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Sommario del 23/06/2010
Il Papa all’udienza generale: la fede non è stoltezza, ma è alimentata dall’incontro degli Apostoli con Cristo Risorto
◊ “La fede cristiana, considerando il mistero dell’Incarnazione, viene ad essere rafforzata”. “La speranza si eleva più fiduciosa, al pensiero che il Figlio di Dio è venuto tra noi, come uno di noi, per comunicare agli uomini la propria divinità”. E’ quanto ha affermato stamani Benedetto XVI all’udienza generale nell’aula Paolo VI, incentrando ancora una volta la propria catechesi sulla teologia di San Tommaso d’Aquino. “La carità – ha detto il Papa – è ravvivata perché non vi è segno più evidente dell’amore di Dio per noi, quanto vedere il Creatore dell’universo farsi egli stesso creatura”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Benedetto XVI inizia la propria catechesi su San Tommaso d’Aquino ricordando l’opera monumentale dell’Aquinate, la Summa Theologiae, in cui “l’applicazione dell’intelligenza umana ai misteri della fede procede con chiarezza e profondità”. Nella Summa – spiega il Santo Padre – San Tommaso “parte dal fatto che ci sono tre diversi modi dell’esistenza di Dio”:
“Dio esiste in se stesso, è il principio e la fine di tutte le cose, per cui tutte le creature procedono e dipendono da Lui; poi Dio è presente attraverso la sua Grazia nella vita e nell’attività del cristiano, dei Santi; infine, Dio è presente in modo del tutto speciale nella Persona di Cristo unito qui realmente con l'uomo Gesù, e operante nei Sacramenti, che scaturiscono dalla sua opera redentrice.”.
Parlando dei Sacramenti – ricorda il Pontefice – San Tommaso si sofferma in modo particolare sul mistero dell’Eucaristia, per il quale “ebbe una grandissima devozione, al punto che, secondo gli antichi biografi, era solito accostare il suo capo al Tabernacolo, come per sentire palpitare il Cuore divino e umano di Gesù”. Una devozione e un accostamento che il Papa esorta a seguire:
“Partecipiamo alla Santa Messa con raccoglimento, per ottenerne i frutti spirituali, nutriamoci del Corpo e del Sangue del Signore, per essere incessantemente alimentati dalla Grazia divina! Intratteniamoci volentieri e frequentemente, a tu per tu, in compagnia del Santissimo Sacramento!”
Ripercorrendo gli insegnamenti di San Tommaso nel suo "Opuscolo sul Simbolo degli Apostoli", il Papa si sofferma poi sul valore della fede:
“Per mezzo di essa, dice, l’anima si unisce a Dio e si produce come un germoglio di vita eterna; la vita riceve un orientamento sicuro, e noi superiamo agevolmente le tentazioni”.
La fede procede oltre le possibilità intellettive, ma questo cammino non si allontana dalla Verità:
“A chi obietta che la fede è una stoltezza, perché fa credere in qualcosa che non cade sotto l’esperienza dei sensi, san Tommaso offre una risposta molto articolata, e ricorda che questo è un dubbio inconsistente, perché l’intelligenza umana è limitata e non può conoscere tutto”.
E’ impossibile – afferma il Papa – tendere alla Verità senza fede:
“Solo nel caso in cui noi potessimo conoscere perfettamente tutte le cose visibili e invisibili, allora sarebbe un’autentica stoltezza accettare delle verità per pura fede”.
Ed è impossibile, come osserva San Tommaso, vivere senza fidarsi dell’esperienza altrui, dove la personale conoscenza non arriva:
“È ragionevole dunque prestare fede a Dio che si rivela e alla testimonianza degli Apostoli: essi erano pochi, semplici e poveri, affranti a motivo della Crocifissione del loro Maestro; eppure molte persone sapienti, nobili e ricche si sono convertite in poco tempo all’ascolto della loro predicazione”.
Si tratta di un fenomeno "storicamente prodigioso a cui difficilmente si può dare altra ragionevole risposta, se non quella dell’incontro degli Apostoli con Cristo Risorto”. Il Santo padre ricorda infine che per intercessione di Maria possiamo ottenere ogni aiuto. E conclude la catechesi con una preghiera tradizionalmente attribuita a San Tommaso:
“O beatissima e dolcissima Vergine Maria, Madre di Dio..., io affido al tuo cuore misericordioso tutta la mia vita... Ottienimi, o mia dolcissima Signora, carità vera, con la quale possa amare con tutto il cuore il tuo santissimo Figlio e te, dopo di lui, sopra tutte le cose, e il prossimo in Dio e per Dio”.
Rinuncia e nomina
◊ In Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jacarezinho, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Fernando José Penteado. Al suo posto, il Papa ha nominato vescovo di Jacarezinho mons. Antônio Braz Benevente. Il neo presule ha 49 anni e ha compiuto gli studi di Filosofia e Teologia presso la Pontificia Università Cattolica di Campinas. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto gli incarichi di parroco, amministratore parrocchiale, professore del Seminario Arcidiocesano “São José”, economo arcidiocesano, coordinatore arcidiocesano per la catechesi, doordinatore arcidiocesano e regionale della Pastorale, coordinatore dell’Équipe di Amministrazione arcidiocesana. Dal 2000 è parroco della Parrocchia “São Benedito” a Uberaba e dal 2002 è vicario generale dell’arcidiocesi.
Una delegazione ortodossa rappresenterà il Patriarca Bartolomeo I, nella solennità dei Santi Pietro e Paolo in Vaticano
◊ Per il 41.mo anno, si rinnoverà la prossima settimana la tradizione della visita in Vaticano di una delegazione del Patriarcato ortodosso ecumenico, in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo. A rappresentare Sua Santità Bartolomeo I alla recita dei Vespri del 28 giugno nella Basilica dei S. Paolo Fuori le Mura e alla Messa del 29 giugno in San Pietro sarà il Metropolita ortodosso di Sassina, Gennadios, cosegretario della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme, il vescovo di Arianzós, Bartholomaios [Ioannis Kessidis], assistente del Metropolita di Germania e vicemoderatore del Comitato Centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra, e diacono Theodoros Meimaris del Fanar.
La delegazione, informa una nota del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, sarà ricevuta in udienza privata dal Santo Padre Benedetto XVI e avrà, come di consueto, dei colloqui col il competente dicastero vaticano. (A cura di Alessandro De Carolis)
Il superiore dell'Istituto Don Orione, don Flavio Peloso: vigilia di attesa e gioia per la visita di Benedetto XVI
◊ E’ giorno di vigilia al Centro “Don Orione” di Roma-Monte Mario, che domattina riceverà la visita di Benedetto XVI. Il Papa benedirà la statua di Maria “Salus populi romani”, restaurata e ricollocata sulla torre dopo essere crollata il 12 ottobre scorso, in seguito a un violento temporale. La visita del Pontefice proseguirà poi nella Comunità delle monache di clausura domenicane del monastero di Santa Maria del Rosario in via Cadlolo. Federico Piana ha domandato a don Flavio Peloso, settimo successore di San Luigi Orione e recentemente riconfermato alla guida dell’Istituto per un secondo mandato, cosa rappresenti per Roma la statua della Madonna e il gesto che Benedetto XVI compirà domani:
R. – E' una visita che viene a coronare un recupero della statua della Madonna di Monte Mario, la Madonna “Salus populi romani”, un simbolo evidentemente religioso ma un simbolo, anche, legato alla storia di Roma. Quindi, sarà una festa popolare con grande spazio per l’intervento della città. Siamo pronti, con tanta gioia! Per noi, poi, corrisponde anche con la festa del Papa che don Orione volle già negli anni Trenta e che noi, ogni anno, in occasione della festa di San Pietro, celebriamo in tutto il mondo.
D. – La statua di Maria “Salus populi romani” perché è importante per la città di Roma?
R. – Tutto si rifà al periodo della Seconda Guerra mondiale: bombardamenti a ripetizione, soprattutto dopo lo sbarco di Anzio degli Alleati che marciavano verso Roma… In questo clima di trepidazione, gli amici di don Orione, tra i quali c’era anche Giovanni Battista Montini, promossero un voto: un voto alla Madonna. Raccolsero un milione e 100 mila firme, e fu fatto questo voto; Pio XII lo fece suo, invitò Roma a pregare… E proprio il 4 giugno del 1944, su mandato del Papa, mons. Gilla Gremigni pronunciò questo voto davanti al quadro della Madonna del Divino Amore, che era stato tolto dalla sua sede e portato alla chiesa di Sant’Ignazio. La sera stessa avvenne qualche cosa che fece gridare al miracolo: l’esercito tedesco lasciò, senza sparare un colpo, Roma. In quel voto c’era naturalmente l’impegno di un rinnovamento della vita cristiana, di un’opera di carità e di un’opera di culto. Gli Orionini presero subito quei due grandi edifici della “Gioventù italiana del Littorio”, su, a Monte Mario, presero ad ospitare – cosa che continua – mutilatini, orfani… E questa fu l’opera di carità. Dopo alcuni anni – e si giunse al 1953 – vollero dedicare un segno della protezione della Madonna a cui fu fatto il voto e uno scultore ebreo, che era stato nascosto e protetto nella nostra Casa, si offerse. Disse: “Datemi del rame, e vi farò una statua”. E fu fatta questa grande statua: questa Madonna benedicente sulla città, visibile da molte parti della città. Per noi è un grande evento, questo recupero della Madonna dopo che un terribile temporale l’aveva scalzata dal piedistallo, rovinandola, e la benedizione della Madonna da parte del Papa, perché proprio il Papa e la Madonna furono due riferimenti di fiducia e di fraternità, anche civile, in quegli anni della guerra, anni di trepidazione e di confusione. E oggi, dobbiamo riconoscere che la Madonna e il Papa continuano ad essere due discrete, ma potenti forze spirituali nella promozione del bene religioso e civile della città di Roma. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Dal Kirghizistan alla Colombia, milioni i rifugiati nel mondo. Mons. Tomasi al Comitato esecutivo dell’Acnur: serve più impegno
◊ Combinare sicurezza e rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo: questa la raccomandazione dell’arcivescovo mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre Organizzazioni internazionali a Ginevra, intervenuto al 48.mo incontro del Comitato esecutivo dell’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati (Acnur). Il servizio di Fausta Speranza:
Quarantatré milioni e 300 mila persone: questo il numero di rifugiati a diverso titolo nel mondo raggiunto nel 2009. Il record più alto dagli Anni ’90. E ci sono due casi particolarmente allarmanti: i 4 milioni e 900 mila solo in Colombia e le improvvise e recenti ondate migratorie dal Kirghizistan. Di fronte a tutto ciò, mons. Tomasi sottolinea che la Santa Sede sostiene l’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati che cerca di incrementare l’impegno di denuncia e di protezione. Un impegno – aggiunge mons. Tomasi – che va “controcorrente rispetto alle attuali sensibilità a livello politico”. “La protezione è un dovere etico”, chiarisce l’Osservatore della Santa Sede presso l’Onu, aggiungendo che i cosiddetti “boat people provenienti soprattutto da Africa e Asia non possono essere semplicemente ricondotti al porto di origine del loro viaggio, come se allontanare la loro presenza offrisse una vera soluzione”.
Mons. Tomasi saluta con favore l’impegno delle Nazioni Unite anche nel creare nuove categorie che possano servire a inquadrare meglio i bisogni di persone, distinguendo ad esempio tra sfollati interni o rifugiati urbanizzati. Di recente, infatti, una delle grandi sfide è rappresentata dal sempre crescente numero di persone che si muovono verso le città, con le relative difficoltà a partire da quella di riuscire a registrare i bambini alla nascita. In definitiva, mons. Tomasi sottolinea che “è importante mantenere a livello internazionale un consenso forte sul regime di protezione che è stato fondato sulla legge internazionale, in un momento in cui attori non istituzionali agiscono fuori dalle regole”. Mons. Tomasi parla di “responsabilità nei confronti di gruppi vulnerabili della famiglia umana”, di “risposte adeguate per offrire rimedi alla violazione dei diritti umani e per assistere le vittime”. Una “cultura dell’amichevole interazione umana nel nostro mondo globalizzato – sottolinea – può nutrire la solidarietà”.
Intervento dell’arcivescovo Marchetto: gli studenti stranieri sono promotori di pace e sviluppo
◊ Le Università siano promotrici di un nuovo umanesimo: è l’esortazione dell’arcivescovo Agostino Marchetto in occasione del VI Seminario Romano dell’Associazione dei Colleges e delle Università cattoliche degli Stati Uniti d’America. Nell’intervento, in programma domani e che siamo in grado di anticipare, il segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti si sofferma sul contributo che gli studenti stranieri possono offrire alla pace e allo sviluppo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Gli studenti di oggi sono il futuro di domani e gli studenti stranieri sono parte di un futuro globale di pace e giustizia”: è uno dei passaggi chiave dell’articolato discorso dell’arcivescovo Agostino Marchetto agli atenei cattolici americani. Il presule mette l’accento sulle opportunità offerte dalla globalizzazione della cultura e, in particolare, dalla mobilità degli studenti universitari da un Paese all’altro. Gli scambi culturali, rileva il presule richiamando la Caritas in Veritate, costituiscono uno strumento per la costruzione della pace. Mons. Marchetto esorta dunque le istituzioni accademiche a promuovere un “nuovo umanesimo”, mettendo la dignità umana al centro dell’insegnamento. Le Università, annota, devono essere luoghi in cui si sviluppino la cultura e la solidarietà. Il corso di studi, soggiunge mons. Marchetto, deve riflettere tutto il ventaglio dei saperi senza concentrarsi solo su un paradigma utilitarista. Il presule cita, dunque, il cardinale John Henry Newman e la sua “idea di università” che abbraccia ogni forma di conoscenza, dalla teologia alla medicina.
Una parte significativa del discorso viene dedicata dal presule al binomio studenti stranieri-migranti nell'era della globalizzazione. Questi studenti, osserva mons. Marchetto, facilitano lo scambio culturale, portando con loro una serie di opportunità per ampliare e arricchire l’ambiente universitario a più livelli. Tuttavia, è il suo monito, gli studenti stranieri non devono essere visti dai Paesi che li accolgono solo come una fonte di guadagno, ma come promotori di dialogo in vista di un mondo stabile e pacifico. Un vero umanesimo cristiano, sottolinea il presule, è aperto agli studenti e ai professori come alle culture e anche alle differenti religioni, per promuovere il rispetto e la tolleranza, senza cedere al relativismo.
Le icone degli Apostoli scoperte nelle Catacombe di Santa Tecla: scritta una nuova pagina di storia dell'arte
◊ “Si tratta delle più antiche immagini degli Apostoli, risalenti alla fine del IV secolo”: così il prof. Fabrizio Bisconti, sovrintendente archeologico delle Catacombe romane di Santa Tecla, ha annunciato ieri - dopo due anni di ricerche e delicati lavori di restauro - la scoperta delle icone di Pietro, Paolo, Andrea e Giovanni, le prime raffigurazioni del volto dei quattro Apostoli. Una notizia che giunge dopo le anticipazioni, nel giugno scorso, del ritrovamento della prima icona di San Paolo. Al prof. Bisconti, Linda Giannattasio ha chiesto di descrivere gli affreschi di questa straordinaria scoperta:
R. - C’è una specie di cubicolo doppio, con immagini del repertorio biblico e, quindi, Jonah, Pietro che batte la rupe, il sacrificio di Isacco, l’adorazione dei Magi, ma quel che è più importante e che ci ha sconcertato sin dall’anno scorso è il soffitto, un cassettonato bellissimo che sembra imitare il soffitto di una basilica. Ci sono dei clipei. Uno grande, centrale, che rappresenta il Buon Pastore - e questo non ci stupisce proprio perché è un tema caro alla iconografia catecumenale romana. Negli altri quattro clipei ci sono gli Apostoli: c’è Paolo, che abbiamo già scoperto l’anno scorso, ma adesso abbiamo ritrovato l’immagine di Pietro, di Andrea e di Giovanni. Sono le prime rappresentazioni degli Apostoli.
D. - Chi è la committente?
R. - E’ una matrona romana, rappresentata insieme alla figlia dentro al cubicolo: ha voluto queste immagini degli Apostoli come icone alla cui protezione si pone. Non sceglie, dunque, i martiri romani: non sceglie Agnese, non sceglie Lorenzo come protettori, come accadeva normalmente nelle catacombe, ma sceglie gli Apostoli. Non dimentichiamo che alla fine del IV secolo, a Roma, stavano nascendo quei circoli culturali di ascetismo domestico attorno alle grandi matrone che si muovevano attorno al pensiero di Girolamo sull’Aventino. Non dimentichiamo che queste aristocratiche conoscevano il latino e il greco e la nostra matrona strimge un rotolo nella mani: questo vuol dire che conosceva la Sacra Scrittura ed esse seguono Girolamo fino alla Terra Santa, fino al luogo dove si erano consumati i gesti del primo cristianesimo e, dunque, quello degli Apostoli. Da quelle terre ripartono quindi anche con il ricordo degli Apostoli. I grandi pensatori del momento - Ambrogio, Girolamo - guidano il culto e la devozione degli ultimi pagani, di quei pagani appartenenti alle famiglie aristocratiche, al senato, che si convertono per ultimi, ma che quando si convertono scelgono spesso la via della devozione e in questo caso della devozione nei confronti degli Apostoli.
D. - Un alto valore storico, religioso, ma anche artistico…
R. - Con questo cubicolo, si scrive anche una nuova pagina di storia dell’arte. Noi non sapevamo assolutamente che alla fine del IV secolo fossero già definiti le fisionomie degli Apostoli e con queste caratteristiche fisiognomiche. Conoscevamo gli Apostoli, le immagini degli Apostoli per l’arte ravennate, ma siamo già nel pieno V secolo se non nel VI: nella Cappella arcivescovile di Ravenna, nel San Vitale di Ravenna ci sono le immagini di Andrea e di Giovanni, ma siamo più di un secolo più tardi.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ L'intelligenza umana di fronte ai misteri della fede: all'udienza generale il Papa conclude le catechesi dedicate a san Tommaso d'Aquino.
Una stella che si leva prima del sole di giustizia: in prima pagina, Manuel Nin sulla natività di san Giovanni Battista nella tradizione siro-occidentale.
"Valore e diritto nel caso del crocifisso": nell'informazione internazionale, l'intervento del cardinale Juliàn Herranz Casado a una tavola rotonda a Roma organizzata con il patrocinio della presidenza del Consiglio dei ministri.
In cultura, le relazioni di Timothy Verdon e Antonio Paolucci al convegno, alla Pontificia Università Gregoriana, “Maurizio Fagiolo dell'Arco. Ricordo della storico dell'arte, collezionista e bibliofilo”.
L'intervento del vescovo Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, al simposio sul tema “Caritas in veritate. Verso un'economia al servizio della famiglia umana. Persona, società, istituzioni”.
Un articolo di Giovanni Carrù dal titolo "Risalendo dalle acque del Giordano": la più antica immagine di san Giovanni Battista si trova nelle cripte romane di Lucina.
Su "Il Foglio", Ettore Gotti Tedeschi e Giuliano Ferrara su educazione e crisi economica.
Voltaire e Saramago su “Il Sole 24 Ore”: in merito all'articolo di Claudio Toscani sul Premio Nobel, pubblicato su “L'Osservatore Romano”.
De Sanctis l'arcitaliano: Silvia Guidi recensisce il saggio di Riccardo Giumelli “Lo sguardo italico”.
Piedi, testa e cuore: Damiano Tommasi commenta i primi verdetti dei mondiali di calcio.
Faccia a faccia Obama-McChrystal, dopo le critiche del generale alla Casa Bianca sull'Afghanistan
◊ “Sostituire il comandante delle Forze internazionali in Afghanistan non aiuterà a risolvere il conflitto”. Lo ha affermato il portavoce del presidente afghano Karzai, in attesa della decisione ufficiale che oggi il presidente Usa, Barack Obama, prenderà sulla sorte di Stanley McChrystal atteso alla Casa Bianca per un incontro. L’alto ufficiale dovrà fornire tutti i chiarimenti sull’intervista rilasciata alla rivista “Rolling Stone” e fortemente critica nei confronti dell’amministrazione americana per la gestione del conflitto nel Paese asiatico. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Avrebbe già offerto le sue dimissioni al Pentagono il generale McChrystal, dopo le scuse immediate per quello che ha definito un errore dovuto a scarsa capacità. Questo dicono alcune fonti, a poche ore dall’atteso incontro dell’alto ufficiale con molti degli esponenti dell’amministrazione Usa, bersaglio delle sue critiche dalle pagine del mensile "Rolling Stone". Primo fra tutti, Barack Obama, definito ''poco preparato e poco impegnato, quindi deludente''. Ironia e toni dispregiativi anche all’indirizzo del vicepresidente, Biden, e dell'ambasciatore Usa a Kabul, Eikenberry, per un memorandum segreto rilasciato ai media. Ma le critiche di McChrystal non hanno risparmiato neanche l’inviato speciale per l'Afghanistan e il Pakistan Richard Holbrooke definito “un animale ferito”. Per la Casa Bianca, in sintesi McChrystal ha commesso un errore enorme e tutte le opzioni sono sul tavolo, inclusa la rimozione dall’incarico, ma solo dopo il colloquio. La scelta di una sostituzione non piace alla leadership afghana: lo fa sapere il portavoce del presidente Karzai, sottolineando che così non si risolve il conflitto. L’incidente mette comunque a dura prova l’amministrazione Usa. Obama ha ribadito che l’obiettivo è solo il successo contro al Qaeda: qualsiasi sua decisione però rischia di avere ripercussioni sull’andamento della missione in Afghanistan, che attraversa una fase delicata. Intanto, sul terreno la guerriglia continua a colpire. Due i soldati Isaf uccisi nelle ultime ore, mentre l’Australia ha fatto sapere che intende ritirare le proprie truppe nel giro dei prossimi tre anni.
Il “caso McChrystal” avrà dei risvolti negativi non solo sotto il profilo militare, ma anche politico. La gravità della vicenda viene sottolineata da Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. - E’ estremamente grave, perché la situazione in Afghanistan è complessa ed è critica. Quindi, una notizia che avrebbe dovuto passare all’interno delle pagine delle cronache politiche statunitensi, ha ovviamente assunto una rilevanza internazionale.
D. - Ecco, appunto, il caso McChrystal esplode peraltro alla vigilia di una nuova offensiva militare a Kandahar. Questa operazione è ora a rischio e quali ricadute si possono avere in Afghanistan?
R. - Direi di no, perché in realtà la Nato ha una struttura consolidata, rodata e in grado di sopravvivere ai vari cambiamenti. Questo è un fatto ovviamente normale. Certamente, se cambia il timoniere della strategia, può anche cambiare la stessa strategia.
D. - Molti commentatori affermano che Obama si trova in un vicolo cieco, perché sia che licenzi McChrystal, sia che lo tenga nell’incaricato ne risulterebbe indebolito. E’ così?
R. - Dire che un politico si trova in un vicolo cieco è estremamente difficile da affermare. La politica è la terra delle opportunità e delle opzioni e quindi credo che con difficoltà si possa dire che non ci siano più opzioni a disposizione. Certamente, c’è qualcosa che non va tra il Pentagono, i comandanti sul campo e naturalmente il potere politico.
D. - Per l’appunto, non è la prima volta che un generale contesti l’amministrazione Obama, ricordiamo le riserve del generale Petreus. Sono, queste, frizioni inevitabili - considerando due guerre in corso - oppure c’è qualcosa di più: c’è una non fiducia dei militari nei confronti di Washington?
R. - Anzitutto, diciamo che i militari hanno ogni lecita autorevolezza a porsi dei dubbi e questo soprattutto nel momento che prendono delle decisioni che mettono a repentaglio la vita di centinaia di persone e non soltanto dei soldati, ma anche dei civili nei contesti nei quali si va ad operare. Altra cosa, invece, è la sfiducia evidente nei confronti della propria leadership politica, che sarebbe forse meglio - anzi che sarebbe certamente meglio - esprimere nelle sedi più proprie e non sulle pagine di un giornale.
A Roma il convegno “Valori e diritto. Il caso del Crocifisso” alla presenza del cardinale Herranz
◊ Il rapporto tra valori e diritto sarà al centro del dibattito organizzato oggi pomeriggio a Roma, presso la Sala del Consiglio dei Beni Culturali, con la partecipazione tra gli altri del cardinale Julian Herranz e dei ministri Bondi e Sacconi. Sullo sfondo del dibattito il caso del Crocifisso nelle aule. Il 30 giugno prossimo, la Corte europea dei diritti dell’uomo si pronuncerà in seconda istanza sul caso della donna finlandese residente in Italia, che ha chiesto la rimozione del Crocifisso dalle scuole. In prima istanza, era stato riconosciuto il presunto diritto della donna a un’educazione laica, ma l’Italia ha presentato ricorso, registrando il formale appoggio di 10 Paesi europei. Al dibattito nel pomeriggio parteciperà anche il presidente del movimento “Umanesimo cristiano”, Claudio Zucchelli, intervistato da Fausta Speranza:
R. – Il diritto che non si fondi sulla cultura e sull’identità di una nazione non è un diritto, è una sovrastruttura razional-costruttivista, come direbbe Von Hayek della scuola di Vienna. Quindi, il diritto deve essere coincidente con i valori culturali di una nazione. E il dibattito che la tavola rotonda vuole sollecitare è, allo stesso tempo, culturale e giuridico. Il Crocifisso è simbolo della nostra identità culturale, che non fa distinzione fra laici e credenti. Noi abbiamo visto in questi mesi, dopo la sentenza, che anche personalità politiche dichiaratamente non credenti si sono schierate a fianco del governo, a sostenere le sue ragioni, proprio perché il Crocifisso, e in genere direi i valori cristiani, fanno parte della nostra identità di nazione e dell’identità europea.
D. – Ricordiamo che la Corte europea dei diritti dell’uomo fa capo all’organismo del Consiglio d’Europa, distinto dall’Unione Europea. Da parte sua, però, l’Unione Europea ha provato con pronunciamenti del parlamento a ribadire al Consiglio d’Europa che i simboli religiosi sono materia per l’Ue di ogni Stato membro e quindi non ci può essere una giurisdizione superiore…
R. – Sì, in effetti è così, e a lungo l’Unione Europea è stata anche in forse se aderire al ricorso dell’Italia come soggetto di diritto internazionale. Probabilmente, il peso di alcuni Paesi - che io non definirei laici ma probabilmente più attenti ad alcune dinamiche al loro interno - ha sconsigliato l’Unione Europea dal prendere questa posizione. Non è un mistero che Paesi come la Francia, la Germania, l’Inghilterra, la Spagna siano attenti ad equilibri di minoranze interne e altre questioni.
D. – Lei è presidente di "Umanesimo cristiano": potrebbe essere umanesimo senza la Croce?
R. – Noi riteniamo che l’umanesimo inizi con la Croce, inizi con il messaggio evangelico: un messaggio che poi - come il sottosegretario del governo italiano Gianni Letta ha ricordato ieri alla presentazione del convegno - si amalgama e prende forza dai valori umani della filosofia greca e del diritto romano. Sappiamo fin da bambini che non è un caso se la venuta di Gesù coincide con il massimo apogeo dell’Impero Romano e, quindi, con la massima capacità di diffusione e con il radicamento su una cultura giuridica, cioè delle regole, che era in grado di acquisire questo umanesimo e quindi di nutrirsene per diventare un diritto pregno di valori, come diciamo noi. La Convenzione dei diritti umani del Consiglio d’Europa è stata cristallizzata in un testo di legge e, come sempre accade, la legge cristallizzata comincia a vivere una vita sua propria attraverso l’interpretazione di giuristi, di giureconsulti, di magistrati e così via, e il rischio forte è che essa si divarichi dalla società aperta, dalla società reale. Il ricorso, prima, e in particolare la memoria, dopo, del governo italiano - curata principalmente dal consigliere Umberto De Agostini, un magistrato di Cassazione - sottolinea proprio questo: vi sono dei limiti al giudizio della Corte, perché altrimenti la Convenzione rischia di diventare autoreferenziale, sradicata dai veri valori culturali di un intero continente. Il fatto che ben dieci Paesi si siano costituiti a favore dell’Italia, e altri quattro abbiano mandato delle lettere di adesione, dimostra che non è un problema soltanto italiano, ma è un problema di identità culturale europea.
Il vescovo di Augusburg, mons. Mixa chiede ai fedeli perdono e riconciliazione
◊ Perdono e riconciliazione: è all’insegna di questo binomio la lettera indirizzata ai fedeli dal vescovo emerito di Augsburg e ordinario militare, mons. Walter Mixa. Nel documento, pubblicato oggi, il presule tedesco fa riferimento alle notizie che lo hanno riguardato su casi di maltrattamenti in collegi e case religiose di cui era corresponsabile. Il presule chiede perdono a quanti sono stati delusi da lui per i suoi errori e a coloro che non ha trattato nella giusta maniera. “Mi sono reso colpevole sotto molti aspetti – ammette il vescovo emerito – e ancora una volta chiedo a tutti coloro che ho deluso non solo comprensione, ma perdono”. A causa del moltiplicarsi delle notizie, scrive ancora, si è trovato nella “dolorosa situazione” di rinunciare all’incarico di vescovo diocesano. Mons. Mixa ribadisce che in questo momento è necessario dissipare i litigi e le accuse vicendevoli nella diocesi, ritrovando “comprensione e pace nella comunità della Chiesa”. La lettera si conclude proprio con l’auspicio di mons. Mixa che i fedeli della sua diocesi trovino “la disponibilità alla riconciliazione vicendevole e ad una nuova vicendevole fiducia”. (A cura di Alessandro Gisotti)
I vescovi del Venezuela: “Una democrazia senza libertà lascia il passo all’abuso e all’impunità”
◊ “Desiderosi di una crescita del clima di pace sociale e di armonia fra tutti i venezuelani”, i vescovi del Venezuela hanno pubblicato una breve nota per richiamare l’attenzione su alcuni problemi che creano inquietudine e preoccupazione. In primo luogo, i presuli si riferiscono alla messa in vendita, senza il dovuto e necessario controllo da parte degli organi preposti, di “medicamenti e cibo avariati, peccato che grida al cielo - scrivono i presuli – e che al tempo stesso evidenzia una deterioramento morale di chi è responsabile della sorveglianza”. Occorre agire subito “con trasparenza - ammoniscono - sia nelle denuncie sia nelle indagini, affinché simili fatti non accadano ancora una volta”. Analizzando un altro aspetto delicatissimo della vita del Paese, i vescovi venezuelani aggiungono che “la libertà di espressione e informazione, e il diritto alla denuncia, sono tutti valori sociali imprescindibili per un corretto equilibrio dei poteri” e lo sono ugualmente “una maggiore equità nell’ambito della comunicazione e il sostegno alla pluralità delle idee così come il rispetto alla dissidenza”. Per i vescovi chi “esercita responsabilità pubbliche deve evitare l’uso del potere e della promulgazione di leggi come strumento per intimorire e punire. Una democrazia senza libertà e senza poteri autonomi e giusti si deteriora, e alla fine, lascia il passo all’abuso e all’impunità”. Il documento ricorda quindi che i cittadini “hanno bisogno, in quest’ora, di una clima politico e sociale che favorisca la serenità spirituale e consenta loro la formazione di un giudizio completo sulla realtà” per poter così “riflettere sull’importanza della nostra partecipazione libera e consapevole nelle prossime elezioni del 26 settembre. E’ dovere delle diverse istanze dello Stato – invocano i presuli venezuelani - offrirci condizioni minime di sicurezza e convivenza perché tutti siano in grado di guardare al futuro con tranquillità e speranza. Che il signore e la Vergine diano a tutti i venezuelani - conclude la dichiarazione - saggezza e fortezza per superare i conflitti e costruire insieme un solo Paese”. La nota porta la firma dei cinque presuli del Comitato permanente della Conferenza dei vescovi, tra cui il presidente dell’episcopato, mons. Ubaldo Santana. (A cura di Luis Badilla)
In Pakistan un altro cattolico accusato di blasfemia
◊ Un nuovo caso di blasfemia ha colpito un cattolico dell'arcidiocesi di Faisalabad, nel Pakistan: Rehmat Masih, 73 anni, del villaggio di Jhandewall, è stato accusato dal musulmano Sajid Hameeddi di aver insultato il profeta Maometto. Fonti della comunità cattolica locale, che si e' mobilitata per difendere l'uomo, hanno spiegato all’agenzia Fides che si tratta di accuse evidentemente false, dovute a dispute interpersonali per la proprieta' di alcuni terreni. Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale ''Giustizia e pace'', della Conferenza episcopale del Pakistan, commenta: “E’ un altro triste esempio di abuso della legge sulla blasfemia per colpire le minoranze religiose'. Il referente ha aggiunto che la Commissione fara' tutto quello che e' in suo potere, a livello legale, di informazione e di sensibilizzazione per garantire una giusta difesa del fedele cattolico. Peter Jacob muove anche un’accusa al governo locale: ''Deve svegliarsi e assumersi le sue responsabilità, a livello legale e politico, e deve spiegarci perché alcuni cittadini pakistani devono subire sofferenze e abusi a causa di questa legge. Il governo é dormiente sulla questione dei diritti umani.” (M.A.)
Visita in Polonia del vescovo pakistano di Faisalabad
◊ Il nuovo caso di blasfemia in Pakistan contro un cattolico, avviene proprio mentre è in corso, fino al 30 giugno, la visita in Polonia del vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, che interviene in occasione della campagna intitolata: “Il Pakistan ha bisogno di un velo di Santa Veronica”, condotta dall’Associazione 'Aiuto alla Chiesa che Soffre'. Scopo di tale iniziativa è la modifica del Codice penale pakistano e in particolare la legge sulla blasfemia. In Pakistan chi profana il Corano e diffama il profeta Maometto viene punito con l’ergastolo o la pena di morte. Tale legge, introdotta nel 1986 dal dittatore Zia-ul-Haq per farsi apprezzare dall’ala fondamentalista del Paese, è diventata uno strumento per perseguitare le minoranze religiose. Le accuse a carico dei presunti blasfemi sono infatti spesso false o motivate da interessi meschini, generano scandali e spingono folle inferocite a farsi giustizia. Anche se arrestati in base all’accusa di un solo testimone, i malcapitati rischiano violenze e torture. Mons. Coutts da molti anni si impegna per la giustizia e la pace del Paese ed è coinvolto in un’azione per abolire la legge sulla blasfemia. Con questa sua visita desidera incoraggiare pure i cristiani in Polonia, i quali nella loro storia più volte hanno sperimentato la sofferenza e la persecuzione della Chiesa, per essere solidali con la minoranza cristiana in Pakistan. Il presule, nel corso della visita, si recherà a Varsavia, Cracovia, Toruń, al Santuario Mariano in Licheń, a Świdnica e a Wrocław In queste due città terrà una conferenza sulla situazione dei cristiani in Pakistan. (M.A.)
Timida apertura del governo di Seul agli aiuti Caritas in Nord Corea
◊ La Caritas Corea, l’intera rete di Caritas Internationalis, e il Consiglio delle Ong coreane hanno chiesto con forza al governo sudcoreano di riprendere gli aiuti umanitari al Nord. Il governo di Seul si è mostrato possibilista, e ha promesso di “ricercare strade per riattivare i canali umanitari, anche se ci vorrà del tempo e occorrerà superare diversi ostacoli”: è quanto l’agenzia Fides apprende dai responsabili della Caritas Corea che ieri ha preso parte a due conferenze pubbliche sulla delicata questione degli aiuti unitari alla Nord Corea. Nel primo incontro, Lesley-Anne Knight, segretario generale della Caritas Internationalis, ha rilanciato l’appello “per la ripresa degli aiuti umanitari, nonostante la tensione politica fra le due Coree”. “Siamo molto preoccupati”, ha detto, chiedendo “maggiore attenzione della comunità internazionale sulla crisi umanitaria in atto in Nord Corea”. “Non possiamo dimenticare questi nostri fratelli che mancano dei beni necessari per la sopravvivenza, soprattutto vecchi, bambini e malati”, ha sottolineato. Padre Francis Jung, direttore nazionale della Caritas Corea, ha detto: “Sosteniamo questo appello al governo di Seul. Chiediamo la possibilità di continuare i nostri programmi di assistenza umanitaria e di cooperazione verso il Nord”. Il direttore ha ricordato che la Caritas ha condotto nei mesi corsi una campagna di vaccinazione conto l’epatite B per oltre 500mila ragazzi nordoreani fra i 6 e i 16 anni. “Ora la campagna che speravamo di estendere ad altri 3 milioni di ragazzi è ferma, perché il governo ha bloccato ogni canale di comunicazione e di trasporto”. La campagna per gli aiuti umanitari ha ricevuto il sostegno dal “Consiglio delle Ong coreane per la cooperazione con il Nord”, organismo di coordinamento che riunisce numerose Ong coreane di ogni ispirazione e genere, fra le quali la Caritas. Le Ong, che ieri hanno espresso le loro richieste in un’altra conferenza pubblica, intendono “sensibilizzare l’opinione pubblica sull’urgenza di ripristinare i programmi di cooperazione, per il bene dell’intero popolo e di tutta la penisola coreana”, nella speranza che “i canali umanitari possano contribuire a stemperare le tensioni politiche”. (R.P.)
Congo: i 50 anni d’indipendenza al centro dell'Assemblea dei vescovi
◊ “Perdere la vita per gli altri. Questa è la strada che la Chiesa indica ai congolesi che si preparano a celebrare, il 30 giugno, i 50 anni di indipendenza. Occorre un grande amore per gli altri, in contrasto con l'attuale cultura dell'egoismo che rende l'uomo congolese prigioniero di se stesso e impedisce ogni anelito e visione per costruire la nazione”. È quanto ha affermato mons. Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe, presidente della Conferenza episcopale nazionale del Congo, nell’omelia nella Messa di apertura della 46esima sessione dell'Assemblea plenaria dei vescovi, il 21 giugno. Nella cattedrale di Nostra Signora del Congo, domenica scorsa, - riferisce l'agenzia Fides - i vescovi hanno concelebrato una Messa per la nazione, trasmessa in diretta dalla televisione di Stato. In questo modo, poiché ogni vescovo celebrerà il giubileo di indipendenza nella sua diocesi, tutti i Vescovi hanno voluto benedire insieme il Paese, ha precisato il presidente della Conferenza episcopale. Nella sua omelia, Mons. Djomo ha ricordato che durante l'anno giubilare è opportuno offrire preghiere di ringraziamento a Dio per il Paese, per il senso di appartenenza ad un’unica nazione e per la resistenza della popolazione a qualsiasi ipotesi di balcanizzazione e di divisione del Paese. “Dobbiamo anche chiedere a Dio perdono per le occasioni perse e le omissioni” ha precisato il presidente della Conferenza episcopale. “Dio ci è rimasto fedele, nonostante tutto, e su questa lealtà i congolesi fondano l’ottimismo e la speranza per il futuro del Paese. La celebrazione del giubileo d'oro dell’indipendenza è quindi un tempo per rinnovare l’impegno e la fiducia in Dio e in noi stessi per promuovere il bene comune e la solidarietà nazionale” ha sottolineato mons. Djomo. Sempre domenica scorsa, la Chiesa della Rdc ha anche concluso la celebrazione dell’anno sacerdotale. Il presidente della Conferenza episcopale ha ringraziato i sacerdoti per la lealtà e la dedizione che hanno portato molti a sacrificare la loro vita per il bene del popolo di Dio. Sempre lo stesso giorno, la comunità ecclesiale congolese ha celebrato anche la 44.ma Giornata mondiale dei mezzi di comunicazione. Durante la Messa in cattedrale, un giornalista ha letto la preghiera di intercessione chiedendo a Dio di dare ai giornalisti congolesi la grazia di vivere e lavorare nella verità e nell'amor di patria. Egli ha anche chiesto ai giornalisti congolesi di trovarsi dei padri spirituali che li accompagnino nella loro vita di fede. (R.P.)
Uganda: dichiarazione dei vescovi sulla situazione attuale del Paese
◊ Un lungo documento suddiviso in dodici punti: si presenta così la Dichiarazione della Conferenza episcopale dell’Uganda, resa nota al termine della Plenaria svoltasi dal 4 all’11 giugno. Al centro delle preoccupazioni dei vescovi c’è la situazione attuale dell’Uganda, minacciata da numerosi problemi che i presuli elencano in modo dettagliato, ribadendo l’importanza del bene comune, basato “sul rispetto dei principi della democrazia che include l’uguaglianza tra le persone, la sovranità del popolo e il rispetto della legge”. Al primo punto, nella scala delle priorità elencate dai vescovi, ci sono le elezioni generali fissate per il 2011. “In vista di questo appuntamento, notiamo molta paura e pessimismo nei cuori della gente – si legge nella dichiarazione – Le cause di questa situazione sono molteplici: il lavoro precario, il crescente divario tra ricchi e poveri, le tensioni tra i gruppi etnici, la carenza di servizi sanitari”. Per questo, i presuli invitano tutti i candidati alle elezioni a prepararsi ad affrontare tali temi “con determinazione, tenendo sempre a mente il bene comune della nazione”. Un’ulteriore raccomandazione viene fatta alla Commissione elettorale, affinché garantisca votazioni trasparenti, imparziali e libere. Nella dichiarazione i presuli non dimenticano l’importanza della difesa dell’ambiente. L’Uganda, infatti, è minacciata dallo “sfruttamento delle foreste, - scrivono - che danneggia la bio-diversità, causa perdite economiche e priva l’umanità dei beni primari”. La dichiarazione della Chiesa ugandese affronta anche la grave questione dei sacrifici umani, un fenomeno “in allarmante crescita nel 2009”. Ribadendo come questi atti - basati su “superstizione, povertà ed avidità” – siano “crudeli e disumani”, “contrari agli insegnamenti cristiani e morali”, i presuli sottolineano con forza che “la vita umana è un dono di Dio e come tale è sacra e va protetta”. Inoltre, i vescovi non dimenticano il problema della violenza domestica, spesso causata da “alcolismo, gelosia, avidità e povertà” e dannosa per la stabilità della famiglia. Quindi, la dichiarazione riflette anche sul tema della sanità pubblica, auspicando che essa non sia più al di sotto dello standard minimo e che il diritto dei cittadini a ricevere i trattamenti sanitari di base non venga violato. E ancora: si sottolinea la necessità di una lotta serrata contro la corruzione, definita “un cancro” per il Paese. Infine, i presuli affrontano la tematica della violenza e della guerriglia che riguarda, principalmente, tre zone del Paese: la regione settentrionale, dove operano i ribelli dell’Esercito di liberazione del Signore: il Regno di Buganda, abolito nel 1966 e ripristinato 16 anni fa, ma solo con funzioni di rappresentanza e ché esige la restituzione delle terre confiscate 23 anni fa; ed infine la zona nord-est del Paese dove operano i guerriglieri Karamoja. Per tutti questi conflitti, i vescovi chiedono alle parti in causa di cercare una pace duratura, mirando al disarmo dei ribelli e favorendo il rientro in patria degli sfollati e la ricostruzione del Paese. Infine, la Chiesa ugandese ribadisce il proprio ruolo nella costruzione del bene comune “al di là degli interessi dei clan, delle tribù e dei partiti politici” e nella “difesa e promozione dei diritti sociali, economici, politici e religiosi di tutti i cittadini”. (I.P.)
I vescovi greci: i segni religiosi garantiscono la convivenza pacifica
◊ Proibire il crocifisso nei luoghi pubblici non aiuterà la convivenza pacifica in Europa, ammoniscono in una nota i vescovi greci, in vista della sentenza del prossimo 30 giugno sul ricorso presentato dall'Italia e sostenuto da altri Paesi riguardo al ritiro dei crocifissi dai luoghi pubblici. Il comunicato - di cui riferisce l'agenzia Zenit - è firmato dal presidente del Santo Sinodo delle agerachia cattolica della Grecia, mons. Franghiskos Papamanolis, vescovo di Santorini e vicario di Creta, e dal segretario, mons. Nikolaos Printesis, arcivescovo di Naxos, Andros, Tinos e Mykonos e vicario di Chios. Per i presuli greci, "la condanna dell'Italia, un Paese con una cultura cristiana universale e una tradizione storica, la cui capitale è allo stesso tempo la Sede apostolica del vescovo di Roma e il centro della Chiesa cattolica, sarebbe il principale di una serie di atti già specificati, tra cui il rifiuto dei dirigenti politici e dei rappresentanti dei Paesi europei di riconoscere nella Costituzione le radici cristiane del nostro vecchio continente". "Una piccola minoranza può impedire che la grande maggioranza esprima la sua fede in conformità con le tradizioni del suo popolo, ma allo stesso tempo non si permetterà di impedire alla maggioranza delle minoranze religiose di esprimere la propria fede", avvertono. I presuli insistono sul fatto che "il rispetto reciproco delle tradizioni religiose è necessario in una società che sta diventando sempre più multiculturale". "In questo modo si assicura la convivenza pacifica di tutti i credo e di tutte le tradizioni, condannando ogni forma di fondamentalismo religioso, che all'umanità ha portato solo dolore". "Non si deve” dunque “proibire - concludono i vescovi greci - l'esibizione pubblica di simboli religiosi cristiani nelle società che hanno secoli di tradizione cristiana, soprattutto nei luoghi in cui cresce l'autocoscienza religiosa di bambini e giovani". "Il contrario sarebbe una contraddizione e la negazione del patrimonio spirituale e culturale di un Paese, in cui le radici fanno parte del futuro". (R.G.)
Vescovi della Romania: il Crocifisso "non discrimina nessuno"
◊ “La presenza dei simboli religiosi cristiani nei luoghi pubblici, e segnatamente la presenza della Croce, riflette il sentimento religioso dei cristiani di tutte le confessioni e non ha intenzione di discriminare nessuno. Non impone una religione, ma è segno di altruismo, generosità e solidarietà”. E’ quanto ribadiscono i vescovi della Conferenza episcopale di Romania intervenendo sulla questione dell’esposizione del Crocifisso nei luoghi pubblici. “La Croce – si legge nella dichiarazione inviata alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e ripresa dall'agenzia Sir - è inoltre un simbolo culturale e sociale, da cui hanno tratto ispirazione le identità e i valori delle nazioni che compongono l’Europa. Per molte nazioni dell’Europa Orientale, tra le quali la Romania, la Croce rappresenta pure il simbolo della speranza e della lotta per la libertà. Nel periodo caratterizzato dal regime comunista i simboli religiosi furono proibiti e, dopo la caduta del comunismo, la ritrovata possibilità di esporli in pubblico è stata considerata una vittoria della democrazia e della libertà sopra il totalitarismo e l’oppressione”. Di conseguenza “non si deve proibire alle società di tradizione cristiana l’affissione pubblica dei simboli religiosi. Una siffatta proibizione non solo significherebbe calpestare la libertà religiosa ma comporterebbe per tali società non poter trasmettere alle generazioni successive la propria identità e i propri valori”. (R.P.)
Medic: il Crocifisso è "simbolo di fede" e "immagine di civiltà'
◊ In vista dell’ormai imminente udienza fissata per il 30 giugno davanti alla Camera Grande della Corte europea dei diritti dell’uomo, il Medic (Movimento etico per la difesa internazionale del crocifisso) esprime, nelle parole del segretario generale Roberto Mezzaroma, “tutta la sua disapprovazione per la sentenza” dello scorso 3 novembre e ricorda che “l’umanità intera – a prescindere dai differenti credo religiosi – riconosce nel crocifisso l’immagine di Dio, che si fece uomo per amore degli uomini, sino a sacrificare la Sua stessa vita”. La Corte di Strasburgo - riferisce l'agenzia Sir - non ha considerato “secoli di storia e di cultura giudaico-cristiana”, afferma il Movimento che “farà tutto quanto è nelle sue possibilità per opporsi ad ogni tentativo” di “negare e sovvertire l’identità, anche religiosa”, dell’Europa. Il prossimo 2 luglio, annuncia Mezzaroma, il Medic verrà presentato ufficialmente alla presenza di rappresentanti di tutte le confessioni religiose. “Nati sotto il Segno della Croce, il crocifisso: crocevia della Storia”, il titolo dell’evento, per rilanciare, conclude il segretario, “il valore del Crocifisso come simbolo di fede” e al tempo stesso “immagine stessa della libertà religiosa e di un credo che ha sempre favorito il dialogo con le altre Chiese e confessioni religiose, nella direzione della solidarietà e dell’accoglienza”. (R.P.)
Dal Convegno di Bonn sul clima si chiedono più fatti e meno parole
◊ Informare, educare, basta con le parole: ci vogliono fatti. In queste tre azioni sono comprese le principali conclusioni del Convegno globale sui cambiamenti climatici e i mass media, svoltosi a Bonn ed organizzato dalla Deutsche Welle, dal 20 al 23 giugno. Un’informazione seria e responsabile, senza allarmismi, dovrebbe essere senz’altro alla base di ogni azione intesa a presentare le varie realtà che il tema dei cambiamenti climatici comprende. Educazione e formazione vengono visti come elementi essenziali su cui ogni nazione dovrebbe investire. E finalmente, una mostra fotografica in cui un ragazzino copre la bocca di adulti e in cui troneggia il motto: “basta con le parole, piantate un albero”, ossia si parla troppo di cambiamenti climatici, ma si realizza poco, ci vogliono fatti, vuole essere un suggerimento per i singoli e gli Stati a svolgere sempre più azioni pratiche che possano dare un reale beneficio all’ambiente. Al convegno della Deutsche Welle sui Cambiamenti climatici e i mass media e in cui si puntava il dito sulla necessitä di cambiare rotta, perché il problema è scottante, hanno partecipato oltre 1.500 persone, provenienti da 95 nazioni diverse. Il prossimo convegno globale avrà luogo nell’estate del 2011, sempre a Bonn, sul tema : “Diritti umani in un mondo globalizzato : Le sfide per i mass media”. (Da Bonn, Enzo Farinella)
Onu: messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata del servizio pubblico
◊ “Il Servizio pubblico non è sempre una scelta professionale facile da fare, ma può essere immensamente gratificante per l’opportunità che offre di essere coinvolti nella risoluzione delle sfide dei nostri tempi”. Così il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in un messaggio per l’odierna Giornata del Servizio pubblico, rendendo “omaggio ai funzionari della Pubblica amministrazione, che ovunque nel mondo hanno migliorato la vita delle proprie comunità di appartenenza”. “In un’era di sfide sempre più complesse - osserva Ban - dal cambiamento climatico all’insicurezza alimentare e alla crisi economica e finanziaria, il mondo ha bisogno di funzionari dell’Amministrazione pubblica che siano più creativi e talentuosi che mai”. A tale riguardo, oggi a Barcellona, la consegna dei premi a 23 Istituzioni pubbliche per i risultati ottenuti. “In alcuni casi, - si legge nella nota - queste istituzioni hanno usato la tecnologia per aumentare la trasparenza e l’affidabilità delle attività amministrative. In altri, hanno creato programmi socialmente utili volti all’educazione e al rafforzamento dei gruppi emarginati. Tutti i vincitori e i finalisti hanno storie forti da raccontare, fonte di ispirazione, e buone pratiche da condividere”. “Mi complimento – sottolinea ancora il segretario generale dell’Onu - con loro per le idee originali, per l’ingegno e la dedizione volti a raggiungere l’eccellenza nell’efficienza del servizio pubblico. Spero che i vincitori saranno fautori di altre iniziative a livello locale, regionale e nazionale, ed invoglieranno i giovani a valutare una possibile carriera nel servizio pubblico. Se il nostro compito - conclude il messaggio - è quello di sconfiggere povertà, malattia, analfabetismo e disuguaglianza di genere, nonché raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio entro il 2015, dobbiamo reclutare un numero sempre crescente di giovani ambiziosi in seno al Servizio pubblico, valorizzando le loro capacità tecnologiche e scientifiche per il bene comune”. (A cura di Roberta Gisotti)
Caritas Sri Lanka: il Paese fatica a trovare una vera pace
◊ Padre George Sigamoney, direttore di Caritas Sri Lanka, ritiene che il Paese fatichi a trovare vie per una vera pace dopo decenni di conflitti che hanno fiaccato la popolazione. “Serve un'azione urgente – afferma il religioso - per il reinserimento degli sfollati, la ricostruzione delle zone danneggiate dalla guerra, lo sminamento e la riduzione delle tensioni tra le varie comunità.” La maggior parte della popolazione che ha dovuto abbandonare la propria casa a causa del conflitto - riferisce l'agenzia Zenit - ha lasciato i campi di reinserimento o quelli di transito. Tuttavia, circa 90.000 persone rimangono nei campi. La Caritas è una delle poche agenzie che hanno il permesso di lavorare nelle comunità colpite dalla guerra e sta portando avanti vari progetti per aiutare gli abitanti dello Sri Lanka a ricostruire la propria vita dopo la guerra a Jaffna, Vanni e Mannar. Negli ultimi mesi, più di 130.000 persone hanno ricevuto sostegno dall’associazione umanitaria. (M.A.)
Cina: ordinati 10 nuovi diaconi di 4 diocesi
◊ “La vostra preghiera per le vocazioni sia costante perché il Signore ci dia un maggior numero di sacerdoti per servire la nostra Chiesa”. Così mons. Giuseppe Xing Wen Zhi, ausiliare della diocesi di Shang Hai, ha esortato le centinaia di fedeli presenti nella cattedrale di Xu Jia Hui durante la solenne ordinazione diaconale di 10 seminaristi del seminario di She Shan, della diocesi di Shang Hai. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, il rito si è svolto il 19 giugno. Hanno concelebrato una novantina di sacerdoti delle diocesi di Shang Hai, Wen Zhou, Tai Zhou e Shan Tou. Le suore della Congregazione della Presentazione della Madonna, insieme a parenti e amici dei nuovi diaconi e a tantissimi fedeli hanno partecipato alla liturgia. I 10 diaconi ordinati provengono dalla diocesi di Shang Hai (2), da Shan Tou (1), da Tai Zhou (3) e da Wen Zhou (4). Il rappresentante dei nuovi diaconi, al termine della Messa ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito alla crescita della loro vocazione, invitando a continuare la preghiera e il sostegno perché possano essere sempre pronti a rispondere con determinazione alla chiamata del Signore: “faremo il nostro meglio per esser degni del nome di servi di Cristo”. Secondo alcuni fedeli che hanno partecipato alla solenne liturgia, “l’ordinazione dei 10 nuovi diaconi di 4 diocesi è un segno della comunione in Cristo delle nostre comunità, è segno della nostra appartenenza allo stesso popolo di Dio”. (R.P.)
Messico: per il bicentenario dell’indipendenza atteso un documento della Chiesa
◊ Due secoli d’indipendenza, quest’anno per il Messico, e cent'anni dall'inizio della Rivoluzione nel Paese latinoamericano. Per celebrare l’evento storico, - riferisce l’agenzia Zenit - la Chiesa locale ha organizzato una serie di incontri accademici, quattro dei quali sono già stati realizzati in varie zone del Paese. Seguirà, il 1° settembre prossimo nella Basilica di Guadalupe, una Messa di ringraziamento e "di richiesta di perdono e di suffragio per coloro che morirono in quei fatti sanguinosi", con la partecipazione di tutti i vescovi messicani. Quindici giorni dopo il rito sarà riproposto anche in tutte le cattedrali e in tutte le parrocchie. Infine è attesa un'esortazione apostolica dall'episcopato del Paese. Riguardo i festeggiamenti del Bicentenario, mons. Alberto Suárez Inda, presidente della Conferenza episcopale messicana (Cem), ha spiegato che "i protagonisti di quei fatti sono stati cristiani cattolici, e anche se è certo che ebbero delle debolezze, ebbero anche degli aspetti positivi". Compito della Chiesa è quindi recuperare il lato positivo di quegli uomini e di quelle donne e riconoscerne i meriti. Riferendosi all'esortazione apostolica in via di elaborazione, ha aggiunto che "gli obiettivi sono di ripensare la storia, situarci nel momento presente per vedere quali sono le sfide ereditate e soprattutto incoraggiare la cittadinanza a recuperare gli ideali, ricostruire il tessuto sociale" e creare senso di corresponsabilità in questo "momento così delicato della storia del Messico". Una delle sfide di quest'epoca, ha aggiunto, è che il cattolicesimo del popolo messicano si proietti nella vita per "far sì che la nostra cultura e la nostra vita sociale, lavorativa e familiare siano realmente ispirate dall'esaltazione del valore della persona umana". (R.G.)
Secondo un sondaggio, quattro Paesi dell’America Latina sono contro l’aborto
◊ La Facoltà Latinoamericana di Scienze Sociali ha realizzato uno studio di opinione pubblica interrogando Brasile, Cile, Messico e Nicaragua sul tema della legalizzazione dell’aborto. Il sondaggio - riferisce l'agenzia Zenit - è stato realizzato su un campione di 1.200 persone maggiorenni, con un margine d'errore di 2 punti e un livello di affidabilità del 95%. Ciò che emerge con evidenza è che non c'è sostegno dell'opinione pubblica sul possibile provvedimento di legge per l’interruzione di gravidanza. Tra il 66% e l'81% degli intervistati ha respinto la legalizzazione dell'aborto nei propri Paesi. In particolare in Messico il 70,8% ha detto di non essere favorevole; in Nicaragua si è espresso in questo modo l'81,6%, in Brasile il 72,7% e in Cile il 66,2%. Compiendo un’analisi più accurata risulta che tra il 56% e il 69% degli abitanti di questi Paesi considera che la vita del feto sia al di sopra di tutto. Quelli che ritengono che l'aborto provochi danni psicologici e conseguenze fisiche per la donna sono tra il 64,4% e l'80%. (M.A.)
I vescovi del Sudan sostengono il referendum per l’indipendenza del Paese
◊ Il Sudan meridionale voterà per la propria indipendenza il 9 gennaio del prossimo anno. La gran parte dei cristiani e degli animisti del Sud sta cercando di staccarsi dal nord islamico dopo sei decenni di conflitto e 21 anni di guerra. I vescovi locali ritengono però che la politica stia contrastando il buon esito dell’iniziativa democratica specie a motivo dei molti interessi derivanti dalle riserve di petrolio scoperte nel 1990 nel Sud Sudan. Mons. Rudolf Deng Majak, vescovo di Wau e presidente della Conferenza episcopale del Sudan e mons. Daniel Adwok, vescovo titolare di Mossori, sostengono - riferisce l’Osservatore Romano - che il referendum istituito ai sensi dell'Accordo di pace globale del 2005 “deve essere assicurato da parte degli Stati Uniti e di altre nazioni. È nel migliore interesse di tutti nel Nord e nel Sud Sudan che l'accordo di pace evolva nella sua logica conclusione. Ma la nostra convinzione è che sia nel Nord che nel Sud ci siano persone che stanno minando, ostacolando la realizzazione del referendum per l'indipendenza”. I presuli affermano con forza che “Le popolazioni del Nord e del Sud Sudan per progredire nella dimensione democratica, per vivere una vita con dignità, benessere, felicità e stabilità, hanno bisogno di riconciliazione e di una pace giusta e duratura. Hanno entrambi bisogno di un Sudan libero dalla violenza e che si impegni nella ricerca del bene comune.” (M.A.)
Burundi: inaugurata dai Gesuiti una clinica pediatrica
◊ E’ stata recentemente inaugurata in Burundi una piccola clinica ad opera del Service Yezu Mwiza (Sym), un programma dei gesuiti per la cura dell'Aids e la prevenzione dell'Hiv nel Paese. La notizia è stata inviata all'agenzia Fides dalla Curia generalizia dei gesuiti. La clinica è un passo importante per il Sym che, all'inizio dell'anno, è stato riconosciuto come centro per la distribuzione di farmaci per la terapia antiretrovirale (Art). "Ringraziamo Dio per questo successo, che permette alle persone che serviamo, molte delle quali estremamente povere, di risparmiare il denaro che avrebbero speso in mezzi di trasporto per recarsi in altri centri medici e ospedali dislocati nella città per avere le medicine necessarie", ha detto il direttore del Sym, il padre gesuita Désiré Yamuremye. "Considerata la nostra strategia di andare incontro alle persone visitando le parrocchie o i centri medici vicini, ai nostri dottori sarà possibile distribuire la terapia a chi ne ha bisogno. Questa è stata la nostra politica e coloro che ne beneficiano sono molto contenti". Lo scopo è offrire una cura olistica: medica, psicologica, nutrizionale e anche micro-crediti per attività generative di introiti. I bambini beneficiano di supporto educativo ed altro. (R.P.)
Repubblica Centrafricana: a Bouar un centro per malati di Aids voluto dalla Chiesa
◊ È stato intitolato a San Michele il centro di salute comunitario inaugurato sabato scorso a Bouar, nella Repubblica Centrafricana. La struttura è opera della Chiesa cattolica e alla sua inaugurazione ha preso parte il direttore generale della salute pubblica Louis Namboua. Il centro offrirà assistenza ai malati di Aids e per il suo funzionamento collaboreranno autorità civili ed ecclesiastiche. “Speriamo che questo centro di salute comunitario possa contribuire ad una conoscenza maggiore della sindrome da immunodeficienza acquisita, perché possiamo avere delle statistiche reali circa le persone che ne sono affette”, ha commentato il direttore generale della salute pubblica. L’apertura del centro San Michele nella diocesi di Bouar va ad aggiungersi agli altri complessi sanitari cui la Chiesa cattolica ha dato vita nel Nana Mambéré per l’assistenza a quanti hanno contratto il virus Hiv. (T.C.)
Amnesty: in Libia “troppe violazioni" in un Paese del Consiglio Onu per i Diritti umani
◊ “Arresti, detenzione a tempo indeterminato e violenze” nei confronti dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Migliaia di esecuzioni extragiudiziali. Frustate e carcere per le donne adultere. Sparizioni forzate di dissidenti e attivisti. Oltre 500 detenuti, di cui la metà stranieri, condannati alla pena di morte. Sono alcune delle violazioni dei diritti umani elencate nel rapporto di Amnesty International sulla Libia, reso noto oggi, nel quale si denuncia “l’assenza di riforme, nonostante il Paese intenda giocare un ruolo di maggior rilievo sul piano internazionale”. Amnesty - riferisce l’agenzia Sir - condanna anche la chiusura dell’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, “gesto che avrà un grave impatto sui rifugiati e sui richiedenti asilo”. “Se la Libia vuole essere credibile sul piano internazionale - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, di Amnesty international -, le autorità devono assicurare che nessuno sia al di sopra della legge e che tutte le persone, comprese le più vulnerabili ed emarginate, vengano protette. La repressione del dissenso deve cessare”. Amnesty ha accertato che le violazioni sono “commesse dalle forze di sicurezza, in particolare dall’Agenzia per la sicurezza interna (Asi), che pare avere poteri incontrastati di arrestare, imprigionare e interrogare persone sospettate di essere dissidenti o di svolgere attività legate al terrorismo”. All’indomani degli attacchi dell’11 settembre, le autorità libiche - prosegue il rapporto di Amnesty - hanno fatto ricorso all’argomento della “guerra al terrore” per “giustificare la detenzione arbitraria di centinaia di persone considerate voci critiche o una minaccia alla sicurezza nazionale”. “I partner internazionali della Libia non possono ignorare l’agghiacciante situazione dei diritti umani in nome dei loro interessi nazionali – ha sottolineato Hassiba Hadj Sahraoui -. Come membro della comunità internazionale, la Libia ha la responsabilità di rispettare gli obblighi in materia di diritti umani e occuparsi delle violazioni anziché nasconderle. La contraddizione di un Paese che fa parte del Consiglio Onu dei diritti umani e rifiuta le visite dei suoi esperti indipendenti sui diritti umani, - conclude il responsabile di Amnesty - è stridente”. (R.G.)
Francia: oltre 5 mila ragazzi a Lisieux per i raduni missionari
◊ Sono stati circa 5.600 gli studenti delle scuole superiori (11-13 anni) delle cappellanie delle otto diocesi dell'Ile de France, che accompagnati da quasi 700 adulti e animatori, hanno risposto anche quest’anno all’appello rivolto dalla Cooperazione Missionaria della provincia, per recarsi in pellegrinaggio a Lisieux. Secondo le informazioni inviate all'agenzia Fides dal direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Francia, padre Pierre-Yves Pecqueux, il pellegrinaggio viene articolato ogni anno in cinque grandi raduni, ciascuno presieduto da un vescovo dell’Ile de France. Quest’anno i raduni si sono svolti dal 19 maggio al 12 giugno, sul tema "Con Teresa, amiamo la pace", per sollecitare i ragazzi a divenire operatori di pace in un mondo che ne ha disperatamente bisogno. Il tema che viene proposto ogni anno vuole infatti stimolare i ragazzi ad essere autentici missionari, sull’esempio di Santa Teresa di Lisieux. Come nel passato, ogni incontro è contrassegnato da una grande e gioiosa celebrazione in cui i giovani sono fortemente coinvolti. La giornata prosegue con visite ai luoghi teresiani e incontri con i testimoni missionari che li aiutano a scoprire i volti della missione e ad ampliare i loro orizzonti. Il pellegrinaggio annuale a Lisieux è anche il momento opportuno perchè i giovani si aprano alla condivisione: ogni anno infatti essi decidono di sostenere finanziariamente il progetto proposto dalla Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria. Quest'anno l’impegno di condivisione è stato rivolto verso i bambini di Sudafrica, Kenya, Senegal e Marocco. Questi eventi sono una reale opportunità per il risveglio dei giovani alla dimensione universale attraverso la scoperta di un paese proposto dall’Infanzia Missionaria, inoltre permettono ai giovani di arricchirsi partendo dalle loro differenze. Questo evento missionario offre loro l'opportunità di andare incontro a Gesù Cristo sui passi di Santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni. (R.P.)
Spagna: la natalità scende del 5% rispetto all'anno precedente
◊ Nel 2009 in Spagna la natalità è scesa del 5% rispetto all’anno precedente ed è la prima volta che diminuisce il numero dei nati in dieci anni. Questi dati, resi noti ieri, secondo la Federazione spagnola delle famiglie numerose, mostrano chiaramente che in Spagna “non si tiene la famiglia in conto come meriterebbe,non si dà alla natalità sufficiente importanza e adesso cominciamo a pagarlo e negli anni si sentiranno le conseguenze di avere una popolazione invecchiata”. Da parte sua, l’Istituto di politica familiare (Ipf) ha denunciato che questa situazione è dovuta, tra le altre cose, alle misure che prende il governo, che sono “chiaramente lesive della famiglia”. Secondo il presidente del Forum spagnolo della famiglia, Benigno Blanco, ciò che è veramente necessario è “offrire aiuti efficaci per la famiglia e la donna in attesa”. A giudizio della Federazione spagnola delle famiglie numerose, che rappresenta un milione di famiglie con tre o più figli, un abbassamento della natalità è una circostanza negativa in qualsiasi momento, ma molto di più durante la crisi economica, come quella attuale. “L’economia, il lavoro stanno tardando a riprendersi ed è necessario investire, nel medio e lungo periodo, nel capitale umano, che è fondamentale per far funzionare il sistema economico”, ha detto la presidente della Federazione, Eva Holgado. “La famiglia – ha aggiunto Holgado – è l’unica capace di rendere dinamica l’economia, è quella che mantiene attiva la macchina economica e sociale, che consuma, che produce i futuri lavoratori e contribuenti, in definitiva quella che mantiene viva la società”. Le organizzazioni familiari considerano irresponsabile prendere sul serio la politica familiare in quanto “in poco tempo avremo il problema aggiuntivo di avere una popolazione anziana”, che avrà riflessi pure sul come fare a sostenere, un domani, senza un numero sufficiente di lavoratori, “le pensioni di tutta la generazione del baby boom”, cioè di “tutti i cittadini che ora hanno tra i trenta e i quarantacinque anni”. Perciò, la Federazione delle famiglie numerose crede che il Governo non può guardare da un altro lato, deve prendere sul serio la questione e fare una scommessa forte e valida per appoggiare la famiglia, incrementare la natalità e sostenere le famiglie che hanno figli perché in questo modo ne trarrà beneficio tutta la società. Anche secondo l’Ipf deve correggersi la rotta delle politiche familiari, con aiuti più concreti, come sottolinea il suo presidente Eduardo Hertfelder. (R.P.)
Gmg Madrid 2011: accordo tra Comitato organizzatore e autorità della città
◊ “Madrid sarà la capitale dei giovani di tutto il mondo”. Con queste parole l’arcivescovo di Madrid, il card. Antonio Maria Rouco Varela, ha commentato la firma, avvenuta ieri, di un accordo di cooperazione tra il Comitato organizzatore della Gmg e la Comunità autonoma della città, rappresentata da Esperanza Aguirre. “L’accordo agevolerà la preparazione e lo svolgimento della Gmg che siamo certi sarà un successo” ha dichiarato il cardinale spiegando che questo prevede la collaborazione tra i due enti firmatari in materia di sicurezza, sanità, trasporti e alloggio. Dal canto suo - riferisce l'agenzia Sir - Aguirre ha affermato che "è un onore ospitare la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, per questo faremo tutto il possibile perché sia la meglio organizzata della storia". La Comunità autonoma di Madrid, secondo l’accordo, metterà a disposizione tra l'altro, ostelli, scuole e istituti pubblici per la sistemazione dei pellegrini e darà “particolare attenzione” alle aree del trasporto, sicurezza e sanità “per fare fronte agli imprevisti che potrebbero verificarsi”. Aguirre ha, inoltre, sottolineato l'importanza dei volontari per la Gmg, che saranno formati con corsi di primo soccorso, di trasmissioni radio e gestione degli alimenti. Alla realizzazione della Gmg collabora, con il Comitato organizzatore e la Comunità di Madrid, anche il Governo. (R.P.)
Maltempo. Cina e Brasile in ginocchio: si teme l’emergenza umanitaria
◊ Piogge torrenziali e inondazioni continuano a imperversare su due dei più grandi Stati del mondo: Cina e Brasile. Nel Paese asiatico, sono 200 le vittime finora accertate della doppia esondazione del fiume Fu. In Brasile, il bilancio delle vittime dell’alluvione che ha colpito il nord-est è salito a 41 morti, mentre 73 mila sono gli sfollati. I particolari nel servizio di Roberta Barbi:
Duecento vittime e oltre due milioni di persone rimaste senza casa: è drammatico il bilancio dell’inondazione del fiume Fu nella provincia del Jiangxi, in Cina, che per la seconda volta ha rotto gli argini non lontano dalla diga di Changkai. Centomila persone che abitano i villaggi nei dintorni sono state tratte in salvo dai militari. Il maltempo imperversa sulla Cina meridionale dalla settimana scorsa e, finora, si calcola abbia causato danni per 40 miliardi di euro, sommergendo oltre un milione di ettari di terreno agricolo e devastando 195 mila case. La situazione non è decisamente migliore nel nord-est del Brasile, dove le vittime delle piogge torrenziali salgono a 41. I dispersi sono ancora tra i 600 e i mille e gli sfollati 73 mila. In condizioni peggiori versano le cittadine lungo il fiume Mandau, letteralmente rase al suolo dall’ondata di piena, che ha lasciato dietro di sé un vero e proprio “scenario di guerra”. Le stime parlano di 27 mila abitazioni distrutte. Il presidente Lula, dopo un volo di ricognizione in elicottero sulle zone più colpite, ha predisposto l’intervento dell’esercito e stanziato 100 milioni di real, circa 45 milioni di euro, per far fronte all’emergenza, partendo con l’invio di cibo e medicinali e con il montaggio di ospedali da campo per soccorrere la popolazione.
Russia - gas
Il direttore generale del colosso russo Gazprom, Alexei Miller, ha confermato l’ulteriore taglio del 30% alle forniture della Bielorussia, assicurando, al tempo stesso, la regolarità delle forniture al resto d’Europa. Nei giorni scorsi l’erogazione verso il Paese era già stata ridotta, progressivamente, di un primo 30%. Ormai è una vera e propria “guerra del gas” quella tra Mosca e Minsk, in cui Gazprom accusa la Bielorussia di avere un debito di oltre 200 milioni di dollari per bollette non pagate. Il prezzo fissato per il gas, secondo l’azienda russa, è di 169 dollari per mille metri cubi.
Kirghizistan
La Bielorussia ha respinto la richiesta di estradizione inoltrata per l’ex presidente kirghizo Bakiyev. Il procuratore generale bielorusso ha specificato che “non ci sono basi giuridiche per far fronte a questa richiesta”.
Usa – marea nera
La Casa Bianca ha annunciato che varerà una nuova moratoria e si opporrà alla decisione di un giudice della Louisiana che, accogliendo il ricorso di 32 compagnie petrolifere, aveva sospeso la moratoria di sei mesi sulle trivellazioni in acque profonde, stabilita dal presidente Obama dopo il disastro nel Golfo del Messico. La motivazione della sospensione riguarda l’assenza di certezze sull’efficacia e la sicurezza di tali operazioni a profondità superiori ai 150 metri.
Giamaica
Il boss giamaicano della droga, Christopher ‘Dudus’ Coke, è stato arrestato a Kingston, la capitale dell’isola, dove si trova il quartiere-ghetto di Tivoli Gardens dal quale proviene e del quale era il capo assoluto. Coke era al vertice di un’organizzazione criminale denominata ‘Shower Posse’, dedita al narcotraffico e all’importazione illegale di armi. Su di lui, inoltre, pende una richiesta di estradizione negli Stati Uniti, dove è accusato di una serie di omicidi e rischia una condanna all’ergastolo. Proprio questo provvedimento è stato causa di violenti scontri avvenuti in città alla fine di maggio tra forze dell’ordine e gang di fedeli a Coke, in cui sono morte 76 persone.
Iran
Il capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica ha fatto sapere che finora l’Iran ha prodotto 17 kg di uranio arricchito al 20% ed è in grado di proseguirne la produzione con un ritmo di 5 kg al mese. L’uranio dovrebbe servire ad alimentare un reattore con finalità mediche. Intanto la Guida suprema del Paese, ayatollah Khamenei, ha bollato come “un segno di debolezza” delle potenze mondiali la risoluzione Onu votata il 9 giugno scorso, che ha imposto nuove sanzioni all’Iran.
Israele
Un nuovo satellite-spia israeliano è stato lanciato ieri dalla base israeliana di Palmahim. L’Ofek-9, il quinto mandato in orbita dal Paese, è un satellite di tecnologia molto avanzata, capace di distinguere oggetti di dimensioni molto inferiori rispetto a quelli normalmente rilevati dai satelliti.
Pakistan
Si allarga di ora in ora lo scandalo dei diplomi falsi presentati da decine di parlamentari pakistani per poter ricoprire legittimamente il proprio incarico. I media locali riferiscono di 14, tra deputati e senatori di diversi partiti, già esclusi dalla legislatura. Ma a rischiare sarebbero circa 140. Si parla, inoltre, di minacce da parte di alcuni parlamentari a membri della Commissione di verifica incaricata delle indagini.
Iraq – energia elettrica
Il ministro del Petrolio iracheno ha assunto oggi anche l’interim dell’energia elettrica come richiesto dal premier al Maliki, dopo le dimissioni del ministro titolare. Da giorni migliaia di persone protestano in Iraq contro i disservizi della rete energetica e i frequenti tagli di corrente, anche per 18 ore di fila, in una stagione particolarmente calda. Durissimi gli scontri a Bassora, dove la polizia ha dovuto aprire il fuoco per rispondere alle sassaiole dei manifestanti. Il bilancio in città è stato di un morto e due feriti.
Unione Europea – debito pubblico
Una tassa sui titoli di Stato, da stabilire in percentuale su ogni emissione di debito pubblico, per punire tutti quei Paesi che hanno un debito pubblico eccessivo. È questa la misura allo studio dell’Unione Europea, elaborata su una bozza della Commissione, che sarà discussa oggi dagli alti rappresentanti del 27 Stati membri e il 12 luglio dai ministri delle Finanze. La misura si è resa necessaria dopo la crisi del debito innescata dalla Grecia e le richieste della Banca centrale di una maggiore disciplina fiscale.
Spagna
È stata smentita dal ministero degli Interni spagnolo la notizia pubblicata sull’edizione on line del quotidiano spagnolo El Publico, che riferiva dell’esplosione di un ordigno del gruppo separatista basco dell’Eta nella regione di Valencia. Sembra invece confermata la notizia di alcuni allarmi bomba, sempre a Valencia, segnalati tramite telefonata anonima.
Turchia
Il governo turco non applicherà lo stato di emergenza al sud-est del Paese: a confermarlo è stato il primo ministro Erdogan, dopo l’attentato di ieri a Istanbul, il più sanguinoso dal 2008, rivendicato dall’organizzazione dei Falchi per la liberazione del Kurdistan, vicini al Pkk. “Stiamo facendo tutto il necessario per combattere il terrorismo”, ha detto il premier rispondendo alle richieste del partito di opposizione. “Stabilire lo stato di emergenza ora significherebbe cedere al linguaggio terroristico”.
Repubblica democratica del Congo
È salito a 76 morti e diverse centinaia di feriti il bilancio del grave incidente ferroviario avvenuto l’altra notte in Congo, sulla linea che unisce Pointe-Noire a Brazzaville, la principale del Paese. Causa dell’incidente, secondo gli inquirenti, sarebbe l’alta velocità, che avrebbe causato il deragliamento del convoglio nei pressi del villaggio di Yanga. Il governo ha annunciato, a partire dal 28 giugno prossimo, tre giorni di lutto nazionale.
Rwanda
Il presidente della Commissione elettorale del Rwanda ha annunciato che da domani, e fino al 2 luglio, sarà possibile presentare le candidature alle prossime elezioni presidenziali del Paese, in programma il 9 agosto prossimo. Questi i requisiti richiesti ai candidati: almeno 35 anni d’età, fedina penale pulita e una lista di almeno 600 sostenitori. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 174
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