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Sommario del 04/06/2010
Il Papa a Cipro: solidarietà ai cattolici del Medio Oriente, testimoni di Cristo in circostanze difficili
◊ Benedetto XVI è atterrato alle 13 e 49 ora locale, le 12 e 49 in Italia, all’aeroporto internazionale di Paphos, piccola città a sud-ovest dell’isola, che porta i segni del passaggio di San Paolo. Ad accogliere il Papa, il presidente della Repubblica, Demetris Christofias, autorità civili, rappresentanti della Chiesa cattolica locale, tra cui il nunzio apostolico, mons. Antonio Franco, e l’arcivescovo ortodosso di Cipro, Sua Beatitudine Chrysostomos II. Che l’amore della vostra Patria e il desiderio di vivere in armonia con i vostri vicini, possano ispirarvi a risolvere i problemi per il futuro della vostra Isola, ha auspicato nel suo discorso Benedetto XVI. Ma sentiamo il servizio della nostra inviata, Adriana Masotti.
La cerimonia di benvenuto è iniziata con le parole del presidente Christofias, che ha espresso la gioia di incontrare il Papa e il grande onore nel poterlo ricevere. La sua presenza – ha detto invia un forte messaggio a favore della pace e Cipro ha bisogno della sua parola pacifica, della sua preghiera, del suo contributo, per riavere presto la sua unità e libertà. E Benedetto XVI, nel suo discorso, è entrato subito dentro il problema cipriota: la divisione cioè dell’isola in due parti, auspicando che una soluzione a questo problema possa essere trovata:
“May the love of your homeland and of your families and the desire to live …
Possano, ha detto, l’amore della vostra Patria e delle vostre famiglie e il desiderio di vivere in armonia con i vostri vicini sotto la protezione misericordiosa di Dio onnipotente, ispirarvi a risolvere pazientemente i problemi che ancora condividete con la comunità internazionale per il futuro della vostra Isola”.
Ha espresso poi il significato ecumenico della sua visita salutando l’arcivescovo ortodosso Chrysostomos II e esprimendo la gioia e l’attesa di poterlo incontrare insieme ad altri membri della sua Chiesa. Attendo anche, ha detto, di poter salutare gli altri responsabili religiosi Ciprioti.
“I hope to strengthen our common bonds and to reiterate the need …
Spero di rafforzare i nostri comuni legami e di ribadire la necessità di consolidare la reciproca fiducia e l'amicizia durevole con tutti quelli che adorano l'unico Dio”.
Poi il pensiero è andato ai cattolici di Cipro. E’ in modo speciale per loro che il Papa, quale successore di Pietro, viene in questa terra …
“… to confirm them in the faith...
per confermarli nella fede, ha affermato Benedetto XVI, ed incoraggiarli ad essere esemplari sia come cristiani che come cittadini, e a vivere pienamente il loro ruolo nella società a beneficio sia della Chiesa, sia dello Stato”.
Il Papa ha poi fatto riferimento al prossimo Sinodo per il Medio Oriente in vista del quale consegnerà domenica, a Nicosia, a vescovi e patriarchi di quest’area il documento di lavoro, l'Instrumentum Laboris. Il Sinodo si interrogherà sulla presenza della Chiesa nella regione, talvolta in circostanze difficili:
“Cyprus is thus an appropriate place in which to launch our Church’s reflection …
Cipro è perciò, ha concluso Benedetto XVI, un luogo appropriato dal quale lanciare la riflessione della nostra Chiesa sul posto della secolare comunità cattolica del Medio Oriente, la nostra solidarietà con tutti i Cristiani della regione e la nostra convinzione che essi hanno un insostituibile ruolo da sostenere nella pace e nella riconciliazione fra i suoi popoli”.
Nel pomeriggio, la celebrazione ecumenica nella chiesa di Agia Kiriaki Chrysopolitissa in Paphos, introdotta dal saluto di Sua Beatitudine Crysostomos II. E’ un luogo di culto ortodosso che l’arcivescovo ha aperto anche a cattolici e anglicani, segno concreto di amicizia tra le Chiese e che si affaccia su un suggestivo e ampio sito archeologico con i resti di una basilica paleocristiana del IV secolo. E’ qui che si trova il ricordo del passaggio di San Paolo. Una delle colonne infatti è segnata come il luogo dove, secondo la tradizione, l’Apostolo in missione a Cipro fu legato. Al termine della celebrazione ecumenica Benedetto XVI, sempre in automobile, si trasferirà a Nicosia, la capitale, attraversando praticamente l’isola, e concludendo questa sua prima giornata di viaggio.
Il profondo dolore del Papa per l'assassinio di mons. Padovese nel colloquio con i giornalisti
◊ Il dialogo ecumenico, la pace in Medio Oriente e il cordoglio per l’uccisione di mons. Luigi Padovese sono stati i temi salienti affrontati da Benedetto XVI nella conferenza stampa tenuta sul volo in viaggio verso Cipro. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Il Papa ha innanzitutto espresso il suo profondo dolore per la morte di mons. Luigi Padovese, che, ha ricordato, ha “molto contribuito” alla preparazione del Sinodo per il Medio Oriente. Ha tuttavia precisato che non va confuso questo tragico evento con il dialogo con l’islam e con i temi del viaggio a Cipro:
“Questa ombra tuttavia non ha niente a che fare con i temi e con la realtà del viaggio, perché non dobbiamo attribuire alla Turchia o ai turchi questo fatto. E’ una cosa sulla quale abbiamo poche informazioni: è tuttavia sicuro che non si tratta di un assassinio politico o religioso”.
Rispondendo ad una domanda sulla divisione che ancora ferisce Cipro, Benedetto XVI ha detto che il suo viaggio, in continuità con quello in Terra Santa dell’anno scorso, vuole essere una testimonianza di pace e di dialogo, radicati nella fede per l’unico Dio:
“Non vengo con un messaggio politico, ma con un messaggio religioso, che dovrebbe preparare di più le anime ad essere aperte per la pace. Queste non sono cose che si fanno dall’oggi al domani, ma è molto importante non solo compiere i necessari passi politici, ma soprattutto anche preparare le anime a tali passi, per quella apertura interiore per la pace che viene dalla fede in Dio e dalla convinzione che siamo tutti figli di Dio, fratelli e sorelle fra di noi”.
Al Pontefice è stata anche chiesta una riflessione sulla pace in Medio Oriente dopo il blitz israeliano contro la flottiglia davanti Gaza. Di fronte a questi eventi, ha affermato, dobbiamo imitare la pazienza di Dio:
“Dopo tutti i casi di violenza, non bisogna perdere la pazienza, il coraggio, la longanimità di ricominciare. Occorre creare queste disposizioni del cuore a ricominciare sempre di nuovo, nella certezza che possiamo andare avanti, che possiamo arrivare alla pace e che la violenza non è la soluzione, ma la pazienza del bene. Creare questa disposizione mi sembra il principale lavoro che il Vaticano, i suoi organi e il Papa possono fare”.
Il Papa si è così soffermato sul dialogo con gli ortodossi e la comune testimonianza dei valori cristiani nel mondo secolarizzato. Un segno di unità nonostante i problemi teologici ancora presenti:
“Quando siamo capaci di testimoniare questi valori, di impegnarci nel dialogo ... per vivere questi valori, abbiamo già dato una testimonianza fondamentale di un’unità molto profonda della fede”.
Infine, a sintesi delle sue riflessioni, il Papa si è soffermato sul Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente. Un avvenimento, ha ribadito, che incoraggia a continuare con una visione di dialogo comune. Il Sinodo, ha detto il Pontefice, sarà un incontro interiore della cristianità del Medio Oriente all’insegna del coraggio e della speranza per il futuro. Cresce, ha concluso, “una comune consapevolezza della responsabilità cristiana e anche una comune capacità di dialogo con i fratelli musulmani, che sono fratelli nonostante le diversità”.
L'arcivescovo ortodosso di Cipro: impegno comune per l'unità dei cristiani
◊ La dimensione ecumenica sarà uno degli aspetti importanti della visita del Papa a Cipro. Sull’impegno per l’unità dei cristiani e sulle attese per questo viaggio di Benedetto XVI, Adriana Masotti ha intervistato l’arcivescovo ortodosso di Cipro, Chrysostomos:
R. - La volontà di Dio è che tutti gli uomini, tutte le fedi e tutte le Chiese siano unite e siano una cosa sola, così come Dio è uno e trino. Noi seguiamo la volontà di Dio e la sua volontà è quella che tutte le Chiese siano unite in un’unica Chiesa.
D. – Quali speranze nutre per il dialogo ecumenico?
R. - Il Papa Benedetto XVI è certamente un ottimo teologo della Chiesa cattolica. La speranza è che nel dialogo che si sta portando avanti ormai da moltissimi anni, lui possa contribuire a dar vita ad una nuova partecipazione, così da poter arrivare ad una soluzione, ad un risultato. Da parte nostra, noi faremo tutto il possibile per poter conseguire un buon risultato.
D. - Vuol dire qualcosa sulle voci di dissenso che si sono espresse in questi ultimi giorni da parte di alcuni membri del Sinodo ortodosso nei riguardi della visita di Benedetto XVI a Cipro?
R. – E’ necessario dire qualcosa perché i mass media ciprioti avevano mal informato, dando una visione dei fatti sbagliata. Non erano, infatti, cinque i membri del Sinodo ortodosso che avevano una diversa opinione, ma soltanto due, che tra l’altro proprio in queste ore si sono scusati per le loro posizioni, accettando il messaggio del Sinodo, che è stato letto nelle chiese le ultime due domeniche, e che diceva che la Chiesa di Cipro riceverà con amore e con rispetto la visita del Pontefice. Tutto quello che è successo, appare quindi un po’ gonfiato!
D. - Da tempo si vivono buoni rapporti tra la Chiesa ortodossa russa e quella di Cipro. La sua stima per il Papa Benedetto XVI potrebbe favorire anche legami più stretti tra Roma e il Patriarcato di Mosca?
R. - E’ vero che i rapporti tra la Chiesa russa e la Chiesa cipriota, così come tra la Chiesa di Cipro e il Vaticano sono rapporti ottimi. Vorrei ricordare che due anni fa, quando mi sono recato in visita a Mosca, ho avuto l’occasione di incontrare l’allora Patriarca russo Alessio ed ho avuto la possibilità di discutere con lui il miglioramento dei rapporti tra la Chiesa russa e il Vaticano. Il Patriarca non ha voluto affrontare questa questione, poiché la considerava ancora molto prematura. Ora c’è un nuovo Patriarca ed io potrei - se questo mi venisse chiesto - aiutare, potrei mediare. Questo, però, mi deve essere chiesto!
D. - Sappiamo quanto a lei stia a cuore la questione delle Chiese nei territori occupati a Cipro. Lei spera che il Papa dirà qualcosa a questo proposito e lei stesso pensa di parlare di questa questione?
R. - Cosa dirà il Pontefice in questa occasione non lo so. Io rivolgerò un saluto al Santo Padre ed illustrerò la situazione qui a Cipro, sottolineando che i cattolici di Cipro sono sotto la protezione della Chiesa di Cipro: noi li assistiamo e la nostra porta è sempre aperta per loro, per aiutarli a risolvere qualsiasi loro problema. Riguardo poi alla situazione nel nord di Cipro - la parte occupata - noi faremo presente al Pontefice la situazione, sia politica che culturale; illustreremo la condizione dei nostri beni, la distruzione continua delle nostre chiese, che stanno ormai cadendo a pezzi giorno dopo giorno. Chiederò al Papa di rivolgere un appello anche a tutti i leader europei, la cui maggioranza è cristiana, affinché guardino alla situazione di Cipro come ad un problema di giustizia. E questo perché Cipro è un Paese piccolo e noi siamo deboli, non abbiamo né il potere per poter cacciare le truppe turche né i coloni che si trovano nel nord dell’isola: non abbiamo il potere di fare nulla per poter imporre la nostra volontà nella parte nord di Cipro.
D. – Oggi il suo incontro col Papa…
R. – Già adesso sono contento e sento in me la gioia dell’incontro con Papa Benedetto XVI, la gioia di questo incontro che avremo vis-à-vis nell’arcivescovado e che ci permetterà di avere un confronto ed uno scambio riguardo al bene delle nostre comunità, ortodossa e cattolica.
I telegrammi del Papa ai presidenti d'Italia e Grecia. Napolitano: il viaggio a Cipro, messaggio di speranza per tutti
◊ Benedetto XVI, nei consueti telegrammi inviati ai capi di Stato dei Paesi sorvolati nel suo viaggio verso Cipro, ha invocato “fervidi auspici per il benessere spirituale, civile e sociale del popolo italiano” e una “rinnovata solidarietà” nella popolazione greca. Da parte sua, nel messaggio di risposta, il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha sottolineato che questo viaggio del Papa “nel cuore del Mediterraneo orientale assume un particolare significato sia per la solenne consegna dell'Instrumentum laboris del prossimo Sinodo per il Medio Oriente, al quale – scrive - tutti guardiamo con grande interesse e sincera partecipazione, sia per aver luogo nell'unico Paese dell'Unione Europea ove permane ancora una cortina di separazione fra due popoli. Un simbolo – prosegue il capo di Stato - che ci invita a riflettere e ad agire affinché le barriere che dividono gli uomini si trasformino in ponti di pacifica convivenza e reciproco rispetto. Sono certo – conclude Napolitano - che anche in questa circostanza il Suo costante e reiterato messaggio di pace e speranza offrirà a tutti rinnovata fiducia nell'avvenire”.
Comunione, dialogo, pace: l’editoriale di padre Lombardi
◊ Un viaggio per la comunione ecclesiale, per il dialogo ecumenico, per la pazienza dello sforzo di pace. Questi gli obiettivi della visita a Cipro che il Papa ha messo in luce, conversando con i giornalisti in volo verso l’isola. Il Sinodo dei vescovi del Medio Oriente, ormai lanciato per la sua celebrazione ad ottobre, sarà una grande occasione di incontro e quindi di conoscenza reciproca, di mutuo conforto, di ricerca comune delle vie di testimonianza tra comunità per lo più piccole e minoritarie e per di più di riti e tradizioni diverse. Per i cattolici, dunque, un messaggio di comunione e di incoraggiamento, non per chiudersi su se stessi, ma per diventare più capaci di testimonianze di servizio, più pronti a rendere visibile la ricchezza della millenaria presenza cristiana nelle terre che hanno visto le origini della nostra fede. L’incontro con gli ortodossi segnerà passi ulteriori di un cammino promettente, che vede sempre più chiara la necessità della testimonianza comune, della visione cristiana dell’uomo e della vita nel mondo di oggi, in cui i valori fondamentali appaiono sfidati e spesso radicalmente contestati. Le differenze teologiche non devono far dimenticare che gli aspetti che uniscono sono molto più importanti di quelli che ancora dividono. Infine, la paziente fatica di annunciare la pace, nonostante situazioni ed episodi che inducono alla preoccupazione e allo scoraggiamento. La missione spirituale e religiosa del Papa continua, nello stesso spirito del viaggio dello scorso anno nella Terra Santa. Il Vangelo rimane sorgente inesauribile di speranza per abbattere i muri delle divisioni più profonde.
Festa del Corpus Domini. Il Papa: Gesù trasforma l'estrema ingiustizia in atto supremo di amore
◊ “Gesù prese le distanze da una concezione rituale della religione: Egli ha veramente sofferto e lo ha fatto per noi”. Così il Papa ieri sera celebrando la solennità del Corpo e Sangue di Cristo nella Basilica Lateranense. Al termine della Santa Messa, Benedetto XVI si è soffermato in preghiera davanti al Santissimo Sacramento. Il servizio è di Paolo Ondarza.
Sacerdozio ed Eucarestia, un legame stretto nel Nuovo Testamento. Lo ha ricordato Benedetto XVI spiegando che “la forza divina del sacerdozio di Cristo trasforma l’estrema violenza e l’estrema ingiustizia in atto supremo di amore e di giustizia”:
“Questa è l’opera del sacerdozio di Cristo, che la Chiesa ha ereditato e prolunga nella storia, nella duplice forma del sacerdozio comune dei battezzati e di quello ordinato dei ministri, per trasformare il mondo con l’amore di Dio”.
Gesù non era un sacerdote secondo la tradizione giudaica: la sua persona e la sua attività – ha detto il Papa - non si collocano sulla scia dei sacerdoti antichi, ma piuttosto in quella dei profeti. Gesù prese le distanze da una concezione rituale della religione, criticando l’impostazione che dava valore ai precetti umani legati alla purità rituale piuttosto che all’osservanza dei comandamenti di Dio, cioè all’amore per Dio e per il prossimo, che – come dice il Signore - “vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”:
“Non ha nulla dei sacrifici antichi la morte di Cristo: una condanna a morte, per crocifissione, la più infamante, avvenuta fuori dalle mura di Gerusalemme”. Il sacrificio di Cristo è offerta, preghiera, unione della sua volontà con quella del Padre. Vissuta in questa preghiera, la tragica prova che Gesù affronta viene trasformata in offerta, sacrificio vivente. Un sacrificio che comporta la sofferenza: Cristo – ha detto Benedetto XVI – ha assunto la nostra umanità e per noi si è lasciato “educare nel crogiuolo della sofferenza, si è lasciato trasformare da essa come il chicco di grano che per portare frutto deve morire nella terra”.
E’ grazie a questa trasformazione che Gesù Cristo è diventato “sommo sacerdote” e può salvare tutti coloro che si affidano a Lui. La passione è stata per Gesù come una consacrazione sacerdotale: Egli è divenuto sacerdote non secondo la Legge, ma in maniera esistenziale nella sua Pasqua di passione, morte e resurrezione. Nell’Eucaristia, su cui la Chiesa medita, - ha concluso il Papa – Gesù ha anticipato il suo Sacrificio, non rituale, ma personale.
Omaggio a mons. Padovese, uomo del dialogo e dell'ascolto
◊ Quello di oggi è un giorno di grande tristezza per tutta la Chiesa e per il Papa, che mons. Luigi Padovese rappresentava in Turchia come vicario apostolico dell’Anatolia. Lo è in particolare per la Chiesa turca della quale era il capo, e per quella italiana dalla quale proveniva. E lo è per la stessa realtà sociale e civile della Turchia: in un messaggio indirizzato stamattina a Benedetto XVI, il presidente Abdullah Gul ha riconosciuto e apprezzato “i servigi resi da mons. Padovese per l'amore e la fratellanza” tra cristiani e musulmani. E’ questo il sentimento dominante a 24 ore dall’assassinio del presule milanese, perpetrato dal suo autista e collaboratore, il 26. enne Murat Altun. Il giovane, subito arrestato dalla polizia turca, è stato formalmente incriminato oggi da un tribunale di Iskenderun, la località dove si è consumato l’omicidio e dove si indaga per chiarirne il movente, mentre aumentano di ora in ora le attestazioni di cordoglio. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Stretti in un grande abbraccio, che è insieme preghiera e desiderio di dare e ricevere, consolazione per una perdita improvvisa, inattesa, brutale. Dalla Germania alla Grecia, passando per l’Italia, moltissimi episcopati hanno comunicato la propria commozione per la morte violenta di mons. Luigi Padovese. “Mentre deploriamo il barbaro assassinio ci uniamo al dolore dei fedeli di codesta Chiesa, che ancora una volta viene provata così duramente, ed esprimiamo la più sentita vicinanza e solidarietà nostra e dell'intero episcopato italiano”. Queste sono le parole del presidente dei vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco, tra i primi a esprimere i sentimenti di un cordoglio che non ha cessato fin qui di diffondersi in modo unanime. Da Milano – città natale del presule ucciso e dove ancora una decina di giorni fa si trovava in visita alla famiglia, oltre che per presiedere una celebrazione di cresime nella vicina Lecco – il cardinale arcivescovo della Chiesa ambrosiana, Dionigi Tettamanzi, piange la scomparsa di “un figlio della nostra terra che – scrive – ha servito con dedizione la Turchia”. Una dedizione che in modo significativo emerge, oltre che dalle parole del presidente Gul, anche da quelle del ministro turco della Cultura, Ertugrul Gunay, per il quale mons. Padovese, si è distinto per “il prezioso operato alla cultura della comprensione” tra la minoranza cattolica e la maggioranza islamica del Paese. Sgomento è stato espresso anche dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato al Papa.
Le indagini, scattate immediatamente dopo l’omicidio, hanno portato all’arresto e all’incriminazione di Murat Altun, il giovane autista e collaboratore di mons. Padovese. Da chiarire ancora il movente di un gesto che i primi interrogatori non hanno fin qui contribuito a svelare. E si attendono anche i risultati dell’autopsia condotta questa mattina sulle spoglie del presule, che potrebbero fornire elementi utili sulla dinamica dell’assassinio. Mentre si predispone per la celebrazione delle esequie del presule, i Frati cappuccini di Iskenderun hanno annunicato una veglia di preghiera comune tra cristiani e musulmani, che nelle intenzioni precederà l’arrivo della salma di mons. Padovese in Italia, nella sua Milano, dove il religioso sarà sepolto accanto alla madre, così come aveva chiesto.
“Colpisce in modo particolare che ad uccidere sia stata una mano amica, una persona di cui mons. Padovese si fidava”. E’ una constatazione addolorata quella che esprime padre Domenico Bertogli, vicario generale del Vicariato apostolico d’Anatolia, che in queste ore sta seguendo gli sviluppi della tragica vicenda. Massimiliano Menichetti lo ha contattato telefonicamente poco fa:
R. – Ieri sera, per prima cosa, abbiamo fatto una celebrazione con i sacerdoti che erano qui e hanno partecipato anche tante persone in lacrime: erano cristiani cattolici, cristiani ortodossi ed anche non cristiani. R. – E’ stato ucciso da una persona di fiducia, al quale ha dato tanta fiducia, che è stato sempre molto vicino… un amico! Era una persona in cui aveva riposto tutta la sua fiducia!
D. – Il perché ancora non è chiaro …
R. – Questo ragazzo stava attraversando un periodo di depressione; quando queste persone compiono atti simili, nessuno sa cosa scatta nel loro cervello …
D. – Mi può confermare che i funerali saranno ad Iskenderun?
R. – Sì: qui ad Iskenderun si celebreranno lunedì alle quattro del pomeriggio; dopo la salma sarà preparata per essere portata in Italia, a Milano, dove arriverà mercoledì mattina. Questa sera celebreremo una Messa e domani sera, alle 8.30 ora locale, ci sarà una veglia leggendo i suoi scritti, le sue parole.
D. – Mons. Padovese era amato anche dai non cristiani…
R. – Sì, era amato un po’ da tutti, perché era un uomo del dialogo, del rispetto, una persona amabilissima, semplicissima, sempre disponibile al sorriso, all’ascolto.
D. – Molti hanno parlato di mons. Padovese come un ponte tra Oriente ed Occidente...
R. – Sì, lui ha sempre cercato, appena arrivato, di dialogare con il vescovo ortodosso di Aleppo. Erano molto amici e si trovavano insieme in tante occasioni, dialogavano, pregavano insieme, specialmente per la festa di San Pietro. Era un momento che aiutava il dialogo, la comprensione e il rispetto vicendevole, che penso fossero passi importanti per cercare di camminare sulle strade dell’ecumenismo, cosa importante specialmente nella zona in cui ci troviamo.
D. – Una sua testimonianza personale...
R. – Quando ci sono questi drammi soffre tutta la Chiesa e soffre la Chiesa in particolare in cui ha lavorato, in cui è vissuto, in cui ha sofferto e ha gioito. Mons. Padovese quando arrivò ci disse: “Sono cristiano come voi e voglio vivere come cristiano”. E citava una frase di Tertulliano: “Sono il vostro vescovo, ma sono con voi un cristiano”. Ecco, io penso che questo lui l’abbia fatto sempre con molta semplicità ed umanamente parlando, e anche cristianamente, in maniera esemplare.
D. – Padre Bertogli, che cosa lascia mons. Padovese?
R. – Ha aperto la via al dialogo, al rispetto vicendevole, al desiderio di trovare sempre la maniera di poter camminare insieme.
La drammatica notizia della morte del vicario apostolico in Anatolia ha raggiunto Benedetto XVI e i suoi collaboratori alla vigilia della partenza per Cipro. Una circostanza sula quale si sofferma il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi:
R. – Certamente, colpisce il fatto che questo avvenga proprio quando il Papa ci invita a pensare al Sinodo per i vescovi del Medio Oriente, alle comunità della Chiesa nel mondo mediorientale che sono comunità di minoranza, quindi anche con una loro fragilità e un senso di debolezza e di povertà. Si vede che veramente il Signore anche attraverso questo segno vuole richiamare la nostra attenzione per una grande solidarietà nella preghiera, nell’interessamento, nell’appoggio per queste comunità per quanto sta in noi e anche per quanta sta nella ragionevolezza, nella giustizia, nella solidarietà da parte delle società che le circondano.
D. – Questo drammatico episodio influenzerà in un certo qual modo la visita del Papa a Cipro?
R. – Certamente le darà un tono diverso da quello che avrebbe avuto senza di esso. Dà un tono di grande intensità alla preghiera, di grande serietà di ciò che è in gioco, la testimonianza del Vangelo può costare anche la vita. Ecco, questo ci invita a vivere questi incontri e questo pellegrinaggio del Papa nel cuore del Medio Oriente con una intensità spirituale e con una comprensione della serietà di ciò che è in gioco.
Nominato nel 2004 come vicario apostolico d’Anatolia da Giovanni Paolo II, mons. Luigi Padovese era sempre stato ben consapevole del complesso impegno che comportava il radicare una piccola realtà cattolica in un più ampio contesto di relazioni col mondo musulmano, spesso difficili. Lo conferma in questa intervista rilasciata nel 2006 alla vigilia del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Turchia. Al microfono di Sergio Centofanti, il presule descriveva così le caratteristiche dei laici cattolici nel Paese:
R. – Estremamente variegati perché se c’è in alcuni un impegno forte, una coerenza cristiana che non si nasconde ma si professa apertamente c’è anche, invece, chi per ragioni di sopravvivenza, preferisce non parlare della propria fede e non dare troppo nell’occhio. Anche questi sono cristiani presenti in Turchia, cristiani che almeno ancora si dicono tali; altri, nei decenni passati, hanno preferito percorrere un’altra strada, di una totale omologazione con il mondo musulmano, rinunciando anche alla propria identità religiosa.
D. – Vi sentite un po’ come i cristiani ai tempi di San Paolo?
R. – No, perché non ci sentiamo degli eroi. Ci sentiamo persone che devono lottare ogni giorno con tante difficoltà e chiediamo che anche dall’Europa arrivi un pochino di preghiera per rafforzarci in questa situazione che a volte diventa un po’ pesante.
D. – Cosa chiedete alla Chiesa universale? Quale aiuto?
R. – C’è l’aiuto della comunione dei Santi, che è la preghiera. E l’altro aiuto è rendersi conto che ci siamo anche noi, cioè che esiste una piccola comunità cristiana che, tra l’altro, è erede delle prime comunità cristiane …
D. – C’è bisogno anche di aiuto materiale, economico?
R. – Siamo Chiese “senza fondo”, nel senso che quando arrivano dei soldi, finiscono subito; Chiese che hanno bisogno veramente di essere un po’ sostenute anche economicamente, e questo spiega il mio continuo viaggiare da qui all’Italia, alla Germania, alla Turchia, avanti, indietro, sempre in una ricerca di sostegni economici che ci permettano di andare avanti.
D. – Non è facile essere cristiani di frontiera?
R. – Siamo cristiani con tutte le difficoltà che si possono provare, diciamo, anche in Europa, con qualche cosa in più: che non ci troviamo in un ambiente cristiano, ma siamo una minoranza all’interno di un mondo musulmano: ed essere minoranza in un mondo musulmano non è la stessa cosa che essere minoranza in Europa.
Nomine
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Košice (Slovacchia) presentata da mons. Alojz Tkáč, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Bernard Bober, finora vescovo titolare di Vissalsa e ausiliare di Košice. Mons. Bernard Bober è nato il 3 novembre 1950, a Zbudské Dlhé (arcidiocesi di Košice). E’ stato ordinato sacerdote l’8 giugno 1974. Il 28 dicembre 1992 è stato eletto vescovo titolare di Vissalsa e ausiliare di Košice, e consacrato il 30 gennaio 1993. Nella Conferenza episcopale ha l’incarico di responsabile per la catechesi extrascolastica e per le scuole ecclesiastiche, responsabile del Consiglio per le Minoranze e i Rom, tra i quali ha risvegliato una pastorale vocazionale e ha ordinato i primi sacerdoti.
Il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore di Trenton (Usa) padre David M. O’Connell, della Congregazione della Missione, finora presidente dell’Università Cattolica d’America a Washington. Padre David M. O’Connell è nato a Philadelphia (Pennsylvania) il 21 aprile 1955. E’ stato ordinato sacerdote il 29 maggio 1982 per la Congregazione della Missione. Consultore della Congregazione per l’Educazione Cattolica dal 2005, è membro di vari comitati ed associazioni ed è un "trustee" di molte istituzioni cattoliche.
Il Santo Padre ha nominato ausiliare della diocesi di Pusan (Corea) il rev. Joseph Son Sam-seok, decano della facoltà di Teologia al Seminario Maggiore di Pusan, assegnandogli la sede titolare vescovile di Fessei. Il rev. Joseph Son Sam-seok è nato il 3 novembre 1955 a Pusan. È stato ordinato sacerdote il 6 febbraio 1982, incardinato nella diocesi di Pusan.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La pazienza del bene: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita pastorale del Papa a Cipro.
Uomo di pace e testimone del Vangelo: il cordoglio per l’uccisione del vicario apostolico di Anatolia, il vescovo Luigi Padovese.
L’amore che trasforma il mondo: l'omelia di Benedetto XVI durante la celebrazione del Corpus Domini.
Rispetto per i diritti umani fondamentali del popolo di Gaza: nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede a Ginevra.
Dalla ferita si scorge l’Assoluto: in cultura, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi sulla provocazione dell’arte.
Un articolo di Fortunato Frezza dal titolo “Il mistero del dono e la tirannia dell’autosufficienza”: da san Bonaventura alla “Caritas in veritate”.
Un'altra nave di Freedom Flottilla verso Gaza
◊ Sempre alta la tensione in seguito al blitz israeliano contro Freedom Flottilla, la flottiglia internazionale, carica di aiuti diretti a Gaza. Un'altra nave, la Racchel Corrie, è al largo di Gaza dove vorrebbe giungere domani. Le autorità di Ankara hanno confermato i nove morti, di cui otto turchi e un americano, minacciando di rivedere le relazioni con il Paese ebraico. Esclusi altri dispersi, mentre un aereo-ambulanza turco riporterà in patria i 5 feriti rimasti ancora in territorio israeliano. In mattinata il presidente iraniano Ahmadinejad ha minacciato la “morte del regime sionista”. “Israele si avvia a scomparire”, ha invece affermato la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei. Sul terreno, intanto, stanotte due razzi palestinesi hanno colpito il territorio israeliano senza provocare vittime, mentre i soldati vigilano la spianata delle moschee a Gerusalemme nel timore di disordini in occasione delle preghiere islamiche del venerdì. Ma sulla situazione a Gaza, dopo l’attacco alla flottiglia pro-palestinese, ascoltiamo la testimonianza di Claudette Habesch, segretario generale di Caritas Gerusalemme, raggiunta telefonicamente in Medio Oriente da Giada Aquilino:
R. – It is unbelievable what is happening …
E’ incredibile quello che sta accadendo e come il mondo accetti quello che sta accadendo a Gaza oggi. Il blocco di Gaza esiste ormai da più di tre anni e un milione e mezzo di persone vive in una grande prigione a cielo aperto, senza le necessità primarie della vita di tutti i giorni.
D. – Cosa serve alla popolazione di Gaza?
R. – Everything. They need first ...
Tutto. Necessitano in primo luogo del rispetto della loro dignità, della libertà, di aprire questa grande prigione per essere in grado di lavorare e guadagnarsi da vivere con dignità. Oggi Gaza ha bisogno dell’aiuto umanitario, di cibo, di materiale igienico, della possibilità di ricostruire le case demolite a causa della recente guerra. Nel dicembre 2008 c’è stata a Gaza l’operazione “Piombo fuso”, durata 22 giorni. Molte abitazioni sono state totalmente distrutte. Ci sono ancora oggi famiglie che vivono nelle tende o con amici o parenti. Vogliamo aiutare queste persone ad essere in grado di vivere una vita normale, ma non è possibile perché Israele non permette che i beni necessari entrino a Gaza. E’ vero che alcuni prodotti sono ormai reperibili perché arrivano illegalmente attraverso i tunnel, ma qualsiasi cosa si riesca a trovare a Gaza ha prezzi proibitivi e la maggior parte delle persone non può permettersela.
D. – Il Papa ancora una volta ha esortato al dialogo per risolvere la crisi a Gaza. Come è possibile?
R. – Dialogue is very important …
Il dialogo è davvero molto importante. In fin dei conti, israeliani e palestinesi sono due popoli che devono riconoscersi l’un altro, rispettarsi l’un l’altro ed imparare a condividere questa terra e vivere in pace. Credo ancora nella necessità di negoziati e nella necessità del dialogo, ma dovrebbe pure esserci l’intenzione di trovare soluzioni definitive così che entrambi i popoli, gli israeliani e i palestinesi, possano vivere in pace.
Un anno fa il discorso di Obama al Cairo per rilanciare il dialogo tra Occidente e Islam
◊ Il 4 giugno di un anno fa, il presidente statunitense Barack Obama pronunciava il suo storico discorso all’Università Al Azhar del Cairo, per promuovere un nuovo inizio nei rapporti tra Usa e mondo musulmano. Per tracciare un bilancio di quell’evento, si è tenuta stamani una conferenza al Centro Studi Americani di Roma, promossa dall’Associazione “Carità Politica”. Ha seguito l’evento per noi, Alessandro Gisotti:
Passare dalle parole ai fatti: è l’auspicio espresso da tutti i relatori, intervenuti al Centro studi americani, convinti che il discorso di Obama all’università Al Azhar del Cairo rappresenti un punto di riferimento per il progresso della pace e del dialogo tra Occidente e musulmani. Nel suo intervento, l’ambasciatore americano presso la Santa Sede, Miguel H. Diaz, ha messo l’accento sulla ricerca di un terreno comune, ancor più urgente dopo quanto successo a largo delle coste di Gaza. Il blitz israeliano è stato condannato dall’ambasciatrice egiziana presso la Santa Sede, Lamia Mekhemar. Questo tragico evento, ha detto, rende necessario implementare le esortazioni di Obama a promuovere la cooperazione tra i popoli vincendo stereotipi e pregiudizi. Dal canto suo, il preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica (Pisai), padre Miguel Angel Ayuso Guixot, ha riconosciuto il valore positivo del discorso al Cairo ed ha auspicato che si investano maggiori risorse nell’educazione alla pace. Nell’incontro, non si è mancato di esprimere cordoglio per l’uccisione di mons. Luigi Padovese.
“Nessun discorso o proclama potrà mai sradicare completamente una diffidenza pluriennale”, aveva affermato il presidente Obama al Cairo un anno fa. Serve dunque passare alla fase operativa. E’ quanto sottolinea padre Miguel Angel Ayuso Guixot, preside del Pisai, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – E’ un discorso che richiede la collaborazione di tutti. Quindi, il dialogo interculturale, interreligioso ha bisogno di questo grande ventaglio, dove tutti hanno un ruolo da giocare, sia a livello diplomatico che a livello politico, a livello economico, a livello interculturale, e poi noi, uomini di religione, con le nostre rispettive comunità cristiane, cercando di fare del nostro meglio per dare un nostro contributo affinché si possa vivere in questa ambita pace, che tutti desideriamo, particolarmente in quei focolai dove le tensioni sono sempre difficili da affrontare. Bisogna mettere al centro di tutto questo discorso l’essere umano, la dignità umana. Di conseguenza ogni essere umano deve essere capace di scoprire, in un mondo sempre più globalizzato, questa necessità di collaborare.
D. – Questo discorso di Obama al Cairo è appunto un nuovo inizio, un inizio che deve essere proseguito con buona volontà...
R. – Evidentemente è un discorso che deve avere un seguito e che deve coinvolgere, come dicevo precedentemente, tutti. Ogni persona deve collaborare e fare del suo meglio per creare questa armonia, in un mondo ferito che ha queste medicine del dialogo, dell’intesa e in cui viene inserito anche il discorso del presidente Barack Obama.
Allarme alcolismo tra i giovani in Italia
◊ In Italia più di 650 mila giovani cominciano a bere a 11 anni: è il dato allarmante emerso dagli studi dell’osservatorio nazionale dell’Arcat (Associazione Regionale dei Club degli Alcolisti in Trattamento) nel corso del convegno: “Alcol e minori. Oltre l’emergenza”. Un’ occasione per fare il punto sulla diffusione di questo fenomeno ma anche per sviluppare iniziative di promozione della salute e del benessere delle giovani generazioni. Il servizio di Cecilia Seppia:
Cominciano con il consumare bevande alcoliche saltuariamente a 11-12 anni, già a 15, alcuni diventano alcolizzati. In Italia su nove milioni di persone a rischio, 1 milione e mezzo sono giovani non ancora maggiorenni, per lo più maschi, con basso grado di scolarità, figli di genitori disoccupati o a basso reddito, ma l’abuso dell’alcol spopola sempre di più anche tra i giovanissimi benestanti, vittime dei cosiddetti soft drink, prodotti creati a posta per soddisfare i loro gusti. L’80% consuma alcol prevalentemente nella notte di sabato: 6 cocktail in 2 ore, per un rituale pericoloso ma sempre più di moda il cosiddetto Binge-Drinking: qui non si parla di bere alcol ma di usarlo ai fini dello sballo, ovvero come una droga. Sentiamo il prof. Emanuele Scafato, direttore Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità:
“Sapere che ci sono all’incirca 650 mila minori che ricevono bevande alcoliche dagli adulti o che se le procurano, chiaramente, è qualcosa che ci preoccupa perché questo significa che sono mancati nel tempo quei fattori di protezione, anche di controllo formale e sociale. Quindi, oggi come oggi, i ragazzi più che bere o gustare quello che fanno, usano l’alcol per le finalità che loro stesso desiderano sperimentare in termini di comportamenti. L’alcol è un lubrificante sociale, è qualcosa che disinibisce, oppure che, bene o male, può consentire delle relazioni sociali più agevolate. Quindi, è un fenomeno che assolutamente va contrastato in tutte quelle modalità che consentano un facile accesso dei giovani alle bevande alcoliche. Sono tutti fenomeni che hanno una natura commerciale e che non hanno nulla a che fare con la tutela dei minori”.
I giovani che fanno uso di alcol non sanno che questa sostanza tossica provoca l’insorgere di patologie importanti legate al sistema nervoso: la perdita della memoria, di capacità cognitive, per le donne anche vari tipi di tumori, come quello del seno. Tra i giovani l’alcol resta anche tra le prime cause di morte sulla strada: il 40% degli incidenti stradali è provocato da persone ubriache al volante. Per contrastare questa emergenza, bisogna fare leva sulla prevenzione, sull’azione educativa, sull’applicazione delle normative europee: come quella che prevede il divieto di vendere e somministrare alcolici ai minori di 18 anni e non di 16 come in Italia. Bisogna inoltre sviluppare un coinvolgimento attivo della società a cominciare dalle famiglie e dalla scuola, e puntare alla tutela della salute, scavalcando le logiche economiche del profitto.
Incontro ecumenico di Edimburgo: essere testimoni di Cristo nel mondo
◊ Non permettere alle difficili questioni teologiche di scoraggiarci dal testimoniare oggi al mondo l’amore di Dio: ha esordito così, ieri, a Edimburgo, Dana Robert, docente dell’università di Boston e tra i maggiori esperti mondiali di storia della missione, nel suo intervento alla Conferenza missionaria mondiale che si è aperta mercoledì scorso a Edimburgo e si concluderà domenica prossima. L’evento, cui stanno partecipando 300 delegati da tutto il mondo, in rappresentanza di tutta la cristianità, celebra il centenario dall’incontro che nel 1910 segnò l’inizio del movimento ecumenico contemporaneo. Ci sono, infatti, protestanti, ortodossi, anglicani, evangelici e pentecostali, oltre, ovviamente, alla delegazione cattolica guidata dal vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. I partecipanti hanno riflettuto in particolare sulle risposte da dare all’uomo di oggi e sul mandato odierno di evangelizzazione nel mondo. Dana Robert ha sottolineato, nel suo discorso, come oggi la fede sia più che mai multiculturale, con credenti provenienti da ogni continente, e ha precisato che evangelizzare il mondo, oggi, significa essere testimoni per la nostra generazione di uomini. Come riferisce l'agenzia Sir, Olav Fyske Tveit, segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, ha detto: “Essere uno in Cristo è rendere testimonianza di Cristo insieme”. La responsabilità, dunque, consiste nell’ “offrire riconciliazione all’umanità. Riconciliazione con Dio, tra gli esseri umani, con il creato. Le Chiese – ha concluso – devono essere testimoni di speranza in tempi di ingiustizia, crisi economica, violenza, tensioni tra uomini di fede e minacce ambientali”. (R.B.)
Rapporto Sipri: la crisi economica non fa calare la spesa per le armi
◊ La crisi economica globale non tocca le spese per gli armamenti che continuano inesorabilmente ad aumentare: è quanto emerge, non senza destare preoccupazione, dal rapporto annuale sugli armamenti, il disarmo e la sicurezza internazionale, elaborato dall’Istituto di ricerca internazionale sulla Pace di Stoccolma (Sipri). Questi alcuni dati riportati dall’agenzia Misna: le spese economiche per gli armamenti sono aumentate del 5,9% nel 2009 e del 49% negli ultimi dieci anni, totalizzando una somma complessiva di 1531 miliardi di dollari spesi. In particolare, sono gli Stati Uniti ad aver aumentato più di tutti i fondi a disposizione delle armi e ad aver effettuato il 43% delle transazioni totali. Il Sipri, nel suo rapporto, ha analizzato anche le operazioni di pace presenti in varie parti del mondo: anche qui sono gli Usa il Paese più impegnato, specialmente in Afghanistan, dove ha raddoppiato il numero di uomini, anche se, intorno all’argomento, emerge un crescente senso di sconfitta e l’idea che una soluzione definitiva del conflitto si possa raggiungere non attraverso la presenza militare, bensì attraverso l’allargamento del dialogo politico. Complessivamente, comunque, le spese per le operazioni di pace ammontano a oltre 9 miliardi di dollari ripartiti in 54 aree operative, con il coinvolgimento di oltre 200mila persone, tra militari e civili: sono le cifre più elevate di tutti i tempi. Il Sipri segnala, infine, l’esistenza di 7500 testate nucleari che fanno capo a otto Paesi (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito, Francia, India, Pakistan e Israele), 2000 delle quali potrebbero essere lanciate nel giro di pochi minuti. (R.B.)
America centrale: si aggrava il bilancio della tempesta Agata
◊ Morti, feriti e molta gente senza tetto, case distrutte, strade coperte di fango, comunità isolate: non si è ancora potuto fare un conteggio esatto dei danni che ha lasciato la tempesta tropicale Agata, che ha colpito l'America centrale la scorsa settimana. Finora, secondo i dati ufficiali, 152 persone sono morte e 93 sono disperse. Il Guatemala è il Paese che ha sofferto di più il passaggio della tempesta e la situazione è molto critica. Anche Benedetto XVI ha esortato la comunità internazionale ad inviare aiuti al Guatemala. Nel rapporto pubblicato il 31 maggio dal Presidente guatemalteco, Alvaro Colom, si legge che più di 155.000 persone erano state evacuate. La distruzione è stata maggiore - riferisce l'agenzia Fides - a causa di un'eruzione vulcanica avvenuta nei giorni precedenti. Il vulcano Pacaya, che si trova a 50 chilometri a sud di Città del Guatemala, ha infatti coperto di cenere la città e ha obbligato alla chiusura forzata dell'aeroporto internazionale La Aurora, cosa che impedito in parte l'azione di soccorso. La Chiesa cattolica, per mezzo della Caritas diocesane del Guatemala e delle diverse diocesi, si è attivata per aiutare i più poveri che hanno perso anche quel poco che potevano avere. Mons. Victor Hugo Palma, vescovo di Escuintla, ha emesso un comunicato pubblicato dalla Conferenza episcopale del Guatemala dove chiede a tutta la popolazione di affrontare questi momenti difficili con fede e con carità fraterna: “Nessuno in Guatemala è esente degli effetti di queste calamità, quindi dobbiamo essere noi stessi a offrire quel poco o molto che abbiamo a coloro che hanno perso tutto…” si legge nella lettera inviata all’agenzia Fides dalla diocesi di Escuintla. Anche se il Guatemala è stato il Paese centroamericano più colpito da queste calamità naturali, non è l'unico. In El Salvador, per esempio, la stampa parla di 10.000 persone costrette a lasciare le loro case per la tempesta, circa il 95% delle strade in El Salvador sono state danneggiate e almeno 10 persone sono morte. In Honduras la situazione non è molto diversa. Secondo un comunicato diffuso dalla Commissione permanente di contingenze (Copeco), 17 persone sono morte a causa delle piogge, una persona è scomparsa e 4 sono i feriti. Inoltre 3.227 persone hanno dovuto lasciare le loro case e 3.168 sono i rifugiati in campi di soccorso. (R.P.)
A Madrid congresso europeo delle Caritas su povertà ed esclusione sociale
◊ Si tiene oggi e domani a Madrid un Congresso europeo sulla povertà e l’esclusione sociale per iniziativa di Caritas Europa e della Caritas spagnola, nel quadro dell’Anno Europeo 2010 di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Nel promuovere l’incontro, l’organismo caritativo europeo intende sensibilizzare leader politici e l’intera società civile sull’importanza cruciale degli obiettivi di sviluppo del millennio e sul loro raggiungimento entro il 2015, in un tempo di profonda crisi finanziaria, economica, sociale e valoriale. All’Unione Europea, leader mondiale nell’aiuto allo sviluppo, è chiesto non solo di farsi carico degli 84 milioni di cittadini europei in condizione di povertà, ma di guardare a quanti nel resto del mondo vivono in situazione di miseria e di esclusione intollerabili. In un “documento di posizione” e in una recente “Lettera aperta” ai Governi dell’Ue, Caritas Europa formula cinque raccomandazioni volte ad eliminare le situazioni critiche di ingiustizia e a promuovere il bene comune. All’Ue si chiede, in particolare, di rispondere alle esigenze concrete dei poveri, nel rispetto dei diritti umani; includere nelle proprie strategie azioni concrete per rafforzare la sicurezza alimentare, fermare la diffusione dell’Aids, assicurare la sostenibilità ambientale e attuare un’efficace politica per lo sviluppo; supportare il piano di azione europeo per gli Obiettivi del Millennio con un’articolata strategia finanziaria; riconoscere il valore aggiunto di una società civile attiva ed efficiente; assicurare coerenza politica per lo sviluppo, garantendo che i fondi destinati raggiungano effettivamente l’obiettivo di ridurre la povertà. Nel “documento di posizione”, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio vengono considerati alla luce della Dottrina sociale della Chiesa ed unificati nel comune denominatore dell’eliminazione della povertà, di quell’opzione preferenziale per i poveri basata su una visione integrale della persona umana e sui principi della sussidiarietà, della solidarietà e della destinazione universale dei beni. Non mancano riferimenti a testi del magistero pontificio, dalla Populorum Progressio alla Caritas in veritate. Ad aprire l’appuntamento di Madrid: i presidenti di Caritas Europa e della Caritas spagnola, rispettivamente padre Erny Gillen e Rafael del Río Sendino, e il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga presidente di Caritas Internationalis, che ha tenuto il primo degli interventi di fondo. La riflessione del Congresso parte dalla “diagnosi” della povertà nel mondo e in Europa, con particolare riferimento alla Spagna, per passare quindi ad esaminare le azioni della Caritas per la lotta alla povertà a livello mondiale ed europeo. L’analisi si soffermerà quindi sull’impegno delle istituzioni europee nell’eliminazione dell’esclusione sociale, con particolare riferimento alla Strategia economica “Europa 2020” della Commissione di Bruxelles; interverranno membri di organismi internazionali ed europei e di organizzazioni della società civile. Nell’ultimo spazio del dibattito, la Presidenza della Caritas presenterà alcune proposte al governo spagnolo e all’Unione Europea, alle quali risponderanno rappresentanti di Madrid e di Bruxelles. (M.V.)
Mons. Zimowski: favorire la partecipazione dei non udenti alla Chiesa
◊ Sull’esempio di San Filippo Smaldone, dell’Abbé dell’Epée a Parigi e di Tommaso Silvestri a Roma, prendersi cura dei non udenti, “così che possano sempre più contribuire ad abbattere i muri dietro i quali si trincera l’assai più grave sordità spirituale”. Così mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio di Pastorale sanitaria, ha aperto stamattina i lavori del convegno, "Effatà! La persona sorda, araldo e testimone dell’annuncio evangelico”, cui hanno preso parte operatori diocesani, associazioni, specialisti e volontari. Il Sir riferisce che l’incontro fa seguito a una conferenza internazionale sul tema, svoltasi nel novembre 2009 in Vaticano sul tema ‘Effatà! La vita della persona sorda nella Chiesa’. Il presidente del Pontificio Consiglio ha auspicato che la Chiesa continui con determinazione a promuovere l’accesso dei non udenti alla pratica religiosa, sia a livello locale che a livello universale, e ha sottolineato l’importante azione in questa direzione, portata avanti da diverse chiese locali delle Isole britanniche. (R.B.)
Appello dei vescovi Usa: urge riforma della legge sull’immigrazione
◊ Una riforma generalizzata delle leggi in materia d’immigrazione che tutti i governi dovrebbero attuare e, soprattutto, la ricerca di politiche economiche che creino posti di lavoro nei Paesi d’origine così, da contrastare in maniera definitiva l’immigrazione illegale: è questa la posizione dei vescovi cattolici statunitensi, espressa dal portavoce mons. John Wester, vescovo di Salt Lake City, che ha parlato ieri a Washington in occasione della presentazione della IV Consultazione regionale delle Conferenze episcopali delle Americhe sulle migrazioni. Erano presenti anche vescovi messicani e guatemaltechi che, insieme con quelli statunitensi elaboreranno un documento comune sull’argomento, molto d’attualità negli Stati Uniti, in seguito all’introduzione del reato di clandestinità. Chi è trovato, infatti, senza documenti, viene arrestato e portato in strutture al confine tra Usa e Messico in attesa di essere rimpatriato nel Paese d’origine. Questa sorte è toccata nel 2008 a oltre 550mila persone, l’8,7% in più rispetto all’anno precedente. Le Chiese locali sono grandemente impegnate nelle attività di assistenza ai migranti, e, per voce di mons. Wester, hanno lanciato un appello speciale per la situazione di Haiti: “Nell’isola si sta ancora combattendo per superare la tragedia del terremoto – ha detto al Sir – i governi si impegnino per aiutare la ricostruzione e accogliere la popolazione che non può restare ad Haiti”. (R.B.)
Cattolici e ortodossi d’Oriente uniti nella lotta all’emigrazione dei cristiani
◊ Affrontare insieme, cattolici e ortodossi, le sfide comuni: con questo spirito, il 26 e il 27 maggio scorsi, si sono incontrati nella parrocchia caldea di Sulaymaniyah, nel Kurdistan, nord dell’Iraq, sacerdoti e vescovi delle chiese orientali, in vista del Sinodo dei vescovi del Medio Oriente, in programma il prossimo ottobre. Nel corso di questo seminario ecumenico della Fondazione Pro Oriente, i partecipanti hanno preso un impegno comune, riferisce Asianews, per il raggiungimento di diversi obiettivi: una maggiore cooperazione tra le due Chiese, strategie comuni con i musulmani per trovare risposte all’interpretazione estremista dell’Islam, e l’intenzione di spingere i fedeli a una partecipazione più attiva alla vita pubblica dei loro Paesi. La riunione ha riscosso un notevole successo: hanno partecipato infatti, tra gli altri, i membri del Forum Siriacum, religiosi della Chiesa assira dell’Est, caldea, maronita, siro-cattolica, siro-malabrese e siro-ortodossa, rispondendo con la propria presenza all’invito dell’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako. Nel documento conclusivo si evidenzia la necessità di includere come partecipanti al Sinodo i membri inviati dalle Chiese ortodosse, con i quali si condividono molti obiettivi, come le attività per contrastare l’emigrazione di massa dei cristiani dal Medio Oriente, e la volontà di far conoscere meglio all’Occidente la situazione dei cristiani mediorientali. Missione comune è anche quella, più volte ricordata, di promuovere incontri di dialogo interreligioso con i musulmani anche su scala regionale e locale e offrire, con la collaborazione efficace dei media, un’immagine giusta del Cristianesimo orientale. L’auspicio, infine, è quello di organizzare un incontro, sei mesi dopo il Sinodo, per verificare l’applicazione delle decisioni prese. (R.B.)
La Chiesa: giustizia per l’attivista Chebeya ucciso in Congo
◊ La Conferenza episcopale congolese “condanna energicamente” l’uccisione di Floribert Chebeya, considerato uno degli attivisti per i diritti umani più impegnati nella Repubblica Democratica del Congo, ed esige dal governo “un’inchiesta credibile affinché venga fatta giustizia”. A questo appello dei vescovi, si associano anche l’Unione europea e l’Onu, riferisce l’agenzia Fides, che ha raccolto la testimonianza di padre Loris Cattani, missionario saveriano animatore della Rete Pace per il Congo: “Da molto tempo, ormai, Chebeya riceveva minacce di morte”, ha raccontato. Quarantasette anni, originario del sud Kivu dove imperversano i crimini dei gruppi armati contro i civili, presidente dell’Organizzazione non governativa ‘La voce dei senza voce’, Chebeya era sparito insieme con il suo autista la sera del primo giugno, dopo essersi recato a Kinshasa per incontrare il generale John Numbi. Il suo cadavere ammanettato e con i pantaloni abbassati, è stato ritrovato sul sedile posteriore della sua auto abbandonata, la notte fra il 2 e il 3 giugno. Anche il suo autista è stato trovato morto. In passato Chebeya era stato arrestato dalle autorità congolesi perché protestava contro il contratto stipulato dal Congo con un’importante multinazionale francese accusata di sfruttare le miniere di uranio del Katanga e responsabile, secondo lui, di gravi violazioni dei diritti umani e di ingenti danni ambientali in altri Paesi come il Niger. Chebeya pare stesse per presentare un rapporto sulla condizione delle carceri locali. (R.B.)
Namibia: proteste contro la sterilizzazione delle donne sieropositive
◊ Una sollevazione di massa contro la pratica delle sterilizzazioni delle donne sieropositive effettuata contro la loro volontà, è quella messa in atto in questi giorni in Namibia. Con un gesto simbolico, un autobus carico di uomini e donne imbavagliati con nastro adesivo, i manifestanti hanno portato a Katatura, nella sede del ministero della Sanità, una petizione contro le sterilizzazioni forzate, in sostegno ad alcune donne che, dopo aver subìto questa pratica, hanno fatto causa al ministero stesso. Eventi di solidarietà sono stati promossi anche presso le ambasciate della Namibia a Pretoria, Lusaka e Washington, mentre sit-in sono stati organizzati presso gli ospedali statali di Ondangwa e Windhoek. Secondo i dati forniti all’agenzia Fides, nel 2007 alcune donne bisognose di cure mediche perché sieropositive, sono state presumibilmente sterilizzate in due ospedali statali, senza il loro consenso, e nel 2008 sono stati documentati altri 15 casi simili. I manifestanti sostengono che questo viola alcuni diritti fondamentali, come quello alla libertà, all’assicurazione, alla salute, a fondare una famiglia, alla salute riproduttiva, alla pianificazione familiare, alla privacy, all’uguaglianza, al diritto alla vita e alla libertà da ogni discriminazione. I dimostranti chiedono, infine, al governo di distribuire circolari nelle strutture sanitarie che proibiscano le sterilizzazioni arbitrarie e di formare il personale in maniera adeguata sulle necessità dei pazienti. (R.B.)
In Nigeria la riunione preparatoria alla Conferenza mondiale della gioventù
◊ È in corso ad Abuja, in Nigeria, un incontro preparatorio alla “Conferenza mondiale della gioventù” che si svolgerà in Messico dal 23 al 27 agosto. Esperti e ministri dei Paesi che fanno parte dell’Unione africana si sono riuniti per discutere delle condizioni in cui versa la popolazione giovanile nel continente, trovare una posizione comune in tema di politiche giovanili e sviluppo, elaborare un documento che identifichi le azioni prioritarie da mettere in atto. Nella riunione si analizzerà anche il progetto di “Dichiarazione del Messico”, ricorda l’agenzia Misna, per favorire il dialogo, lo scambio delle idee tra i partecipanti e per mettere a punto le proposte che saranno presentate in sede Onu. In particolare considerazione, inoltre, saranno tenuti gli “Obiettivi di sviluppo del Millennio”, da raggiungere entro il 2015, che riguardano tematiche giovanili come l’istruzione e la salute. Da notare che secondo fonti delle Nazioni Unite, sono proprio i giovani il gruppo sociale più numeroso in Africa: circa il 60% della popolazione totale, infatti, ha meno di 30 anni. (R.B.)
Indonesia: cristiani protestano all’Onu per la chiusura della loro chiesa
◊ I seguaci della Yasmin Church, si appelleranno alle Nazioni Unite contro la decisione delle autorità di Bogor di chiudere la loro chiesa. Le autorità da tempo cercano di impedire manifestazioni pubbliche della fede cristiana nella zona, cedendo alle pressioni di islamici estremisti. Ma i cristiani rivendicano il diritto di professare la fede dove abitano, a costo di pregare in strada. La decisione - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata presa ieri. I pastori Ujang Tanusaputra e Diah Renata Anggraeni, dirigenti della Yasmin Church, hanno ribadito in conferenza stampa che l’Imb (il permesso legale di stabilire un edificio di culto) è stato loro rilasciato dal capo dell’amministrazione di Bogor sin dal 2006, per ricostruire la nuova chiesa e altri edifici per le attività del gruppo. Ma in seguito le autorità municipali di Bogor hanno iniziato a discriminarli, fino all’ordine del 12 marzo di sospendere qualsiasi attività della chiesa. La decisione della Yasmin Church è sostenuta da vari gruppi pro-diritti umani. Alexander Paulus, dell’Human Rights Working Group, spiega che “i funzionari di Bogor non solo hanno danneggiato proprietà della chiesa nell’area e il suo edificio, ma hanno anche dissestato il luogo per impedire ai fedeli di tenere ancora i loro servizi religiosi”. La Chiesa in costruzione si trova nel cosiddetto complesso Yasmin Garden; sopra un’area di 1.700 metri quadrati i cristiani hanno realizzato anche altre costruzioni utili per le loro opere, fino all’ordine di sospensione del 12 marzo. La presa di posizione delle autorità comunali è giunta dopo una serie di proteste di gruppi musulmani estremisti, come lo Hisbut Tahrir Indonesia e l’Islamic Defender Front, che accusano i cristiani di “proselitismo” e si oppongono a qualsiasi costruzione e manifestazione pubblica della loro fede. A fine aprile migliaia di estremisti hanno assalito e appiccato il fuoco a un complesso cristiano a Bogor, opponendosi alla costruzione di un centro educativo, con l'accusa che si voglia invece realizzare un luogo di preghiera. (R.P.)
Sri Lanka: inaugurazione di un nuovo centro di formazione per i giovani
◊ Sarà inaugurato domani, a Metiyagane il “Don Bosco Residential Technical Center” (Dbrtc), una nuova opera salesiana nello Sri Lanka. Tra gli eventi in programma anche la messa a dimora di alcuni alberi, simbolo della nascita dell’opera e della crescita dei futuri allievi di Metiyagane. La costruzione del Dbrtc è stata resa possibile della generosità di mons. Harold Antony Perera, vescovo di Kurunaegala, che ha donato il terreno su cui il centro sorge; e del dott. Carlo Pesenti, Cavaliere del Lavoro, che ha contribuito alla copertura finanziaria del progetto, attraverso la “Fondazione Italcementi Carlo Pesenti”, il cui obiettivo “è sostenere l’educazione e la ricerca scientifica sui temi dello sviluppo sociale e del progresso sostenibile delle imprese”. Il Dbrtc - riferisce l'agenzia Fides - è una delle 16 opere istituite dai figli di Don Bosco nello Sri Lanka. I Salesiani sono attivi nel Paese dal 1956, quando avviarono la loro prima presenza presso Negombo, e da allora sono sempre stati impegnati nell’educazione e nella promozione dei giovani, senza differenze di credo, ma con un’opzione preferenziale per i giovani più poveri. Il centro di Metiyagane si propone specificatamente di istruire i giovani nell’edilizia, la fabbricazione dell’alluminio, la realizzazione d’impianti idraulici e le tecnologie della stampa e permettere così un proficuo ingresso dei giovani nelle aziende locali d’ingegneria civile. (R.P.)
L'incontro del vescovo di Hong Kong con gli immigrati indonesiani
◊ “Vivere lontano dal proprio paese di per sè è una sfida. Vi auguro che possiate trovare la pace donata da Cristo sotto la guida dello Spirito Santo”. Con queste parole mons. John Tong, vescovo di Hong Kong, ha incoraggiato gli immigrati indonesiani residenti ad Hong Kong durante un incontro svoltosi alla fine del mese mariano. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), l’incontro ha avuto luogo nella parrocchia di Cristo Re, dove si raduna la comunità indonesiana, ed ha rappresentato un segno di solidarietà della diocesi e di attenzione personale del vescovo stesso, verso i lavoratori indonesiani. Sono stati oltre 650 gli immigrati indonesiani che hanno partecipato sia all’incontro che alla Messa presieduta da mons. Tong e concelebrata da padre Johannes Incarta, cappellano della comunità indonesiana a Hong Kong. Uno dei partecipanti ha commentato: “questa riunione della comunità e l’incontro con il vescovo ci fanno sentire sostenuti, sperimentando una condivisione di vita e di lavoro”. Ogni domenica pomeriggio la comunità indonesiana, guidata da padre Incarta, celebra la Santa Messa di lingua indonesiana nella parrocchia di Cristo Re, con una folta partecipazione di fedeli. (R.P.)
Campagna di Medici senza Frontiere contro la malnutrizione infantile
◊ Una campagna in comune, uniti contro il fenomeno della malnutrizione dei bambini in molte aree povere del mondo, è l’iniziativa “Starved for attention”, promossa da Medici senza Frontiere (Msf) e dall’agenzia fotografica Seven. La campagna si è aperta ufficialmente mercoledì 2 giugno a New York con l’inaugurazione di una mostra fotografica che raggiungerà anche l’Italia, prima a Milano, poi anche a Roma e Ferrara, in concomitanza con l’inizio di un periodo molto difficile per le popolazioni della regione africana del Sahel, denominato “hunger gap”, in cui le riserve alimentari delle comunità si esauriscono prima del raccolto successivo. In occasione della campagna, riferisce l’agenzia Sir, saranno presentati alcuni documentari che mostrano operatori sanitari e genitori impegnati a rispondere ai bisogni alimentari dei più piccoli. I filmati saranno visibili per sette settimane sul sito multilingue www.starvedforattention.org. I dati forniti da Msf sulla malnutrizione infantile sono allarmanti: nonostante sia una condizione assolutamente prevenibile e curabile, affligge 195 milioni di bambini e uccide ogni anno almeno un terzo degli otto milioni di bimbi che hanno meno di cinque anni. Nel 2009, l’associazione di medici ha curato oltre 250mila bambini malnutriti in 34 Paesi e ricorda come, con semplici ma specifici interventi nutrizionali, si possano risparmiare molte vite. (R.B.)
Giubileo per il 125.mo di Adorazione eucaristica nella Basilica di Montmartre
◊ Si è aperto oggi con una cerimonia solenne, il Giubileo in occasione dei 125 anni di Adorazione eucaristica continua nella Basilica del Sacro Cuore di Montmartre, a Parigi. La celebrazione è stata officiata dal cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese. La Basilica, uno dei luoghi di devozione più importanti della Francia e la seconda più visitata della capitale dopo Notre Dame, con 10 milioni e mezzo di pellegrini l’anno, ha iniziato l’esperienza dell’Adorazione nel lontanissimo 1885: “L’edificio non era ancora stato ultimato – racconta al quotidiano Avvenire il rettore del santuario, padre Jean Laverton – quando questo luogo venne indissolubilmente legato all’Adorazione di Gesù Eucaristia che è poi proseguita ininterrottamente”. Molti gli eventi in programma per questo Giubileo: l’11 giugno, celebrazione per la solennità del Sacro Cuore, che cade in concomitanza della chiusura dell’Anno sacerdotale voluto da Benedetto XVI. Il 18 giugno, invece, sarà avviata una novena per tutta la diocesi di Parigi in vista delle ordinazioni previste per il 26. Infine, i fedeli avranno un anno di tempo, fino all’11 giugno 2011, per recarsi a Montmartre e beneficiare dell’indulgenza plenaria concessa dal Papa in occasione del Giubileo. L’Adorazione eucaristica che si svolge ogni giorno nella Basilica del Sacro Cuore, “è un segno di fede permanente che rende Dio presente nel mondo”, conclude il rettore. Tra i pellegrini più illustri che, negli anni, hanno pregato a Montmartre, ricordiamo Santa Teresa di Lisieux, che sostò a Parigi all’età di 14 anni mentre si recava a Roma per chiedere al Papa di diventare suora. La chiesa non era ancora stata ultimata, ma Santa Teresa rimase talmente colpita dal luogo, che al ritorno a casa mandò l’unico oggetto prezioso che possedeva per contribuire alla costruzione: un braccialetto d’oro che è stato fuso nell’ostensorio. Assidui frequentatori del luogo erano anche padre Charles de Focault e Angelo Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, quando era nunzio apostolico a Parigi e amava “rifugiarsi nella Basilica di Montmartre come una rondine”. (R.B.)
Congresso a Fatima sulla veggente Giacinta Marto a 10 anni dalla beatificazione
◊ Un congresso dal titolo ”Giacinta Marto: dall’incontro alla compassione” si tiene da oggi al 6 giugno a Fátima, presso il Centro Paolo VI del Santuario, con la finalità di riflettere sulla spiritualità di una bambina destinataria con gli altri due pastorelli, delle rivelazioni mariane del 1917. La visita del Santo Padre Benedetto XVI, appena compiuta, ha ricordato il decennale della beatificazione di Giacinta in questo anno 2010, in cui si celebra anche il centenario di nascita della piccola portoghese. A partire dalla categoria della “compassione”, l’incontro di studio si propone di classificare teologicamente alcuni concetti legati a tale dimensione, quali la riparazione, l’offerta sacrificale, il significato della sofferenza e la relazione tra compassione e ambiti di vita: ambito educativo, sociale, morale. Dalle relazioni emergeranno elementi utili per meglio comprendere non solo la vita interiore della beata Giacinta, ma anche lo stesso messaggio di Fátima ed il suo significato per la vita spirituale di ogni fedele. (M.V.)
Rapporto Ecomafia: in Italia il giro d’affari vale oltre 20 miliardi di euro
◊ La mafia continua a far affari con l'ambiente. Un business che vale 20,5 miliardi di fatturato. Il rapporto Ecomafia 2010, presentato oggi da Legambiente, mette in luce come nel 2009 siano aumentati del 43%, rispetto al 2008, gli arresti collegati ai reati ambientali. Cresce poi del 33% il numero delle persone denunciate, e dell'11 quello dei sequestri. Preoccupa anche la quota degli illeciti, con 78 reati al giorno. E cambia anche la geografia delle ecomafie. Per numero dei reati, il Lazio sale al secondo posto, con un picco preoccupante nella provincia di Latina. Al primo posto rimane la Campania, al terzo la Calabria. Il settore maggiormente profittevole è sempre quello dello smaltimento dei rifiuti; stabile, invece, quello dell'abusivismo edilizio, ma questo lo si deve soprattutto alla crisi economica. La mafia, inoltre, ha scoperto come fare affari anche nel ramo del commercio, aprendo direttamente negozi, supermercati, grandi centri. Per il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, serve sempre maggiore attenzione, modificando anche le leggi attuali e prevedendo nel codice penale il reato ambientale. Per il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, c'è sempre massima attenzione da parte del governo e il ddl intercettazioni non influisce sulle indagini contro la mafia. (A cura di Alessandro Guarasci)
Si apre a Roma il festival “Yalla Shebab”: il cinema secondo i giovani libanesi
◊ Si chiama “Yalla Sehebab: ragazzi libanesi e palestinesi si raccontano attraverso il cinema”, il festival promosso dall’associazione ‘Un ponte per….’, che si apre oggi alla Casa del Cinema di Roma. In programma per l’inaugurazione, riporta la Misna, un cortometraggio realizzato da 12 giovani palestinesi e un film del regista Elia Suleiman. La kermesse, finanziata dalla Cooperazione italiana allo sviluppo, affronta diversi temi legati alla vita quotidiana in Libano, dove convivono diversi popoli, culture e religioni. Nel corso del festival, che si concluderà domenica, saranno proiettati una trentina di lavori di giovani esordienti libanesi e palestinesi che hanno già partecipato al Jana Film Festival di Beirut, di cui l’evento romano vuole essere la naturale prosecuzione. Il progetto, avviato lo scorso mese di settembre, abbraccia l’idea di far conoscere la condizione giovanile nel mondo arabo e nel Libano in particolare, grazie anche al coinvolgimento di 450 studenti e 32 docenti italiani. Attesi a Roma anche il direttore del Jana Film Festival, Hicham Kayed, e Zeina Sfeir, esponente dell’organizzazione libanese Beirut Dc, che sostiene il cinema indipendente arabo prodotto nel Paese. (R.B.)
Bangladesh: 109 vittime per un grande incendio a Dacca
◊ Sciagura in Bangladesh. Almeno 109 persone sono morte in un gigantesco incendio scoppiato nel centro della capitale Dacca. Le fiamme, provocate probabilmente da un corto circuito, hanno colpito otto edifici e una ventina di negozi. Centinaia i feriti, alcuni in gravi condizioni, con gli ospedali che hanno faticato a curarli. Sul posto sono intervenute anche squadre di soccorso delle Forze armate.
Cina
Ventuno anni fa a Pechino si verificava la strage di Piazza Tiananmen, costata la vita a centinaia di studenti uccisi dall’esercito cinese durante manifestazioni per la democrazia. Secondo alcune fonti, il bilancio oscilla tra le 400 e le 3mila vittime. In occasione dell’anniversario, le organizzazioni per i diritti umani hanno lanciato un appello al governo cinese per aprire un’inchiesta sulla repressione. Il servizio di Stefano Vecchia:
Una giornata quasi normale a Pechino, quella di oggi, 21.mo anniversario della repressione di piazza Tiananmen. Poche uniformi sulla piazza e pochi segnali di dissenso come la minuscola protesta di alcuni artisti, lunedì scorso su una piazza, che si perdono nello stretto controllo delle forze di sicurezza, ma anche nella crescita tumultuosa del Paese e nel suo sostanziale disimpegno. Il quotidiano di Canton, che ha pubblicato pochi giorni fa una vignetta che ricordava la storica foto dello studente che sfidava i carri armati, è stato tolto rapidamente dalla circolazione. Ieri, ancora una volta, il governo cinese ha indicato di non volere in alcun modo rivedere la propria posizione sui fatti del maggio-giugno 1989. In un incontro con la stampa, la portavoce del Ministero degli esteri, Jiang Yu, ha ribadito che non ci sono elementi per cambiare la versione ufficiale, ovvero quella di una rivolta provocata da un gruppo di studenti che ha costretto a un intervento duro ma necessario delle autorità. Sola voce di una certa consistenza, discordante con la versione ufficiale dei fatti e delle conseguenze della repressione che secondo le stime fece almeno tremila morti, è quella delle madri di Piazza Tiananmen che non hanno mai smesso di chiedere giustizia per la morte dei loro figli. Anche in questi giorni si sono fatti avanti 128 familiari di quanti hanno perso la vita a Pechino per chiedere che sia pubblicata la lista completa delle vittime e che siano identificati e puniti i responsabili del massacro.
Giappone
Naoto Kan è il nuovo primo ministro giapponese. Il parlamento lo ha eletto oggi, subito dopo la sua designazione alla guida del Partito democratico. Prende il posto di Hatoyama che si è dimesso ieri, dopo neanche nove mesi al potere, a causa delle polemiche scaturite in seguito alla decisione di mantenere la base militare americana di Okinawa. La nuova squadra di governo sarà presentata martedì prossimo. Il neo premier ha spiegato di voler valutare meglio l’assegnazione dei ministeri chiave.
Marea Nera
Il presidente statunitense, Barack Obama, è nuovamente in Louisiana per seguire da vicino le operazioni di contenimento della marea nera. Annullati i suoi viaggi in Indonesia e Australia, previsti per la metà del mese, il capo della Casa Bianca si è detto “furioso” per la situazione. Il governo statunitense ha annunciato che il colosso petrolifero BP dovrà pagare 69 milioni di dollari per i danni. In mare, intanto, prosegue l'ennesimo tentativo di sigillare il pozzo, che stavolta sembrerebbe funzionare.
Iran
Prova di forza del regime in Iran, in occasione del 21.mo anniversario della morte dell’ayatollah Khomeini. La folla, riunita in un mausoleo a sud di Teheran, ha impedito l’accesso alla struttura al leader dell’opposizione, Karrubi. Fischi invece all’indirizzo del nipote dell’ayatollah, Hassan Khomeini, che in questi mesi ha mostrato simpatia nei confronti dei riformisti. L’opposizione, intanto, ha chiesto alle autorità il permesso di tornare in piazza il 12 giugno, ad un anno dalle contestate elezioni del 2009. Sul fronte internazionale, infine, la Casa Bianca si è detta convinta che la prossima settimana il Consiglio di Sicurezza dell’Onu sarà in grado approvare nuove sanzioni contro il programma nucleare iraniano.
Afghanistan, termina la jirga
In Afghanistan, giornata conclusiva della jirga, l’assemblea consultiva di pace del Paese che ha riunito in questi giorni 1600 delegati. Si lavora per la stesura del documento finale, che contiene proposte per avviare il dialogo con l’opposizione armata e che sarà consegnato al presidente Karzai in arrivo alla plenaria.
Grecia
Il premier greco, Papandreou, ha avvertito che se la classe politica non riuscirà a ridare al popolo fiducia nel diritto e nella giustizia, si rischia una rivolta contro il sistema. Davanti al parlamento, il primo ministro ha invitato l’opposizione a collaborare con l’esecutivo.
G20
Al via oggi i lavori del G20 finanza a Busan, in Corea del Sud. Al centro dell’appuntamento la situazione greca, che rischia di rallentare la ripresa, e la raccomandazione di monitorare i deficit di bilancio degli Stati. Obiettivo della riunione, la definizione delle nuove regole della finanza in vista del vertice di fine mese in Canada.
Corea del Nord - Birmania
Gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per i “crescenti” legami militari fra la Birmania e la Corea del Nord. Per questo, ha assicurato il portavoce del Pentagono durante un vertice sulla sicurezza in Asia, Washington farà di tutto per assicurare che l’embargo dell’Onu sulle esportazioni di armi a Pyongyang venga rispettato. Media americani, attraverso rivelazioni di un ufficiale birmano dissidente, hanno avanzato il sospetto che la giunta militare al potere a Rangoon stia lavorando per dotarsi di armi atomiche proprio grazie all’aiuto della Corea del Nord.
Italia, magistratura
La magistratura italiana ha annunciato lo sciopero contro la manovra del governo, che secondo i magistrati contiene tagli “ingiusti” ai loro stipendi e “misure punitive” per tutto il settore pubblico. Il premier Berlusconi ha ribadito la sua lealtà al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, mentre il leder del Pd, Pierluigi Bersani, ha chiesto all’esecutivo di ammettere gli errori.
Italia, L’Aquila
Omicidio colposo per mancato allarme in occasione del terremoto a L’Aquila dell’aprile 2009: questa l’ipotesi di reato per sette dirigenti della Commissione Grandi rischi della Protezione civile, avanzata dalla procura del capoluogo abruzzese in merito al grave sisma dello scorso anno. I destinatari del provvedimento avrebbero sottovalutato la situazione durante l’ultima riunione che si è svolta qualche giorno prima della scossa fatale.
Kazakhstan
Il presidente del Kazakhstan, Nazarbaiev, ha rifiutato di firmare la bozza di legge approvata il mese scorso dal parlamento, che gli avrebbe garantito una serie di privilegi come l’immunità penale e la possibilità di intervenire sulla vita del Paese anche una volta in pensione. In diretta televisiva, il presidente ha ringraziato i cittadini per la fiducia accordatagli e ha spiegato che il leader della nazione non può essere assegnato solo sulla base di atti legislativi. Il parlamento kazako ha convocato oggi una seduta d’emergenza per decidere sul da farsi. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 155
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