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Sommario del 18/06/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienze
  • Il 28 giugno pomeriggio il Papa nella Basilica di San Paolo per la celebrazione dei Primi Vespri
  • Domenica, il Papa ordina 14 nuovi sacerdoti. Il rettore del Seminario Romano, mons. Tani: per loro si apre la grande sfida della fede
  • Mons. Mamberti a Cuba per le Settimana sociale della Chiesa cubana: comunità civile ed ecclesiale chiamate a collaborare per il vero bene dell'uomo
  • Il cardinale Bertone per i 40 anni dell'agenzia Asca: importante una voce che sappia raccontare il bene che la Chiesa compie nel mondo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Sicurezza e dignità per i rifugiati: lo ribadisce l'Acnur in vista della Giornata mondiale di domenica prossima
  • Le vittime delle migrazioni ricordate in una preghiera ecumenica in Santa Maria in Trastevere, presieduta da mons. Vegliò
  • In Piazza San Pietro la veglia di preghiera per Benedetto XVI organizzata dal Movimento dell’Amore Familiare
  • Il vescovo di Nola, Depalma, sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco: persone e territorio non siano umiliati ma vinca lo sviluppo
  • Chiesa e Società

  • La Curia di Poznan smentisce le dimissioni dell’arcivescovo Gadecki
  • I vescovi d’Europa in difesa del crocifisso: “Simbolo di identità e tradizione”
  • Onu: rapporto sui crimini delle organizzazioni transnazionali in Africa
  • La “Grande muraglia verde” dei Paesi del Sahel per fermare l’avanzata del deserto
  • Giornata mondiale del Rifugiato: appello del Jrs dei Gesuiti
  • Migramed Forum: allarme scarsi diritti e pene inasprite dal Marocco alla Turchia
  • L’impegno del Consiglio mondiale delle Chiese per la popolazione di Haiti
  • Corea: la Chiesa chiede di non fermare gli aiuti umanitari al Nord
  • Terra Santa: bilancio dell'attività 2009 della Caritas Gerusalemme
  • Emergenza alluvioni al confine tra Bangladesh e Myanmar
  • Nepal: a rischio l’istruzione scolastica dei bambini più svantaggiati
  • Simposio degli imprenditori cristiani in America Latina
  • Incontro portavoce Ccee: offrire informazione puntuale sulla vita della Chiesa
  • Irlanda: appello dei vescovi al parlamento per la tutela del matrimonio
  • Polonia: plenaria dei vescovi sull'Anno Sacerdotale
  • Portogallo: il cardinale Policarpo auspica nuove forme di azione sociale della Chiesa
  • A Beirut i lavori del Comitato scientifico internazionale di Oasis
  • "Bambini in missione di pace" con l'Unitalsi a settembre in 1.200 a Parigi e Nevers
  • Abruzzo: domani a L'Aquila la Caritas inaugura altre due strutture
  • 24 Ore nel Mondo

  • Kirghizistan: allarme umanitario di Oms e Usa. Forse un milione le persone coinvolte negli scontri
  • Il Papa e la Santa Sede



     Udienze

    ◊    Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, i cardinali Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, e William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nonché l’ambasciatore della Repubblica Federale di Germania, Hans-Henning Horstmann, con la consorte, in visita di congedo.


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     Il 28 giugno pomeriggio il Papa nella Basilica di San Paolo per la celebrazione dei Primi Vespri

    ◊    Come da tradizione, e a 12 mesi esatti dalla fine dell’Anno Paolino, il Papa ritorna nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura. L’Ufficio delle cerimonie liturgiche pontificie comunica che nel pomeriggio di lunedì 28 giugno, Benedetto XVI presiederà, alle 18, la celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.


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     Domenica, il Papa ordina 14 nuovi sacerdoti. Il rettore del Seminario Romano, mons. Tani: per loro si apre la grande sfida della fede

    ◊    Domenica prossima, alle ore 9.30, Benedetto XVI presiederà la Santa Messa nella Basilica Vaticana e conferirà l'Ordinazione presbiterale a 14 diaconi della diocesi di Roma. Gli ordinandi sono alunni del Collegio Redemptoris Mater, del Seminario Romano Maggiore e dell’Almo Collegio Capranica, con un candidato al sacerdozio appartenente all’Ordine Teutonico. In quanto alla nazionalità, dieci diaconi sono italiani, mentre gli altri provengono dall’India, dal Giappone, dal Cile e dalla Germania. Per una riflessione sull’importanza di questo evento, che avviene a pochi giorni dalla conclusione dell’Anno Sacerdotale, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Giovanni Tani, rettore del Seminario Romano Maggiore:

     

    R. - Trovandoci alla conclusione di quest’Anno Sacerdotale, siamo certamente carichi anche di un percorso dove il sacerdozio è stato al centro delle nostre riflessioni. Quest’anno, è stata particolarmente accentuata quest’attenzione. Nel nostro seminario abbiamo intitolato l’Anno con una frase del Curato d’Ars: “Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”. Il Papa, nella Messa conclusiva, ha parlato della grandezza e della bellezza del sacerdozio. Il testo è in questi giorni oggetto di riflessione da parte di questi diaconi che si preparano all’ordinazione, perché il cardinale Vallini, che tiene loro la riflessione degli esercizi spirituali, vuole seguire questo testo dell’omelia del Papa.

     

    D. - Sono quattro i diaconi del suo Seminario che saranno ordinati domenica dal Papa. Come viene vissuta questa attesa dai futuri sacerdoti e come anche vive questa attesa la comunità del suo seminario?

     

    R. - E’ una circostanza che nell’anno si ripete più volte. Siamo già nel periodo delle ordinazioni: domenica sarà vissuta qui a Roma, ma è già stata vissuta in altre parti di Italia e del mondo, perché noi abbiamo alunni anche dall’estero. E’ sempre una festa il celebrare il motivo ultimo della nostra vita in Seminario, la formazione al sacerdozio. C’è poi un aspetto che è molto importante anche per il futuro di questi giovani ed è l’amicizia, che crea una particolare solidarietà fra di loro e che si sperimenta in vari modi e in varie circostanze durante la vita sacerdotale. L’amicizia è uno degli elementi forti che sostengono la vita sacerdotale.

     

    D. - Quali sono, secondo lei, le sfide più urgenti che questi ordinandi dovranno affrontare già da lunedì prossimo?

     

    R. - Certamente, il mondo guarda al prete con un misto di ammirazione e stupore da una parte e di incredulità dall’altra. I problemi di quest’anno - la pedofilia, l’attaccamento al denaro - ci accomunano di fronte agli occhi di molti - non dico di tutti, ma certo di molti - in un’unica realtà di persone poco credibili ed ambigue. Io ho, però, la testimonianza di molte comunità parrocchiali, dove la stima verso i sacerdoti è grande per quello che vivono e per come lo vivono. Io credo che la sfida più grande, che noi preti siamo chiamati a vivere, sia proprio quella della fede. Il prete, e del resto anche il cristiano, si regge sulla forza di Dio. La cultura che ci circonda dimentica Dio o comunque cerca di renderlo talmente distante da far azzerare quella che può essere una esperienza di Lui. La sfida grande è la fede, è una fede che diventa fedeltà, è una fedeltà che si regge con la forza della preghiera. La sfida è saper ritrovare di continuo i motivi di una scelta e vivere questa scelta in un dono di sé agli altri e senza troppi calcoli.


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     Mons. Mamberti a Cuba per le Settimana sociale della Chiesa cubana: comunità civile ed ecclesiale chiamate a collaborare per il vero bene dell'uomo

    ◊    A Cuba, proseguono le celebrazioni per i 75 anni delle relazioni tra Vaticano e Paese caraibico. Ieri, il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, l'arcivescovo Dominique Mamberti, ha presieduto la Santa Messa nella cattedrale dell’Avana sottolineando che, nell’ambito di tali relazioni, “c’è ancora molto da fare”. Mercoledì scorso, aprendo i lavori della decima Settimana sociale della Chiesa cubana, mons. Mamberti ha poi portato “la vicinanza di Benedetto XVI e la sua affettuosa benedizione”. Nel suo intervento, il presule ha anche ricordato i molteplici significati del termine laicità e i possibili effetti del rapporto tra l’ordinamento dello Stato e la dimensione religiosa. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

     

    Mons. Mamberti ha ricordato l’evoluzione storica del termine “laicità”, che sin dalle sue origini si riferisce alla distinzione tra l’autorità ecclesiale e quella civile: senza il Vangelo di Cristo – ha spiegato il presule – non sarebbe entrata nella storia dell’umanità “la fondamentale distinzione fra ciò che l’uomo deve a Dio e quello che deve a Cesare”, ovvero all’autorità civile. Il termine laicità indica anche la condizione del semplice fedele cristiano, “non appartenente né al clero né allo stato religioso”. Nel Medioevo, la parola laicità non designa una categoria di fedeli ma descrive “il tipo di rapporto che si instaura tra le autorità della Chiesa e quelle civili”. Ognuno di questi significati non è stato annullato o superato, ma le tre diverse accezioni sono “tra loro strettamente congiunte e interdipendenti”.

     

    Dopo aver ricordato il molteplice valore semantico del termine laicità, mons. Mamberti si è soffermato sul rapporto tra l’ordinamento dello Stato e la dimensione religiosa. Laicità, neutralità e separazione – ha detto – devono servire come “ulteriore garanzia della libertà religiosa e, se non si riferiscono a questa, smettono di avere senso”. La mancata subordinazione logica della laicità al rispetto della libertà religiosa costituisce per quest’ultima una possibile minaccia: “Quando si pretende di subordinare la libertà religiosa a qualche altro principio – ha affermato il presule – allora la laicità tende a trasformarsi in laicismo, la neutralità in agnosticismo, la separazione in ostilità”. In tal caso, lo Stato farebbe della laicità “un valore supremo”. Ma per uno Stato – ha sottolineato mons. Mamberti – definirsi laico “non può significare voler emarginare o rifiutare la dimensione religiosa”. Compito dello Stato dovrebbe essere quello “di riconoscere il ruolo centrale della libertà religiosa” per permettere ad ogni persona di vivere liberamente la propria fede.

     

    La laicità – ha poi osservato il presule – è dunque “un mezzo importante” per rispettare la libertà religiosa. Il principio della laicità richiede ai cattolici “di riconoscere la giusta autonomia delle realtà temporali, tra le quali rientra anche la comunità politica”. Ma tale rispetto non implica “un’autonomia etica”. Lo Stato non è sganciato e indipendente da ogni norma morale: “La storia – ha detto mons. Mamberti – testimonia purtroppo con abbondanza di esempi le nefaste conseguenze di forme di governo e di Stato che si sono considerate superiori ai valori morali”. La presenza dei cristiani nella società è invece “un lievito” che concorre a perseguire “l’autentico bene comune”. Sono perciò del tutto “pretestuose” – ha fatto notare il presule – le ricorrenti accuse di ingerenza che spesso vengono mosse contro la Chiesa quando difende “valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, riconoscibili anche attraverso il retto uso della ragione”. Come sottolinea Benedetto XVI nell’Enciclica Deus caritas est, la “Chiesa non può e non deve mettersi al posto dello Stato”, ma non può e non deve neanche “restare ai margini nella lotta per la giustizia”.

     

    La laicità dello Stato non si traduce dunque “nell’emarginazione della dimensione religiosa e della comunità dei credenti dalla vita sociale”. Si fonda invece sul rispetto e la collaborazione tra la comunità civile e quella ecclesiale per il vero bene dell’uomo. Quella dei laici – ha concluso l'arcivescovo Mamberti – è una missione “di impegno, di testimonianza, di dialogo e di animazione dentro la società”. Una missione che deve far leva su una profonda vita spirituale e su un’adeguata formazione dottrinale.


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     Il cardinale Bertone per i 40 anni dell'agenzia Asca: importante una voce che sappia raccontare il bene che la Chiesa compie nel mondo

    ◊    Una “voce cattolica” nella folla dei media, capace da 40 anni di mettere al centro della sua idea di comunicazione “la persona”: quella di chi diffonde il messaggio e quella del destinatario. E’ il tributo che il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, rende in un videomessaggio all’agenzia di informazione Asca, che celebra il suo anniversario, sottolinea il cardinale Bertone, “in un momento complesso, difficile, non solo dal punto di vista economico ma anche sotto il profilo sostanziale e organizzativo della comunicazione”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

     

    “Agenzia stampa cattolica associata”. E’ con questo nome, che suona come una dichiarazione di intenti e una scelta di campo, che l’Asca 40 anni fa si ritaglia il suo spazio nel mondo del giornalismo italiano. Un’agenzia, riconosce subito il cardinale Bertone, che “fin dall’inizio ha posto sempre l’accento sulla convergenza, la sinergia, la valorizzazione di giornalisti cattolici”. Un merito nel quale il segretario di Stato coglie il principio di una convinzione: quella di saper formare giovani professionisti “capaci di comunicare e comunicare in maniera efficace con la gente di ogni tempo e con la gente del nostro tempo e in modo speciale con il mondo giovanile”. Gli operatori di una agenzia di stampa, nota più avanti il cardinale Bertone, “immettono nel flusso della sensibilità dell’opinione pubblica anche l’accoglienza di novità, non solo giocando allo scoop, a chi riesce per primo a raggiungere una novità nella comunicazione, ma immettono messaggi che devono essere di sostegno alle persone, messaggi di riequilibrio, di riconciliazione, messaggi di positività”. E questo, afferma, “mette in gioco non solo il rispetto delle persone ma proprio il senso dell’etica”:   

     

    “In questo momento di crisi economica mondiale è necessario riandare, ricollegarsi all’etica dei principi fondamentali anche nella professione giornalistica. Una professione che è soprattutto e prima di tutto al servizio della verità e della libertà. Lo dico anche come uomo di Chiesa, in questo momento in cui la Chiesa è al centro di tante attenzioni e di tanti dibattiti. Se tenessimo presente e tenessimo sempre di mira queste esigenze fondamentali della professione giornalistica, l’esigenza della verità e l’esigenza della libertà, credo che potremmo raccogliere e orientare i messaggi, i contenuti della comunicazione in modo anche da fare brillare tutta l’immensa sua attività”.  

     

     

    Un’attività articolata – formativa, educativa, caritativa, sociale – quella della Chiesa nel mondo, non sempre posta nella giusta luce, stigmatizza il segretario di Stato:   

     

    “Questo volume immenso, straordinario, di attività - che viene riconosciuto da tutti i rappresentanti degli Stati del mondo, cattolici, cristiani e non cristiani - viene obliterato a vantaggio di flash che danno una informazione anche obiettiva ma riduttiva della presenza della Chiesa. Ma questo sguardo completo non vale solo per la Chiesa, vale per tutte le agenzie che operano per il servizio del bene comune per il bene della società”.


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     Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊    In prima pagina, anticipazione della prefazione del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, al volume (appena pubblicato in Libano) con i testi, tradotti in arabo, di Benedetto XVI su san Paolo.



    Tutela dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede a Ginevra.



    La libertà religiosa nello Stato: in cultura, l'intervento dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, alla decima settimana sociale cattolica a Cuba.



    Lo strano caso della prima di Spoleto: Marcello Filotei sull'opera di Hans Werner Henze che ha aperto il 53 Festival dei due mondi.



    Mondiali di calcio: Daniele Tommasi su Maradona allenatore giocatore.



    Il crocifisso nelle scuole: nell'informazione religiosa, anticipazione dell'editoriale dell'ultimo numero de "La Civiltà Cattolica".



    Nell'informazione vaticana, Nicola Gori intervista l'arcivescovo Oliveira de Azevedo, presidente della Conferenza Episcopale Leste2 del Brasile.


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    Oggi in Primo Piano



     Sicurezza e dignità per i rifugiati: lo ribadisce l'Acnur in vista della Giornata mondiale di domenica prossima

    ◊    Sono oltre 43 milioni i rifugati nel mondo, mai così tanti dalla metà degli anni ’90. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) ha organizzato stamani a Roma una conferenza in vista della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra domenica. Obiettivo è ribadire che chi fugge da conflitti e persecuzioni abbia diritto a una vita in sicurezza e dignità. Per l’occasione, stasera il Colosseo sarà illuminato con il logo dell’Acnur. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha detto che la crisi economica non ha fatto altro che aumentare la marginalizzazione. Secondo il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, bisogna coniugare solidarietà e lotta all’oppressione. Il servizio di Alessandro Guarasci:

     

    Guerre, persecuzioni di ordine sociale e religioso, fame hanno fatto aumentare il numero di rifugiati nel mondo. Ma preoccupa ancor di più il fatto che stanno diminuendo coloro che fanno rientro a casa. Secondo l’Acnur, solo in 251 mila sono infatti tornati l’anno scorso nei loro Paesi d’origine, contro una media annuale, nell’ultimo decennio, di circa un milione di rimpatriati. Una fotografia, quella dell’Acnur, che vede l’Italia con cifre molto basse sul fronte dei rifugiati rispetto agli altri Paesi europei: 55 mila (uno ogni mille abitanti) contro i 600 mila della Germania (7 per mille) i 270 mila del Regno Unito (5 per mille), i 200 mila della Francia e gli 80 mila del Belgio. Un fenomeno, scrive ancora l’Acnur, legato anche alle restrizioni sulle politiche italiane di immigrazione che hanno inciso sul diritto di asilo: l’anno scorso sono state presentate infatti quasi la metà delle domande d’asilo (circa 17 mila) rispetto al 2008, a fronte di un trend mondiale che ha visto il numero di nuove richieste crescere di circa un milione. Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur Italia:

      

    “A nostro avviso questo è dovuto anche alla politica dei respingimenti, cioè rimandare indietro le barche, i gommoni senza sapere chi c’è a bordo, senza un’identificazione e senza dare alle persone la possibilità di fare una domanda di asilo. Questo, evidentemente, ha inciso molto anche perché per anni il Mediterraneo è stato la via dell’asilo”. 

     

    Non ancora risolta la questione della chiusura dell’ufficio dell’Acnur in Libia:

      

    “Noi ci auguriamo che sia una chiusura temporanea. Ci sono delle trattative, dei colloqui. Riteniamo veramente che sia molto importante riuscire a riaprire l’ufficio, a ritornare a lavorare anche perché su quel territorio siamo l’unico organismo internazionale che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo”.  

     

    L’Alto Commissariato lancia poi l’allarme bambini afghani: il 45% del totale dei minori in fuga arriva dal Paese asiatico. L’anno scorso, i minori che sono arrivati dall’Afghanistan sono stati circa 6 mila minori contro i 3.380 dell’anno prima.


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     Le vittime delle migrazioni ricordate in una preghiera ecumenica in Santa Maria in Trastevere, presieduta da mons. Vegliò

    ◊    Ancora oggi molti uomini, donne e bambini lasciano la propria terra nella speranza di fuggire da guerre, persecuzioni, malattie: molti di loro muoiono durante il viaggio. Le vittime accertate fino al 2009 sono state circa 15 mila, ma all’appello mancano tutte le morti avvenute nei deserti o in altri luoghi difficili. A tutti loro ieri sera è stata dedicata la preghiera ecumenica organizzata nella basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, dalla comunità di Sant’Egidio e da altre associazioni. A presiederla mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

     

    I nomi e le storie di uomini donne e bambini sono stati letti in omaggio a chi ha incontrato la morte nel lungo e sofferto cammino intrapreso per uscire dalla miseria, dall’oppressione, dalla violenza o dalla guerra. Mons. Vegliò ha ricordato come ovunque nel mondo vi siano persone che affrontano i disagi dello sradicamento e si avventurano verso nuove terre promesse, rischiando di incorrere nel reato di clandestinità, oppure di cadere nel traffico di carne umana. “La Chiesa - è stato l’appello dell’arcivescovo - chiama tutti a prendersi le proprie responsabilità e a trovare soluzioni che non siano solo quelle di un inasprimento delle sanzioni contro gli irregolari o di una chiusura ermetica delle frontiere. Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio: 

     

    “Non si può soltanto chiudere le frontiere: questo è un appello rivolto a tutta l’Europa. L’Italia, la Spagna e la Grecia sono evidentemente i Paesi più esposti all’arrivo di persone provenienti da situazioni di guerra: pensiamo, ad esempio, agli eritrei, ai somali e, quindi, a tutte quelle persone provenienti dall’Africa. E’ un appello che rivolgiamo a tutta l’Europa e dove è possibile si chiede alla Chiesa, agli uomini e alle donne di Chiesa e non, ai governi di trovare una via che preservi la vita di tanti, che preservi chiaramente una vita pacifica per tutti”. 

     

    I Paesi industrializzati devono dotarsi di misure che garantiscano sicurezza e legalità sia per gli autoctoni che per i nuovi arrivati. Servono, quindi, una programmazione razionale dei flussi di ingresso regolare, una maggiore disponibilità a considerare i singoli casi che richiedono interventi di protezione umanitaria, oltre che di asilo politico. Va tutelato, infine, il diritto al ricongiungimento familiare, garanzia di coesione e di stabilità per i singoli e per la società. Sono molti i pericoli ai quali è esposta la famiglia emigrata elencati da mons. Vegliò, che soprattutto ha ricordato come pregiudizio, sospetto e rifiuto possano condurre a forme più esasperate di xenofobia e razzismo. Ancora Daniela Pompei: 

     

    “C’è anche un problema culturale. E’ necessario aiutare i cittadini italiani così come i cittadini europei a superare la paura, e questo è possibile attraverso l’incontro. Noi lavoriamo moltissimo per favorire un incontro pacifico che insegni a conoscere le persone in modo diverso: non bisogna vedere colui che arriva dal mare soltanto come un clandestino o come qualcuno che vuole prenderci qualcosa, ma bisogna vederlo anche come un profugo, come un rifugiato, come un ragazzo di 16-17 anni che cerca un futuro migliore e che non vuole più imbracciare un fucile e sparare”.


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     In Piazza San Pietro la veglia di preghiera per Benedetto XVI organizzata dal Movimento dell’Amore Familiare

    ◊    Questa sera alle 21, in Piazza San Pietro, si svolgerà una veglia di preghiera per il Papa ed il suo Pontificato, organizzata dal Movimento dell’Amore Familiare. L’evento, presieduto dal cardinale Angelo Comastri Vicario del Papa per la Città del Vaticano, prevede la recita del Santo Rosario animato dalle famiglie e una fiaccolata. Questa iniziativa vuole manifestare la vicinanza a Benedetto XVI in un momento particolarmente difficile per la Chiesa, spiega, al microfono di Federico Piana, don Stefano Tardani, assistente ecclesiastico del Movimento dell’Amore Familiare:

     

    R. – In questo periodo, particolarmente difficile, l’iniziativa della veglia vuole manifestare la nostra vicinanza al Papa, pastore della Chiesa universale e segno di pace e di unità per l’umanità: è il modo con cui possiamo esprimere il nostro profondo sentimento di amore e di stima al Santo Padre, chiedendo per lui l’aiuto e il conforto della preghiera. Ci aspettiamo una grande partecipazione di cristiani, di tanti fedeli che vogliono stare vicini al Santo Padre, sostenerlo con la loro preghiera e il loro affetto. La figura del Papa è un punto di conferma dei valori umani e cristiani della vita, e punto di riferimento della dignità di ogni essere umano e della famiglia, anche, in modo particolare. Il Papa da forza a ideali, alle nuove generazioni; è segno di speranza e di certezza. Direi proprio che il mondo ha bisogno della Chiesa e del Papa per la presenza di Gesù nel mondo.

     

    D. – Don Stefano, la preghiera è un’arma formidabile …

     

    R. – La dimensione della Chiesa è proprio questa: la sua umanità, con le debolezze, le aspirazioni, le realtà umane di tutti, persone che sono nel mondo e si adoperano dunque anche per la costruzione delle città degli uomini. Ma la Chiesa è un’organizzazione umana, c’è una presenza, un’azione della grazia, dello Spirito Santo; è proprio questo incontro straordinario tra l’umano e il divino: Dio che si è fatto uomo e che continua la sua realtà di santificazione, di guarigione e di purificazione per costruire il suo Regno di pace, di amore, di verità e di luce attraverso l’azione dello Spirito Santo che è presente nella Chiesa. La Chiesa è questa dimensione, dunque, di profonda unità tra l’umano e il divino: è segno di collaborazione, di amore, di accoglienza di Dio sulla terra, ed è al servizio, dunque, del Regno di Dio e anche del bene della salvezza dell’umanità e dunque anche della costruzione della città degli uomini. In questo senso, è preziosa l’azione della grazia, indispensabile e si ottiene con la preghiera, con la vicinanza a Dio. Infatti, è proprio la capacità dell’uomo di aprirsi a Dio e di accogliere la sua sapienza, la sua luce, la sua forza e il suo amore. Questa è la Chiesa umana e divina al tempo stesso, umile e povera ma bisognosa per questo della grazia di Dio, che riceve ogni giorno attraverso la Parola di Dio, i Sacramenti e, quindi, la preghiera. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


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     Il vescovo di Nola, Depalma, sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco: persone e territorio non siano umiliati ma vinca lo sviluppo

    ◊    Da molte settimane, in Italia tiene banco la questione dello stabilimento della Fiat di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli, per il quale l’azienda torinese aveva ventilato nei mesi scorsi la chiusura. La proposta dell’azienda per ovviare a questo esito drammatico per migliaia di operai contiene misure che sono state accolte soltanto da una parte dei sindacati di categoria, che si sono così divisi, suscitando numerose reazioni a livello politico e sociale. Anche la Chiesa locale sta seguendo con attenzione la vicenda. Fabio Colagrande ha raccolto l'appello del vescovo di Nola, Beniamino Depalma:

     

    R. – Che Pomigliano non sia sacrificata più del dovuto, che questo territorio non sia ancora una volta umiliato. Come Chiesa noi cercheremo di vigilare sulla dignità degli operai, sulla dignità dei diritti dei lavoratori e sulla dignità del lavoro. Questo momento è tempo di grande senso di responsabilità per tutte le parti: per l’azienda, per i sindacati e anche per il mondo degli operai.

     

    D. – C’è una richiesta, un appello particolare che lei fa all’azienda?

     

    R. – All’azienda io ho chiesto, e chiedo ancora una volta, di fare tutto il possibile, perché non si perda questa grande occasione di sviluppo in un territorio abbastanza martoriato, dove è presente la criminalità: che possiate diventare voi il posto di approdo per 15 mila operai.

     

    D. – Per quanto riguarda i lavoratori e i sindacati, lei fa un appello anche all’unità...

     

    R. – Ai sindacati io chiedo di ritrovare l’unità, perché in questo momento interessa lavorare e perché interessi il lavoro alla gente.

     

    D. – Qual è la situazione sociale del territorio del quale lei è vescovo?

     

    R. – E’ un territorio a grave rischio di camorra, di associazioni a delinquere. Dal punto di vista umano, ci sono grandi risorse e anche grandi possibilità per reagire a questa mentalità di criminalità organizzata. Ma bisogna vigilare, da parte di tutti. Ecco perché ho detto è tempo di responsabilità. Guardiamo le situazioni attuali, non apriamo altri scenari che potrebbero essere molto pericolosi.

     

    D. – C’è qualcos’altro che vuole aggiungere? Un appello?

     

    R. – Io vorrei realmente lanciare un appello alla speranza. Innanzitutto, al mondo dei lavoratori: una grande speranza di non perdere la calma in questo momento e di tenere ancora in piedi la speranza che qualcosa può succedere. E’ questo l’invito a tutti noi che siamo in questa situazione. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

     

    Sullo sfondo della vicenda di Pomigliano d’Arco, acquistano particolare rilievo i diversi incontri che in questi giorni hanno posto al centro di dibattiti il tema dell’imprenditorialità e i nuovi modelli dell’impresa sociale, capaci di coniugare efficienza e solidarietà. Uno di questi seminari si è tenuto ieri a Incisa Valdarno, in provincia di Firenze, in preparazione alla 46.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, che si svolgerà in ottobre a Reggio Calabria. Fabio Colagrande ha sentito sull’argomento uno dei relatori al Seminario, il prof. Luigino Bruni, doente associato di Etica ed economia presso l’Università di Milano–Bicocca:

     

    R. - L'impresa sociale è una delle grandi innovazioni degli ultimi 20 anni, in Italia, perché nasce da un'intuizione secondo me fondamentale: cioè, che l'impresa è veramente sociale quando include chi è fuori e quando è capace di far diventare realtà marginali o escluse protagoniste per un mutuo vantaggio. In altre parole, l'idea che un'impresa sia veramente costruttrice di bene comune quando mette la persona al centro. La persona - come ben noto - non è l'individuo, termine che mette in risalto l'essere singolo, da solo. La persona invece è se stessa solo in rapporto con gli altri. Quindi, quando noi parliamo di "persona al centro" affermiamo subito la sua dimensione nei rapporti: anche mentre lavora, mentre produce, mentre consuma. Quando dunque l'impresa riconosce questa dimensione relazionale, personalista dell'impresa stessa e dell'economia, mette la persona al centro. E il principio personalista è alla base dell'articolo 41 della Costituzione.

     

    D. - Qual è dunque la sua opinione sulla possibile riforma di questo articolo della Costituzione?

     

    R. - Io credo che quell'articolo sia nato da un periodo di grande convergenza su alcuni elementi fondamentali della tradizione occidentale, cristiana. Quindi, per toccare l'articolo 41 c'è bisogno di grande attenzione a un livello molto profondo, perché quando si mette insieme che la libera iniziativa è importante ed è riconosciuta ma all'impresa è riconosciuta la funzione sociale, lì si stanno toccando dei pilastri della cultura occidentale, e cioè la libertà dell'individuo in rapporto alla comunità.

     

    D. - Ma c'è un modello di impresa per il futuro, che possa coniugare le esigenze del territorio e la globalizzazione?

     

    R. - Bè, certo, non c'è una ricetta semplice. Noi abbiamo una grande eredità, in Italia. L'Italia è il luogo dove sono nate, le imprese. Abbiamo una tradizione che affonda nell'umanesimo civile, nel Medio Evo, e da dove ci viene la visione per cui l'impresa non è "business is business", con l'aspetto l'economico separato dal civile. L'impresa nasce promiscua, nasce "meticcia", intrecciata con l'intera vita civile e culturale. Questo è il modello italiano. Noi siamo convinti che questa tradizione antica possa offrire oggi, in un'epoca globalizzata, un'idea di impresa che sappia coniugare le grandi esigenze della globalizzazione con le radici, con il territorio, con la città. Tornando a una tradizione che è cristiana, umanista, laica e cattolica insieme, possiamo oggi reimmaginare un'idea di impresa, di imprenditore, capaci di gestire le complessità contemporanee, di andare oltre la crisi.


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    Chiesa e Società



     La Curia di Poznan smentisce le dimissioni dell’arcivescovo Gadecki

    ◊    In riferimento alle notizie circolate ieri, in Polonia, sulle dimissioni dell’arcivescovo di Poznan, Stanislaw Gadecki, la Curia metropolita dell'arcidiocesi le ha smentite oggi con un comunicato ufficiale. Nel documento si precisa che – per quanto riguarda le informazioni pubblicate sulla "Gazeta Wyborcza" circa le dimissioni dell’arcivescovo – il presule non ha presentato le sue dimissioni. Inoltre, si afferma che nessuna sua lettera è stata trasmessa alla Santa Sede. Viene precisato, infine, che alcune dichiarazioni attribuite al portavoce della Curia, Maciej Szczepaniak, da parte di un organo di stampa polacco, sono false poiché “non sono mai state rilasciate e comunque non rappresentano il suo pensiero”.


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     I vescovi d’Europa in difesa del crocifisso: “Simbolo di identità e tradizione”

    ◊    In vista della prima udienza della Corte europea dei diritti dell'uomo, sul ricorso presentato dall'Italia in cui si rivendica il diritto di esporre il crocifisso nei luoghi pubblici, in programma per il 30 giugno prossimo, continua a levarsi da tutta Europa la voce dei vescovi che richiama l’attenzione sui sentimenti religiosi delle popolazioni e sulle tradizioni delle nazioni. Ultimi in ordine di tempo a farsi sentire sono stati, questa mattina, i vescovi della Bulgaria: “Nessuno dubita che le radici d’Europa sono cristiane e che la civiltà europea esiste grazie al cristianesimo”. Secondo il presuli bulgari, il crocefisso non è strumento d’imposizione, ma espressione del più profondo amore, autentica solidarietà con tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro fede, razza o nazionalità. “Perciò – si legge ancora nella dichiarazione della Conferenza episcopale bulgara - esortiamo tutti gli Stati cristiani, d’origine e tradizione, di non negare la presenza e l’esposizione in luoghi pubblici dei tradizionali simboli cristiani, come la croce e l’icona, specialmente nelle scuole, dove si formano ed educano i bambini d’Europa”. Le parole dei presuli bulgari fanno eco a quelle usate dalla Conferenza episcopale greca poche ore prima: “Una piccola minoranza non dovrebbe impedire alla stragrande maggioranza l'esercizio della propria fede religiosa, secondo le tradizioni del popolo. Allo stesso modo, la maggioranza non deve impedirlo alle minoranze”. “Il rispetto reciproco per le diverse tradizioni – si legge ancora nel comunicato dei vescovi greci - è necessario per il buon funzionamento di una società multiculturale”. Secondo i presuli ellenici “la condanna dell’Italia è l’inizio di una serie di procedure che si profilano all'orizzonte e che si riferiscono al rifiuto di alcuni leader politici e rappresentanti della comunità europea, di riconoscere nella Costituzione europea le radici cristiane del continente europeo”. Con toni simili ieri era tornato sulla questione anche il cardinale Keith O’Brien, presidente dei vescovi di Scozia: “La croce non è una imposizione della religione ma piuttosto un invito e un segno di solidarietà cristiana con tutti i popoli”. “L’Europa è un continente multiculturale e pluralista dove Stato e Chiesa sono nettamente separati e i diritti dei credenti e non credenti sono rispettati – ha ricordato il cardinale - rispettare queste distinzioni non significa che dovremmo respingere la tradizione culturale delle nostre nazioni”. “Mentre siamo in attesa della decisione della Corte – ha detto infine il porporato scozzese - dobbiamo ricordare quali vaste implicazioni potrebbero avere tali decisioni. La preziosa eredità religiosa di molte persone e nazioni in tutta Europa, così come i valori della tolleranza e della libertà di fede propugnate nelle società democratiche sono in pericolo”. Sempre ieri, la richiesta di non proibire “l’esposizione pubblica, in particolare nei luoghi dove si formano le menti ed i cuori, dei simboli religiosi, nella certezza che questi non sono di ostacolo” era arrivata anche da parte dei vescovi albanesi. Nella dichiarazione a firma del vicepresidente della Conferenza episcopale albanese, mons. Angelo Massafra, si spiega che “nella cultura e tradizione cristiana, la croce manifesta la salvezza comune e la libertà dell’umanità, un’esperienza non impositiva, il più alto grado di altruismo e generosità unito ad una profonda solidarietà offerta a tutti”. “Pur nella convivenza multietnica e multi religiosa – sottolinea il testo -, ogni nazione ha il diritto-dovere di salvaguardare i segni religiosi e i simboli tipici della propria cultura”. Il prossimo 30 giugno davanti alla Grande camera della Corte europea il governo italiano tenterà di ribaltare la sentenza con cui una delle Camere dell’organismo, lo scorso 3 novembre, aveva condannato l’Italia per l’esposizione del crocifisso nelle scuole. (M.G.)


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     Onu: rapporto sui crimini delle organizzazioni transnazionali in Africa

    ◊    Traffico di armi, di droga e di esseri umani, commercio di farmaci contraffatti, pirateria marittima, seppellimento illegale di rifiuti tossici e nocivi, saccheggio delle risorse naturali, forestali e animali del continente, crimini informatici. Sono questi i principali crimini commessi dalle organizzazioni transnazionali in Africa secondo il rapporto presentato ieri a New York dall’Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), l’agenzia dell’Onu contro la droga e la criminalità. Nello spiegare il rapporto, intitolato “The Globalization of Crime: A Transnational Organized Crime Threat Assessment”, - riferisce l'agenzia Fides - Antonio Maria Costa, direttore esecutivo dell’Onudc, ha affermato che le organizzazioni criminali internazionali “rappresentano una seria minaccia alla stabilità se non addirittura alla sovranità degli Stati. I criminali usano le armi e la violenza, ma anche il denaro e la corruzione per comprare le elezioni, i politici e il potere, persino i militari”. Questa situazione è particolarmente avvertita in Africa occidentale, regione sempre più spesso utilizzata dai narcotrafficanti latino-americani come punto di passaggio della cocaina verso i ricchi mercati europei. “I Paesi dell’Africa occidentale necessitano di aiuto per rafforzare le loro capacità di contrastare le organizzazioni criminali transnazionali” afferma il rapporto. “I recenti sforzi contro il traffico di cocaina, con il supporto della comunità internazionale, hanno dimostrato risultati promettenti. Ma la regione rimane particolarmente esposta e continuerà a dover far fronte a serie minacce potenziali alla governance e alla stabilità”. Per quanto riguarda il traffico di esseri umani, il rapporto afferma che 55mila immigranti sono stati trafficati dall’Africa in Europa nel 2008, portando 150 milioni di dollari nelle casse delle organizzazioni di trafficanti. “Bisognerà vedere se la crisi finanziaria rovescerà questo processo” chiosa il documento. Tra le risorse naturali africane saccheggiate vi è pure la fauna. In particolare, ogni anno tra i 5mila e i 12mila elefanti africani vengono uccisi per alimentare il mercato dell’avorio (consistente tra i 50 e i 120 kg annui). Alcune organizzazioni criminali sono specializzate nel commercializzare farmaci contraffatti in Asia e in Africa. “Una buona parte di certi farmaci chiave che sono stati testati nel sud-est asiatico e in Africa non hanno superato i test per provarne l’efficacia e molti sono delle frodi evidenti. È chiaro che le organizzazioni criminali frodano deliberatamente i consumatori di alcune delle parti più povere del mondo, spesso con risultati letali” afferma il rapporto. Questo, secondo l’Onudc, può avere conseguenze ancora più gravi perché “i farmaci annacquati possono alimentare la riproduzione di varietà di agenti patogeni resistenti ai farmaci, con implicazioni globali”. La pirateria somala genera profitti per 100 milioni di dollari all’anno, una somma cospicua sul piano locale, ma alquanto piccola sul piano generale. La pirateria somala ha costretto però diversi Paesi a mobilitare le proprie marine per proteggere il traffico navale internazionale lungo le rotte che passano nei pressi del Corno d’Africa. (R.P.)


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      La “Grande muraglia verde” dei Paesi del Sahel per fermare l’avanzata del deserto

    ◊    Fermare l’avanzare del deserto, tagliando il Sahel e il Sahara con una barriera verde profonda 15 chilometri e lunga oltre 7000, che collegherà Dakar (in Africa Occidentale) con Gibuti (estremo opposto in Africa orientale). È quanto si propongono 11 Paesi africani, attraversati della fascia semidesertica del Sahel, che ieri a N’djamena, in Ciad, hanno firmato la convenzione che stabilisce la creazione dell’Agenzia panafricana per la “Grande muraglia verde”, una ‘cintura’ di alberi e piante a basso fusto. “Abbiamo aperto il più grande cantiere dell’umanità della storia contemporanea” ha detto alla Misna il presidente senegalese Abdoulaye Wade, uno degli ideatori della ‘Muraglia Verde’, chiudendo il vertice tenutosi ieri in Ciad e al quale, oltre ai rappresentanti delle principali organizzazioni internazionali (dalle Nazioni Unite all’Unione Africana) hanno partecipato rappresentanti di tutti i Paesi coinvolti nel progetto: Ciad, Burkina Faso, Niger, Senegal, Sudan, Mali, Etiopia, Mauritania, Eritrea e Gibuti. “La grande muraglia verde è un progetto concepito dagli africani per gli africani e per le future generazioni, oltre ad essere un contributo dell’Africa alla lotta contro il riscaldamento climatico” ha detto il presidente ciadiano, Idriss Deby Itno, chiamando i governi del continente prima e la comunità internazionale poi a finanziare il progetto per il quale il Fondo mondiale per l’ambiente ha già stanziato circa 100 milioni di euro. Particolare attenzione al Sahel e alla lotta alla desertificazione viene da tempo dedicata anche dalla Santa Sede che nel 1984 ha istituito la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel che fa parte del Pontificio Consiglio Cor Unum, che finanzia progetti per combattere la siccità. Secondo gli esperti, la muraglia dovrebbe cominciare a vedere la luce entro i prossimi tre o cinque anni. Dal 2005 la zona del Sahel è teatro di una grave crisi alimentare, la peggiore degli ultimi 30 anni, anche a causa dell’avanzata del deserto, che poco a poco sta ingoiando quelle che prima erano terre fertili. “Per troppo tempo abbiamo considerato che quello dell’Ambiente fosse un problema dell’uomo bianco, un problema da ricchi. Ma ora che le nostre terre sono state denudate e le nostre mandrie muoiono perché non trovano più ombra sotto cui ripararsi dal sole abbiamo capito che è anche un nostro problema” ha detto il ministro dell’Ambiente ciadiano, Hassan Terap, precisando come in seguito alla siccità del 2009 in Ciad sia morto oltre un terzo del bestiame del Paese (circa 780.000 capi). Il Ciad intende piantare circa un migliaio di chilometri di Muraglia Verde sul proprio territorio, che, secondo le stime dell’Onu, negli ultimi 20 anni ha subito una contrazione delle foreste esistenti (stimate nel 1990 in quasi 12 milioni di ettari) di circa il 12%, con una diminuzione costante delle zone forestali di circa lo 0,6% ogni anno. (M.G.)


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     Giornata mondiale del Rifugiato: appello del Jrs dei Gesuiti

    ◊    In vista della Giornata mondiale del Rifugiato che si celebrerà il prossimo 20 giugno sul tema “Home – Un luogo sicuro per ricominciare”, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (Jrs) ha esortato i governi e i gruppi della società civile di tutto il mondo a valorizzare le risorse dei rifugiati e degli altri migranti forzati che vivono nelle aree urbane. Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (Jrs) è un’organizzazione non governativa cattolica la cui missione è servire, accompagnare e difendere i diritti dei rifugiati e degli altri migranti forzati. “Per anni – si legge in una nota del Jrs ripresa da Zenit – l’assistenza ai rifugiati è stata concentrata quasi esclusivamente in programmi all’interno di campi profughi e insediamenti analoghi. Eppure la maggior parte dei migranti forzati oggi scelgono di trasferirsi nelle città invece di continuare a dipendere dalle distribuzioni di viveri nei campi. Queste persone, con poco o nessun sostegno, si trovano ad affrontare moltissimi ostacoli”. Necessario intervenire quindi sull’integrazione, il suo favorimento nonché sostenere economicamente i rifugiati. Infatti, “i migranti forzati che non possono accedere al mercato formale del lavoro sono condannati alla povertà. – si legge sempre nella nota - Ma non deve essere necessariamente così. Con un sostegno adeguato e la necessaria documentazione legale, i rifugiati sono spesso in grado di avviare un’attività e in certi casi persino di dare impiego a membri della società che li ospitano”. Il Jrs è presente in 57 Paesi del mondo. Impiega oltre 1.400 persone tra laici, gesuiti e altri religiosi per rispondere ai bisogni educativi, sanitari, sociali e alle altre necessità di più di 500mila rifugiati e migranti forzati. Offre i propri servizi a prescindere dalla razza, dall’origine etnica e dall’appartenenza religiosa dei beneficiari. Garantisce l’istruzione primaria e secondaria a circa 300mila bambini ed è impegnato in azioni di advocacy per assicurare che a tutti i bambini rifugiati e sfollati sia garantita un’istruzione di qualità. (M.A.)


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     Migramed Forum: allarme scarsi diritti e pene inasprite dal Marocco alla Turchia

    ◊    Si concludono oggi i lavori del “Migramed Forum”, l’incontro delle Caritas del bacino del Mediterraneo sull’immigrazione, organizzato da Caritas Italiana a Valderice (Trapani). Di particolare interesse l’intervento di ieri di alcuni religiosi ed operatori direttamente impegnati nelle terre difficili del bacino del Mediterraneo, di cui da notizia il Sir. Padre Alan Arcebeche, direttore di Caritas Libia, ha citato alcuni dati: “Più di 60 barconi, con una media di 25/30 persone che pagano dai 600 ai 1200 dollari a testa, sono partiti dal febbraio 2008 da Zuwarah, Tripoli e Bengasi”. Situazione “molto rischiosa” anche in Algeria, dove è stata approvata di recente “una legge che prevede l’arresto fino a 6 mesi per i migranti senza documenti e per chi li aiuta ad entrare o uscire dal Paese, algerini compresi”, spiega padre Cesare Baldi, direttore di Caritas Algeria. Si prefigura per gli operatori, “il rischio di un reato di solidarietà”, mentre “parecchie migliaia di migranti dal Mali e dal Niger vengono intercettati e respinti”. Anche in Turchia è quasi impossibile avere il riconoscimento dello status di rifugiato ma vi sono più di 20.000 profughi irregolari, tra cui 10.000 iracheni e moltissimi armeni. “Non hanno nessun aiuto, non possono frequentare la scuola, e devono pagare ogni 6 mesi una tassa di soggiorno di circa 300 euro - dice Rinaldo Marmara, di Caritas Turchia - Nei centri sono come in prigione, senza diritti”. Siccome la Chiesa in Turchia non può avere personalità giuridica, la Caritas offre assistenza tra difficoltà. Perciò Marmara si dice favorevole ad una sorta di “commissione che possa agire a livello europeo facendo pressione sui singoli Stati”. In Marocco, invece, diventato negli ultimi anni anche Paese d’immigrazione, “i migranti vengono tollerati”, precisa Pieter Van Aken, di Caritas Marocco, anche se il governo “non è in grado di dare lo status di rifugiato. I migranti non hanno la carta di residenza, né l’accesso ai servizi sociali e sanitari”. In Tunisia, aggiunge Namil Baek, di Caritas Tunisia, “le autorità sono molto più pazienti, anche se per gli irregolari è difficile trovare lavoro o anche solo prendere la patente. Noi assistiamo soprattutto gli ex studenti africani, che hanno finito i soldi delle borse di studio e diventano irregolari, e le famiglie algerine povere. Li aiutiamo a pagare l’affitto, le rette per la scuola o il latte per i bambini e forniamo assistenza sanitaria”. Tutti gli operatori sottolineano la necessità di dare priorità all’assistenza alle donne, la maggior parte vittima di abusi e violenze sessuali, e ai bambini. (M.A.)


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     L’impegno del Consiglio mondiale delle Chiese per la popolazione di Haiti

    ◊    “Solidarietà alle vittime e preoccupazione circa il ruolo delle Chiese nel lavoro di ricostruzione dell’isola” è stata espressa dalla delegazione del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc), guidata dal suo segretario generale, Olav Fykse Tveit, a margine della visita di tre giorni alle zone colpite dal terremoto di Haiti. “Come Wcc – ha detto al Sir Carlos Ham, responsabile per il Wcc dell’area latinoamericana – dobbiamo restare vicino alle Chiese locali nei loro sforzi di assistere la popolazione, pertanto è necessario rafforzare il coordinamento”. La delegazione, in un incontro con politici haitiani, ha anche espresso “preoccupazione sugli effetti che l’attuale situazione potrebbe avere sulle elezioni politiche previste a novembre 2010” ribadendo il bisogno della popolazione di avere, in questa fase, “un governo forte, giustizia e integrità. “Sembra che ci siano soldi per costruire ma non terra disponibile. Ci sono scuole da costruire ma i docenti non vengono pagati”. Tveit ha, inoltre, posto l’accento sul ruolo delle Chiese nel cambiare Haiti ed ha per questo motivo ricordato che “il compito del Wcc è vedere cosa le Chiese possono fare insieme anche con l’Act alliance, che riunisce oltre 100 Chiese in un lavoro di sviluppo umanitario”. Dunque rafforzare la cooperazione è la chiave, per il Wcc, per aiutare l’isola coinvolgendo anche attori come l’Onu, gli Stati Uniti e i Paesi dei Caraibi. (M.G.)


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     Corea: la Chiesa chiede di non fermare gli aiuti umanitari al Nord

    ◊    Le tensioni politiche e i venti di guerra non devono fermare gli aiuti umanitari ai fratelli nordocoreani che soffrono la fame: è l’appello lanciato dalla Chiesa coreana che, secondo informazioni raccolte dall’agenzia Fides, teme “una crisi umanitaria simile a quella che sconvolse la Nord Corea negli anni ‘90”. Le vittime principali della crisi politica in corso, che ha avuto come ripercussione il blocco degli scambi bilaterali, “sono i civili e i gruppi più vulnerabili del Nord”, dice la Caritas Corea che gestisce programmi di solidarietà e di sviluppo in favore delle popolazioni del Nord, che soffrono fame e povertà. La Chiesa cattolica si è mobilitata e ha condiviso l’appello con le altre comunità religiose della Corea: “Il flusso di aiuti umanitari al Nord deve riprendere al più presto”, affermano leader ed esponenti religiosi coreani che, riuniti ieri in una conferenza pubblica, hanno ufficialmente chiesto al governo di Seul di sbloccare le azioni umanitarie. Un comunicato firmato da 527 esponenti di diverse comunità religiose, riuniti nel forum “Religious Solidarity for Reconciliation and Peace of Korea”, ribadisce “l’allarmante situazione di miseria e la drammatica carenza di cibo che affligge milioni di fratelli nordcoreani”. Di fronte a tale emergenza, “l’aiuto umanitario resta fondamentale e può contribuire alla riconciliazione fra Nord e Sud”, dice il forum che comprende membri cattolici, protestanti e buddisti. Il forum chiede al governo di “sospendere la sua politica di non-cooperazione”: infatti da quando Lee Myung-bak è divenuto Presidente della Sud Corea, nel 2008, il governo ha bloccato numerosi programmi di assistenza promossi da gruppi civili e anche istituzioni religiose. Inoltre tutte le forme di scambio e di aiuto umanitario sono state cancellate dopo la crisi seguita all’affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan, il 26 marzo scorso, di cui è accusata la marina militare del Nord. Ieri leader militari sudcoreani hanno avvertito che Pyongyang ha ammassato oltre 180mila soldati al confine e che questa strategia ostile potrebbe portare alla “guerra totale”. Pur riconoscendo le indubbie responsabilità del governo di Kim Jong-il, leader della Corea del Nord, il forum dei religiosi nota che “non si può agire con la logica dell’occhio per occhio, ignorando milioni di affamati”. Per questo i credenti invocano il dialogo e un summit fra i leader delle due nazioni, al fine di rompere l’impasse attuale, prima che la penisola sprofondi in una nuova, tragica ondata di guerra e violenza, con indicibili sofferenze per tutto il popolo coreano. (R.P.)


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     Terra Santa: bilancio dell'attività 2009 della Caritas Gerusalemme

    ◊    35 mila famiglie di diverse religioni assistite, tre centri sanitari gestiti, di cui uno a Gaza, 450 borse di studio per studenti poveri, 85 posti di lavoro creati e oltre 100 assicurazioni sanitarie garantite a nuclei svantaggiati, e poi un centro per anziani a Ramallah ed uno di recupero per tossicodipendenti nella Gerusalemme vecchia, insieme ad una attività di microcredito. Sono solo alcuni dei numeri che emergono dal bilancio delle attività della Caritas Gerusalemme (CJ), relativi al 2009. Fondata nel 1967, dopo la guerra dei Sei Giorni, la Caritas è presieduta dal patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, mentre la segretaria generale è Claudette Habesch. Secondo il bilancio, nello scorso anno la CJ è stata impegnata nel campo sanitario con i suoi tre centri, a Taybeh (500 pazienti al mese), Aboud (circa 900) e Gaza (circa 600 di cui la metà sono donne). A Gaza - riferisce l'agenzia Sir - è in servizio per la Caritas un ginecologo donna, una delle pochissime di tutta la Striscia. Sempre a Gaza la popolazione viene seguita anche con un trattamento di supporto psicologico a causa del blocco israeliano e della guerra. Dal rapporto 2009 emerge anche che la Caritas si è attivata nella Striscia con aiuti di urgenza per fronteggiare catastrofi naturali e la guerra fornendo generi alimentari, tende, coperte e medicine, anche a ospedali, a più di 76 mila persone. Dal canto suo il centro anziani di Ramallah è ormai diventato uno dei più importanti dei Territori e accoglie giornalmente 65 persone quasi tutte senza familiari. Di particolare interesse risulta essere l’attività di Microcredito della CJ, attivo dal 1970 e che non offre solo prestiti alle imprese ma anche per alloggi e istruzione. Nel 2009 in Cisgiordania sono stati erogati prestiti a 97 persone, di queste 49 sono imprenditori. Tutto questo grazie, afferma la CJ, agli aiuti delle Chiese e dei donatori di tutto il mondo. (R.P.)


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     Emergenza alluvioni al confine tra Bangladesh e Myanmar

    ◊    Il 14 giugno scorso una pioggia torrenziale ha provocato valanghe ed inondazioni causando la morte di almeno 56 persone in Myanmar e 55 in Bangladesh. Più di 10mila gli sfollati. Nel nord-ovest del Myanmar, vicino al confine con il Bangladesh, sono infatti caduti 34 centimetri di pioggia con conseguenti inondazioni. A Maungdaw 28 le vittime accertate, a Buthidaung sono morte 18 persone, le case costruite sulle montagne sono crollate per gli smottamenti e nelle città di Mrauk Oo e Kyauk Taw tre ponti sono stati spazzati via. Una valanga ha anche bloccato per 17 ore la Buthidaung-Maungdaw, l’unica strada che collega il Myanmar al Bangladesh. Alluvioni di questo tipo – riferisce l’agenzia Asianews - avvengono spesso durante la stagione dei monsoni, che inizia a fine maggio. Smottamenti e valanghe provocati dalla pioggia sono sempre più frequenti a causa della mancanza di alberi, dovuta alla deforestazione, in grado di bloccare il corso dell’acqua. Un membro della Croce Rossa ha dichiarato di avere “difficoltà a raggiungere diverse aree perché molte strade sono danneggiate”. Secondo quanto riportato, molte case, scuole e monasteri sono andati distrutti. Mancano cibo ed elettricità nelle aree colpite. (M.A.)


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     Nepal: a rischio l’istruzione scolastica dei bambini più svantaggiati

    ◊    Milioni di bambini appartenenti ai gruppi etnici più emarginati del Nepal si stanno allontanando dall’istruzione a causa delle scarse risorse impiegate per tenerli coinvolti nelle scuole. “L’iscrizione e la frequenza scolastica non bastano a garantirne il proseguimento degli studi” si legge in una dichiarazione di un rappresentante del Jana Jagran Yuba Club, Ong impegnata a favore dei bambini più svantaggiati del distretto di Bara, 200 km a sud della capitale Katmandu. Bara conta uno dei più alti tassi di analfabetismo del paese himalayano, - riferisce l'agenzia Fides - solo il 27% delle donne e il 53% degli uomini sono alfabetizzati, molto al di sotto della media nazionale del 44% e 68% rispettivamente, secondo quanto riportato dal Ministero dell’Istruzione. In tutto il Nepal, le famiglie più emarginate non possono permettersi di mantenere i propri figli a scuola e la maggior parte degli studenti che vivono in condizioni svantaggiate si fermano al secondo grado di istruzione. In Nepal ci sono oltre 100 gruppi etnici, metà dei quali indigeni e considerati emarginati, altri 22 sono classificati come “gravemente svantaggiati”; costituiscono circa il 40% dei 29.3 milioni di abitanti del paese, mentre circa un terzo di tutti i nepalesi vivono al di sotto della soglia di povertà con meno di 1 dollaro al giorno. Secondo le stime dell’ong World Education, impegnata con i bambini più svantaggiati, questi gruppi contano anche il numero più basso di bambini che frequentano la scuola. L’organizzazione ne ha salvati oltre 150 mila dal rischio di sfruttamento delle condizioni di lavoro, ha provveduto alla scolarizzazione e ad aiutare i genitori a trovare attività remunerative. Secondo l’International Labour Organization (ILO) sono oltre un milione i bambini nel Paese che lavorano come inservienti domestici, facchini, pulitori di tappeti, muratori e minatori. Circa 55 mila lavorano come domestici e oltre 16 mila sono al servizio di centri per adulti, massaggi e locali notturni. Sono 7.3 milioni gli studenti che frequentano le scuole primarie, secondarie e superiori, ma solo 116 mila quelli più svantaggiati. Per far fronte al problema, il Governo ha previsto un programma di scolarizzazione comunitaria, mentre le comunità locali hanno responsabilità di gestione delle scuole; il 60% dei finanziamenti viene dal Governo mentre il resto dalle comunità. Le aree con un basso tasso di alfabetizzazione coprono circa i due terzi del paese. (R.P.)


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     Simposio degli imprenditori cristiani in America Latina

    ◊    Si concluderà oggi a Cochabamba in Bolivia, il X Simposio Celam – Uniapac” (Unione cristiana internazionale degli uomini d'affari) che affronta il tema: “Sfide dell'Impresa a 200 anni dell'Indipendenza della America Latina e dei Caraibi” con il sottotitolo: La visione imprenditrice e di responsabilità sociale degli imprenditori cristiani alla luce dell’enciclica "Caritas in veritate". Secondo la nota informativa sull’evento, arrivata all’agenzia Fides dal dipartimento Giustizia e Solidarietà del Celam, la riunione, che si è aperta ieri, vuole riflettere sulle sfide che hanno davanti le imprese, dopo 200 anni dall'indipendenza, alla luce dell’enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate, al fine di affrontare le sfide emergenti della realtà. "Non vi è un altro punto di partenza e di arrivo che il Signore della Vita e della Storia, per un contributo da parte dell'identità cristiana al mondo politico, economico e sociale" ha affermato il cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di Santa Cruz e presidente del dipartimento di Giustizia e Solidarietà del Celam, all’apertura del Simposio. Le parole di accoglienza e benvenuto ai 50 partecipanti provenienti da 12 paesi dell'America Latina sono state pronunciate dalla presidente dell’Uniapac boliviana, Vivian Ossio. Da parte sua, il cardinale Terrazas, ha ringraziato tutti coloro che offrono il loro contributo di tempo, talenti e mezzi, mettendosi al servizio del Regno di Dio, ed ha raccomandato: “Bisogna lavorare per i poveri”. Pascual Rubiani, Presidente dell’Uniapac Latinoamericana, ha centrato il suo discorso sui rischi degli imprenditori. E’ cresciuta la consapevolezza dell'importanza che assume per l'impresa la redditività, la competitività e la corsa nel mercato, richiesta dal modello di sviluppo attuale. “Tutto questo non deve farci perdere di vista che abbiamo impegni per il bene comune e per le necessità delle persone. L'impresa deve impegnarsi con la società, non solo per i risultati economici”. Rubiani ha aggiunto che “le imprese sono oggi delle protagoniste privilegiate per cambiare il mondo: non solo sono capaci di trasformare i beni, ma anche la vita, seguendo l'esempio di Gesù”. (R.P.)


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     Incontro portavoce Ccee: offrire informazione puntuale sulla vita della Chiesa

    ◊    “La volontà di informare senza riserve sulla tragedia degli abusi e nello stesso tempo di aiutare l'opinione pubblica a farsi un giudizio obiettivo sulla vita della Chiesa offrendo un'informazione puntuale e documentata sul suo pensiero e sulle sue molteplici iniziative”. E’ quanto emerge dai lavori dell’annuale incontro degli addetti stampa e portavoce delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), in corso a Bratislava, fino a domani, e di cui dà notizia il Sir. Impegnati nella presentazione delle esperienze nei rispettivi Paesi e Conferenze episcopali i portavoce stanno mettendo a punto “un progetto europeo di comunicazione ecclesiale che, su iniziativa del Ccee, contribuisca a rendere più efficace e accessibile il messaggio delle Chiese europee utilizzando in modo sinergico le nuove tecnologie”. Inoltre, in segno di solidarietà i portavoce hanno promosso tra di loro una raccolta fondi per contribuire all'attività dell'ufficio comunicazioni sociali del vicariato d'Antiochia che stava molto a cuore a mons. Luigi Padovese, ucciso il 3 giugno a Iskenderun. (M.G.)


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     Irlanda: appello dei vescovi al parlamento per la tutela del matrimonio

    ◊    A margine del consueto incontro estivo di Maynoot, tenutosi nei giorni scorsi, i vescovi irlandesi hanno lanciato un appello al parlamento della Repubblica d'Irlanda a predere in considerazione gli spunti di riflessione offerti dalla Conferenza episcopale in vista della discussione finale del Civil Partnership Bill, il disegno di legge sulle unioni civili, che attualmente ha completato l'iter di esame nell'ambito della commissione della Camera bassa che si occupa della discussione degli emendamenti. Nella nota pubblicata dalla Conferenza episcopale, di cui da notizia l’Osservatore Romano, la Conferenza episcopale ribadisce la sua opposizione ad ogni tentativo legislativo di equiparare le unioni civili tra le persone dello stesso sesso al matrimonio. Il comunicato attinge al documento dell'episcopato «Why Marriage Matters» (Perché il matrimonio è importante), approvato nel corso dell'ultima assemblea plenaria di primavera. Nel documento, pur riconoscendo che il Civil Partnership Bill non autorizzerà le coppie dello stesso sesso ad adottare bambini, si osserva che in altri ambiti, per esempio quello del fisco e l'accesso ai servizi pubblici, si equiparano di fatto le unioni civili tra persone dello stesso sesso al matrimonio. I vescovi sottolineano con forza che “questo non è compatibile con il considerare la famiglia fondata sul matrimonio, come la base necessaria dell'ordine sociale e come elemento indispensabile per il benessere della nazione e dello Stato e non protegge l'istituto del matrimonio su cui si fonda la famiglia”. La Chiesa, inoltre, stigmatizza anche le tendenze a limitare la libertà di coscienza, in quanto — in base al disegno di legge — se un pubblico ufficiale si rifiutasse, per motivi religiosi ed etici, di procedere alla registrazione di un'unione civile, rischierebbe fino a sei mesi di carcere. I vescovi esortano i membri dell'Oireachtas a consentire un maggiore riconoscimento della giusta autonomia delle Chiese e il diritto alla libertà sociale e civile in materia religiosa, che, è specificato, include il diritto delle persone al libero esercizio delle coscienze in conformità all'ordine morale oggettivo e all'insegnamento del Vangelo. Infine, si chiede anche “di sostenere il voto libero per tutti i membri del Parlamento” sul progetto di legge quando verrà esaminato dalle Houses of the Oireachtas, le due Assemblee di cui si compone il Parlamento. Le riflessioni dei vescovi si sono appuntate anche sulla questione degli abusi. La riunione ha preso in esame le indicazioni date da Benedetto XVI nella Lettera pastorale ai cattolici dell'Irlanda, del 19 marzo 2010, ponendo particolare attenzione alla guida spirituale e alle iniziative che sono state evidenziate nella missiva. Inoltre, è stata espressa gratitudine per la decisione della Santa Sede di inviare i visitatori apostolici in alcune diocesi in Irlanda. “La visita apostolica — si rileva — contribuirà al rinnovamento spirituale della Chiesa in Irlanda”. Infine è stato dato spazio alla conclusione dell'Anno sacerdotale, il cui percorso ha prodotto “sviluppi nelle diocesi, come la formazione di gruppi di lavoro per dare maggiore impulso alla formazione dei presbiteri, pellegrinaggi di penitenza e varie altre iniziative sempre sul tema del sacerdozio”. Tra i prossimi importanti appuntamenti, i vescovi hanno ricordato il Congresso eucaristico che si terrà in Irlanda nel 2012 e il “Day for Life” che sarà celebrato il 3 ottobre 2010, oltre che in Irlanda, in Scozia, in Inghilterra e Galles. (M.G.)


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     Polonia: plenaria dei vescovi sull'Anno Sacerdotale

    ◊    Si apre oggi a Olsztyn la 352.a sessione plenaria della Conferenza episcopale polacca (Kep), che dedicherà la propria attenzione soprattutto all’Anno Sacerdotale appena conclusosi. Spiega il presidente della Kep, mons. Jozef Michalik: “L’Anno Sacerdotale costituisce la conferma più efficace” che “il sacerdozio umile, bello e santo è valido e possibile”. ”Anche se - aggiunge - i suoi veri frutti non possono essere verificati dalle statistiche poiché non si possono calcolare le conversioni, i cambiamenti interiori, il rinsaldarsi della fede". In vista della visita, il 24 giugno, del metropolita Ilarione, presidente dipartimento affari esteri del Patriarcato di Mosca, anche i rapporti con la Chiesa ortodossa russa saranno tema di discussione per i presuli. Nel corso dei lavori, inoltre, - riporta l'agenzia Sir - il direttore di Caritas polacca padre Marian Subocz esporrà la situazione nei territori del sud del Paese devastati dalle inondazioni di maggio e giugno. Nella sola regione di Malopolska l’acqua ha coperto una superficie di oltre 1000 chilometri quadrati inondando quasi 700 villaggi e distruggendo oltre 3 mila chilometri di strade asfaltate e oltre 16 chilometri di binari ferroviari. Mentre Caritas polacca ha finora raccolto oltre 2 milioni di euro, prosegue con il sostegno dei vescovi in tutte le diocesi l’organizzazione dei convogli con aiuti per i più bisognosi. (R.P.)


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     Portogallo: il cardinale Policarpo auspica nuove forme di azione sociale della Chiesa

    ◊    Si concludono oggi a Fatima le Giornate Pastorali della Conferenza episcopale portoghese (CEP) che sono state occasione per affrontare il tema: “Ripensare insieme la Pastorale della Chiesa in Portogallo”. Il cardinale Josè da Cruz Policarpo, patriarca di Lisbona, è intervenuto questo mercoledì ai lavori sostenendo la necessità per la Chiesa di trovare nuove forme di intervento nella società. In particolare il porporato ha segnalato che la Chiesa “vista la qualità del suo messaggio e il numero dei suoi membri, non può smettere di cercare forme sempre nuove per contribuire al bene della comunità umana in cui è integrata”. Secondo il cardinale – come si apprende dall’agenzia Zenit - bisogna “valorizzare la Chiesa come insieme di fedeli, la comunità credente e non identificarla solo con la gerarchia. Questa, per decisione propria e in difesa del carattere specifico del suo ministero, si astiene dall'immischiarsi nell'ambito strettamente politico”. Il patriarca di Lisbona ha anche aggiunto che l'intervento profetico della Chiesa “deve privilegiare la proclamazione di una corretta antropologia, portando alla scoperta del mistero dell'uomo, da cui deriva la difesa etica dei principi della convivenza umana, per la costruzione di una società fraterna”. Altro punto nodale dell’intervento del cardinale riguarda l’importanza dei laici e il loro ruolo nella società quali testimoni degli autentici valori cristiani. Nello specifico, il porporato scommette su uno “sforzo maggiore di formazione del laicato” al fine di approfondire la “conoscenza del mistero e della dignità dell'uomo”. La Dottrina Sociale della Chiesa “continua ad essere la grande sconosciuta”, lamenta. A suo avviso, solo l'approfondimento culturale “formerà la coscienza dei cristiani su tutte le dimensioni della vita umana, personale e comunitaria”. (M.A.)


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     A Beirut i lavori del Comitato scientifico internazionale di Oasis

    ◊    L’incontro annuale del Comitato scientifico della Fondazione Oasis si terrà da domani e fino al 23 giugno a Beirut. Titolo dell’evento “L’educazione fra fede e cultura. Esperienze cristiane e musulmane in dialogo”. Oltre 70 i partecipanti tra religiosi e intellettuali cattolici e musulmani. Per gli organizzatori si tratta di un’occasione per reagire alla domanda di attenzione per la vita dei cristiani nei Paesi musulmani suscitata dall’uccisione di mons. Luigi Padovese in Turchia. L’evento, giunto alla sua quinta edizione, cade infatti a tre settimane dalla morte del vescovo di Iskenderun, ucciso il 3 giugno scorso, e pochi mesi prima del Sinodo sul Medio Oriente in programma il prossimo ottobre a Cipro. Ai lavori - riferisce l'agenzia AsiaNews - partecipano ricercatori, professori, vescovi cattolici e leader musulmani di tutto il mondo. Fra gli ospiti vi sono inoltre il patriarca del Libano, cardinale Nasrallah Sfeir e il cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Creata nel 2004 dal cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, la Fondazione Oasis promuove in tutto il mondo la reciproca conoscenza tra cristiani e musulmani. Essa opera grazie a strumenti diversi: una rivista semestrale plurilingue, una newsletter mensile, una collana di libri, un sito internet. (M.A.)


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     "Bambini in missione di pace" con l'Unitalsi a settembre in 1.200 a Parigi e Nevers

    ◊    Saranno in 1200 persone, di cui 500 bambini tra 5 e i 14 anni, e tra loro circa 200 disabili, oltre a genitori, accompagnatori e volontari, i partecipanti al pellegrinaggio “Bambini in missione di pace” promosso dall’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) dal 3 al 9 settembre a Parigi. Ne dà notizia oggi la stessa Unitalsi in un comunicato ripreso dall'agenzia Sir, dove afferma che “dai luoghi di preghiera degli anni passati, quest’anno i bambini dell’Unitalsi voleranno verso l’Europa”. Infatti la nuova formula scelta è “Ogni anno una capitale europea diversa”. Presente anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il pellegrinaggio vedrà le tappe alla basilica di Notre Dame con l’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Armand Vingt-Trois; l’incontro di pace ai piedi della Torre Eiffel, una crociera sulla Senna e visita a Mont Martre, quindi la gita Disneyland Paris e infine la tappa a Nevers, dove in un’urna nella cappella del convento delle Suore della Carità riposa il corpo intatto di Bernadette, una delle veggenti di Lourdes. Il pellegrinaggio è patrocinato dal Ministero per le Pari Opportunità, dal Ministero della Gioventù e dal Comune Roma. Con l’Unitalsi, a seguito di una intensa collaborazione con l’amministrazione capitolina, parteciperanno anche 15 famiglie disagiate della periferia di Roma. (R.P.)


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     Abruzzo: domani a L'Aquila la Caritas inaugura altre due strutture

    ◊    Una scuola dell’infanzia e primaria (a Poggio di Roio) e un centro della comunità (a Bagno). Sono le due strutture, realizzate da Caritas italiana a L’Aquila, con il contributo delle Caritas diocesane del Triveneto e della Campania, che verranno inaugurate domani. A darne notizia è la stessa Caritas in una nota diffusa oggi, ripresa dall'agenzia Sir. “I frutti della solidarietà – si legge – continuano a maturare. A un anno dal terremoto, sono stati spesi dalla Caritas quasi 16 milioni di euro. Accanto ad aiuti d'urgenza e progetti sociali, sono 29 le strutture finora avviate (17 concluse e 12 in fase di realizzazione)”. La scuola di Poggio di Roio, informa la Caritas, ha una superficie coperta di circa 1.500 mq e comprende, tra l’altro, spazi per uffici e direzione, palestra, laboratori, cucina e mensa. Il Centro di comunità presso la parrocchia di Santa Maria, in località Bagno (Aq), prevede, tra l’altro, sale multifunzionali per attività sociali, culturali e pastorali. Alle inaugurazioni, oltre all’arcivescovo di L’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, saranno presenti mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento, i delegati delle Caritas del Triveneto e della Campania, e il direttore di Caritas italiana, don Vittorio Nozza. “Nei prossimi mesi, oltre a quanto già realizzato o in cantiere – fa sapere la Caritas – è previsto l’avvio di altre 25 strutture per un importo stimato di 15 milioni di euro”. (R.P.)


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    24 Ore nel Mondo



     Kirghizistan: allarme umanitario di Oms e Usa. Forse un milione le persone coinvolte negli scontri

    ◊    In Kirghizistan, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) teme che siano più di un milione le persone coinvolte direttamente o indirettamente nelle violenze dei giorni scorsi. Anche gli Stati Uniti hanno parlato di crisi umanitaria, chiedendo l’apertura di un’inchiesta indipendente per chiarire quanto accaduto. Intanto, mentre nel Paese stanno arrivando i primi aiuti internazionali, il governo ad interim cerca di riprendere in mano la situazione. Oggi il presidente Otumbayeva ha visitato le zone del sud, epicentro degli scontri. La cronaca nel servizio di Giuseppe D’Amato:  

     

    Siamo vicini ad una catastrofe umanitaria e il numero delle perdite di vite è, forse, una decina di volte superiore rispetto a quello finora accertato: queste le tragiche ammissioni di Roza Otunbayeva oggi, in visita nel sud del Kirghizistan. La leader ad interim si è recata nei luoghi degli scontri interetnici per rendersi conto di persona della situazione e coordinare meglio gli aiuti. “Il mondo ha finora guardato la città di Osh, epicentro dei massacri dei giorni scorsi, ma è nelle campagne che si è registrata una vera ecatombe”, ha asserito la Otunbayeva. Al momento il bilancio ufficiale è di 191 morti. Bande di kirghisi ed uzbeki hanno avuto a disposizione perfino armi pesanti per regolare i conti in sospeso. L’Uzbekistan ha registrato il passaggio di 92 mila profughi, ma in Kirghizistan vi sarebbero 300-400 mila persone che hanno lasciato le loro case. Gli aiuti internazionali stanno arrivando a portare conforto. “Ricostruiremo Osh!”, ha promesso la Otunbayeva, che accusa in precedenza alcuni politici kirghisi di essere i mandanti dell'escalation di violenza. 

     

    Stati Uniti - condanna a morte

    Eseguita una condanna a morte per fucilazione nello Stato americano dello Utah. L’uomo giustiziato è un duplice omicida che aveva chiesto esplicitamente il ricorso a questa pratica, abolita nello Stato nel 2004. L’esecuzione è avvenuta qualche minuto dopo il rifiuto della clemenza da parte delle autorità locali.

     

    Marea nera

    L’amministrazione Obama sta valutando le offerte di assistenza – inizialmente trascurate - avanzate da una ventina di Paesi per far fronte all’emergenza Marea Nera a due mesi dal disastro nel Golfo del Messico. Durante l’audizione di ieri al Congresso, vertici della Bp sono stati contestati per il mancato rispetto delle regole di sicurezza, malgrado la rassicurazione del massimo impegno per riparare i danni. Dalla prossima settimana, i tecnici hanno dichiarato che la compagnia riuscirà a recuperare dalla falla almeno 18 mila barili di greggio al giorno.

     

    Obama - G20

    Lettera del presidente statunitense Obama al G20 di fine mese a Toronto. In caso di diminuzione di fiducia nella ripresa – scrive – dobbiamo essere pronti a rispondere velocemente e con forza per evitare un rallentamento dell’attività economica. Obama ha poi sollecitato i Paesi del vertice a realizzare presto la riforma finanziaria sottolineando inoltre la necessità di avere tassi di cambio determinati dal mercato per salvaguardare la vitalità dell’economia.

     

    Haiti

    A sei mesi dal terribile terremoto, che ha devastato Haiti la situazione umanitaria e di ricostruzione dell’isola continua a rimanere grave. Ad esprimere la propria preoccupazione per le condizioni di vita ad Haiti è stato il Consiglio Mondiale delle Chiese, che ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché rafforzi la cooperazione in quest’area. E tra i tanti problemi che attanagliano questo angolo dei Caraibi emerge nuovamente il dramma dei bambini coinvolti nel traffico di adozioni illegali. Stefano Leszczynski ne ha parlato con Paolo Ferrara, responsabile della Campagna per la protezione dei bambini dell’Ong "Terre des Hommes":

     

    R. – In Haiti, prima del terremoto, si contavano già circa 300 mila bambini in semi-schiavitù domestica e il fenomeno degli orfanotrofi più o meno “ufficiali” era già abbastanza diffuso: si contavano nella sola area di Port-au-Prince circa 700 orfanotrofi censiti e probabilmente molti altri non censiti.

     

    D. – Con l’enorme afflusso di organizzazioni internazionali, anche importanti, nel Paese, la situazione dei bambini è forse un po’ sfuggita di mano, forse non è stata considerata subito come una priorità …

     

    R. – Anche dopo il terremoto, è stato difficilissimo intervenire, perché intanto si sono creati una serie di campi abbastanza informali, in cui non c’era una presenza reale né di organizzazioni internazionali delle Nazioni Unite, né di organizzazioni internazionali della società civile. Inoltre, in moltissimi campi, il gruppo di persone che avevano sotto cura il bambino – anche se non erano i genitori – dichiaravano di essere genitori del bambino perché avevano paura che lo straniero che faceva il censimento in realtà avesse intenzioni non molto positive nei riguardi del bambino, quindi volesse immetterlo nel mercato del traffico dei bambini.

     

    D. – Da un punto di vista pratico, come si può avviare una efficace opera di prevenzione?

     

    R. – Tramite il ricongiungimento familiare. Quindi, censimento dei bambini e dei genitori e ricongiungimento. Un altro aspetto è quello sicuramente legato alle condizioni di sviluppo del Paese, perché non dimentichiamo che se si è arrivati a questa situazione è perché la maggior parte degli haitiani hanno perso la speranza in un futuro migliore dal punto di vista economico, e quindi spesso i genitori in realtà “vendono” i propri figli nel mercato delle adozioni, sperando che possano poi avere un futuro migliore in altre famiglie. Nel fare ciò, però, non sanno che questi bambini potrebbero finire nel mercato della pedofilia internazionale o del traffico di organi.

     

    D. – E’ possibile immaginare una stima dei bambini di cui si sono perse le tracce?

     

    R. – Non è ancora possibile stimarlo, però io posso raccontare che in alcuni orfanotrofi che abbiamo censito abbiamo perso le tracce – dai registri precedenti al conteggio materiale dei bambini – fino ad un terzo dei bambini; in alcuni casi dobbiamo pensare che si sia trattato di una vendita di bambini per salvare le casse degli orfanotrofi stessi, o perché c’è stato un fortissimo afflusso di personaggi non meglio identificati che erano interessati a sfruttare la confusione per acquistare bambini. 

     

    Polonia

    In Polonia, con una visita alla tomba del fratello gemello Lech, morto nella sciagura aerea del 10 aprile a Smolensk, in Russia, l’ex premier polacco Jarosaw Kaczynski ha inteso oggi simbolicamente celebrare il loro compleanno. Lo ha fatto nel giorno di chiusura di campagna elettorale: Jaroslaw Kaczynski è infatti uno dei candidati alle presidenziali di domenica. Sfiderà il candidato del partito di governo Piattaforma Civica, Bronislaw Komoroski, dato per favorito prima dell’incidente aereo di due mesi fa.

     

    Russia

    La Russia deve diventare il punto di riferimento per il mondo intero. Questo lo scopo del progetto di modernizzazione dell’amministrazione del Paese illustrato dal presidente russo Medvedev al forum economico internazionale di San Pietroburgo. Il capo del Cremlino ha annunciato una semplificazione del regime dei visti per favorire gli imprenditori stranieri che intendono investire in Russia.

     

    Gazprom-Bielorussia

    Pressing del gigante energetico russo Gazprom sulla Bielorussia. Se Minsk non paga i debiti è possibile la riduzione del gas dell’85 per cento del gas a cominciare da lunedì. Il presidente bielorusso Lukascenko, dopo aver tentato invano di ottenere prezzi più bassi da Mosca, ha minacciato di rivolgersi al Brasile per le prossime forniture. Tuttavia questa ipotesi è ritenuta impraticabile.

     

    Turchia - Curdi

    Torna la tensione nella zona sud occidentale della Turchia. Tre ribelli curdi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) sono stati uccisi in scontri con l'esercito nella provincia di Erzincan. Secondo le autorità locali i soldati sono intervenuti mentre elementi del Pkk - che mirano all’indipendenza della regione - stavano preparando un attacco. I combattimenti nell’area sarebbero ancora in corso. Solo due giorni fa altri tre ribelli curdi sono stati uccisi in episodi simili nella provincia di Sirnak.

     

    Somalia

    Proseguono a Mogadiscio, capitale della Somalia, i combattimenti fra l’esercito regolare e gli insorti islamici di Al Shebab legati ad Al Qaeda. E’ di almeno 11 vittime il bilancio dell’offensiva sferrata stamani dai ribelli, che, secondo fonti locali, sono appoggiati da elementi terroristici stranieri.

     

    Medio Oriente - Onu

    In Medio Oriente è arrivato anche l’incoraggiamento del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon all'annuncio di Israele di alleggerire il blocco sulla Striscia di Gaza. Il numero uno del Palazzo di Vetro sottolineando però che l’Onu "continua a puntare ad un cambiamento di politiche fondamentale'' da parte dello Stato ebraico.

     

    Afghansitan

    In Afghanistan, i militari italiani sono finiti nel mirino della guerriglia nella zona di Herat. Stamattina, un ordigno è esploso al passaggio della loro pattuglia. I soldati sono rimasti illesi. Intanto, il Pentagono ha sottolineato i progressi nella lotta contro i talebani raggiunti in questo anno e ha puntato il dito contro la copertura negativa del conflitto ad opera dei media occidentali.

     

    Afghanistan - Giappone

    Il presidente afghano, Hamid Karzai, in visita ufficiale a Tokyo. Il leader di Kabul ha invitato le compagnie giapponesi a esplorare le risorse minerarie del suo Paese, alla luce dello studio geologico Usa secondo cui il sottosuolo dell’Afghanistan avrebbe un patrimonio minerario intatto dal valore potenziale tra i mille e i tremila miliardi di dollari.

     

    Pakistan

    In Pakistan eccezionali misure di sicurezza a Lahore e Peshawar nel timore di possibili attentati terroristici durante le preghiere del venerdì, segnalati negli ultimi giorni dai servizi segreti. Nelle due città sono stati istituiti meticolosi posti di blocco, mentre soldati presidiano luoghi pubblici e moschee.

     

    Usa-Pakistan

    La giustizia americana ha formalmente incolpato l’americano di origine pachistana, Faisal Shahzad, di terrorismo e strage mancata per l’attentato, sventato, del 1 maggio a Time Square, New York. Lunedì toccherà all’uomo dichiararsi innocente o colpevole delle accuse mosse nei suoi confronti.

     

    India-Pakistan

    Tensione negli stati del Jammu e del Kashmir, zona contesa fra India e Pakistan. Durante scontri a fuoco avvenuti la notte scorsa le forze indiane hanno ucciso due guerriglieri fondamentalisti, appartenenti al movimento Harkat-ul-Mujahideen (HuM). Fonti della polizia hanno indicato che una delle due vittime era di nazionalità pachistana e l'altra originaria del Kashmir.

     

    Dalai Lama

    Il Dalai Lama è arrivato oggi Giappone per la sua 14.ma visita ufficiale nel Paese che terminerà il prossimo 28 giugno. Si tratta di una missione a scopo prettamente religioso con una serie di incontri in programma in diverse città. Domani l'appuntamento clou a Nagano, dove il leader spirituale tibetano pronuncerà un sermone buddhista al tempio Zenkoji. Il luogo in questione era finito al centro dell'attenzione nel 2008 quando i suoi monaci si rifiutarono di ospitare la partenza della fiaccola olimpica dei Giochi di Pechino in segno di protesta verso le aturità cinesi per la repressione nei confronti dei buddisti in Tibet. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

     

     

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 169 

     

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