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Sommario del 17/06/2010
Ricevuto in Vaticano dal Papa il superiore generale dei Legionari di Cristo
◊ Benedetto XVI ha ricevuto nella tarda mattinata di oggi in udienza padre Alvaro Corcuera Martinez del Rio, superiore generale dei Legionari di Cristo. Lo scorso 30 aprile, si era svolta in Vaticano una riunione, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, insieme con i cinque vescovi incaricati della visita apostolica alla Congregazione fondata da padre Marcial Maciel Degollado, i cui comportamenti sono stati definiti in una nota ufficiale “gravissimi e obiettivamente immorali”.
Riconoscendo “lo zelo sincero della gran parte dei Legionari”, la nota proseguiva con l’assicurazione da parte del Papa a non lasciare “soli” i Legionari e i membri del Movimento ‘Regnum Christi’: “La Chiesa – precisava la nota – ha la ferma volontà di accompagnarli e di aiutarli nel cammino di purificazione che li attende. Esso comporterà anche un confronto sincero con quanti, dentro e fuori la Legione, sono stati vittime degli abusi sessuali e del sistema di potere messo in atto dal fondatore”. Ad essi, concludeva la nota, va “il pensiero e la preghiera del Santo Padre, insieme alla gratitudine per quanti di loro, pur in mezzo a grandi difficoltà, hanno avuto il coraggio e la costanza di esigere la verità”. (A cura di Alessandro De Carolis)
Altre udienze e rinuncia
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina un gruppo di presuli della Conferenza Episcopale del Brasile (Regione LESTE II), in Visita ad Limina.
In Centroafrica, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Berbèrati, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Agostino Delfino, dei Francescani minori Cappuccini.
Il cardinale Vallini a conclusione del Convegno diocesano di Roma: la fede non è più un presupposto, serve un nuovo annuncio del Vangelo
◊ Si conclude stasera con le assemblee pastorali parrocchiali il Convegno diocesano a Roma su "Eucaristia domenicale e testimonianza della carità". Sulla base delle relazioni giunte dalle assemblee parrocchiali e delle indicazioni offerte dal Papa martedì sera, all’apertura della tre giorni, ieri il cardinale vicario Agostino Vallini ha indicato a parroci e fedeli gli orientamenti per il prossimo anno pastorale. Ma quali sono le urgenze pastorali della diocesi di Roma? Tiziana Campisi lo ha chiesto al porporato:
R. – Oggi, c’è bisogno di una nuova evangelizzazione per offrire ai battezzati ed ai non battezzati la possibilità di riscoprire la bellezza di essere discepoli del Signore. Non possiamo più presupporre la fede in tutti i battezzati: dobbiamo offrire vie formative e occasioni, soprattutto a partire dalla Parola di Dio nuovamente annunciata, per poter risuscitare la fede o suscitare la fede.
D. – Quali sono le preoccupazioni che la toccano di più, come cardinale vicario della Chiesa di Roma?
R. – Certamente, un calo di partecipazione da parte dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia domenicale. La vita moderna, il consumismo, i ritmi frenetici del vivere quotidiano, portano tante persone a Roma a lasciare la città e ad evadere. Luoghi di incontro, oggi, sono diventati anche i centri commerciali. C’è una partecipazione solida da parte di tanti fedeli, ma molti oggi non sentono più il bisogno di santificare la domenica partecipando alla celebrazione dell’Eucaristia. Questo ci preoccupa, e cerchiamo di affrontare questo problema a partire soprattutto dalla necessità di ridare motivazioni alla fede dei nostri fedeli. Ed anche ad annunciare la fede ai non cristiani: a Roma sono tanti!
D. – Quali orientamenti ha voluto dare alle parrocchie romane?
R. – Incoraggerò la lectio divina settimanale in parrocchia e poi tutta una serie di suggerimenti e di orientamenti per quanto riguarda la scoperta – o la riscoperta – del mistero eucaristico, sia negli itinerari formativi, sia nella stessa formazione. La stessa celebrazione è già esperienza di evangelizzazione, di annuncio del mistero eucaristico. E quindi, il modo di celebrare, il silenzio nelle celebrazioni, che siano sempre esperienze di preghiera, la cura nella formazione degli operatori liturgici. Il Papa ci diceva: prodigatevi che in ogni parrocchia ci sia un gruppo liturgico che curi la formazione di tutti quelli che collaborano: i ministranti, i lettori, i cantori, gli animatori liturgici. E poi, la celebrazione dell’Eucaristia può diventare fermento per una testimonianza della carità.
D. – Quali frutti spera da questo convegno?
R. – Ne aspetto tanti. Soprattutto – avendo notato un grande impegno da parte dei parroci e dei sacerdoti, ma anche dei collaboratori pastorali nella verifica della realtà nelle loro parrocchie – mi aspetto che nelle assemblee parrocchiali gli orientamenti possano essere formulati e concretizzati nei diversi contesti. Ci auguriamo anche che nel tempo tanti cristiani possano risentire l’esigenza di gustare l’incontro con il Signore. Il giorno della Risurrezione, la Pasqua della settimana: che possa ridiventare l’inizio della settimana. Diceva il Santo Padre: un nuovo inizio è stata la Risurrezione di Gesù; un nuovo inizio è ogni celebrazione dell’Eucaristia. Possa essere così anche per la vita delle nostre comunità.
Libertà e regole, nella vita come nello sport: in un testo del 1985, la riflessione del cardinale Ratzinger sui Mondiali di calcio
◊ “Il fenomeno di un mondo entusiasta per il calcio potrà offrirci qualcosa di più di un solo divertimento”: è quanto sottolineava, nel 1985, il cardinale Joseph Ratzinger in un testo scritto proprio sull’impatto di eventi come i Mondiali di calcio. L’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede scriveva che “il calcio insegna uno scontro pulito in cui la regola comune alla quale il gioco si sottomette continua ad essere ciò che unisce e vincola anche nella posizione di avversari”. E più avanti indicava nella libertà congiunta alle regole l’insegnamento più importante che possiamo trarre dal gioco del calcio. Venticinque anni dopo, le riflessioni del futuro Pontefice appaiono quanto mai attuali, in questi giorni contraddistinti dalle emozioni del Mondiale di calcio in Sud Africa. Il commento di don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale dello sport, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Il Papa aveva intitolato questo testo “Cercare ciò che sta in alto” e sicuramente questo è uno degli obiettivi del calcio, cioè guardare oltre l’evento, come per qualsiasi altro sport, ma soprattutto recuperare quella dimensione di gioco che lo fa diventare metafora della vita. E’ quasi un modo per diventare adulti, per crescere, perché è all’interno dello sport, di qualsiasi sport, ma in modo particolare del calcio, che pensiamo alla forma del come ci si prepara, del come ci si allena, del come ci si appassiona e ci si introduce in una fatica incredibile per diventare “qualcuno”, ma nello stesso tempo per fare sì che un gioco vada in profondità. E allora in questo palcoscenico, che sono i Campionati del mondo in questo momento, e che è il calcio ogni domenica, si può veicolare quell’esperienza di libertà che ti fa vivere poi con il bisogno della regola, perché la regola che cos’è? E’ una disciplina ulteriore che ti porta ad assumere atteggiamenti e comportamenti che sono consoni a quell’esperienza.
D. - Nella sua riflessione, l’allora cardinale Ratzinger metteva anche l’accento sul fatto che il successo del singolo è legato al successo dell’insieme dei giocatori. Un elogio quasi teologico del gioco di squadra...
R. – Del gioco di squadra, esatto. Questa è la caratteristica che noi vogliamo veicolare sempre, anche nei rapporti educativi con i nostri ragazzi: il gioco di squadra, il fare squadra insieme, perché anche nel gioco della vita bisogna fare squadra. Ognuno ha i suoi ruoli. C’è l’allenatore, che ha una funzione di educatore, e così nella vita c’è la famiglia, ci sono i genitori, ci sono gli insegnanti, ci sono i vescovi, ci sono i sacerdoti. Diventa veramente metafora di un accompagnamento verso il successo. Successo nella vita non significa soltanto arrivare primo in qualche ambito professionale o altro, ma significa proprio realizzare se stessi in profondità.
D. – I Mondiali in Sudafrica sono anche una bella novità – per la prima volta un campionato mondiale di calcio in Africa – e si vede anche un’immagine diversa, positiva, una storia vincente dal continente africano...
R. – Sicuramente sì. E’ soprattutto il "laboratorio" Sudafrica che ha riportato al continente africano quella dimensione, non solo di democrazia, di progresso, di autosviluppo, ma anche di promozione umana abbastanza diffusa. Quindi, lo sport può diventare, se correttamente inteso e correttamente gestito, anche un fattore di sviluppo sociale, di autosviluppo anche dei popoli, attraverso l’entusiasmo e la passione di stare un poco al centro del mondo, di essere osservati. Ed essendo osservati si è anche aiutati, accompagnati nel cammino di riscatto dalla povertà, dal sottosviluppo e da quanto altro può umiliare un continente come quello africano.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il giardino segreto: in prima pagina, la prefazione di Juan Manuel de Prada al libro di pensieri spirituali di Carmen Alvarez e Juan Pedro Ortuno (appena uscito in Spagna).
Il giornalismo deve servire la verità e la libertà: nell’informazione vaticana, il cardinale Tarcisio Bertone per i quarant’anni dell’Asca.
In rilievo, nell’informazione internazionale, la marea nera: Bp accetta di pagare (venti miliardi di dollari) il suo incalcolabile danno.
Dalle idee alla realtà: in cultura, un articolo di Nicoletta Scotti Muth che ha curato l’edizione di “Israele e la Rivelazione”, primo volume dell’opera di Erich Voegelin “Ordine e storia”.
La casta donna di tutti: Inos Biffi su Chiesa santa e uomini peccatori.
Il mare non è un cristallo che puoi tenere in tasca: l’arcivescovo Gianfranco Ravasi su verità, libertà e modernità.
Mondiali di calcio: articoli di Giulia Galeotti “Un calcio all'aborto” e di Damiano Tommasi “La Svizzera mischia le carte”; un’intervista di Maurizio Fontana a Dino Zoff, e una notizia dal titolo “Quando Ratzinger scriveva di calcio”: la rivista cilena “Humanitas” ripropone un suo testo del 1985.
Tutela del matrimonio e libertà di coscienza in Irlanda: nell’informazione religiosa, l’appello dei vescovi al Parlamento.
A Istanbul, una Messa in memoria di mons. Padovese alla presenza di autorità musulmane. La testimonianza di padre Lorenzo Piretto
◊ Proseguono le celebrazioni per ricordare la figura di mons. Luigi Padovese, vescovo e vicario di Anatolia, assassinato lo scorso 3 giugno a Iskenderun, in Turchia. Ieri sera ad Istanbul, è stata celebrata una Messa nella cattedrale dello Spirito Santo. Il servizio di è Davide Dionisi:
Autorità civili e religiose si sono raccolte ieri sera in preghiera nella cattedrale dello Spirito Santo per ricordare il vescovo e missionario cappuccino, mons. Luigi Padovese, il vescovo mite e sapiente, “vero costruttore di riconciliazione e di pace”, come lo ha ricordato lunedì scorso il cardinale Dionigi Tettamanzi nel duomo di Milano, durante l’omelia della Messa esequiale. La celebrazione è stata presieduta da mons. Louis Pelâtre, vicario apostolico di Istanbul. Tra i presenti, anche il domenicano di origine italiana e vicario generale nella diocesi della capitale turca, padre Lorenzo Piretto. Ascoltiamo la sua testimonianza:
R. – La risposta è stata globale: erano tutti presenti. C’era anche il rappresentante del sindaco di Istanbul: questo ci ha colpiti perché non avevamo mandato l’invito. Ma poi abbiamo saputo che c’è una cristiana, anche nel comune, una signora siriano-ortodossa: questo ci ha fatto molto piacere. Vuol dire che c’è una presenza cristiana anche all’interno del comune di Istanbul. L’atmosfera è stata molto raccolta, è stata veramente di preghiera.
D. – Padre Lorenzo, un suo ricordo di mons. Padovese…
R. – Una persona sempre molto affabile, molto disponibile. Questo mi ha sempre colpito. In particolare, la sua preparazione nel campo culturale, nel campo della Patrologia: è stato il posto ideale per lui, perché trovarsi in questa zona della Turchia in cui hanno vissuto San Paolo, San Pietro, forse è passata anche la Madonna, e tanti altri... è stato davvero l’uomo giusto, soprattutto pensando all’Anno Paolino.
D. – A che punto è, secondo lei, il dialogo interreligioso in Turchia?
R. – Devo dire che, qualche volta, mi accusano di essere ottimista. D’altra parte, io credo che l’ottimismo faccia parte della nostra fede cristiana. Io ho insegnato per 13 anni nella Facoltà di teologia islamica qui, a Istanbul. Sono stato a contatto con professori e studenti e devo dire che c’è stata una risposta positiva, un desiderio di dialogo. Anzi, gli stessi professori della Facoltà di teologia islamica ci hanno chiesto di aprire un Centro di documentazione cristiana proprio per conoscere un po’ la nostra fede, il cristianesimo, alle sorgenti, per attingere alle fonti. Questo è stato un fatto molto positivo. Sono venuti professori a consultare testi, anche per scrivere delle voci relative al cristianesimo sull’Enciclopedia dell’Islam, e alcuni studenti hanno fatto la loro tesi di dottorato e licenza con i libri della nostra biblioteca. Sono piccoli passi, ma significativi, anche per continuare nel futuro: vogliamo ampliare la biblioteca e questo Centro di dialogo.
D. – Secondo lei, episodi come quello di don Santoro o di mons. Padovese, possono compromettere questo cammino proficuo?
R. – Io penso che le persone desiderose di un vero dialogo con noi non siano implicate in questi fatti, anzi, che siano state molto dispiaciute. Penso proprio che chi ha compiuto questi atti voglia invece impedire la continuazione di un dialogo, di un’apertura – soprattutto – verso le altre religioni, in particolare verso il cristianesimo. Abbiamo ricevuto sia per don Andrea e anche per mons. Padovese molte attestazioni di vicinanza, di solidarietà: persone musulmane dispiaciute di questi fatti. E questo ci incoraggia ad andare avanti con ancora maggiore speranza. A piccoli passi, però, ma bisogna che li facciamo e continuiamo a farli con grande impegno. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
La Bp stanzia 20 miliardi di dollari per i risarcimenti nel Golfo del Messico e 100 milioni per i lavoratori del petrolifero
◊ La compagnia BP si è impegnata a pagare i danni provocati dalla Marea Nera nel Golfo del Messico. Nell’incontro di ieri con il presidente Obama i vertici del colosso petrolifero hanno messo in campo un fondo di 20 miliardi di euro per i risarcimenti, sospeso i dividendi per il 2010 e promesso 100 milioni per i lavoratori del settore energetico rimasti senza impiego. Intanto, in mare, è stato disposto un nuovo sistema per bruciare il greggio che continua ad uscire dal pozzo. In profondità, si stanno utilizzando dei solventi, normalmente impiegati fino ad ora solo in superficie. Ma quali possono essere i rischi di questo intervento? Antonella Palermo lo ha chiesto a Romano Pagnotta, dirigente dell’Istituto di Ricerca sulle Acque del Centro nazionale ricerche (Cnr):
R. - Diciamo che questi disperdenti sono necessari perché servono a mantenere solubile l’idrocarburo, che altrimenti tenderebbe, perdendo la parte più volatile, ad addensarsi e a diventare una palla di catrame. Mentre l’idrocarburo disciolto è aggredibile da parte di batteri che sono naturalmente presenti nelle acque. Quando invece questa massa solidifica, il processo diventa più complicato, per questo i disperdenti sono importanti. Hanno però degli inconvenienti, nel senso che hanno una loro tossicità. E’ vero che adesso si parla di disperdenti di terza generazione rispetto ai primi, per cui i danni maggiori che si sono manifestati per tanti anni a seguire, più che legati agli idrocarburi erano quelli legati all’uso di questi disperdenti, tant’è che nelle zone in cui i disperdenti non sono stati usati, dopo un certo numero di anni - quattro o cinque - si era ripristinato un ecosistema comparabile in qualche modo a quello esistente. Laddove invece erano stati utilizzati questi disperdenti, il tempo necessario per riprendersi all’ambiente è stato maggiore. A volte, quindi, anche l’intervento ha un suo effetto sull’ambiente.
D. - I danni sulla popolazione?
R. - Al di là del fatto che l’incidente ha comportato, se ricordo bene, 11 morti, i danni sulla popolazione sono prevalentemente danni di tipo “indiretto”, nel senso che la popolazione deve vivere in un ambiente contaminato, la popolazione non può più utilizzare prodotti ittici che era abituata ad utilizzare perché era un mare estremamente pescoso, un mare in cui c’era la più elevata produzione di gamberi. Sono quindi danni indiretti, ma legati alla mancanza del turismo. Dunque, danni economici piuttosto rilevanti, al di là di quelli che possono essere i danni di tipo igienico-sanitario per i quali, forse, sono possibili delle operazioni di prevenzione. Non ci sono cioè effetti diretti immediati. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Giornata mondiale contro la desertificazione: un dramma che uccide lentamente la vita
◊ Oltre un miliardo di persone povere e vulnerabili vive nelle zone aride del mondo, ricorda il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale contro la desertificazione, sotto il motto “Rigenerare i suoli in un luogo è rigenerare ovunque la vita”. Qual è il senso di quest’affermazione? Roberta Gisotti lo ha chiesto all’architetto Pietro Laureano, esperto di terre aride, consulente dell’Unesco, già rappresentante italiano del Comitato scienza e tecnologia della Convenzione dell’Onu per la lotta alla desertificazione, adottata nel 1994:
R. - Il suolo è la cosa più importante. Noi in geologia diciamo suolo, ma è il terreno fertile, è l’humus. Siamo così abituati nelle zone umide, nelle nostre aree, ad avere un terreno fertile che non ci rendiamo conto di come invece questa sia un componente preziosissima. Il suolo è qualcosa di vivo, dentro ci sono delle componenti biologiche, ci sono microrganismi, ci sono piccoli animali; è umido, è bagnato. Ecco, quando sparisce il suolo, sparisce la vita. Bisogna pensare che per ricostituire un centimetro di suolo, è stato calcolato che ci vogliano 100 anni.
D. - Ci si chiede se c’è abbastanza attenzione a questo fenomeno, a 16 anni dalla firma della Convenzione dell’Onu per la lotta alla desertificazione, tenuto conto che - come ci informa oggi il segretario generale delle Nazioni Unite nel suo messaggio per la giornata - negli ultimi 40 anni quasi un terzo dei terreni coltivabili è diventato improduttivo e sovente è finito in abbandono…
R. - Sì, in realtà, noi non ci rendiamo sufficientemente conto del pericolo della desertificazione, perché distrugge lentamente, è una lenta agonia. Mentre un’inondazione, una catastrofe arriva di colpo e tutti si impressionano, la desertificazione è un fenomeno di degrado dei suoli, della scomparsa della fertilità, di scomparsa lenta della vita. A poco a poco, le piante spariscono, a poco a poco sparisce il terreno fertile, i suoli si salinizzano, le stesse piogge che prima erano benefiche diventano distruttive, perché i suoli sono spariti e il terreno non assorbe la pioggia.
D. - Con questa giornata è certamente importante sensibilizzare le opinioni pubbliche del mondo intero, ma è importante che poi a questo fenomeno rispondano le classi politiche…
R. - Si, bisogna fare piani di azione nazionali. In Italia, il 30 per cento circa del territorio è colpito da questo fenomeno. Perdiamo suoli nel sud, si salinizzano, c’è l’impossibilità di coltivare ma addirittura anche in Umbria, dove l’agricoltura industriale ha distrutto le tecniche tradizionali di terrazzamento, di agricoltura fatta a piccole particelle, a mosaico, a giardini. Si vede benissimo come, in quei punti, il terreno è sceso di un metro, due metri e mette allo scoperto rocce aride, ormai completamente sterili.
D. - Dunque, la mano dell’uomo, ancora una volta, è davanti ad un bivio: o per valorizzare la natura o per distruggerla…
R. - Certamente, la desertificazione è una responsabilità dell’uomo. E’ un processo che si accentua con il cambiamento climatico, con le estremizzazioni climatiche. Però, è innescato dalla mancata capacità dell’uomo di gestire degli ambienti.
Il disegno di legge sulle intercettazioni visto alla luce della Dottrina sociale della Chiesa
◊ In Italia, il disegno di legge sulle intercettazioni ha sollevato molti interrogativi che, anche alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, offrono diversi spunti di riflessione. Uno degli aspetti rilevanti della proposta di legge è legato alla privacy, il diritto alla riservatezza di dati personali. Il dibattito riguarda in particolare la contrapposizione tra privacy, diritto di cronaca e attività dei giudici, come sottolinea il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano intervistato da Luca Collodi:
R. - Per il cittadino comune non c’è da temere per la privacy. Chi accetta un ruolo importante deve "rassegnarsi", per il bene della democrazia e della funzione di controllo, a vedere la propria privacy ridotta. Quando uno di questi cittadini ricopre una posizione di potere rilevante, per forza di cose, deve accettare una ragionevole riduzione della propria privacy perché è esposto di più e deve dare esempio di virtù civili e trasparenza, non approfittare del suo ruolo.
D. - Un altro aspetto riguarda il diritto all’informazione, con una forte protesta che arriva dai giornalisti…
R. - Dal punto di vista della Dottrina sociale, oltre al dovere c’è anche un diritto all’informazione. La Chiesa ha compiuto, nei confronti della democrazia, una scelta che definirei di tipo dottrinale. Con il radiomessaggio di Pio XII nel 1944 si "abbracciò" la democrazia. Una cosa interessante, riandando ai motivi di questa scelta, è la descrizione del Papa sulla situazione alla fine della seconda Guerra Mondiale: “I popoli – affermava Pio XII – si sono risvegliati da un lungo torpore. Hanno preso, di fronte allo Stato, un contegno nuovo, un interrogativo critico diffidente”. Questo elemento della critica e della diffidenza è essenziale per il Papa per definire la nascita dell’atteggiamento democratico. Oggi, noi non siamo in una situazione di guerra, però è importante ricordarsi che il principio scelto per vivere insieme ha una componente di diffidenza basata sull’informazione e sulla capacità di intervenire nei confronti di coloro che gestiscono il potere. Le perplessità di fronte a questa legge sono di ordine dottrinale, di coscienza. Non riguardano cioè la parte politica, il centrodestra che l’ha prodotta. L’impressione è che ci sia un ceto politico che intende difendersi e questo va contro dei principi di base della democrazia, perché si difende nel modo sbagliato: è una legge che limita il potere d’indagine, e quindi della magistratura, e anche quello d’informazione.
D. - Quindi, il ruolo della giustizia rischia, di fatto, una limitazione…
R. - E’ una macchinosità che sostanzialmente toglie un potere d’indagine alla magistratura perché, dal punto di vista della coscienza ecclesiale - quindi della dottrina sociale cristiana - ci si deve porre delle domande. La Chiesa, nel corso del 1900, ha fatto delle esperienze non sempre positive ma che hanno maturato una consapevolezza importante: si è capito che bisogna difendere tutto l’uomo, altrimenti si perdono anche i diritti religiosi. Ecco, allora, che gli strumenti della democrazia sono diventati sempre più importanti per la Dottrina sociale cristiana. Ed ecco perché oggi si deve fare anche una riflessione in termini dottrinari riguardo a queste leggi: non per attaccare una parte politica, ma per mettere in rilievo i pericoli di riduzione della libertà e dell’uguaglianza nella democrazia.
Il vescovo emerito di Derry, Edward Daly, sull'inchiesta del "Bloody Sunday": ha restituito onore al nome di vittime innocenti
◊ “Accolgo con favore la pubblicazione della Bloody Sunday Inquiry, e il linguaggio, inequivocabile e forte, usato per confermare l'innocenza delle vittime, delle persone uccise e ferite dall'esercito britannico a Derry, il 30 gennaio 1972”. Si è espresso così, in una dichiarazione scritta, mons. Edward Daly, vescovo emerito di Derry, uno dei testimoni oculari della tragica “domenica di sangue” durante la quale, nella città nordirlandese, il primo Battaglione del reggimento paracadutisti dell'esercito britannico aprì il fuoco contro una folla di cattolici che manifestavano per i diritti civili, uccidendone 13. Le parole del presule al microfono di Lydia O’Kane della redazione inglese della nostra emittente:
R. - I was immensely pleased …
Sono rimasto molto soddisfatto del Rapporto. E' un documento che ha chiarito la posizione di ciascuna delle vittime del Bloody Sunday: tutti coloro che sono stati uccisi e tutti coloro che sono stati feriti, senza eccezione. E’ stato qualcosa che abbiamo vissuto tutti. Sono stato testimone di una di quelle morti proprio da vicino: un ragazzo è stato colpito proprio accanto a me e conoscevo alcune delle persone uccise. Sono sempre stato convinto che nessuna di quelle uccisioni potessse essere giustificata, che sia stato omicidio e le vittime siano state scelte deliberatamente dagli agenti della Corona, che hanno sparato sui civili. Ed ecco perché all’epoca ho protestato con tanta veemenza. Ho anche sentito una certa responsabilità, soprattutto nei riguardi di Jackie Duddy, il ragazzo che è stato ucciso proprio accanto a me: ho sempre pensato fosse mia responsabilità restituire onore al suo nome. Infatti, dopo il Bloody Sunday fu istituito un tribunale – il tribunale Widgery – che, per conto del governo inglese, doveva indagare sugli eventi del Bloody Sunday: questo tribunale ha gettato ombre e dubbi di colpevolezza su alcuni di quelli che sono stati uccisi, insinuando che portassero armi o esplosivi o simili, e questo era assolutamente falso. Ma questo è stato il verdetto ufficiale sul Bloody Sunday fino a ieri. Ieri, dopo 38 lunghi anni, tutto è stato chiarito. Sento un grande fardello cadere dalle mie spalle, perché Jackie Duddy, della cui morte sono stato testimone, è risultato essere completamente innocente.
Gaza: per la Chiesa l'allentamento del blocco è un passo avanti sul piano umanitario
◊ “Una notizia positiva che spero possa creare condizioni più favorevoli anche ai negoziati israelo-palestinesi, sebbene la situazione resti difficile. Sotto il profilo umanitario mi sembra un passo in avanti”. Con queste parole il nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme, mons. Antonio Franco, commenta all'agenzia Sir la decisione del gabinetto israeliano per la sicurezza, di allentare il blocco intorno alla striscia di Gaza, facilitando l’ingresso di ‘beni a uso civile’ e di ‘materiali per progetti civili’. “Tutti i fatti positivi – dice il rappresentante vaticano - non creano difficoltà e dispongono in maniera più favorevole alla soluzione dei problemi sul tappeto”. Dello stesso avviso il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. “E’ una buona notizia – dichiara - che spero rassereni gli animi in vista di una ripresa sincera dei negoziati”. Soddisfazione viene espressa anche da mons. William Shomali, nuovo vescovo ausiliare di Gerusalemme che spiega che adesso “potranno entrare a Gaza più prodotti. C’è penuria di tutto nella Striscia”. La speranza è che gli abitanti possano avere anche “cemento e ferro per ricostruire. Tanti progetti stanno aspettando. Se verrà dato il permesso di costruire molte persone potranno lavorare e guadagnarsi da vivere”. Tuttavia, annota il vescovo, “l’embargo resta in vigore per altre cose e questo impedisce a Gaza di risollevarsi”. Per mons. Shomali la decisione di Israele non è certo “dettata da motivi umanitari ma politici. La vicenda della flotta umanitaria assaltata dai militari ha danneggiato l’immagine di Israele” che ora cerca di riparare. In attesa di conoscere nel dettaglio le decisioni israeliane circa i prodotti che potranno di nuovo entrare nella Striscia, dalla loro casa di Gaza, dove si occupano di disabili e persone in difficoltà, le suore della comunità delle Piccole sorelle di Gesù accolgono con una certa “soddisfazione” la decisione di Israele. “L’allentamento dell’embargo – affermano - rappresenta un passo positivo, ma è solo il primo, verso una normalizzazione della vita di tutta la popolazione palestinese. Ci aiuterà anche nella attività che conduciamo a favore delle persone più svantaggiate e alleggerirà la morsa anche nella testa della popolazione”. Positivo “ma non può bastare” è il parere della segretaria generale della Caritas Gerusalemme, Claudette Habesch, la quale ribadisce che “il problema va affrontato nella sua interezza. Si tratta solo di gocce di una medicina che dà un sollievo solo momentaneo senza produrre effetti tangibili. E’ urgente, invece, rimuovere totalmente il blocco, liberare il popolo di Gaza e dargli la possibilità di vivere, lavorare, guadagnarsi la vita con dignità”. (R.P.)
Patriarca Sfeir a Sarkozy: va fermata l’emigrazione dei cristiani dal Medio Oriente
◊ Il numero dei cristiani in Libano e in tutto il Medio Oriente continua a diminuire a causa di un esodo massiccio dovuto ai conflitti e al clima di tensione della regione, oltre che a una crisi che li spinge a cercare lavoro altrove. E’ un fatto che preoccupa la Chiesa cattolica, come ha ripetuto più volte Benedetto XVI, da ultimo in occasione della sua visita a Cipro, e che il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha evocato nel corso dei suoi incontri di ieri in Francia. La questione, come ha riferito lo stesso cardinale Sfeir, è stata esaminata a Parigi anche con il presidente francese Nicolas Sarkozy, secondo il quale la presenza dei cristiani in Medio Oriente rappresenta un aiuto contro l’intolleranza. “L’emigrazione dei giovani libanesi – ha detto più tardi il patriarca, nel corso di un incontro con i giornalisti – deve essere fermata, ma non si possono biasimare coloro che partono per cercare lavoro. Quelli che rimangono nei Paesi arabi possono tornare indietro, ma questo è più difficile per chi va in Australia o in Canada”. La situazione interna libanese, - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stato un altro tema fondamentale dei colloqui parigini del cardinale Sfeir, che si è soffermato in particolare sul tema della sicurezza, alla vigilia della discussione sulla strategia della difesa nazionale, prevista per oggi a Beirut. La questione è quella delle armi di Hezbollah che “ha la sua strategia e i suoi interessi”. I partiti della maggioranza, il “14 marzo” vorrebbero che solo l’esercito sia armato, Hezbollah sostiene che la resistenza deve possederle per respingere eventuali aggressioni israeliane. E “la maggioranza dei libanesi – a giudizio del patriarca – non è d’accordo con la presenza di due eserciti all’interno dello Stato”. I rapporti con la Siria sono stati l’ultimo dei grandi tem affrontati dl patriarca. Nel corso di un incontro con i membri della commissione esteri dell’Assemblea nazionale, il cardinale Sfeir ha detto che il Libano spera di avere buoni rapporti con tutti i suoi vicini e in articolare con il più vicino, la Siria, ma “i rapporti non sono sempre stati come dovrebbero essere”. (R.P.)
Kirghizistan: la minoranza cristiana in aiuto alla popolazione colpita dalle violenze
◊ Nel caos generato dalle violenze scoppiate in Kirghizistan tra la minoranza uzbeka e kirghizi, la piccola comunità cristiana locale è in prima linea nel portare aiuto ai bisognosi. Dopo gli scontri dei giorni scorsi, che hanno provocato almeno 170 morti e 275.000 profughi, ieri si è registrata una relativa calma che ha coinciso con la giornata di lutto nazionale indetta dal governo centrale. "La situazione attualmente sembra apparentemente più tranquilla", ha spiegato all'agenzia Fides l'amministratore apostolico del Kirghizistan, mons. Nikolaus Messmer. "Nella piazza centrale di Biškek, si sono radunati i cittadini per fare memoria dei morti degli ultimi incidenti. Naturalmente in tutto il Paese è forte l'impressione degli ultimi tragici sviluppi e si temono nuovi episodi di violenza". "Non è facile avere informazioni precise sulla situazione nella regione maggiormente colpita, le città di Osch e Jalalabad", ha riconosciuto il vescovo. “Anche sul numero di morti e feriti fra la popolazione di etnia uzbeka non si sa niente di preciso – ha detto ancora il presule -, fra loro è ancora grande la paura di ulteriori repressioni, tanto che preferiscono curare i feriti in casa piuttosto che portarli negli ospedali della città e seppelliscono i loro morti di nascosto". Nonostante la Chiesa cattolica conti appena 500 fedeli su quasi cinque milioni di abitanti, molte persone hanno chiesto aiuto alle strutture cattoliche. Mons. Messmer riferisce che lo stesso governo ha chiesto aiuti umanitari anche alle varie confessioni cristiane presenti nel Paese. “I nostri fedeli hanno risposto generosamente alla richiesta di solidarietà”, ha riferito il presule, “e abbiamo potuto portare i primi aiuti alimentari per le popolazioni colpite. I trasporti degli aiuti nelle città colpite, che distano circa 600/800 chilometri dalla capitale, avvengono per via aerea, dovendo attraversare delle zone di montagna di alta quota”. Quanto a una possibile soluzione della crisi, il vescovo ha dichiarato che “al momento sono stati avviati dei colloqui, ma bisogna vedere se i risultati potranno essere realizzati a breve termine”. “Molto probabilmente - ha concluso l’amministratore apostolico - dovremo aspettare gli sviluppi dei prossimi mesi”. (M.G.)
Rapporto Fao-Ocse: aumenta l’insicurezza alimentare nel mondo
◊ “Sebbene il pianeta produca cibo a sufficienza per nutrire la popolazione mondiale, i recenti picchi dei prezzi e la crisi economica hanno portato ad un aumento della fame e dell'insicurezza alimentare”. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi dal direttore generale Fao, Jacques Diouf, e dal direttore generale Ocse, Angel Gurría in occasione della presentazione del rapporto “Agricultural Outlook 2010-2019” realizzato dalle due organizzazioni internazionali. Il settore agricolo si sta dimostrando “resistente alla crisi”, ma il rischio di “un nuovo picco dei prezzi, legato alla volatilità dei mercati, non può essere escluso”, si legge nel rapporto di cui dà notizia l'agenzia Sir. “Sebbene il pianeta produca cibo a sufficienza per nutrire la popolazione mondiale – si spiega ancora nel documento -, i recenti picchi dei prezzi e la crisi economica hanno portato ad un aumento della fame e dell'insicurezza alimentare”. Secondo le stime raccolte dalla Fao allo stato attuale sono quasi un miliardo “le persone sottonutrite nel mondo”. Rispetto alla media del periodo 2005-2007, il rapporto sottolinea la necessità che la produzione alimentare mondiale aumenti “di oltre il 40% entro il 2030 e del 70% entro il 2050”, e informa che “circa 1560 milioni di ettari potrebbero essere aggiunti agli attuali 1,4 miliardi di ettari di terre coltivate”, la metà dei quali in Africa e America Latina. Da Diouf l’auspicio che il G8 mantenga l’impegno assunto nel luglio 2009 a L’Aquila di destinare “20 miliardi di dollari ai piccoli produttori agricoli per migliorare la produzione nei Paesi in via di sviluppo”, finora “mai arrivati”. (M.G.)
Giordania: progetto di Avsi e Caritas per i profughi iracheni
◊ Educazione per i profughi iracheni in Giordania. Scolarizzazione per 160 bambini tra i 6 e i 16 anni, corsi di formazione professionale per 95 adulti e assistenza sanitaria a più di 1.600 persone: questi i risultati dell’intervento “Sostegno alle condizioni di vita degli ospiti iracheni più vulnerabili nella regione di Zarqa e Irbid” svolto da Avsi (Organizzazione non governativa, impegnata con oltre 120 progetti di cooperazione allo sviluppo per promuovere la dignità della persona, nel solco della Dottrina sociale della Chiesa), in collaborazione con Caritas Giordania e con fondi di emergenza della Cooperazione italiana. Si stima che gli iracheni in Giordania siano circa 350.000 - riferisce l'agenzia Sir - e non sono riconosciuti come profughi dal governo giordano. Questo fatto comporta problemi non trascurabili. Al momento Avsi sta cominciando un intervento simile a supporto dei rifugiati iracheni di fede cristiana in altre zone della Giordania (Amman e dintorni), finanziato dal Pontificio Consiglio vaticano Cor Unum. Il progetto affronterà le stesse tematiche di educazione, formazione professionale e assistenza sanitaria, puntando soprattutto sull’educazione della persona, su attività generatrici di reddito per le famiglie e sulla riscoperta del cristianesimo tra i popoli del Medio Oriente, per favorire la pace e il dialogo. (R.P.)
Appello delle Caritas del Mediterraneo per la tutela dei migranti
◊ Un appello perché “lo spazio mediterraneo sia luogo d’incontro, per la promozione di pratiche di dialogo e di scambio tra i popoli, strumento di arricchimento reciproco sui versanti culturale e spirituale, oltre che economico e sociale”. E’ stato lanciato dalle Caritas del Mediterraneo questa mattina a Valderice (Trapani) nella seconda giornata di lavori del Migramed Forum-2010, l’iniziativa organizzata da Caritas italiana in collaborazione con la delegazione regionale delle Caritas della Sicilia. Sono presenti - riferisce l'agenzia Sir - un centinaio di delegati dalle Caritas diocesane di tutta Italia, da Caritas Europa e dalle Caritas di Algeria, Grecia, Italia, Libano, Libia, Malta, Marocco, Tunisia e Turchia. Le Caritas dei Paesi del Mediterraneo, insieme a Caritas Internationalis e Caritas Europa, hanno ribadito il loro impegno a tutela dei cittadini migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta, anche in vista della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno. Ispirati dall’enciclica Caritas in veritate si sono impegnate, in particolare, a “monitorare l’andamento dei flussi migratori nell’area del Mediterraneo relativamente a cittadini immigrati, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta; scambiarsi informazioni circa la loro situazione nei singoli Paesi; promuovere momenti di confronto con le istituzioni locali, nazionali ed internazionali per rafforzare, nell’interesse di tutti, la collaborazione sul fronte della mobilità umana; promuovere azioni congiunte per sensibilizzare la società civile sui temi delle migrazioni e i fenomeni connessi; contribuire a promuovere una cultura del rispetto e della tutela dei diritti umani, con particolare riferimento ai migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta”. Intervenendo all'incontro mons. Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo e presidente della Conferenza episcopale siciliana ha detto che "la politica dei respingimenti nel Mar Mediterraneo manca di dimensione umana, prima ancora che di dimensione cristiana: si scaricano su questi poveri che arrivano sui barconi tutte le politiche per contenere l’immigrazione illegale. Si dice che il flusso migratorio si sia fermato, ma forse non è così – ha osservato l’arcivescovo di Palermo -. Tutte le diocesi siciliane sono da sempre impegnate nell’accoglienza degli immigrati. Crediamo che se una società è capace di rispettare e di inculcare il rispetto umano, anche gli immigrati possono essere interessati alla nostra fede. Ecco la grande responsabilità che abbiamo”. (R.P.)
Usa: aiuti della Chiesa cattolica ai pescatori danneggiati dalla marea nera
◊ 300mila dollari sono stati stanziati dalla Campagna Cattolica per lo Sviluppo Umano come aiuto per le vittime della recente fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico. Si tratta del programma antipovertà della Conferenza episcopale degli Stati Uniti che si propone di aiutare le comunità a basso reddito. Nello specifico i destinatari degli aiuti sono le persone colpite dalla marea nera che si espande nell’oceano dal 20 aprile scorso a seguito di un'esplosione nella piattaforma di estrazione di Deepwater Horizon. Si stima che l'industria della pesca perderà circa 2.500 milioni di dollari a causa di questo disastro ambientale. Il finanziamento – riferisce l’agenzia Zenit - verrà usato per dare voce ai pescatori e alle comunità nella risoluzione dei problemi. Monsignor Gregory Aymond, Arcivescovo di New Orleans, ha segnalato che la gente della sua arcidiocesi “è grata per la generosità della Campagna Cattolica per lo Sviluppo Umano”. E ha aggiunto: “Fornendo alle nostre comunità di pescatori fondi per sostenere i loro sforzi per riprendersi, la campagna ha favorito il fatto che la Chiesa cattolica continui ad essere un segno della compassione e della speranza di Cristo per queste comunità”.(M.A.)
I vescovi italiani in vista della decisione della Corte europea sul crocifisso
◊ “La presenza dei simboli religiosi e in particolare della croce, che riflette il sentimento religioso dei cristiani di qualsiasi denominazione, non si traduce in un’imposizione e non ha valore di esclusione, ma esprime una tradizione che tutti conoscono e riconoscono nel suo alto valore spirituale, e come segno di un’identità aperta al dialogo con ogni uomo di buona volontà, di sostegno a favore dei bisognosi e dei sofferenti, senza distinzione di fede, etnia o nazionalità”. Lo afferma la Presidenza della Cei in una dichiarazione diffusa oggi e ripresa dall'agenzia Sir, in vista dell’imminente decisione della Corte europea dei diritti umani sul tema prevista il 30 giugno. “Intendiamo richiamare – scrivono i vescovi - l’attenzione sull’importanza che la questione dell’esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche assume in relazione ai sentimenti religiosi delle popolazioni e alle tradizioni delle Nazioni d’Europa”. “Auspichiamo che nell’esame di una questione così delicata si tenga conto dei sentimenti religiosi della popolazione e di questi valori, come pure del fatto che in tutti i Paesi europei si è affermato e si va sviluppando sempre più positivamente il diritto di libertà religiosa, di cui l’esposizione dei simboli religiosi rappresenta un’importante espressione. Le Chiese cristiane – si legge nella dichiarazione - favoriscono ovunque il dialogo con altre Chiese e religioni e agiscono come parte integrante delle rispettive realtà nazionali, che in materia di simboli religiosi conoscono normative diverse e un’autonoma evoluzione sociale e giuridica. Una scelta non penalizzante per la simbologia religiosa – è la conclusione - risulterebbe in linea con il principio di sussidiarietà che presiede al rapporto tra Stati e istituzioni europee, nel rispetto delle tradizioni millenarie di ciascun popolo e di ciascuna Nazione”. (R.P.)
Aperto ieri in Slovacchia incontro dei portavoce delle Conferenze episcopali europee
◊ Si sono aperti ieri a Bratislava i lavori dell’annuale incontro degli addetti stampa e portavoce delle Conferenze episcopali d’Europa. Temi al centro dell’evento sono la “comunicazione in tempo di crisi” e i “processi di costruzione dell’opinione pubblica”. Promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), l’incontro si concluderà sabato. La prima giornata ha visto una presentazione dei media cattolici in Slovacchia da parte di mons. Marian Gavenda, già portavoce della Conferenza episcopale locale. I lavori, di cui riferisce il Sir, proseguiranno oggi con una riflessione di mons. José Maria La Porte, vicedecano della Facoltà di comunicazione istituzionale della Pontificia Università Santa Croce, su “La comunicazione in tempo di crisi”, a seguito della quale i portavoce si confronteranno “sugli aspetti mediatici dell’attuale e dolorosa questione degli abusi su minori da parte di sacerdoti o di religiosi” e “sulle modalità di comunicazione per mantenere quel livello di trasparenza richiesto da simili fatti”. Successivamente i portavoce rifletteranno sui processi di costruzione dell’opinione pubblica aiutati dal rev. Tadeusz Zasepa, rettore dell’Università cattolica di Ružomberok. All’incontro, che si svolge a porte chiuse, prenderà parte anche mons. Giuseppe Antonio Scotti, segretario aggiunto del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. (M.A.)
Il cardinale Caffarra: promuovere la verità della fede per fronteggiare l’emergenza educativa
◊ La questione educativa nell’iniziazione cristiana è stata al centro del 44.mo convegno nazionale dei direttori degli uffici catechistici diocesani che si è svolto per quattro giorni a Bologna. Con questa iniziativa, promossa dall’Ufficio catechistico nazionale, si è voluto dare un particolare contributo al decennio che i vescovi hanno deciso di dedicare all’educazione. Sottolineando con forza che la chiave di volta per il rinnovamento della catechesi è la formazione degli adulti. I lavori del convegno sono stati introdotti dal cardinale Carlo Caffarra. Nel suo saluto l’arcivescovo di Bologna ha ricordato che l’emergenza educativa è anche - forse soprattutto - emergenza catechetica. Un fenomeno, ha osservato, “che ha la sua principale radice nella separazione, ormai in Occidente consumata, fra l’io e la verità. Tradotto in termini catechetici, questa divisione - fatale per il destino eterno dell’uomo – significa, secondo il cardinale la sottovalutazione della dimensione veritativa della fede in ordine all’edificazione del soggetto cristiano. Il risultato è, ha ricordato l’arcivescovo, “che alla fine del primo percorso catechistico, quello che si conclude colla Cresima, non raramente il ragazzo non sa rispondere alla domanda "che cosa è …", semplicemente perché non sa, non conosce il "che cosa" di ciò che è [l’Eucarestia, la Chiesa, un sacramento …]. La didattica catechistica - il "come" trasmettere - oggi è una questione assolutamente secondaria, dal momento che è in pericolo il ciò che si trasmette. Non perché si trasmetta il contrario [= eresia], ma perché non si trasmette semplicemente”. Al convegno è intervenuto anche mons. Marcello Semeraro neo presidente della Commissione episcopale per la dottrina, l’annuncio della fede e della catechesi. (Da Bologna, Stefano Andrini)
Colombia: aperti i lavori dell’incontro continentale sull’impatto della cultura digitale
◊ Si è aperto ieri a Bogotà, in Colombia, per concludersi sabato 19 giugno l’incontro dei rappresentanti delle diverse istituzioni che partecipano al progetto di ricerca continentale riguardante “l'impatto della cultura digitale nella società latinoamericana”. I lavori, di cui riferisce la Fides, si propongono di approfondire la portata e le limitazioni della cultura digitale attraverso lo scambio di informazioni sugli studi specifici effettuati dai ricercatori che saranno presenti. Un altro proposito dell’incontro, che si tiene presso la sede del Celam, è quello di delimitare impegni e vantaggi reciproci nello sforzo dei lavori intrapresi per la produzione congiunta di queste conoscenze, che incidono sulla qualità della formazione e sull’evangelizzazione della realtà attuale del continente. Non meno importante sarà poi rafforzare i legami di comprensione e di amicizia tra i partecipanti e creare fiducia e unione in sinergia per facilitare la socializzazione e l'eccellenza delle attività di ricerca continentale. La sessione di apertura ha visto la partecipazione dell’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. L'incontro sarà inoltre l’occasione utile per riflettere sul cambiamento latinoamericano, in tempi segnati soprattutto dalla cultura della società digitale, e da una rete complessa d'interazioni tra società, tecnologia e cultura. Questo progetto continentale e multidisciplinare fa parte del lavoro della Rete Informatica della Chiesa in America Latina (Riial), www.riial.org, che dipende dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, dal Celam e dal Gruppo Interdisciplinare di Ricerca e Riflessione Gire, coordinato dal Centro di Comunicazione Educativa Audiovisiva (Cedal).
Giornata del bambino africano: aumenta l’impegno contro la mortalità infantile
◊ Nell’Africa sub-sahariana ogni anno muoiono 4,5 milioni di piccoli sotto i cinque anni, un milione di neonati nascono morti e un altro milione muore durante il primo mese di vita, di cui il 6% a causa dell'Aids trasmesso dalla madre, mentre la malaria è responsabile del 25% dei decessi infantili nel continente. Questi drammatici dati sono stati diffusi ieri in occasione della Giornata internazionale del bambino africano indetta dalle Nazioni Unite. Per la ricorrenza le principali organizzazioni internazionali che operano nel settore dell’infanzia hanno fatto il punto sulle politiche dei governi africani in materia di investimenti sulla salute, sull'istruzione e sul benessere dei bambini, e hanno lanciato un appello alla comunità internazionale affinché aumenti il suo impegno a raggiungere il quarto Obiettivo di sviluppo del millennio di ridurre di due terzi la mortalità infantile entro il 2015. Il raggiungimento dell’obiettivo “Significherebbe salvare le vite di ben 12 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni”, ha spiegato in una nota l’organizzazione Save the Children, che ha invitato i Paesi sviluppati ad inaugurare “Cento giorni di azione, sensibilizzazione e impegno” in occasione di tre importanti appuntamenti: il G8 di giugno, il summit dell'Unione africana di luglio e il summit Onu di settembre. Occorre però – aggiunge l’Ong - “raddoppiare l'attuale sostegno alla spesa nei Pvs, passando dai 31 miliardi di dollari stanziati nel 2008” ad almeno 67 miliardi entro il 2015, promuovere l’assistenza sanitaria gratuita per i bambini e per le donne incinte, e rendere accessibili a tutti le cure per la malaria e il morbillo, “principali cause di mortalità infantile”. Dello stesso avviso è Anthony Lake, direttore generale dell'Unicef: “Investire sui bambini oggi, produrrà vantaggi per le prossime generazioni”. L’agenzia delle Nazioni Unite collabora con i governi in tutta l'Africa ed in altre regioni per analizzare i bilanci statali in relazione al loro impatto sull’infanzia per facilitare un uso più efficace delle risorse pubbliche a fini sociali. Attraverso una serie di dichiarazioni e di obiettivi, i governi africani si sono impegnati a destinare il 15% del loro bilancio nazionale per la salute, il 20% per l'istruzione, il 10% per l'agricoltura e lo 0,5% del PIL per acqua e servizi igienico-sanitari. Secondo quanto riferisce l’Unicef, attraverso investimenti strategici per la sopravvivenza e il benessere dei bambini, anche Paesi con risorse limitate - come il Malawi - sono riusciti a ridurre notevolmente i tassi di mortalità infantile. Progressi anche sul fronte della frequenza scolastica che nell’Africa sub-sahariana è aumentata molto velocemente e Paesi come Benin, Etiopia, Mozambico e Repubblica Unita della Tanzania hanno registrato rapidi progressi. (M.G.)
Somalia: la difficile situazione dei bambini disabili della regione del Somaliland
◊ La richiesta di maggiore attenzione per i bambini disabili della regione somala del Somaliland è stata fatta in occasione della Giornata del Bambino Africano celebrata ieri. Spesso sono dimenticati, estromessi da qualunque progetto educativo, sanitario e di sostentamento. “L’accesso a strutture come scuole o ospedali, l’atteggiamento delle persone e la mancanza di una consapevolezza e sensibilità pubblica sono le vere barriere per il progresso di questi bambini, non le loro disabilità”, si legge in una nota del Disability Action Network, (Dan) la principale Ong impegnata con i bambini disabili fisicamente e mentalmente. Malgrado la convenzione sui diritti delle persone disabili, i bambini del Somaliland non sono considerati una priorità, in special modo a livello di strategie e di stanziamenti economici. Nel Somaliland - riferisce l'agenzia Fides - ci sono migliaia di bambini con disabilità fisiche e mentali e poche strutture disponibili per soddisfare le loro necessità”. “Ad esempio, i bimbi sordi di Mogadiscio frequentano le scuole per non udenti di Hargeisa, in quanto non hanno strutture disponibili nella loro città”. Per quanto riguarda le discriminazioni, la costituzione nega alle persone disabili il diritto ai pubblici impieghi. Secondo il Dan, circa il 10% dei bambini del Paese soffrono di una forma di disabilità. Nel Somaliland, il numero è destinato ad aumentare a causa dei rifugiati dei Paesi vicini. Il tasso di mortalità infantile e materna nella regione è tra i più elevati nel mondo, le cause principali sono malattie diarroiche, malaria ed infezioni respiratorie e l’accesso ai servizi di base è ancora una sfida in molte zone. (R.P.)
Al via in Nigeria il vertice su pace e sviluppo
◊ Si è aperto oggi in Nigeria il vertice del Consiglio africano dei leader religiosi. Fino a domani ad Abuja, capitale del Paese, saranno riuniti oltre 100 delegati in rappresentanza di Paesi diversi e differenti fedi religiose. Concepito negli anni Novanta come piattaforma di dialogo panafricana, il Consiglio è stato effettivamente costituito nel 2003 con l’obiettivo di rappresentare il luogo ideale di confronto per le religioni in un’ottica di pace. Il forum che comincia oggi sarà centrato sul tema “Promuovere giustizia, pace, sicurezza e sviluppo attraverso la forza delle comunità religiose d’Africa”. Diversi gli obiettivi prefissati come risulta da un documento diffuso alla vigilia dei lavori, e ripreso dall’agenzia Misna: prevenzione e risoluzione dei conflitti; promozione dei diritti umani e del buon governo; promozione di una comune base di accordo su dialogo interreligioso, riconciliazione e sviluppo; protezione dell’ambiente; rafforzamento del dialogo interreligioso; sostegno a rifugiati e sfollati. I lavori del Consiglio sono stati aperti dal presidente nigeriano, Goodluck Jonathan, che ha sottolineato il ruolo positivo assunto dai vertici religiosi nigeriani rispetto alle ricorrenti crisi intercomunitarie che hanno interessato alcune regioni del suo Paese. Inoltre Jonathan ha dato in particolare atto all’arcivescovo di Abuja, John Onaiyekan, e al sultano di Sokoto, Alhaji Muhammad Sa’ad Abubakar, di aver “sempre condannato violenze commesse in nome della religione, sostenendo al contrario la pace, qualche volta anche a costo della loro reputazione”. È di questo che ha bisogno l’Africa, ha aggiunto il presidente nigeriano e infine ha concluso: “Con personalità di questo tipo in Nigeria e in Africa in generale possiamo veramente dare inizio a un positivo cambiamento.” (M.A.)
A Bruxelles mons. Djomo ricorda l'impegno dei missionari in Congo
◊ "La Chiesa famiglia di Dio nella Repubblica Democratica del Congo è il frutto dell’ardore apostolico di missionari giunti in particolare dal Belgio, essa è nata grazie al duro lavoro di questi araldi del Vangelo". È quanto ha sottolineato domenica scorsa a Bruxelles, nella cattedrale dei Santi Michel e Gudule, il presidente della Conferenza episcopale nazionale del Congo, mons. Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe. Il presule ha celebrato una messa per ricordare i 50 anni della Repubblica Democratica del Congo e il giubileo d’oro dell’erezione della gerarchia episcopale locale insieme a mons. André Léonard arcivescovo di Malines-Bruxelles e a mons. Aloysius Jousten, vescovo di Liège e nella sua omelia ha evidenziato che amore e fede sono i due pilastri che permettono alla Chiesa di sperare un domani migliore per il popolo congolese. Mons. Djomo ha ringraziato la Chiesa belga per l’opera svolta in terra congolese anche attraverso centri sanitari, scuole e servizi sociali, necessari ad una vita degna dell’uomo. “La Repubblica Democratica del Congo si è impegnata per consolidare la sua unità nazionale e l’integrità del suo territorio – ha ricordato il vescovo di Tshumbe – le prove della guerra hanno contribuito a rinforzare la sua identità nazionale nella diversità delle tribù che costituiscono la sua popolazione. Tuttavia … dinanzi alla multiforme miseria – ha proseguito il presidente della Conferenza episcopale nazionale del Congo – alla povertà galoppante, alle inquietudini persistenti e fondate nella popolazione in relazione allo sviluppo e ad una esistenza pacifica, non bisogna nascondere il volto. Tutto ciò non corrisponde affatto al disegno d’amore e di pace di Dio e meno ancora alle legittime ambizioni del popolo congolese, che aspira alla prosperità e ad una società capace di assicurare a tutti i suoi membri il benessere”. Il presule ha aggiunto che la Chiesa congolese intende lavorare con tutti gli uomini e le donne che hanno a cuore lo sforzo di migliorare le condizioni di vita nel Paese, che il suo impegno è quello di evidenziare al popolo congolese le insufficienze dell’oggi e di permettere alla speranza di nascere e crescere. L’azione pastorale della Chiesa, ha detto ancora mons. Tshumbe, è volta a formare i cuori e gli spiriti dei congolesi, per svegliarli ai valori della pace, della giustizia e dell’amore; mira ad offrire assistenza al popolo congolese per minimizzare le conseguenze nefaste della guerra, deve affrontare la sfida dell’emergenza della democrazia e del suo consolidamento per uno Stato di diritto basato sul rispetto incondizionato dei diritti umani, e la sfida per la lotta contro la corruzione e il sostegno ad una cultura fiscale segno di solidarietà e di promozione del bene comune. Infine mons. Djomo ha esortato i congolesi che vivono in Belgio a dare un’immagine del loro Paese d’origine che sia degna della sua grandezza e ad offrire il loro contributo perché nella Repubblica Democratica del Congo lo sviluppo possa avere come fulcro la persona umana, permettendogli di condurre una vita degna e di aprirsi in maniera responsabile a Dio. (T.C.)
Corte di Strasburgo impone restituzione di un orfanotrofio al Patriarcato di Costantinopoli
◊ Con una sentenza presa all’unanimità, la Corte suprema dei diritti di Strasburgo ha imposto ieri alla Turchia di restituire l’orfanotrofio sull’isola di Buyukada al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Si chiude così un lungo contenzioso iniziato nel 1997 quando le autorità turche con diversi escamotage hanno cercato di sottrarre e procedere alla bonifica del territorio, senza alcun indennizzo per l’orfanotrofio. L’edificio in questione è imponente, integralmente in legno, vero gioiello architettonico costruito nel 1898 da una società francese e acquistato nel 1903 da un magnate greco di Istanbul, Zafiris, per essere donato al Fanar (la sede del Patriarcato) per poter ospitare gli orfani cristiani . L’orfanotrofio è stato chiuso nel 1964 e lasciato deperire. Secondo quanto riferisce AsiaNews, la sentenza è di grandissima importanza perché per la prima volta la Corte di Strasburgo impone allo Stato, la restituzione dell’immobile senza permettergli alcun compromesso, come versare un indennizzo in denaro, tenendosi la proprietà dell’immobile. Ma la decisione della corte appare ancora più significativa se si considera che a causa di questa sentenza avviene un esplicito riconoscimento dello stato giuridico del Patriarcato. Sinora infatti Ankara non ha riconosciuto il Patriarcato ecumenico, sebbene vi sia un certo miglioramento nei rapporti tra Ankara e Fanar, soprattutto dopo l’insediamento al governo del partito di Erdogan, l’Akp. Lo stesso premier Erdogan, accompagnato dal patriarca ecumenico Bartolomeo I, il 15 agosto del 2009 aveva visitato l’orfanotrofio per la prima volta, e da allora aveva dichiarato a più riprese che non si sarebbe opposto a una sentenza della corte di Strasburgo. Occorre ricordare che non avendo nessun riconoscimento giuridico da parte delle autorità turche, al Patriarcato ecumenico è proibito avere qualsiasi titolo proprietario in Turchia. Ad esso è permesso solo di servire le necessità religiose della comunità ortodossa di Istanbul. La stessa sede del Fanar appartiene alla Fondazione di San Giorgio. Lo stesso vale anche per le altre minoranze religiose in Turchia. Negli ambienti politici e diplomatici di Strasburgo si commenta che questa sentenza apre delle prospettive alle altre minoranze religiose riconosciute dalla Turchia, come quella armena ed ebrea, in accordo con il trattato di Losana(1923). La sentenza apre speranze anche per la minoranza cattolica, che vive in uno status incerto e cerca di sopravvivere mantenendo e conservando alcuni pochi immobili tra mille difficoltà ed incertezze . La sentenza è stata messa in risalto anche dai media turchi. E. Bajis, ministro per gli Affari Europei, interrogato dai giornalisti, ha ammesso che se lo aspettavano, ma non ha saputo dire se si faranno le necessarie aperture per il riconoscimento. Tempo fa primo il premier Erdogan aveva chiesto a Bartolomeo che uso il Fanar avrebbe fatto dell’orfanotrofio nel caso in cui venisse in possesso. Bartolomeo gli aveva risposto che l’intenzione era di adibire una parte a centro internazionale per la protezione dell’ambiente e un'altra parte a un centro per il dialogo interreligioso. (M.G.)
Polonia: per i vescovi l'ora di religione non è discriminante
◊ “L’insegnamento dell’etica in alternativa a quello della religione nelle scuole polacche è stato sempre sostenuto dalla Chiesa”. Così il portavoce della Conferenza episcopale polacca padre Jozef Kloch commenta la sentenza emessa il 15 giugno dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. I giudici di Strasburgo, interpellati dalla famiglia Grzelak, - riferisce l'agenzia Sir - scrivono che “la mancata possibilità di scegliere il corso di etica al posto di quello dI religione nelle scuole polacche viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”. La mozione dei Grzelak, controfirmata dalla Fondazione di Helsinki e presentata a Strasburgo nel 2002, sosteneva che il loro figlio, a causa del rifiuto di seguire le lezioni di religione sarebbe stato vittima di discriminazioni negli istituti scolastici frequentati. Mons. Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, ricorda che nel 1991 la legge introduttiva dell’insegnamento di religione nelle scuole polacche (attualmente presente nel 72% degli istituti) prevedeva in alternativa l’insegnamento dell’etica (attualmente insegnata nel 2,4% delle scuole). “Nel 1991 alcune forze indipendenti dalla Chiesa hanno fatto sì che agli studenti sia stata resa possibile anche l’eventualità di non frequentare alcuno di quei corsi”, osserva il presule precisando che proprio “tale situazione ha causato in molti istituti il mancato insegnamento dell’etica”. (R.P.)
Terra Santa: nuove proposte per il catechismo della Commissione ecumenica
◊ È stata aperta con una preghiera ecumenica la terza assemblea generale del Comitato centrale della Commissione Ecumenica per la Catechesi in Terra Santa che si è svolta la scorsa settimana a Dar Ad-Annadwa Duwaliah, a Betlemme. L’assise ha valutato e discusso di tre anni di lavoro nelle scuole cristiane di Gerusalemme e dei Territori dell’Autorità palestinese. Il comitato è costituito da cattolici, ortodossi, copti e assiri principalmente, rappresentanti le diverse Chiese cristiane in Terra Santa. Hanno preso parte all’incontro anche 35 insegnanti di diverse scuole cristiane di Gerusalemme, Betlemme, Ramallah e Nablus. Padre Ibrahim Shomali, segretario generale del Comitato ha presentato gli obiettivi e le attese della giornata e ancora ha rimarcato la necessità di un piano pastorale di educazione cristiana che tenga conto degli avvenimenti accaduti recentemente e in particolare del documento “Kairos Palestina”, l’appello firmato e diffuso, in vista del Natale dello scorso anno, da un gruppo di leader cristiani di diverse confessioni, perché si ponga fine all’occupazione dei Territori palestinesi, si elimini il muro di separazione in Terra Santa e venga negoziata, con serietà e chiarezza, e costruita la pace. Suor Virginia Habib, direttrice dell’Ufficio catechistico al Patriarcato latino e segretario generale aggiunto del Comitato ecumenico, ha illustrato lo statuto della Commissione ecumenica per la catechesi e ha spiegato la natura, gli obiettivi il funzionamento e la struttura della Commissione con il suo Comitato centrale, il Comitato generale e i Comitati locali. Tony Nassar, della scuola luterana di Betlemme, ha invece tenuto una relazione su “L’appartenenza religiosa e sociale nella catechesi”. Suddivisi in gruppi, i partecipanti all’assemblea hanno poi discusso delle forze, debolezze, opportunità e minacce dell’insegnamento catechetico in Terra Santa mentre Charlie Abu Saada, rappresentante della Chiesa melchita, ha spiegato le ragioni e le circostanze della genesi del documento “Kairos Palestina” che è stato valutato anche come testo da introdurre nel catechismo nel prossimo anno scolastico. (T.C.)
Iraq: Premio Bellisario al ministro cristiano per i Diritti umani
◊ Nel corso di una cerimonia, verrà consegnato domani a Roma alla signora Wijdan Mikha’il Salim, ministro dei Diritti umani dell’Iraq, il premio “Marisa Bellisario”, per la sezione “Internazionale”. La “Mela d’oro”, simbolo del premio, è il riconoscimento che ogni anno premia le donne che si sono distinte nella professione, nel management, nella scienza, nell'economia e nel sociale a livello nazionale ed internazionale. L’edizione 2010, la XXII della serie, - riferisce l'agenzia Sir - ha come titolo “Donne: motore dello sviluppo”. Wijdan Mikha’il Salim fu nominata Ministro dei Diritti Umani nel 2006. Laureata in ingegneria civile a Baghdad ha iniziato la carriera politica nel 2003 e nelle elezioni del 2005 è stata eletta nella lista di Iyad Allawi. In una nota verbale dell’ambasciata italiana in Iraq, rilanciata dal sito Baghdadhope, si legge che “il premio alla Ministro rappresenta un riconoscimento per l’impegno del governo iracheno nel campo dei diritti umani a dispetto delle difficoltà”. Rispetto per i diritti umani che tocca la Signora Salim anche perché di fede cristiana e quindi membro di quella minoranza che, secondo quanto da lei stessa dichiarato nel 2009 durante una visita in Svizzera, avrebbe bisogno di una legge di protezione speciale”. (R.P.)
La Caritas ambrosiana sulla drammatica situazione nelle carceri italiane
◊ Dall’inizio dell’anno, 32 detenuti si sono tolti la vita e 96 agenti penitenziari sono stati aggrediti e feriti. Numeri che “raccontano la situazione drammatica delle carceri, effetto di una popolazione carceraria che nella storia dell’Italia repubblicana non è mai stata così numerosa”. È la denuncia lanciata oggi dalla Caritas ambrosiana sullo stato delle carceri in Italia. Al momento - riferisce l'agenzia Sir - si contano circa 67 mila detenuti, oltre una volta e mezza il numero degli ospiti consentiti dalle norme. Secondo la Caritas, “il sovraffollamento rende la vita impossibile a tutti: ai detenuti, ai poliziotti, agli operatori sociali” con la conseguenza che “il sistema carcerario sta diventando solo un luogo di afflizione, un posto ingiusto e insensato, che viene sempre più meno agli scopi di rieducazione e reinserimento sociale previsti dalla Costituzione”. In questo contesto, la Caritas sostiene che “la vera riforma, significativa e risolutiva, sarebbe quella di prevedere un nuovo sistema sanzionatorio, basato sulla giustizia ripartiva”. La Chiesa ambrosiana è da sempre vicina al mondo del carcere con oltre 500 volontari che offrono assistenza ai detenuti e ai loro familiari, attraverso visite periodiche e l’affiancamento degli operatori sociali nelle sette case circondariali e di reclusione presenti nella diocesi. (R.P.)
Dalla Galizia un messaggio ai giovani in vista della Gmg del 2011 a Madrid
◊ Nel corso dell’Anno Santo compostelano che, il prossimo mese di novembre, avrà come ospite straordinario Benedetto XVI, la regione della Galizia, in Spagna, si prepara per la celebrazione di altri due avvenimenti che vedranno i giovani protagonisti: il pellegrinaggio dei giovani spagnoli il mese d’agosto a Compostela e la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid l’anno prossimo. Ieri è stata presentata nella città di Lugo, una lettera collettiva firmata dai sei vescovi delle cinque diocesi della Galizia, indirizzata in particolare ai giovani. Al centro del messaggio si mette in risalto la vocazione dell’apostolo Giacomo, il quale, dopo il suo incontro con il Signore, è diventato suo discepolo ed evangelizzatore fino ai confini della terra. In contrasto con gli altri messaggi che ci offre il mondo, l’apostolo Giacomo, con la sua esperienza personale, ci parla di un grande amore e della possibilità di sentirci sempre accompagnati da Gesù. Ed è anche in questo spirito che ogni credente fa il Cammino di Santiago. ”La nostra fede è credibile - dice la lettera dei vescovi - perché ha la forza dell’amicizia di coloro che camminano uniti, senza esclusioni né frontiere, guidati dal vero Maestro”. I vescovi della Galizia ricordano che tra il 5 e l’8 agosto avrà luogo il Pellegrinaggio e l’Incontro dei giovani che si terrà a Compostela sotto il motto: “Amici nel Signore come l’apostolo San Giacomo”, al quale prenderanno parte giovani di tutta la Spagna. In questa occasione, ma anche prima della Giornata mondiale a Madrid del 2011, migliaia di giovani arriveranno come pellegrini a Compostela. Quindi i vescovi fanno un appello ai giovani della Galizia affinché partecipino alla celebrazione di questi eventi, in particolare offrendo la necessaria accoglienza ai loro coetanei anche nelle loro famiglie. La lettera conclude affermando che “l’amore di Dio che abbiamo conosciuto grazie a Gesù, del quale San Giacomo è testimone, rinvigorirà le vostre vite e vi renderà protagonisti del futuro della nostra Chiesa e del nostro mondo”. Durante la conferenza stampa presieduta da mons. Alfonso Carrasco Rouco, vescovo di Lugo e responsabile della Pastorale della Gioventù di Galizia, è stato detto che la Croce di legno, simbolo delle Giornate della Gioventù, sarà accompagnata dai giovani per tutta la Galizia tra il 10 luglio e l’8 agosto. (Dalla Spagna, padre Ignacio Arregui)
Israele: dopo 4 anni, decisa la rimozione del blocco sulla Striscia di Gaza
◊ Il gabinetto israeliano per la sicurezza ha deciso di allentare la morsa attorno alla Striscia di Gaza, approvando una serie di misure per facilitare l’ingresso di “beni a uso civile” e di “materiali per progetti civili”. Secondo il comunicato ufficiale del governo Netanyahu, “sarà ampliato in modo controllato l'ingresso di materiali per progetti civili, che sono sotto supervisione internazionale”. Al tempo stesso, però, lo Stato ebraico manterrà in vigore le misure di sicurezza esistenti per prevenire “l’afflusso di armi e di materiali bellici” nella Striscia. In cambio di un alleggerimento di un embargo che si protrae da 4 anni, con gravi conseguenze per la popolazione civile palestinese, Israele ha invocato “un intervento della comunità internazionale per l’immediata liberazione del soldato Gilad Shalit”, prigioniero di Hamas dal giugno del 2006. Sulla decisione israeliana, Giada Aquilino ha intervistato Giorgio Bernardelli, esperto di questioni mediorientali:
R. – Questo è un impegno che bisognerà verificare alla prova dei fatti. Secondo me, significa due cose: da una parte, che l’operazione contro la nave turca si è rivelata alla fine un boomerang. Israele è costretto ora ad allentare questo blocco imposto alla Striscia di Gaza proprio per le pressioni internazionali che arrivano da ogni parte. Il secondo aspetto, però, è che bisognerà vedere nel concreto che cosa vuol dire questo allentamento. Ad esempio, si è già capito che rimarrà fuori il cemento dai beni che potranno entrare in questo modo a Gaza, e questo è un problema molto grosso. A Gaza è ancora completamente aperta la questione della ricostruzione. C’è questo accenno al ruolo delle organizzazioni internazionali, che poi a Gaza significa sostanzialmente l’Unrwa, che è l’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi, ed è un accenno importante perché indica che finalmente anche Israele mette al centro questo soggetto rispetto al futuro di Gaza. In passato, invece, spesso l’ha accusato indiscriminatamente di collaborazionismo con Hamas.
D. – Israele ha precisato che resta in vigore il blocco navale della Striscia …
R. – Questo significa che molto presto si riproporrà il problema delle navi turche, che magari avranno un’altra nazionalità. Si parla già delle navi iraniane che sarebbero già partite alla volta di Gaza: di fronte ad una prospettiva in cui si comincia davvero a ragionare sul futuro della Striscia, anche queste azioni dimostrative che Hamas cerca di cavalcare per i propri interessi, perderebbero molto del loro potenziale.
D. – In questa situazione, qual è il ruolo di Hamas?
R. – Hamas ha tutto l’interesse a far vedere che queste misure sono insufficienti, perché appunto non si tratta solo di assicurare i beni di prima necessità per garantire la sopravvivenza alimentare della popolazione; c’è davvero anche il bisogno di ricostruire, di ricreare condizioni vivibili all’interno della Striscia. Il problema è che finché questa rimane una partita a scacchi tra il governo di Netanyahu e Hamas, Gaza rimane chiusa in un vicolo cieco. La vera scommessa – e su questo la comunità internazionale deve davvero aggrapparsi con forza – è il ruolo delle agenzie internazionali che a Gaza sono presenti, per fare uscire questo angolo del mondo dal vicolo cieco in cui da troppo tempo abbiamo lasciato che si cacciasse.
Afghanistan
In Afghanistan solo nove distretti su 364 che compongono il Paese possono essere considerati totalmente sicuri. Tutti gli altri invece vivono sotto la minaccia dei talebani, sebbene in percentuale variabile. Lo hanno affermato le autorità di Kabul davanti ad una commissione parlamentare, in vista dei nuovi appuntamenti elettorali in programma per settembre. Intanto, stamattina la guerriglia ha colpito nel sud. In diversi attentati sono morti almeno 5 soldati afghani e uno dell’Isaf.
Pakistan
I talebani sono sempre attivi anche nel vicino Pakistan. Decine di soldati di Islamabad risultano dispersi in seguito all’assalto contro un posto di controllo avvenuto oggi proprio a ridosso del confine. Almeno 63 guerriglieri e 10 militari hanno perso la vita in altri scontri, sempre nell’area di frontiera. Dato l’isolamento della zona le notizie sono tuttavia confuse.
Iraq
Il ramo iracheno di Al Qaeda ha rivendicato oggi via internet l’attacco contro la Banca Centrale Irachena, che, domenica scorsa, ha provocato 19 vittime e una cinquantina di feriti. Confermate dunque le ipotesi avanzate dalle autorità di Baghdad, che avevano puntato il dito contro il gruppo di Osama Bin Laden subito dopo l’accaduto. I terroristi hanno affermato che il commando era composto da soli 5 uomini, i quali – precisano nel comunicato – in meno di 30 minuti sono riusciti a prendere il controllo della struttura che si trova nel cuore della capitale irachena.
Kirghizistan
Sembra essersi placata l’ondata di violenza interetnica che ha sconvolto il Kirghizistan provocando quasi duecento morti e quattrocentomila tra sfollati e profughi. La Croce Rossa Internazionale ha segnalato che è in atto una grave crisi umanitaria, lamentando la mancanza di beni di prima necessità per la popolazione che vive nel timore costante della ripresa degli scontri. I primi aiuti sono cominciati ad arrivare solo ieri, mentre Unione Europea, Onu e Osce si apprestano a varare un piano straordinario di sostegno.
Economia-Ue
Una tassa sulle banche, in modo che anche gli istituti di credito contribuiscano a far fronte alla crisi. Questa l’ipotesi al vaglio del Consiglio europeo riunito a Bruxelles. La bozza finale, attesa in giornata, sottolineerebbe anche la necessità di sanzioni e incentivi collegati al risanamento dei conti pubblici dei singoli Paesi. Tutti gli Stati membri si sono detti pronti a nuovi tagli, se saranno necessari.
Economia - Bce
La Banca Centrale Europea, nel bollettino mensile di giugno, ha chiesto ai governi riforme strutturali urgenti per garantire la ripresa. L’istituto di Francoforte ha segnalato inoltre il peggioramento dell’occupazione a fronte di una crescita moderata nella zona Euro nel prossimo periodo.
Economia - Spagna
Il Tesoro spagnolo ha venduto circa 3,5 miliardi di Euro di titoli di Stato a lunga scadenza ma con tassi d’interesse in forte crescita sulla scia dei timori sulla tenuta del debito di Madrid. In particolare, sono stati emessi 3 miliardi di Euro di titoli decennali e 479 milioni di titoli a trent'anni. Intanto, le autorità locali hanno fatto sapere che le banche spagnole useranno solo un terzo dei 99 miliardi di Euro del fondo pubblico per la loro ristrutturazione, messo a disposizione l’anno scorso.
Birmania-Bangladesh inondazioni
Almeno un centinaio di morti e migliaia di senzatetto in Birmania e Bangladesh per le piogge torrenziali che si sono abbattute su questi due Paesi nelle ultime 48 ore. Ci riferisce Maria Grazia Coggiola:
Non ci sono stime precise ma secondo i media locali in questi giorni almeno un centinaio di persone sono morte e decine risultano disperse. Le forti piogge, iniziate tre giorni fa, hanno creato enormi danni, in particolare nel sud-ovest del Bangladesh, vicino alla frontiera birmana, dove vivono decine di migliaia di profughi appartenenti ad una minoranza etnica, i Rohingyas, perseguitata dal regime di Rangoon. Le infrastrutture, le strade, l’elettricità sono inagibili. Si presenta difficile l’accesso in certe zone del regime birmano, dove si hanno pochissime informazioni sul disastro. In Bangladesh sono morte almeno 55 persone, ad ogni stagione monsonica nella zona sono molto frequenti le inondazioni, ma secondo le autorità queste piogge sono le più devastanti degli ultimi 30 anni.
Ue-Iran-Russia
Il Consiglio europeo, come annunciato in questi giorni, ha adottato nuove sanzioni nei confronti dell’Iran che riguardano il settore commerciale, finanziario e quello energetico. La Russia si è detta delusa per la decisione. Azioni unilaterali – ha fatto sapere Mosca – sono contrarie all’attività congiunta intrapresa dalla comunità internazionale attraverso le Nazioni Unite.
Italia - immigrazione
Ricerche senza alcun esito nel Canale di Sicilia dopo l’Sos lanciato ieri sera da un barcone carico di immigrati. La segnalazione di aiuto è giunta ai parenti residenti in Italia. La Guardia costiera di Lampedusa ha inviato una motovedetta e un elicottero che hanno perlustrato un ampia zona di mare.
Italia trapianto
In Italia un detenuto di una casa circondariale piemontese ha offerto il proprio rene chiedendo di poter diventare un "donatore samaritano", cioè senza un legame di parentela o affettivo con chi eventualmente riceverà l’organo. Si tratta del primo caso del genere nel Paese, ora al vaglio del Centro Nazionale Trapianti. (Panoramica Internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 168
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