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Sommario del 20/06/2010
Il Papa ordina 14 diaconi: conformatevi alla volontà di Dio, senza ricercare il potere personale. All’Angelus, appello per la pace in Kirghizistan
◊ Il vero sacerdote non aspira ad accrescere il proprio prestigio personale, ma cerca di conformarsi alla volontà di Dio: è uno dei passaggi forti dell’omelia di Benedetto XVI, che stamani in una solenne Messa nella Basilica di San Pietro ha conferito l’ordinazione sacerdotale a 14 diaconi della diocesi di Roma. La Messa è stata concelebrata dal cardinale vicario Agostino Vallini, assieme ai vescovi ausiliari, i rettori dei seminari romani e numerosi sacerdoti. All’Angelus, in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha rivolto un pressante appello per la pace in Kirghizistan. Quindi, nella Giornata Mondiale del Rifugiato, ha chiesto che vengano riconosciuti i diritti di quanti sono costretti a fuggire dalla propria terra d’origine. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Canti
Conformatevi alla volontà di Dio, testimoniando il Vangelo con coraggio, senza cedere alle mode e alle opinioni del momento: è la viva esortazione di Benedetto XVI ai 14 nuovi sacerdoti della diocesi di Roma, ordinati in una Basilica Vaticana gremita di fedeli. Il Papa ha subito sottolineato che l’intera Chiesa di Roma rende grazie a Dio per questi nuovi presbiteri e ripone fiducia e speranza nel loro domani:
“Sì, la Chiesa conta su di voi, conta moltissimo su di voi! La Chiesa ha bisogno di ciascuno di voi, consapevole come è dei doni che Dio vi offre e, insieme, dell’assoluta necessità del cuore di ogni uomo di incontrarsi con Cristo, unico e universale salvatore del mondo, per ricevere da lui la vita nuova ed eterna, la vera libertà e la gioia piena”.
Si è così soffermato sulla liturgia della Domenica, che presenta il passo del Vangelo in cui Pietro, differenziandosi dall’opinione della gente, riconosce in Gesù il Cristo di Dio. Benedetto XVI ha indicato nella preghiera la sorgente di questo atto di fede. Dallo stare con il Signore, spiega, “deriva una conoscenza che va al di là delle opinioni della gente per giungere all’identità profonda di Gesù”. Un’indicazione, questa, “ben precisa per la vita e la missione del sacerdote”:
“Nella preghiera egli è chiamato a riscoprire il volto sempre nuovo del suo Signore e il contenuto più autentico della sua missione. Solamente chi ha un rapporto intimo con il Signore viene afferrato da Lui, può portarlo agli altri, può essere inviato. Si tratta di un «rimanere con Lui» che deve accompagnare sempre l’esercizio del ministero sacerdotale; deve esserne la parte centrale, anche e soprattutto nei momenti difficili, quando sembra che le «cose da fare» debbano avere la priorità”.
Ha così rammentato che il discepolo è chiamato a seguire Gesù sulla strada della Croce, a “perdere se stesso” per ritrovare pienamente se stesso in Cristo. Ecco allora, è stato il suo monito, che “il sacerdozio non può mai rappresentare un modo per raggiungere la sicurezza nella vita o per conquistarsi una posizione sociale”:
“Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero. Chi vuole soprattutto realizzare una propria ambizione, raggiungere un proprio successo sarà sempre schiavo di se stesso e dell’opinione pubblica”.
“Per essere considerato – ha proseguito - dovrà adulare; dovrà dire quello che piace alla gente; dovrà adattarsi al mutare delle mode e delle opinioni e, così, si priverà del rapporto vitale con la verità, riducendosi a condannare domani quel che avrà lodato oggi”. Un uomo che imposti così la sua vita, ha detto ancora, “un sacerdote che veda in questi termini il proprio ministero, non ama veramente Dio e gli altri, ma solo se stesso e, paradossalmente, finisce per perdere se stesso”:
“Il sacerdozio - ricordiamolo sempre - si fonda sul coraggio di dire sì ad un’altra volontà, nella consapevolezza, da far crescere ogni giorno, che proprio conformandoci alla volontà di Dio, «immersi» in questa volontà, non solo non sarà cancellata la nostra originalità, ma, al contrario, entreremo sempre di più nella verità del nostro essere e del nostro ministero”.
Benedetto XVI non ha poi mancato di mettere l’accento sul legame tra l’Eucaristia e il Sacramento dell’Ordine, ricordando che al sacerdote “è affidato il sacrificio redentore di Cristo, il suo corpo dato e il suo sangue versato”. Quando celebriamo la Santa Messa, ha soggiunto, “teniamo nelle nostre mani il pane del Cielo, il pane di Dio che è Cristo”:
“È qualcosa che non vi può non riempire di intimo stupore, di viva gioia e di immensa gratitudine: ormai l’amore e il dono di Cristo crocifisso e glorioso passano attraverso le vostre mani, la vostra voce, il vostro cuore!”.
Il Papa ha quindi invocato il Signore affinché dia ai nuovi sacerdoti “una coscienza sempre vigile ed entusiasta” del dono dell’Eucaristia, centro del loro essere preti. Ed ha auspicato che possano “vivere questo ministero con coerenza e generosità, ogni giorno”. Alla cura per la celebrazione eucaristica, ha detto ancora, si accompagni “sempre l’impegno per una vita eucaristica”, vissuta cioè nell’obbedienza alla grande legge dell’amore. Cari sacerdoti, ha concluso il Papa, “la strada che ci indica il Vangelo di oggi è la strada della vostra spiritualità e della vostra azione pastorale, della sua efficacia e incisività, anche nelle situazioni più faticose ed aride”. E’ questa “la strada sicura per trovare la vera gioia”.
Canti
Dopo la Messa, il Papa si è affacciato dalla finestra del suo studio per la recita dell’Angelus. Benedetto XVI ha rivolto un pressante appello affinché “la pace e la sicurezza siano ristabilite nel Kirghizistan meridionale” dopo “i gravi scontri verificatisi nei giorni scorsi”. Alle vittime di questa tragedia, il Pontefice ha espresso la sua “commossa vicinanza”:
“Invito, inoltre, tutte le comunità etniche del Paese a rinunziare a qualsiasi provocazione o violenza e chiedo alla comunità internazionale di adoperarsi perché gli aiuti umanitari possano raggiungere prontamente le popolazioni colpite”.
Il Papa ha poi ricordato la celebrazione della Giornata Mondiale del Rifugiato. Una ricorrenza, ha detto, che deve “richiamare l’attenzione ai problemi di quanti hanno lasciato forzatamente la propria terra”, “giungendo in ambienti che, spesso, sono profondamente diversi”:
“I rifugiati desiderano trovare accoglienza ed essere riconosciuti nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali; in pari tempo, intendono offrire il loro contributo alla società che li accoglie. Preghiamo perché, in una giusta reciprocità, si risponda in modo adeguato a tale aspettativa ed essi mostrino il rispetto che nutrono per l’identità delle comunità che li ricevono”.
Riprendendo la riflessione sviluppata nella Messa in San Pietro, il Papa ha ribadito che tutti i fedeli sono chiamati a seguire Gesù “sulla strada impegnativa dell’amore fino alla Croce”. Prendere la Croce, ha aggiunto, significa “impegnarsi per sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio”, accrescere la fede “soprattutto dinnanzi ai problemi, alle difficoltà, alla sofferenza”. Ed ha citato l’esempio di Edith Stein, che ha testimoniato la fede in un tempo di persecuzione:
“Anche nell’epoca attuale molti sono i cristiani nel mondo che, animati dall’amore per Dio, assumono ogni giorno la croce, sia quella delle prove quotidiane, sia quella procurata dalla barbarie umana, che talvolta richiede il coraggio dell’estremo sacrificio”.
Ai nostri microfoni, la testimonianza di uno dei nuovi sacerdoti della diocesi di Roma, don Davide Martini
◊ Tra i diaconi ordinati dal Papa, nella Basilica di San Pietro, anche don Davide Martini, romano di 32 anni, che al microfono di Marco Guerra racconta la sua esperienza nel Seminario Romano Maggiore e si sofferma sull’avvincente sfida del sacerdozio:
R. – Il seminario, credo sia importante definirlo, come anche l’ha definito il Papa, non tanto uno spazio, un luogo, quanto un tempo. E' quel tempo abbastanza lungo – sono comunque sei anni – durante i quali il seminarista, il giovane che pensa di avere la vocazione, la verifica e la verifica fondamentalmente cercando di stare più tempo possibile con Dio. E' in questa frequentazione che poi non soltanto riesce a mettere a fuoco la propria relazione con Dio, ma mette a fuoco anche molto di se stesso. Ci si conosce molto di più, stando in seminario, perché si ha modo anche di lavorare su se stessi e tutto questo lavoro, tutta questa conoscenza sono portati avanti e vissuti alla luce del rapporto con Dio. Quindi, fondamentalmente, alla fine, più che descrivere le tante cose che si fanno, è il come si fanno, come si cerca di farle. E’ un tempo in cui si cerca di stare più tempo con Dio per scoprire se c’è stata questa chiamata, per cercare di capire come ognuno di noi possa rispondere a questa chiamata con tutto se stesso.
D. – Come hai vissuto i giorni di vigilia dell'Ordinazione?
R. – Fondamentalmente, nella preghiera. Abbiamo "staccato" dai preparativi dei festeggiamenti della prima Messa, dei parenti che vengono, degli amici che ti cercano e ci siamo presi un tempo per poter stare con il Signore; nella preghiera rivedere il perché di questa nostra chiamata, il fatto che non è per nostro merito che siamo stati chiamati e che fondamentalmente siamo indegni. Però, il Signore ha voluto chiamarci e noi, con gioia, abbiamo risposto.
D. – Il tuo rettore, mons. Tani, ha parlato del sacerdozio come una sfida...
R. – Il sacerdozio è una sfida perché il sacerdote è l’uomo dell’oltre, è l’uomo che mostra l’oltre, perché vive con Cristo, unito a Cristo, sperimentando in parte ciò che sarà poi per tutti quanti quando saremo uniti a Dio. E questa è una grande sfida, perché il mondo, invece, è un mondo del presente, dell’immediato: o non accetta, o ha paura dell’oltre. Quindi credo che la sfida grande sia questa: riuscire a testimoniare che c’è un oltre ma che quest’oltre, però, è così vicino a noi che cammina con noi, che ci sorregge, che ci aiuta, che è per noi.
Padre Lombardi sulle indagini riguardanti il cardinale Sepe: abbiamo fiducia che la situazione venga chiarita rapidamente
◊ A proposito delle indagini riguardanti il cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, di cui riferiscono oggi gli organi di stampa italiani, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha rilasciato ai nostri microfoni la seguente dichiarazione:
Anzitutto, desidero dire una parola di stima e di solidarietà per il cardinale Sepe, in questo momento difficile. Il cardinale Sepe è una persona che ha lavorato e lavora per la Chiesa e per il popolo che gli è affidato in modo intenso e generoso, e ha diritto ad essere rispettato e stimato. Poi, naturalmente, auspichiamo tutti e abbiamo fiducia che la situazione venga chiarita pienamente e rapidamente, così da eliminare ombre, sia sulla sua persona, sia su istituzioni ecclesiali. Il cardinale Sepe – come ha già detto egli stesso – collaborerà ovviamente per parte sua a questo chiarimento. Naturalmente bisognerà tenere anche conto degli aspetti procedurali e dei profili giurisdizionali impliciti nei corretti rapporti fra Santa Sede e Italia, che siano eventualmente connessi a questa vicenda.
Dal Convegno diocesano romano, l’esortazione del Papa a mettere l’Eucaristia al centro della vita del cristiano. La riflessione del teologo Giulio Maspero
◊ “La Santa Messa, celebrata nel rispetto delle norme liturgiche e con un’adeguata valorizzazione della ricchezza dei segni e dei gesti, favorisce e promuove la crescita della fede eucaristica”: è quanto affermato da Benedetto XVI, martedì scorso, all’apertura del Convegno diocesano romano, incentrato sul tema “Eucaristia domenicale e testimonianza della carità”. Sull’importanza della celebrazione eucaristica nella vita del cristiano, Federico Piana ha intervistato don Giulio Maspero, docente di Teologia dogmatica alla Pontificia Università della Santa Croce:
R. - Io insegno a studenti di tutto il mondo ed è molto bello vedere come persone di esperienze estremamente diverse crescono nella loro vita interiore, nella loro vita accademica e anche nell’approfondimento della Dottrina cristiana, grazie alla liturgia e nel vedere delle cerimonie bene fatte. Nella mia esperienza personale, ho un esempio molto bello di una persona ortodossa che ha visto celebrare qui a Roma alcuni sacerdoti con grande intensità e questa persona è stata estremamente attratta, tanto da passare alla piena comunione con la Chiesa cattolica. Mi sembra molto significativo che una persona ortodossa, una confessione dove la liturgia è davvero al centro, colga attraverso la celebrazione la bellezza del cattolicesimo, la bellezza della dottrina. La dottrina passa attraverso gli occhi, attraverso la pietà, attraverso la preghiera.
D. - Il Papa nel suo discorso, che è stato rivolto soprattutto ai sacerdoti, ha lanciato una sollecitazione: “Nell’itinerario di educazione alla fede, si sottolinei che nel Sacramento dell’Eucaristia Cristo è realmente, sostanzialmente presente”. Verità che noi tante volte dimentichiamo...
R. - Il rischio è sempre quello di abituarsi, di dare per scontato che il Signore è lì. Io penso che il pericolo di chi ha un dono molto grande è quello di dimenticarsi di quel dono e noi forse corriamo molto questo rischio soprattutto in un epoca dove, per esempio, si punta molto sul sociale, si punta molto sulla giustizia e la bontà. Cose importanti! Bisogna volersi bene, però io vedo sempre che le persone poi non sanno da dove trarre la forza per essere buoni. Io so che devo essere buono, so che devo amare gli altri, però come faccio, perché non riesco? Allora a questo punto mi sembra che proprio l’Eucaristia e soprattutto la catechesi sull’Eucarestia sia la vera risposta a quello che il Signore ci chiede e a quello che le persone ci chiedono. Se non troviamo nell’Eucaristia una fonte di forza per amare non facciamo niente. Noi sacerdoti abbiamo una responsabilità particolare perché anche semplicemente come ci genuflettiamo quando passiamo davanti al Tabernacolo, da come celebriamo le persone capiscono o no che lì c’è il Signore. Questo si nota moltissimo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
L’impegno dei cristiani per la riconciliazione nel Medio Oriente: la riflessione dell’islamologo padre Khalil Samir
◊ Nella martoriata regione del Medio Oriente, i cristiani sono chiamati “a portare uno spirito di riconciliazione basata sulla giustizia e l’equità” per israeliani e palestinesi. E’ uno dei passaggi più significativi dell’Instrumentum Laboris, il documento di lavoro del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, consegnato ai presuli dal Papa a Cipro lo scorso 6 giugno. Proprio sull’impegno per la pace dei cristiani in Terra Santa, Fabio Colagrande ha intervistato il padre gesuita Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e Islamologia all’Università Saint-Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale:
R. – Se i cristiani non intervengono in quanto cristiani, il conflitto israelo-palestinese non finirà mai. Perché? Perché il musulmano, oggi, ha islamizzato il problema israelo-palestinese, e l’ebreo fa lo stesso. Cioè, l’uno dice: “Questa terra è mia perché fa parte della ‘umma’ islamica”, e l’ebreo fa lo stesso. Israele, per contro, pretende: “Questa Terra è nostra perché Dio ce l’ha data”, anche se tante volte non parlano di Dio, ma indirettamente è questo! E’ molto difficile, ma non impossibile, per un musulmano di non pensare in termini di “umma”, ed è molto difficile per un ebreo – soprattutto dopo la Shoa – di non pensare: “Vogliamo proteggerci e creare uno Stato, affinché non accada di nuovo ciò che è successo in Germania”. L’unico modo di ottenere i propri diritti è la legge internazionale. A questo punto, il cristiano è l’unico a portare avanti questo argomento.
D. Quindi, il cristiano che cosa difende?
R. - La giustizia e il diritto. E non ci sarà pace senza giustizia, e non ci saranno giustizia e pace se non si accetta di dialogare, di fare delle concessioni. Come diceva Giovanni Paolo II in uno dei suoi messaggi del primo gennaio, per la Giornata mondiale per la pace: “Non ci sarà pace senza giustizia, ma non c’è giustizia senza perdono”. Infatti, è necessario accettare situazioni ingiuste e perdonare, nella consapevolezza che anche io ho commesso ingiustizie. Se poi vogliamo arrivare a delle concessioni, non possiamo applicare strettamente una politica del “ti do questo, mi dai quello”. Se vogliamo vivere insieme, nella comunità delle nazioni, dobbiamo dire: “Va bene. So che mi hai fatto questo torto: ti perdono”, e l’altro risponderà: “Anche io, perché vogliamo guardare al futuro”. Ora, la mia esperienza mi dimostra che, per il momento, solo il cristiano rispetta quest’ultimo punto. Lo scopo è costruire la pace. In questo momento, secondo la mia esperienza, solo la visione cristiana è capace di proporre la pace come un bene superiore.
D. La politica portata avanti da israeliani e palestinesi cosa ha dimostrato fino ad oggi?
R. - La politica dimostra che senza pace i due ci perdono: Israele sta soffrendo perché non trova la sicurezza e perché ha subito delle vittime; i palestinesi, non solo perché hanno perso delle persone, ma hanno perso tutto: la terra, la vita, l’onore e la dignità. Ci sono dei cittadini che lottano per la pace, ma non sono abbastanza forti per imporre ai loro governi di dire: “La pace vale più che conquistare un pezzo di terra”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
L’associazione Greenaccord promuove un Forum dell’informazione cattolica per la salvaguardia del Creato
◊ Il tema del “cammino” al centro del Forum dell’Informazione cattolica per la salvaguardia del Creato. Tre giornate di riflessioni e dibattito, dal 25 al 27 giugno, ospitate a Pistoia ed organizzate dall’associazione "Greenaccord" in collaborazione con la diocesi e gli enti locali della regione Toscana e diverse aziende e realtà del territorio. Sui contenuti del Forum 2010, giunto alla VII edizione, Roberta Gisotti ha parlato con il dott. Alfonso Cauteruccio, segretario generale di "Greenaccord":
D. - Dottor Cauteruccio, la sua associazione è nata proprio per promuovere la formazione ambientale dei giornalisti. In tempi di diffusa crisi economica, sta crescendo la sensibilità ecologica o al contrario sta aumentando la rimozione dei temi che interessano il rapporto uomo-natura?
R. - Io direi che dal nostro osservatorio notiamo due cose. Tra la gente comune sta crescendo la sensibilità ecologica, soprattutto in questo momento in cui c’è ancora il problema irrisolto del Golfo del Messico. C’è, quindi, tanta preoccupazione e tanta gente che chiede, che vuole sapere, che si informa e chiede come darsi da fare per migliorare la questione ambientale. C’è un certo immobilismo, invece, nella parte decisionale e quindi nella parte politica, a livello internazionale. Ci sembra che non ci siano risposte adeguate. E’ vero che la crisi economica può contribuire un po’ a mettere da parte o a rimuovere questi problemi, ma non dobbiamo dimenticare che il denaro investito su questi temi significa prevenire grandi problemi poi dopo. C’è quindi in questo senso anche un risparmio.
D. - Sembra, quindi, che alla cresciuta sensibilità e consapevolezza delle popolazioni e della gente non corrisponda una volontà politica…
R. - E’ vero. Il prof. Zamagni, per esempio, dice questo: “La politica non è capace di rispondere alle questioni ambientali. E per quale motivo? Perché è proiettata verso massimo un quinquennio di attività, mentre questi sono problemi che vanno al di là di un quinquennio: per i grandi temi e per i grandi accordi si parla di 2050, 2020. Si parla di scadenze molto molto lontane nel tempo. La politica è poco interessata a queste scadenze lontane, poiché guarda all’oggi, all’immediato. Ecco perché è la società civile che deve costringere la politica a darsi da fare, a dare delle risposte che siano soprattutto efficaci.
D. - Dottor Cauteruccio, il tema del “cammino” sarà al centro di queste tre giornate, ma come verrà affrontato?
R. - Noi abbiamo pensato al tema del “cammino” perché dallo scorso anno stiamo conducendo una riflessione su tre temi: il tempo, il cammino e lo spazio, che sono le realtà in cui l’uomo si muove nella sua vita. Quest’anno oltretutto il tema del “cammino” è venuto proprio bene, perché questo è l’Anno Compostelano e, quindi, si ricorda il grande pellegrinaggio di Santiago. Inoltre, Benedetto XVI sarà a novembre proprio a Santiago per questo motivo. Riteniamo che il tema del “cammino” sia molto importante, perché rappresenta la condizione dell’uomo viandante e proprio su questo vorremmo riflettere ed affrontarlo sotto vari profili: il profilo spirituale e del pellegrinaggio; il profilo storico che verrà affrontato dal prof. Franco Cardini; il profilo letterario e sarà presente la scrittrice Susanna Tamaro. Affronteremo poi anche tanti altri tipi di cammino, come il cammino della fame e della speranza che abbiamo affidato a mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes; così come la capacità e la scoperta di camminare a piedi in una città che corre, che abbiamo affidato all’architetto di fama mondiale, Lucien Krolll. Chiudere poi con una riflessione più profonda sull’umanità in cammino verso il futuro e quindi la sfida ecologica e i problemi di cui parlavamo prima: sarà presente Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Abbiamo voluto che fosse presente proprio lei, perché in quanto donna, ci potesse portare anche la sensibilità del mondo femminile su questi temi, che ci sembra molto interessante. Ci saranno tante esperienze concrete che valorizzeremo in una tavola rotonda sabato pomeriggio e poi la domenica mattina ancora tante esperienze dedicate anche alle iniziative. Ascolteremo Wolfgang Fasser, un non vedente che conduce a camminare nel bosco le persone di notte, per far vivere loro un’esperienza di contatto con la natura, senza sorgenti luminose, al buio, facendo scoprire loro le sensazioni che può avvertire una persona che non vede. Ci sarà poi anche Konrad Messner dall’Alto Adige, che ci parlerà della riscoperta di un cammino - quello antico - fra i monasteri benedettini, che va addirittura da Monaco a Venezia. Questo è un progetto nuovo che stanno realizzando e che cerchiamo così di portarlo all’attenzione di tutti. Parleremo poi dell’esperienze degli Scout ed ancora dell’esperienza del Soccorso Alpino, del soccorso dei viandanti: ne parlerà il parroco di Solda, don Joseph Hurton, 82 anni, ancora operativo, che è un grande soccorritore alpino e che ci può portare una bella testimonianza. Così come l’esperienza che ci racconterà don Franco Torresani, il cosiddetto “prete voltante”, che ha vinto tante gare come affermato podista in altura. Ma ancora, il segretario dell’Azione Cattolica, Gigi Borgiani, che porterà l’esperienza dei “Sentieri di Pier Giorgio Frassati”. E un altro podista, Roberto Weber, che è il direttore dell’Istituto Swg di Trieste, che racconterà la sua esperienza come podista e quindi come un manager può essere appassionato del cammino.
Il Sud Africa al di là dei Mondiali di Calcio: la riflessione di Raffaello Zordan della rivista "Nigrizia"
◊ “La vera vittoria è quella che consacra la dignità della persona umana”: è quanto sottolinea il cardinale arcivescovo di Durban, Wilfrid Napier, a proposito dei Mondiali di Calcio in Sud Africa. Il porporato invita, dunque, a cogliere questo evento sportivo come occasione di progresso per tutto il Continente africano. E in Sud Africa, si trova in questi giorni Raffaello Zordan, della rivista dei comboniani “Nigrizia”. Una presenza non legata tanto all’interesse calcistico, ma piuttosto per confrontarsi con la situazione del Paese, come spiega al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Per rendersi conto che partita si sta giocando con la fine dell’apartheid e la democrazia finalmente arrivata in questo Paese, ma anche con i grandi problemi che ci sono davanti. Basti pensare che il 40 per cento della popolazione in capacità di lavoro, è disoccupata, e basti pensare che qui abbiamo una realtà – e basta viaggiare per il Paese – con grandi potenzialità, con grandi risorse, con una struttura industriale, di trasporti abbastanza avanzata e quindi con una serie di possibilità, che però vanno espresse compiutamente, vanno espresse all’interno di un contesto condiviso. Chiaramente adesso siamo in un momento di anestesia, nel senso che lo sport, in questo caso il calcio e i Mondiali, portano a grandi entusiasmi. Il bello si vedrà dopo.
D. – Sul vostro giornale, Mike Dib, che è il coordinatore del Dipartimento Giustizia e Pace della Conferenza dei vescovi dell’Africa australe, che comprende Sudafrica, Botswana e Swaziland, dice che sono in molti a ritenere Sudafrica 2010 una "disgrazia economica" per il Paese. Perché?
R. – Perché c’è il problema di capire se gli investimenti fatti, che sono circa 5 miliardi di euro, poi porteranno a dei risultati. Vedevo delle cifre e gli studi che facevano qui, che dovevano portare ad introiti superiori agli investimenti fatti, non nel brevissimo periodo, anche con posti di lavoro in più. Tutto questo, però, è da verificare nel concreto. Quello che io posso vedere qui è un forte afflusso turistico. Sicuramente una delle voci importanti del prodotto interno lordo del Sudafrica è quella del turismo. Quindi, è chiaro che un Mondiale può servire come volano. Però non dimentichiamo che soprattutto nelle grandi città, Pretoria e Johannesburg in particolare, ci sono problemi di sicurezza abbastanza consistenti e quindi molta gente si preoccupa di questo. Esistono però – da Cape Town a Durban - altre città sugli oceani che sono città turistiche con un livello di sicurezza ottimo. Questo Mondiale è quindi anche un’occasione per presentare il Paese al mondo. Rimangono naturalmente i problemi di fondo di cui parlavo prima. Ai semafori si vede poca gente che fa l’elemosina, non ci sono assembramenti di persone che fermano i passanti: hanno fatto, da questo punto di vista, un "repulisti". E’, però, un "repulisti" che finisce l’11 di luglio con la fine dei Mondiali. E’ un modo per mostrare quella che viene ritenuta dal governo la parte migliore del Paese. Ma nella parte migliore ci sono naturalmente anche i poveri, se li prendi in considerazione. Anzi, devi prenderli in considerazione. Problemi aperti, problemi che sono di fronte all’Anc che governa, problemi che sono di fronte anche alla società civile. Di questa società civile fanno parte anche molte associazioni cattoliche cristiane, che tengono alto l’allarme su queste cose, dicendo: “Guardate che i problemi veri da risolvere sono quelli e non dobbiamo dimenticarli, pallone o non pallone”.(Montaggio a cura di Maria Brigini)
Al via a Pesaro il Festival del Nuovo Cinema. Protagonista la cinematografia russa
◊ Ospite d’onore al Festival del Nuovo Cinema di Pesaro, che si apre stasera, il cinema russo con una rassegna di interessanti registi contemporanei: una serie ricca e completa di titoli legati a una cinematografia ancora poco conosciuta. Evento speciale del Festival anche la retrospettiva integrale dedicata a Carlo Lizzani, che con i suoi film è riuscito a raccontare la storia dell'Italia del Novecento. Il servizio di Luca Pellegrini:
La Mostra del cinema di Pesaro è davvero, ogni anno, una vetrina internazionale: non per i titoli commerciali, di cassetta o di impatto mediatico sicuro, quanto per la cultura cinematografica, per l’approfondimento e per la serietà di approccio e delle conseguenti scelte artistiche. Ad ogni edizione, si sceglie un "ospite d’onore" e quest’anno l’attenzione si concentra sul cinema russo contemporaneo, salito alla ribalta internazionale negli ultimi anni con prestigiosi riconoscimenti nei maggiori festival. Pesaro propone agli appassionati di vero cinema la scoperta della generazione dei cineasti trenta-quarantenni che hanno segnato la rinascita del cinema russo nell’era post-sovietica e post-comunista a partire dal 2003. Giovanni Spagnoletti, direttore artistico, propone una scelta dei titoli e di autori che prima di tutto evidenzia un percorso di cinema segnato da profondi cambiamenti sociali e politici.
R. - E’ stato un percorso molto travagliato. D'altronde un’esperienza storica così lunga e così profonda non può sparire da un momento all’altro. Era proprio questo il motivo che mi aveva incuriosito, dato appunto che del cinema russo se ne sentiva parlare pochissimo, e ho cominciato a pensare che bisognava riallacciare un rapporto storico, che la mostra internazionale Nuovo Cinema di Pesaro aveva avuto con questa cinematografia in anni lontani. Guardando un po’ in profondità abbiamo cominciato a scoprire che appunto dal 2003 il cinema russo ha subito una svolta, non dico che sia nata come negli anni ’60 in Francia una “Nouvelle Vague”, perché le condizioni storiche sono completamente diverse, ma evidentemente è successo qualche cosa, questo qualche cosa, soprattutto per quello che ci riguarda, è l’emergenza di una nuova generazione. C'è l’emersione di questa nuova generazione e il fatto che questa nuova generazione cominci a fare un cinema di qualità diverso da quello che si conosceva tradizionalmente. Ecco questo è stato il percorso per cui siamo arrivati alla scelta.
D. - Uno dei più apprezzati registi russi contemporanei, Aleksej Popogrebskij, ha affermato che i film del suo Paese hanno tutti qualche cosa in comune, ossia “l’intuizione per qualcosa di male che cova sotto la superficie della sempre maggiore stabilità e ricchezza”. Perché, secondo lei, questa attenzione per le diverse dimensioni del male sociale?
R. - Sono questioni scottanti della società russa, che sono molto evidenti. Non c’è bisogno del cinema per conoscerle, ma direi appunto che il fatto di conoscerli e cercare un link di traverso per raggiungere e capire una società così complessa come quella russa e anche abbastanza lontana dall’illuminismo occidentale, credo che sia poi uno dei compiti fondamentali del cinema e in particolare del cinema russo contemporaneo, quello più avvertito.
D. - Spagnoletti, lei mette in luce proprio una delle dimensioni particolari della cinematografia russa: il fatto di essere intrisa, in alcuni grandi autori, di una dimensione spirituale densa, forte…
R. - Devo dire che il cinema russo che piace più in occidente, è proprio questo cinema che riesce a sondare in maniera straordinaria l’animo umano. Tutto ciò fa parte, forse, un po’ di una tendenza nordica se vogliamo, Berriman, Bergman da una parte, e i russi dall’altra che sono piantate in maniera fondamentale dentro la storia del cinema. Detto questo però c’è anche l’aspetto dell’avanguardia, sono le due anime che in qualche maniera continuamente si scontrano, appunto quella occidentale se vogliamo e quella più profondamente russa.
Il Patriarca Ireneo, per la prima volta in Kosovo, lancia un appello per la riconciliazione
◊ Il Patriarca Ireneo, capo della Chiesa ortodossa serba, venerdì scorso ha visitato la città di Peć, nel nord-ovest del Kosovo, che gli ortodossi serbi considerano la culla della loro Chiesa. Nell’occasione, il Patriarca ha lanciato un appello in favore della riconciliazione tra serbi e kosovari di etnia albanese. Nell’area, infatti, come riporta "L’Osservatore romano", in passato si sono verificati duri scontri tra i kosovari di etnia serba, la minoranza, e la maggioranza di cultura albanese e religione musulmana sunnita. È la prima visita di Ireneo nell’area, con il consenso delle autorità kosovare, dopo la sua elezione nel gennaio scorso. (La seconda parte della celebrazione d’intronizzazione è prevista proprio a Peć il 3 ottobre prossimo). Il Patriarca Ireneo, 80 anni, è considerato un moderato, da sempre impegnato nel dialogo tra le religioni. Giovedì scorso, inoltre, ha istituito in seno al Ministero per la Fede a Belgrado, il Consiglio interreligioso, di cui faranno parte, oltre al ministro Bogoljub Sijakovic, il vescovo ortodosso di Backa, Irinej Bulovic, l’arcivescovo di Belgrado, Stanislav Hočevar, presidente della Conferenza episcopale internazionale dei Santi Cirillo e Metodio, il reis–ul-ulema della comunità islamica, Adem Zilkic e il rabbino capo della comunità ebraica, Isaac Asiel. Tra gli obiettivi del Consiglio, aperto anche ad altri, l’affermazione della libertà religiosa, la pubblicazione di messaggi su importanti questioni sociali e l’organizzazione di incontri su temi legati all’attualità e alla vita pubblica. (R.B.)
Vietnam: l’area di Xom Moi in prima linea nell’aiuto al prossimo e nel dono delle vocazioni
◊ L’area della Chiesa vietnamita di Xom Moi, nell’arcidiocesi di Saigon, è composta da 16 parrocchie che negli ultimi anni hanno donato numerose vocazioni. I fedeli, per lo più operai e agricoltori poveri, sono molto attivi e vivono intensamente la loro fede che si concretizza in numerose opere di carità: lotta alla prostituzione, aiuti a indigenti, migranti e malati sono sfide raccolte quotidianamente da circa 60mila tra sacerdoti e laici. “Nella Caritas parrocchiale lavorano 120 persone”, riferisce ad Asianews mons. Thin, responsabile Caritas della parrocchia di Tach Duc, che ricorda l’opera lodevole del vicario dell’arcidiocesi, padre Nguyen Xuan Duc, che ha guidato i fedeli nell’impegno sociale. I parrocchiani, grazie a un contributo di 6 dollari al mese, riescono ad aiutare oltre 600 malati e a fornire beni di prima necessità ai migranti: la migrazione di milioni di persone dalle campagne alle aree urbanizzate, in Vietnam, è ancora un problema irrisolto. Ma tutte queste opere non potrebbero essere attuate senza una forte fede a monte e un’intensa preghiera quotidiana: “I problemi sociali e sanitari colpiscono le famiglie molto duramente – spiega un operatore Caritas della parrocchia di Sao Mai – senza l’aiuto della preghiera quotidiana e della mediazione dei sacerdoti nulla sarebbe possibile”. (R.B.)
La Caritas in Cambogia festeggia 20 anni di attività
◊ Da 20 anni a servizio del prossimo, nei quali si è resa necessaria soprattutto l’attività di gestione delle emergenze umanitarie, ma anche i programmi di sviluppo delle aree rurali e la sensibilizzazione sui temi dell’uguaglianza uomo-donna e sulla giustizia sociale: è questo il bilancio della Caritas cambogiana che in questi giorni ha festeggiato il proprio ventesimo ‘compleanno’. L’agenzia Fides riporta la notizia di un bel ‘regalo’: oltre 16 milioni di dollari da destinare, nei prossimi cinque anni, a progetti di solidarietà, cooperazione e sviluppo dei soggetti svantaggiati. “Incoraggiamo la gente a guadagnarsi da vivere”, commenta il prefetto apostolico di Battambang e presidente di Caritas Cambogia, mons. Enrique Figaredo, al quale sono arrivate anche le congratulazioni per il lavoro svolto da parte del governo cambogiano, nella persona del vice primo ministro, Men Sam An. (R.B.)
Angola: la denuncia dell’Associazione bambini svantaggiati contro il lavoro minorile
◊ Sono negligenza dei genitori, mancanza di conoscenza dei propri diritti e problemi derivanti dalla povertà, le principali cause del fenomeno dilagante del lavoro minorile, che affligge in particolare l’Angola. A lanciare l’allarme attraverso Radio Ecclesia, e riportato dall’agenzia Fides, è Joaquim Dalas, presidente dell’Associazione dei bambini svantaggiati dell’Angola. Lo sfruttamento dei minori è un fenomeno diffuso in tutte le periferie, compresa quella della capitale Luanda, a causa di povertà e analfabetismo. Dalas auspica la creazione, da parte del governo, di un programma di sostegno alle famiglie più vulnerabili e disoccupate, che permetterebbe di raggiungere l’obiettivo dettato dall’Organizzazione mondiale del Lavoro, cioè lo sradicamento definitivo del lavoro minorile. L’Angola è uno dei principali produttori di petrolio e diamanti in Africa, ma la ricchezza che deriva da queste risorse non è ancora utilizzata a beneficio della popolazione. (R.B.)
Ucraina: le Chiese cristiane unite in difesa della pubblica moralità
◊ Le Chiese cristiane d’Ucraina unite in difesa della moralità: è questo l’appello rivolto allo Stato, del quale si denuncia la “passività nella protezione della moralità, che equivale alla promozione del degrado”. Nel documento, firmato dalla Chiesa ortodossa-Patriarcato di Mosca, dalla Chiesa ortodossa-Patriarcato di Kiev, dalla Chiesa greco-cattolica, dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa luterana e da quattro denominazioni evangeliche, si manifesta il “fermo disaccordo con i comportamenti dei protagonisti alla guerra d’informazione volta a screditare e a impedire l’attività del Comitato nazionale di esperti sulla protezione della pubblica moralità”. L’appello, di cui "L’Osservatore Romano" riporta uno stralcio, nasce dalla necessità di proteggere gli alti principi morali e i valori della famiglia. “La società ucraina è minacciata da una propaganda di guerra – si legge nel testo – dall’ostilità nazionale e religiosa, dal culto della crudeltà e della violenza, dalla diffusione della pornografia”. Le Chiese invitano, dunque, i vertici dello Stato a riflettere “su quali valori e cultura della comunicazione stiamo trasmettendo ai nostri figli e lasceremo in eredità alle nuove generazioni”. (R.B.)
Irlanda: il 26 giugno, la 13.ma edizione del Columban’s day
◊ Sabato prossimo, 26 giugno, a Bangor, Irlanda, sarà celebrato per il 13.mo anno consecutivo, il Columban’s day: una giornata interamente dedicata a San Colombano, monaco missionario irlandese molto venerato in patria. L’abate morto 1400 anni fa, ricorda l'agenzia Sir, ha viaggiato molto e fondato monasteri in tutta Europa, tanto che i vescovi delle 26 diocesi d’Irlanda hanno inviato al Santo Padre la richiesta di annoverarlo tra i Santi patroni d’Europa. La celebrazione, intanto, cui parteciperanno le più alte cariche ecclesiali e statali del Paese, sarà officiata dal vescovo di Down and Connor, mons. Noël Treanor, davanti ai missionari di San Colombano e ai Cavalieri del Santo, presenti ormai in tutto il mondo. Dall’Italia sono attesi circa 250 pellegrini da San Colombano al Lambro, accompagnati dal vescovo di Lodi, mons. Giuseppe Merisi. (R.B.)
L’Infanzia missionaria celebra i 90 anni della traslazione a Parigi delle reliquie di San Paul Chen
◊ È uno dei 120 martiri cinesi canonizzati il primo ottobre 2000 da Giovanni Paolo II, San Paul Chen, delle cui reliquie in questi giorni la Pontificia Opera dell’Infanzia missionaria (di cui era membro in vita) ha celebrato il 90.mo anniversario della traslazione dalla Cina nella Cattedrale di Notre Dame a Parigi, avvenuta nel 1920. Il 10 giugno scorso, riferisce la Fides, il vescovo ausiliare della capitale francese, Jérôme Beau, ha presieduto la celebrazione ufficiale, alla presenza di Baptistine Ralamboarison in rappresentanza del segretariato sociale della Pontificia Opera dell’Infanzia missionaria, sottolineando nell’omelia il ruolo essenziale dei bambini all’interno della Chiesa e della vita missionaria e rilanciando l’impegno dei piccoli dell’Infanzia missionaria in favore dei loro coetanei cinesi. Paul Chen nacque in una famiglia povera e non cristiana, ma ricevette un’istruzione grazie all’Infanzia missionaria, nel seno della quale crebbe fino ad essere ammesso nel seminario minore nel 1853, quando fu battezzato e cresimato, mentre ricevette per la prima volta Gesù Eucaristia nel 1854. Nel 1860 entrò nel seminario di Tsin-gay, dove fu arrestato insieme con i compagni il 12 giugno 1861 con l’accusa di essere cristiano e fucilato il 28 luglio dello stesso anno. Fu beatificato da Papa Pio X nel 1908. (R.B.)
Per la canonizzazione di Suor Mary Mac Killop, attesi a Roma 30 giovani aborigeni
◊ L’arcidiocesi di Sydney ha comunicato all’agenzia Fides che saranno 30 i giovani aborigeni, provenienti da diverse diocesi dell’Australia, che il 17 ottobre prossimo saranno presenti in San Pietro alla canonizzazione di Suor Mary Mac Killop, la fondatrice delle Suore di San Giuseppe che tanto si adoperò in vita per i diritti di queste popolazioni. L’Ufficio per la Pastorale degli aborigeni da tempo ha organizzato una raccolta fondi per finanziare le spese di viaggio e di permanenza dei ragazzi a Roma. Suor Mary Mac Killop, prima australiana a essere canonizzata, “credeva fermamente nei diritti degli aborigeni, che dovessero avere lo stesso trattamento e godere delle stesse opportunità d’istruzione e della stessa qualità di vita dei bambini bianchi”, ricorda la direttrice dell’Ufficio pastorale, Elsie Heiss. (R.B.)
“Starved for attention”: la malnutrizione in una mostra fotografica di Medici senza frontiere
◊ Una mostra fotografica per documentare la malnutrizione che affligge migliaia di bambini nel mondo, ritratti dalle sapienti mani dei fotoreporter dell’Agenzia VII: “Starved for attention: il cibo non basta” sarà inaugurata mercoledì 23 giugno alle ore 18 a Milano, presso la Fondazione Formia, alla presenza di Gianfranco De Maio, responsabile italiano di Medici senza frontiere (Msf), organizzatore dell’esposizione, Franco Pagetti e Jessica Dimmock, fotogiornalisti. La mostra, aperta al pubblico dal 24 giugno al 10 luglio, introduce alla nuova campagna promossa da Msf, che presenta un nuovo approccio al problema della malnutrizione infantile. Secondo l’associazione, che l’anno scorso ha curato circa 250mila bambini malnutriti in 34 Paesi e ha equipe mediche in oltre 30 Stati, dall’Africa sub sahariana all’Asia meridionale, la malnutrizione colpisce 195 milioni di minori nel mondo e tra questi, ogni anno, miete almeno 8 milioni di vittime, la maggior parte sotto i cinque anni di età. Gli scatti dell’allestimento sono il frutto di viaggi in zone di guerra, villaggi rurali, capitali sovraffollate e rifugi di montagna tra il Congo, il Bangladesh e il Sahel, che ogni anno lotta per superare la stagione di magra. (R.B.)
In Kirghizistan, i soldati rimuovono le barricate per le strade di Osh, ma resta lo stato d’emergenza
◊ Sembra tornata la calma nel sud del Kirghizistan dopo le sanguinose violenze dei giorni scorsi, che hanno provocato centinaia di vittime e migliaia di profughi. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
L’esercito sta rimuovendo le barricate per le strade della città di Osh che servivano per bloccare l’accesso ai quartieri uzbeki devastati durante le violenze. E’ un segnale chiaro, di un lento ritorno alla normalità, quello constatato da alcuni giornalisti presenti sul posto. Gli stessi abitanti di origine uzbeka prestano aiuto ai militari, malgrado le accuse di aver sostenuto la comunità kirghiza durante i disordini. Cautela da parte del governo ad interim che ha deciso di mantenere fino al 25 giugno lo stato d’emergenza imposto nei giorni scorsi in città e in parte della regione meridionale. Le autorità, dopo il pressing statunitense, hanno inoltre garantito l’apertura di un’inchiesta per far luce sulle cause dei violenti scontri. Un provvedimento importante – ha commentato l’emissario americano nella regione, Robert Blake – per prevenire l'insorgere di altre situazioni del genere e soprattutto per ristabilire un clima di fiducia e sicurezza che può spingere migliaia di persone – tra sfollati e profughi - a decidere di tornare nelle loro case.
Turchia
Sempre alta la tensione, tra l’esercito turco e i ribelli curdi del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan. Oggi c’è stata una nuova incursione da parte delle forze turche in territorio iracheno alla ricerca di basi dei guerriglieri, che ieri hanno minacciato attacchi contro tutte le città turche se l’esercito proseguirà la sua offensiva. Sia il presidente Gul che il premier Edogan hanno chiesto di annientare l’organizzazione terroristica. Negli scontri sono morti tre miliziani e un militare, che si aggiungono alle 22 vittime delle violenze di ieri.
Polonia
Urne aperte stamani in Polonia per le presidenziali. Oltre 30 milioni di elettori sono chiamati a scegliere il nuovo capo di Stato dopo la morte di Lech Kaczynski nell’incidente aereo del 10 aprile scorso a Smolensk. I sondaggi prevedono un testa a testa tra Jaroslaw Kaczynski fratello gemello di Lech e Bronislaw Komorowski, che ha assunto la funzione di presidente provvisorio. Le operazioni di voto termineranno alle 20, poi i primi exit poll. Per i risultati definitivi si dovrà attendere lunedì sera. Se nessuno dei candidati otterrà più del 50 per cento, il 4 luglio si andrà al ballottaggio.
Cina-yuan
Dopo le pressioni internazionali, soprattutto da parte statunitense, la Cina ha fatto sapere di essere pronta a riformare il tasso di cambio dello yuan per aumentare la flessibilità della propria moneta. “Un passo costruttivo”, ha commentato il presidente Obama. La decisione – ha detto – “può contribuire a salvaguardare la ripresa” e ridurre gli squilibri economici globali. Sulla stessa linea anche il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea. La Banca Centrale Europea ha annunciato che l’adeguamento del tasso avverrà in modo graduale.
Cina - inondazioni
Aumenta il bilancio delle vittime inondazioni nel sud della Cina: i morti sono 132. Oltre 800 mila, invece, gli evacuati dalle proprie abitazioni. Le violente piogge delle ultime settimane hanno provocato numerose frane. Distrutti interi raccolti di grano, per un danno stimato di oltre un miliardo di euro. Migliaia i soccorritori al lavoro nell’area L'agenzia meteorologica centrale prevede ancora maltempo per i prossimi giorni. Tra le province più colpite – informano media locali - quelle di Fujian, Jiangxi, Hunan, Guangdong, Sichuan e Guizhou, e la regione di Guangxi.
Afghanistan-violenze
Ennesima giornata di sangue in Afhghanistan. In diversi attacchi dei talebani sono morti almeno 5 civili, tra cui tre bambini. Oltre una ventina i feriti. In queste ore ha perso la vita anche un giovane militare francese, mentre l’Isaf ha annunciato l’apertura di un’inchiesta per far luce sulle 5 vittime civili provocate ieri da un raid aereo della Nato nella provincia di Khost.
Afghanistan-corruzione
Nel Paese afghano non si ferma la lotta contro la corruzione di politici e funzionari. La commissione governativa che indaga sulla questione ha reso nota la dichiarazione dei redditi di Karzai secondo la quale il presidente guadagna solo 424 euro al mese, ha circa 16mila euro in banca e non possiede terreni o immobili. Sono circa 2 mila le persone nel mirino dell’inchiesta i cui risultati complessivi saranno ufficializzati in settimana. Kabul ha annunciato che chiunque abbia nascosto o mentito sulla propria situazione, sarà perseguito.
Medio Oriente
La Marina militare israeliana è in stato di allerta per intercettare una o più imbarcazioni libanesi intenzionate a forzare il blocco marittimo di Gaza per consegnare aiuti umanitari ai palestinesi. Il presidente dello Stato Ebraico, Peres, ha detto oggi che non ci sarà più bisogno di flottiglie umanitarie se Hamas sceglierà la via della pace, precisando che Israele ha abbandonato la Striscia nel 2005. Intanto, il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak è in partenza per gli Stati Uniti dove incontrerà il segretario di Stato Hillary Clinton e il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.
Iraq
In Iraq ancora una banca nel mirino della guerriglia. E’ salito a 26 morti il bilancio dell'esplosione di due autobomba nel parcheggio della Trade Bank di Baghdad, istituto tra i principali finanziatori del settore pubblico. I feriti sono una cinquantina.
Iran
In Iran giustiziato per impiccagione Abdolmalek Rigi, il capo dell’organizzazione terroristica sunnita Jundollah ("Soldati di Dio"), ritenuta responsabile di diversi attentati nel territorio iraniano. Le autorità di Teheran hanno accusato più volte Stati Uniti, Gran Bretagna e Pakistan di aver sostenuto il gruppo.
Iran-Venezuela-Francia
Il presidente venezuelano Chavez ha rinnovato il suo appoggio all’Iran contro le sanzioni decise dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul programma nucleare di Teheran, definite ingiuste e contrarie al diritto internazionale. Dal canto suo, il presidente francese Sarkozy ha garantito al suo collega russo Medvedev che Parigi è pronta a riprendere “senza indugio” i colloqui con Teheran nell’ambito dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica”. A livello politico interno, il leader della dissidenza iraniana, Karroubi, è tornato a sfidare il regime promettendo ai riformisti di continuare a difendere il “furto dei voti” alle elezioni dell’anno scorso che hanno portato alla rielezione di Ahmadinejad.
Colombia ballottaggio
La Colombia oggi alle urne per il ballottaggio delle elezioni presidenziali. La scelta oscilla tra il "delfino" di Alvaro Uribe, il suo ex ministro della Difesa, Juan Manuel Santos, e l’ex sindaco di Bogotà e candidato dei Verdi, Antanas Mockus. Previsto un alto astensionismo. Il servizio di Francesca Ambrogetti:
Per poco non ce l’ha fatta al primo turno, ma in Colombia nessuno dubita che il candidato conservatore Juan Manuel Santos vincerà il ballottaggio e sarà il prossimo presidente. In quest’occasione non si prevedono errori come quello, clamoroso, delle elezioni del 30 maggio. Si parlava di un pareggio tra Santos ed il candidato ecologista Antanas Mockus: i voti del primo erano quasi il doppio di quelli del suo rivale, che proponeva ai colombiani di voltare pagina. Ex ministro della Difesa, fautore della politica di mano dura contro la guerriglia delle Farc- Ep, Santos si prepara a governare un Paese che continua ad essere il più violento dell’America Latina. Santos, che appartiene ad una delle famiglie più tradizionali della Colombia, ha lanciato un appello all’unità nazionale, ma con lui al governo la continuità della politica di Uribe – il miglior alleato degli Stati Uniti nella regione – è garantita.
Messico
Nuova vittima in Messico probabilmente nell’ambito della guerra tra bande di narcotrafficanti che sta insanguinando il Paese. Tre sconosciuti hanno ucciso il sindaco di Guadalupe, cittadina a 60 km da Ciudad Juarez, epicentro degli scontri. Si tratta di uno dei 19 omicidi commessi tra venerdì e sabato mattina nello stato di Chihuahua – che si trova al confine con gli Stati americani di Texas e New Mexico – dove il 4 luglio prossimo sono in programma le elezioni municipali e del governatore. Ieri, intanto, nel nord del Messico, 11 militari sono morti in un elicottero precipitato per le pessime condizioni meteo mentre stava tornato alla base dopo un'operazione contro il narcotraffico.
Marea Nera
Continuano regolarmente le operazioni di pompaggio del petrolio che fuoriesce dalla piattaforma affondata nel Golfo del Messico, dopo la sospensione di una decina d’ore decisa a causa del maltempo. Una serie di temporali aveva provocato un guasto ad uno dei dispositivi del sistema che consente il recupero di circa 20 mila barili di greggio al giorno. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 171
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