotto la cupola del Brunelleschi: Timothy Verdon sulla nuova illuminazione del presbiterio di Santa Maria del Fiore.
Nell'informazione vaticana, sulle conclusioni dell'Anno sacerdotale intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Mauro Piacenza, segretario per la Congregazione per il Clero.
Il cardinale Brady proseguirà il suo mandato: presentato il secondo Rapporto sugli abusi del clero ai minori nella Chiesa irlandese
◊ Proseguirà nel suo mandato, il cardinale Sean Brady, primate di tutta l’Irlanda: l’annuncio nella dichiarazione di commento al secondo Rapporto annuale della Commissione nazionale per la difesa dei minori nella Chiesa cattolica d’Irlanda, pubblicato ieri. Il servizio di Roberta Gisotti:
“Accolgo con favore” questo Rapporto, scrive il cardinale Brady ringraziando i membri della Commissione per “la loro dedizione eccezionale, professionalità e impegno nel sostenere il sincero desiderio dei vescovi e dei responsabili delle Congregazioni religiose di divenire esemplari nella miglior pratica di tutela dei bambini”. “Spero – aggiunge il porporato – che il Rapporto possa rassicurare tutti che, mentre restano importanti sfide, la Chiesa cattolica d’Irlanda ha fatto molta strada per riparare agli sbagli del passato.” E tra le buone notizie è la formazione di 2.356 persone che possano dedicarsi alla salvaguardia dell’infanzia nelle parrocchie di tutto il Paese, entro i prossimi mesi. Ma “non c’è spazio per l’autocompiacimento”, ammonisce il presidente dei presuli irlandesi. “La tragica esperienza del passato ci ricorda che è necessaria una costante vigilanza e piena adesione a robusti, completi e dinamici sistemi di responsabilità”. “Negli anni che mi restano da arcivescovo di Armagh – osserva il cardinale Brady – mi dedicherò interamente a quell’opera di guarigione, pentimento e rinnovamento indicata alla Chiesa irlandese da Benedetto XVI, partendo dai significativi progressi realizzati in questi anni per proteggere l’infanzia”.
Il primate di tutta l’Irlanda appare dunque intenzionato a proseguire il suo mandato, dopo le polemiche emerse sulla stampa nei mesi scorsi riguardo un presunto coinvolgimento del cardinale Brady nella copertura di un caso di pedofilia negli anni ’70 e dopo che il porporato, il 17 marzo scorso, Festa di San Patrizio Patrono d’Irlanda, aveva espresso profondo rincrescimento per le sue possibili mancanze. Da qui, la richiesta di aiuto del primate di tutta l’Irlanda al Papa, al quale nella dichiarazione chiede di essere affiancato da un aiuto a livello episcopale per la gestione della crisi degli abusi sessuali che ha travolto la Chiesa del suo Paese. Nel Rapporto presentato ieri, la Commissione incaricata documenta di avere raccolto - dal 1 aprile 2009 al 31 marzo 2010 – 200 nuove denunce di abusi, tutte riportate alle autorità civili.
Marea nera: continua il lavoro del tubo aspirante inserito nella falla
◊ Riuscirà ad aspirare 2000 barili di greggio al giorno il tubo inserito all'interno della conduttura che sta disperdendo petrolio nel Golfo del Messico. Ad annunciarlo la British Petroleum, per la prima volta dal 20 aprile, quando è esplosa la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. Secondo la compagnia petrolifera, il tentativo per arginare la massiccia perdita sottomarina punta a raccogliere il 40% del flusso disperso in mare quotidianamente. Nei prossimi giorni poi si tenterà di otturare la valvola di sicurezza con una sostanza chimica oppure con detriti vari, per ostruire la sorgente della perdita. Il presidente statunitense Obama, intanto, starebbe pensando alla creazione di una Commissione d'inchiesta presidenziale per appurare le cause dell'incidente alla piattaforma. Mentre entro la fine del mese sono state annunciate le dimissioni del responsabile dell’agenzia governativa Usa che gestisce il programma di trivellazioni petrolifere offshore. Ma gli ultimi sforzi per tentare di fermare la fuoriuscita di petrolio saranno sufficienti a bloccare la marea nera? Giada Aquilino lo ha chiesto a Matteo Mascia, coordinatore del progetto Etica e Politica ambientale della Fondazione Lanza di Padova:
R. – Per quello che sappiamo no, nel senso che le prime informazioni davano una fuoriuscita di 5 mila barili al giorno, adesso si parla addirittura di molti, molti di più. Quindi, questo piccolo tubo risolve in minima parte il problema. Certo, comunque, è un aspetto positivo. E’ almeno un primo tentativo riuscito di ridurre le emissioni di petrolio. Ma il problema rimane: è un problema di dimensioni catastrofiche, come non era mai successo, almeno da quello che ci risulta, in altri incidenti di questo tipo.
D. – In settimana la Bp tenterà di otturare la valvola di sicurezza per bloccare la sorgente. Sarà possibile?
R. – Spero proprio di sì, nel senso che c’è bisogno comunque di trovare una modalità per ridurre ulteriormente, se non bloccare completamente, il flusso di petrolio che sta inquinando il Golfo del Messico, per cui questi tentativi vanno fatti e speriamo abbiano successo. Certamente le difficoltà sono enormi, visto che parliamo di profondità molto elevate. Siamo a più di 1500 metri, con un pozzo scavato per oltre seimila metri. Le difficoltà, anche tecnologiche, sono enormi e questo ovviamente aumenta, se vogliamo, le responsabilità di quanti erano chiamati a monitorare e a controllare affinché non potesse succedere un incidente di queste proporzioni.
D. – Entro fine mese si dimetterà il responsabile dell’agenzia governativa statunitense, messa sotto accusa dall’opinione pubblica per la gestione del programma di trivellazioni petrolifere offshore. Si sospetta che non siano stati effettuati i necessari controlli sul programma di prospezione. Generalmente che verifiche si effettuano?
R. – Credo che ci sia tutta una serie di procedure che devono riguardare intanto l’autorizzazione alla possibilità di attuare questi tipi di perforazioni e poi una serie di procedure di carattere tecnico, di sicurezza, sia legata al lavoro, sia ambientale.
D. – Quanto accaduto cosa insegna? Cosa dovrebbe cambiare nel campo della politica ambientale?
R. – Lo sforzo principale che bisognerà fare è quello di contabilizzare. Noi dobbiamo riuscire a mettere in conto, in un percorso di costi e benefici di tipo economico, cosa vuol dire un rischio di questo tipo. Una catastrofe come quella che è avvenuta nel Golfo del Messico avrà delle ripercussioni dal punto di vista sociale ed economico, per il sistema economico del luogo, ma anche per quanto riguarda l’impatto ambientale e i costi che comporterà il ripristino: vorrà dire comunque costi che non potremo mai calcolare. Per esempio, la morte e la distruzione di interi ecosistemi marini o di specie animali. Quindi, una prima fase, secondo me, sarebbe quella di cercare di capire se effettivamente è conveniente l’estrazione del petrolio da situazioni che possono avere delle conseguenze ambientali e quindi anche economiche così pesanti. In secondo luogo, dobbiamo costruire dei percorsi che ci possano portare nel giro di 20 anni o 30 anni ad avere una produzione di energia attraverso una serie di progetti che portino a rafforzare l’energia da fonti rinnovabili, portino a rafforzare l’efficienza energetica e portino a rafforzare la riduzione del consumo di energia, in modo tale da diminuire potenzialmente i rischi di catastrofi come questa.
La Comunità di Sant'Egidio contro la pena di morte: sempre più condivisa l'abolizione su scala internazionale. Intervista con Mario Marazziti
◊ “Dalla moratoria all’abolizione della pena di morte”. Questo il titolo del quinto Congresso dei ministri della Giustizia che ha riunito ieri e oggi a Roma rilevanti personalità di governo provenienti da oltre 30 Paesi. Ad organizzare l’evento la Comunità di Sant’Egidio, in vista della votazione all’Assemblea Generale dell’ONU della terza risoluzione sulla Moratoria Universale. Ma qual è il valore di questo appuntamento? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:
R. - Sia un grande laboratorio dove Paesi che hanno abolito la pena capitale, Paesi che hanno una moratoria di fatto e magari possono trovare le esperienze dell’altro utili per passare una moratoria per legge, o all’abolizione, o Paesi che hanno ancora l’uso della pena di morte lavorano assieme alla Comunità di Sant’Egidio per aiutare ognuno a fare quel passo in più.
D. – Quali progressi si registrano nel cammino verso l’abolizione della pena di morte?
R. – Dal 2007, sono impressionanti. L’Uzbekistan ha abolito la pena di morte, come pure il Gabon, il Kazakistan, il Burundi. Il Rwanda ha ratificato il secondo Protocollo opzionale e un documento Onu che è l’unico documento completamente abolizionista e vincolante. Abbiamo poi la Mongolia: il presidente ha siglato una moratoria di legge che guarda all’abolizione ed è un Paese nel cuore dell’Asia. Anche l’Asia in effetti si muove. Ci sono settemila condanne capitali in Pakistan in discussione se commutarle tutte in una sentenza carceraria. Il New Mexico e il New Jersey, negli Stati Uniti, hanno abolito la pena di morte. C’è la notizia negativa di Taiwan che riprende le esecuzioni, ma abbiamo il Giappone che è un anno che non compie esecuzioni. E abbiamo la speranza che Stati Uniti, Giappone e India presto diventino dei giganti che sospendano almeno le esecuzioni e passino sul terreno di una moratoria. Insomma, la pena di morte non è più solo una questione interna degli Stati, è la grande questione del mondo: questo è il risultato e questo è l’obiettivo che ci riproponiamo all’approvazione della prossima risoluzione all’Onu.
D. – Cos’altro c’è da fare, quali sono le altre emergenze?
R. – C’è una grande emergenza che è anche culturale, civile, di affermare la cultura di vita e non una cultura di morte. Il grande ruolo dell’Europa, contro la pena di morte, nel tempo aiuterà anche a un ripensamento sul tema della vita, su altri terreni. D’altra parte, bisogna lavorare perché la prossima risoluzione non sia solo di alcuni Paesi del mondo "illuminati", ma sia sponsorizzata da oltre 90 Paesi e che in realtà riaffermi questo trend inarrestabile.
Negli atenei della capitale la Settimana delle scienze delle comunicazioni, promossa dalla Pastorale universitaria del Vicariato di Roma
◊ Si è aperta oggi, e proseguirà fino a sabato, negli atenei di Roma la Settimana delle Scienze delle comunicazioni, sul tema “Il mondo digitale, i nuovi media al servizio del nuovo umanesimo”. L’evento, promosso dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria della diocesi, si svilupperà attraverso una serie di incontri e dibattiti che coinvolgeranno tutte le Università della capitale. Ma in che modo è possibile educare i giovani ad un uso corretto del mondo digitale? Marina Tomarro lo ha chiesto a Giampiero Gamaleri, docente di Sociologia presso l’Università di Roma Tre, e tra i promotori della settimana:
R. - Io credo che oscilliamo tra due momenti molto importanti. Il primo è il momento della formazione: fare in modo che i ragazzi abbiano consapevolezza del sistema dei media e quindi capiscano quali siano gli elementi di formazione, di ricerca che occorre attivare per poter avere un atteggiamento critico e una formazione professionale per chi vuole impegnarsi. La seconda dimensione riguarda i produttori: fare in modo che vi sia la possibilità di immettere nel circuito sempre più prodotti di qualità. In questo senso, io credo che la Settimana sia significativa, perché mentre a Roma Tre parliamo per l'appunto di formazione, ricerca e comunicazione, nell’ultima tavola rotonda che riguarda l'Università della Sapienza viene affrontato il tema “I media, giovani e società. Come saremo domani?”, in un dialogo tra giovani e docenti della disciplina.
D. – Secondo lei, in che modo il mondo digitale oggi può essere al servizio della Chiesa e quindi del Vangelo?
R. – Io credo che la chiave fondamentale sia data da questo: vi è un’evoluzione dei media che, da una parte, presenta vistosi rischi cui siamo tutti di fronte, ma presenta dall'altra anche un’opportunità che non va trascurata, che potremmo chiamare l’opportunità del dialogo. La Chiesa, come agorà, come ambiente nel quale c’è una circolazione di dialogo, è in analogia con questo mondo dove ciascuno può diventare protagonista attraverso la rete. Certo, nella rete c’è il rischio che vada molta, molta spazzatura, però nella rete possono andare anche molti e molti valori: valori che non nascono soltanto dall’alto, ma nascono da qualsiasi persona di buona volontà e in particolare, mi auguro, dai cristiani.
D. – Oggi, tra i giovani sono molto diffusi anche i social network. In che modo possiamo aiutare i ragazzi a usarli in maniera corretta?
R. – Regole strette non ci sono. C’è una diffusione paziente e molto, molto tenace di una buona volontà e di un’attenzione a questo fenomeno: fare in modo, cioè, che non vi siano soltanto lodevoli iniziative dall’alto. Fino a poco tempo fa, fare una cosa buona poteva consistere nel creare, per esempio, un organo di stampa o una televisione o una radio di ispirazione cristiana. Molto più difficile, ma anche molto più promettente, è quello di diffondere tanti, tanti "enzimi" di atteggiamento cristiano in tutti i luoghi di dialogo che la rete consente.
I viaggi della fede e della speranza al centro del 13.mo Religion Today Filmfestival
◊ E’ stata presentata in questi giorni a Roma la tredicesima edizione di "Religion Today Filmfestival", la prima rassegna internazionale dedicata al cinema delle religioni. L’iniziativa si svolgerà dall’8 al 21 ottobre prossimo ed il tema principale sarà "Viaggi della fede. Viaggi della speranza". Ce ne parla Davide Dionisi:
Trento e provincia, Roma, Bolzano, Bassano e Nomadelfia, con un’anteprima a Teggiano Policastro. Sono queste le tappe dell’edizione numero tredici di Religion Today Filmfestival, che vedrà protagonista il cinema delle religioni per una conoscenza reciproca tra persone, popoli, fedi e culture. Pellegrinaggio e migrazioni sono i due argomenti ai quali si ispireranno le pellicole, i cortometraggi i documentari e i reportage televisivi. Sulla scelta dei temi e sul programma della manifestazione ascoltiamo la direttrice del Festival, Katia Malatesta:
R. – Già da molti anni, abbiamo cercato di sintetizzare la missione del nostro Festival con il sottotitolo “Viaggio nelle differenze”, che rimanda proprio a questo tema antropologico originario del viaggio. Viviamo oggi in un tempo in cui spostarsi è diventato facilissimo, in cui in qualche modo anche l’altrove viene "venduto" last minute e in cui siamo abituati a viaggiare senza però rinunciare a tutte le nostre comodità. Noi abbiamo voluto tornare a riflettere sul viaggio come occasione di un incontro profondo con l’altro, che ci spinga anche positivamente ad interrogarci su quelle che sono le nostre posizioni e le nostre visioni del mondo. Abbiamo poi pensato di mettere in relazione due modalità profondamente diverse del viaggiare: quella del pellegrino – che parte mosso da una fame, diciamo, spirituale – e quella invece dei migranti, di coloro che sono cioè spinti a muoversi dal bisogno, dalla necessità: parliamo di migrazioni forzate. Ci siamo chiesti se vi possa essere un dialogo tra questi viaggiatori e quali siano le risposte delle diverse religiose a queste due diverse modalità di viaggiare.
D. - Siamo giunti alla tredicesima edizione di Religion Today Filmfestival. Quali sono le novità di quest’anno?
R. – Quest’anno, abbiamo deciso di puntare molto su un discorso di formazione del pubblico, di educazione all’immagine. Come al solito cercheremo, quindi, di costruire un festival ricco, ricco anche di incontri con ospiti internazionali. In più, vorremmo offrire agli interessati qualche chiave di lettura per avvicinarsi ai nostri film, che vengono spesso da cinematografie molto lontane e che richiedono – forse – qualche aggiustamento del nostro punto di vista. Ci rendiamo conto sempre di più che in questa società, che siamo abituati a chiamare "dell’immagine", in realtà soffriamo tutti di una carenza di strumenti che ci aiutino a decifrare questo onnipresente linguaggio dell’audiovisivo.
Vescovi portoghesi su matrimoni gay: passo indietro, minano la coesione sociale
◊ “La decisione del presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, di promulgare la legge che legalizza i matrimoni omosessuali è un passo indietro nella costruzione della coesione sociale, ed è in contrasto con uno dei principi più consolidati delle diverse civiltà del genere umano”. Così, padre Manuel Morujão, portavoce della Conferenza episcopale portoghese, si è espresso in una nota diffusa ieri sera, subito dopo la firma del capo dello Stato sulla controversa legge già approvata in parlamento l’11 febbraio scorso. Nel comunicato, ripreso dal Sir, il portavoce dei vescovi portoghesi ricorda inoltre quanto Benedetto XVI aveva detto non più di una settimana fa a Fatima parlando ai rappresentanti delle istituzioni sociali cattoliche chiedendo loro di “tutelare i valori essenziali e primari della vita, dal suo concepimento, e della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna”. “Lo scorso 13 maggio a Fatima – si legge ancora nella nota – Papa Benedetto XVI ha ricordato che la famiglia è fondata sull’unione di amore tra un uomo e una donna, e che la sua tutela è uno dei fattori chiave per la costruzione del bene comune”. Padre Manuel Morujão ha infine citato le parole del presidente della Repubblica per denunciare la mancanza di volontà politica “di raggiungere un ampio consenso delle parti su un tema di così grande rilevanza". “Considerata la grave crisi che il Paese sta vivendo e le complesse sfide che abbiamo di fronte – conclude la nota – si dovrebbe promuovere l'unità tra i portoghesi e non la divisione, una strategia di compromesso e non rottura”. (M.G.)
La Chiesa indiana si appresta a varare un “codice anti-abusi”
◊ La Conferenza episcopale indiana, insieme ai superiori delle congregazioni religiose, si prepara a discutere un codice di condotta contro gli abusi sessuali. Al tal fine saranno organizzati una serie d’incontri al termine dei quali verranno diramate a tutto il clero delle direttive su come affrontare la questione. Intanto, nell’episcopato indiano emerge la linea della fermezza, come spiega ad AsiaNews mons. Thomas Dabre, vescovo di Vasai e presidente della Commissione teologica della Conferenza episcopale indiana di rito latino: “Deve essere esercitata una tolleranza zero. Va seguito il sistema di giustizia civile e si deve rendere pienamente giustizia alle vittime di tali abusi”. Per mons. Dabre “dal punto di vista dell’insegnamento teologico, l’abuso è intrinsecamente malvagio. È incomprensibile come un sacerdote, promotore di questo insegnamento nel suo ministero, si possa macchiare di attività come queste”. Per diramare delle direttive - prosegue il vescovo -“dobbiamo studiare la questione da angolazioni differenti. Dal punto di vista dell’antropologia teologica, ad esempio, non possiamo mettere da parte un bambino e la sua personalità perché materia di poco conto. Va poi considerata la sessualità: il bambino non capisce cosa gli stia accadendo, ma subisce un trauma enorme. Poi c’è la teologia pastorale: se un sacerdote commette abusi, nessuno verrà più da noi”. Per questo, aggiunge, “dobbiamo mettere in pratica delle misure penali e correttive per chi sbaglia. Inoltre casi come questi vanno analizzati sotto l’aspetto del codice canonico, di quello civile, della psicologia… Dobbiamo disegnare una politica che prenda in considerazione tutti questi aspetti e li risolva”. Il presule ricorda tuttavia che, soprattutto in India, c’è un’esagerata campagna di odio contro il Papa: “Accusarlo di non fare nulla contro la pedofilia è profondamente falso – conclude il vescovo - dato che proprio Benedetto XVI è uno dei più fermi e coraggiosi Pontefici che hanno affrontato casi del genere”. (M.G.)
Austria: al via la Commissione per la pastorale dei separati
◊ I vescovi austriaci hanno istituito una commissione episcopale che avrà il compito di elaborare proposte per la pastorale di separati e risposati. Lo ha annunciato ieri il cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza episcopale austriaca, in una conferenza stampa insieme con il vescovo di Gurk, mons. Alois Schwarz. “La commissione sarà diretta all’arcivescovo di Salisburgo, mons. Alois Kothgasser – ha spiegato il presule – ed entro la plenaria della Conferenza episcopale di novembre 2010 dovranno essere presentate proposte concrete”. L’iniziativa, di cui riferisce il Sir, è un risultato concreto del congresso dei consigli pastorali conclusosi a Mariazell il 15 maggio. Mons. Schwarz ha auspicato un approccio di “grande sensibilità”, che consideri “diversi punti di vista”, che la Chiesa deve adottare per “poter trovare soluzioni” alla questione dei separati e dei risposati, così come al “valore dato dalla Chiesa alla sessualità e il sesso come dono” e il “ruolo della donna nella Chiesa". Sugli abusi, tema discusso anche a Mariazell, il cardinale Schönborn ha parlato di esperienze “molto dolorose e opprimenti”. Tuttavia - ha concluso Schönborn - a Mariazell è emerso che questa situazione può essere una “opportunità per ripensare ai compiti fondamentali dei cristiani e della Chiesa”. (M.G.)
Kenya: in missione non solo i sacerdoti ma anche i loro familiari
◊ Il vescovo della diocesi di Embu in Kenya, mons. Paul Kariuki Njiru, ha sollecitato i familiari dei missionari che operano nel territorio africano ad impegnarsi come membri attivi della Chiesa. L’invito del presule – si apprende dall’agenzia Fides – è stato pronunciato in occasione della Giornata diocesana annuale di preghiera che vede riuniti i sacerdoti con i rispettivi familiari. Il vescovo ha ringraziato le famiglie dei sacerdoti per il grande sostegno dato alle vocazioni di ciascuno dei propri figli, oggi preti. La diocesi di Embu conta 29 missionari, 58 sacerdoti diocesani e 3 diaconi. Due sono missionari Fidei Donum nel Vicariato di Isiolo e gli altri sei studiano nei collegi locali e nelle università straniere. Nel sollecitare i religiosi a continuare con fiducia il loro lavoro, mons. Kariuki li ha invitati a fare tesoro dei consigli dei loro parenti, dicendo che “la gioia di ogni genitore sta nel sapere che il proprio figlio risponde esattamente alla vocazione che il Signore ha voluto donargli”. Ha infine sostenuto che nessun sacerdote potrebbe adempiere completamente alla propria vocazione sapendo che i propri familiari e i loro più stretti vicini non vivono la fede e i sacramenti. Papa Giovanni XXIII diceva: “Il primo nucleo essenziale della Chiesa è la famiglia, vera Chiesa domestica”. (M.A.)
Usa: la Corte Suprema dice no all’ergastolo per i minori
◊ La Corte Suprema statunitense ha deciso di annullare le condanne ad ergastolo inflitte ai minori che siano risultati colpevoli di crimini gravi, ad eccezione dell’omicidio. L’organo giuridico americano – riferisce l’agenzia Misna – ha dichiarato ieri tali condanne incostituzionali perché violano il divieto di infliggere pene crudeli e inusuali sancito appunto dalla Costituzione. Anche l’articolo 37 della Convenzione dell’Onu sui diritti dei bambini va in questa direzione: non è permesso punire un minore in una maniera che lo umili o lo ferisca gravemente. Un minorenne non dovrebbe mai essere rinchiuso in prigione, se non come rimedio estremo. Qualora imprigionato, ha diritto ad attenzioni speciali e a visite regolari della famiglia. Negli Stati Uniti sono 111 le persone condannate all'ergastolo senza libertà sulla parola per crimini diversi dall'omicidio commessi quando avevano meno di 18 anni. Circa il 70% di questi stanno scontando la pena in Florida. I giovani occupano sempre di più le prime pagine dei giornali con le loro storie di violenza, disadattamento e solitudine. Aumentano i casi di violenza giovanile e negli Stati Uniti è acceso il dibattito su se e come punirli . C'è chi protesta contro l'impunità garantita e chiede l'abbassamento dell'età punibile, chi si interroga sulle misure alternative alla detenzione, e chi attribuisce una forte responsabilità ai genitori e ai media. Studi di sociologia e psicologia dimostrano che se gli adulti vengono meno al loro ruolo di educatori, i giovani non hanno coscienza del limite né della punizione che ne consegue se esso viene travalicato. Il crimine diventa così un gesto dimostrativo, un'affermazione di esistenza e, in altri casi, addirittura un modo per passare il tempo. Su questi temi ci vorrebbe una riflessione, a partire dalle istituzioni scolastiche e dalle famiglie stesse. (M.A.)
Onu e Unione Africana confermano le previsioni di crescita in Africa
◊ Un 2010 di crescita record per l’economia africana. È quanto prevedono le stime contenute in una relazione congiunta diffusa dalla Commissione dell’Unione Africana (Ua) e dalla Commissione per l’Africa dell’Onu. Secondo il rapporto citato dalla Misna, il Prodotto interno lordo del continente nel 2010 dovrebbe segnare un + 4,8%, il doppio rispetto all’anno precedente. Sulla base delle valutazioni di esperti, la ripresa dell’economia mondiale dovrebbe far crescere la domanda sui mercati mondiali e i prezzi delle esportazioni di prodotti africani, generando anche nuove entrate nel settore del turismo. Sono anche previsti aumenti degli investimenti esteri diretti per il miglioramento delle carenti infrastrutture del continente. L'unica preoccupazione viene dal fatto che l’Africa esporta soprattutto risorse naturali e prodotti dal valore aggiunto ridotto, i cui prezzi sui mercati mondiali sono molto vulnerabili e dipendono dalla domanda. Sulla base delle stime diffuse, a registrare la maggiore crescita economica dovrebbe essere l'Africa occidentale, con un tasso del 6,4%. E' seguita dalla regione orientale (5,4%). L'Africa meridionale dovrà accontentarsi del 3,8%. Solo qualche settimana fa, analoghe valutazioni erano state fatte dal Fondo monetario internazionale (Fmi) che valutava le stime di crescita del continente al 4,7% per quest’anno e al 5,9% nel 2011. Secondo l'istituzione finanziaria internazionale, l’aumento dei prezzi del greggio dovrebbe trainare le potenze petrolifere d’Africa; la loro ripresa dovrebbe anche essere favorita dalla loro “più limitata integrazione commerciale e finanziaria” con i mercati mondiali. (M.G.)
RD Congo: la Chiesa per lo sfruttamento sostenibile delle risorse minerarie
◊ “Promuovere uno sfruttamento etico del sottosuolo e sensibilizzare le popolazioni sui loro doveri e diritti”: è lo spirito che animerà l’impegno degli osservatori locali delle risorse naturali della provincia congolese del Katanga, formati nelle diocesi di Lubumbashi, Kilwa Kasenga, Sakania-Kipushi e Kolwezi. L’iniziativa è promossa dalla Conferenza episcopale del Congo (Cenco), che già nel 2007 ha istituito una Commissione episcopale ad hoc per le risorse naturali (Cern). Attraverso gli osservatori locali delle risorse naturali, la Chiesa intende istituire piattaforme di concertazione tra società civile, governo e società minerarie in grado anche di controllare che una volta commercializzate le risorse estratte in Congo non alimentino altrove violenze e conflitti. Mons. Fulgence Muteba Mugalu, vescovo della diocesi di Kilwa Kasenga, spiega infatti alla Misna che non è più sufficiente “denunciare lo scandalo geologico in atto in Katanga; una regione ricca di risorse minerarie ma dove lo sfruttamento non contribuisce come dovrebbe allo sviluppo della nostra società, peggio ancora dà luogo a saccheggi e gravi danni ambientali”. Il presule pone l’accento in particolare sugli obblighi delle multinazionali di avviare progetti di sviluppo sociale e di assumere regolarmente i lavoratori nel rispetto dei loro diritti. Alle autorità politiche i presuli chiedono di esercitare un maggior controllo sull’applicazione effettiva degli accordi firmati con le multinazionali. Gli stessi richiamano le società minerarie al rispetto delle loro responsabilità sociali, ambientali e in termini di diritti umani. “Se dal punto di vista economico abbiamo bisogno che le nostre risorse minerarie vengano sfruttate, non possiamo acconsentire che ciò venga fatto a qualsiasi prezzo, soprattutto a discapito delle popolazioni autoctone – insiste mons. Muteba – invitando al dialogo e alla trasparenza tra le parti”. “Insieme - conclude il vescovo - siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità per costruire un futuro sostenibile, uscendo dal circolo vizioso povertà-violenze-ingiustizie”. (M.G.)
Entra nel vivo il Festival del cinema di Cannes
◊ L’umanità, declinata in tutte le sue forme, è la grande protagonista di questi giorni di Cannes. Non solo quella, brulicante, che ha circondato il festival con il suo abbraccio nel lungo ponte dell’Ascensione, ma quella che popola i film in programma, una pluralità di voci, di sguardi, di corpi che s’interrogano sul proprio posto nel mondo. A fare sensazione non è però uno dei titoli maggiori della Selezione Ufficiale (dove i vari Tarvernier, Kitano e Iñarritu deludono e un poco irritano per l’accademismo sterile delle loro ultime opere), ma un piccolo film italiano presentato nella Quinzaine des Réalisateurs e in uscita a breve sui nostri schermi, Le quattro volte di Michelangelo Frammartino. Diviso in quattro capitoli che si aprono e si chiudono nel buio, il film è un inno alla vita, frutto di una riflessione filosofica che vede la permanenza dello spirito nella materia, sia essa organica o inorganica, nel passare del tempo. Si parte da un vecchio pastore che instancabilmente compie i gesti di una vita: portare le greggi al pascolo, mungere gli animali, distribuire il latte e il formaggio alle genti. Il suo sguardo morente viene raccolto da una capra gravida che subito dopo mette al mondo un capretto. Il cucciolo apprende la gioia, ma anche il dolore di vivere. Disperso nel bosco, si arrende alla fatica e alla fame ai piedi di un albero, che verrà tagliato in onore di un rito contadino che celebra la primavera e poi, ridotto in tronconi, bruciato per diventare carbone, mentre la linfa che lo animava si trasforma in vapore, disperso dal vento. Muto, ma pieno dei suoni della realtà, in preda a un’ispirazione che circola fra le cose con trascendente consapevolezza, Le quattro volte ci affascina perché ci mette in contatto con qualcosa che il cinema in questi ultimi tempi sembrava avere perduto: la capacità di passare da uno sguardo individuale a una visione del mondo. Insieme al film di Frammartino, altri due film s’impongono all’attenzione, 'Pal Adrienn' di Agnes Koksis e 'Copia conforme' di Abbas Kiarostami. L’opera seconda di una giovane regista ungherese ci trasporta nel cuore della sofferenza, un centro di cure palliative per malati terminali. L’inizio del film è l’agghiacciante routine di chi è abituato a convivere col dolore: l’indifferente cura dei corpi, la fredda constatazione delle morti, la stanca rimozione dei cadaveri, l’imbarazzata comunicazione dei decessi. Poi, nella bulimica e impassibile protagonista, qualcosa scatta: il casuale incontro col nome di un’amica perduta nel tempo riaccenderà la curiosità nei confronti degli altri esseri umani, invitando alla ricerca, alla comprensione, alla compassione. Se Pal Adrienn, centrato su una precisa osservazione di uomini e cose, convince lo spettatore per i continui e sorprendenti scarti narrativi, Copia conforme affascina per la dialettica che sviluppa, immergendo due corpi d’attori nel magnifico paesaggio toscano. Il punto di partenza, la conferenza di uno scrittore inglese che riflette sulle relazioni fra copia e originale, s’innesta nel breve incontro fra lo stesso scrittore e una giovane antiquaria. La loro discussione diventa rapidamente una divagazione sui rapporti fra l’uomo e la maschera, fra ciò che si è per se stessi e ciò che si è per il mondo. Regia e attori creano una felice illusione, Kiarostami si ricorda di Viaggio in Italia di Rossellini, lo spettatore si commuove al suono festoso delle campane. (Da Cannes, Luciano Barisone per Radio Vaticana)
Il Colosseo: visite all’attico e all’ipogeo anche di notte
◊ Visite serali e aperture di tutti livelli della struttura. In vista della ristrutturazione generale che darà nuova luce al monumento, il Colosseo raddoppia la sua offerta turistica. Da giugno a metà settembre sarà possibile visitare l’Anfiteatro Flavio anche nelle ore serali, mentre da agosto saranno fruibili tutti e quattro i livelli (ora sono solo due), dal'Ipogeo all'attico. L'annuncio è stato dato dal commissario straordinario per Roma, Roberto Cecchi, in una relazione con cui ieri ha aperto il convegno Roma Archeologica. ''L'accesso notturno all'anfiteatro Flavio sarà consentito per due giorni a settimana, il martedì e il sabato, dalle 21 alle 24 - ha aggiunto la direttrice del Colosseo Rossella Rea - ma non c'è ancora grande richiesta perchè probabilmente il pubblico non è ancora abituato all'idea''. Al momento non si pensa a un sistema di illuminazione generalizzato, per non incidere sulla percezione del luogo. Il percorso sarà simile a quello diurno e prevederà anche lo spazio della mostra. Per quanto riguarda l'ampliamento della fruizione del Colosseo anche all'Ipogeo e all'attico, sicuramente sarà garantito entro agosto, ha spiegato Cecchi, più probabilmente a metà mese. Si tratta di luoghi di indubbio fascino, ha proseguito, e per quanto riguarda i sotterranei, le visite saranno contingentate, consentendo l'accesso a 10-12 persone alla volta. (M.G.)
Ancora un attentato in Afghanistan: uccisi sei soldati del contingente Isaf e 12 civili
◊ Sei soldati della missione Isaf in Afghanistan e 12 civili sono stati uccisi in un attentato rivendicato dai talebani nel cuore di Kabul. Cinque dei militari sono americani. Un kamikaze alla guida di un'autobomba si è lanciato contro un convoglio statunitense. Si tratta dell'attacco più sanguinoso assieme a quello che, nel settembre scorso, causò la morte di sei soldati italiani. L'attentato segue l'annuncio dei talebani di un’offensiva contro il governo di Kabul, le forze straniere e i diplomatici in risposta alle operazioni Nato per strappare Kandahar al controllo dei talebani. A Marco Lombardi, responsabile dei Progetti educativi in Afghanistan dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Stefano Leszczynski ha chiesto come sia cambiato lo scenario afghano:
R. - Tutti ci si aspettava una recrudescenza estiva delle attività talebane, e questo di tipo ambientale è un dato che ricorre. Quello che è successo ieri e oggi è ciò che accade quotidianamente in Afghanistan nei confronti di Isaf e di Nato. Se voi siete a Kabul, il quartier generale della Nato, vedete tutti i giorni le bandiere a mezz’asta: vuol dire che c’è un morto nel Paese delle truppe Nato tutti i giorni. Fa parte del rischio dell'essere in Afghanistan, ed è una ragione per restare in Afghanistan.
D. – Come mai nonostante tutto l’impegno che si profonde nel settore umanitario e nella ricostruzione, non si riesce a conquistare ancora il cuore di questo Paese?
R. – Anche su questo argomenterei. Attenzione, bastano dieci persone, cinque persone, una persona che ha deciso di morire, facendosi saltare in aria, per ucciderti, senza che questo voglia dire che gli altri milioni di persone che sono nel Paese non siano dalla tua parte. C’è sicuramente una componente radicale talebana, ma non stiamo dicendo che sia la componente maggioritaria.
D. – In sostanza, possiamo dire che è una situazione comunque un po’ paradossale: da un lato, uno scenario di guerra; dall’altro, uno scenario d’intervento di aiuto alla popolazione. Sono due aspetti sempre complicati da conciliare...
R. – Sono due aspetti complicati, ma sempre più di frequente nel nostro mondo andranno insieme. Noi dobbiamo pensare sempre più di fare degli interventi con i quali l’esercito è chiamato a rendere sicuro l’ambiente entro il quale possiamo portare dello sviluppo. Quindi, le due cose vanno di pari passo in Afghanistan e devono andare di pari passo.
D. – Lei stesso si occupa di progetti di assistenza e cooperazione. Quali sono le priorità, secondo lei, che bisogna affrontare in questo momento per questi settori?
R. – Oggi, direi investire sulle risorse umane. C’è da dire, ad esempio agli italiani, per chi non lo sa, che a Herat hanno costruito negli ultimi cinque anni 85 scuole ponti e strade. Le infrastrutture quindi ci sono. Oggi, insieme a queste stesse persone, al nostro esercito portiamo educazione: si collabora con e tra Università per investire sul capitale umano. E’ attraverso questo, anche, che si condivide un futuro insieme agli afgani.
Attentato in Pakistan: 12 persone uccise di cui due bambini
Un attentatore suicida a bordo di un'auto si è lanciato contro un bus della polizia a Dera Ismail Khan, nel nordovest del Pakistan, uccidendo 12 persone tra cui almeno tre poliziotti e due bambini. “I cadaveri di 12 persone, tra i quali quelli di due bambini, sono stati portati qui”, ha riferito un medico del principale ospedale della città, precisando che altre 10 persone sono rimaste ferite.
La Cina si congratula per l’accordo sul nucleare tra Iran, Brasile e Turchia
La Cina si è congratulata per l'accordo sullo scambio di combustibile nucleare iraniano, mediato da Brasile e Turchia, e ha rinnovato l'invito all'avvio di negoziati. L'accordo di ieri prevede che Teheran invii in Turchia 1.200 dei suoi 1.500 chilogrammi di uranio arricchito al 3,5%, in attesa che entro un anno l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) fornisca al Paese 120 chili di combustibile prodotto da uranio arricchito al 20% per fini medici. Teheran ha però chiarito di non avere intenzione di sospendere l'arricchimento in patria. I Paesi occidentali hanno reagito ieri con cautela e scetticismo all'annuncio. Il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, in visita in Tunisia, ha invece accolto con favore la notizia dell'accordo. “La Cina ha espresso il suo benvenuto ed il suo apprezzamento per gli sforzi diplomatici fatti dalle parti coinvolte per cercare una soluzione appropriata al problema del nucleare iraniano”. “La Cina – ha aggiunto – ritiene che il dialogo e il negoziato dovrebbero essere i canali per risolvere la questione iraniana”. La Cina è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che può bloccare le risoluzioni in discussione su eventuali nuove sanzioni contro Teheran.
Calma sostanziale a Bangkok: si spera in tentativi di mediazione
È sostanzialmente calma la situazione questa mattina a Bangkok, nel quinto giorno dall'inizio dell'ultima serie di scontri tra le “camicie rosse” e l'esercito. Anche a Din Daeng e Bon Kai, dove più intense sono state le recenti violenze che hanno causato sinora 37 morti e 300 feriti, regna il silenzio. La proposta di tregua fatta ieri da Nattawut Saikua, uno dei leader dei sostenitori dell'ex premier Thaksin Shinawatra, è stata definita “senza senso” dal vicepremier, Suthep Thaugsuban, Ma la scelta di non agire dei militari, dopo l'ultimatum per lo sgombero della cittadella rossa scaduto ieri, fa pensare che il contatto dietro le quinte non si sia interrotto. Uno dei leader delle camicie rosse ha affermato di aver accettato di partecipare ai colloqui con il governo per evitare ulteriori vittime negli scontri. Sempre le “camicie rosse” hanno ammesso che i manifestanti sono finanziati direttamente dall'ex premier, Thaksin Shinawatra, in esilio volontario dopo essere stato deposto da un golpe e per sfuggire a una condanna per corruzione. Lo riporta il quotidiano Bangkok Post, dopo che le autorità hanno congelato i beni di 106 società e individui vicini al magnate, tra cui diversi deputati del partito Puea Thai, che raccoglie i filo-Thaksin. Mentre il governo sembra continuare ad aggiungere alla “lista nera” altri leader della protesta, secondo diversi osservatori stanno emergendo segni che il congelamento dei fondi abbia avuto effetti immediati, con alcuni tra i più importanti capi che si sono trovati con il bancomat bloccato.
Euro debole: il tasso di cambio non preoccupa ma la velocità di perdita sì
L'euro debole preoccupa, e non poco, i sedici ministri dell'Unione monetaria. Riuniti a Bruxelles per discutere sulla necessaria e non più rinviabile stretta sui conti pubblici, si sono ritrovati sul tavolo i numeri di un "lunedì nero" per la moneta unica, scivolata ai minimi da quattro anni sul dollaro (sotto quota 1,23), ma anche ai minimi da otto anni sullo yuan. L'Eurogruppo afferma che “l'euro è una moneta credibile e stabile e lo resterà nei prossimi anni”. Il suo presidente, Juncker, sottolinea che “il livello attuale del tasso di cambio tra la moneta unica e il dollaro non è allarmante ma preoccupa la rapidità con cui tale tasso di cambio si sta deteriorando”. Il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, ribadisce che per riconquistare la fiducia dei mercati la priorità assoluta deve essere il consolidamento delle finanze pubbliche di Eurolandia.
In Grecia si dimette sottosegretario: il marito evadeva il fisco
Il sottosegretario al Turismo greco, Angela Gerekou, è stata costretta a dimettersi in seguito alle rivelazioni che suo marito, un famoso cantante, da anni evadeva il fisco. I media ipotizzano ora un possibile rimpasto governativo, del quale si parla da qualche tempo, mentre il principale partito di opposizione Nuova Democrazia (Nd, centrodestra) accusa il premier di non “essere in grado di garantire e assicurare la trasparenza nel suo partito e nello stesso governo, mentre rivendica per sé stesso il ruolo di pubblico accusatore contro tutti”. Intanto, la prima tranche di aiuti dell'Ue alla Grecia, per 14,5 miliardi di euro, è attesa per oggi, appena in tempo per consentire ad Atene di far fronte ai pagamenti per quasi 8,5 miliardi di euro in scadenza domani.
A Madrid vertice Ue-America Latina e Caraibi: nasce Eurolat
Il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Durao Barroso, ha annunciato oggi al vertice Ue-America Latina e Caraibi di Madrid la creazione della Fondazione "Eurolat", spiegando che essa "aiuterà le relazioni tra i due continenti, e sarà importante anche per le società" che li integrano. Per la sede sono state presentate le candidature di Milano, Parigi e Amburgo. "Dobbiamo essere soci globali per fare fronte alle sfide globali": con queste parole il presidente di turno della Ue, il premier spagnolo Josè Luis Zapatero, ha aperto questa mattina i lavori della plenaria del vertice Ue-America Latina e Caraibi a Madrid. Il presidente stabile della Ue, Van Rompuy, ha sottolineato che l'Unione Europea sollecita i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi a mantenere alto l'impegno per il rispetto dei diritti umani e per la lotta alla povertà. “Non ci può essere crescita senza coesione sociale”, ha detto. Zapatero ha anche ribadito l'appoggio a Cile ed Haiti, colpiti recentemente da due devastanti terremoti, ed ha confermato che la lotta al cambiamento climatico sarà uno dei punti di forza di questo incontro, assieme al consolidamento delle relazioni commerciali. Alla sessione plenaria del vertice Ue-Latino America e Caraibi partecipano i leader di 60 Paesi.
Liberate due bambine rapite l’anno scorso in Yemen con altri occidentali
Due bambine tedesche, rapite con i genitori e un gruppo di occidentali lo scorso anno nello Yemen, sono state liberate dalle Forze di sicurezza saudite. Ma dei loro genitori e del fratellino, sequestrati con loro, non si hanno ancora notizie. Il rapimento risale al 12 giugno dello scorso anno, nella provincia settentrionale yemenita di Saada. In questa zona di confine con l'Arabia Saudita, dal 2004 è in corso una sanguinosa rivolta di un gruppo sciita contro le autorità yemenite, che si avvalgono anche delle forze saudite per combattere i ribelli i quali, secondo Sanaa, sono peraltro legati ad "al Qaeda nella penisola arabica". A finire nelle mani dei sequestratori furono nove stranieri: sette tedeschi, un britannico e un coreana. Nel giro di pochi giorni, tre degli ostaggi, ovvero due infermiere tedesche e una infermiera coreana, vennero ritrovati morti. Il sequestro e l'assassinio di tre degli ostaggi non è mai stato rivendicato, ma nel gennaio scorso fonti di stampa in Germania avevano affermato che i rapitori avevano chiesto un riscatto di due milioni di dollari. Lo Yemen è teatro di frequenti rapimenti di stranieri: domenica scorsa, tre dipendenti di una compagnia petrolifera cinese sono stati sequestrati nella provincia di Chabwa, 750 km a est della capitale Sanaa.
Sei pirati somali condannati a morte in Yemen
Sei pirati somali, che si erano resi responsabili di un tentativo di sequestro di una petroliera yemenita il 26 aprile del 2009, sono stati condannati alla pena capitale da un tribunale di Sanaa. Lo rende noto la Yemen News Agency (Saba) nella sua versione online. Altri sei pirati somali sono stati condannati a 10 anni di prigione, sempre nello stesso processo. Il tribunale ha anche deciso di condannare tutti e 12 i somali al pagamento di una ammenda pari a due milioni di dollari Usa. La petroliera yemenita, "Qana", era stata assaltata dai pirati somali al largo delle coste somale il 26 aprile dello scorso anno, ed era stata liberata da Forze speciali dello Yemen il giorno dopo. Un marinaio, secondo quanto rende noto il sito dell'agenzia Saba, era morto durante le operazioni di salvataggio, mentre un altro era stato dato per disperso e altre quattro persone a bordo della nave erano rimaste ferite.
In una miniera in Turchia intrappolati 30 minatori
Ci sono ancora circa 30 minatori turchi intrappolati a 540 metri di profondità in una miniera di carbone nei pressi della città di Zonguldak, sulla costa di Mar Nero, nella Turchia del Nord, che attendono di essere portati in salvo. Lo ha riferito l'agenzia Anadolu, smentendo così più rassicuranti notizie circa la loro sorte diffuse ieri pomeriggio da altri media secondo cui gli operai erano tutti vivi e sarebbero stati riportati in superficie in breve tempo. I minatori sono rimasti bloccati in galleria in seguito a un'esplosione avvenuta durante i lavori di scavo.
Nuovi attentati nel Caucaso
E' di almeno tre morti il bilancio di nuovi attentati nella turbolenta regione del Caucaso del nord, in Russia. In Daghestan, due capi della polizia sono stati uccisi mentre viaggiavano su un'auto vicino al villaggio di Ciarvili. Sempre in Daghestan, un'altra pattuglia di poliziotti è stata assalita da uomini armati: un agente è rimasto gravemente ferito. In Cecenia, un poliziotto è morto mentre cercava di disinnescare un ordigno nel pieno centro della capitale Grozny. In Inguscezia, a Nazran, un gasdotto è stato fatto esplodere senza creare vittime, ma isolando i condotti e lasciando 16mila persone senza gas.
Allerta in cinque Stati dell’India per la mobilitazione di maoistiÈ massima allerta in cinque Stati indiani per uno sciopero di 48 ore proclamato dai ribelli maoisti. Secondo fonti di stampa indiana, la sicurezza è stata rafforzata in Orissa, Bihar, Bengala Occidentale, Jharkhand e Chhattisgarh dove i ribelli hanno lanciato da oggi una mobilitazione generale. L'allerta riguarda le ferrovie, ponti e edifici governativi che possono essere obiettivi di sabotaggio da parte degli insorti. I maoisti protestano contro l'operazione antiguerriglia “Caccia verde”, lanciata qualche mese fa dal governo di New Delhi che intende riprendere il controllo del cosiddetto “corridoio rosso”, nel centro e nel nord-est. Un'imboscata contro un affollato autobus nello stato centrale del Chhattisgarh ha provocato ieri una strage di 35 passeggeri, in maggior parte civili. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 138
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