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Sommario del 09/05/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Al "Regina Coeli" Benedetto XVI chiede di pregare per il suo viaggio in Portogallo. La benedizione al Congresso eucaristico nazionale del Brasile
  • Il profondo legame del Papa con il Santuario di Fatima nelle parole del cardinale Saraiva Martins
  • Oggi in Primo Piano

  • A Bruxelles, vertice Commissione Ue-Ecofin per il piano salva-euro
  • Sessant'anni fa la Dichiarazione di Robert Schuman che avviava l’integrazione europea
  • Test elettorale per la Cdu tedesca nel "Land" Nord Reno-Vestfalia
  • Il progetto dell'ong "Intervista Onlus" a sostegno della scolarizzazione primaria in Kenya, dove mancano aule e insegnanti
  • Anno Sacerdotale: essere prete e artista, due modi di annunciare l'Infinito. La testimonianza di don Antonio Pisani
  • Essere sulle strade di chi cerca Dio: i percorsi della fede al centro del convegno delle presidenze diocesane dell'Azione Cattolica
  • Chiesa e Società

  • I vescovi americani a favore delle agevolazioni commerciali ad Haiti
  • L’augurio delle Pontifice opere missionarie australiane per l’incontro dei vescovi dell’Oceania
  • I vescovi della RD Congo: evangelizzare con i nuovi mezzi media, un atto di responsabilità
  • India: lo studio della Bibbia promuove un maggiore impegno dei fedeli
  • Kenya: un modello di sviluppo basato sullo spirito di comunità
  • Lourdes: chiuso il 23.mo Congresso dei medici cattolici
  • Angola: difficoltà per il Centro di accoglienza per bambini stregoni di Soyo
  • A Calcutta una scuola per i figli di prostitute gestita dai Fratelli cristiani irlandesi
  • I Padri Bianchi celebrano il 27.mo Capitolo generale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Vulcano Islanda: migliora la situazione nei cieli d’Europa, ma ancora centinaia i voli cancellati
  • Il Papa e la Santa Sede



    Al "Regina Coeli" Benedetto XVI chiede di pregare per il suo viaggio in Portogallo. La benedizione al Congresso eucaristico nazionale del Brasile

    ◊   L’invito alla preghiera in vista dell’imminente viaggio apostolico a Lisbona e a Fatima, una calorosa benedizione ai partecipanti al prossimo Congresso Eucaristico nazionale del Brasile e l’invito a “tenere alta” la qualità dell’istruzione nelle scuole cattoliche. Sono i temi principali toccati questa mattina da Benedetto XVI prima e dopo la recita del Regina Coeli, in Piazza San Pietro. Il Papa ha dedicato un pensiero spirituale a Maria che, ha detto, “ha donato al mondo una nuova primavera”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Maggio, mese della primavera e mese mariano per eccellenza. Benedetto XVI ha messo in stretta correlazione il contesto “naturale” e quello liturgico nel quale la Chiesa ricorda la Madre di Cristo. In questo periodo, ha osservato il Papa, nel nostro emisfero “la primavera avanza con tante e colorate fioriture; il clima è favorevole alle passeggiate e alle escursioni”: per i cristiani è ancora il Tempo di Pasqua, “il tempo dell’alleluia” e dell’attesa della Pentecoste. Un periodo al quale, ha detto, “si intona bene la tradizione della Chiesa di dedicare il mese di maggio alla Vergine Maria":

     
    “Ella, in effetti, è il fiore più bello sbocciato dalla creazione, la 'rosa' apparsa nella pienezza del tempo, quando Dio, mandando il suo Figlio, ha donato al mondo una nuova primavera. Ed è al tempo stesso protagonista, umile e discreta, dei primi passi della comunità cristiana: Maria ne è il cuore spirituale, perché la sua stessa presenza in mezzo ai discepoli è memoria vivente del Signore Gesù e pegno del dono del suo Spirito”.
     
    E proprio nel cuore di questo mese mariano, ha proseguito Benedetto XVI, “avrò la gioia di recarmi nei prossimi giorni in Portogallo” per visitare Lisbona e Porto e poi per raggiungere Fatima, in occasione del decimo anniversario della Beatificazione dei due pastorelli Giacinta e Francesco:

     
    “Per la prima volta come Successore di Pietro mi recherò a quel Santuario mariano, tanto caro al Venerabile Giovanni Paolo II. Invito tutti ad accompagnarmi in questo pellegrinaggio, partecipando attivamente con la preghiera: con un cuore solo ed un’anima sola invochiamo l’intercessione della Vergine Maria per la Chiesa, in particolare per i sacerdoti, e per la pace nel mondo”.
     
    Dopo la Recita del Regina Coeli, il Papa ha rivolto un lungo saluto in lingua portoghese al popolo brasiliano, che dal 13 al 16 maggio prossimo vivrà il grande appuntamento del 16.mo Congresso eucaristico nazionale, al quale il Pontefice ha inviato come suo rappresentante il cardinale Claudio Hummes. Il motto del Congresso, che riporta le parole dei discepoli di Emmaus: “Resta con noi, Signore", esprime – ha affermato Benedetto XVI – “il desiderio che pulsa nel cuore di ogni essere umano”:

     
    “Possais todos vós, pastores e povo fiel…
    Possiate voi tutti, pastori e fedeli, riscoprire che il cuore del Brasile è l’Eucaristia. E' proprio nel Santissimo Sacramento dell'Altare che Gesù mostra il suo desiderio di essere con noi, di vivere in noi, di donarsi a noi. Il suo culto ci porta a riconoscere il primato di Dio perché Egli solo può trasformare i cuori degli uomini, portandoli all’unione con Cristo in un solo corpo (...) Questo esige di essere comunicato così che Egli possa costruire una società più giusta”.
     
    Pensando poi alla prossima fine dell'Anno sacerdotale, il Papa ha invitato tutti i sacerdoti “a coltivare una profonda spiritualità eucaristica sull’esempio del Santo Curato Ars”. Quindi, tra i saluti in lingua italiana, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero ai partecipanti alla 30.ma Maratona di Primavera-Festa della scuola cattolica, guidati dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Augurando a tutti – dirigenti, docenti, alunni e genitori delle scuole cattoliche di ogni parte d’Italia – di "concludere nel modo migliore l’anno scolastico", il Papa ha aggiunto:

     
    “Soprattutto, vi incoraggio a tenere sempre alta la qualità dell’istruzione e dell’educazione nelle vostre scuole, che sono un patrimonio prezioso per la Chiesa e per l’Italia”.

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    Il profondo legame del Papa con il Santuario di Fatima nelle parole del cardinale Saraiva Martins

    ◊   Per Benedetto XVI quelle di oggi sono ore di vigilia prima della partenza per Fatima. Il Papa partirà martedì mattina alle 8.50 per Lisbona, dove giungerà verso le 11, ora locale. Dopo una serie di appuntamenti nella capitale portoghese, il Pontefice si trasferirà mercoledì pomeriggio a Fatima, per poi presiedere il giorno successivo, 13 maggio, la Messa solenne nel Santuario mariano, nel decimo anniversario della canonizzazione dei due veggenti, Giacinta e Francesco. Prima della partenza di questo 15.mo viaggio apostolico internazionale, il nostro inviato in Portogallo, Roberto Piermarini, ha domandato al cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi, quale sia il legame che unisce Benedetto XVI alla Vergine di Fatima:

    R. – C’è un grande legame tra Benedetto XVI e Fatima. E questo perché, tra l’altro, il cardinale Ratzinger è stato già a Fatima per presiedere il pellegrinaggio mondiale, che vede a Fatima centinaia di migliaia di persone. In un’altra occasione, poi, il cardinale Ratzinger ha tenuto una conferenza nella sede di Porto dell’Università Cattolica portoghese. Ci sono dunque molti legami tra Benedetto XVI, Fatima e il Portogallo. Bisogna anche ricordare che è stato proprio il cardinale Ratzinger a preparare la pubblicazione dell’ultima parte del "segreto" di Fatima. Allora era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e il documento che fu letto a Fatima alla fine della Messa di beatificazione di Giacinta e Francesco fu preparato proprio dal cardinale Ratzinger insieme con i suoi collaboratori.

     
    D. – Nel 2000, lei ha accompagnato a Fatima Giovanni Paolo II. Che ricordo le è rimasto di quella visita?

     
    R. – Io ho molti ricordi, ma ce ne è soprattutto uno al quale mi voglio riferire e che è stato per me veramente molto commovente. Giovanni Paolo II mi aveva voluto con molta, molta intensità assieme a lui alla Beatificazione dei due veggenti di Fatima, per portarli alla gloria degli altari, per mettere un candelabro che illuminasse l’uomo di oggi e soprattutto i bambini di oggi. Dopo la Beatificazione di Giacinta e Francesco, rientrando a Roma in aereo, Giovanni Paolo II parlava con grande calore di quanto avvenuto: un calore che era chiaramente l’espressione di una persona che era riuscita finalmente a realizzare ciò che da tempo desiderava, beatificare i due pastorelli. Mai mi dimenticherò di quella reazione di Papa Giovanni Paolo II: era un uomo felice. "Finalmente – pensava tra sé – ho fatto quello che da molto tempo avrei voluto fare!”. Non dimentichiamo che Giovanni Paolo II era intimamente legato a Fatima per tanti motivi, non ultimo in riferimento all’attentato. Lui ha detto chiaramente e più di una volta che è stata la Madonna di Fatima a salvargli la vita, perché – secondo lui – è stata proprio la Madonna di Fatima a deviare la pallottola che avrebbe dovuto ucciderlo. Tanto era convinto di questo, che offrì alla Madonna di Fatima quella stessa pallottola che avrebbe dovuto ucciderlo e che è ora nella Corona della Bianca Signora della Cova di Iria.

     
    D. – In occasione della visita di Giovanni Paolo II, culminata con la Beatificazione dei pastorelli Giacinta e Francesco, venne data lettura della terza parte del “segreto” di Fatima, che secondo la Santa Sede si era compiuto con l’attentato allo stesso Pontefice il 13 maggio del 1981. Cosa risponde a chi parla di una “quarta parte” del segreto, che sarebbe tenuta nascosta?

     
    R. – Certamente, si parla di una quarta parte del segreto di Fatima, ma secondo me questa quarta parte non esiste. Si tratta piuttosto di una affermazione gratuita, che non ha alcun fondamento nella realtà delle cose. La terza parte è l’ultima parte del messaggio del segreto di Fatima. Non c’è alcuna ragione valida per poter affermare che esista una quarta parte. So bene che molto se ne è parlato e che qualcuno ha pure scritto un libro sull’argomento, ma io non trovo alcun fondamento in tale affermazione.

     
    D. – Lei ha incontrato numerose volte nel suo monastero di Coimbra la terza veggente, suor Lucia. Cosa ricorda di quegli incontri?

     
    R. – Ho tanti ricordi e tutti commoventi. Io incontravo suor Lucia, ogni anno, in agosto e precisamente il 15 agosto, Festa dell’Assunta. Quel giorno, infatti, le suore del Monastero di Coimbra, sapendo che io ero in vacanza in Portogallo, a Lisbona, mi invitavano a celebrare la messa per la Festa dell’Assunta. In quell’occasione, avevo sempre un incontro con suor Lucia e con tutte le altre suore del Monastero. Suor Lucia mi ha sempre dato l’impressione di essere una persona semplice, una persona anche molto intelligente, molto pratica, ma soprattutto una persona santa. Il suo modo di parlare e il suo modo di muoversi esprimevano molto chiaramente – secondo me – la sua santità. Era veramente una santa. Questa era l’impressione che mi rimaneva sempre dopo aver parlato con Lucia. Era di una semplicità straordinaria, la semplicità del Vangelo. Proprio per la sua intelligenza e praticità è stata l’economa del Monastero di Coimbra. Quando le Suore carmelitane di clausura hanno avuto bisogno di erigere un altro monastero nella città di Guarda, fu proprio suor Lucia che da Coimbra andò a Guarda per parlare con gli architetti e dire loro come dovevano fare il nuovo monastero. I santi sono sempre pratici, realistici, concreti.

     
    D. – Eminenza, cosa ha rappresentato e cosa rappresenta oggi Fatima per la sua vita?

     
    R. – Fatima ha rappresentato sempre molto nella mia vita, fin da bambino. E questo perché, come succede con tutte le mamme portoghesi – almeno con la maggior parte delle mamme portoghesi – la mia mamma mi ha sempre parlato della Madonna di Fatima sin dalla tenera età. Ho quindi imparato ad amare la Madonna di Fatima e a venerare i pastorelli. Per me, quindi, come penso per la maggior parte dei portoghesi, amare la Madonna di Fatima, essere devoti della Madonna di Fatima è qualcosa di naturale. Lo abbiamo imparato dalla mamma, tutti noi.

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    Oggi in Primo Piano



    A Bruxelles, vertice Commissione Ue-Ecofin per il piano salva-euro

    ◊   Giornata di lavori a Bruxelles, dove Commissione Europea e Ecofin metteranno a punto il piano di stabilizzazione per blindare la zona dell'euro contro i rischi di instabilità e gli attacchi dei mercati. Le proposte indicate nella notte di venerdì dai leader dei 16 Paesi dell'Eurozona sono in discussione in una riunione straordinaria della Commissione Ue e nel pomeriggio passeranno al vaglio dei ministri delle finanze della Ue, ai quali spetta la parola conclusiva. Intanto, la debolezza dell’euro innescata dalla crisi economico-finanziaria della Grecia, oltre a far tremare i mercati negli ultimi giorni, sta alimentando molte voci, anche le più disparate, su quale sia la strada migliore per uscire dalla crisi e ritrovare la perduta stabilità. Alcuni osservatori hanno ipotizzato persino l’abbandono della moneta unica e il ritorno alle divise nazionali. Luca Collodi ha chiesto cosa ne pensi all’economista, Stefano Zamagni:

    R. – Penso si tratti di un ragionamento, come si suole dire, “al limite”. E i ragionamenti al limite possono soddisfare la fantasia o la speculazione teorica, ma non tengono conto del dato di realtà. Primo, perché non è ragionevole pensare oggi a un esito catastrofico di quelli che sono descritti. Secondo, perché anche se così fosse, l’uscita dall’euro porterebbe un vantaggio – tramite la svalutazione delle monete dei Paesi in difficoltà – di breve termine. Quindi, ancora una volta bisognerà essere un po’ più saggi perché l’uscita dall’euro peggiorerebbe inevitabilmente la situazione, anche se nel brevissimo termine potrebbe portare una boccata d’ossigeno. Non è questo il modo di affrontare il problema.

     
    D. – Spesso, si dice che l’Europa, politicamente, sia debole. Ma spesso sono i politici europei ad apparire in qualche modo bloccati dal fatto che all’interno dei rispettivi Stati le opinioni pubbliche non sono poi così favorevoli all’Unione Europea, almeno così come viene pensata ad un certo livello politico. Lei cosa ne pensa?

     
    R. – Penso che la cosiddetta opinione pubblica sia il riflesso ragionato di quello che si avverte dall’alto. In altre parole: se i governanti dei singoli Paesi tra di loro, maggioranza e opposizione, non trovano l’accordo su un obiettivo strategico di questo tipo, è evidente che i rispettivi gruppi di cittadini non faranno altro che allargare e dilatare il disaccordo. Ma la responsabilità ultima è sempre dei governanti. E’ chiaro che l’opinione pubblica, poi, rafforza ed agisce da volano, da moltiplicatore. Ma all’origine sta esattamente il messaggio. Un’autorità che sia “autorevole” è quel soggetto che sa indicare alla cittadinanza di riferimento la direzione di marcia ed è quello che oggi manca.

     
    D. Lei pensa che il basso consenso che oggi riscuotono i politici in tutti i Paesi sia superabile per arrivare ad una governance più generale dell’Unione Europea? Si può fare una cosa contro il volere del popolo?

     
    R. – No, non è contro il volere del popolo. E’ che il popolo riflette quello che i governanti pensano. E’ un po’ come una famiglia: se madre e madre litigano di continuo, i figli crescono con l’idea che il litigio sia l’elemento costitutivo della famiglia. Ecco perché i genitori normali non litigano mai di fronte ai figli, se hanno qualcosa da dire se lo vedono fra di loro. La stessa cosa avviene nella sfera politica, ma queste sono cose che si sapevano già ai tempi degli antichi romani. E’ chiaro che non si può andare contro la volontà del popolo, ma il popolo – per via delle asimmetrie informative – non può avere accesso a tutte le informazioni che sono invece in possesso dei politici. Bisogna quindi che i politici tornino a parlare la lingua del bene comune. Tutti a parole dicono “il bene comune” ma, primo, non sanno cosa sia il bene comune e, secondo, basta chiedere ad un politico: “Che differenza c’è tra bene comune e bene totale”? Lei vedrebbe che pochissimi saprebbero cogliere la differenza. Oggi, si ragiona in termini di bene totale e non invece di bene comune. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Sessant'anni fa la Dichiarazione di Robert Schuman che avviava l’integrazione europea

    ◊   Il 9 maggio si festeggia la nascita dell'Europa comunitaria, perché in quella stessa data, nel 1950, Robert Schuman, uno dei padri fondatori, pronunciò il celebre discorso che pose le basi per la nuova integrazione degli Stati europei, fondata sull'impegno del mantenimento di relazioni pacifiche. Il 2010 ricorda dunque i 60 anni dell’avvio dell'istituzione sovranazionale incaricata della gestione in Europa dell'industria del carbone e dell'acciaio, materie prime indispensabili per qualsiasi potenza militare. L'obiettivo, infatti, era prevenire altri conflitti dopo il disastroso Secondo conflitto mondiale. Oggi, l’Unione Europea è un’istituzione economica e politica, per certi aspetti ancora in costruzione. E sta attraversando la difficile crisi economica che dalla Grecia scuote tutti gli Stati membri. Delle difficoltà e delle prospettive, Fausta Speranza ha parlato con mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa:

    R. – Il 10 maggio del ’50, Schuman aveva già visto la possibilità di un processo di unificazione del nostro continente, con la coscienza che l’Europa non si sarebbe fatta con un colpo improvviso, ma attraverso un processo. Lui intravedeva la possibilità di una “federazione europea”. Poi, sono venute le tappe concrete che noi possiamo a vedere. Schumann ne vedeva l'avvio partendo dalla Francia e dalla Germania, le due nazioni che erano state maggiormente implicate nei terribili conflitti precedenti. In questo senso, si comprende anche il ruolo di Strasburgo e delle istituzioni con sede a Strasburgo, nella regione di frontiera dell’Alsazia tra Francia e Germania. In seguito, abbiamo visto che la questione dell’unificazione sarebbe stata la questione est-ovest, per l’esistenza del Muro, e dopo la sua caduta, il cammino di un’Europa a due polmoni. Attualmente, io direi che la questione è l’Europa e il mondo. Noi, oggi, probabilmente dovremmo fare una dichiarazione di unità del mondo più che una dichiarazione di unità soltanto dell’Europa. Ed è interessante che nella sua Dichiarazione Schuman dicesse già allora, nel 1950: se l'Europa comincia un processo di unificazione, avrà maggiori mezzi per contribuire ad un suo compito essenziale, che è quello dello sviluppo del continente africano. Ho trovato molto interessante questo: lui vedeva l’Europa, ma vedeva già il compito dell’Europa verso gli altri continenti, in particolare l’Africa. La sua prima intuizione, quindi, è che i problemi vanno oggi affrontati in un approccio europeo e noi potremmo dire, adesso più chiaramente ancora, con un approccio mondiale.

     
    D. – Perché l’Europa abbia un ruolo davvero a livello mondiale, che cosa raccomanda la Chiesa d’Europa ai politici e ai cittadini?

     
    R. – Per avere un ruolo concreto, forse la prima cosa che la Chiesa raccomanda è di avere una "visione": sembra astratto, ma si tratta di avere una visione, di avere un’idea dell’Europa e per questo l’Europa deve lavorare con gli europei, deve lavorare con le persone. Se l’Europa rimane un’istituzione teorica e artificiale, non sarà mai l’Europa: l’Europa è quella dei suoi cittadini. E per questo che il cristianesimo ritiene di avere un grande ruolo e la Chiesa altrettanto: il cristianesimo ha una visione dell’uomo, della persona umana, una visione della dignità della persona umana, della libertà, della coesione sociale, della solidarietà, in particolare – direi – della fraternità. E’ questa fraternità che deve maturare tra gli europei e a livello internazionale, e che poi porta con sé la solidarietà a livello economico, la capacità politica, la capacità di trasformare in concreto questa dimensione di fratellanza universale. Inoltre, la Chiesa ha di per sé la vocazione alla cattolicità, la visione dell’universalità. Quindi, la Chiesa sa che può dare un grande contributo perché, di fatto, è una realtà già al di là delle frontiere in Europa e al di là delle frontiere mondiali: è già un popolo internazionale, un popolo che mette insieme le diversità culturali, le diversità dei popoli e quelle religiose. Questo mi sembra un contributo essenziale. Poi, la Chiesa dà anche un contributo tipicamente spirituale, quello cioè di pregare per l’Europa e di creare dei luoghi per pregare. Nella storia abbiamo sempre avuto questi luoghi, pensiamo ai monasteri. Ma anche oggi abbiamo bisogno di questo, come ha detto il Papa nella Caritas in veritate: abbiamo bisogno di persone che abbiano le braccia alzate e che preghino per l’Europa. E questo diventerà anche una forza dialogica, una forza di conciliazione, a cominciare dall'interno della Chiesa cattolica, a livello ecumenico. Un grande contributo che la Chiesa può dare all’Europa e al mondo è il processo di riconciliazione dei cristiani, l’incontro tra le religioni, perchè la religione è una dimensione fondamentale del dialogo interculturale. La religione può presentare dei laboratori di solidarietà concreta, può far vedere come la carità possa diventare anima dell’economia. Può signifare avere non solo spazi di carità al di fuori dell’economia ufficiale, ma considerare cosa vuol dire prendere la luce della carità e dell’amore e introdurlo in economia, introdurlo in politica.

     
    Dell’attualità della Dichiarazione di Schuman, Fausta Speranza ha parlato anche con l’ambasciatore Yves Gazzo, capo della delegazione dell’Unione Europea presso la Santa Sede.

    R. – There was a major bigger crisis …
    C’era una grande crisi, quando il signor Schuman ha fatto questa dichiarazione, perché era il periodo subito dopo la guerra e c’era molto nervosismo e amarezza tra i popoli, in Europa. L’Europa, dunque, è stata creata dopo la grande crisi dell’acciaio. Quindi, lui ha lanciato questo messaggio per creare riconciliazione, basata sulla pace e sulla solidarietà. E penso che tutti questi elementi siano attuali anche oggi. Oggi ancora, se si guarda alla crisi economica, si capisce che è una questione di solidarietà. Quindi, quello che è stato detto 60 anni fa è di grande attualità oggi. Dobbiamo, dunque, costruire su questi valori, perché la pace non è qualcosa di garantito: dobbiamo meritarla e dobbiamo combattere per essa, e si deve costruire una rete di solidarietà tra i popoli. Penso che il Trattato di Lisbona rappresenti un passo avanti in questo senso, perché fornisce alcuni strumenti: è, direi, una sorta di “cassetta degli attrezzi” per creare più solidarietà nell’Europa allargata, perché ora siamo in 27 e abbiamo bisogno di strumenti per rendere un servizio straordinario. Ci vuole tempo. E in più, ci sono cose che 60 anni fa non erano prevedibili, come il cambiamento climatico, il problema demografico e il terrorismo.

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    Test elettorale per la Cdu tedesca nel "Land" Nord Reno-Vestfalia

    ◊   Urne aperte oggi nel più popoloso land tedesco, il Nord Reno-Vestfalia, chiamato scegliere il governo locale. Il test elettorale risulta cruciale anche per i destini del governo nazionale della cancelliera, Angela Merkel, che in caso di sconfitta sarebbe privata della maggioranza alla Camera delle regioni. Il perché lo spiega Fulco Lanchester, docente di Diritto costituzionale italiano e comparato all’Università La Sapienza di Roma, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – L’ordinamento costituzionale federale tedesco si basa sulla legge fondamentale del 1949, che ha istituito un ordinamento federale in cui esiste un “Bundestag”, ovvero una dieta federale, rappresentativa dei cittadini, che genera il governo. Ma nello stesso tempo, l’ordinamento federale è caratterizzato da una camera rappresentativa dei “Länder” in cui i “Länder” ai sensi dell’articolo 51 del “Grundgesetz” vengono rappresentati in maniera proporzionale al numero degli abitanti dei “Länder” stessi, e il Nordrhein-Westfalen è un “Land” particolarmente importante perché è il più popoloso dei “Länder” tedeschi. La rappresentanza è di sei membri; questi sei membri rappresentano la maggioranza politica del “Land”. Questo vuol dire che per adesso il Nordrhein-Westfalen è della Cdu, ma dai dati delle interviste pre-elettorali c’è un testa a testa tra democristiani, da un lato, e socialdemocratici dall’altro e quindi c’è la possibilità di un capovolgimento di maggioranza. Ora, questo vuol dire che una parte della legislazione federale potrebbe dipendere anche dal “Bundesrat”, ovvero dal voto della Camera federale: è per questo che la signora Merkel in questi ultimi giorni si è dedicata alle vicende pre-elettorali del Nordrhein-Westfalen con grande attenzione. D’altra parte, il problema del Nordrhein-Westfalen si collega anche al problema della stabilità economica regionale che ha portato, tra il 2006 e il 2009, alla riforma del federalismo tedesco, e la signora Merkel – nonostante tutto – non vuole perdere la maggioranza che nel “Bundesrat” l’accompagna dal 2005.

     
    D. – Perché in questo ultimo periodo il partito della Merkel ha subito o potrebbe subire un crollo? Quali sono le ragioni?

     
    R. – Il problema per cui è stata rinnovata la Costituzione tra il 2006 e il 2009 è stato quello della stabilità finanziaria tedesca e dei “Länder”. Ci sono “Länder” più poveri e “Länder” più ricchi e si tende a mettere ben chiare le regole della stabilità finanziaria. Ora, chi è al governo in un momento di difficoltà come questo, paga molto caramente, soprattutto nelle elezioni intermedie, i conti nei confronti dell’elettorato e in questo momento la Merkel sta pagando i problemi dell’incertezza.

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    Il progetto dell'ong "Intervista Onlus" a sostegno della scolarizzazione primaria in Kenya, dove mancano aule e insegnanti

    ◊   "Intervita Onlus", una ong italiana attiva dal 1999 con progetti di cooperazione dedicati soprattutto alla tutela dei diritti dei bambini e ai diritti delle donne, ha aperto una sede a Nairobi, centro nevralgico per l’organizzazione di progetti di sviluppo nell’Africa Orientale. Una scelta che rientra nella strategia di cooperazione per sostenere l’importante decisione adottata nel 2003 dal governo keniota di rendere la scuola primaria gratuita per tutti i bambini: una decisione che ha determinato un boom di iscrizioni impossibili da evadere a causa della mancanza di edifici scolastici. Monica Weisz, responsabile del progetto, ci spiega di cosa si tratta al microfono di Stefano Leszczynski:

    R. – Abbiamo deciso di investire particolarmente in Kenya per appoggiare questa iniziativa lodevole del governo kenyota di aumentare l’accesso dei bambini alla scuola primaria. Però, il governo kenyota in effetti si è trovato di fronte ad una serie di innumerevoli problemi. Pensate che nel giro di pochi anni, dal 2003 al 2009, il numero degli iscritti alle scuole primarie è aumentato di 2 milioni e 700 mila persone. In realtà, anche nelle scuole secondarie c’è stato un forte aumento degli iscritti e quindi il governo si è trovato con una carenza di strutture – di aule scolastiche, proprio – e con una carenza nell’organico degli insegnanti. Per questo, Intervita ha voluto intervenire fortemente nel Paese per sostenere questa iniziativa del governo, soprattutto nelle regioni dove i risultati negli esami delle elementari è molto basso.

     
    D. – Questo degli interventi in favore della scolarizzazione non è il solo ambito di cui Intervista si sia occupata in Africa…

     
    R. – Noi abbiamo voluto stabilire la nostra prima sede africana proprio in Kenya, perché è un Paese nevralgico nell’Africa orientale, trovandosi in un’area che comprende Paesi fortemente instabili come il Sudan e la Somalia. Il Kenya, invece, a parte i disordini post-elettorali alla fine del 2007, è un Paese tendenzialmente stabile. Gli interventi che noi mettiamo in atto sono sicuramente interventi nei quali l’istruzione e la salute sono centrali, sono il punto di partenza: occupandoci prevalentemente di bambini, vogliamo garantire loro un futuro. Noi operiamo con interventi integrati, quindi scegliamo le aree in cui c’è una maggiore povertà e lì poi interveniamo a favore di tutta la comunità. Non solo istruzione e salute, quindi, ma anche sicurezza alimentare, sviluppo economico, diritti delle donne e dei bambini, partecipazione comunitaria e aiuto alla sostenibilità ambientale.

     
    D. – Colpisce un po' il vedere che nell’ambito della cooperazione allo sviluppo è di nuovo il settore della società civile quello che impegna più risorse, mentre poco viene fatto a livello istituzionale da parte dei Paesi donatori…

     
    R. – Credo che forse anche da noi, nei nostri Paesi sviluppati, non abbiamo capito che l’istruzione e la salute sono veramente ambiti in cui investire, per far sì che non ci siano squilibri sociali e non si verifichino violenze.

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    Anno Sacerdotale: essere prete e artista, due modi di annunciare l'Infinito. La testimonianza di don Antonio Pisani

    ◊   Guardare la bellezza del Creato con gli occhi stupiti di un bambino e poi ritrarla in un quadro: è quanto cerca di esprimere, con la sua arte pittorica, don Antonio Pisani, sacerdote salernitano. Nato nel 1945, don Antonio ha scoperto la pittura a 42 anni ed oggi le sue giornate si dividono tra la preghiera e l’arte. Nel 2001, le sue opere sono state presentate anche alla Biennale di Venezia. Al microfono di Isabella Piro, il sacerdote racconta come è nata la sua passione per il disegno:

    R. – È nata per caso, la vocazione alla pittura. Il 4 dicembre del 1987, una bambina, Lucia, era ammalata e desiderava vedermi. Sono andato a trovarla a casa e Lucia, pur febbricitante, mi ha fatto vedere dei bellissimi disegni, dei quadretti che lei aveva fatto. Dimentica anche del proprio dolore, delle sue sofferenze, mi ha fatto un dono della sua arte. Prima di andare via, ho detto: “Lucia, ti prometto che domani incomincerò anch’io a dipingere’”. E così è stato. Il giorno dopo, mi sono attrezzato, sono andato dal giornalaio, ho comprato l’album da disegno e mi sono buttato a capofitto, come un bambino, a usare i colori. Il mio pronipote Gerardo, che faceva la seconda elementare, mi ha dato qualche lezione. Mi diceva: “Ma, zio, ti manca perfino la prospettiva!”. Così, ho incominciato all’età di 42 anni…

     
    D. – Quali sono i soggetti principali delle sue opere?

     
    R. – Il soggetto principale è la forza della luce. Per me, entrare nel vortice del colore è entrare dentro al colore perdendo ogni dimensione: nel vortice dell’eterno, dell’assoluto.

     
    D. – In che modo, secondo lei, l’arte avvicina il sacerdote a Dio?

     
    R. – Credo che, in fondo, lo sguardo del sacerdote e quello di Dio si intreccino e si fondano perché essi guardano il mondo attraverso l’Incarnazione e attraverso la forza della consacrazione, e possono produrre la vicinanza a Dio nell’arte, nella bellezza e nella redenzione.

     
    D. – Incontrando gli artisti, nel novembre scorso, il Papa li ha invitati ad essere “annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità”. Lei come mette in pratica questo invito?

     
    R. – Bisogna tornare all’arte dei bambini. La pittura, per loro, in fondo è un linguaggio naturale, come il parlare e il cantare. I bambini, in fondo, si esprimono con freschezza, con vivacità e stupore e riescono a trasmetterci quello che provano intorno a loro, circondati dalla bellezza e dall’amore della famiglia. Bisogna rispondere oggi alla violenza, all’angoscia, all’orfanezza di Dio con un’arte trascendente che gridi la gioia, la bellezza e il senso della speranza.

     
    D. – Don Antonio, ci ha raccontato come è diventato pittore. Ora ci racconta come è diventato sacerdote?

     
    R. – Io ero contadino, lavoravo nei campi, pascolavo il gregge… Si avvicinava la Pasqua ed una di quelle sere, per dare da mangiare alle mucche, tirai giù tante balle di fieno e assieme a quelle balle cadde giù un Vangelo, rosicchiato dai topi, al quale mancava la prima pagina. Presi il Vangelo, lessi quasi tutta la notte: avevo incontrato Gesù! Si era presentato a me attraverso la sua Parola. Sentivo forte la chiamata al sacerdozio, e così entrai in seminario fino all’ordinazione sacerdotale, il 29 luglio 1972.

     
    D. – Quali difficoltà e quali momenti di gioia ha vissuto nel percorso sacerdotale?

     
    R. – Sono sacerdote da 38 anni. La forza interiore è sempre stata l’obbedienza ai miei vescovi e l’amore totale a Gesù Crocifisso e, sotto l’aspetto nuovo, a Gesù abbandonato, scoperto negli anni Ottanta, aderendo al Movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Ho scoperto soprattutto la fraternità sacerdotale e una magia profonda nell’amare, nell’attimo presente, ogni persona che mi passi accanto.

     
    D. – Qual è il suo augurio per tutti i sacerdoti del mondo nell’anno dedicato al Santo Curato d’Ars?

     
    R. – Acquistare la consapevolezza del dono ricevuto in unità – sempre – con i propri vescovi, dovunque si trovino, per amare sempre di più Gesù ed amare la sua Chiesa, sapendo ciò che ha detto Benedetto XVI per l’Anno del Sacerdozio: “Dio è la sola ricchezza che in definitiva gli uomini desiderano trovare in ogni sacerdote”. E in fondo, questo è l’augurio che io voglio fare a tutti i sacerdoti del mondo.

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    Essere sulle strade di chi cerca Dio: i percorsi della fede al centro del convegno delle presidenze diocesane dell'Azione Cattolica

    ◊   Si è concluso recentemente a Roma il convegno delle presidenze diocesane di Azione Cattolica intitolato: “Sulle strade dei cercatori di Dio”. Al centro della tre-giorni, ricca di approfondimenti e dibattiti, il tema centrale della riscoperta della propria fede. Ma qual è il sentiero giusto da percorrere per riscoprirla davvero? Lo spiega, al microfono di Federico Piana, il presidente nazionale di Azione Cattolica, Franco Miano:

    R. – Noi riteniamo che la fede sia fondamentale per la vita. Allora è importante accompagnare le persone – il che vuol dire essere vicini alla loro ricerca, essere vicini ai loro problemi – e far fare alle persone esperienze di Chiesa belle e significative, che possano concretamente smentire tutta una serie di pregiudizi artificiosamente costruiti sulla vita della Chiesa e possano accompagnare le persone nella loro ricerca di Dio, che poi è pienezza di umanità. Questo è il primo grande obiettivo.

     
    D. – Secondo lei, chi sono i cercatori di Dio oggi?

     
    R. – E’ molto difficile identificarli in una categoria unica. Sono, però, persone più vicine a noi di quanto possiamo a prima vista pensare. Vi sono intanto tutte le persone che riscoprono il discorso su Dio, che poi significa l’esperienza di Dio a partire dall’avvicinamento alla Chiesa dei propri figli. Questa, per esempio, è una grande esperienza: riuscire a stare con le famiglie, partendo dall’incontro dei bambini e dei ragazzi con il Signore, aprire anche un dialogo con i genitori. Un’altra strada è sicuramente la strada della cultura, perché è fondamentale per il dialogo e la cultura è piena in tutte le sue espressioni della presenza di Dio, sia storicamente, sia sempre. E poi la strada della sofferenza, della gratuità.

     
    D. – La sete di Dio è nei cuori di tutti...

     
    R. – Se l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, questa immagine di somiglianza di Dio è presente nel cuore di ciascuno uomo. Quindi, ciascun uomo può, tornando in se stesso, e aprendosi oltre se stesso, porsi in cammino verso l’incontro con Dio. Il problema è che nella vita della Chiesa – e dunque l’Azione Cattolica con la Chiesa – ci possono essere tante esperienze significative di incontro con le persone: da un lato, nella qualificazione di quanto già c’è, dall’altro, anche nella capacità di individuare nuove strade in tutti quegli spazi di vita, che possono essere un luogo di domande e un luogo in cui questa sete, in una certa misura, viene alla luce.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    I vescovi americani a favore delle agevolazioni commerciali ad Haiti

    ◊   “Il proseguimento e l’incremento delle agevolazioni commerciali per Haiti saranno un chiaro segno che gli Stati Uniti sono pronti a compiere i passi necessari per migliorare, nel breve e nel lungo periodo, le vite di migliaia di abitanti di questo Paese”. Questo il messaggio che monsignor Howard James Hubbard, vescovo di Albany e presidente del Committee on International Justice and Peace della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), e Ken Hackett, presidente del Catholic Relief Service (Crs), hanno inviato martedì scorso ai senatori Max Baucus e Charles Grassley, i due promotori presso la camera alta del Congresso di Washington del progetto legislativo denominato “Haiti Lift Program Act”. I religiosi statunitensi – riporta l’Osservatore Romano – hanno esortato i due rappresentanti politici a portare a compimento, nel minor tempo possibile, l’iter della loro proposta legislativa presso il Congresso. Nel caso che fosse approvata, la nuova legge darebbe un concreto aiuto alla ripresa dell’attività lavorativa delle piccole aziende manifatturiere del Paese caraibico, capaci di procurare nuova occupazione per la popolazione colpita dal disastroso terremoto dello scorso 13 gennaio. Nel messaggio inviato ai due senatori, il vescovo Hubbard e Ken Hackett hanno fatto presente che i piani di agevolazione commerciale per le piccole imprese di Haiti ora in vigore, "Hope 1" e "Hope 2", hanno bisogno di essere prolungati almeno fino al 2020, per poter permettere il rilancio del settore produttivo del Paese. I due religiosi hanno inoltre sottolineato che le agevolazioni alle esportazioni haitiane verso gli Stati Uniti, prevalentemente costituite da prodotti ortofrutticoli, rappresenterebbero certamente un atto di grande solidarietà verso la popolazione di Haiti, ancora afflitta dai numerosi problemi del dopo terremoto. (E. B.)

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    L’augurio delle Pontifice opere missionarie australiane per l’incontro dei vescovi dell’Oceania

    ◊   In occasione dell’incontro della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Oceania (Fcbco), che si terrà a Sydney dal 10 al 14 maggio, le Pontificie opere missionarie (Pom) australiane hanno inviato i loro auguri e le loro preghiere ai vescovi provenienti da oltre una dozzina di Paesi limitrofi che si raduneranno presso il Sancta Sophia College dell’Università di Sydney. L’evento – riporta l’agenzia Fides – si tiene ogni quattro anni in Paesi diversi e quest’anno vede la partecipazione dei vescovi di Australia, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e di altri Stati del Pacifico, tra i quali le Isole Marianne, Guam, Noumea, Vanuatu, Wallis & Futuna, le Isole Cook, Samoa, Tokelau, Tuvalu, Fiji, Kiribati, Tonga e Tahiti, con delegazioni da Timor Est e della Federazione della Conferenza episcopale asiatica. Il tema è “Real Issues of Oceania in the Light of God’s Word and Sacraments”. In un comunicato il direttore nazionale delle Pontificie opere missionarie australiane, Martin Teulan, ha spiegato che quello della Fcbco “è un forum fondamentale per i dibattiti e le strategie della missione della Chiesa nella nostra regione.” Dal forum emerge la voce del multiculturalismo nel contesto della missione di annuncio del Vangelo. “L’Oceania – ha detto ancora il Direttore nazionale – raggruppa popolazioni e culture diverse di Melanesia, Micronesia e Polinesia. Ogni Paese ha i propri fabbisogni e le proprie priorità per crescere nella fede e prendersi cura delle necessità e del benessere della propria gente”. Inoltre, ha aggiunto, “le Pom, sia australiane che internazionali, danno milioni di dollari ogni anno per finanziare i progetti in Oceania a seconda delle priorità delle comunità cattoliche locali, che vanno da opere di ristrutturazione di scuole, alla costruzione di una chiesa, di una cattedrale o di una casa per comunità, alla formazione di catechisti o seminaristi, alla pubblicazione della Bibbia in Samoano, o all’istallazione di un impianto a pannelli solari sull’isola di Nissan, Bougainville.” Il presidente della Fcbco, mons. Peter Ingham, ha invece parlato della specificità della chiesa in Oceania e delle differenti sfide che ciascuno deve affrontare in ogni Paese. “Ci riuniamo tutti in assemblea – ha affermato - per ascoltarci e sostenerci reciprocamente come vescovi e condividere i tanti doni delle nostre diocesi”. A guidare i dibattiti saranno anche i portavoce di diverse congregazioni ed ordini religiosi. (E. B.)

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    I vescovi della RD Congo: evangelizzare con i nuovi mezzi media, un atto di responsabilità

    ◊   “L’apostolo Paolo e i suoi fratelli in Cristo hanno usato i mezzi cosiddetti più tradizionali per convertire i pagani: i piedi e la lingua. Oggi, per convertire i pagani, per rafforzare la fede e per formare il popolo di Dio è necessario utilizzare anche i moderni mezzi di comunicazione sociale. Pur nel mutato orizzonte sociale e tecnologico non cambia, però, la volontà dell’uomo che può chiudere o aprire il suo cuore alla trascendenza, all’annuncio della Parola che salva e fa liberi”. Lo ha sottolineato il vescovo Pierre Bulambo Lunanga, vicario generale della diocesi di Bukavu nella Repubblica Democratica del Congo, in apertura di un convegno sull’evangelizzazione e i mezzi di comunicazione sociale, svoltosi presso il centro spirituale "Amani". All’incontro, organizzato dalla Commissione episcopale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo, hanno preso parte - riferisce l'Osservatore Romano - numerosi delegati, specialmente giovani, provenienti dalle diocesi di Bukavu, Butembo-Beni, Kasongo, Kindu, Goma e Uvira. Nella sua omelia, durante la celebrazione eucaristica di apertura del convegno, il vescovo Bulambo ha detto che l’annuncio del Vangelo di Gesù “costituisce l’esperienza più alta della comunicazione. Per portare la Parola di Dio al mondo bisogna porsi con coerenza alla sequela di Gesù divenendo suoi apostoli e missionari. Come comunicatori del suo Vangelo non si può che divenire portatori di carità, di verità, di pace e di giustizia tra gli uomini”. Il cristiano infatti - ha evidenziato il presule - pur nelle ombre del mondo “è portatore di luce e di speranza nel mondo. Luce e speranza che diradano la caligine del male ed estirpano la zizzania”. Il segretario della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali, padre Jean-Baptiste Malenge, nell’illustrare l’obiettivo del seminario ha detto che occorre “un cammino di formazione permanente per gli operatori della comunicazione sociale, specialmente per quanti sono chiamati a evangelizzare attraverso i nuovi mezzi tecnologici. Una difficile responsabilità, ma anche un compito meraviglioso al servizio della Chiesa, dell'uomo e della società”. (E. B.)

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    India: lo studio della Bibbia promuove un maggiore impegno dei fedeli

    ◊   Lo studio della Bibbia sta trasformando la vita dei cristiani nell'India nord-orientale e sta avendo molte conseguenze pratiche. Ne è convinto padre Thomas Manjaly, professore di Bibbia all'Oriens Theological College di Shillong, il quale, parlando all’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre, ha detto che la Sacra Scrittura occupa posto molto importante nella vita della Chiesa nel nord del Paese indiano, dove la maggioranza dei cristiani è costituita da protestanti. In particolare – riporta l’agenzia Zenit – lo studio della Bibbia è fondamentale per un movimento di piccole comunità cristiane sviluppatesi nelle parrocchie cattoliche negli ultimi 15 anni. “Ha aiutato le persone a impegnarsi maggiormente con la Parola di Dio”, ha affermato il sacerdote, spiegando che “ascoltano la Bibbia in piccoli gruppi, la sentono spiegare e poi pregano”. Questi gruppi – ha sottolineato il religioso – aiutano i fedeli ad applicare la Bibbia alla propria vita e mettono in pratica ciò che hanno studiato. La Bibbia occupa inoltre un posto preminente nella casa, dove diventa il centro di una sorta di tempio. Fondamentale in questo processo – ricorda ancora padre Manjaly – è il ruolo svolto da un leader della comunità locale, da un catechista o da una suora che fa visita alla famiglia. La cerimonia prende la forma di un breve servizio di preghiera preparato dalla Chiesa nella lingua locale. Padre Manjaly, membro della Pontificia Commissione Biblica vaticana, ha anche spiegato come sia comune per le famiglie leggere insieme la Bibbia, superando l’analfabetismo. La Bibbia sta anche aiutando a promuovere una moderna forma di adorazione. Nascono infatti nuovi inn, basati soprattutto sul Vangelo, sulle lettere di San Paolo e sui Salmi, in musica e lingua locale kahsi, che da sempre ha tradotto quelli portati dai missionari provenienti dall’Europa. In questo modo – conclude padre Manjaly – “ora non c’è musica italiana, tedesca o spagnola, ma la nostra musica”. (E. B.)

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    Kenya: un modello di sviluppo basato sullo spirito di comunità

    ◊   Prosegue in Kenya lo sviluppo di "Saint Martin", un’organizzazione basata sulla comunità con 1.300 volontari locali impiegati in sei programmi di intervento che vanno dall’inserimento sociale dei bambini di strada all’assistenza dei disabili, dalla prevenzione dell’Aids al microcredito e alla tutela dei diritti umani. L’agenzia Fides ricorda che la Comunità, situata a Nyahururu, una località attraversata dall’Equatore, 280 chilometri a nord della capitale Nairobi, venne creata nel 1997 dal sacerdote italiano don Gabriele Pipinato, inviato in Kenya dalla diocesi di Padova, e da un primo gruppo di volontari kenioti. Oggi, è una organizzazione non profit che riunisce oltre un centinaio di persone, pagate per lavorare a tutti i programmi, e una fitta rete di volontari attivi non solo a Nyahururu ma anche nei villaggi limitrofi, spesso raggiungibili solo attraversando strade sterrate in mezzo alla foresta. Nelle loro comunità, i volontari fanno visita alle famiglie più deboli, segnalano casi di malattia o assistono i disabili in forma del tutto gratuita. Nell’ambito dei programmi di intervento, il sesto è il più importante, ed è chiamato "mobilitazione della comunità". Sono 38 gli operatori a lavorare nel settore con l’obiettivo di creare una cultura di solidarietà. Altro settore chiave è quello del sistema educativo. Negli ultimi mesi, gli operatori impegnati si sono recati in visita presso 28 chiese, cattoliche e protestanti, per promuovere uno spirito di consapevolezza sull’Aids e spiegando che nelle singole comunità ci sono persone malate, ma anche persone che se ne possono prendere cura. (E. B.)

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    Lourdes: chiuso il 23.mo Congresso dei medici cattolici

    ◊   Si è concluso a Lourdes il XXIII congresso mondiale della Fiamc che raccoglie al proprio interno più di 70 associazioni di medici cattolici nazionali. La quattro-giorni di lavori si è tenuta all’interno della Basilica Santa Bernadette del Santuario transalpino. Un congresso-pellegrinaggio, come ha voluto ricordare il presidente della Fiamc, José Maria Simon-Castellvi, tracciando un bilancio dei lavori. Un congresso arricchito dall’arrivo del messaggio di Benedetto XVI cui a breve seguirà una lettera dei medici cattolici mondiali che informeranno il Pontefice rispetto alle tematiche trattate. Questo congresso della Fiamc si è distinto rispetto ai precedenti proprio per l’urgenza manifestata dai medici cattolici di organizzare un congresso-pellegrinaggio che li portasse ai piedi della Vergine. Un’urgenza che la Fiamc sente particolarmente è la formazione dei giovani medici cattolici, che desiderano intraprendere la professione di ginecologi. In molti Paesi, si riscontra la difficoltà di accoglienza dell’obiezione di coscienza. Per il presidente Simon-Castellvi dare la morte a qualcuno non è compito del medico. E quindi di conseguenza questo non dovrebbe essere un atto che richiede obiezione. Per i medici cattolici occorre ribadire come la formazione dei ginecologi nel rispetto del proprio credo è un diritto democratico da tutelare. L’obiezione di coscienza è un tema non nuovo per la Fiamc, in quanto era stato trattato in un apposito workshop a Roma nel 2001. Per i medici cattolici di tutto il mondo è quindi priorità assoluta la maternità. La Fiamc ha voluto ribadire il legame sempre più stretto che le singole associazioni di medici cattolici nazionali hanno con i vescovi diocesani e le Conferenze episcopali, il tutto suggellato da sempre più crescenti e concreti segni di collaborazione. L’insegnamento di Lourdes per i medici cattolici confluiti da tutto il mondo è il richiamo alla misericordia, all’amore di Dio verso gli ultimi, in particolare i malati serviti quotidianamente dagli operatori sanitari. A margine del congresso della Fiamc, è stato consegnato il premio “Scienza e vita” a mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, che raccoglie al suo interno diversi Premi Nobel. (A cura di Edoardo Caprino)

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    Angola: difficoltà per il Centro di accoglienza per bambini stregoni di Soyo

    ◊   Prosegue tra mille difficoltà il lavoro del centro Angola: difficoltà per il centro di accoglienza per bambini stregoni di Soyo, in Angola, aperto a quei bambini per l'appunto accusati di stregoneria e per questo motivo spesso vittime di una superstizione collettiva che si lascia andare contro di loro ad atti di cruda violenza. Mancano soprattutto spazio e medicinali, ha affermato al giornale cattolico “Apostolado” il direttore del Centro Kikudo della città, padre Eduardo Matumona. “Il locale dove vengono registrati i ragazzi, sorge dove una volta era un’ala del cimitero parrocchiale”, ha detto il religioso, secondo quanto riporta l’agenzia Fides. Gli ospiti del centro – ha dichiarato ancora – “non hanno le lenzuola e il dormitorio non è in buone condizioni”. Le risorse sono quelle che arrivano dalla parrocchia con in aggiunta un piccolo sostegno esterno. L’obiettivo della struttura, che al momento accoglie 10 bambini e tre anziani fra i 50 e i 70 anni, è quello di reinserire i piccoli nella società. Benedetto XVI durante il suo viaggio in Angola nel marzo del 2009, durante la celebrazione nella chiesa di São Paulo a Luanda, ha ricordato che migliaia di angolani “vivono nella paura degli spiriti, dei poteri nefasti da cui si credono minacciati; disorientati, arrivano al punto di condannare bambini della strada e anche i più anziani, perché - dicono - sono stregoni”. (E. B.)

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    A Calcutta una scuola per i figli di prostitute gestita dai Fratelli cristiani irlandesi

    ◊   Una scuola per i figli delle prostitute a Calcutta, in India, gestita dai Fratelli cristiani irlandesi. La struttura – riporta l’agenzia Asianews - accoglie 45 giovani nell’ambito del programma ‘Lotus’. Il tutto è iniziato tre anni fa – spiega il direttore padre Samuel Kullai – “per dare una buona istruzione ai figli di queste donne e consentire loro di avere un futuro migliore, scegliere quale lavoro fare e inserirsi meglio nella società”. “L’istruzione e i buoni valori morali – prosegue - possono fare una grande differenza”, tenendo presente che le madri spesso non mandano i propri figli a scuola. Il programma prevede invece che ogni bambino sia preso in consegna da un educatore alle 5 di mattina e frequenti la scuola fino alle 5 del pomeriggio. Le materie di studio sono inglese, matematica, scienze, lingua bengalese, oltre a fare varie attività extracurriculari. Vengono loro offerti colazione e pranzo gratuiti, alcuni tra i più grandi collaborano a portare avanti la scuola. La sera gli educatori li riaccompagnano a casa. “La nostra missione ” – prosegue padre Kullai - è aiutarli a crescere, essere al loro servizio. Li educhiamo e introduciamo in loro principi morali. Una volta istruiti, possono meglio apprezzare questi valori. Sono bambini buoni e disciplinati. E’ bello stare con loro. Sono adorabili”. Il programma non guarda alla loro religione: i 45 ragazzi sono tutti islamici o indù. La spesa è sostenuta da benefattori dell’India e dall’estero. Susmita Senapati, una dei tre insegnanti, dice che quando questi bambini sono arrivati a scuola, non sapevano leggere né scrivere e ignoravano le buone maniere. In 2-3 mesi, hanno imparato con rapidità e si comportano bene. (E. B.)

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    I Padri Bianchi celebrano il 27.mo Capitolo generale

    ◊   Al via da domani, fino al 12 giugno a Roma, il 27.mo capitolo generale della Società dei Missionari d’Africa, meglio conosciuti come Padri Bianchi. Secondo il comunicato inviato all’Agenzia Fides dalla Curia generalizia, al primo gennaio 2010 la Società contava 1.541 membri provenienti da 37 nazioni dei cinque continenti. Anche se l’età media è intorno ai 70 anni, con 405 candidati in formazione, la Società può guardare all’avvenire con serenità. Fondata nel 1868 dal cardinale Lavigerie, allora arcivescovo di Algeri, la Società dei Missionari d’Africa è un istituto missionario composto da sacerdoti e religiosi che vivono in comunità. Il suo fine è annunciare il Vangelo agli uomini del mondo africano. Fin dalle sue origini, la Società ha sempre avuto comunque un’attenzione particolare nei confronti dei credenti islamici. Attualmente, i Padri Bianchi operano in 21 Stati africani, ed oltre all’Africa, che resta la loro priorità, sono al servizio dei migranti africani in Europa ed in America. La presenza della Società a Gerusalemme è stata voluta dallo stesso fondatore come luogo di preghiera, di rinnovamento e di dialogo con le Chiese cristiane d’Oriente. Gli ultimi due capitoli generali (del 1998 e del 2004) hanno fortemente sottolineato i due orientamenti prioritari della Società: l’incontro con l’Islam e le religioni tradizionali africane, e l’impegno a favore della giustizia e della pace. Il capitolo del 2010, che riunirà 42 delegati, avrà come tema principale “La nostra missione in Africa e nel mondo africano”. Il Capitolo si terrà presso la Casa generalizia romana dei Missionari d’Africa. Il nuovo Consiglio generale che verrà eletto sarà a servizio della Società per sei anni, al fine di mettere in pratica le decisioni e gli orientamenti scaturiti dal Capitolo. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Vulcano Islanda: migliora la situazione nei cieli d’Europa, ma ancora centinaia i voli cancellati

    ◊   Inizia a diradarsi la nube di cenere del vulcano islandese che, a meno di un mese di distanza dalla prima eruzione, ha causato nuovi disagi nel trasposto aereo europeo. Secondo l'Agenzia per il controllo del traffico aereo saranno cancellati solo 500 voli dei oltre 25 mila in programma per oggi. Prolungate fino a domani le chiusure degli aeroporti del Portogallo. Riaperto invece alle 14.00 lo spazio aereo sul nord Italia e sul nordovest della Spagna. Il servizio di Marco Guerra:

    La situazione sui cieli nel sudovest dell’Europa sta tornando alla normalità. Gli scali nel nord dell’Itala e della Spagna hanno ripreso a funzionare alle 14.00. Il Portogallo ha prolungato lo stop sino a un'ora dopo la mezzanotte di domani, ma non sono previste ulteriori proroghe. Ancora qualche problema anche per i voli transatlantici, costretti a modificare le rotte per evitare le zone coperte dalla cenere con conseguenti ritardi, anche se non cancellazioni massicce. Secondo il Centro di controllo europeo delle polveri vulcaniche, a partire dal tardo pomeriggio di oggi la nube provocata dal vulcano islandese lascerà le zone interessate in questi giorni per spostarsi sui Paesi balcanici, ma anche verso Germania e Austria. Intanto, nonostante il graduale miglioramento, questa mattina si è rivissuto l’assalto alle stazioni ferroviarie del nord Italia da parte dei passeggeri rimasti a terra. Lunghissime file di viaggiatori hanno affollato in particolare le biglietterie della Stazione centrale di Milano. Nulla di paragonabile però al caos di oltre due settimane fa.

     
    Marea nera
    Esito negativo per il primo tentativo di contenere la fuga di greggio nel Golfo del Messico con la speciale cupola in metallo e cemento. I tecnici della British Petroleum non sono riusciti a calare la struttura sul fondale al largo della Luisiana per via delle formazioni di ghiaccio e metano che ne hanno aumentato la galleggiabilità. L'operazione è tecnicamente molto difficile, e dopo essere stata calata in mare, la cupola ha dovuto essere risollevata in superficie. Dalla compagnia britannica fanno sapere che una soluzione verrà studiata nei prossimi due giorni, ma è improbabile che la fuga - oltre 11 milioni di litri di greggio riversati in mare dal 20 aprile scorso - possa venire arginata in tempi brevi.

    Gran Bretagna trattative per la formazione del governo
    Proseguono le trattative tra conservatori e liberaldemocratici alla ricerca di un accordo per la formazione di un governo di coalizione in Gran Bretagna. Ieri sera, il faccia a faccia trai leader delle due formazioni, David Cameron e Nick Clegg. Oggi, altri esponenti dei due partiti terranno nuovi incontri. Secondo alcune indiscrezioni, Cameron si è già rivolto alla base del partito affermando che le trattative comporteranno “inevitabili compromessi”. Si registrano infatti considerevoli distanze sulla politiche europee e sull’eventuale ingresso nell’euro. La stampa britannica ritiene probabile la diffusione in serata di una nota sullo stato delle trattative per contenere la paura dei mercati all’apertura di domani.

    Caucaso: ancora violenza in Daghestan
    Un attentato kamikaze è stato sventato nel Daghestan, Repubblica della Federazione russa nel Caucaso settentrionale. Una persona, probabilmente un attentatore suicida, è morto in seguito all'esplosione di un'autobomba. Secondo fonti di sicurezza locali, il veicolo è esploso dopo che il conducente aveva rifiutato di fermarsi ad un posto di blocco nei pressi di una base militare.
     
    Medio Oriente
    I colloqui di pace “indiretti con gli israeliani” grazie alla mediazione Usa “sono formalmente iniziati”. Lo ha dichiarato stamani il capo negoziatore palestinese al termine dell'incontro con l'inviato e mediatore Usa, George Mitchell, e il presidente dell'Anp, Abu Mazen. Nelle prossime settimane, sarà appunto lo stesso Mitchell a mediare fra israeliani e palestinesi, dopo diciotto mesi di impasse nei rapporti tra le due parti. Il dialogo indiretto accettato ieri dall’Olp sembra dunque aprire un timido spiraglio nel processo di pace in Medio Oriente ed è stato accolto con favore anche dal premier israeliano, Benjamin Netanyau.

    Pakistan
    Non si fermano i raid statunitensi sulle roccaforti talebane nelle aree tribali del Pakistan. Almeno dieci insorti sono rimasti uccisi oggi da due missili lanciati da un drone americano (aereo senza pilota) nel nordovest del Paese. Lo hanno annunciato fonti dei Servizi di sicurezza locali pakistani.

    Indonesia
    È stata revocato l'allarme tsunami lanciato oggi dai Servizi geologici indonesiani in seguito al potente terremoto di magnitudo 7.4 che ha colpito la provincia di Aceh. Lo afferma l'Usgs (il Servizio geologico statunitense), secondo il quale “il livello del mare indica che non è stato generato un significativo tsunami e l'allerta tsunami è stata cancellata”.

    Russia, incidente miniera
    È di almeno 11 morti e 41 feriti il bilancio dell’esplosione avvenuta ieri in una miniera della regione siberiana di Kemerevo, in Russia. Prosegue intanto la corsa contro il tempo per salvare 64 minatori e 20 soccorritori bloccati nella miniera a causa di una nuova esplosione. Al momento dell'incidente, nella miniera c'erano 359 persone. Secondo l'agenzia Ria Novosti, è stata aperta un'inchiesta per “violazione delle norme di sicurezza”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 129

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