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Sommario del 15/05/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • L'appello del Papa dal Portogallo: i cristiani rinnovino l'ardore spirituale per testimoniare il Vangelo con passione
  • Il presidente Napolitano al Papa: la sua missione è stata un esempio e un motivo di conforto, le sue parole hanno toccato il cuore
  • Padre Lombardi: un viaggio meraviglioso che mostra la grande vitalità della Chiesa
  • Le aggregazioni laicali in Piazza San Pietro per la giornata di solidarietà con il Papa
  • Giornata internazionale delle famiglie. Mons. Marchetto: ricongiungimenti e diritto alla cittadinanza per gli immigrati
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Crisi greca e tonfo delle borse: dare più lavoro ai giovani
  • Il cardinale Scherer: ogni costruzione senza Dio può crollare in qualsiasi momento
  • Il prof. Buonomo: tentativi di limitare la libertà religiosa in Occidente
  • Campagna della Focsiv per il diritto al cibo
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Indonesia: cresce la collaborazione tra cristiani e musulmani
  • Conclusa in Macedonia la Conferenza mondiale sul dialogo interreligioso e interculturale
  • Romania: la Chiesa contro l'abolizione degli assegni familiari per i neonati
  • Fiera di Torino. Il cardinale Bagnasco: non rassegnarsi al fast food della cultura
  • Il cardinale Ruini: considerare l'uomo come un fine, mai come un mezzo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Violenze in Thailandia: oltre 20 morti. La Chiesa denuncia: interessi faziosi
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'appello del Papa dal Portogallo: i cristiani rinnovino l'ardore spirituale per testimoniare il Vangelo con passione

    ◊   Con un appello a rinnovare l'ardore spirituale perché il Vangelo sia testimoniato con passione da ogni cristiano, si è concluso ieri il viaggio apostolico del Papa in Portogallo a dieci anni dalla Beatificazione dei veggenti di Fatima Giacinta e Francesco: quattro giorni intensissimi di incontri, preghiera, meditazioni. Ieri pomeriggio la cerimonia di congedo a Porto. Ce ne parla il nostro inviato Roberto Piermarini:

    “Continuemos a caminhar na esperança! Adeus!
    Continuiamo a camminare nella speranza! Addio!”

     
    Con queste parole il Papa si è congedato ieri dal Portogallo, al termine di un viaggio segnato da un’accoglienza trionfale che lo ha profondamente colpito. Dallo scalo di Porto, di fronte alle sfide che attendono il Paese, Benedetto XVI ha invitato il Portogallo alla concordia e alla coesione. “Continui questa gloriosa Nazione, a manifestare la grandezza d’animo, il profondo senso di Dio, l’apertura solidale, retta da principi e valori impregnati di umanesimo cristiano”.

     
    “Em Fátima, rezei pelo mundo inteiro pedindo que o futuro traga maior...
    A Fatima ho pregato per il mondo intero chiedendo che il futuro porti maggiore fraternità e solidarietà, un maggiore rispetto reciproco e una rinnovata fiducia e confidenza in Dio, nostro Padre che è nei cieli”.

     
    Ricordando tutti gli incontri avuti a Lisbona, Fatima e Porto, il Papa ha espresso il desiderio che la sua visita diventi incentivo per un rinnovato ardore spirituale e apostolico. “Che il Vangelo venga accolto nella sua integralità e testimoniato con passione da ogni discepolo di Cristo, - ha detto - affinché esso si riveli come lievito di autentico rinnovamento dell’intera società!”. Dal canto suo il presidente della Repubblica Cavaco Silva lo ha salutato con un sentimento di nostalgia riservato in Portogallo – ha detto - a quelli che ci sono più cari: “a saudade”.

     
    Ma cosa rimarrà di questo viaggio appena concluso? Certamente rimarrà l’immagine della Veglia a Fatima, nella Cappella delle Apparizioni, con migliaia di fiaccole accese che hanno fatto da cornice alla supplica del Papa davanti alla statua della Vergine alla quale ha affidato le angosce, le attese e le speranze dell’umanità. Rimarrà la sua affermazione che “la missione profetica di Fatima non si è conclusa”, non una rivelazione come l’ha definita una parte della stampa, ma la consapevolezza che l’evento di Fatima ci aiuta a leggere la storia di oggi e di domani alla luce di Dio dove ogni uomo, davanti ai peccati del mondo è chiamato alla preghiera, alla conversione ed alla penitenza. Rimarrà ancora l’appello al mondo della cultura che la “verità” del Vangelo è al servizio della società. Rimarrà il richiamo a difendere la vita minacciata – anche in Portogallo - dal dramma dell’aborto e a tutelare il matrimonio indissolubile tra un uomo ed una donna per rispondere alle sfide insidiose che vogliono introdurre le unioni gay. Rimarrà l’invito alla Chiesa portoghese ad avere più coraggio nell’annuncio, più vigore missionario e più sollecitudine verso gli ultimi. Rimarrà l’invito ai sacerdoti ad essere fedeli, poveri, casti, obbedienti e liberi di annunciare al mondo Gesù morto e risorto. Rimarrà la gioia del Papa per l’affetto che gli hanno mostrato i portoghesi, cresciuto giorno dopo giorno superando ogni aspettativa. E infine rimarrà la certezza di Benedetto XVI che in questo viaggio mariano ha ribadito che “la bontà di Dio è sempre l’ultima risposta della storia”.

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    Il presidente Napolitano al Papa: la sua missione è stata un esempio e un motivo di conforto, le sue parole hanno toccato il cuore

    ◊   Il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio al Papa per il rientro dal viaggio Apostolico in Portogallo: “la sua missione pastorale – afferma - è stata, anche in questa circostanza, un esempio ed un motivo di conforto per i popoli della Terra e le sue parole hanno toccato il cuore degli uomini di buona volontà. Con profonda considerazione – conclude il presidente Napolitano - le rivolgo il mio affettuoso pensiero". Da parte sua, Benedetto XVI, nei suoi telegrammi di saluto ai capi di Stato di Spagna, Francia e Italia, Paesi sorvolati al rientro dal Portogallo, ha invocato la benedizione di Dio su queste popolazioni.

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    Padre Lombardi: un viaggio meraviglioso che mostra la grande vitalità della Chiesa

    ◊   Per un bilancio del viaggio apostolico del Papa in Portogallo Sergio Centofanti ha intervistato il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi:

    R. – Un bilancio certamente positivo, direi anche superiore all’attesa. Possiamo dire che è stato un viaggio che è andato benissimo e possiamo anche dire che è stato un viaggio meraviglioso. L’accoglienza è stata vastissima, è stata calorosa, è stata anche superiore alle attese degli organizzatori. Il Papa ne è rimasto molto colpito, molto contento e confortato. Ha potuto vivere questo viaggio nelle condizioni migliori e come momento anche di grande esperienza spirituale di preghiera con il Popolo di Dio nel punto culminante, che è stato evidentemente quello delle celebrazioni a Fatima. Il Papa ha potuto dare i grandi messaggi che gli erano stati anche - in un certo senso - richiesti e che erano attesi dalla Chiesa portoghese. L’incontro con il mondo della cultura, l’incontro con il mondo dell’impegno sociale, l’incontro con i sacerdoti erano incontri di importanza strategica per la presenza della Chiesa in Portogallo e, per cui, c’era una grandissima attesa. Mi confermavano i vescovi, ieri, che la presenza del mondo della cultura nell’incontro a Lisbona era veramente totale. E’ stato, quindi, un incontro di grandissimo significato, direi di significato storico e che dice la volontà della Chiesa di dialogare in modo costruttivo con tutti coloro che cercano, che si impegnano nel mondo del pensiero, della ricerca, dell’arte, della creatività. Sono cose, queste, che rimarranno certamente a lungo per la Chiesa portoghese. Soprattutto con il momento di Fatima, lo sguardo si è anche un po’ allargato sull’Europa e sul mondo, perché Fatima è un luogo che ha assunto realmente un significato per la Chiesa universale, come momento di incontro e – in un certo senso – di comunicazione fra il cielo e la terra, fra la presenza di Dio nella nostra storia e la domanda di salvezza del popolo e il desiderio di impegno nella storia da parte della Chiesa sulla base di conversione, di penitenza, di preghiera, di rinnovamento spirituale. Questo è un discorso che naturalmente vale per tutti e che è stato colto anche molto al di là dei confini del Portogallo.

     
    D. – Il Papa è venuto a Fatima per dire che l’amore di Gesù e per Gesù è la cosa più importante: tutto parte da qui e la Chiesa annuncia e propone - non impone - questo amore, in dialogo col mondo…

     
    R. – Certamente il Papa torna sempre ai punti essenziali, ai fondamenti della missione della Chiesa e del suo messaggio. E certamente questo amore per Gesù è stato espresso in particolare nell’omelia a Fatima in un modo molto intenso, portato anche dal grande clima di spiritualità, di affetto, di amore che si sente in questa immensa assemblea che arriva dalle diverse parti del mondo e, in un certo senso, appare convocata dall’Alto più che convocata dagli uomini. Il Papa si è fatto pellegrino con questo popolo che risponde ad una chiamata che attraverso Maria viene e che porta naturalmente al centro della nostra fede e, quindi, all’amore del Figlio di Dio, all’accoglienza della Rivelazione. In questa storia nostra concreta, attraverso gli eventi belli e tristi, drammatici a volte del nostro tempo, sentiamo che continua ad essere presente la grazia di Dio per noi e che, quindi, vale la pena continuare ad impegnarsi, a sperare, proprio a partire dagli atteggiamenti fondamentali che la fede ci ispira, quelli della carità e dell’amore per gli altri. Un messaggio, quindi, che è inserito nella storia e che guarda in avanti con speranza.

     
    D. – Una delle frasi del Papa che più hanno colpito è che si illude chi crede che la profezia di Fatima sia conclusa. Cosa voleva dire il Papa?

     
    R. – Il Papa vuol dire una cosa molto semplice e cioè che non dobbiamo più aspettarci da parte di Fatima e quindi di quanto è stato detto dai pastorelli, dai veggenti, delle profezie nel senso di annuncio di eventi concreti per quanto riguarda i prossimi anni o il prossimo secolo. Questo non è in questione. La profezia di Fatima, nella prospettiva del Papa, che deve essere poi la nostra prospettiva, significa aver imparato a leggere gli avvenimenti della nostra storia, il cammino della Chiesa con le sue difficoltà e le sue speranze nella luce della fede e cioè sotto lo sguardo di Dio, che segue la Chiesa e l’umanità in cammino, opera con la sua grazia per accompagnare coloro che si rivolgono a Lui e ci invita ad impegnarci in questa storia a partire dalla conversione di noi stessi proprio per agire secondo i criteri del Vangelo. La profezia intesa come lettura della realtà umana e della storia umana, questo è caratteristico di Fatima, ci ha insegnato a guardare non solo alla nostra vita personale, ma alla vita della Chiesa e dell’umanità nel contesto della storia, sotto la luce di Dio, del suo amore e con l’impegno a convertirci, a renderci dei testimoni sempre più fedeli dell’amore di Dio nel mondo in cui viviamo e nella nostra storia. Questo è un messaggio profetico che continua ad essere di grande attualità e lo sarà in futuro.

     
    D. – Sempre parlando del segreto di Fatima, il Papa ha detto che la grande persecuzione della Chiesa non viene da nemici esterni, ma dal peccato all’interno stesso della Chiesa...

     
    R. – Sì, questo è quanto egli ha spiegato con parole estremamente efficaci nella sua conversazione, sul volo verso il Portogallo. Ha fatto capire che le sofferenze, le difficoltà che la Chiesa incontra, anche con evidente riferimento alla situazione dei mesi recenti o di questi anni, in cui la Chiesa ha tante difficoltà in conseguenza dei peccati dei suoi membri – si riferisce proprio agli abusi sessuali – sono qualcosa che la Chiesa porta in sé: porta in sé purtroppo anche la realtà del peccato. Ed è proprio per questo che il messaggio di Fatima è estremamente attuale e importante, perché ci parla di conversione, ci parla di penitenza, per rinnovarci in modo tale che la nostra testimonianza sia coerente. Quindi, nel contesto di una lettura ampia del significato dell’evento di Fatima, da un punto di vista spirituale, non bisogna pensare solo alle persecuzioni che vengono dall’esterno, che certamente hanno avuto una gran parte nelle sofferenze e nelle difficoltà della Chiesa, per esempio nel corso del secolo passato, e che anche adesso continuano e continueranno ad esserci, ma il Papa ha fatto notare che le sofferenze e le difficoltà della Chiesa vengono anche, in particolare, dal nostro interno, cioè dal nostro essere peccatori, e per questo il messaggio di conversione e di penitenza ha una particolare attualità e importanza. Questo mi è sembrato veramente molto bello, molto importante, cioè come il Papa sia stato capace di inserire la tematica che ci affligge in questi ultimi mesi a proposito degli abusi sessuali in una prospettiva spirituale molto ampia. Quindi, riconoscendone la gravità, ma inserendola nella condizione della Chiesa nel mondo, della Chiesa davanti a Dio e del suo cammino, che deve essere sempre di purificazione, di rinnovamento. E questo l’ha inserito con molta naturalezza direi, proprio nella condizione della Chiesa pellegrinante, e ha quindi dato occasione a tutti coloro che erano a Fatima, ma anche a tutta la Chiesa, di pregare intensamente, di coltivare uno spirito di rinnovamento e di conversione proprio per essere testimone più limpida e più efficace per il mondo di oggi e di domani.

     
    D. – Anche in questa occasione il Papa ha sentito il grande affetto della gente...

     
    R. – Sì, lo ha sentito veramente in un modo eccezionale. E non è la prima volta. Anche il viaggio a Malta, pure se di dimensioni più limitate perché il Paese era più piccolo, anche il viaggio a Torino, ma in particolare questo viaggio più ampio, più prolungato, hanno dato modo veramente a grandi masse, a grandi numeri di persone di essere presenti. Noi sappiamo che nel cuore molti di più, che non sono potuti venire fisicamente ad incontrare il Papa, lo hanno però seguito e gli vogliono bene. Ad ogni modo, la grande presenza è un segno efficace di affetto. Il Papa lo ha certamente gradito e direi che sia un fatto che ha dimostrato anche la vitalità della Chiesa, la vitalità della fede semplice, ma viva della Chiesa portoghese ed è quindi un grande segno di speranza per la Chiesa che cammina.

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    Le aggregazioni laicali in Piazza San Pietro per la giornata di solidarietà con il Papa

    ◊   Domani si svolgerà in Piazza San Pietro la giornata di solidarietà con il Papa, promossa dalla Cnal, la Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali. Ci sarà anche il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, che alle 11.00 presiederà una liturgia della Parola, che precederà il Regina Caeli di Benedetto XVI. Sono attese migliaia di persone che si stringeranno attorno al Vicario di Cristo per esprimergli affetto e sostegno. Fabio Colagrande ha intervistato la promotrice dell’iniziativa, Paola Dal Toso, segretaria generale della Cnal:

    R. – Questa è un’iniziativa che parte proprio dalla base, cioè proprio dalle associazioni, dalle aggregazioni, alle quali poi si sono unite alcune che non fanno parte della Cnal. Ma di sicuro ci sono anche moltissime parrocchie, scuole cattoliche, ci sono le famiglie e tutta quella realtà di laici, che anche spontaneamente, sicuramente, saranno presenti, perché sensibili e perché vogliono condividere. Va detto che comunque ci sono moltissimi che probabilmente non sono in grado di partecipare. Questa è un’iniziativa straordinaria, maturata circa un mese fa e quindi sicuramente parteciperanno anche a livello locale, là dove si trovano. So di alcune parrocchie, di alcune diocesi che già hanno avviato momenti di preghiera, di digiuno, dei segni forti di spiritualità e che domani prevedono di unirsi, anche se non in Piazza San Pietro, spiritualmente, a questo momento di preghiera.

     
    D. – Signora Dal Toso, da una parte gli attacchi mediatici, dall’altra però le sofferenze della Chiesa, legate anche agli abusi sessuali commessi da alcuni sacerdoti. Il Papa andando verso il Portogallo, pochi giorni fa, ha detto: “Queste sofferenze vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”. Pregherete per questo?

     
    R. – Pregheremo sicuramente per tutte le vittime. Questo lo ricordiamo. E’ subito emerso questo bisogno, nel momento in cui abbiamo cominciato a pensare anche a questo tipo d’iniziativa. Così come vogliamo anche ricordare il tanto bene che non fa rumore, che viene compiuto da tanti sacerdoti, dove si trovano, nell’anonimato, il tanto bene che realizzano e che non fa certamente pubblicità.

     
    D. – Proprio in Portogallo il Papa parlava dei movimenti e delle nuove comunità ecclesiali come davvero il segno di una nuova primavera nella Chiesa, una Chiesa che ad alcuni sembra affaticata - si parla di “inverno della Chiesa” – e poi manifestazioni come queste invece fanno capire che, come diceva il Papa qualche anno fa, la Chiesa è viva, è giovane, è forte…

     
    R. – I gruppi, le associazioni, le aggregazioni, i movimenti sono espressione di questa vivacità e di un popolo che comunque lavora nel silenzio, svolge una attività di volontariato, si ritrova partecipe e figlia di un Padre. E vuole riconoscere anche il dono del Papa in questo momento che noi abbiamo e che sicuramente ci è di guida preziosa e nello stesso tempo è un grande dono per tutti noi. Indubbiamente, questo momento è espressione anche di una vivacità di aggregazioni che ora si manifesta così, ma che di fatto è presente nella vita quotidiana. Là dove non c’è clamore non si sale agli onori della cronaca, ma si è vivi, presenti, attivi nel territorio, dove si è chiamati a svolgere il proprio servizio. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Giornata internazionale delle famiglie. Mons. Marchetto: ricongiungimenti e diritto alla cittadinanza per gli immigrati

    ◊   “L’impatto della migrazione sulle famiglie nel mondo” è il tema della Giornata internazionale delle famiglie che si celebra oggi sotto l’egida delle Nazioni Unite. Per l'occasione il Forum delle associazioni familiari ha organizzato un convegno, a Roma, dal titolo “Famiglie a colori: il futuro dell’Italia è interculturale”. La discussione, che ha offerto una visione d’insieme sul fenomeno migratorio, è stata animata dall’intervento dell’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti. Ce ne parla Marco Guerra:

    Garantire i ricongiungimenti famigliari e il diritto di cittadinanza attraverso “la ratifica di strumenti internazionali tesi a difendere i diritti dei migranti e delle loro famiglie”. Il segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti, mons. Agostino Marchetto, attinge alle considerazioni del Santo Padre per mettere subito a fuoco le politiche necessarie per fronteggiare le “nuove sfide e gli innumerevoli disagi” che si trova ad affrontare, nel panorama attuale, la famiglia migrante. Parole che fanno eco anche all’appello a sostegno dei diritti degli immigrati lanciato ieri dai Pontifici Consigli della Famiglia e della Pastorale per i Migranti. Le famiglie si ricompongono, infatti, soltanto dopo l’iniziale approdo di singoli componenti. Di conseguenza – spiega il presule – “il progetto migratorio assume un carattere di provvisorietà che vede il ruolo della cellula famigliare cedere il passo all’individuo”. “Si accentua così un isolamento che talvolta sconfina nell’emarginazione” e che può condurre persino alla criminalità e alla prostituzione. Al centro del ragionamento del segretario del picastero pontificio c’è dunque l’idea del ruolo insostituibile della famiglia unita per riequilibrale l’esistenza di tante persone che vivono questi drammi, poiché essa può “ridurre la conflittualità tra l’immigrato e la società nella quale si trova a vivere” realizzando così la vera coesione sociale. Mons. Marchetto esorta quindi a vedere nella Santa Famiglia in esilio il modello di tutti i migranti ed invita le comunità cristiane a sviluppare una “carità operosa” che si traduca anche nello sviluppo di relazioni per l’inserimento di questi nuclei nei Paesi di accoglienza. Il presule chiama infine ad una risposta ancora più calorosa e solidale nei confronti delle famiglie dei rifugiati e di quelle degli sfollati all’interno del proprio Paese, condizioni che, secondo le ultime stime dell’Onu, colpiscono almeno 44 milioni di persone in tutto il mondo.

     
    Al convegno è giunto il vivo apprezzamento dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in un messaggio definisce la famiglia “un prezioso motore di integrazione”. Molti i temi al centro degli interventi di politici ed esperti: tutela dei minori, ricongiungimenti, ma anche maggiore attenzione alle politiche familiari. Il forum è, inoltre, tornato a chiedere un riconoscimento formale in Italia di questa Giornata. Lo spiega al microfono di Paolo Ondarza il presidente Francesco Belletti:

    R. – Abbiamo avuto grande attenzione a promuovere questa Giornata. In tutti i nostri convegni le istituzioni e i governi sono sempre venuti, quello che ci manca è proprio il riconoscimento formale di questa Giornata. Riconoscere formalmente con una legge il 15 maggio come Giornata per la Famiglia ci sembrava una cosa importante. Chiediamo di riconoscere che la famiglia sia una risorsa insostituibile nel nostro Paese.

     
    D. – Purtroppo, però, di famiglia, troppo spesso, si parla solo in campagna elettorale e dalle parole non sempre si passa ai fatti…

     
    R. - Adesso, poi, anche di fronte alle difficoltà, alla crisi economica, si è confermato che senza una famiglia forte e coesa i drammi, le condizioni delle persone ma lo stesso sviluppo economico sono messi a rischio. Le imprese familiari, per esempio, sono stati un luogo di non licenziamento, di difesa dell’occupazione molto più che le grandi aziende nel nostro Paese e anche per questo l’Italia è riuscita ad attraversare meglio di altri la crisi. Quindi, noi sottolineiamo un’evidenza, vogliamo dire che lavorare sulla famiglia significa investire su una risorsa, non aumentare la spesa esistenziale, ma promuovere lo sviluppo.

     
    D. – Il futuro dell’Italia è interculturale. Queste nuove famiglie che vengono a radicarsi in Italia si ritrovano in un contesto in cui - come lei diceva - la famiglia non è realmente presa in considerazione e non è considerata nella sua rilevanza sociale?

     
    R. - Ma sì. Le famiglie di migranti ci testimoniano quanto sia decisiva l’esistenza di una famiglia forte. Loro stessi giudicano la fragilità del nostro legame di coppia, la fragilità della responsabilità educativa della società occidentale, o la fragilità nella cura degli anziani. Quindi, loro sono una testimonianza dell’insostituibilità della famiglia. D’altra parte loro stessi spesso provengono da percorsi familiari molto accidentati, con una prevalenza dell’uomo sulla donna, con una scarsa tutela dei bambini. Quindi anche richiamare queste famiglie a una cittadinanza più europea, costruita sui valori cristiani e laici della pari dignità, dell’uguaglianza, dei diritti dei bambini. C’è proprio un incontro che potrebbe essere produttivo e, sicuramente, una migrazione a base familiare è più stabile, più responsabile, e dà una cittadinanza migliore.

     
    D. - Dunque una Giornata per dire che il futuro della famiglia è a colori, ma anche per lanciare un appello a dare più sostegno alle famiglie italiane, perché continuino a fare figli e non siano penalizzate...

     
    R. - Sì, bisogna che ci siano dei gesti efficaci. Ci vuole un fisco che finalmente sostenga le famiglie che hanno carichi familiari; ci vuole un piano per la famiglia, ci vuole maggiore facilità di conciliazione tra famiglia e lavoro. L'agenda del Paese potrebbe riempirsi di azioni concrete che migliorano sensibilmente la condizione di vita delle famiglie. Ripeto: se riparte la famiglia, riparte il Paese!

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell'informazione vaticana, il messaggio di Benedetto XVI ai partecipanti alla seconda edizione del "Kirchentag" ecumenico in corso a Monaco.

    Salì al cielo come primizia: in prima pagina, Manuel Nin sull'Ascensione del Signore nella tradizione siro-occidentale.

    Euro, attacco simulato: in rilievo, nell'informazione internazionale, l'economia, con il presidente della Banca centrale europea Trichet che esclude una manovra contro la moneta unica e denuncia le responsabilità dei Governi.

    Il matematico eterodosso che sfidò la storia: in cultura, Luca M. Possati ricorda Imre Toth.

    L'albero glorioso che spiega il mistero: Michael John Zielinski sul crocifisso nell'arte e nella liturgia.

    Dove poggia la ragnatela del diritto: Ottavio De Bortolis sulla religione e gli ordinamenti dello Stato moderno.

    Quei 2584 modi per celebrare Dio: Marta Lago intervista Felix Maria Arocena, uno degli autori del "Concordantia Missalis Hispano-Mozarabici".

    Raffaele Alessandrini sulle letture bibliche - ora raccolte in volumi - di Tommaso Federici, patrologo e orientalista, per lunghi anni collaboratore de "L'Osservatore Romano".

    Chiaramonti insegna anche dopo due secoli: il vescovo di Imola scrive del suo predecessore.

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    Oggi in Primo Piano



    Crisi greca e tonfo delle borse: dare più lavoro ai giovani

    ◊   La crisi greca complicata, nelle ultime ore, dalle minacce terroristiche interne continua a dettare legge sui mercati del Vecchio Continente, preoccupati del possibile effetto domino. Timori che si sono trasformati ieri, in un tonfo per le borse: bruciati 166 miliardi di euro. Si tratta però solo dell’ultimo ribasso in un andamento altalenante che prosegue da due settimane. Causa scatenante, spesso, sono semplici dichiarazioni poi smentite da leader, istituti bancari e agenzie di rating. Cosa si nasconde dunque dietro questa estrema fragilità? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Mario Deaglio docente di economia internazionale all’Università di Torino:

    R. – Ci sono chiaramente movimenti speculativi, che probabilmente si autoalimentano con comunicati appropriatamente diffusi, che tendono ad indirizzare i capitali mobili. Ma sotto a questo c’è una realtà strutturale molto profonda, che in parole povere è questa: in un’ottica di 20 o 30 anni non c’è nessun Paese che possa andare avanti con l’ammontare del debito che ha adesso. Allora, di fronte a questa non tenibilità dei bilanci pubblici nel lungo periodo, prima o poi, speculazione o non speculazione, una certa sfiducia è inevitabile.

     
    D. – Questa realtà, che abbiamo descritto così critica, lei ritiene possa portare alla modifica di quelli che sono stati gli ultimi assetti, equilibri nell’ambito del Vecchio Continente, parlo di politica economica, e soprattutto mi riferisco all’asse franco-tedesco...

     
    R. – Credo che ci sia un forte divario di interessi in questo senso, che abbraccia anche gli Stati Uniti. C’è tutto un ordine mondiale che sta vacillando, che si sta adeguando alla nuova potenza cinese, forse indiana, forse brasiliana. Non abbiamo gli strumenti per vedere esattamente dove questo cambiamento e questa instabilità ci stanno portando.

     
    D. – Altro fenomeno caratteristico di questi giorni è l’euro che scende. L’ultima soglia toccata è stata inferiore ad 1,24 dollari. Si tratta dei minimi da 18 mesi. Potrebbe essere un’occasione per rilanciare la competitività dell’Europa?

     
    R. – Forse sì, perché noi abbiamo così uno stimolo alle nostre esportazioni. Probabilmente è uno stimolo temporaneo e non strutturale, ma potremo cavalcare questa occasione. Dobbiamo anche essere pronti ad avere un po’ più di inflazione. Quindi, io credo che sarebbe ragionevole spostare i parametri di Maastricht e consentire un rapporto deficit-pil del 4 per cento, invece che del 3 per cento, proprio per dare un po’ di fiato e vedere se siamo capaci di inventare qualcosa, qualche nuovo settore, qualcosa che ci possa dare da vivere nei decenni successivi.

     
    D. – Si torna a parlare di austerità, di sacrificio. Siamo davanti ad una nuova fase, non solo di politica economica, ma anche sociale...

     
    R. – La mia sensazione è che non si esca da questa crisi soltanto con un nuovo assetto economico, ma con un nuovo patto sociale. I termini possono essere questi, che bisogna garantire a tutti i giovani un lavoro. Abbiamo la possibilità di farlo e abbiamo anche degli esempi funzionanti di questo nei Paesi dell’Europa settentrionale. Bisogna trasferire la ricchezza alle giovani generazioni non soltanto quando i vecchi muoiono, ma un po’ prima. E anche su questo c’è qualche esperimento e qualche programma.

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    Il cardinale Scherer: ogni costruzione senza Dio può crollare in qualsiasi momento

    ◊   Si è conclusa giovedì scorso a Brasilia la 48.ma assemblea generale dei vescovi del Brasile riuniti, dal 4 maggio, per riflettere sul tema “Discepoli e servitori della Parola di Dio: la missione della Chiesa nel mondo”. Sui lavori della plenaria, Silvonei Protz, ha intervistato l’arcivescovo di San Paolo, il cardinale Odilo Scherer:

    R. – Noi abbiamo già indicato alcune linee di azione affinché la Parola di Dio sia sempre più accolta, amata e vissuta dalle nostre comunità e che sia quella che portiamo nel cuore quando andiamo nel mondo, per essere cristiani nel mondo, portando cioè la luce del Vangelo, il sale e il lievito del Vangelo nella società. Abbiamo parlato di tanti temi che interessano sia la vita della Chiesa che la vita della società. In particolare abbiamo trattato ed approvato in modo definitivo le direttrici relative alla formazione dei sacerdoti nei seminari, tenendo conto in questo contesto anche dei nuovi problemi e dei comportamenti non degni di alcuni sacerdoti, che hanno causato – in questi ultimi tempi – tanta sofferenza alle vittime e a tutta la Chiesa. Abbiamo poi trattato anche dello specifico momento nazionale: questo è un anno di elezioni generali in Brasile e abbiamo, quindi, cercato di dare alcune direttrici, affinché la campagna elettorale sia realmente un momento di riflessione, di dibattito sulle grandi iniziative, sulle grandi mete che il governo si prefigge e che deve avere davanti agli occhi per poter governare bene, cosicché il Brasile possa continuare a crescere, ma in modo solidale e rispettoso dei diritti umani, della dignità umana, ma anche dell’ambiente e della natura. Questo perché il progresso dell’uomo non rappresenti la morte della natura.

     
    D. – A Brasilia è in corso il Congresso Eucaristico Nazionale…

     
    R. – La celebrazione di questo Congresso Eucaristico vuole essere anche un segno per tutto il Brasile dell’amore che tutto il popolo brasiliano cattolico ha per l’Eucaristia. Noi come credenti ci ritroviamo uniti nella fede nel Signore Gesù, nell’Eucaristia, attorno al tavolo del Pane eucaristico e del Pane della speranza. Da questo Congresso Eucaristico dovrebbe anche venir fuori un messaggio per tutto il mondo politico brasiliano, che in questi ultimi tempi è stato caratterizzato da tanta corruzione, da tanti scandali. Il Brasile è stato costruito su un grande idealismo, per permettere al Paese di proiettarsi verso il futuro con speranza, con ottimismo e con grande fede in Dio. Se il Brasile, se le città vogliono edificare il futuro, non possono fare a meno di un fondamento solido e questo fondamento solido è rappresentato dal disegno di Dio, è la Parola di Dio, è la fede in Dio: dove Dio edifica la casa, la casa è solida; dove i costruttori edificano senza Dio, le fondamenta non ci sono e la casa può crollare in qualsiasi momento. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il prof. Buonomo: tentativi di limitare la libertà religiosa in Occidente

    ◊   “La libertà di religione. Un diritto umano che sta cambiando?” Su questo tema si è snodato, mercoledì scorso, l'incontro promosso a Roma dal Pontificio Istituto Santa Maria dell’Anima. E' intervenuto, tra gli altri, il prof. Vincenzo Buonomo, decano della Facoltà di Diritto Civile e professore di Diritto Internazionale alla Lateranense. Amedeo Lomonaco gli ha chiesto se la libertà di religione sia un diritto umano che sta cambiando, in particolare in Occidente:

    R. – Sta cambiando, piuttosto, la concezione della religione e, di conseguenza, anche quella del diritto alla libertà di religione. Soprattutto perché c’è il tentativo di limitare la libertà di religione alla libertà di culto, tralasciando quindi quegli aspetti che sono essenziali, tipo l’insegnamento, la possibilità di esporre le proprie idee ma, soprattutto, la possibilità dei credenti di poter concorrere alla realizzazione del bene comune all’interno di una società. Questo credo sia il primo aspetto che vada sottolineato. Il secondo è il tentativo, sempre più marcato, di limitare l’elemento religioso alla cultura, per cui la religione sarebbe parte di una cultura o di una grande cultura e quindi perderebbe la sua specificità.

     
    D. – Quale è lo stato attuale della giurisprudenza europea sulla libertà religiosa?

     
    R. – La giurisprudenza europea ha il grande merito di aver sottolineato l’importanza della libertà di religione in tutti i suoi aspetti, finanche la questione riguardante il diritto di cambiare religione. Ma, allo stesso tempo, la giurisprudenza europea ha posto anche dei limiti. Limiti che sono anzitutto rilevabili nel ruolo che lo Stato può avere nel contenere o nel bloccare – addirittura – le forme di manifestazioni della religione. Ritenere, cioè, la religione ancora come un elemento che possa creare conflitto all’interno di una società e non ritenerla invece come un elemento essenziale per un effettivo dialogo all’interno di una società.

     
    D. – Quale è oggi il confine tra diritto e violazione della libertà di religione?

     
    R. – Il confine, oggi, si sposta anzitutto su un elemento: il rapporto tra la libertà di religione e la libertà di espressione. Di fronte ad episodi di intolleranza religiosa, che registriamo non solo in Europa, ci accorgiamo che la religione viene limitata perché c’è una libertà di espressione che molto spesso mette in gioco, o addirittura ridicolizza, i valori delle religioni e tutto ciò che è legato ad un credo o ad una credenza religiosa. Il secondo limite è quello di relegare la religione ad un aspetto privato e, quindi, senza una possibile incidenza nella vita pubblica. L’autorità pubblica, e non solo nel contesto europeo, deve cogliere nell’aspetto della religione, un obiettivo concreto: la religione può rimuovere le tensioni e può assicurare soprattutto ai diversi gruppi, ai diversi orientamenti – anche religiosi – una coesistenza pacifica. La religione non è una forma di tolleranza delle diverse opinioni. La religione ha un suo specifico e credo che questo, oggi, sia l’aspetto necessariamente da sottolineare.

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    Campagna della Focsiv per il diritto al cibo

    ◊   Oggi e domani torna in 700 piazze italiane la campagna “Abbiamo RISO per una cosa seria” su iniziativa della Focsiv, la Federazione italiana che riunisce numerose organizzazioni del volontariato cristiano. Obiettivo è raccogliere fondi a sostegno di progetti di diritto al cibo nel Sud del mondo: con soli 5 euro si riceve un pacco da un chilo di riso della qualità Thai del commercio equo e solidale. Si può inoltre effettuare una donazione on line sul sito www.focsiv.it; saranno coinvolti oltre 2000 volontari, ma anche studenti, scout, gruppi parrocchiali e missionari. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv:

    R. – Si tratta di 23 progetti condotti in Africa, Asia e America Latina proprio a sostegno dei piccoli agricoltori, perché noi siamo convinti che ripartendo dall’agricoltura su scala familiare si può risolvere il problema della fame nel mondo. Un problema che oggi è una cosa seria perché per la prima volta si è varcata questa soglia del miliardo di persone che soffre la fame nel mondo con un incremento negli ultimi due anni di duecento milioni.

     
    D. – Sostegno agli agricoltori che cosa significa?

     
    R. – Per esempio nel nordest dell’Ecuador il 70 per cento delle case è ancora senza energia elettrica. E’ un progetto che mira a formare e a sostenere la produzione di 320 famiglie di questa regione dell’Ecuador e, quindi, un impatto – direi – significativo in quella regione proprio in vista di garantire a tutti questo diritto fondamentale che è il diritto al cibo.

     
    D. – Voi dite: non basta assicurare il sostentamento ai popoli più poveri ma è necessario che la sovranità alimentare diventi un diritto condiviso…

     
    R. – Assolutamente, non è solo una questione di quantità. La Fao dice che in questo momento ci sarebbero alimenti e cibo per 9 miliardi di persone. E’ una questione anche e soprattutto di qualità: cioè, ogni popolo deve poter decidere cosa e come produrre per sfamarsi.

     
    D. - C’è qualche bel risultato che possiamo raccontare?

     
    R. – Per esempio, lo scorso anno i risultati che abbiamo ottenuto per sostenere la costruzione di una casa nella Repubblica Democratica del Congo dove molte ragazze erano accusate di stregoneria. Una nostra Ong si è occupata proprio di questo problema dando loro la possibilità di essere nutrite innanzitutto e poi di essere formate e avviate a un lavoro per garantirsi un minimo di reddito e poter diventare autosufficienti.

     
    D. – Perché il riso? Non solo perché è un alimento ricco di valori nutrizionali…

     
    R. – Comperare riso significa dare da mangiare a più del 70 per cento delle popolazioni povere del sud del mondo, distribuire e comperare riso del commercio equo e solidale è anche sostenere un circuito alternativo di commercializzazione più giusto, più equo, più a favore dei piccoli agricoltori delle popolazioni dei Paesi poveri.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa Solennità dell’Ascensione del Signore, la liturgia ci presenta l’ascesa di Gesù al Padre raccontata da Luca nel Vangelo e negli Atti degli Apostoli. Il Cristo risorto si mostra ai discepoli per quaranta giorni dopo la sua Passione. Poi li conduce fuori verso Betània e mentre li benedice viene portato su, in cielo:

    “Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.

    Su questi brani biblici, ascoltiamo il padre carmelitano Bruno Secondin, professore di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Che strana questa gioia dei discepoli dopo aver visto Gesù sparire, mentre “veniva portato su, in cielo”! Eppure lo stesso Luca, nell’altro racconto, quello che apre gli Atti, e leggiamo in questa stessa domenica, ci parla della tristezza che li prende, mentre “stavano fissando il cielo”. Tanto che gli angeli li devono scuotere: “Perché state a guardare il cielo?”. Tristezza o gioia? Tutt’e due i sentimenti. La separazione è sempre una lacerazione: ora i discepoli si trovavano ad affrontare la vita e la storia con una responsabilità grande. Essere testimoni di eventi ed esperienze di proporzioni enormi, che dovevano incidere nell’umanità intera. Ma loro erano pochi e sprovveduti, con le idee confuse e in una città ostile alla memoria di Gesù di Nazareth. Era pericoloso anche solo nominarlo. Ma anche gioia: Gesù risorto li aveva aiutati a superare lo shock della crocifissione e della dispersione; li aveva rincuorati più volte, aveva donato loro pace e responsabilità. Ora lo Spirito donerà forza e coraggio, per predicare la buona novella, fare discepole le genti fino ai confini del mondo. E nessuno più li fermerà!

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    Chiesa e Società



    Indonesia: cresce la collaborazione tra cristiani e musulmani

    ◊   Una delegazione di leader religiosi cristiani ha incontrato il presidente della Nahdlatul Ulama, principale organizzazione musulmana moderata del Paese. Scopo dell’incontro, di cui riferisce l’Osservatore Romano era manifestare apprezzamento per la recente elezione del leader musulmano Said Agil Siradj e rafforzare il dialogo tra i due gruppi religiosi. L’Indonesia è il Paese islamico più popoloso del mondo con un numero di musulmani pari a quello di tutti i Paesi arabi messi insieme. La sua Costituzione assicura libertà di culto a tutti i membri delle religioni riconosciute, ovvero Islam, Cristianesimo, Buddismo, Induismo e il governo garantisce questo principio. L’incontro è stato appunto un’occasione per ribadire il valore della lunga tradizione di rispetto reciproco tra le due fedi. In particolare, il presidente della Conferenza episcopale cristiana in Indonesia, mons. Situmorang, ha rilevato la necessità di rimanere fedeli ai cinque principi basilari dello Stato che tutelano il pluralismo religioso. Ha inoltre sottolineato l’importanza di organizzare regolarmente incontri tra i leader religiosi per discutere dei principali problemi della nazione. Da parte sua, il presidente della Nahdlatul Ulama ha confermato la volontà dell’organizzazione di continuare sulla via del dialogo con le altre professioni di fede. (M.A.)

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    Conclusa in Macedonia la Conferenza mondiale sul dialogo interreligioso e interculturale

    ◊   Sono terminati domenica scorsa i lavori della II Conferenza internazionale sul dialogo interreligioso e interculturale organizzata a Ohrid, nell'Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia. L’evento, promosso dal governo macedone e sostenuto dall'UNESCO, aveva per tema "La religione e la cultura: un legame indistruttibile tra i popoli". Nel corso dell'incontro – si legge nella dichiarazione finale - si è discusso del ruolo della religione e della cultura nella trasformazione della società. Si è trattato dell’impatto che religione e cultura hanno nei processi di globalizzazione e nello sviluppo di relazioni nazionali e internazionali. In particolare è stata evidenziata l’importanza di queste ricchezze della mente e dello spirito quali strumenti per rafforzare il diritto alla libertà di pensiero e di coscienza. Religione e cultura devono essere mezzi per affrontare le sfide della società contemporanea: la costruzione della pace, la lotta contro la povertà e la ricerca di uno sviluppo sostenibile. Nella dichiarazione sottoscritta dai partecipanti si auspica anche ad un maggiore coinvolgimento delle donne nei processi decisionali, così come si invita a prestare maggiore attenzione all’educazione dei giovani. Infine, il proposito di creare un forum permanente sul dialogo interreligioso e interculturale e un invito alla diffusione dei risultati raggiunti. Le nuove prospettive aperte dalla Conferenza hanno generato un tale entusiasmo che è stato deciso di tenere un convegno, sempre a Ohrid, sul ruolo dei mass-media nella promozione del dialogo interculturale, della tolleranza e della reciproca comprensione. L’incontro è previsto per i giorni 13-14 settembre prossimi. (M.A.)

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    Romania: la Chiesa contro l'abolizione degli assegni familiari per i neonati

    ◊   Il governo romeno ha stabilito di interrompere l’erogazione dell’assegno familiare per i neonati. Nei giorni scorsi, infatti, sono stati decisi forti tagli di spesa per far fronte alla grave crisi economica che attanaglia il Paese. Della cancellazione degli aiuti ai bambini si è appreso ieri da un comunicato diffuso dall’arcidiocesi romano-cattolica di Bucarest e ripreso dall’Osservatore Romano. Nel documento, il portavoce dell'arcidiocesi, padre Jerome James, esprime preoccupazione per le conseguenze di una tale decisione. “Questa misura – afferma – potrebbe compromettere il fragile equilibrio delle famiglie e rinviare il progetto di molte coppie di dare il via a una nuova vita”. Anche l’associazione delle famiglie cattoliche romene dichiara il proprio disaccordo con il presidente Traian Basescu e mette in evidenza che “in assenza di una politica coerente per incoraggiare e sostenere le nuove nascite, il Paese è destinato a subire gravi conseguenze sul piano economico”. Un forte calo demografico cancellerebbe infatti l’ottimismo di una reale ripresa economica. Se la popolazione invecchia tale fenomeno non incide soltanto sul sistema delle pensioni, ma colpisce tutti i settori sociali ed economici: aumentano i costi sanitari, diminuisce il gettito fiscale, viene meno la propensione al risparmio e anche l’attività imprenditoriale. Si perde infine in competitività perché la forza lavoro oltre a diminuire, invecchia. (M.A.)

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    Fiera di Torino. Il cardinale Bagnasco: non rassegnarsi al fast food della cultura

    ◊   Non dobbiamo rassegnarci “al fast food pseudo culturale, alla epidermide delle gratificazioni istantanee, alla rassegnata abdicazione dei depressi”. Così ieri il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, durante una lectio magistralis su “Segni della memoria e sfida educativa” nell’ambito della manifestazione “I segni della memoria. L’Uomo della Sindone”, organizzata all’interno del Salone internazionale del libro in corso a Torino. Il porporato ha incentrato il suo intervento sul tema della fede. La tendenza alla privatizzazione della fede – ha sottolineato – declina oggi in religiosità di consumo, sublimato autoreferenziale, del tutto sganciata dal vissuto quotidiano. E’ necessario far percepire nettamente che la solidarietà – ben lungi dall’essere risposta emotiva di un momento – certifica l’autenticità della fede non meno che la qualità della vita. In questo processo si radica la ricerca della verità che, secondo il cardinale, non conduce le culture nel deserto della tolleranza, ma le sollecita ad un comune impegno di servizio dell’uomo nella verità. La formazione del senso critico – che la sana lettura alimenta – è essenziale per l’adesione di fede, l’esperienza di fede, la maturazione della fede. Il porporato ha quindi ricordato che la verità cristiana è “sinfonica”. La visione cristiana – ha spiegato - “propone un messaggio di chiara valenza culturale, aperto a tutti gli uomini di buona volontà. Per questo è amica del libro”. Così – ha proseguito - “la fede cristiana illumina il profilo sostantivo della democrazia, come concezione intellettuale e come compito morale”. Citando le parole di Giovanni Paolo II, il presidente della Cei ha quindi sottolineato l’urgenza di adoperarsi “perché il vero senso della democrazia, autentico senso della cultura, sia pienamente salvaguardato”. Non è compito della Chiesa istituzionale determinare modelli in sede economica e politica – ha spiegato – lo è certamente dei cristiani laici, nella personale testimonianza di impegno sociale e nelle preziose forme aggregative”. Il riferimento è alla questione educativa e alla mancata valorizzazione delle eredità culturali. “Senza la tradizione – ha avvertito - il soggetto non trae linfa dalle radici e dissecca”. “L’amnesia culturale ed esistenziale del nostro tempo – ha rilevato – misconosce quelle radici cristiane che sono la principale sorgente del pensiero occidentale”, e “il declino della modernità mortifica in tal modo la passione educativa”. Mancano “valori comuni e condivisi”: piuttosto c’è “tolleranza”, un “rispetto formale dei confini”, dove “la figura del maestro sfuma, il contesto familiare si ritira dall’educativo e spesso si sfalda, la ragione appare ormai incapace di fornire contenuti e valori universali, la scuola diventa contenitore”. Sottolineando ancora che la fede cristiana “non discrimina aprioristicamente nessuna cultura”, il porporato ha quindi rivolto il pensiero alle “istituzioni pedagogiche cattoliche” per il loro “compito insostituibile”. Qui, infatti, “la relazione educativa è posta a servizio della persona” e si alimenta “a un patrimonio di saperi che il volgere delle generazioni ha distillato in sapienza di vita”. (E. B.)

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    Il cardinale Ruini: considerare l'uomo come un fine, mai come un mezzo

    ◊   In un mondo dominato dal nichilismo le vere emergenze da fronteggiare sono il naturalismo e il relativismo. Il monito è stato lanciato dall’ex presidente della Cei, cardinale Camillo Ruini, nel suo intervento al convegno annuale dei centri culturali cattolici della diocesi di Milano, di cui riferisce l’Ansa. Nel suo intervento, il porporato ha detto che “una spiegazione seria dell'emergenza educativa in cui ci troviamo rimanda al predominio del relativismo nella nostra cultura e vita sociale”. Per questo motivo, “quando vengono a mancare, come orizzonte della nostra vita, la luce e la certezza della verità, al punto che, anche in ambito educativo, lo stesso parlare di verità viene considerato pericoloso ed autoritario e, parallelamente, sul piano etico, si ritiene infondato e lesivo della libertà ogni riferimento ad un bene oggettivo che preceda le nostre scelte e possa essere il criterio della loro valutazione, diventa inevitabile dubitare della bontà della vita e della consistenza dei rapporti e degli impegni di cui la vita è intessuta”. Questo rischio, secondo Ruini, viene alimentato dal “naturalismo”, che riduce l'uomo ad un elemento della natura. “Oggi il pericolo è molto aumentato – ha proseguito il cardinale - perché sta diventando egemone l'idea che il soggetto umano non sia altro che un risultato dell'evoluzione cosmica e biologica”. E sono proprio il nichilismo ed il naturalismo che, secondo il cardinale Ruini, hanno alimentato la tecnoscienza: “Negli ultimi decenni le scienze empiriche e le tecnologie, nella loro sempre più stretta connessione che spinge a parlare di tecnoscienza, hanno avuto decisivi sviluppi nelle loro applicazioni all'uomo, con quelle che chiamiamo biotecnologie”. L'ex presidente della Cei è quindi ricorso alla Gaudium et Spes (Concilio Vaticano II), dove è scritto che l'uomo è l'unica creatura sulla terra che ''Dio abbia voluto per se stessa'', e al pensiero di Emmanuel Kant, secondo il quale l'uomo deve essere sempre considerato “come un fine e mai come un mezzo”. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Violenze in Thailandia: oltre 20 morti. La Chiesa denuncia: interessi faziosi

    ◊   Con violenze meno estese rispetto a ieri, Bangkok sta vivendo oggi la sua seconda giornata di guerriglia urbana con nuove vittime: il bilancio complessivo delle ultime ore sale ad almeno 22 morti ed oltre 150 feriti. Il presidente della Conferenza episcopale della Thailandia, mons. Louis Chamniern, arcivescovo di Thare e Nonseng, tenta una mediazione per evitare ulteriori spargimenti di sangue e alncia una forte denuncia. Il servizio di Fausta Speranza

    Esplosioni e spari a nord e a sud del presidio delle cosiddette camicie rosse, i manifestanti che da tre mesi occupano il distretto commerciale di Bangkok in segno di protesta contro l'attuale governo: chiedono lo scioglimento del Parlamento e la rimozione del primo ministro Vejjajiva. La settimana scorsa c’è stata una tregua in cui si è parlato di elezioni anticipate a novembre, ma le camicie rosse hanno posto condizioni che non sono state accettate. Dunque l’esercito ha isolato il presidio e tagliato luce e rifornimenti. Secondo il governo, nell'accampamento, sono rimaste 6mila persone, mentre qualche settimana fa arrivavano a 30mila. I manifestanti ammettono che scarseggiano le provviste alimentari. Poco fa l’ultimatum: i soldati disperderanno i manifestanti se non lasceranno il presidio. E di fronte al timore di ulteriori violenze e sofferenze, la Chiesa locale ha reso pubblico, attraverso l’Agenzia Fides, un appello al dialogo sottolineando che "leader buddisti, cristiani e musulmani potrebbero contribuire a esplorare nuove vie di dialogo e di mediazione, per una soluzione pacifica”. Il presidente della Conferenza episcopale della Thailandia spiega che il governo accusa i leader della protesta di essere ‘nemici della Coronà e ‘traditori della patrià, ma sembra un modo per screditare la protesta agli occhi della nazione. L’esecutivo – raccomanda – dovrebbe esercitare maggiore pazienza nell’esplorare ancora nuove strade di dialogo e denuncia: entrambe le parti guardano solo ai propri interessi e non al bene comune. Il presidente della Conferenza episcopale thailandese non nasconde la preoccupazione: sarebbe un’ultima possibilità, - dice - prima della “guerra civile” che rischia di insanguinare la nazione. E resta da dire che qualche ora fa è intervenuto il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon: ha rivolto un appello tanto ai manifestanti quando alle autorità thailandesi affinchè facciano tutto ciò che è in loro potere per evitare ulteriore violenza.

     
    Kirghizistan: annunciata la presentazione a breve della nuova Costituzione
    Il Consiglio costituzionale del Kirghizistan si appresta a sottoporre al governo provvisorio di Bishkek la bozza finale della nuova costituzione del Paese, lo ha annunciato il presidente dello stesso Consiglio, Omurbek Tekebayev, che si è riunito oggi nella capitale kirgiza. Il responso del governo provvisorio è atteso entro il prossimo 20 maggio e se il testo verrà approvato sarà a quel punto reso pubblico, ha affermato ancora Tekebayev.  60 persone sequestrate da talebani in Pakistan
    Commando armati, presumibilmente di talebani del Pakistan, hanno compiuto oggi nel nord-ovest del Paese una serie di sequestri, catturando almeno 60 persone. Secondo fonti ufficiali, il gruppo più importante di rapiti è formato da 33 dipendenti della Water and Power Development Authority (Wapda) bloccati nella regione tribale della Kurram Agency, alla frontiera con l'Afghanistan.

    30 talebani uccisi in Afghanistan
    Una trentina di talebani sono stati uccisi in Afghanistan nelle ultime 24 ore nel corso di operazioni militari afghane e internazionali. Riferendosi ad un attacco degli insorti ad un convoglio di autobotti che trasportavano carburante per la Nato nella provincia di Ghazni, il ministero della Difesa ha indicato a Kabul che un reparto militare afghano giunto sul posto ha ucciso sei talebani e ne ha feriti altri tre. Inoltre, nella provincia settentrionale di Baghlan truppe miste afghane e della Nato hanno ucciso nove talebani in scontri nel distretto di Dana Ghori, secondo quanto ha reso noto il portavoce della polizia provinciale, Jawid Basharat. In un altro comunicato, il ministero della Difesa afghano ha segnalato che in una serie di scoppi di rudimentali ordigni collocati dai talebani, due soldati sono morti e altri sei sono rimasti feriti nelle province meridionali di Zabul, Uruzgan e Helmand. Infine altri 15 insorti sono stati uccisi ieri da reparti afghani e della Nato in varie operazioni nelle province di Nangarhar, Baghlan, Logar e Kandahar.

    Karzai fa tappa a Londra
    Il presidente afghano Hamid Karzai, di ritorno da Washington, ha deciso di fare uno scalo non programmato a Londra per incontrare il neo premier britannico David Cameron. Lo scrive oggi l'agenzia di stampa afghana Pajhwok. Senza fornire particolari dell'incontro, l'agenzia indica che il colloquio permetterà ai due di scambiare le loro opinioni sulla congiuntura militare e politica in Afghanistan ed esaminare le possibili vie d'uscita dalla crisi. Fra i possibili temi di discussione, il piano di transizione annunciato dal presidente statunitense Obama, la Jirga (Assemblea) consultiva di pace del 29 maggio e la Conferenza internazionale di Kabul del 20 luglio.

    Dopo un’allerta-incendio, ripreso il traffico di Eurostar
    Eurostar ha annunciato a metà mattina la ripresa del traffico dei treni tra Francia e Inghilterra sotto la Manica, bloccato dopo un'allerta incendio alle 9.30. La ripresa del servizio è stata possibile dopo la riapertura parziale del tunnel, secondo le informazioni fornite a Londra da Eurostar ed Eurotunnel, le due società che gestiscono rispettivamente i treni e la galleria. L'allarme è scattato quando è stato visto del fumo uscire da una navetta per il trasporto di camion che stava viaggiando nel tunnel sud, quello che va dalla Francia verso la Gran Bretagna. A quel punto tutto il traffico è stato bloccato per precauzione ma Eurotunnel ha ben presto dato luce verde per la riapertura del tunnel nord in attesa di verifiche su quello sud.

    Onu: preoccupazione per il rimaptrio dei richiedenti asilo in Francia
    La Commissione dell'Onu contro la tortura si è detta preoccupata per la sorte dei richiedenti asilo in Francia e in particolare per quanti vengono rinviati verso quei Paesi dove possono essere sottoposti a torture o maltrattamenti. In un rapporto reso pubblico ieri a Ginevra, la Commissione “deplora il fatto di essere stata chiamata in causa per casi relativi al rinvio di individui verso Paesi dove rischiano di subire pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”. Il rapporto, che è stato redatto da un gruppo di esperti indipendenti, rileva inoltre che “il 22 per cento delle richieste di asilo presentate nel corso del 2009 sarebbero state vagliate con una procedura cosiddetta 'prioritarià che non prevede il ricorso sospensivo in caso di parere negativo iniziale”. La Commissione dell'Onu rileva inoltre che i richiedenti che si trovano in un centro di accoglienza devono presentare la domanda entro cinque giorni, un tempo insufficiente questo per presentare una documentazione completa e credibile. L'organismo dell'Onu chiede perciò alle autorità di concedere un lasso di tempo e garanzie adeguate a chi intende chiedere asilo in Francia.

     
    Condannato a morte l’autore dell’aggressione a bimbi in un asilo in Cina
    Xu Yuyuan, l'uomo comparso oggi in tribunale con l'accusa di aver aggredito a colpi di coltello e ferito 29 bambini e tre adulti, in una scuola della città cinese di Taixing, è stato condannato a morte. Lo ha annunciato l'agenzia Nuova Cina. I giudici l'hanno riconosciuto colpevole di omicidio intenzionale, anche se nell'aggressione non ci sono stati morti. Al processo, durato solo mezza giornata, hanno assistito circa 300 persone. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 135

     
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