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Sommario del 03/06/2010
Ucciso in Turchia mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia
◊ Mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia e presidente della Conferenza episcopale della Turchia, è stato ucciso oggi nella città turca di Iskenderun. Mons. Padovese era nato a Milano 63 anni fa: entrato nell'Ordine dei Frati Cappuccini era stato ordinato sacerdote nel 1973 e consacrato vescovo nel 2004. "Un fatto orribile, siamo costernati": queste le prime parole del direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi nell'apprendere la notizia dell'assassinio:
“Si tratta di una notizia orribile che ci lascia profondamente sconcertati e, naturalmente, addoloratissimi. Mons. Padovese è stata una persona che ha avuto grandi meriti per la testimonianza della vita della Chiesa nella Turchia; è stata una persona dedita al Vangelo, coraggiosa. Vi sarà necessità di capire meglio anche le circostanze o i moventi di questa morte; rimane che è una vita donata per il Vangelo. E alla vigilia di un viaggio del Papa verso il Medio Oriente anche proprio per incoraggiare le comunità cristiane che vivono in questa regione, questo fatto fa capire molto profondamente quale problema di solidarietà della Chiesa universale, di sostegno per queste comunità cristiane sia assolutamente urgente e necessario”.
Sempre padre Lombardi ha contattato a Milano suor Eleonora, che era assistente da una vita intera di mons. Padovese. Mons. Padovese – secondo quanto detto dalla religiosa - si era recato per lavorare e studiare in una piccola casa che usava a questo scopo ad alcuni chilometri dalla sua sede abituale, e qui è rimasto vittima dell’assassinio da parte di un certo Murat, di origine curda, che svolgeva servizi in casa come autista ed altri servizi. “Suor Eleonora – riferisce padre Lombardi - testimonia che Murat aveva dato segni di depressione e confusione da diversi giorni, e anche in precedenza vi erano stati segni di disagio e poco equilibrio. Quindi, un movente di carattere politico o connesso alle tensioni politiche recenti sembra assolutamente da escludere. Rimane che mons. Padovese era una persona che ha dato la sua vita per l’annuncio di un Vangelo di amore e di pace in situazioni difficili, e quindi va annoverato tra i testimoni del Vangelo”.
Per un ricordo di mons. Padovese, Massimiliano Menichetti ha sentito il nunzio apostolico in Turchia, mons. Antonio Lucibello:
R. – Mons. Padovese era un uomo che lavorava per instaurare un dialogo tra Oriente e Occidente sulla base della testimonianza, soprattutto di San Paolo e di San Giovanni attraverso i Simposi annuali basati sullo studio dei Padri e delle tradizioni cristiane che qui sovrabbondano. Certamente è una grande perdita. Speriamo che la sua morte non sia la fine di tutti questi progetti che erano stati avviati ormai da anni…
D. – Su cosa stava lavorando in questi giorni mons. Padovese?
R. – Anzitutto, doveva recarsi all’incontro di Cipro presieduto dal Santo Padre, per ricevere anche lui l’Instrumentum Laboris per poi essere membro del prossimo Sinodo per il Medio Oriente. Negli ultimi due giorni è stato impegnato nel suo Vicariato con la visita del Patriarca siro-cattolico di Antiochia, Ignace Youssif III Younan, ed il seguito di vescovi: lo sapevo impegnato in questa vastissima attività … Per questo, la notizia ci ha lasciati proprio costernati! Ricevere oggi nel primo pomeriggio questa notizia, veramente ci ha lasciati senza parole!
D. – Siete riusciti a sapere cosa sia successo esattamente?
R. – Sappiamo purtroppo poco, a parte il fatto in sé, il fatto di cronaca. L’unico collaboratore che c’era lì, nella sede del Vicariato, mi ha avvisato. Lui era in sede ad Iskenderun, mons. Padovese invece era fuori con l’autista… Ho dato ora istruzioni al vicario generale, padre Domenico Bertogli, che è il parroco della nostra comunità di Antiochia, di recarsi subito sul posto; mi sono sentito con l’arcivescovo Ruggero Franceschini, l’arcivescovo di Smirne, che è stato predecessore di mons. Padovese ad Iskenderun, il Vicariato apostolico dell’Anatolia, il quale ha deciso di recarsi sul posto domani, insieme ad un altro suo collaboratore.
Pubblichiamo una delle ultime interviste rilasciate alla Radio Vaticana da mons. Padovese il 5 febbraio scorso per ricordare l'anniversario dell'assassinio di don Andrea Santoro, il sacerdote fidei donum ucciso quattro anni fa nella chiesa di Santa Maria a Trabzon, in Turchia. Ecco la sua testimonianza al microfono di Davide Dionisi:
R. - Mi piace rilevare che sia stato ucciso come simbolo, come realtà di sacerdote cattolico. Non è stata uccisa soltanto la persona, ma si è voluto colpire il simbolo che la persona rappresentava: ricordarlo in questo momento, all’interno dell’anno dedicato ai sacerdoti, è quanto mai significativo, per ricordare a tutti noi che la sequela di Cristo può arrivare anche all’offerta del proprio sangue.
D. – A che punto è il dialogo in Turchia, mons. Padovese?
R. – Il dialogo in Turchia, segue momenti alterni. Ci sono tante espressioni di buona volontà da parte anche delle autorità. Si intende il dialogo con la parte civile. Devo dire però che effetti vistosi di questo dialogo ancora non se ne vedono tanti. Un buon rapporto si è creato con il nuovo ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede, anche con alcune autorità locali, ci sono attestazioni di volontà di collaborazione. Ecco su questo punto devo dire che i segni ci sono. Per quello che riguarda poi certe richieste concrete che sono state fatte, come ad esempio la Chiesa di Tarso, ci troviamo in una situazione ancora di stallo.
D. – Quale è l’impegno della Chiesa, quotidiano e a medio termine, per incentivare il dialogo?
R. – Abbiamo avuto l’incontro della Conferenza Episcopale turca, e pensiamo che il dialogo debba innanzitutto partire da una presa di coscienza dei cristiani stessi in Turchia, cioè essere coscienti della propria identità e di quello che sono. E’ inutile pensare ad un dialogo con chi non è cristiano, quando non si è pienamente consapevoli di quello che si è. Quindi buona parte della nostra azione pastorale quest’anno, è, e sarà concentrata nel rendere i cristiani più consapevoli della propria identità. A parte questo ci saranno i momenti di incontri a livello nazionale per i sacerdoti del Paese e i vescovi a Efeso. E’ la prima volta che comunità cristiane di diversi riti, ci ritroviamo a pregare e a riflettere insieme sulle situazioni della Chiesa in Turchia.
Festa del Corpus Domini in Vaticano. Messa del Papa a San Giovanni in Laterano e processione a Santa Maria Maggiore
◊ In Vaticano ricorre oggi la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, che in Italia e in altri Paesi sarà celebrata domenica prossima. Alle ore 19 di stasera, Benedetto XVI sarà in San Giovanni in Laterano per celebrare la Santa Messa sul sagrato della Basilica. Al termine, guiderà come da tradizione la Processione eucaristica lungo via Merulana, fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell'evento a partire dalle 18.50. In questo servizio, Alessandro De Carolis ripropone alcune riflessioni del Papa, incentrate sulla spiritualità del Corpus Domini:
Tra i mille feticci – naturali, culturali, ideologici, mediatici – che uomini e donne di ogni epoca hanno via via eletto a numi tutelari delle loro esistenze, depositari di speranze e ambizioni, simboli cui prosternarsi e non di rado sacrificare la vita, la storia della fede si è snodata portando generazioni di cristiani a inginocchiarsi davanti a un unico segno, di disarmante semplicità: un pane spezzato e condiviso. Santi noti e sconosciuti sono i capifila di queste generazioni che hanno tratto e traggono, dal contatto quotidiano con quel segno, sapienza, coraggio, ispirazione, fedeltà. Perché è questo che dal Cenacolo in qua porta in dote l’Eucaristia a chi ha scelto di lasciarsi attrarre, tra mille offerte di verità, dalla verità di un Dio fattosi carne e pane:
"Adorare il Dio di Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro le idolatrie di ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte. Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito". (2008)
Un amore totalmente gratuito, ogni giorno vicino e raggiungibile, frantumato in milioni di parti per arrivare a tutti. E’ questa l’inarrivabile novità del Dio Eucaristia rispetto agli idoli umani, che pretendono adorazione da chi li osanna, spesso dimenticando di fare il loro bene. Al contrario, ripete il Papa: “Dio ci ha creati liberi, ma non ci ha lasciati soli”. Per amore dell’uomo ha chiesto al Figlio di farsi luce, strada, cibo:
“Come la manna per il popolo d’Israele, così per ogni generazione cristiana l’Eucaristia è l’indispensabile nutrimento che la sostiene mentre attraversa il deserto di questo mondo, inaridito da sistemi ideologici ed economici che non promuovono la vita, ma piuttosto la mortificano; un mondo dove domina la logica del potere e dell’avere piuttosto che quella del servizio e dell’amore; un mondo dove non di rado trionfa la cultura della violenza e della morte”. (2007)
Chi vive di Eucaristia impara a farsi cibo per gli altri. Nonostante i limiti umani, osserva Benedetto XVI, “la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo”:
“La festa del Corpus Domini vuole rendere percepibile, nonostante la durezza del nostro udito interiore, questo bussare del Signore. Gesù bussa alla porta del nostro cuore e ci chiede di entrare non soltanto per lo spazio di un giorno, ma per sempre”. (2007)
Oggi, il Corpus Domini, il Corpo del Signore, lascia i tabernacoli ed esce tra le case, in mezzo alla gente, per mostrare il suo segno tra i mille segni che le popolano. “Il Santissimo Sacramento che questa sera è portato processionalmente attraverso le nostre strade ispiri fede e stupore per la salvezza e la vita che dona al mondo”, dirà tra qualche ora il Papa nella preghiera introduttiva della Messa in San Giovanni in Laterano. E in un’altra riflessione di qualche anno fa osservava:
“Nella processione noi seguiamo questo segno e così seguiamo Lui stesso. E lo preghiamo: ‘Guidaci sulle strade di questa nostra storia!... Guarda l’umanità che soffre, che vaga insicura tra tanti interrogativi; guarda la fame fisica e psichica che la tormenta! Dà agli uomini pane per il corpo e per l’anima! Dà loro lavoro! Dà loro luce! Dà loro te stesso!... Unisci la tua Chiesa, unisci l’umanità lacerata!”. (2006)
Domani il Papa a Cipro. Il Patriarca Twal: un Paese diviso come la Terra Santa che aspira alla pace
◊ Avrà inizio domani il viaggio apostolico di Benedetto XVI a Cipro, primo Papa in assoluto a mettere piede nell’isola. Molti i motivi che portano Benedetto XVI in questa terra e molte le attese per questo evento “storico” che porterà per alcuni giorni Cipro all’attenzione dei mass-media internazionali. Ma sentiamo la nostra inviata, Adriana Masotti.
Il Papa stesso ha chiarito l’obiettivo di questa sua visita accennandovi domenica scorsa e all’udienza generale di ieri: presentare le linee di lavoro per il Sinodo per il Medioriente, in Vaticano il prossimo ottobre, e “incontrarsi e pregare con i fedeli cattolici e ortodossi”. Benedetto XVI ha poi chiesto di pregare perchè questo viaggio “sia ricco di frutti spirituali per le care comunità cristiane del Medioriente”. Non ultimo motivo poi ripercorrere le orme di San Paolo che, come si legge negli “Atti degli Apostoli” ha toccato il porto di Paphos a sud ovest dell’isola, prima tappa di Benedetto XVI a Cipro. Un viaggio dunque a carattere spirituale e pastorale, ma inserito nella particolare situazione dell’isola, la cosiddetta “questione cipriota”. Cipro soffre ancora oggi una dolorosa divisione: al nord i territori occupati dal 1974 dalle truppe turche autoproclamati “Repubblica turca di Cipro Nord”, abitati da turchi-ciprioti, musulmani. Al Sud la Repubblica di Cipro dove vivono i greco-ciprioti a maggioranza ortodossi, economicamente molto più sviluppata. A dividere l’isola una linea di demarcazione mai oltrepassata fino al 2003 e oggi con 6 valichi lungo tutto il suo percorso. Anche Nicosia è divisa e solo nel 2008 è praticabile, con documenti in mano, il passaggio attraverso un check-point che taglia in due via Ledra, la strada principale della capitale. Lungo la linea di demarcazione, la zona cuscinetto controllata dai soldati dell’Onu. Ed è proprio all’interno di quest’area che soggiornerà il Papa nel convento francescano che ospita la nunziatura. Il Papa avrà dunque sotto gli occhi i segni concreti della divisione: fili spinati, sacchi anti proiettile ammassati, vetri rotti e edifici abbandonati. In tutti la speranza che la presenza del Papa serva ad incoraggiare i negoziati in corso tra il Presidente di Cipro, Demetris Christofias e il leader turco-cipriota Dervish Eroglu per una soluzione. Il Papa ha in programma l’incontro con la Chiesa cattolica nei suoi diversi riti, in tutto circa 25 mila; l’incontro con fedeli ortodossi e in particolare con l’arcivescovo ortodosso di Cipro, Sua Beatitudine Chrysostomos II sul cui invito Benedetto XVI sarà a Cipro. E poi la visita al presidente Christofias e la Messa, domenica mattina, nel Palazzo dello sport di Nicosia. La stampa locale dà risalto alla visita del Papa, dimostra interesse per una presenza che può favorire la pace e la giustizia, la gente è curiosa. Molti tra gli ortodossi non conoscono Benedetto XVI e sono contenti di questa opportunità. I cattolici, la maggioranza dei quali sono lavoratori immigrati dall’Asia e dall’Africa, la vivono come l’occasione per la loro vita di poter dire: “Ho visto il Papa”.
Il viaggio apostolico di Benedetto XVI a Cipro rappresenta un’ideale prosecuzione del suo pellegrinaggio un anno fa in Terra Santa e dimostra il costante interesse del Papa per le comunità cristiane del Medioriente. A Cipro, Benedetto XVI consegnerà ai vescovi della regione l’Instrumentum Laboris, tappa importante verso il Sinodo per il Medioriente. Tra essi ci sarà anche il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal. Adriana Masotti lo ha intervistato:
R. – Siamo francamente felici di vedere il Santo Padre visitare nuovamente la Terra Santa, di visitare di nuovo il Patriarcato latino, visto che l’isola di Cipro è parte integrante del Patriarcato latino di Gerusalemme. Siamo felici, è un segno in più della sua sollecitudine e preoccupazione per questa terra, senza dimenticare l’aspetto della comunione, l’aspetto dell’ecumenismo, che con questo gesto lui compie, sia con le autorità ortodosse e religiose cipriote che quelle civili. Siamo molto, molto felici. Cipro ha una cosa in comune con Gerusalemme: i muri che stanno a due passi da qui, che separano l’isola in due parti, nord e sud. Noi siamo abituati a questi muri di vergogna che separano la gente, le famiglie, le proprietà, le parrocchie, i preti, i parrocchiani. E’ un dramma che continua. Noi non dimentichiamo che siamo ancora una Chiesa del Calvario e la Croce ormai è il nostro pane quotidiano, senza dimenticare che il Calvario non è lontano da una tomba vuota. Siamo la Chiesa della Resurrezione e della speranza. Tocca a noi, capi religiosi, insieme al Santo Padre, incoraggiare la gente a non aver paura, ad andare avanti. C’è una dimensione spirituale, c’è un Dio che è con noi, che ci ama, che ci perdona. Non dobbiamo avere paura. D'altra parte l’attacco di Israele non ha fatto altro che aggravare la situazione. Il buon senso manca totalmente lì. Se la gente vede che la politica è fatta solamente da reazioni di paura, non possiamo fare niente. Manca la pace, manca la fiducia, manca la buona volontà e forse tocca a noi e a loro, alla comunità internazionale, fare qualcosa per creare una mentalità di pace, per cambiare il modo di pensare e non avere paura della pace. Finora, alcuni hanno più paura della pace che della guerra. Eppure la pace è bella, ne abbiamo bisogno e merita tutti i nostri sacrifici.
Ma cosa si attende dal Papa la comunità cattolica di Cipro? Adriana Masotti lo ha chiesto a padre Umberto Barato, vicario patriarcale dei Latini a Cipro:
R. - Ci confermerà nella nostra fede cattolica, ci confermerà nel valore che ha il Papato nella Chiesa e nell’unità di tutti noi con il vicario di Cristo, che è padre più che capo. Io penso che lui venga qui da padre e noi possiamo considerarci dei figli e delle figlie davanti a lui. Quindi, che lui ci dia questa parola che confermi la nostra fede, che la aumenti se è possibile e nello stesso tempo anche che dia a questa gente e agli immigrati una parola di consolazione, soprattutto agli immigrati. Io metto sempre l’accento su di loro, perché sono - diciamo così - i più infelici anche, i più isolati, quelli che sono lontani fisicamente dalle loro famiglie.
D. - L’edificio che ospiterà il Papa a Nicosia è un convento francescano dove risiede anche il nunzio apostolico e si trova nella cosiddetta zona cuscinetto controllata dai soldati dell’Onu. Il Papa affacciandosi vedrà la zona nord della città, quella al di là della linea di demarcazione, che taglia il paese. Pensa che sarà un impatto forte?
R. - Penso di sì. Anche qui gli edifici davanti alla Chiesa sono lasciati un po’ come sono, cioè semidistrutti, semicadenti: così potrà vedere com’è la situazione. Ho sentito dire dall’Onu: c’è l’urgenza di trovare una soluzione tra le due parti, affinché non ci sia più questa grande divisione, e lui dirà senz’altro una parola anche su questo, non una parola per risolvere il problema, ma certamente d’incoraggiamento per i due capi che si incontrano.
D. - Voi avete speranza in questo?
R. - Certo, la speranza c’è sempre. Dobbiamo andare avanti, anche se ci sono difficoltà da una parte e dall’altra, per trovare una soluzione.
Nomina
◊ Benedetto XVI ha nominato arcivescovo coadiutore di Cali (Colombia) mons. Darío de Jesús Monsalve Mejía, finora vescovo di Málaga - Soatá. Mons. Darío de Jesús Monsalve Mejía è nato a Jericó (Colombia) il 15 marzo 1948. Compiuti gli studi di filosofia e teologia nei Seminari di Jericó e di Bogotá, è stato ordinato sacerdote il 17 ottobre 1976. Tra il 1986 e il 1989 si è specializzato in Teologia Biblica presso la Pontificia Università Gregoriana. E’ stato professore nel Seminario minore, delegato diocesano per la pastorale giovanile e vocazionale, parroco in diverse parrocchie, responsabile dell’ufficio per la pastorale dei laici della Conferenza Episcopale, professore nel Seminario maggiore di Jericó e, quindi, Rettore del medesimo Seminario. Il 7 ottobre 1993 è stato nominato vescovo titolare di Giunca di Mauritania ed ausiliare di Medellín. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 15 novembre successivo. Il 25 luglio 2001 è stato nominato vescovo di Málaga – Soatá.
Mons. Tomasi: porre fine all'isolamento di Gaza
◊ Sull’attacco israeliano contro la flottiglia umanitaria in navigazione verso Gaza, si è svolta una riunione urgente alla sessione del Consiglio dei Diritti Umani in corso a Ginevra. Al dibattito è intervenuto anche l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, chiedendo un’inchiesta imparziale e trasparente su quanto accaduto. Sergio Centofanti lo ha intervistato:
R. - Sono intervenuto per seguire la linea espressa dal Santo Padre affermando che la violenza non porta a nessun risultato costruttivo. Certo, bisogna condannare la violenza di questo attacco, soprattutto perché era in acque internazionali e dà l’impressione che le regole umanitarie e il diritto internazionale non contino. Invece, per le buone relazioni tra gli Stati è necessario che queste regole vengano rispettate. Poi mi pare che le conseguenze di questo tipo di azione sono spesso imprevedibili e, infatti, hanno portato a delle vittime, a dei morti. La simpatia di tutti va verso le famiglie di queste vittime. Allo stesso tempo bisogna dire e riconoscere che lo Stato di Israele ha il diritto a vivere e difendersi ma, appunto, attraverso il dialogo si può arrivare a una sicurezza che è basata sul rispetto del diritto internazionale.
D. - Mons. Tomasi, cosa mostra questo altro episodio di violenza?
R. - E’ evidente dopo questo incidente che la politica adottata di questo isolamento della Striscia di Gaza non può funzionare, perché bisogna prima di tutto dare una risposta positiva ai diritti fondamentali di cibo, di acqua, di medicinali, di educazione per la popolazione di Gaza. Dobbiamo considerare l’incidente dei giorni scorsi come uno dei tanti eventi che sono allo stesso tempo causa e risposta all’instabilità politica e militare del Medio Oriente. Quindi, dobbiamo tutti incoraggiare la comunità internazionale e i Paesi più direttamente interessati a lavorare per una soluzione di lunga durata che non può essere altro - a questo punto - che quella di uno Stato palestinese e di uno Stato israeliano sicuro, in modo che tra i due si possa eventualmente non solo rispettare le regole dell’indipendenza ma anche aprire la porta alla collaborazione.
Mons. Lebeaupin: serve maggiore impegno nella difesa dei diritti umani
◊ La Santa Sede chiede a tutti gli Stati di rifiutare la logica della violenza nelle relazioni internazionali: è quanto affermato dall’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin a Kampala, in occasione del dibattito generale della Conferenza di revisione dello Statuto di Roma sull’istituzione della Corte penale internazionale. Il nunzio apostolico in Kenya e capo delegazione della Santa Sede a Kampala ha ribadito che la pace autentica va costruita sui quattro pilastri della verità, della giustizia, dell'amore e della libertà. Il presule ha auspicato inoltre l’adozione di un emendamento che stabilisca il “crimine di aggressione” e attribuisca alla Corte penale la giurisdizione su questo crimine. La Santa Sede, ha detto mons. Lebeaupin, chiede che la “legge della forza” sia sostituita dalla “forza della legge” ed ha rimarcato che i diritti umani non sono limitati dai confini nazionali, ma sono innati in ogni persona. Del resto, il diplomatico vaticano ha ribadito che la giustizia non può essere limitata all’ambito della legalità giuridica, ma necessita di un impegno in vista di un ordine sociale più giusto. Mons. Lebeaupin ha inoltre richiamato l’importanza dell’educazione alla pace e alla giustizia. Infine, ha auspicato che la Conferenza sullo Statuto di Roma possa favorire la promozione della giustizia internazionale e un miglior riconoscimento dei diritti dell’uomo.
L’abate di Mehrerau: senza alcun fondamento le accuse a mons. Zollitsch
◊ Non vi è alcun fondamento per chiamare in causa l’arcivescovo Robert Zollitsch sul caso di pedofilia nel Priorato di Birnau. E’ quanto affermato dall’abate dell’Abbazia cistercense di Wettinger-Mehrerau, Anselm van der Linde. Anche l’arcidiocesi di Friburgo ha sottolineato, con un comunicato del suo portavoce, che l’accusa nei confronti del presidente dell’episcopato tedesco è “priva di fondamento” e volta a “provocare l’interesse dei media”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Ho appreso con profondo rammarico che l’arcivescovo Robert Zollitsch è stato, improvvisamente e senza alcun fondamento, considerato coinvolto in un caso di abuso sessuale commesso da un membro del nostro Ordine circa 30 anni fa”: è quanto affermato dall’abate dell’Abbazia cistercense di Wettinger-Mehrerau, Anselm van der Linde. “Il Priorato di Birnau – sostiene l’abate in una dichiarazione – appartiene alla prelatura territoriale dell’Abbazia” e “dal punto di vista del diritto canonico, l’abate di questo monastero è responsabile dei membri della comunità”. Inoltre, essendo la comunità cistercense un Ordine di diritto pontificio, “non è sottoposta ai vescovi locali”. Al contempo, l’abate, in carica da un anno, afferma nuovamente con forza, che anche nella loro comunità "purtroppo in passato non è stato usato un trattamento adeguato in rapporto con i colpevoli e le vittime di abuso sessuale". Una situazione di cui l’abate prende atto “con profondo rammarico”. Concludendo, l’abate Anselmo insiste ancora una volta che l’arcivescovo Zollitsch “non aveva certamente nulla a che fare” con le decisioni e gli eventi nel Priorato di Birnau.
Già una nota del portavoce della diocesi di Friburgo aveva mostrato l’assoluta infondatezza delle accuse. Il caso di abuso sessuale da parte di un padre cistercense presso il monastero, si legge nel comunicato, era avvenuto negli anni ’60 e la diocesi fu messa al corrente solo alla fine del 2006. In particolare, viene ribadito che, nel 1987, l’allora responsabile per il personale della diocesi, mons. Zollitsch, non ha mai saputo né delle accuse degli anni ’60, né di un nuovo incarico del padre in questione. Inoltre, non ha fatto assegnare alcun incarico al padre cistercense.
L’accusa che è stata ora diffusa, avverte il comunicato, è “priva di sostanza, sia per motivi di competenza, sia anche di contenuto”. Si rileva inoltre che oltre alla procura, l’accusa è stata comunicata anche ai giornalisti. Questo comportamento, si legge nella nota, “mostra l’intenzione di provocare l’interesse dei media, attraverso l’accusa sensazionalista di ‘collaborazione all’abuso sessuale’ diretta contro un arcivescovo”. Uno sguardo sui fatti, conosciuti e pubblicati già da mesi - conclude il comunicato - rende invece ovvio il fatto che la diocesi di Friburgo, subito dopo che si è conosciuto il caso d’abuso sessuale avvenuto negli anni '60 presso il monastero di Birnau, ha informato l’Ordine cistercense competente.
Trasferimento dei prigionieri politici a Cuba: intervista con l'ambasciatore dell'Avana presso la Santa Sede
◊ In queste ore a Cuba, dopo la conferma del governo all’arcivescovo dell’Avana, cardinale Jaime Ortega, sono in corso i primi trasferimenti di prigionieri politici in carceri più vicine ai loro luoghi d’origine. La decisione governativa fa seguito ai colloqui tra la Chiesa cubana e il presidente Raúl Castro lo scorso 19 maggio, in cui insieme ad altri temi è stata affrontata proprio la questione dei prigionieri di coscienza. I vescovi cubani, che oggi hanno ricevuto il sostegno e la solidarietà dei vescovi statunitensi, da molto tempo si stanno adoperando per trovare una soluzione giusta, rapida e umanitaria al problema. Sull’attuale momento dei rapporti tra lo Stato cubano con la Chiesa nell’isola caraibica e con il Vaticano, Luis Badilla ha parlato con il dr. Eduardo Delgado Bermúdez, ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede:
D. - Quale significato Lei attribuisce al fatto che in queste settimane ricorrono i 75 anni di rapporti diplomatici ininterrotti tra la Santa Sede e Cuba?
R. - Realmente y para nosotros tiene un grande significado …
Per noi questa ricorrenza ha realmente un grande significato. Sono relazioni trascorse con grande normalità. Nel momento in cui furono stabilite, a Cuba si attraversava un momento politico molto convulso: erano i tempi della prima dittatura di Fulgencio Batista. Anni dopo arrivò la rivoluzione cubana, nel 1959, e ciò significò un grande cambiamento nell’ambito economico, politico, sociale … Lungo questi anni, e direi specialmente dopo il trionfo della rivoluzione, questi rapporti hanno avuto dei grandi contenuti. Penso che siano stati rapporti di grande utilità e profitto sia per il popolo cubano sia per la Chiesa cattolica cubana e la Santa Sede. Ci sono stati momenti di comunicazione, di coincidenza di vedute in questioni importanti, significative. Ci sono stati momenti rilevanti come la visita di Sua Santità Giovanni Paolo II a Cuba nel 1998 e la visita dell’allora nostro Presidente e leader storico della rivoluzione, Fidel Castro, a Roma. Sono stati dunque i momenti più significativi per così dire, ma certamente non sono gli unici. Ci sono stati anche altri momenti importanti lungo questi anni.
D. - In questi anni si sono avvicendati diversi Pontefici e molti hanno avuto una particolare sollecitudine per Cuba. Voi vi sentiti più legati ad un Papa in modo speciale?
R. - Yo estoy, en este momento, estudiando el pontificado de Giovanni XXIII...
Proprio in questo momento stiamo approfondendo il Pontificato di Giovanni XXIII. Io lo conosco un po’ meno. Ad ogni modo, non farei distinzioni tra un Pontificato e un altro e privilegerei il rapporto istituzionale tra la Santa Sede e lo Stato cubano. Nel periodo successivo al trionfo della rivoluzione, non oso fare distinzioni, anche se mi piace mettere l’accento sul fatto che nel pontificato di Giovanni Paolo II si registrarono questi due fatti significativi citati poc’anzi: la visita del nostro Presidente e i colloqui tenuti in Vaticano e poi la visita di Sua Santità a Cuba. Poi, per quanto riguarda Benedetto XVI, noi lo apprezziamo molto, in particolare la sua enciclica Caritas in veritate, nella quale troviamo ottime di analisi molto vicine a ciò che pensa Cuba riguardo a molti problemi mondiali, internazionali. Ci sono molte questioni di ordine economico internazionale, riguardanti il ruolo dell’etica nelle società odierne, i valori umani, il bisogno di solidarietà, il bisogno di carità come si legge nel titolo della Lettera enciclica - La carità nella verità- che sono vicine alle posizioni di Cuba. Rispetto a Giovanni XXIII è vero che ebbe molto interesse per le vicende cubane, in particolare per la vicenda nota come “la crisi d’ottobre”, nel 1962.
D. - Come valutate la posizione della Santa Sede sul “blocco” economico contro Cuba che in Europa chiamano “embargo”?
R. - Bien, yo no me entraducho ad interpretar la posición de la Santa Sede…
Bene. Certamente non è il caso che io mi proponga come interprete della posizione della Santa Sede. Nella persona del Papa - prima Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI - la Sede Apostolica è stata chiara nell’affermare che rifiuta le misure che hanno come scopo il blocco e l’isolamento di Cuba, in particolare nel campo economico, appellandosi e incoraggiando invece un dialogo con il mio Paese, favorendo così la presenza di Cuba nella comunità internazionale, libera da qualsiasi limitazione di questa natura. Blocco o embargo? Dal nostro punto di vista in realtà si tratta di blocco. Si parla di embargo quando si tratta di un’operazione commerciale oppure di un documento che non deve essere pubblicato prima di un certo momento. Invece, quando a un Paese viene impedito di importare, esportare, fare uso della sua moneta, si confiscano i suoi prodotti nei mercati esteri, si vietano i viaggi dei suoi cittadini in altri Paesi, non si applica un embargo.
D. - Recentemente l’arcivescovo dell’Avana, cardinale Jaime Ortega, ha parlato di questa questione e si è appellato alle parti perché, a prescindere da condizioni precedenti che non si giustificano, si possa andare avanti aprendo un dialogo sincero …
R. - Yo he leído la entrevista al cardenal Ortega...
Sì, ho letto quest’intervista alla quale Lei fa riferimento. Mi sono sembrate parole molte sensate. Lei sa bene che nel corso della campagna elettorale negli Stati Uniti sono nate delle aspettative. Il Presidente Obama, senza promettere la fine del blocco, ha annunciato alcuni cambiamenti politici, prospettando più dialogo e meno tensioni nei rapporti con Cuba. Il Presidente Raúl Castro ha dichiarato che Cuba è disponibile a discutere con un’agenda aperta, su qualsiasi tema, ma a partire innanzitutto dal rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’autodeterminazione di Cuba e poi, in secondo luogo, chiedendo che non ci siano precondizioni. Su questa base, si può discutere su qualsiasi cosa.
D. - Passando ora alle notizie degli ultimi giorni - ovvero, i colloqui del cardinale Jaime Ortega e del presidente dell’Episcopato, mons. Dionisio García, con il Presidente Raúl Castro a proposito dei prigionieri politici o di coscienza, degli scioperi della fame, cosa può aggiungere o come può commentare?
R. - Usted mencionó un tema especifico, que es el tema de los presos…
Lei ha fatto riferimento al tema specifico dei prigionieri: noi, a Cuba, riteniamo che non ci siano prigionieri di coscienza o prigionieri politici. I detenuti prima e dopo il 2003 sono persone che hanno violato le leggi, e non per ragioni politiche o di coscienza, sono persone che hanno agito essendo coordinate, orientate e in molti casi finanziate da una potenza straniera. Si tratta di comportamenti che in tutti i Paesi sono codificati come un reato, anche negli Stati Uniti. Molti di questi prigionieri sono responsabili di reati comuni e questi detenuti ricevono un trattamento adeguato. Noi ci sentiamo orgogliosi dal fatto che a Cuba non esistono i “desaparecidos”, gli scomparsi. Quando si arresta un individuo si spicca un ordine di arresto, un nome e un cognome, le forze dell’ordine sono in divisa quindi identificabili, i luoghi di reclusione sono riconosciuti ufficialmente e poi il tutto termina con un processo. Da noi non si maltrattano i prigionieri, anche se si possano registrare casi singoli, la responsabilità ricade su una determinata persona. Il caso dei prigionieri a Cuba non dovrebbe essere una priorità dell’agenda dei diritti umani, giacché vi è stata collaborazione con l’Onu per migliorare le cose che si ritenevano necessarie. Nei colloqui del Presidente con il cardinale Ortega e mons. Dionisio García sì è parlato dei prigionieri come una delle questioni nazionali e internazionali. Si faranno comunque dei passi avanti per cercare un miglioramento, ciò che è più umano.
L'ecumenismo riparte da Edimburgo a cento anni dalla Conferenza missionaria mondiale
◊ Ad Edimburgo, proseguono i lavori della Conferenza missionaria mondiale che riunisce nella capitale scozzese leader di tutte le confessioni cristiane per una riflessione sull’evangelizzazione nel nostro tempo. L’evento, che si concluderà domenica prossima, celebra il centenario della prima Conferenza missionaria mondiale. La nostra inviata, Philippa Hitchen, ha intervistato Teresa Francesca Rossi, vicedirettore del Centro Pro Unione e membro della delegazione cattolica ad Edimburgo, sul significato di questo avvenimento:
R. – Ci sono numerosissime forme e paradigmi di missione, oggi, perché è una missione contestuale e internazionale. Questa assemblea del 2010, rispetto a quella di 100 anni fa, ha la possibilità di un confronto molto più largo, in questo senso, e certamente questo sarà uno dei frutti forse più significativi di questa Conferenza. Credo che questo sia un frutto del cammino verso l’unità delle Chiese. In fondo, la cooperazione interconfessionale, anche nell’ambito missionario, ha significato un arricchimento reciproco, che oggi noi celebriamo in questa Conferenza. Dal 2005, si è aperta una fase molto più programmatica, più capillare, che ha visto la Chiesa cattolica presente in molti modi, attraverso il Consiglio generale. Fondamentalmente, il processo preparatorio aveva come scopo proprio quello di garantire una partecipazione capillare e un coinvolgimento che non riguardasse soltanto le Chiese in Scozia, ma la Chiesa nel mondo. La selezione di alcuni argomenti ha portato ai temi che saranno dibattuti in questi giorni: verificare il processo teologico, la riflessione teologica e la partecipazione, anche per dare spunti per la riflessione futura.
D. – Qual è la cosa che può davvero unire tutte queste forme diverse, per cercare di creare la visione di un futuro più unito?
R. – Lo Spirito Santo. Testimoniamo questa varietà di carismi e di idee nella Chiesa, ma direi lo Spirito Santo. Anche perché credo che emerga da tutte le discussioni, almeno nel processo preparatorio, la necessità di porre nuovamente al centro la persona. In fondo, si tratta – oltre che di portare l’annuncio di Cristo – di dare nuova vita all’annuncio cristiano, in modo più personale, più convinto. E questa è l’opera dello Spirito.
D. – C’è anche molto coinvolgimento delle culture locali, in questo processo…
R. – Sicuramente. Gli incontri come questo – gli incontri ecumenici internazionali – sono estremamente creativi, "colorati" in tutti i sensi, e sono una bellissima testimonianza che, tra l’altro, ha un impatto anche sulla società civile: credo che un evento come questo non passi inosservato dalla comunità civile, dalla comunità sociale. E questo è un elemento molto importante.
Gli imprenditori cristiani discutono a Terni di etica nel mondo economico e finanziario
◊ Le crisi finanziarie, gli attacchi degli speculatori alla Grecia hanno messo in luce la necessità di una maggiore etica nel fare impresa. Ieri, il presidente della Commissione europea, José Manuel Durao Barroso, ha detto di ritenere che all'interno dell'Ue si sia finalmente arrivati ad un consenso sulla necessità di regolamentare le agenzie di rating. Un insegnamento importante, affinché prevalgano i valori, viene dalla Dottrina sociale della Chiesa. Sul ruolo degli industriali, l’Ucid, l’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, ha organizzato, nel pomeriggio a Terni, un convegno. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente dell’Ucid, Angelo Ferro.
R. – Se il profitto è accompagnato, come risultato economico, da efficienza e di efficacia, e va riversato al bene comune, abbiamo bisogno del profitto per fare il bene comune. Non lo vedrei in modo antitetico, perché sarebbe come mettere in contrasto solidarietà ed efficienza. Dobbiamo essere il più possibile efficienti ed efficaci per poter fare meglio e di più solidarietà. Allora, queste crisi hanno messo in risalto questo, però la strada per superare queste crisi purtroppo finora non dimostra di seguire l’insegnamento del Papa, che dice: “Non c’è intelletto e poi amore, ma c’è l’intelletto ricco di amore e l’amore pieno di intelletto”. Insieme. E cioè, c’è il profitto e il bene comune.
D. – Non ritiene che a livello internazionale siano mancate delle regole precise, che in qualche modo salvaguardassero anche le parti più deboli della società?
R. – Noi dobbiamo sviluppare sempre di più la bellezza dei valori. Noi siamo l’Europa delle regole, e gli altri non vogliono questa Europa, perché vogliono correre in modo diverso. Noi siamo frutto di regole che sono frutto di una società che non aveva innovazione continua, che non aveva una globalizzazione pervasiva. Oggi viviamo in questo scenario. Dobbiamo avere allora la forza di dire: “Con questi valori raggiungiamo meglio il senso della nostra esistenza, il senso della nostra vita”.
D. – Lei ritiene che le crisi finanziarie in qualche modo abbiano riproposto anche la validità della Dottrina sociale della Chiesa?
R. – La Dottrina sociale della Chiesa è fondamentale, perché ti dice: non puoi lasciare che si scatenino forze di tali dimensioni egoistiche solo per rispettare la libertà, perché la libertà va attuata nella verità. E la verità è che serve la dinamica finanziaria per una dinamica economica che rispetti dell’uomo. E’ questa la legalità del circuito. Non finanza fine a se stessa. non le fabbriche dei soldi. Noi siamo abituati a fare ricchezza con il lavoro. In questo senso, la dimensione della Chiesa è forte. Rubare non è solo commettere il furto: rubare è anche lasciare che si formino forze così indomite da distruggere i risparmi, da distruggere i posti di lavoro, da avvilire tutto per una speculazione a breve.
Caritas Gerusalemme: “il blocco su Gaza è un atto illegale e disumano”
◊ "Pensavamo veramente che ce l'avrebbero fatta”. Ad affermarlo - riferisce l’agenzia Zenit - è Ameen Sabbagh, coordinatore di Caritas a Gaza, ancora sotto shock dopo le notizie sul blitz sferrato nella mattina del 31 maggio dalle forze israeliane alla flottiglia filopalestinese diretta a Gaza. L'operazione ha incontrato resistenza sulla sola nave-passeggeri Mavi Marmara della “Freedom Flotilla”, organizzata dal movimento “Free Gaza”, mentre si trovava in acque internazionali. Gli scontri hanno portato all'uccisione di 10 persone e al ferimento di altri 30 civili. La flottiglia composta da 6 imbarcazioni trasportavano 800 attivisti e un carico di 10 mila tonnellate di aiuti umanitari destinati alla popolazione di Gaza. Le navi stavano trasportando attrezzature mediche e materiale da costruzione per la Striscia di Gaza, su cui dal 2007 pesa un embargo imposto da parte di Israele. "Il porto di Gaza – ha aggiunto Ameen Sabbagh – era stato riparato anche per dare il benvenuto alla flottiglia”. "Non vedevamo l'ora – ha continuato – di dare il benvenuto a questi attivisti di pace stranieri. Erano stati preparati eventi, conferenze e visite ad ospedali e centri per invalidi. Era la nostra opportunità di mostrare al mondo gli effetti del blocco su 1,5 milioni di persone”. Claudette Habesch, segretario generale della Caritas Gerusalemme ha espresso il suo sconforto per la situazione attuale: "Questo mese l'assedio entrerà nel suo quarto anno. Noi sappiamo perfettamente in quali dure condizioni è costretto a lavorare ogni giorno il nostro personale della Caritas e come si senta isolato. Sono disperati, disillusi e non sperano più nell'immediato in un futuro migliore. L'attacco brutale contro la flottiglia Free Gaza ha tagliato l'ancora di salvataggio della speranza e della solidarietà con ogni abitante di Gaza, persino gli operatori della Caritas si sono arenati su questa stretta lingua di terra. "Caritas Gerusalemme ha invitato tutti i suoi partner a fare pressione su Israele perché rispetti la legge internazionale e la Convenzione di Ginevra, che prevede la tutela dei civili disarmati e degli operatori umanitari. “Il blocco su Gaza – si legge in un comunicato di Caritas Gerusalemme – è un atto illegale e disumano di punizione collettiva che aiuta solamente gli estremisti. Ora deve finire”. Dal 2003, Caritas Gerusalemme gestisce un centro sanitario che fornisce aiuto medico e psicosociale a più di 2000 pazienti a Gaza. Una clinica mobile invece si occupa di quella fascia di popolazione che non ha accesso alle cure sanitarie. Dall'Operazione Piombo Fuso, sferrata agli inizi del gennaio del 2009 dall'Esercito israeliano nella Striscia di Gaza, la Caritas ha offerto tende ai senzatetto, cibo e tutto il necessario per l'igiene personale alla popolazione sotto assedio. Gli operatori della Caritas organizzano attività psicosociali e momenti di festa per aiutare i bambini e le famiglie ad affrontare il trauma dell'aggressione militare e le fatiche imposte dall'embargo. (R.G.)
Svizzera: i vescovi chiedono che sia fatta giustizia per i casi di abusi denunciati
◊ Le diocesi svizzere denunceranno i colpevoli in maniera sistematica e in caso di sospetto fondato. Parola dei vescovi elvetici che alla questione degli abusi sessuali hanno dedicato l’intera assemblea che si è conclusa ieri con il lancio di un comunicato. “I vescovi – si legge nella nota ripresa dall'agenzia Sir – hanno constatato davanti a Dio che un grave errore è stato commesso nella Chiesa ma anche nelle nostre diocesi e nelle nostre parrocchie”. I vescovi sono coscienti della loro responsabilità. “Siamo pronti – affermano - a rinnovare il nostro pensiero, la nostra volontà e i nostri atti nello spirito di Gesù e a partecipare alla guarigione delle ferite”. All’incontro, sono stati forniti i primi dati sulle denunce registrate nelle diocesi. Sono 104 le vittime di abuso sessuale. La grande maggioranza dei casi ha avuto luogo tra il 1950 e il 1990. Solo 9 casi su 104 sono avvenuti dopo il 1990. Mentre addirittura 101 casi su 104 sono stati commessi nella sola Svizzera tedesca. Nella nota si riafferma che la Conferenza episcopale si dice “riconoscente” a chi è riuscito a denunciare gli abusi sessuali subiti, rivolgendosi ai centri preposti. “Gli abusi sessuali commessi nell’ambito di una attività pastorale – si legge nella nota della Conferenza episcopale svizzera – non sono tollerabili. Giustizia deve essere fatta alle vittime e gli autori devono essere ritenuti responsabili anche se gli abusi risalgono a lunga data e gli autori sono deceduti”. La Conferenza dei vescovi svizzeri ha poi riformulato un capitolo concernente la collaborazione con le autorità civili contenuto in una serie di direttive in vigore dal 2002, in quanto “il testo mancava di chiarezza”. Tra le modifiche, appare anche quella in cui si afferma che “in caso di sospetto fondato, le autorità ecclesiastiche denunciano l’abuso alle autorità civili competenti, sempre che la vittima coinvolta o un suo rappresentante non vi si opponga”. I vescovi hanno anche parlato del caso in cui un sacerdote cambiasse diocesi e i responsabili del nuovo luogo di destinazione non hanno la possibilità di accedere ad informazioni adeguate sul nuovo candidato. I vescovi hanno quindi deciso di “non accettare nelle loro rispettive diocesi, l’ingaggio di agenti pastorali o di religiosi provenienti dalla Svizzera o da altri Paesi senza una presentazione scritta e completa dei loro responsabili precedenti sulla loro reputazione”. (R.P.)
Lettera del presidente dei vescovi Usa sulle vicende degli abusi sui minori
◊ Il male degli abusi sui minori ha un impatto “devastante che dura nel tempo”ed “errori sono stati compiuti anche qui, come altrove”. È quanto afferma il cardinale Francis E. George, arcivescovo di Chicago e presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti in un messaggio ai fedeli della sua arcidiocesi diffuso domenica scorsa. L’iniziativa prende spunto da alcuni recenti rapporti su casi di abuso che hanno turbato l’arcidiocesi. “Anche se questi abusi hanno avuto luogo venti o trenta anni fa, il trauma dura nel tempo ed è spesso devastante e il dolore delle vittime coinvolge tutte le persone ad esse vicine nella Chiesa”, sottolinea nel messaggio il porporato che accenna a diversi incontri avuti con i sopravvissuti e i loro familiari. “Ho cercato di ascoltare – dice - e ho offerto le mie scuse, ma la preoccupazione principale condivisa da tutte le vittime è che nessun altro sia abusato come lo sono stati loro”. Il testo ricorda quindi le misure adottate dall’arcidiocesi per garantire un ambiente sicuro ai bambini, in linea con le decisioni prese dai vescovi a Dallas nel 2002: dalla formazione obbligatoria per vescovi, sacerdoti, diaconi, insegnanti e di tutti gli operatori pastorali che lavorano a contatto con i minori; alla promozione nelle scuole di programmi educativi per insegnare ai bambini come riconoscere e denunciare attenzioni morbose nei loro confronti; alla denuncia alle autorità civili di qualsiasi caso di abuso, quale che sia il tempo in cui è stato commesso; alla rimozione dai loro incarichi di tutti i sacerdoti sospetti. Il cardinale George esprime poi gratitudine a tutti quei gruppi che hanno aiutato le vittime a non sentirsi sole e in colpa per quanto accaduto. Infine, un plauso all’operato dei Benedetto XVI: “Prima e durante il suo pontificato – afferma - egli ha sempre dimostrato una chiara determinazione a purificare il sacerdozio da ogni predatore sessuale e sostenuto la necessità di pregare per le vittime. (L.Z.)
Bartolomeo I: "più vicino l'atteso Concilio fra tutte le Chiese ortodosse"
◊ Tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2011 potrebbe svolgersi una Conferenza delle quindici Chiese ortodosse locali, in vista del Concilio pan-ortodosso, di cui si parla dall’inizio del secolo scorso, ma che solo negli ’60 è entrato in una lunga fase preparatoria, che sta per essere ultimata. A confermare la notizia al canale Tv “Russia 24” è stato Bartolomeo I prima di lasciare San Pietroburgo, ultima tappa del suo viaggio di dieci giorni in Russia. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli ha rivelato la decisione di “accelerare il processo di convocazione del Concilio di tutte le Chiese ortodosse”, che dovrà avere “il più grande significato per tutto il mondo ortodosso”. “Siamo pieni di ottimismo” – ha dichiarato. 10 i punti all’ordine del giorno “già conosciuti dalla comunità ortodossa” e tra questi figura certamente l’autocefalia e l’autonomia, e il modo di proclamarle da parte di una Chiesa ortodossa. Le quindici Chiese ortodosse locali sono dette autocefale, in quanto eleggono il loro capo ed hanno diritto all’autogoverno. Nell’intervista, Bartolomeo, riguardo gli esiti della sua missione in Russia, ha parlato di apertura di “un nuovo capitolo nelle relazioni tra la Chiesa di Costantinopoli e la Chiesa russa. Per il bene di tutta l’ortodossia – ha sottolineato – abbiamo convenuto di approfondire la cooperazione fraterna che esiste tra noi”. (R.G.)
Chiesa messicana preoccupata per la presenza di organizzazioni criminali nelle istituzioni
◊ La Chiesa in Messico ha espresso profonda preoccupazione per la presenza di organizzazioni criminali all'interno delle istituzioni. Proprio nei giorni scorsi un candidato alla carica di governatore di Quintana Roo è stato arrestato con l'accusa di aver collegamenti con la criminalità organizzata. «Questo — si legge in un documento dell'arcidiocesi di Acapulco riportato da L'Osservatore Romano — preoccupa non solo la Chiesa, ma l'intera società civile. Occorre mostrare fermezza sradicando la corruzione da tutte le strutture del Governo e della pubblica amministrazione. La politica non deve essere utilizzata per meri usi personali o per arricchirsi illecitamente. La lotta alla corruzione deve essere una priorità ed è fondamentale che venga portata avanti con forza e fermezza per ridare fiducia ai cittadini». L'arcidiocesi di Acapulco considera una priorità l'uso della forza pubblica per ripristinare l'ordine e scoraggiare chi tenta di infiltrarsi all'interno delle istituzioni e delinquere. «Sono necessarie misure preventive e correttive — continua il documento — per coloro che occupano posizioni di responsabilità. Chi ha legami o contatti con le bande di narcotrafficanti deve essere immediatamente allontanato ed espulso da una carica pubblica e ciò deve essere fatto senza tentennamenti altrimenti per dimostrare alla società civile che il Paese ha voglia di crescere nella legalità. Occorre intraprendere una strategia che miri a ripulire la società corrotta e restituire la fiducia ai cittadini onesti». La Chiesa in Messico, infine, auspica che «tutti i cittadini di ogni livello sociale, e secondo la propria coscienza, contribuiscano a rendere più vivibile il Paese, denunciando tutti i casi di corruzione e controllando che i politici al Governo facciano il loro dovere». (R.P.)
Filippine: i vescovi contrari all’educazione sessuale nelle scuole
◊ I vescovi delle Filippine esprimono la loro contrarietà all’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole. Un provvedimento in tal senso è stato annunciato il 31 maggio dal Ministero dell’Istruzione. A preoccupare l’episcopato - riferisce l’agenzia Ucan - è in particolare l’impostazione del programma: “Gli studenti dovrebbero ricevere un’educazione sessuale corretta non una centrata sull’aspetto fisico, ma piuttosto su una sessualità vista come un dono di Dio” – ha dichiarato il portavoce della conferenza episcopale filippina (Cbcp), mons. Pedro Quitorio aggiungendo che questo compito spetta ai genitori. Il ministro dell’Istruzione, signora Mona Valisno insiste sulla validità dell’iniziativa. “La misura – ha detto – è necessaria per evitare gravidanze indesiderate e per prevenire la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili che ha raggiunto livelli allarmanti nelle Filippine”, perché manca la coscienza del problema. Il Ministro ha peraltro assicurato che prima di iniziare i corsi di educazione sessuale si consulterà con i vescovi. (L.Z.)
Vietnam: sono 1.200 i sacerdoti che sono in missione in 100 Paesi del mondo
◊ Sono 5.200 i sacerdoti vietnamiti, 1.200 dei quali svolgono la loro missione in più di 100 Paesi del mondo intero. Il dato, inquadrato in quello della crescita, nel tempo, del clero vietnamita, è stato sottolineato dal cardinale di Ho Chi Minh City, Joseph Phan Minh Man, nel corso di un incontro che ha visto riuniti nell’arcidiocesi di Saigon vescovi e sacerdoti di 10 diocesi. Più di mille preti - riferisce l'agenzia Asianews - (ben 559 della diocesi di Xuan Loc e 662 di quella di Saigon), a fine maggio, hanno esposto esperienze di lavoro, attività pastorali e portato alla luce la via per lavorare per una “nuova vita”. Presenti vescovi e sacerdoti di My Tho, Long Xuyen, Can Tho, Vinh, Saigon, Xuan Loc, Phu Cuong, Phan Thiet, Ba Ria e Da Lat. “Ci incontriamo - ha detto il cardinale Pham Minh Man - nell’Anno Sacerdotale, che è un’opportunità per costruire una ‘nuova vita’ nella famiglia sacerdotale, la comunità, la società e la Chiesa. Da questo punto di vista, il sacerdozio vuole essere servizio per la speranza, la giustizia, l’amore e la pace di Gesù”. Sacerdoti e vescovi hanno espresso i loro pensieri come “le esperienze della fioritura e della fruttificazione delle Parole di Dio”: esperienze di missione, di come mostrare le Parole di Dio, di come ascoltarle, di come pregare o convinzioni che queste non si esprimono solo a “parole”, ma “anche dallo stile di vita e dalle attività pastorali”. Il cardinale ha parlato anche dello sviluppo della “Levi Family”, che raccoglie i sacerdoti vietnamiti. Nel 1668 (332 anni fa) contava su solo 4 chierici. Nel 1770 (dopo 102 anni) erano 44 (aumentati di 11 volte) e nel 1800 erano cresciuti di altre tre volte. Nel 1963 erano circa 1.200 e ora sono 5.200, 4mila dei quali vivono e lavorano in Vietnam e 1.200 che vivono e lavorano all’estero. Per questo, durante il “Hoi Ngo” (l’incontro), il cardinale, i vescovi e i sacerdoti presenti hanno ringraziato Dio, perché le vicende storiche hanno reso i sacerdoti vietnamiti messaggeri della Buona Novella in tutto il mondo. Un tempo, i messaggeri della Buona Novella vennero in Vietnam dall’Europa, ora, nel 21mo secolo, sono i sacerdoti vietnamiti ad essere divenuti messaggeri della Buona Novella in più di cento Paesi di tutto il mondo. (R.P.)
Cina: almeno 30 morti per gli allagamenti nella regione meridionale di Guangxi Zhuang
◊ Sono almeno 30 le vittime delle forti piogge e frane nel sud della Cina, nella regione autonoma di Guangxi Zhuang, e altre 18 risultano al momento disperse. Il maltempo sta flagellando la zona da lunedì scorso e ieri ha provocato degli smottamenti che hanno ucciso 12 persone a Cenxi, 15 nella contea di Rongxian e altre tre nelle contee di Tengxian e Donglan e nella città di Fangchenggang. Da ieri sera sono state evacuate circa 80 mila persone a causa delle alluvioni che hanno distrutto oltre 4 mila case e danneggiato 117 mila ettari di raccolto. (R.G.)
Lisa Buttenheim, nuova inviata dell’Onu a Cipro
◊ La statunitense Lisa Buttenheim, è stata nominata nuovo inviato speciale dell'Onu a Cipro al posto dell'etiope Taye Brook Zerihoun. La Buttenheim, funzionaria delle Nazioni Unite, sarà a capo della Unficyp (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus), uno dei corpi per il mantenimento della pace più antichi, creato nel 1964 per evitare ulteriori combattimenti tra le comunità greca e turca dell'isola. Conflitto sfociato nel colpo di Stato contro il presidente Makarios, organizzato dai sostenitori dell’unione di Cipro alla Grecia, a seguito del quale nel 1974 le truppe turche occuparono la parte settentrionale, pari a un terzo dell’isola, autoproclamando nel 1979 lo Stato federato turco-cipriota, mai riconosciuto dalla comunità internazionale (R.G.)
L’Onu critica l’uso dei droni da parte della Cia. "Non difende il diritto alla vita"
◊ Presentato oggi a Ginevra un rapporto critico dell'Onu sul programma sviluppato dalla Cia di utilizzo dei droni, aerei telecomandati, contro militanti islamici. Le uccisioni eseguite dai piloti tramite schermi computer e dati audio a distanza possono infatti indurre una 'mentalita' da Playstation', stile video-gioco, dove si perde il valore della vita umana, ammonisce il relatore l'australiano Philip Alston. Lo studio di 29 pagine, - riferisce l'agenzia Misna - commissionato dal Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu, esorta gli Stati Uniti ad esercitare maggiori controlli nell'uso degli aerei senza pilota in aree come il Pakistan e lo Yemen, sottolineando che il controllo di tale operazioni dovrebbe essere affidato in ogni caso da membri delle Forze armate Usa vincolati al rispetto delle norme di guerra. La Cia ha incrementato negli ultimi anni i suoi attacchi con aerei senza pilota contro persone sospette di militare per Al Qaida o per i Talebani. Pochi giorni fa è emerso che un drone della Cia ha ucciso in Pakistan il numero tre di Al Qaida. Questo sviluppo, secondo il rapporto, ha portato alla morte di centinaia di persone compresi civili innocenti. ''Le agenzie di intelligence, che per definizione mirano ad operare in clandestinità e sono legate a responsabilità solo nei confronti dei loro capi, non dovrebbero gestire programmi che possono uccidere persone in altri Paesi'', indica ancora il rapporto. ''Gli Stati Uniti sembrano ignorare le conseguenze della loro crescente espansione del presunto diritto di prendere di mira persone ovunque nel pianeta”, denuncia il rapporto, concludendo che “questa 'licenza di uccidere' senza dover rendere conto a nessuno può danneggiare gravemente le leggi esistenti per proteggere il diritto alla vita e prevenire esecuzioni extra-giudiziarie''. (R.G.)
L'Ue denuncia lo spreco di denaro pubblico per la pandemia H1N1
◊ La gestione della pandemia H1N1 sarebbe stata poco trasparente, avrebbe comportato un enorme spreco di denaro pubblico, un allarme ingiustificato fra i cittadini, oltre a possibili rischi derivanti dall'utilizzo di vaccini non testati a sufficienza. Questa in sintesi l'analisi contenuta nel Rapporto Flynn, che la Commissione Affari sociali, Sanità e Famiglia dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Apce) dovrebbe adottare domani, presso la sede di Parigi. Una volta adottato dalla Commissione, il Rapporto Flynn sarà discusso nella prossima sessione plenaria dell'Assemblea, in programma a Strasburgo dal 21 al 25 giugno. Le problematiche sollevate dal relatore - si legge in una nota del Consiglio d'Europa - riguardano in particolare lo spreco di denaro pubblico, l'aver destato timori ingiustificati tra i cittadini, i rischi per la salute legati a vaccini che potrebbero non essere stati testati a sufficienza prima della loro commercializzazione con procedure accelerate e difetti nella definizione delle priorità dei servizi di sanità pubblica in tutta Europa. Il relatore - aggiunge la nota - ritiene che tali risultati debbano essere esaminati in maniera critica da parte delle autorità di sanità pubblica a tutti i livelli per ristabilire la fiducia dei cittadini. (R.G.)
Lesotho: vaccinazione contro il morbillo per migliaia di bambini
◊ Circa 630.000 bambini tra i sei mesi e i 15 anni saranno vaccinati contro il morbillo grazie a fondi sbloccati dalle Nazioni Unite per arginare un’epidemia che a fine aprile aveva già contagiato 1295 piccoli mentre 2000 casi sospetti erano stati segnalati. Con i fondi messi a disposizione dall’Organizzazione Mondiale della Salute (Oms), inoltre, una campagna di sensibilizzazione sulla malattia, spesso letale, verrà avviata per informare più di un milione di abitanti del Paese, colpito a gennaio da una virulenta epidemia. Secondo gli esperti dell’Onu, - riferisce l'agenzia Misna - il diffondersi del morbillo negli ultimi mesi è causato dalla diminuzione dei fondi (legata alla crisi economica che ha limitato gli aiuti allo sviluppo internazionali) a disposizione dei governi per finanziare le campagne di vaccinazione: la maggior parte dei Paesi dell’Africa centrale e australe, infatti, hanno vaccinato solo l’80% dei propri abitanti, invece del 95% raccomandato dall’Oms. Contemporaneamente il Lesotho, uno dei paesi meno sviluppati del continente, deve fronteggiare un calo della produzione agricola: con il sostegno finanziario dell’Unione Europea (Ue), l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) sta svolgendo iniziative tese a migliorare la produttività. (R.P.)
Usa: a New Orleans si è aperto il convegno dei media cattolici
◊ Si è aperto ieri a New Orleans, in Louisiana, il convegno dei media cattolici, che riunisce membri dell’Associazione della Stampa Cattolica di Stati Uniti e Canada e dell’Accademia cattolica per la comunicazione. L’appuntamento, che ha per tema “Diffondere la Buona Novella – Byte per Byte”, offre ai partecipanti la possibilità di approfondire tecniche e strategie di comunicazione, procedere ad uno scambio di idee su aspetti e problematiche propri dei media tradizionali e delle nuove tecnologie, stabilire nuovi rapporti con comunicatori di altri settori o regioni geografiche. Nelle giornate del convegno - che si concluderà domani - celebrazioni eucaristiche e momenti di preghiera comune si alterneranno alle plenarie, laboratori, incontri informali, proiezioni; sarà mons. Gregory Aymond, arcivescovo di New Orleans, a presiedere la Santa Messa di chiusura, in cui verranno ricordati i comunicatori cattolici deceduti nell’ultimo anno. Tra gli argomenti proposti dai seminari emergono questioni quali il fenomeno migratorio, le opportunità fornite dai media alla Nuova Evangelizzazione, la pubblicità nei media cattolici, la comunicazione in ambienti “difficili”. E’ inoltre da segnalare la tavola rotonda della mattinata conclusiva su identità, significato e ruolo degli organismi cattolici di comunicazione nel mondo di oggi; vi prenderanno parte l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, gli arcivescovi di New Orleans Aymond e di Edmonton (Canada) Richard Smith, i vescovi di Alexandria, Ronald Herzog e di Rockford, Thomas Doran. In un videomessaggio inviato ai partecipanti, Benedetto XVI ha espresso l’auspicio che le giornate del Convegno possano rinnovare e ravvivare l’ entusiasmo condiviso per il Vangelo, nella fiducia della costante presenza del Cristo accanto all’uomo fino alla fine dei tempi. Il messaggio pontificio non ha mancato di sottolineare lo straordinario potenziale dei media nel portare il Vangelo di Cristo all’attenzione di un più vasto pubblico e ha esortato gli operatori del settore a contribuire con la loro missione alla testimonianza della grazia di Cristo da parte dei singoli e delle comunità. (M.V.)
Anno Sacerdotale: al Regina Apostolorum congresso sul Buon Pastore
◊ “A immagine del Buon Pastore” è il tema del congresso sacerdotale promosso l’8 giugno, alla vigilia della chiusura dell’Anno sacerdotale, dall'Istituto Sacerdos dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e dalla Congregazione per il clero (Auditorium Giovanni Paolo II dell’Ateneo – ore 15). A tentare di definire “la figura del sacerdote nel XXI secolo”, spiegano gli organizzatori, analizzando “da un punto di vista spirituale, pratico e pastorale la sua identità, la sua santificazione e le sfide che deve affrontare nel XXI secolo”, saranno i cardinali Claudio Hummes (prefetto della Congregazione per il clero), Darío Castrillón Hoyos (prefetto emerito) e Antonio María Cañizares (prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti); mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la vita, e Lucio Romano, copresidente dell’associazione Scienza e vita. Oltre alle conferenze di alto livello accademico, - riferisce l'agenzia Sir - si analizzeranno gli esempi di alcuni sacerdoti del XX secolo che possono servire da modello a qualunque presbitero: tra questi il cardinale Antonio Innocenti, prefetto della Congregazione per il clero negli anni' 80, San Rafael Guizar Valencia e il Beato don Carlo Gnocchi. Al termine del congresso sarà tenuta una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Hummes. (R.P.)
A Roma convegno sulle persone sorde testimoni dell'annuncio del Vangelo
◊ “Effatà! La Persona sorda, araldo e testimone dell’annuncio evangelico” è il titolo del Convegno di Pastorale della Salute che avrà luogo a Roma, nell’Auditorium San Pio X, in via della Conciliazione, da domani al 6 giugno prossimi. I tre giorni di approfondimento sono stati organizzati dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute che celebra quest’anno il 25.mo della sua istituzione. Tra gli interventi in programma si segnalano quelli del presidente e del segretario del dicastero, rispettivamente arcivescovo Zygmunt Zimowski e monsignor José L. Redrado, dei padri Savino Castiglione della Piccola Missione per i Sordomuti, Joseph Mulcrone (Chicago, USA), Gerard Tyrrell (Dublino), Jaime Gutiérrez Villanueva (Madrid) e Mauro Sarni della Diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. Apporteranno inoltre il proprio contributo: suor Veronica Donatello delle Suore Francescane Alcantarine, il dottor Josef Rothkopf (Aachen, Germania) e il prof. Massimo Baraldi, vice-direttore dell’Istituto Tommaso Pellegrini per bambini sordi di Saliceta S. Giuliano (Modena). “Il Convegno che aprirà i battenti venerdì prossimo – spiega in una nota il segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari - costituisce una prima concreta attuazione delle raccomandazioni espresse durante la Conferenza Internazionale tenuta in Vaticano nel novembre scorso e prende il titolo dal discorso rivolto da Benedetto XVI ai suoi partecipanti. Ci siamo infatti impegnati – precisa mons. Redrado -, per far sì che quanto emerso lo scorso anno avesse rapidamente seguito perché, come già ampiamente dimostrato, le persone non udenti hanno il diritto di entrare a pieno titolo nella comunità ecclesiale. Un loro diritto-dovere, in realtà, perché è grande il contributo di testimonianza, spiritualità e capacità che possono condividere con gli altri e mettere a servizio della comunità a partire dalla formazione dei più giovani che devono imparare a convivere con la stessa disabilità”. (R.P.)
Roma: inaugurata alla Lateranense la mostra "Preti al cinema"
◊ E' stata inaugurata questa mattina a Roma, la mostra “Preti al cinema. I sacerdoti e l’immaginario cinematografico”, allestita presso la Pontificia Università Lateranense. L’esposizione, che è stata in precedenza visionata in Sala Nervi dai vescovi italiani riuniti in assemblea generale, è organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia e con il sostegno dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della CEI, in occasione dell’Anno Sacerdotale; raccoglie una serie di fotografie provenienti dalla Fototeca del Centro Sperimentale, che ripercorrono le evoluzioni della figura del prete nella storia del cinema, soprattutto italiano, dall’epoca del muto ad oggi. Personaggi ed ambienti offrono una chiave di lettura del rapporto tra spettatori e religione e illustrano il susseguirsi dei diversi momenti culturali, politici e spirituali che hanno interessato negli anni l’Italia e il resto del mondo. La mostra è stata inaugurata alla presenza del rettore della Lateranense, arcivescovo Rino Fisichella, e dei registi Mimmo Calopresti e Alessandro D’Alatri, che si sono soffermati sulla loro interpretazione della vita e del ministero del sacerdote. A presentare le caratteristiche dell’iniziativa è stato poi mons. Dario Viganò, preside del Pontificio Istituto Pastorale “Redemptor Hominis” e presidente dell’Ente dello Spettacolo. (M.V.)
Sono 8 turchi e un americano di origine turca i morti nel blitz di Gaza
◊ Sono atterrati nella notte all'aeroporto di Istanbul i primi 488 dei circa 700 pacifisti della “Freedom Flotilla” rilasciati dalle autorità israeliane dopo tre giorni di detenzione e definiti dal primo ministro isralieano Netanyahu "terroristi". Ed è stato detto con certezza che le persone che hanno perso la vita erano otto turchi e un americano di origine turca, tutti raggiunti da colpi d'arma da fuoco secondo i medici legali turchi. Sei o sette attivisti, gravemente feriti, sono rimasti ricoverati a Tel Aviv. Intanto a livello internazionale si discute della risoluzione a conclusione della sessione straordinaria del Consiglio dell’ONU convocata martedì. Il servizio di Fausta Speranza:
La risoluzione votata dal Consiglio dei diritti dell'uomo dell'Onu è condivisa in linea di principio dai Paesi aderenti. Ma ci sono stati distinguo importanti. La risoluzione chiede «l’invio di una missione internazionale per indagare su violazioni del diritto internazionale» rispetto al blitz delle forze israeliane contro la flottiglia di pacifisti diretta a Gaza. Ed è stata approvata da 32 dei 47 membri del Consiglio. La Francia e il Regno Unito si sono astenuti. Gli Stati Uniti si sono pronunciati contro. Così come ha fatto l'Italia. La contrarietà è stata spiegata con la fiducia che Israele sarebbe stato perfettamente in grado di condurre un'inchiesta credibile e indipendente, il che non significava necessariamente internazionale. Ma mentre Washington sosteneva questo, l’inviato USA in MO si affrettava a ribadire che gli Stati Uniti intendono continuare a “lavorare con determinazione” affinchè la popolazione della Striscia di Gaza, l'enclave palestinese passata dal 2007 sotto il controllo degli islamico-radicali di Hamas, possa ricevere tutto il necessario. Dunque, anche se non esplicito, è un invito a fermare l’embargo voluto da Tel Aviv. L’inviato della Casa Bianca, Mitchell, ha incontrato in Cisgiordania il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen: e dunque i colloqui per la ripresa del processo di pace tentano disperatamente di proseguire. Ma resta da riferire della dura dichiarazione di oggi del presidente turco Gul: i legami della Turchia con Israele "non saranno mai più gli stessi" dopo il blitz contro la flotta di attivisti filo-palestinesi diretti a Gaza.
Dopo i razzi di ieri, a Kabul seconda giornata della Conferenza di pace
Secondo giorno dell’assemblea consultiva di pace, la Jirga, voluta dal presidente afghano Karzai a Kabul. I lavori sono iniziati ieri mattina sotto il segno delle violenze dei talebani, che hanno rivendicato gli attacchi nella capitale. Oggi il clima appare più tranquillo. I 1.600 convenuti, riuniti in 28 commissioni, hanno l'obiettivo di individuare una strategia per aprire il dialogo con l'opposizione armata nel Paese. In serata i responsabili di ciascuna commissione redigeranno un rapporto che verrà consegnato alle autorità dell'Assemblea, mentre domani un documento finale sarà approvato dalla Jirga nella sua ultima giornata di lavori e consegnato al presidente Karzai.
Violenti scontri a Mogadiscio
Almeno 21 civili sono stati uccisi oggi e una sessantina feriti in violenti combattimenti a Mogadiscio tra forze governative, appoggiate dalla forza di pace africana, e ribelli islamici.
Il debito pubblico americano supera i 13.000 miliardi
Il sito internet del Tesoro americano annuncia che il debito pubblico degli USA supera per la prima volta la soglia dei 13.000 miliardi di dollari. Si precisa che il 1.mo giugno il debito si è attestato a 13.050,826 miliardi, circa l'88% del Pil. È evidente che il rapporto tra il debito pubblico ed il Prodotto interno lordo costituisce un importante indice della solidità finanziaria ed economica di uno Stato. Il debito Usa aveva virato la boa dei 10mila miliardi nel settembre 2008, al momento del picco della crisi. Poi nel marzo 2009 ha visto la soglia degli 11mila e in novembre quella dei 12mila miliardi.
La BP si impegna a finanziare le isole artificiali per arginare la marea nera
La fuoriuscita di petrolio che sta causando una catastrofe ecologica ed economica lungo la Costa del Golfo non si arresta. Si parla di progressi positivi del piano di contenimento “Cut and Cap”, l'ultimo tentativo di Bp ma la preoccupazione resta alta. Mentre la marea nera si avvicina pericolosamente alla Florida, il presidente degli Stati Uniti Obama ribadisce il suo impegno: "Fermare questa perdita e contenere il danno deve essere la priorità numero uno del governo". E aggiunge: "Stiamo combattendo questa battaglia ogni minuto di ogni giorno”.
Giappone: domani il voto del Parlamento per scegliere il nuovo leader democratico
I membri del Partito Democratico nipponico sceglieranno domani il loro nuovo leader dopo le dimissioni ieri del premier Hatoyama, rimasto in carica otto mesi. Il favorito a prendere il posto dell'impopolare leader uscente è Naoto Kan, 63 anni, ministro delle Finanze, vice-premier, già due volte presidente del partito. Il voto parlamentare poi nominerà il nuovo primo ministro per rendere possibile il varo di un nuovo esecutivo a guida Democratica. I due rami del Parlamento hanno approvato a tempo di record il calendario dei lavori per garantire il regolare svolgimento delle prossime elezioni previste per l’11 luglio.
Ad Atene sciopero dei trasporti e dei media contro le misure economiche governo
Blocco dei trasporti urbani ad Atene e silenzio dei media greci per scioperi contro il piano di austerità e la riforma delle pensioni varati dal governo. Sia i dipendenti dei trasporti urbani che i media aderenti alla Federazione greca dei giornalisti si astengono dal lavoro per 24 ore. Oggi quindi non funzioneranno agenzie di stampa né media online e radio e televisioni non trasmetteranno alcun programma.
L'Ue torna a chiedere all’Italia di equiparare l’età delle pensioni tra uomini e donne
Ultimatum della Commissione Ue all'Italia: se non equiparerà immediatamente l'età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico sarà nuovamente deferita alla Corte di giustizia europea. L'avvertimento - secondo l'ANSA - è contenuto in una nuova lettera che Bruxelles ha inviato alle autorità italiane, chiedendo loro di adeguarsi al più presto alla sentenza della Corte europea di giustizia, che già nel 2008 intimava all'Italia di innalzare l'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, portandola a 65 anni, lo stesso livello previsto per i colleghi maschi. “L'Italia - si spiega nel comunicato di Bruxelles – ha introdotto nuove regole per applicare la sentenza della Corte Ue, ma la Commissione europea sostiene che tali misure, che equiparano gradualmente l'età pensionabile nell'arco di 8 anni, non risolvono la situazione di trattamento discriminatorio”. Per Bruxelles si tratta quindi, di “misure transitorie inadeguate”.
Terremoto in Abruzzo: indagati funzionari della Commissione Grandi rischi
Omicidio colposo: è l'accusa rivolta dalla procura de L'Aquila ai membri della Commissione Grandi rischi che il 31 marzo scorso, 6 giorni prima del terremoto che sconvolse L'Aquila, parteciparono alla riunione che si tenne nel capoluogo abruzzese. Tra gli indagati, nove persone in tutto, ci sarebbero alcuni funzionari ai vertici del Dipartimento della Protezione Civile e dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Gli ufficiali di polizia giudiziaria stanno notificando in queste ore gli avvisi di garanzia. La procura della Repubblica de L'Aquila ha inviato agli indagati l'avviso di conclusione delle indagini. Gli accertamenti sono scattati subito dopo l'esposto di diversi cittadini che hanno chiesto alla Procura di verificare il lavoro della Commissione che, nella riunione del 31 marzo, analizzò la sequenza di scosse sismiche che da mesi colpiva L'Aquila. Lo stesso procuratore della Procuratore della Repubblica, Alfredo Rossini ha confermato la chiusura delle indagini, senza però rendere noto il numero degli indagati. Ma secondo quanto si è appreso il numero sarebbe di nove persone, tra cui funzionari della Protezione Civile e dell'Ingv.
Un giudice e un cancelliere uccisi a Bruxelles nel Palazzo di giustizia
Un giudice e un cancelliere sono stati uccisi a Palazzo di giustizia di Bruxelles. Lo riferisce l'agenzia Belga.
Visita ufficiale del presidente sudafricano Zuma in India
Il presidente sudafricano Jacob Zuma si trova in India per una visita diretta a rafforzare i rapporti economici bilaterali. Secondo quanto riportano i media indiani, il leader è accompagnato da una delegazione di ben 200 uomini d'affari. L'India è uno dei dieci maggiori investitori in Sudafrica e i legami commerciali tra i due Paesi sono già consolidati, in particolare nel settore automobilistico e degli alcolici. La visita di quattro giorni è iniziata oggi con incontri a Mumbai, dove si tiene un forum di capitani di industria. Esaurita la parte dedicata agli affari, domani Zuma arriverà a Nuova Delhi per gli incontri ufficiali con la presidente Pratibha Patil e con il governo.
Caucaso del nord: operazione della polizia russa
Tre guerriglieri sono stati uccisi dai poliziotti russi nel corso di un’operazione contro i terroristi in Daghestan, nel Caucaso del nord (Russia). L'operazione, affermano le agenzie Itar-Tass e Interfax, è avvenuta nella capitale Makhackhala, contro un gruppo di guerriglieri organizzatori delle esplosioni del 29 marzo a Mosca, quando in due stazioni della metropolitana si fecero saltare in aria due donne islamiche, uccidendo 40 persone. Dei tre uccisi oggi, solo due al momento sono stati identificati dalla polizia. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Michela Altoviti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 154
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