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Sommario del 14/06/2010
Benedetto XVI alla Pontificia Accademia Ecclesiastica: i nunzi siano segno della presenza e della carità del Papa
◊ I nunzi apostolici sono chiamati ad essere un ponte tra le Chiese particolari e la Sede Apostolica: è l’esortazione di Benedetto XVI ai membri della Pontificia Accademia Ecclesiastica, ricevuti stamani in udienza in Vaticano. Il Papa si è soffermato sul concetto di rappresentanza del Pontefice che implica una vera passione per la comunione ecclesiale. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto da mons. Beniamino Stella, presidente dell’Accademia in cui si formano i sacerdoti che si preparano a far parte del servizio diplomatico della Santa Sede. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Chi è chiamato a rappresentare il Pontefice presso gli Stati o le Organizzazioni internazionali deve essere animato da una piena adesione alla Sede Apostolica: è quanto affermato da Benedetto XVI alla Comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Ha quindi sottolineato che il concetto di rappresentanza, per i diplomatici vaticani, non è qualcosa di meramente formale. Si tratta in realtà, ha osservato, di un servizio che implica la partecipazione alla sollecitudine ecclesiale propria del Ministero Petrino. Una prospettiva, ha proseguito, che richiede di “alimentare con speciale attenzione” alcune dimensioni a partire dalla piena adesione al Magistero del Pontefice. Quindi, ha soggiunto, il nunzio deve essere “un solido ponte, un sicuro canale di comunicazione tra le Chiese particolari e la Sede Apostolica”:
“Da un lato, ponendo a disposizione del Papa e dei suoi collaboratori una visione obiettiva, corretta e approfondita della realtà ecclesiale e sociale in cui si vive, dall’altro, impegnandosi a trasmettere le norme, le indicazioni, gli orientamenti che emanano dalla Santa Sede, non in maniera burocratica, ma con profondo amore alla Chiesa e con l’aiuto della fiducia personale pazientemente costruita, rispettando e valorizzando, allo stesso tempo, gli sforzi dei Vescovi e il cammino delle Chiese particolari presso le quali si è inviati”.
Il servizio che vi preparate a svolgere, ha detto il Papa agli alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica, esige una dedizione piena e, se necessario, anche il sacrificio di intuizioni e progetti personali. Tuttavia, nutrendo sempre un intenso rapporto con il Signore, ciò risulterà arricchente, offrendo la possibilità di mettersi in sintonia “con la prospettiva e con il servizio all’unità” proprio del Ministero del Successore di Pietro:
“In tal modo il Rappresentante Pontificio – unitamente a chi collabora con lui - diventa veramente segno della presenza e della carità del Papa. E se ciò è un beneficio per la vita di tutte le Chiese particolari, lo è specialmente in quelle situazioni particolarmente delicate o difficili in cui, per svariate ragioni, la comunità cristiana si trova a vivere”.
Si tratta, ha detto il Papa, “di un autentico servizio sacerdotale, caratterizzato da un’analogia non remota con la rappresentanza di Cristo, tipica del sacerdote che, come tale, ha un’intrinseca dimensione sacrificale”. Proprio da qui, ha aggiunto, deriva lo stile peculiare del servizio di rappresentanza che viene determinata non solo dall’ambiente in cui si opera, ma innanzitutto da colui che si è chiamato a rappresentare:
“Il farsi portavoce del Vicario di Cristo potrà essere impegnativo, talora estremamente esigente, ma non sarà mai mortificante o spersonalizzante. Diventa, invece, un modo originale di realizzare la propria vocazione sacerdotale”.
Altre udienze
◊ Benedetto XVI ha incontrato questa mattina un gruppo di presuli della Conferenza episcopale del Brasile, (Regione Leste II) in visita ad Limina.
Mons. Gonçalves de Almeida nuovo sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi
◊ Benedetto XVI ha nominato sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi mons. José Aparecido Gonçalves de Almeida, della diocesi di Santo Amaro in Brasile, già officiale del medesimo dicastero vaticano.
Solenni funerali nel Duomo di Milano per mons. Luigi Padovese. Il Papa: un uomo del dialogo e della riconciliazione. La Santa Sede rappresentata da mons. Farhat
◊ Un "amato pastore" e un generoso testimone e artefice del "dialogo per la riconciliazione". Sono le parole che Benedetto XVI ha scritto nel telegramma indirizzato all'arcidiocesi di Milano nel giorno in cui la comunità ambrosiana si è stretta attorno alla salma di mons. Luigi Padovese per la celebrazione delle esequie solenni. Nel Duomo del capoluogo lombardo - città dove il vicario apostolico di Anatolia era nato 63 anni fa - il cardinale arcivescovo, Dionigi Tettamanzi, ha presieduto la cerimonia funebre in una cornice di grande partecipazione e commozione, alla presenza di 40 vescovi di varie parti d'Europa e circa 200 sacerdoti. Il nunzio apostolico per l’Italia, l'arcivescovo Giuseppe Bertello, ha letto il messaggio del Pontefice, addolorato dall’uccisione del presule, avvenuta il 3 giugno scorso in Turchia. Il servizio, da Milano, di Fabio Brenna:
“Il Sommo Pontefice si unisce a tutti i presenti nel raccomandare l’anima nobile di questo amato pastore all’infinita misericordia di Dio e nel rendere grazie per la sua generosa testimonianza al Vangelo e il suo fermo impegno per il dialogo e per la riconciliazione che ha caratterizzato la sua vita sacerdotale e il suo ministero episcopale”.
Queste le parole di mons. Bertello al rito, concelebrato da una quarantina di vescovi e da duecento sacerdoti, in un Duomo riempito da cinquemila fedeli e dalle autorità civili. Il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, personalmente legato al vescovo ucciso, nell’omelia ha paragonato mons. Padovese al chicco di grano che, morendo, ha portato molto frutto:
“Un chicco di grano che silenziosamente porta frutto è stato padre Luigi nei suoi incessanti sforzi di costruire spazi di dialogo e di incontro tra culture, tra religioni e tra gli stessi cristiani”.
Nel solco di quel dialogo e azione di pace operata da mons. Padovese, riconosciuta anche in un messaggio dal cardinale Peter Erdo, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, il cardinale Tettamanzi ha avuto parole anche per la piccola Chiesa di Turchia, che vissuto spesso delle difficoltà:
“Vogliamo come Chiesa ambrosiana, insieme a tutte le comunità cristiane, accogliere e affrontare la sfida di essere sempre più cosciente della vostra identità cristiana e di saper offrire, senza alcuna paura, sempre e dappertutto, la testimonianza di una vita autenticamente evangelica, amando Cristo ed ogni uomo sino alla fine”.
Commosso il ricordo finale di mons. Ruggero Franceschini, amministratore apostolico dell’Anatolia e arcivescovo di Smirne, che ha invitato tutti a non lasciare sola la Chiesa di Turchia.
“A chi si occupa di formazione, tenete aperta una finestra su questa terra e sul dolore della Chiesa che la abita. Siate la voce di chi non ha neanche la libertà di gridare la propria pena! La verità e la giustizia, al di là di ogni umana convenienza. E così, a chi si occupa di politica o di economia”.
La Santa Sede era rappresentata da mons. Edmond Farhat, ex nunzio apostolico in Turchia, che ordinò vescovo mons. Padovese. Il Papa ha inviato altri due telegrammi di cordoglio, uno per la famiglia dell’ucciso, l’altro per i Frati cappuccini, al cui Ordine apparteneva apparteneva il presule scomparso. Il feretro è stato poi tumulato nella tomba di famiglia a Milano.
Sulla figura di mons. Padovese, Fabio Colagrande ha raccolto la testimonianza di un suo amico e confratello, fr. Paolo Martinelli. Dal 2004 - quando Padovese divenne vescovo – il religioso cappuccino è divenuto il suo successore nell'incarico di preside dell'Istituto francescano di spiritualità della Pontificia Università Antonianum:
R. - Lo ho apprezzato come studioso, come direttore del nostro Istituto e poi, direi, per questa sua grande passione che ha avuto per la terra di Turchia, per la terra delle origini cristiane: passione che ha sempre comunicato anche a noi come corpo docente, coinvolgendoci in queste attività. Nel 2004, venne chiamato a diventare vescovo come vicario dell’Anatolia e da qui in avanti la nostra amicizia e la nostra collaborazione è diventata ancora più forte, perché abbiamo iniziato a lavorare insieme per questi convegni. Io mi sono un po’ preoccupato di portare avanti le cose stesse che lui aveva iniziato nell’ambito della ricerca delle origini cristiane in un confronto sia a livello delle Università Pontificie, sia anche a livello di Università statali, cercando di coinvolgere studiosi stessi della Turchia e delle loro Università. Ero rimasto sempre più colpito dalla sua passione di poter utilizzare la ricerca delle origini cristiane come elemento di dialogo e di incontro con le persone appartenenti ad una cultura diversa.
D. - Quello che balza agli occhi è come mons. Padovese sia riuscito a trasformare questa attività scientifica e spirituale in una vera e propria pastorale sul campo…
R. - La vera teologia ha sempre un orizzonte pastorale. Io direi che in lui questo si è esplicitato proprio nel momento in cui è stato chiamato ad essere pastore della Chiesa che c’è in Anatolia. Ho visto proprio questa sua passione di studioso che è diventata sempre di più una possibilità per portare avanti anche una attività pastorale di cura delle comunità cristiane in Anatolia, che vivono, allo stesso tempo, il dialogo ecumenico e anche il confronto con la realtà dell’Islam. Una persona fondamentalmente positiva, capace di affrontare anche problemi molto forti, molto pesanti, molto complessi. Emerge sempre in lui questo modo per cui anche una cosa negativa che può essere successa, può poi diventare la strada per una nuova riconciliazione. Era un suo tratto umano peculiare. Era l'avere la certezza che ciò che il Signore ha posto dentro la nostra storia, con il dono che ha fatto di se stesso nell’Eucaristia e nel mistero pasquale, cambia fondamentalmente tutto il modo di guardare la vita. Mai c’è la parola “fine” di fronte anche alla violenza, all’incomprensione. Questa rimane per me una lezione, una testimonianza molto grande di mons. Padovese.
Dare un quadro giuridico all’economia globalizzata: messaggio dell’arcivescovo Marchetto alla Conferenza delle Capellanie universitarie europee
◊ “Pace, riconciliazione e giustizia sociale” è il tema del Seminario, aperto oggi all’Università di Conventry in Gran Bretagna, promosso dalla Conferenza delle Cappellanie universitarie europee. A tutti i partecipanti all’incontro, che proseguirà fino a venerdì 18 giugno, è giunto un messaggio dell’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Il servizio di Roberta Gisotti.
“La formazione intellettuale, spirituale ed umana delle menti e dei cuori dei giovani è fondamentale per creare un mondo migliore!”, ha plaudito l’iniziativa di questa Conferenza, mons. Marchetto, ricordando che “il Magistero della Chiesa cattolica ha sempre sottolineato la possibilità di avere la pace attraverso la giustizia sociale e la riconciliazione”. “Naturalmente – ha aggiunto – al giorno d’oggi, combattere la povertà richiede un’attenta considerazione del complesso fenomeno della globalizzazione”, che “in molti casi” “crea divisioni e conflitti”. Per questo il presule si è detto convinto che la globalizzazione vada “guidata, piuttosto, come una buona opportunità per realizzare qualcosa di importante nella lotta contro la povertà, e per mettere a disposizione della giustizia e della pace risorse finora impensabili”.
Una globalizzazione, dunque, “finalizzata agli interessi della grande famiglia umana”, volta al “bene comune universale”. Se dunque necessita - ha osservato il presule, “un forte senso di solidarietà globale tra Paesi ricchi e Paesi poveri, nonché all’interno dei singoli Paesi”, la lotta alla povertà richiede “un efficace quadro giuridico per l’economia”, in modo da consentire “alla comunità internazionale, e soprattutto ai Paesi poveri, d’individuare strategie coordinate per affrontare i problemi”. E tra i grandi problemi c’è il terrorismo, che va sconfitto – ha indicato il segretario del dicastero vaticano – attraverso sinergie internazionali “sul piano politico, diplomatico ed economico al fine di alleviare situazioni di oppressione e marginalizzazione”, che facilitano il reclutamento dei terroristi, laddove “i diritti vengono concultati e le ingiustizie tollerate per lungo periodo di tempo”. In questo ambito, l’arcivescovo Marchetto ha richiamato la “grave responsabilità dei leader religiosi nel promuovere una cultura del perdono e della riconciliazione”.
Mons. Tomasi all'Ilo di Ginevra: tutelare il lavoro domestico con leggi che garantiscano diritti e dignità
◊ Tra le categorie di lavoratori più “vulnerabili”, per le quali gli Stati devono dotarsi di legislazioni più adeguate, figurano certamente gli impiegati nel settore domestico. Lo ha affermato in un suo recente intervento alla 99.ma sessione della Conferenza internazionale del lavoro (Ilo), l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra. Al microfono di Alessandro De Carolis, il presule spiega come i lavoratori domestici, in larga maggioranza immigrati, siano esposti a un “doppio rischio”:
R. – Io mi sono espresso in questi termini, dicendo che è doppiamente a rischio questa categoria di lavoro perché in molti casi sono delle persone che vengono o da ambienti rurali poveri o da Paesi in via di sviluppo e che dunque non hanno garanzie affinché il loro contratto sia corretto, perché abbiano un minimo di preparazione linguistica o culturale per adattarsi al nuovo posto di lavoro. E poi, quando arrivano, la natura stessa del lavoro domestico è dispersiva. Sono un po’ alla mercé delle famiglie dove vanno a lavorare: se la famiglia è interessata, hanno delle condizioni accettabili, altrimenti ci sono seri rischi - e questo capita in molte parti – di restare vittime abusi sessuali o di mancanza di rispetto di un minimo salario.
D. – Come si tutela questa categoria di lavoratori?
R. – Il passo importante che è stato fatto in questa 99.ma Conferenza dell'Organizzazione internazionale del lavoro è la decisione, presa a grande maggioranza, di preparare una nuova Convenzione internazionale per la protezione specifica di queste persone che lavorano nell’ambito domestico, in modo che nella fase di preparazione, nella formulazione del contratto, nella regolamentazione delle agenzie di reclutamento, e creando addirittura dei meccanismi che consentano di fare appello in caso di emergenza o di abuso, vi siano delle misure pratiche, concrete, che aiutino queste persone a inserirsi nel lavoro normale.
D. - Nel corso del suo intervento, lei ha messo in risalto altre categorie di lavoratori che hanno bisogno di tutela legislativa: in particolare, quella dei lavoratori rurali e quella dei giovani disoccupati. Qual è la posizione della Santa Sede su questo punto?
R. – In questo momento di crisi economica, abbiamo dai due ai due ai due miliardi e mezzo di persone, che hanno il loro piccolo salario del lavoro agricolo. Mi pare, specialmente nei Paesi sviluppati dell’Unione Europea, che i giovani stentino a trovare lavoro. Dal 2008 al 2009, c’è stato un aumento fino a 8 milioni e mezzo di giovani senza lavoro: il più grosso aumento negli ultimi dieci anni. Quindi, c’è bisogno da parte degli Stati e da parte dei datori di lavoro di trovare delle forme innovative che possano dare la possibilità a questi giovani di entrare nel mercato del lavoro, in modo che possano non solo contribuire alla ripresa economica, ma anche avere la possibilità di essere delle persone costruttive nella società in cui vivono.
D. – Lei ha concluso il suo intervento, come più volte fatto dal Papa negli ultimi mesi, cioè ribadendo che la crisi economica attuale è "un’opportunità". In che senso?
R. – E’ un’opportunità perché può facilitare la rimessa al centro di tutte le preoccupazioni economiche della persona umana. Le priorità non sono di profitto, non sono i meccanismi finanziari e le manovre, alle volte molto imprudenti, delle banche che ci hanno portati a questa crisi, ma rimangono gli interessi e i diritti delle persone e delle loro famiglie. L’attenzione a questi grandi numeri di persone, che sono più vulnerabili, perché sono meno tutelate nella ricerca del loro lavoro, è una maniera per facilitare questo processo.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ I primi operai della civiltà dell'amore: all'Angelus Benedetto XVI ricorda il contributo dei sacerdoti al rinnovamento spirituale e sociale.
Il rappresentante pontificio segno della presenza e della carità del Papa: il discorso di Benedetto XVI alla Pontificia Accademia Ecclesiastica.
In prima pagina, i funerali - celebrati a Milano dal cardinale Dionigi Tettamanzi - del vescovo Luigi Padovese, vicario apostolico di Anatolia.
Il cardinale Tarcisio Bertone in Slovenia per il congresso eucaristico nazionale.
Ancora molti ostacoli nella lotta contro l'Aids: nell'informazione internazionale, l'intervento della Santa Sede alla 64 sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Quando in Spagna c'erano troppi conventi: in cultura, Vicente Carcel Orti sulle persecuzioni anticattoliche seguite alla nascita della Seconda Repubblica; la cronaca degli assalti nei rapporti inviati dal nunzio Federico Tedeschini al segretario di Stato Eugenio Pacelli nel maggio 1931.
Un articolo di Marco Roncalli dal titolo "La donna che fece incontrare il Papa e l'ebreo": il 3 giugno 1960 la storica udienza di Giovanni XXIII a Jules Isaac.
Una stella nello zaffiro: Mary Melone sulla Chiesa e il martirio secondo Antonio di Padova, di cui ieri si è celebrata la memoria liturgica.
La vittoria dei separatisti fiamminghi in Belgio e la forza crescente delle entità locali
◊ Nuovi scenari in Belgio all’indomani delle elezioni per il rinnovo del parlamento federale. Le urne hanno, infatti, decretato come primo partito nel nord quello degli scissionisti fiamminghi: non era mai successo. “Lo Stato deve essere riformato”, ha detto il leader del movimento, Bart De Wever. Tuttavia, il primo partito del Belgio diventa quello socialista, guidato da Elio Di Rupo, che potrebbe ora essere designato come nuovo premier. Da Bruxelles, Laura Serassio:
Gli elettori hanno scelto l’indipendentista, Bart De Wever, nelle Fiandre, al Nord, e i socialisti Elio Di Rupo nella Vallonia, al Sud. Il tema del separatismo che ha tenuto banco nei media nelle ultime settimane non era uno spettro, ma la realtà che ha spostato gli umori dei belgi verso una formazione politica nuova per la prima volta indipendentista, senza essere estremista. La vittoria riportata dai separatisti della nuova alleanza fiamminga N-Va di Bart De Wever è storica. All’N-Va va il numero più alto dei 150 seggi in parlamento, seguito a ruota dai socialisti di Elio Di Rupo, vincitore indiscusso nella zona meridionale. Alla formazione di sinistra francofona però si aggiungono i voti degli omologhi fiamminghi, che fanno, dunque, della famiglia socialista “due lingue” la formazione politica più numerosa del parlamento. Questo potrebbe fare di Elio Di Rupo il nuovo premier, che di certo però non potrà fare a meno di governare con De Wever, cercando un’improbabile ma inevitabile coalizione e in fretta. Da due settimane al Paese toccherà la presidenza di turno dell’Unione Europea.
E sulla complessa situazione politica post elettorale in Belgio, Stefano Leszczynski ha chiesto a Ugo Draetta, docente di Diritto internazionale all’Università Cattolica di Milano, come si possa leggere questo risultato politico alla luce della prossima presidenza europea belga:
R. – Innanzitutto, non è una situazione nuova. Sono un po’ di anni che il Belgio è in una situazione di crisi di governo che si è acutizzata ora e quindi non è una grande sorpresa. La seconda cosa è che c’è una crisi dello Stato nazionale in Europa ed è un problema che comincia a essere sempre più prepotente in molte entità locali, dalla Catalogna alla Scozia. Se io dovessi pensare all’Europa federale, penso piuttosto a una federazione delle entità locali più che degli Stati nazionali. In una visione federale europea dovrebbero trovar posto Fiandre e Vallonia.
D. – In sostanza, l’autonomia delle entità locali, il federalismo, non è in contrasto con quello che è il processo dell’Unione Europea?
R. – Anzi, è l’unico sbocco possibile. Il processo dell’Unione Europea è solo ostacolato dalle gelosie nazionali e dalla paura di perdere le prerogative a livello statale.
D. – Professore, per quanto riguarda il Belgio si riconosce che i due vincitori hanno in mano le chiavi del Paese. Secondo lei, una riforma istituzionale che possa andar bene a tutti quanti in Belgio è possibile?
R. – Vedo che le reazioni postelettorali sono improntate a una grande civiltà, non è guerra tutti contro tutti, c’è un grande senso di responsabilità, per cui probabilmente si troverà un accordo, ma la questione sottostante non rimarrà assopita. Qui c’è un problema fondamentale di diversità di vedute, di concezioni, di governance da parte di fiamminghi e da parte di valloni, e di interesse economici.
D. – Lei citava altri esempi europei e non ha citato l’Italia. E’ un caso che si può applicare all’Italia?
R. – Direi di sì. Nel quadro di un'unione europea, di una federazione europea, probabilmente dovrebbero trovare cittadinanza dei raggruppamenti di regioni italiane.
A Barcellona la Giornata mondiale dei donatori di sangue 2010, guardando al fabbisogno dei Paesi poveri
◊ Dal 2005, il 14 giugno di ogni anno si festeggia, in Italia e nel mondo, la Giornata mondiale del donatore di sangue, un’occasione per celebrare e ringraziare i milioni di donatori volontari di sangue che con il loro atto generoso, responsabile e consapevole permettono di assicurare le terapie trasfusionali a tutti i pazienti che necessitano di tali trattamenti. Il servizio di Davide Dionisi:
“New blood for the world”. E’ questo lo slogan scelto per l’edizione 2010 della Giornata mondiale del donatore di sangue, che quest’anno si tiene a Barcellona. Lo scopo è quello di ringraziare i donatori e di sensibilizzare la cittadinanza alla donazione del sangue, soprattutto nei Paesi poveri che non hanno ancora raggiunto l’autosufficienza per sangue ed emocomponenti, sottolineando il contributo dei donatori ai sistemi sanitari nazionali e lo stretto legame esistente tra la donazione volontaria e la qualità del sangue in termini di sicurezza. In Italia, sono un milione e 600 mila i donatori, ovvero il 4 per cento circa della fascia che va dai 18 ai i 65 anni. Un dato ancora insufficiente per esaudire una domanda sempre crescente. Che cosa fare per aumentare il numero e soprattutto la frequenza delle donazioni? Lo abbiamo chiesto a Gloria Pravatà, direttore Comunicazione e formazione Centro nazionale sangue dell’Istituto Superiore di Sanità:
R. - Noi come Centro nazionale, in collaborazione ovviamente con le associazioni di volontariato, tentiamo di mantenere sempre i riflettori accesi su questo tema, in particolare sensibilizzando i giovani: cerchiamo di coinvolgerli con dei linguaggi e dei mezzi che siano adeguati per riscuotere la loro attenzione, tanto è vero che stiamo anche ideando delle campagne sui social network, piuttosto che in luoghi deputati all’intrattenimento, ma non per questo non idonei ad essere utilizzati per parlare di argomenti importanti come quello di diventare donatore di sangue o perché si facciano almeno promotori ed ambasciatori di questo messaggio di solidarietà.
D. – Donazione ha da sempre fatto rima con responsabilità, solidarietà, consapevolezza, conoscenza, informazione e partecipazione. Quale è il ruolo che i giovani si sono ritagliati in questo settore?
R. - E’ un ruolo che noi riteniamo ancora troppo marginale, perché è vero che c’è una grande vivacità nel settore del volontariato e della partecipazione sociale. Nel caso, però, della donazione di sangue ci sono ancora troppi freni emotivi e, quindi, noi ci aspettiamo dai giovani, in virtù del fatto che i dati demografici ci dicono che nei prossimi anni ci sarà un calo della fascia giovanile, che aumentino le adesioni vincendo la paura e seguendo anche gli esempi di altre nazioni, dove i dati ci dicono che sono molto più numerosi.
D. – Come ogni anno con l'arrivo dell'estate la carenza di sangue negli ospedali italiani si fa sentire sempre di più, al punto che si torna a parlare di vera emergenza…
R. - Il tema dell’emergenza è anche, se vogliamo, un richiamo mediatico. Dobbiamo dire, però, che grazie ad un sistema di compensazione e di programmazione delle scorte si riesce in qualche modo a tamponare la carenza alle volte strutturale di alcune regioni, come ad esempio la Sardegna, una regione che avendo tanti malati di talassemia impossibilitati a donare ma anzi costretti a ricevere il sangue, non può essere autosufficiente. Ci sono poi delle altre regioni, come l’Emilia Romagna che è una regione molto generosa sotto questo punto di vista e dove non esiste emergenza, se non in qualche momento per un maggior assorbimento di sacche, dovuto anche alla chirurgia e alla medicina dell’eccellenza, che non dobbiamo dimenticare ha bisogno di molto sangue. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
La catena di suicidi nelle carceri italiane. Gonnella di Antigone: servono sanzioni alternative
◊ Ancora suicidi nelle carceri italiane. Sabato scorso, due detenuti si sono tolti la vita: uno a Milano e uno a Lecce. Salgono così a 31 i carcerati che si sono uccisi nel 2010. Sulle cause di questi sucidi, Debora Donnini ha sentito Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale.
R. - Non è facile trovare una linea comune che ne spieghi le ragioni perché ci si suicida nelle carceri in attesa di giudizio, nelle carceri con condanna già scontata o parzialmente scontata… Detto che non è facile identificare un nesso diretto fra il sovraffollamento e il numero aumentato dei suicidi, un elemento invece va detto: ossia che il sovraffollamento comporta una trasformazione del detenuto da persona con diritti, fatiche, problemi, doveri, in numero. Dovremmo, probabilmente, tutti insieme rivedere questo brutto passaggio che non è avvenuto negli ultimi due anni ma negli ultimi 15-20, nei quali abbiamo pensato che dovessimo delegare al carcere il contenimento dei problemi sociali.
D. - Secondo voi, sarebbe importante per i reati minori introdurre sanzioni alternative alla detenzione?
R. - E’ la via maestra. La via maestra non è quella adesso di prendere misure di emergenza di tipo “clemenziale” come l’indulto o l’amnistia. Ne abbiamo già fatto uso in passato e abbiamo visto che risolvono il problema nell’immediato, ma poi il problema si ripropone. Bisogna evitare che entrino nuove persone nel circuito carcerario e questo si deve fare avendo il coraggio di individuare sanzioni differenziate.
D. - Tra l’altro, per una persona che esce dal carcere quanto è difficile reinserirsi socialmente?
R. – E’ difficilissimo. Immaginate che se questo è difficile per una persona libera e ben inserita, immaginate cos’è per una persona che viene da strati sociali molto bassi e che ha incontrato il carcere nella sua storia. Per questo, cerchiamo di usare il carcere il meno possibile. Qui si tratta semplicemente, in questa fase, di ritornare alla legalità e laddove la legalità penitenziaria include il concetto di trattamento rieducativo di umanità. Sono i due pilastri della nostra costituzione.
Cuba: mons. Mamberti inaugura mercoledì la X Settimana sociale della Chiesa
◊ Con la relazione dell’arcivescovo mons. Dominique Mamberti, Segretario della Sezione dei Rapporti con gli Stati della Segretaria di stato, mercoledì prossimo si apriranno all’Avana i lavori della X Settimana sociale cubana. Mons. Mamberti, ospite della chiesa cubana, interverrà nell’aula magna del Collegio universitario di san Geronimo e poi assisterà al concerto offerto in suo onore nella basilica minore di san Francesco d’Assisi. I lavori dell’importante evento, che si concluderanno la sera del 20 giugno, cominceranno giovedì 17 con le relazioni dell’arcivescovo della capitale cardinale Jaime Ortega e di mons. Emilio Aranguren, vescovo di Holguín e Presidente della Commissione nazionale Giustizia e pace. Subito dopo, il sacerdote gesuita padre Jorge Cela, illustrerà il tema principale attorno al quale si svilupperanno le discussioni e gli altri intereventi: l’enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”. Nello sviluppo dei diversi contenuti dell’enciclica, i partecipanti, sia nei dibattiti dei gruppi di lavoro sia nelle tavole rotonde, affronteranno numerose questioni sociali di grande importanza e urgenza oggi a Cuba. Tra questi argomenti ci sono, ad esempio, la questione degli spazi pubblici della chiesa cubana oggi nell’isola; la sfida della comunicazione sociale e i mezzi oggi a disposizione delle comunità ecclesiali e delle diocesi e i rapporti fra economia, etica e società. Un momento di fondamentale importanza della X Settimana sociale cubana sarà sabato quando i partecipanti discuteranno sulla riconciliazione tra i cubani e quindi sulle sfide della costruzione di un Paese inclusivo e aperto a tutti. Com’è ben noto in queste ultime settimane la Chiesa a Cuba, in particolare dopo l’incontro del cardinale Jaime Ortega e il presidente dell’episcopato mons. Dionisio Garcìa con il presidente Raùl Castro, è apparsa agli occhi della stampa internazionale come soggetto di un ruolo e di una funzione di mediazione rilevanti. La rivista dell’arcivescovado dell’Avana, “Spazio laicale”, preferisce che sia evitato qualsiasi giudizio su vinti e vincitori e al tempo stesso sottolinea “il dialogo, l’incontro, l’intesa” come parte essenziale della sua presenza nella società e dunque il “voler essere ponte tra tutti i cubani, senza esclusione di nessuno”. Qualche settimana fa il cardinale Jaime Ortega in un’intervista che ebbe molta eco ha affermato: “La Chiesa nella ricerca del bene comune può coincidere con istituzioni ufficiali e private, con organismi di aiuto internazionali ma né verticalmente né orizzontalmente l'azione della Chiesa può sostenere qualsiasi altra alleanza. La sua ricerca del bene comune - ha aggiunto anticipando lo scopo della Settimana sociale - sorge dal diritto che il corpo ecclesiale ha di far presente l'amore di Gesù Cristo nel mondo di oggi e secondo la sua specifica missione”. (A cura di Luis Badilla)
I vescovi europei ribadiscono la necessità di seguire la linea del Papa in tema di abusi
◊ Incentivare “lo scambio tra le conferenze episcopali per migliorare l’intervento della Chiesa” in materia di abusi sessuali su minori. È uno dei temi affrontati con maggior vigore nel corso dei lavori dell’incontro annuale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) che si è chiuso ieri a Roma. Nel comunicato finale dell’incontro - dal titolo “Le sfide della collaborazione ecclesiale: rapporti interni alla Chiesa, rapporti con gli Stati e rapporti con l’opinione pubblica” - si spiega che i vescovi “hanno affrontato anche la questione degli abusi su minori da parte di sacerdoti o di religiosi, grazie alla riflessione di mons. Luís Ladaria e di mons. Robert Deeley, della Congregazione per la Dottrina della Fede”. “Nel corso del confronto – si legge nella nota - è emersa l’importanza di avere uno scambio tra le conferenze episcopali per migliorare l’intervento della Chiesa in questo settore. È palese – afferma ancora il Ccee - il desiderio delle Conferenze episcopali di seguire il modo con cui il Papa sta affrontando la questione”. Secondo i vescovi europei, “impressionano le misure messe in campo da alcune conferenze episcopali per fare fronte al problema, per prevenire ulteriori casi di abuso e per sostenere ed accompagnare le vittime e le loro famiglie di simili drammi di cui la condanna è stata unanime”. I segretari generali del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), hanno inoltre “voluto riaffermare la loro comunione con Pietro ed il suo ministero”. Nella nota finale dei lavori si legge che “l’anno sacerdotale è stato un’occasione privilegiata per la Chiesa per riflettere innanzitutto sulla vocazione, la vita, la spiritualità e il ministero del sacerdote”. “La Chiesa cattolica, risponde al suo Signore, proprio collocandosi al servizio dell’intero genere umano – ha affermato mons. Ettore Balestrero, Sotto-Segretario per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato - questo è il motivo per cui la Chiesa sente di dover portare il messaggio di salvezza di Gesù Cristo in tutti gli ambiti in cui l’uomo è presente”. Altro punto toccato nell’incontro il rapporto della Chiesa con i media e l’opinione pubblica affrontato da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana e da mons. Domenico Pompili, portavoce della Cei. Per padre Lombardi, è importante che le conferenze episcopali si rendano conto della “globalizzazione dell’informazione. Quanto avviene a livello locale ha immediatamente una sua ripercussione a livello internazionale e viceversa”. Per mons. Pompili è grande il rischio di “trasmettere e lasciare trasmettere un’immagine stereotipata della Chiesa: bisogna invece aver il coraggio di rifiutare questo ruolo stereotipato e privilegiare la bellezza e la forza della testimonianza anche attraverso l’uso dei nuovi media”. (M.G.)
La Chiesa turca si ritrova ad Istanbul per ricordare mons. Padovese
◊ La Chiesa della Turchia ricorderà mons. Padovese, il vicario apostolico dell’Anatolia ucciso il 3 giugno a Iskenderun, con una solenne celebrazione che si terrà a Istanbul nella cattedrale dello Spirito Santo il 16 giugno prossimo, alla presenza delle autorità religiose e civili. L’annuncio è stato dato oggi, in occasione del funerale del presule tenutosi a Milano, da padre Lorenzo Piretto,vicario delegato del vicariato apostolico di Istanbul. Il vicario ha parlato alla Fides della “speranza cristiana che il sangue di mons. Padovese non sarà sterile, ma porterà frutto per un rifiorire della Chiesa in Turchia. Siamo in un momento di grande tristezza e di prova per questo atto terribile – ha aggiunto padre Piretto -. La comunità cristiana è disorientata e si chiede: perché quest’omicidio? Cosa vuol dire? Come è potuto accadere? Chi ne è responsabile?”. In questo momento – ha aggiunto il religioso – “ci aspettiamo l’impegno delle autorità della comunità civile turca. Noi non possiamo fare altro che restare in silenzio e pregare”. “Ma la Chiesa in Turchia – ha poi assicurato padre Piretto – saprà reagire a questa perdita. Siamo certi che la morte di mons. Padovese porterà frutti per un rifiorire del Vangelo e della comunità cristiana. Con questo spirito celebreremo il 16 giugno a Istanbul una solenne Eucarestia in memoria di mons. Padovese: uniti per rinnovare la speranza”. (M.G.)
India: arrestato estremista indù accusato di gravi violenze anticristiane in Orissa
◊ La polizia ha arrestato la settimana scorsa l'estremista l’indù Pandit Bishimajhi, accusato di avere partecipato a 15 episodi di violenza, compresa la violenza sessuale contro una suora cattolica, nell’agosto 2008 durante la persecuzione anticristiana nel distretto di Kandhamal (Orissa). Bishimajhi è stato latitante per oltre un anno e mezzo ed è stato trovato nel villaggio di Kudutulli in Kandhamal al termine di un paziente lavoro di indagine. Soddisfazione in ambienti cristiani, in quanto, come dice ad AsiaNews padre Ajaya Singh, direttore dei servizi sociali dell’arcidiocesi cattolica a Cuttack-Bhubaneswar, “egli è considerato l’organizzatore degli odiosi crimini nel Kandhamal. E’ stato detto che egli usò per 3 giorni la stazione di polizia per continuare il massacro. E’ anche il rappresentante locale del Bharatiya Janata Party, nazionalista indù. La gente deve iniziare ad avere fiducia nella giustizia. Deve anche iniziate un processo di riconciliazione con la comunità sociale e con le autorità”. “Sono abbastanza ottimista – ha proseguito padre Singh – che questo sia un segnale positivo. Comunque, insieme a un gruppo di avvocati cristiani, operatori sociali e attivisti per i diritti umani, continuerò a seguire la situazione”. Secondo fonti locali, Bishimajhi ha fatto minacciare i testimoni delle violenze ed ha anche goduto di appoggi nella polizia. Ora che è stato arrestato, ci si aspetta che incuta minor timore e che testimoni delle sue malefatte abbiano il coraggio di venire a deporre. L’arrestato è stato già accusato di avere preso parte e guidato gravi episodi delle violenze anticristiane dell’agosto 2008, tra cui la violenza carnale contro suor Meena e il pestaggio a sangue di lei e di padre Thomas Chellan e l’incendio del centro di servizi sociali e del centro pastorale della diocesi a Jan Vikas. Testimoni dicono che egli ha più volte proclamato che gli indù devono sempre perseguitare i cristiani, senza dover temere conseguenze. Padre Dibya Parichha, coordinatore per l’arcidiocesi per le questioni legali legate alle violenze anticristiane, ritiene che il suo arresto può costituire un segnale preciso della riaffermazione della legge e del diritto e “dare sostegno al processo per costruire la pace e per un sviluppo adeguato della sicurezza e della giustizia a favore delle vittime delle violenze. (R.P.)
Appello della Croce Rossa per la fine dell’embargo a Gaza
◊ La Croce Rossa torna a chiedere con forza ad Israele la fine dell’embargo a Gaza con un documento, diffuso oggi, in cui ripercorre i tre anni di assedio e l’emergenza umanitaria che ne è seguita. Nel testo citato dalla Misna la situazione umanitaria nella Striscia viene definita “una punizione collettiva dell’intera popolazione di Gaza imposta in chiara violazione da parte di Israele degli obblighi del diritto umanitario internazionale. Sebbene sia consentito l’ingresso di circa 80 tipi di beni – spiega il documento – prima dell’embargo erano 4000 i beni importati nella Striscia. Inoltre, i prezzi sono aumentati a fronte di un abbassamento della qualità… le terre fertili lungo il confine sono state abbandonate a causa delle ostilità con gravi conseguenze per le capacità di sostentamento delle comunità rurali”. La Croce Rossa sottolinea inoltre come la cosiddetta ‘zona cuscinetto’ imposta da Israele, sottrae un’area di circa 50 chilometri quadrati corrispondenti a un terzo delle terre arabili della Striscia e limita di fatto le attività agricole. “L’imposizione di questa zona cuscinetto – continua il documento – e i frequenti scontri armati hanno causato non soltanto vittime tra i civili e distruzioni, ma hanno anche determinato l’impoverimento e il forzoso trasferimento di numerose famiglie”. L’analisi della Croce Rossa si allarga anche ai pescatori di Gaza (circa 4000) cui è impedito allontanarsi se non di poche miglia in mare aperto, lontano quindi dalle aree più pescose. La carenza di beni di prima necessità riguarda anche gli ospedali e la possibilità di accedere a farmaci e attrezzature. E quando queste ci sono, possono essere le frequenti interruzioni della distribuzione di corrente elettrica a mettere a repentaglio vite umane. “Chiediamo a Israele di sollevare l’embargo – dice Beatrice Megevand-Roggo, capo delle operazioni Icrc in Medio Oriente – e invitiamo chiunque possa esercitare pressioni, Hamas inclusa, a fare del suo meglio per aiutare la popolazione di Gaza”. Il documento dell’Icrc segue di qualche ora una visita ‘storica’ a Gaza del segretario della lega Araba, Amr Moussa, che ieri si è recato per la prima volta nella Striscia incontrando anche i familiari delle vittime dell’operazione israeliana ‘Piombo fuso’ che tra dicembre 2008 e gennaio 2009 causò oltre 1400 morti e migliaia di feriti. La visita di Moussa, il più alto esponente politico arabo ad essere entrato nella Striscia dal 2007, è arrivata sull’onda dell’indignazione per l’attacco israeliano contro la ‘Freedom flotilla’, gruppo di imbarcazioni di pacifisti che stavano trasportando aiuti umanitari per la popolazione di Gaza. Sulla vicenda e sulle nove persone uccise dai militari di Tel Aviv, Israele ha deciso ieri di avviare un’inchiesta interna; il Consiglio dell’Onu per i diritti umani aveva invece chiesto un’inchiesta internazionale. (M.G.)
Il Patriarca Kirill, visitando le fosse di Katyn, chiede riconciliazione tra Polonia e Russia
◊ Il Patriarca di Mosca Kirill ha espresso la speranza, nei giorni scorsi, che Katyn diventi un simbolo di riconciliazione storica e un luogo comune di preghiera per russi e polacchi, secondo quanto ha reso noto l'agenzia russa Interfax, ripresa dalla Zenit. Il Patriarca ha visitato il Memoriale costruito sul luogo in cui nel marzo 1940 circa 22.000 prigionieri polacchi vennero giustiziati dalla polizia segreta sovietica e seppelliti in fosse comuni per ordine di Stalin. Visitando Katyn, il Patriarca Kirill ha potuto vedere il plastico della Chiesa memoriale della Resurrezione, che si sta costruendo sul luogo e la cui prima pietra è stata posta dai Primi Ministri di Russia e Polonia ad aprile. Il capo della Chiesa ortodossa russa ha auspicato che questa chiesa “diventi un luogo di fervente preghiera per tutti coloro che visiteranno Katyn. Lasciamo che questa sofferenza condivisa, questo dolore condiviso e questo sangue condiviso ci riconcilino al di sopra dei disaccordi storici e di altro tipo”, ha aggiunto. “Niente riconcilia i popoli più della sofferenza condivisa”. Il presule ha quindi espresso la speranza che Katyn diventi “un luogo di sacra memoria che ci aiuti a comprendere chiaramente il significato del processo storico, e che allo stesso tempo sia un luogo di preghiera comune. Prego per la nostra riconciliazione e spero in un futuro pacifico e prospero delle due Nazioni slave nei nostri Paesi”, ha sottolineato. Il massacro di Katyn venne reso pubblico dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale, quando l'esercito tedesco invase l'Unione Sovietica nel 1943. Ci si riferisce all'assassinio di massa ad opera dell'Armata Rossa di ufficiali e funzionari polacchi detenuti nei campi di concentramento di Ostashkov, Kozielsk e Starobielsk. Questo evento ha rappresentato una ferita profonda nei rapporti tra Polonia e Russia, tra le altre cose perché il riconoscimento dei fatti non è avvenuto fino al 1990. Il 10 aprile scorso, proprio in occasione della commemorazione del massacro, ha perso la vita in un incidente aereo il Presidente della Polonia Lech Kaczyński, insieme a numerosi militari e a membri del Parlamento polacco. (R.P.)
Burundi: l'opera di mediazione della Chiesa nella crisi politica del Paese
◊ “La situazione è tesa ma c’è ancora volontà di tutte le parti per trovare una soluzione alla crisi politica” dice all’agenzia Fides una fonte della Chiesa locale, da Bujumbura, capitale del Burundi, dove una serie di attentati ha innalzato la tensione legata alla crisi politica, esplosa dopo che i partiti dell’opposizione hanno rifiutato di partecipare alle prossime elezioni. Il 12 giugno, in una serie di attacchi con lanci di granate, sette persone sono rimaste ferite a Bujumbura. In diverse località del Paese, inoltre, ignoti hanno incendiato gli uffici elettorali del Consiglio Nazionale per la Difesa della Democrazia (Cndd), il partito al potere. Il 24 maggio si sono tenute le elezioni comunali, vinte dal Cndd del Presidente Pierre Nkurunziza. I partiti dell’opposizione contestano i risultati elettorali e per protesta hanno deciso di non partecipare alle prossime elezioni. Le elezioni presidenziali si terranno il 28 giugno e quelle legislative il 23 e il 28 luglio. “Non è facile attribuire le responsabilità di questi atti di violenza, si spera comunque che si tratti di azioni isolate di gruppi di estremisti che non hanno presa sulla popolazione” commenta la fonte di Fides che per motivi di sicurezza non desidera essere citata per nome. “Entro 15 giorni devono essere presentate le liste elettorali per le elezioni parlamentari. Si sta lavorando per convincere l’opposizione a partecipare alla competizione elettorale. Anche la Chiesa sta svolgendo una preziosa e discreta opera di mediazione. Pensiamo che i margini per una trattativa vi siano ancora. Un fatto positivo è che tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, hanno rifiutato ufficialmente di ricorrere alla violenza, anche perché la popolazione è decisamente contraria ad una nuova guerra civile, dopo anni di violenze e di lutti” conclude la fonte di Fides. Dopo anni di guerra civile (scoppiata nel 1993), il Burundi gode di una pace relativa, da quando, nell’aprile 2009, le Fnl (Forze Nazionali di Liberazione), l’ultimo gruppo ribelle ancora in attività, hanno deposto le armi. (R.P.)
Kenya: crescono i timori della Chiesa circa il progetto di revisione della Costituzione
◊ La Chiesa del Kenya è molto cauta nel giudicare l’attentato che ieri ha colpito la manifestazione contro il progetto di modifica della Costituzione ma lancia l’allarme per il rischio destabilizzazione che corre il Paese. È questa in estrema sintesi la posizione espressa alla Fides da una fonte della Chiesa locale, che per motivi di sicurezza non desidera essere citata. La fonde di Fides sostiene che “è troppo presto per effettuare una valutazione dell’attentato, anche perché le indagini della polizia sono in corso e si devono aspettare le prime notizie ufficiali sui risultati delle indagine. Speriamo solo - aggiunge la fonte vicina alla Chiesa - che dietro a questo attentato non vi sia una volontà di destabilizzazione, facendo leva sulle diverse componenti etniche e religiose del Paese”. Le due esplosioni a distanza ravvicinata l’una dall’altra hanno provocato sei morti e un centinaio di feriti fra i partecipanti del raduno nel parco di Uhuru, organizzato dalla Chiese protestanti evangeliche in segno di protesta contro il progetto di futura Costituzione, che deve essere sottoposto a referendum il prossimo 4 agosto. “La Chiesa cattolica ha rifiutato di partecipare alle manifestazioni di coloro che si oppongono alla nuova Costituzione, per non entrare nello scontro politico – ricorda ancora la fonte -. La Chiesa ha già espresso la sua posizione contraria in un comunicato pubblicato a maggio, nella quale si motiva la propria opposizione al nuovo testo costituzionale per la presenza di un articolo che, di fatto, con la sua formulazione ambigua, apre le porte all’aborto”. “Se questo articolo fosse stato tolto dal testo che dovrà essere sottoposto a referendum, la valutazione dei vescovi sulla nuova Costituzione sarebbe stata diversa” afferma infine la fonte di Fides. Intanto si segnala che il Presidente keniano Mwai Kibaki ha convocato una riunione d’emergenza dei massimi responsabili della sicurezza del Paese. Le nuove tensioni arrrivano dopo le le violenze post-elettorali del 2007-2008, che hanno causato 1500 morti e 300mila sfollati. (M.G.)
Sudafrica: vescovi e salesiani “in campo” per i Mondiali di calcio
◊ Approfittare del Campionato mondiale di calcio, il primo a svolgersi in Africa, per far riflettere gli sportivi e gli appassionati di tutto il mondo sulle problematiche che affliggono il continente africano come la tratta degli esseri umani e la piaga dell’AIDS-HIV. È quanto si prefigge la Conferenza Episcopale del Sudafrica che ha pensato a una serie di iniziative per rendere l’evento sportivo un’occasione di crescita umana e spirituale. In vista dei numerosi impegni e delle sfide pastorali che tale evento comporta, i vescovi del Sudafrica hanno deciso di affidare un ruolo di primo piano alla comunità salesiana, che da 150 anni si occupa della promozione e formazione dei giovani attraverso gli oratori, il gioco e lo sport. La Conferenza episcopale, già sul finire del 2008, chiese ai salesiani, nella persona di don Francois Dufour, Superiore della Visitatoria dell’Africa Meridionale, di assumersi l’incarico dell’animazione pastorale in occasione dei mondiali. La risposta entusiasta del Superiore è stata positiva nonostante le difficoltà economiche e logistiche. Il primo passo è stata la costituzione di un piccolo comitato, guidato da don Dufour, con il compito di provvedere all’organizzazione delle attività. Il comitato ha poi sviluppato varie proposte: ieri 13 giugno, prima domenica nel periodo della competizione, è stata dichiarata “Domenica della Coppa del Mondo” e ad ogni parrocchia sono state suggerite iniziative liturgiche per celebrarla, coinvolgendo fedeli, turisti e sportivi giunti appositamente in Sudafrica. Il comitato ha preparato un libretto di preghiere da distribuire gratuitamente nei giorni del Mondiale. Il sussidio contiene anche alcune informazioni sulla storia della Chiesa. Oltre alle attività istituzionali, anche le singole comunità salesiane del Paese si sono mobilitate con diverse iniziative. (M.G.)
Messico: l'impegno della Chiesa nella pastorale delle carceri
◊ Inizia oggi nella città messicana di Acapulco, presso la Nuova cattedrale di Cristo Rey, l'Incontro nazionale di Pastorale penitenziaria. Secondo le notizie inviate all’agenzia Fides dall'arcidiocesi di Mexico (Città del Messico) all’evento, che si concluderà il 18 giugno, partecipano centinaia di cattolici che si dedicano alla missione di portare il Vangelo ed il calore umano a chi vive la dura esperienza della prigione. La nota informa negli ultimi dieci anni oltre un milione di messicani sono passati attraverso l'esperienza del carcere, con i traumi che essa porta con sé e che segnano per tutta la vita. Attualmente a livello nazionale ci sono circa 220.000 prigionieri e a Città del Messico la cifra è di oltre 40 mila. Preoccupa il fatto che le politiche pubbliche dimentichino i Centri di riabilitazione sociale (Ceresos) e le prigioni. Per il governo del Distretto federale è certo più facile promuovere politiche legate a questioni minori e marginali, che danno maggiore popolarità, evitando i problemi reali e profondi, come quello delle carceri, con il loro alto grado di corruzione e sovraffollamento. Sembra che il fallimento del sistema carcerario sta generando maggiore delinquenza e, quindi, un aumento delle attività della criminalità. La nota dell'arcidiocesi cita il parere del dottor Alfonso Quiroz Quarona, famoso specialista penitenziario messicano, che ha detto: “In carcere ci sono persone che non dovrebbero esserci e persone che non devono uscire. Purtroppo non succede così, perché abbiamo gravi carenze nell'amministrazione della giustizia. Ogni giorno vediamo fabbricare colpevoli, e nelle carceri troviamo molte vittime innocenti del peggiore dei ‘crimini’: la povertà”. L’arcidiocesi chiede di ascoltare gli specialisti e ciò che essi propongono: per esempio, per i reati minori, pene alternative al carcere da scontare attraverso lavori per la comunità e non in prigione; istituire i “tribunali della droga”, perché molti delitti sono commessi in situazione di dipendenza, non intenzionalmente, e la condanna dell’imputato dovrebbe scontarsi in centro di disintossicazione. Ma soprattutto urge promuovere l'occupazione e le opportunità educative, altrimenti, come un giovane prigioniero ha detto, "a Città del Messico è più facile ottenere una pistola che una borsa di studio". (R.P.)
32.mo pellegrinaggio Macerata-Loreto: in migliaia da tutto il mondo
◊ È stata dedicata ai martiri cristiani e in particolare a mons. Padovese la 32.esima edizione del pellegrinaggio Macerata-Loreto svoltosi nella notte tra sabato e domenica scorsi. Il cammino promosso da Comunione e Liberazione e ideato dal vescovo di Fabriano-Matelica, mons. Giancarlo Vecerrica, ha preso il via sabato sera dallo stadio Helvia Recina, dopo la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, che poi ha accolto i pellegrini al santuario di Loreto all’alba del giorno dopo. Oltre 160 i pullman che hanno portato decine di migliaia di pellegrini da tutte le Regioni d’Italia, ma anche da Svizzera, Germania, Francia e Inghilterra e da alcuni Paesi sudamericani, come Colombia e Brasile. Il cardinale Caffarra ha dichiarato al Sir che questo pellegrinaggio dimostra una volta di più che “in Italia un popolo cristiano esiste ancora ed è anche costituito da tantissimi giovani”. Il porporato ha quindi affidato tutti i pellegrini all’ “abbraccio di Maria”, colei che “ci ha donato il Salvatore”. Ad accogliere i pellegrini c’era anche mons. Giovanni Tonucci, che li ha invitati a “portare a casa il sì di Maria”. Il presule ha poi rivolto un pensiero particolare alla Terra Santa: il ricavato della colletta della mattina a Loreto è stato infatti devoluto per sostenere le spese del restauro della Casa di Maria a Nazareth. “È importante – ha detto – che questa solidarietà che noi già viviamo attraverso il gemellaggio tra Loreto e Nazareth, sia condivisa, perché è una responsabilità per tutti i cattolici”. Mons. Giancarlo Vecerrica, vescovo di Fabriano-Matelica, che per tutta la notte ha guidato i pellegrini, ha indicato nell’ “unità di popolo” che camminava, “un segno di speranza: in questo mondo pieno di scoraggiamento e di fiducia, di crisi, c’è bisogno di chi, soprattutto ai giovani, faccia proposte di vita, proposte di unità e proposte profetiche”, come il percorso dei pellegrini verso la casa di Maria, “che è la vera profezia, il vero ottimismo per l’uomo”. Proprio per questo il vescovo, terminato l’evento, ha portato nel pomeriggio la statua della Madonna di Loreto in uno degli stabilimenti più in crisi della sua diocesi e lì ha celebrato una messa con i lavoratori. Un ringraziamento per “la testimonianza di fede e di preghiera” è stato rivolto ai partecipanti del pellegrinaggio, dopo aver camminato insieme a loro, anche da mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, il quale ha anche letto un messaggio di Benedetto XVI. Nel testo il Papa ha invitato i pellegrini a una “rinnovata adesione a Cristo” e ha indicato in padre Matteo Ricci, il missionario maceratese di cui quest’anno ricorre il quarto centenario dalla morte, l’ “esempio” di una “testimonianza cristiana”. Particolarmente significativa è stata infine la testimonianza del vescovo di Chia, in Colombia, mons. Hector Cubillos, per il quale il cammino è “stata un’esperienza meravigliosa; il racconto di questo gesto alla mia gente sarà uno spunto di nuova evangelizzazione”. (M.G.)
Hong Kong: appello della Commissione Pastorale dei Lavoratori sullo stipendio minimo
◊ La Commissione Pastorale dei Lavoratori di Hong Kong ha lanciato un appello e una raccolta di firme perché lo stipendio minimo dei lavoratori consenta di soddisfare le necessità fondamentali delle famiglie, permettendo così una vita dignitosa alle famiglie degli operai. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), nell’appello della Commissione si legge: “oggi ci sono circa 400 mila lavoratori poveri con uno stipendio mensile di poche migliaia di dollari Hk. Questo non è soltanto insufficiente a soddisfare le necessità della vita quotidiana, ma minaccia anche la crescita e lo sviluppo delle nuove generazioni”. Inoltre “una distribuzione razionale è l’autentico parametro della prosperità sociale”. Tra le numerose firme raccolte dalla petizione, figurano anche quelle di una ventina di sacerdoti che hanno firmato l’appello sottolineando l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa cattolica: “uno stipendio ragionevole significa permettere una vita dignitosa ai lavoratori e alle loro famiglie”. Inoltre hanno auspicato che la rivalutazione dello stipendio minino, che avviene ogni due anni nel territorio di Hong Kong, non debba dipendere solamente dagli interessi, ignorando i cambiamenti del mercato e della società. (R.P.)
Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria: in prima linea contro il lavoro minorile
◊ Rilanciare l’impegno contro il lavoro minorile offrendo ai bambini e alle loro famiglie nuove prospettive di vita. E’ quanto proposto dal direttore nazionale di missio Austria, padre Leo-M. Maasburg, in occasione della Giornata contro il lavoro minorile che si celebra sabato 12 giugno. Il religioso, sentito dalla Fides, ha sottolineato anche la necessità di accompagnare la lotta al lavoro minorile ad un’autentica conversione dei cuori. “I bambini sono come i raggi di sole di Dio, che scaldano il cuore – spiega padre Maasburg -. Cerchiamo di tutelare la libertà dei bambini e degli adolescenti offrendo loro, accanto all’istruzione e alla nutrizione, anche nuove prospettive per la loro vita. Pertanto vogliamo rafforzare in loro anche la fede in Gesù Cristo, in un Dio amorevole, che li accoglie e li aiuta”. La Giornata contro il lavoro minorile ricorda una triste realtà: in tutto il mondo centinaia di milioni di bambini sono costretti a lavorare, e in tutto il mondo le istituzioni della Chiesa lottano contro questo forma di abuso dei bambini. Anche le Pontificie Opere Missionarie sostengono molti progetti che offrono un futuro ai bambini per liberarli da questa nuova tremenda schiavitù. In Perú missio Austria sostiene la Casa per bambini e adolescenti Canat (Casa del Niño y el Adolescente Trabajador de Ucayali) nella foresta amazzonica, dove il 67% della popolazione vive in estrema povertà e il 21% dei bambini fra i sei e gli otto anni soffre di malnutrizione cronica. Molti bambini cercano di contribuire al reddito della famiglia con lavori spesso pericolosi e pesanti che danneggiano la loro salute. Non di rado i bambini sono esposti anche ad abusi sessuali e violenza familiare. Canat offre a questi bambini una nutrizione sana e segue il loro sviluppo scolastico, cioè la chiave per il miglioramento delle loro condizioni di vita. Nei programmi spesso si cerca anche di coinvolgere i genitori di questi bambini. Molto attivo nel campo del sostegno dei bambini vittime del lavoro minorile in Perú è anche il movimento degli adolescenti e bambini figli di lavoratori cristiani Mantoc (Movimiento de Adolescentes y Niños Trabajadores Hijos de Obreros Cristianos). La lotta contro il lavoro minorile nella Chiesa ha una lunga tradizione: da più di 165 anni s’impegna in questo senso soprattutto la Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria. (M.G.)
Ucraina: pellegrinaggio ecumenico al monastero di Sant'Onofrio a Lavriv
◊ Nove chilometri di cammino per colmare la distanza tra i due luoghi simbolo della religiosità ucraina ma soprattutto per rilanciare l’unità fra la comunità cattolica e quella ortodossa. È questo lo spirito che animerà il pellegrinaggio ecumenico che sabato 19 giugno partirà da Sambir per arrivare al monastero di Sant'Onofrio a Lavriv. A Sambir si trova infatti l'icona miracolosa della Madre di Dio, nella chiesa della Natività della Santa Madre di Dio, che ospita anche le spoglie di san Valentino. Lavriv è invece famosa per il monastero di Sant'Onofrio, meta del pellegrinaggio che, domenica 20, vedrà svolgersi un rito liturgico e la Via Crucis che saranno condotte dal padre basiliano Vasyl Mendrun, del monastero di San Nicola in Krekhiv. Occasione del pellegrinaggio — dedicato alla vocazione monastica — è la festa di sant'Onofrio, secondo il calendario giuliano. Come riferisce il sito internet della Chiesa greco-cattolica ucraina ripreso da L'Osservatore Romano, quello di Lavriv è il più antico monastero dedicato a sant'Onofrio esistente in Ucraina. Per molti secoli è stato un centro ecumenico e vi si trova una vasta necropoli dove riposano le spoglie di metropoliti ortodossi, vescovi greco-cattolici e proprietari terrieri moldavi. Tra essi, secondo alcuni storici, figurano il metropolita di Gerusalemme, Macarius Ligaridu, e il principe Lev Danylovych che, negli ultimi anni della sua vita, si fece monaco assumendo il nome del suo santo preferito, Onofrio. Il monastero, che faceva parte del dominio del principe, sarebbe stato costruito nel 1278 proprio sul luogo di sepoltura di Lev Danylovych, diventando nel tempo un rilevante centro monastico nell'eparchia di Peremyshl e, più tardi, un importante centro educativo dell'ordine dei basiliani. Durante il regime sovietico, il monastero venne chiuso e sostituito da una scuola-convitto per sordomuti. La struttura cadde in rovina e le iconostasi vennero distrutte. La chiesa di Sant'Onofrio è stata riaperta nel 1990, il monastero nel 1993-94. Il pellegrinaggio arriva dopo un’altra iniziativa ecumenica di alto valore spirituale e sociale che si è svolta il primo giugno scorso, in occasione della Giornata della difesa dei bambini. A Donetsk vari rappresentanti ecclesiali hanno partecipato a una marcia per la vita, dedicata ai diritti di tutti i nascituri nel mondo. Erano presenti, tra gli altri, per la Chiesa greco-cattolica ucraina, Vasyl Panteliuc, protosincello dell'esarcato-arcivescovile di Donetsk-Kharkiv, e padre Volodymyr Rakoveckiy; per la Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev, l'arcivescovo di Donetsk e Mariupol, Serhiy. (M.G.)
Africa: ancora molta strada per la diffusione di internet
◊ Nonostante alcuni progressi, l’Africa resta il continente con il più basso tasso di penetrazione di internet. È quanto emerge dal ‘Network Readiness Index’, la ricerca elaborata da due istituti internazionali e diffusa da un portale d’informazione sul mondo degli affari e delle nuove tecnologie in un servizio dedicato a internet in Africa. Secondo il documento ripreso dalla Misna, il continente conta soltanto 86 milioni di internauti per oltre 991 milioni di abitanti. I dati mostrano come la Tunisia sia il Paese del continente con il migliore accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic), seguita da Marocco e Mauritius, mentre l’Egitto quello con il più alto numero di internauti, 12 milioni e 600.000, su 77 milioni di abitanti. Il Sudafrica - protagonista dell’attualità internazionale di questi giorni con i Mondiali di calcio - è la terza nazione africana in materia di accesso alle Tic, ma occupa soltanto il 62° posto nella classifica mondiale. Ultimo è il Ciad, preceduto da Zimbabwe, Burundi, Camerun ed Etiopia. Nell’africa sub-sahariana, le tariffe per accedere al web (con una connessione analogica a bassa velocità) sono le più care del mondo. (M.G.)
Rwanda: terminato l'acquedotto che servirà circa 70 mila persone
◊ Sono terminati i lavori relativi all’acquedotto Ndamira-Ngoma di Kibungo. In un solo anno, l’organizzazione Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo e la comunità locale hanno realizzato un’infrastruttura idrica lunga 6,6 km che, insieme alle 7 fontane pubbliche costruite, da poche settimane serve una zona abitata da circa 700 famiglie, garantendo loro un apporto pro capite pari a circa 20 litri. Dalle informazioni pervenute all’agenzia Fides si apprende che il progetto, durante la sua realizzazione, ha dato occupazione stabile a 150 persone, senza considerare le 11 persone occupate nel Comitato di gestione della risorsa, creato per disciplinarne il consumo. Fra queste persone, 20 hanno potuto costruire una casa, 5 hanno acquistato una vacca da latte, altrettante hanno pagato la dote per potersi sposare e 10 hanno potuto acquistare una bicicletta. Ad oggi sono state già riempite 30.000 taniche. In termini di sviluppo ciò significa: salute, igiene, ma anche sviluppo agricolo, miglioramenti nell’allevamento e, per i più piccoli, incaricati dell’approvvigionamento idrico, più tempo a disposizione per lo studio, l’educazione e il gioco. E’ previsto inoltre l’arrivo dell’acqua anche sulle colline di Byumba. Dopo due anni alla ricerca delle sorgenti, a costruire e a scavare, l’acquedotto ha pompato a quota 1950 metri. Ogni secondo arrivano 4 l di acqua potabile. Il lavoro più complesso è stato portato a termine; ad oggi sono già cominciati i lavori per la costruzione delle fontane e per gli scavi delle trincee su cui si poseranno i tubi che poi, per gravità, distribuiranno “l’oro blu” ai villaggi delle colline della zona. (R.P.)
Opera Don Orione: don Peloso riconfermato alla guida per altri sei anni
◊ “Dobbiamo passare dalle opere di carità alla carità delle opere, cioè alla testimonianza di Dio”: lo ha detto don Flavio Peloso, direttore generale dell'Opera Don Orione, riconfermato per un altro sessennio, durante il XIII capitolo generale che si sta svolgendo ad Ariccia (Roma). “Oggi, il secolarismo della carità, ridotta a filantropia, è da temere quanto il secolarismo della fede ridotta ad etica”, ha proseguito don Peloso, sottolineando il tema generale del capitolo che è “Solo la carità salverà il mondo”, uno slogan caro al fondatore San Luigi Orione, “che riassume il suo spirito e la sua azione in favore dell’umanità più svantaggiata”. Don Peloso - riferisce l'agenzia Sir - è nato a Lonigo (Vicenza) 58 anni fa, dottore in liturgia, studioso di storia e di spiritualità, con ampia esperienza ecclesiale internazionale. Era stato eletto settimo successore di Don Orione nel Capitolo generale del 2004. Sono stati eletti anche il vicario generale, Joao Assis Gomes de Assis, un brasiliano di 51 anni, e l'economo generale, Fulvio Ferrari, un italiano di Modena di 53 anni. Al capitolo partecipano delegati provenienti dalle oltre 30 nazioni in cui è presente l’Opera Don Orione. (R.P.)
Israele: via libera alla commissione d'inchiesta sul raid contro la flottiglia pro Gaza
◊ Via libera di Israele all’istituzione di una commissione d’inchiesta internazionale sul sanguinoso blitz contro la flottiglia carica di aiuti umanitari per Gaza. Per il premier israeliano Netanyahu l’indagine confermerà che le leggi sono state rispettate. Scetticismo, invece, è stato espresso dalla Turchia, mentre la Casa Bianca ha parlato di un importante passo avanti. Intanto, dall’Europa alla Croce Rossa Internazionale si intensifica il pressing internazionale su Israele per la rimozione del blocco sulla Striscia di Gaza. L’Iran, dal canto suo, ha confermato che la prossima settimana invierà una nave umanitaria verso la regione precisando che non ci saranno unità militari a scortare l’imbarcazione.
Europa – Iran - opposizione
L’Europa ha invitato l’Iran a discutere del suo programma nucleare. Proprio oggi l’Ue potrebbe adottare sanzioni aggiuntive contro Teheran, dopo quelle decise dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu la settimana scorsa. Intanto, nella Repubblica islamica prosegue il pugno di ferro del regime nei confronti dell’opposizione. A Qom centinaia di fondamentalisti hanno assediato per ore, in una casa, il leader riformista Karroubi, mentre almeno 91 persone sono state arrestate ieri nella giornata del primo anniversario della contestata rielezione del presidente Ahmadinejad.
Iraq
In Iraq, è durata appena 17 minuti la prima sessione del nuovo Parlamento, dopo le elezioni del 7 marzo scorso. I deputati hanno prestato soltanto giuramento. L’assemblea è stata aggiornata a tempo indeterminato. Il suo compito primario è quello di nominare il capo dello Stato, che a sua volta dovrà poi conferire l’incarico di formare il nuovo esecutivo al leader che ha riportato il maggior numero di voti alla tornata elettorale. Nel Paese intanto resta altissima la tensione. Le autorità locali sono convinte che ci sia Al Qaeda dietro l’assalto alla banca centrale del Paese, che ieri ha fatto 26 morti e una cinquantina di feriti.
Kirghizistan
In Kirghizistan sono almeno 60 mila le persone che hanno cercato riparo in Uzbekistan, dopo le violenze di questi giorni tra kirghizi ed uzbeki. Le vittime sono 117, oltre mille e seicento, invece, i feriti. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
La crisi rischia di estendersi proprio a causa dell’alto numero di rifugiati. Le autorità dell’Uzbekistan temono che il loro numero possa essere ben più alto delle stime fornite oggi. Il conto non tiene infatti in considerazione le migliaia di bambini. Tutti si trovano in scuole, uffici e altri edifici messi a disposizione per l’emergenza. Fin da ieri un gran numero di camion con aiuti circola a ridosso del confine fra i due Paesi. In queste ore, si sta mettendo in moto anche la macchina umanitaria internazionale. Generi alimentari e medicine, forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono giunti in mattinata a bordo di un aereo atterrato nella città kirghiza di Osh. Russia e Turchia sono pronte a collaborare come anche l’Unione Europea, che cercherà di dare risposte all’emergenza assieme alle Nazioni Unite, attraverso l’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Sul terreno, intanto, nel sud del Kirghizistan, epicentro delle violenze, la situazione resta tesa. I segni delle devastazioni sono visibili ovunque. Case e negozi bruciati, corpi senza vita giacciono per terra. Testimoni raccontano di massacri e di fosse comuni, lasciando pensare che il bilancio delle vittime sia destinato ad aggravarsi. Il governo provvisorio ha ribadito più volte di aver perso il controllo della regione. Tuttavia, nonostante le richieste, la Russia ha deciso di non inviare truppe nella zona, ma solo una compagnia di rinforzo per proteggere il personale della propria base militare nel Paese.
Slovacchia
Vincere ampiamente le elezioni ma non avere i voti sufficienti per creare una coalizione di governo. Questa è la situazione creatasi in Slovacchia dopo le legislative di sabato. In salita il compito di formare un nuovo esecutivo affidato al premier uscente. Il servizio è di Giuseppe D’Amato:
Il premier uscente, Robert Fico, tenterà di trovare una soluzione, ma gli osservatori sono pessimisti sulle sue possibilità di riuscita. I quattro partiti di centro-destra hanno ottenuto 78 dei 150 seggi. I social-democratici sono stati pesantemente danneggiati dal pessimo risultato degli alleati. Il Movimento per una Slovacchia democratica non è nemmeno riuscito a superare la barriera del 5 per cento per entrare in Parlamento. "Se non troverò convergenze – ha osservato Fico – accetterò la situazione". Iveta Radicova, leader dei cristiani-democratici, potrebbe essere quindi la prima donna premier del Paese slavo. Anche lei avrà a che fare con alleati non facili. Il suo obiettivo dichiarato è far ridiventare la Slovacchia una delle tigri d’Europa. Primi compiti: ridurre il deficit e la disoccupazione. La sua è una ricetta di stampo liberista.
Marea Nera
La Bp ha speso finora oltre un miliardo e mezzo di dollari per i danni provocati della Marea Nera nel Golfo del Messico. Gli esperti stimano che i costi finali varieranno tra i 30 e 100 miliardi. Per il presidente Obama il disastro evoca l’11 settembre. “Cambierà – ha detto - il modo con cui pensiamo all’ambiente e all’energia per anni a venire”.
Disoccupazione
Tasso di disoccupazione stabile all’8,7 per cento ad aprile nei 31 paesi Ocse. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha reso noto che il dato non ha subito grosse variazioni nell’Unione Europea, mentre è salito leggermente nel G7. Il tasso più alto si è registrato in Spagna, Repubblica Slovacca, Irlanda, Portogallo e Francia; quello più basso in Corea e nei Paesi Bassi. Il numero di disoccupati nell’area è di 46 milioni e mezzo, 3,3 milioni in più rispetto ad aprile 2009.
Grecia
Al via oggi la missione in Grecia della delegazione del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e dell’Unione Europea. Il fine è quello di controllare il rispetto, da parte delle autorità elleniche, degli obiettivi di bilancio, ai quali sono condizionati gli aiuti internazionali. I 22 membri del team incontreranno per tutta questa settimana esponenti dei ministeri delle Finanze, del Lavoro, oltre al Governatore della Banca Centrale del Paese.
Ungheria
Il Parlamento ungherese si riunirà il prossimo 29 giugno per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Ad annunciare la data, oggi, il presidente dell’assemblea, Pal Schmitt. Il mandato dell’attuale presidente Laszlo Solyom scade il prossimo 5 luglio. Il partito di governo Fidesz non ha tuttavia ancora reso noto il nome del proprio candidato ma secondo indiscrezioni sulla stampa potrebbe essere lo stesso Schmitt, ex vice leader della formazione.
Colombia
In Colombia sono stati liberati ieri tre ostaggi sequestrati nel 1998 dalle Farc, Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Con un’operazione condotta nel sud del Paese, l’esercito ha riportato a casa i tre uomini: un sergente, un generale e un colonnello. Restano ancora nelle mani delle Farc altri 19 militari.
Somalia-Mondiali
In Somalia campagna contro i Mondiali di Calcio in corso in Sudafrica da parte di Al Shebab, considerato il braccio locale di Al Qaeda. La formazione ha vietato ai giovani di seguire le partite in televisione così come anche di ascoltare la musica e di ballare. Queste attività – hanno dichiarato durante il reclutamento di giovani – sono contrarie alla Sharia.(Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 164
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