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Sommario del 20/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: il cammino ecumenico avanza ma non è un processo lineare, si preghi per l'unità dei cristiani
  • Il Papa benedice la statua di Santa Raffaella Maria Porras y Ayllon
  • Nomine
  • Il cardinale Sandri alla Roaco: l'Eritrea si apra al mondo!
  • Impegno comune di ebrei e cattolici in difesa del Creato
  • Benedetto XVI incontrerà i vescovi irlandesi il 15 e 16 febbraio
  • Messaggio del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace per la Giornata d’intercessione per la Terra Santa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Panico ad Haiti per una nuova scossa. Salvata una neonata dalle macerie
  • Tanti haitiani alla Messa di mons. Mamberti a Roma
  • Progetto culturale: nuovo volume sulla sfida educativa
  • Chiesa e Società

  • Haiti. Chiesa in aiuto delle vittime. Sabato i funerali dell’arcivescovo di Port-au-Prince
  • Giappone: Maria Voce, presidente dei Focolari, parla a 3mila buddisti
  • La Chiesa pakistana al governo: no alla religione in politica, come in Bangladesh
  • Mons. Sleiman: rompere il silenzio che circonda le uccisioni dei cristiani in Iraq
  • Malaysia: a Kuala Lumpur arrestati 8 giovani per l’attacco a una chiesa
  • Egitto: Mubarak invita alla concordia. Proteste nel mondo contro le persecuzioni dei copti
  • Vietnam: al via il processo contro quattro attivisti pro-diritti umani
  • Cina: settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani nel ricordo dei terremotati haitiani
  • Colombia: manifestanti abbandonano le chiese occupate dopo l'accordo con il governo
  • Usa: annuale Veglia di preghiera e Marcia per la vita promossa dai vescovi
  • Olimpiadi di Vancouver: la Chiesa promuove iniziative per atleti, turisti ed operatori
  • Il Meeting di Rimini per la prima volta a New York
  • Portogallo: la Comunità di Taizé animerà il Carnevale di Porto
  • Presenza francescana in Cina: gli studi di un convegno tenuto all’Antonianum
  • Riapre il Centro di Animazione Missionaria: il cardinale Dias lo dedica al Beato Manna
  • Ogni giovedi Messa in lingua araba nella Basilica romana di Santa Maria in Cosmedin
  • Settimana della memoria: la persecuzione degli ebrei raccontata ai bambini
  • Fondazione Migrantes: in Italia il cammino con gli immigrati è un esercizio di ecumenismo
  • Le iniziative dei gesuiti italiani per il IV centenario della morte di padre Matteo Ricci
  • Vertice mondiale per l'energia: gli Emirati Arabi annunciano trasporti pubblici ‘verdi’
  • 24 Ore nel Mondo

  • L'arcivescovo di Jos: in Nigeria scontri etnici e politici più che religiosi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: il cammino ecumenico avanza ma non è un processo lineare, si preghi per l'unità dei cristiani

    ◊   Pregare tutti perché Cristo aiuti i cristiani di ogni confessione a superare le divergenze, a rafforzare il dialogo e a dare una testimonianza di “comune fedeltà a Cristo”. Con questo auspicio, Benedetto XVI ha concluso questa mattina la catechesi dell’udienza generale, in Aula Paolo VI, dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si concluderà il prossimo 25 gennaio. Il Papa ha affermato che il progresso ecumenico “non è lineare”, tuttavia numerosi sono i “passi positivi” compiuti negli ultimi decenni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Esattamente un secolo fa un gruppo di missionari protestanti si riunirono in Scozia, a Edimburgo, per discutere “sulla difficoltà oggettiva di proporre con credibilità l’annuncio evangelico da parte dei cristiani ancora divisi tra loro”. Era il gennaio 1910 e la domanda fondamentale che si posero, ha spiegato Benedetto XVI, fu in sostanza questa:

     
    “Se ad un mondo che non conosce il Signore, che si è allontanato da Lui o che si mostra indifferente al Vangelo, essi si presentano non uniti, anzi spesso contrapposti, sarà credibile l’annuncio di Cristo, unico Salvatore del mondo e nostra pace? Il rapporto fra unità e missione da quel momento ha rappresentato una dimensione essenziale dell’intera azione ecumenica”.

     
    Anche per la Chiesa cattolica, ha proseguito il Papa, quella domanda divenne uno dei “punti fermi” sui quali poggiò lo sviluppo dell’ecumenismo.

     
    “Il movimento ecumenico moderno si è sviluppato in modo così significativo da diventare, nell’ultimo secolo, un elemento importante nella vita della Chiesa, ricordando il problema dell’unità tra tutti i cristiani e sostenendo anche la crescita della comunione tra loro. Esso non solo favorisce i rapporti fraterni tra le Chiese e le Comunità ecclesiali (…) ma stimola anche la ricerca teologica”.

     
    Di qui, l’importanza crescente data alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: unità - ha ribadito in più momenti il Pontefice - che è “un dono di Dio” e non una conquista solo umana. Non mancano, ha riconosciuto, “divergenze” e “gravi problemi” sulla reciproca conoscenza, che possono essere superati se, ha indicato il Papa alla Chiesa, si cresce nella conoscenza personale di Dio in Cristo, scoprendo così la “responsabilità” di diventarne testimoni:

     
    “E’ evidente che conoscere Cristo, come processo intellettuale e soprattutto esistenziale, è un processo che ci fa testimoni. In altre parole, possiamo essere testimoni solo se Cristo lo conosciamo di prima mano e non solo da altri, dalla nostra propria vita, dal nostro incontro personale con Cristo. Incontrandolo realmente nella nostra vita di fede diventiamo testimoni e possiamo così contribuire alla novità del mondo, alla vita eterna”.

     
    Benedetto XVI si è quindi soffermato sulle questioni che più intimamente toccano le corde del dialogo ecumenico – pastorale, vita sacramentale, matrimoni misti – e sugli appuntamenti dell’ultimo anno, distinguendo i diversi livelli di dialogo bilaterale stabiliti con le varie confessioni cristiane. “Positivi” ha definito in particolare quelli con gli ortodossi, che hanno attualmente allo studio, fra l’altro, il ruolo del vescovo di Roma nella Chiesa indivisa del primo millennio:

     
    “Tali importanti iniziative attestano come sia in atto un dialogo profondo e ricco di speranze con tutte le Chiese d’Oriente non in piena comunione con Roma, nella loro propria specificità”.

     
    In modo analogo, Benedetto XVI si è riferito al dialogo con il mondo protestante – anglicani, luterani, metodisti – e ribadendo l’esistenza di quei “problemi aperti” che tuttora costellano la strada verso la piena unità, ha concluso tra realismo e speranza:

     
    “Dobbiamo tenere presente anche quanti progressi reali si sono raggiunti nella collaborazione e nella fraternità in tutti questi anni, in questi ultimi cinquant’anni. Allo stesso tempo, dobbiamo sapere che il lavoro ecumenico non è un processo lineare. Infatti, problemi vecchi, nati nel contesto di un’altra epoca, perdono il loro peso, mentre nel contesto odierno nascono nuovi problemi e nuove difficoltà. Pertanto dobbiamo essere sempre disponibili per un processo di purificazione, nel quale il Signore ci renda capaci di essere uniti”.

     
    Dopo le catechesi in sintesi in varie lingue e i saluti particolari ad alcuni dei gruppi di persone presenti in Aula Paolo VI, il pensiero del Papa è tornato sul tema dell’unità dei cristiani. Questi giorni di riflessione, ha esortato i giovani, costituiscano “un invito ad essere ovunque operatori di pace e di riconciliazione”. Per voi, cari ammalati, ha soggiunto, siano “un momento propizio ad offrire le vostre sofferenze per una comunione dei cristiani sempre più piena”, mentre per i nuovi sposi, ha concluso, siano “l’occasione per vivere ancor più la vostra vocazione speciale con un cuore solo ed un’anima sola”.

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    Il Papa benedice la statua di Santa Raffaella Maria Porras y Ayllon

    ◊   Questa mattina, poco prima dell’udienza generale, il Papa ha benedetto la statua di Santa Raffaella Maria Porras y Ayllon, fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù. La statua in marmo, alta oltre 5 metri, e opera dello scultore cordobese Marco Augusto Dueñas, è stata posta in una delle nicchie esterne della Basilica Vaticana, all’altezza delle fondamenta. Al termine della cerimonia, Davide Dionisi ha incontrato la superiora generale delle Ancelle, suor Immaculada Fukasawa, alla quale ha chiesto di ricostruire le tappe più importanti della vita della Santa spagnola e di spiegare il carisma della Congregazione:

    R. – Santa Raffaella Maria è nata a Madrid, in Spagna, ed ha fondato nel 1877 il nostro Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù. In quel momento aveva ben compreso che il più grande servizio che avrebbe potuto presentare alla Chiesa sarebbe stato quello di offrire nelle nostre Chiese spazi di adorazione, affinché tutti potessero riconoscerlo ed amarlo, rispondendo così alle necessità sociali più urgenti dell’epoca e prima fra tutte l’educazione della donna e in particolare della donna povera. Ebbe inizio così il lavoro apostolico della nostra Congregazione: l’adorazione e l’educazione evangelizzatrice.

    D. – Il vostro Istituto attualmente è esteso in 25 Paesi d’Europa, dell’America del Nord e del Sud, dell’Africa e dell’Asia. Vuole un po’ spiegare il vostro carisma?

    R. – Il culto di adorazione alla presenza di Cristo nell’Eucaristia è al centro della vita di ogni suora. L’adorazione del Santissimo è pubblica, ovunque si trovi una nostra comunità. Realizziamo la nostra educazione evangelizzatrice attraverso centri di insegnamento a tutti i livelli - dalla scuola materna agli istituti universitari – con una educazione non formalizzata, attraverso la pastorale sociale nelle case della spiritualità, nella collaborazione parrocchiale, nelle residenze universitarie, ma sempre impegnate nella formazione umana integrale.

     
    D. – Con una particolare attenzione ai poveri...

    R. – L’opzione per i poveri, vissuta concretamente dalla nostra fondatrice fin dall’inizio, ci spinge a cercare nuovi campi di evangelizzazione secondo le necessità più urgenti. In questi ultimi anni siamo presenti anche a Cuba, Timor Est e Vietnam. In qualsiasi ambiente sociale noi lavoriamo, ci facciamo sempre solidali con chi è più sofferente. E questo coerentemente al nostro carisma eucaristico riparatore che ci porta a lavorare affinché nessuno resti escluso per la mancanza del necessario e affinché il messaggio evangelico possa giungere a chiunque cerca il senso profondo della sua vita.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nova Friburgo (Brasile), presentata da mons. Rafael Llano Cifuentes, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Edney Gouvêa Mattoso, finora vescovo titolare di Tunnuna e ausiliare di São Sebastião do Rio de Janeiro. Mons. Edney Gouvêa Mattoso è nato il 2 febbraio 1957 a Rio de Janeiro, nell’omonima arcidiocesi. Il 29 agosto 1987 è stato ordinato sacerdote. Il 12 gennaio 2005 è stato nominato vescovo titolare di Tunnuna e ausiliare di Rio de Janeiro ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 12 marzo successivo.

    Il Santo Padre ha eretto il nuovo vicariato apostolico di Hosanna (Etiopia), con territorio distaccato dall’attuale vicariato apostolico di Soddo-Hosanna, e ha nominato primo vicario apostolico di Hosanna il rev. Woldeghiorghis Mathewos, padre spirituale del Seminario Maggiore di Soddo-Hosanna ad Addis Abeba, assegnandogli la sede titolare vescovile di Turuda. Il rev. Woldeghiorghis Mathewos è nato nel 1942 a Wassera, nella regione Kambatta del vicariato apostolico di Soddo-Hosanna. È stato ordinato sacerdote il 4 maggio 1969 ad Hosanna, primo sacerdote nativo del vicariato apostolico di Soddo-Hosanna. Il vicariato apostolico di Hosanna, affidato ai Frati Minori Cappuccini, conta 135 mila cattolici, 20 parrocchie, 28 preti diocesani, 7 preti religiosi, 14 fratelli religiosi, 37 religiose, 20 seminaristi e 160 catechisti. Deve ancora essere costruita la principale chiesa del vicariato, che in futuro dovrebbe fungere da Cattedrale. Per ora il nuovo vicario potrà utilizzare una piccola chiesa parrocchiale situata nei dintorni dello stesso pre-seminario, oppure la grande chiesa, costruita recentemente dai Monaci Cistercensi di Casamari ad Hosanna, nella quale però la liturgia è solitamente celebrata secondo il rito orientale. Patrono del nuovo vicariato è San Giuseppe, con sede ad Hosanna.

    Il Santo Padre ha dato il Suo assenso alla dichiarazione di impedimento della Sede eparchiale di Stryj degli Ucraini (Ucraina), canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Cattolica-Ucraina, a causa delle condizioni di salute di mons. Julian Gbur, S.V.D., in conformità al Can. 233 § 1 del CCEO. Il Papa, accogliendo la proposta del medesimo Sinodo, ha nominato amministratore apostolico ad nutum Sanctae Sedis della Sede impedita di Stryj degli Ucraini (Ucraina) mons. Taras Senkiv, O.M., al presente vescovo titolare di Siccenna e ausiliare della medesima Circoscrizione Ecclesiastica. Mons. Taras Senkiv, è nato a Bilobozhytsia, eparchia di Ternopil-Zboriv degli Ucraini (Ucraina), il 3 luglio 1960. Ha frequentato il Seminario in clandestinità ed è stato ordinato sacerdote il 28 maggio 1982. Il primo ottobre 2006 ha emesso i voti perpetui nell’Ordine dei Minimi di S. Francesco di Paola. Il 22 maggio 2008 è stato eletto vescovo titolare di Siccenna e ausiliare di Stryj degli Ucraini (Ucraina), e consacrato il 20 luglio successivo.

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    Il cardinale Sandri alla Roaco: l'Eritrea si apra al mondo!

    ◊   Si è conclusa oggi in Vaticano l’assemblea della Roaco, l’organismo che coordina le opere in aiuto alle Chiese Orientali. Al centro dell’appuntamento, tra i vari temi, la situazione dei cristiani in Eritrea: un Paese molto provato, come ha detto - al microfono di Romilda Ferrauto - il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e presidente della Roaco:

    R. – La Congregazione voleva sottoporre all’attenzione di tutti i membri della Roaco la situazione di quel Paese, molto provato dal punto di vista economico, sociale con grandissima povertà, con tanta sofferenza anche dal punto di vista politico e sociale, perché di per sé c’è una grande mancanza di tutto quello che si riferisce ai diritti umani, alla dignità umana, alle libertà individuali. Il Paese è dominato da questa prospettiva militare di una possibile guerra e quindi tutti sono sottoposti ai condizionamenti della guerra. Per esempio, i nostri cristiani, i nostri seminaristi, i nostri sacerdoti non possono partire – gli uomini – prima dei 48-50 anni: immagini, per farli studiare qui, a Roma, o in altre parti.

     
    D. – Dunque avete difficoltà perfino per venire loro in aiuto, per farli studiare all’estero, per la formazione nei seminari?

     
    R. – Esattamente. Tutto il condizionamento della vita politica e sociale influisce anche sulla vita della Chiesa. Evidentemente, per poter portare avanti l’educazione, l’assistenza sanitaria, tutte le opere della Chiesa c’è bisogno di poter avere anche aiuto esterno. Quindi, possiamo dire che vogliamo che il mondo, che le autorità internazionali abbiano un’attenzione speciale nei riguardi di questo Paese in modo da aiutarlo a risolvere i conflitti in sospeso che pesano su questo Paese, soprattutto quello con l’Etiopia, affinché non ci sia più lo spauracchio della guerra che domina tutta l’attività interna del Paese. E poi, che tutte le agenzie cattoliche internazionali possano portare il loro aiuto a questi nostri fratelli che vivono in una povertà estrema e nella sofferenza.

     
    D. – Avete la sensazione, quindi, che questa situazione non sia abbastanza conosciuta, non sia presa sufficientemente sul serio dalla comunità internazionale?

     
    R. – Ripeto le parole che ha detto il nunzio apostolico, che ci ha riferito le sue impressioni su questo Paese: “Sono sorpreso che l’Eritrea sia portata proprio al centro dell’attenzione della vostra riunione, perché - benché ci siano anche delle sanzioni delle Nazioni Unite contro l’Eritrea, per il sostegno dato alle bande armate che operano in Somalia - non c’è un’attenzione continua per aiutare questo Paese ad uscire dalla situazione in cui si trova dal punto di vista sociale, politico, economico e alla sofferenza della gente. Qui stiamo parlando di uno dei Paesi più poveri del mondo, e le vittime – i bambini, le donne, quelli che soffrono di più – hanno bisogno dell’aiuto dall’estero!

     
    D. – Ma qualcosa si può fare?

     
    R. – Qualcosa si può fare, e soprattutto speriamo bene che si possa raggiungere la pace, che è alla base di tutta l’attività sia della società civile, sia della Chiesa. Noi aiutiamo i nostri tre eparchi, cerchiamo di dare loro tutto l’aiuto per le opere educative, per le opere assistenziali, per le cliniche, per i seminari, per la formazione dei giovani … Però, ripeto, sono sempre un aiuto ed una vicinanza molto condizionati da questa situazione. Speriamo che il Signore con la sua grazia possa illuminare anche le menti dei governanti perché si aprano al mondo. Ricordo sempre le parole di Giovanni Paolo II durante la sua visita a Cuba, e le applico – con le dovute proporzioni – alla situazione dell’Eritrea: “Eritrea, apriti al mondo!”.

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    Impegno comune di ebrei e cattolici in difesa del Creato

    ◊   L’impegno comune di cattolici ed ebrei in difesa del Creato, secondo gli insegnamenti della Bibbia, è stato ribadito dal comunicato finale della Commissione per il Dialogo ebraico-cattolico, pubblicato oggi a conclusione del suo nono incontro, svoltosi in questi giorni a Roma sul tema dell’ambiente. La nota congiunta, dopo aver ricordato l’evento storico della visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, ha sottolineato l’urgenza di “riconoscere la dimensione trascendente della Creazione”, elemento “fondamentale per garantire uno sviluppo sostenibile e un progresso eticamente responsabile”. Il comunicato sottolinea che l’attuale grave crisi ecologica è “il prodotto di uno sfruttamento tecnologico e materiale sfrenato”; ribadisce i limiti del potere della scienza e della sua pretesa di assolutezza, affermando che “non tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente accettabile”: la mancanza di questa coscienza conduce a “conseguenze distruttive per l’umanità e l’ambiente”. In contrasto con certi movimenti ambientalisti laici si ribadisce che Dio pone l’uomo al vertice del Creato affidandogli il compito di custodirlo in una dimensione di rispetto e di solidarietà verso i poveri e i deboli. La Commissione esorta infine gli Stati ad agire in stretta collaborazione con i leader religiosi per promuovere “un’autentica etica ambientale”, “condizione essenziale per la pace nel mondo”.

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    Benedetto XVI incontrerà i vescovi irlandesi il 15 e 16 febbraio

    ◊   I vescovi irlandesi compiranno una visita in Vaticano il 15 e 16 febbraio prossimi per un nuovo incontro col Papa dopo quello dell’11 dicembre scorso: è quanto ha reso noto il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, confermando le notizie diffuse questa mattina da alcune agenzie di Stampa. Al centro della visita, la questione degli abusi sui minori perpetrati da parte di membri del clero irlandese.

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    Messaggio del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace per la Giornata d’intercessione per la Terra Santa

    ◊   “L’autentica pace non è solo frutto del nostro impegno. Essa è un dono di Dio, è frutto della fede in Dio. Ecco, allora, la speciale importanza della Giornata internazionale di intercessione della pace per incontrarsi e fissare insieme lo sguardo su Gesù Cristo! Voi giovani offrite una testimonianza e un servizio all’umanità intera… Non temete! Guardate con speranza all’Uomo Nuovo, al futuro, poiché proprio voi giovani siete la speranza per un futuro di giustizia e di pace!” Sono le parole del messaggio che il segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, mons. Mario Toso, ha inviato agli organizzatori e ai partecipanti alla Seconda Giornata Internazionale di Intercessione della Pace in Terra Santa, che si svolgerà il 31 gennaio. Lo rende noto l’Agenzia Fides. Il testo rileva che “il mondo è purtroppo segnato da ingiustizie e conflitti, da sentimenti di odio e violenza che turbano l’esistenza della famiglia umana e che non possono lasciare indifferenti”, perché “tutti, e noi cristiani per primi, siamo chiamati ad essere operatori di pace”, questa infatti “è la vocazione dei cristiani”. Anche se “la situazione che vive oggi il mondo potrebbe sembrare un monte insormontabile”, ai giovani è rivolto l’invito a non scoraggiarsi, ad avere fede e a “perseverate nella preghiera per la pace”. La II Giornata Internazionale di intercessione per la pace in Terra Santa si celebrerà in 1.000 città di tutto il mondo domenica 31 gennaio 2010. Celebrazioni eucaristiche ed adorazioni in tutto il mondo scandiranno le 24 ore ininterrotte di preghiera per la pace in Terrasanta. Le più importanti città del mondo, da Gerusalemme a Roma, passando per Mosca, Londra, Parigi, New York, Betlemme e Gaza, ma anche molti paesi in Asia, in Africa ed in America Latina hanno aderito all'iniziativa dei 'giovani della pace' promossa dall'Apostolato 'Giovani per la vita' che ha sede centrale in Gerusalemme, dall'Associazione Nazionale Papaboys e dal network mondiale delle Cappelle di Adorazione Eucaristica.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Malafede e disinformazione; quando i capri espiatori si chiamano Pio e Benedetto: in prima pagina, Bernard-Henri Lévy dopo l'incontro del Papa con la comunità ebraica di Roma.

    Progressi reali e nuovi problemi nel cammino dell'ecumenismo: all'udienza generale il Papa ricorda che l'unità dei cristiani è frutto di azione divina e responsabilità umana.

    Nell'informazione vaticana, la Messa celebrata dall'arcivescovo Dominique Mamberti in segno di solidarietà per le vittime del terremoto ad Haiti.

    La ripresa c'è ma non si vede: in rilievo, nell'informazione internazionale, le stime della Banca mondiale che prevedono una crescita dell'economia mondiale ma che, nello stesso tempo, segnalano il permanere di rischi per i Paesi più sviluppati.

    In cultura, un articolo di Fabrizio Bisconti dal titolo "Agnese e la rabbia del tiranno": la data della sua deposizione (21 gennaio) entrò nel calendario della Chiesa romana già nel 336.

    Quel fagiolo nelle Stanze di Raffaello: Maurizio De Luca sulla vita quotidiana di un restauratore.

    La casa dei dogi ritrova i suoi colori: i restauri di Palazzo Ducale a Venezia.

    E in Sistina ho rischiato una figuraccia: Silvia Guidi intervista Roberto Vecchioni a due mesi dall'incontro del Papa con gli artisti.

    Case a basso costo ma ad alto tasso di intelligenza: Paolo Giovannelli sull'architettura frugale.

    Un libro magnifico: Giulia Galeotti recensisce "La storia di una famiglia veneziana" di Melania Mazzucco.

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    Oggi in Primo Piano



    Panico ad Haiti per una nuova scossa. Salvata una neonata dalle macerie

    ◊   Una nuova scossa di 6.1 gradi sulla scala Richter ha colpito Haiti, stamani, alle 6.00 locali, mezzogiorno in Italia. L’epicentro è stato localizzato a 22 km di profondità, a 56 km da Port-au-Prince. La nuova scossa ha fatto crollare alcuni palazzi già danneggiati. Nel Paese si continua scavare. Tra quanti sono stati estratti vivi c’è anche una neonata di 15 giorni, trovata nello stesso letto in cui dormiva il pomeriggio del 12 gennaio, il giorno della prima, drammatica scossa. Ma il bilancio delle vittime continua ad aggravarsi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

     
    Il governo di Haiti ha fornito nuovi dati, ancora provvisori: i morti sono almeno 75 mila, i feriti oltre 250 mila e più di un milione i senzatetto. Si continua a scavare tra le macerie nella speranza di trovare qualcuno ancora in vita. Fino ad oggi sono state salvate almeno 121 persone. La macchina degli aiuti e dei soccorsi continua ad operare tra enormi difficoltà. Ammonta finora a più di un miliardo e 200 milioni di dollari la somma raccolta dalla comunità internazionale per far fronte all’emergenza. Il presidente di Haiti, René Preval, ha dichiarato che gli aiuti umanitari sono arrivati “molto in fretta” e in misura “sempre crescente”, ma la difficoltà nel coordinamento continua ad ostacolare i soccorsi. L’aeroporto, in particolare, è congestionato. L’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere denuncia che molti feriti “stanno morendo a causa dei ritardi nell’arrivo delle forniture sanitarie”. Per aggirare lo stallo dell’aeroporto di Port-au-Prince, inadeguato per l’ingente numero di voli di questi giorni, l’esercito degli Stati Uniti ha paracadutato in poche ore circa 14.000 razioni di cibo e 13.000 litri d’acqua. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha votato infine a favore dell’invio di altri 3500 caschi blu. I militari avranno il compito di mantenere l’ordine e di proteggere i convogli umanitari da atti di sciacallaggio.

    Sulla situazione ad Haiti ascoltiamo il presidente della Conferenza episcopale del Paese, mons. Louis Kebreau, intervistato da Bernard Decottignies:

    R. – C’est l’hécatombe et c’est l’apocalypse. …
    E’ un’ecatombe, è l’apocalisse. Questo terremoto ha distrutto un Paese. Psicosi e terrore sono ovunque. Alla minima scossa la gente inizia a fuggire e ad urlare, nel panico, senza sapere dove andare. Governo, uffici e ministeri … tutto è fermo, non funziona niente. La comunità internazionale fa quello che può per aiutare; non c’è acqua, non c’è cibo … in tanti cercano di lasciare Port-au-Prince. Chi non ha una fede veramente solida difficilmente riesce a ricominciare da capo, a ritrovare la fiducia e a riprendere la via della speranza. Noi facciamo quello che possiamo per far rinascere proprio la speranza, nell’amore e per gestire questa situazione.

     
    Per un medico aiutare i feriti significa essere quotidianamente a contatto con storie segnate dalla sofferenza e dalla morte. Spesso si devono compiere scelte dolorose e dare la precedenza nelle operazioni a chi ha maggiori aspettative di vita. E’ la drammatica testimonianza dell’anestesista Thomas Pellis, che lavora come volontario della Fondazione Francesca Rava nell’ospedale pediatrico di Saint Damien. Luca Collodi lo ha raggiunto telefonicamente a Port-au-Prince:

    R. – Rimane una situazione agghiacciante, alla quale si fa fatica ad abituarsi. All’interno dell’ospedale si sente l’odore della sofferenza perché ci sono persone che hanno arti schiacciati. L’odore della morte, pur essendoci dei vivi, è pregnante. Stiamo cercando di dare la precedenza a chi ha maggiori aspettative di vita. Non ce la facciamo ad operare più di un certo numero di pazienti. Purtroppo dobbiamo scegliere noi a chi dare la priorità. Questo non è facile, anche perché all’inizio avevamo finito molto rapidamente le nostre scorte di morfina.

     
    D. – Voi state assistendo bambini, adulti, anziani...

     
    R. – Anche donne incinte… di qualsiasi età. Abbiamo amputato un arto ad una bambina di due anni ed una doppia amputazione ad una bambina di forse tre anni; abbiamo amputato una donna incinta che si è ripresa molto bene; sta bene anche il suo bimbo. Stiamo operando ogni fascia di età. Avendo poche ore per salvare la vita a quelle persone che avevano un arto gravemente infetto, mi sono concentrato soltanto su quello. Per quanto riguarda la chirurgia, dopo aver ristabilito alcune esigenze primarie tra cui acqua, elettricità e la fornitura di gasolio per i gruppi di continuità e aver rese di nuovo operative le sale operatorie, ora la difficoltà sta nel coordinare in modo efficace l’arrivo degli aiuti più necessari. Si devono evitare iniziative individuali, perché se non si è parte della soluzione si diventa parte del problema. Gli aiuti devono essere distribuiti in modo organico: se non vengono incanalati bene, dobbiamo andare anche a recuperarli in aeroporto o gestire il loro arrivo. Questo ci toglie energie e ci distoglie da quello che stiamo cercando di fare. Ci sarà bisogno di impegnarsi anche nel futuro perché questo è soltanto il primo passaggio. Ci vorrà la riabilitazione, servirà aver cuore anche dopo per questo Paese disastrato.

     
    La devastazione del terremoto si riflette anche negli occhi e nelle menti di migliaia di bambini, piccoli testimoni di una tragedia che può lasciare traumi indelebili. Ai bambini si devono per questo assicurare non solo beni di prima necessità, ma anche sostegno psicologico e spirituale. E’ quanto sottolinea al microfono di Luca Collodi il vicepresidente della Pontificia Commissione per l'America Latina, mons. Josè Octavio Ruiz Arena:

    R. – Si tratta di una situazione tremenda, non soltanto per la distruzione degli edifici, dei palazzi, dei seminari, della cattedrale e di tante altre opere, ma per la sofferenza della gente e soprattutto dei bambini. Certamente in un numero così elevato di persone che hanno trovato la morte, i bambini sono quelli che più soffrono. Soffrono perché non sanno in questo momento dove andare. Si tratta soprattutto di vedere come dare a questi bambini un aiuto valido per aiutarli a sopravvivere, non soltanto per la mancanza di cibo, di acqua e così via. Si deve assicurare anche un aiuto spirituale, psicologico di cui hanno tanto bisogno.

     
    D. – Questo terremoto ha creato molti orfani...

     
    R. – Sono tantissimi. E’ la più grossa preoccupazione consiste nel capire come aiutare questi piccoli bambini che percorrono le strade e osservano questa tragedia. Speriamo che si cominci a trovare una soluzione, a portarli dove possano ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno e a portarli anche in altre nazioni, cercando delle persone che possano prenderli subito.

     
    D. – Qualcuno propone una grande campagna di adozione internazionale. E’ giusto estirpare questi bambini da Haiti, un Paese che ha bisogno di una ricostruzione non soltanto materiale ma anche culturale?

     
    R. – Si deve cercare una soluzione transitoria mentre si studia come poter legalizzare questa situazione. Magari tra alcuni mesi si potrà farli ritornare in modo tale che trovino una struttura che li possa accogliere. La cosa importante è non lasciarli soli, per le strade, senza nessun aiuto, senza cibo e acqua.

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    Tanti haitiani alla Messa di mons. Mamberti a Roma

    ◊   “Il mondo è una grande famiglia, il dolore e le sofferenze di uno sono il dolore e le sofferenze di tutti”. Così mons. Dominique Mambertì, segretario per i Rapporti con gli Stati, nella sua omelia durante la Messa in segno di solidarietà con la popolazione haitinana, celebrata ieri nella chiesa romana di Sant’Alfonso, nel Santuario del Perpetuo Soccorso. Tanti gli haitiani uniti nel dolore, partecipi di un’iniziativa nata dall’Ambasciata di Haiti, alla quale si unirà anche quella della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede, che ha voluto per domani una Messa in memoria delle vittime del sisma. Il servizio è di Linda Giannattasio:

    “L’espressione più sublime della fraternità è la preghiera": con queste parole, pronunciate durante la sua omelia, mons. Mambertì ha voluto esprimere il senso più profondo di una celebrazione fondata sulla solidarietà e sulla fratellanza verso tutti coloro che ad Haiti stanno soffrendo, ma anche in memoria di chi non ce l’ha fatta. Un momento di comunione e di preghiera, voluto dall’Ambasciata di Haiti presso la Santa Sede, che ha chiesto alla Comunità internazionale di non abbandonare l’isola, perché la ricostruzione non sarà veloce né facile. Una celebrazione proprio nel Santuario del Perpetuo Soccorso, il luogo di riferimento per la comunità haitiana a Roma, una comunità forte unita nella fede e ora stretta nella sofferenza. In tanti hanno voluto esserci, uomini e donne di quell’isola lontana, che con la loro presenza hanno testimoniato il dolore per i propri fratelli in difficoltà. Ascoltiamo le loro testimonianze:

     
    “La mia famiglia è lì ad Haiti e sono tutti salvi per miracolo. Tutti sono ora in mezzo ad un campo, dormono sull’erba. Non hanno niente per vivere: non c’è cibo, non c’è acqua. Sono tutti lì e da quattro giorni non riesco più a rintracciare nessuno.

     
    “Io ho perso mio nipote di otto anni. Ho due sorelle che sono a Port-au-Prince. Sono riuscita a parlare con loro, ma la situazione è molto difficile. Non hanno ancora ricevuto alcun soccorso. Stanno vivendo fuori casa”.

     
    “Siamo qui in preghiera per tutti i nostri cari. Io ho perso mia sorella e a questo punto credo anche mio zio, perché mi hanno detto che finora non lo hanno trovato. Sono momenti difficili e noi – anche se a distanza – siamo uniti con loro in preghiera affinché Dio ci aiuti in questo momento per poterci rimettere in piedi”.

     
    Un messaggio di speranza ha accompagnato, dunque, l’intera celebrazione, attraverso quella forza silenziosa e potente che è la preghiera, come spiega al termine della Messa mons. Dominique Mamberti:

     
    “Siamo in questo Santuario, che è la chiesa dove si radunano gli haitiani, per esprimere la preghiera, che è l’espressione della fratellanza dei cristiani di tutto il mondo e più generalmente di tutti gli uomini verso i loro fratelli in Haiti. Fratelli in umanità, fratelli nella fede. La preghiera è una grande forza, anche se non sempre si vede. Sono sicuro che questa nostra preghiera sarà di conforto per i nostri fratelli in Haiti”.

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    Progetto culturale: nuovo volume sulla sfida educativa

    ◊   Un’alleanza per l’educazione che coinvolga il maggior numero possibile di interlocutori. Scuola, famiglia, Chiesa e istituzioni. È l’idea lanciata in occasione della presentazione, a Montecitorio, del libro “La sfida educativa. Rapporto – proposta sull’educazione”, curato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale italiana. Una sinergia che ha ottenuto l’adesione convinta del presidente della Camera, Gianfranco Fini e del cardinale Camillo Ruini. Il servizio di Roberta Rizzo:

    In Italia esiste un’emergenza educazione che riguarda l’intera società. E’ quanto emerge dal rapporto-proposta sul tema curato dalla Conferenza episcopale italiana. Preoccupa la perdita di riferimenti culturali, il deficit di insegnamenti morali e di coerenza, che investe soprattutto le giovani generazioni. Il cardinale Camillo Ruini:

    “L’educazione, fenomeno antichissimo e notissimo, sembra diventata adesso, per certi aspetti, un territorio quasi sconosciuto. Difficoltà provano i vari soggetti, che devono educare - dagli insegnanti ai genitori – ma si sente anche, sia in loro che nei ragazzi stessi, nei giovani, un forte bisogno di educazione".

     
    Secondo il cardinale Ruini non bisogna cedere al pessimismo e all’egemonia di modelli educativi che si fondano sul relativismo e sul nichilismo, tendenze culturali odierne in contrasto con i bisogni fondamentali dell’uomo. Ma in cosa consiste oggi l’emergenze educativa, ce lo spiega il linguista Tullio De Mauro:

     
    “Abbiamo un disorientamento, che percorre le generazioni. Nei ragazzi e nei giovani è più evidente, ma colpisce tutta la società, coinvolge tutta la società adulta. Viene, in definitiva, dalla società adulta il disorientamento delle generazioni più giovani. E’ cambiata a tutti i livelli la capacità di formazione ed educazione, che le famiglie davano un tempo, e che oggi stentano a dare. Quindi, queste ragazze e questi ragazzi trovano solo nella scuola, se gliela dà, un’agenzia, come si dice, di socializzazione e di cultura".

    Il rapporto della Cei analizza la situazione italiana sotto un approccio globale, chiamando in causa le agenzie formative classiche – la famiglia, la scuola, la Chiesa – ma anche ambiti e contesti di vita e di cultura diversi: dal lavoro all’impresa, dai media allo spettacolo, allo sport. La sfida è a non rassegnarsi e a superare le contingenze e gli interessi del momento, attraverso un’alleanza educativa, in grado di coinvolgere il maggior numero di interlocutori, dalla classe dirigente agli educatori stessi.

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    Chiesa e Società



    Haiti. Chiesa in aiuto delle vittime. Sabato i funerali dell’arcivescovo di Port-au-Prince

    ◊   La Chiesa di Haiti protesa nell’aiuto ai terremotati: "tutti i vescovi sono al lavoro nelle rispettive diocesi adoperandosi, attraverso le pastorali sociali, per il sostegno a tutti coloro che ne avranno bisogno”, riferisce all’agenzia Misna mons. Guire Poulard vescovo di Les Cayes, circa 200 chilometri da Port-au-Prince, meno colpita dal sisma rispetto alla capitale e ad altre vicine località. Intanto prosegue il conto delle vittime tra il personale ecclesiastico. Secondo la Confederazione latinomericana e dei Caraibi dei religiosi e religiose (Clar) sono oltre cento i religiosi e religiosi morti o dispersi. Tra questi vittima emblematica mons. Serge Miot, arcivescovo di Port au Prince, i cui funerali saranno celebrati sabato prossimo 23 gennaio. E mentre si rinnovano gli appelli alla solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), e così anche di tutte le congregazioni presenti ad Haiti, che hanno avuto vittime e danni materiali, sono arrivati nella capitale i primi aiuti della rete internazionale della Caritas, coperte, tende, acqua, cibo e prodotti per l’igiene e sono attese sei cliniche mobili. Mons. Pierre Dumas, presidente di Caritas Haiti e vescovo di Anse-à-veaux-Miragoâne, in lutto per la morte di una nipotina e del cognato, sottolinea: "Tutti coloro che sono morti non meritavano di andarsene così presto. Per coloro di noi che sono rimasti, in questo momento c’è molto dolore, ma credo che la nostra carità e il modo in cui viviamo questa crisi ci aiuterà a crescere in umanità. Ora dobbiamo ricostruire e abbiamo l’opportunità di costruire un Haiti migliore, in cui la persona sia al centro di tutto". Una solidarietà che non deve dimenticare i centri minori colpiti dal terremoto e che a stento stanno ricevendo in queste ore i primissimi aiuti, come Léogâne distrutta al 90%, Gressier, Petit Goâve e Grand Goâve. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Giappone: Maria Voce, presidente dei Focolari, parla a 3mila buddisti

    ◊   Sullo sfondo di un’effige del Buddha alta 30 metri, nella grande Aula sacra dell’associazione buddista Rissho Kosei-kai a Tokyo, davanti ad oltre 3 mila aderenti, una donna cristiana Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, ha preso la parola ed ha ripercorso con “grande commozione” le tappe di una “legame fraterno ormai trentennale, fra Nikkyo Niwano e Chiara Lubich”. E’ stato questo il momento culmine del viaggio che la presidente del Movimento dei Focolari, insieme al co-presidente Giancarlo Faletti, hanno compiuto in Giappone nell’ambito di un viaggio in Asia di due mesi. Ora – si legge in un comunicato dei Focolari diffuso oggi e ripreso dall'agenzia Sir - i due dirigenti si trovano a Manila, nelle Filippine. “Pur nella grande diversità – ha affermato Maria Voce parlando il 15 gennaio scorso ai buddisti della Rkk - molti sono i punti in comune” tra i due movimenti che proprio per questo possono diventare “ponti dal mondo buddista a quello cristiano e viceversa”. Voce ha poi ricordato la passione del loro fondatore, Nikkyo Niwano, a “lavorare insieme per rendere la famiglia umana più unita con l’amore e la compassione”. Ed ha concluso: “La salvezza del mondo di domani dipende da persone che vi portano una corrente d’amore universale. Un cammino comune già avviato, che ci porta ad una continua conversione del cuore”. Christina Lee, co-responsabile del Centro del dialogo interreligioso dei Focolari, appena rientrata da Tokyo, ha commentato: “Quello che stiamo vivendo non è tanto un dialogo, ma una comunione profonda come in una famiglia. E’ un camminare insieme accompagnando gli uni gli altri verso l’Amore, verso la meta che Dio ha stabilito. Vogliamo si allarghi sempre più questa “famiglia”, per portare questo modello al mondo così segnato da conflitti spesso provocati dalle differenze di cultura e religione”. Tra gli sviluppi di questo dialogo, i Focolari sottolineano la promozione di Simposi internazionali buddista-cristiano, promossi dal 2002 “per far crescere la conoscenza reciproca anche dal punto di vista culturale”. Giunto alla IV edizione, il prossimo si svolgerà in Thailandia, dal 1° al 5 febbraio. Maria Voce interverrà sul tema: “Dharma e compassione buddista - Agape cristiana, nel mondo contemporaneo”. Sempre in Thailandia, a Chiang Mai, il 5 febbraio incontrerà il Gran Maestro Ajahn Thong e parlerà ai giovani monaci buddisti dell’Università Mahachulalongkorn. (R.P.)

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    La Chiesa pakistana al governo: no alla religione in politica, come in Bangladesh

    ◊   No all’uso e all’abuso della religione in politica, che è causa di tanti mali del Paese, ed è un fatto che genera equivoci e discriminazioni verso le minoranze religiose: è la richiesta inoltrata dalla Chiesa cattolica pakistana al governo di Islamabad. Il presidente della Conferenza episcopale mons Lawrence Saldanha, - secondo fonti dell’agenzia Fides - ha firmato un documento inviato all’esecutivo pakistano, in cui si invita il governo a compiere “passi avanti verso la riforma della Costituzione e del sistema giuridico”, affrontando anche la delicata questione della presenza della religione nella sfera politica. Il documento è stato stilato dalla Commissione “Giustizia e Pace”, che da anni conduce una campagna contro l’uso politico della religione, che ha portato alla “legge sulla blasfemia” e alla legge elettorale, che suddivide gli elettori secondo il credo religioso. Nel documento, mons. Saldanha afferma che “l’estremismo crescente nel Paese è uno dei punti chiave per l’abuso della religione nella politica. La religione, infatti, rappresenta il pretesto principale – osserva il presule - in mano ai ‘partiti religiosi’” che giocano un ruolo fondamentale”. La Chiesa pakistana fa riferimento a quanto è accaduto di recente nel vicino Bangladesh dove un verdetto dell’Alta Corte ha stabilito che sulla scena politica non sono più ammessi partiti che fanno esplicito riferimento alla religione. “Il Pakistan dovrebbe prendere esempio dal Bangladesh e imparare la lezione”, sottolinea il documento. “Gli affari dello Stato e la politica devono essere trattati in modo indipendente, e non sotto la bandiera di un qualsiasi credo religioso”. “Un sistema politico condizionato dalla religione discrimina le minoranze e i loro diritti” - annota ancora il testo - mentre la Costituzione non può essere un documento “custode di una fede”, come avviene nella Carta fondamentale pakistana. La Costituzione, che già all’articolo 2 proclama l’islam “religione di Stato”, è stata modificata nel 1985 da “forze non democratiche” con l’aggiunta della cosiddetta “Objecive Resolution”, un allegato che ha creato un forte sbilanciamento in favore della religione islamica nel testo della Carta. In questa convinta campagna sull’indipendenza fra politica e religione, la Chiesa cerca il consenso delle altre comunità religiose di minoranza, e della società civile, anche nei suoi segmenti musulmani. Il fine è rilanciare pubblicamente queste argomentazioni, chiedendo al governo una riforma costituzionale e l’abolizione di tutte quelle leggi che creano nella cittadinanza pakistana una discriminazione su base religiosa. (R.G.)

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    Mons. Sleiman: rompere il silenzio che circonda le uccisioni dei cristiani in Iraq

    ◊   “Rompiamo il muro di silenzio che avvolge le uccisioni dei cristiani a Mosul ed in Iraq”. E’ l’appello lanciato dall’arcivescovo di Baghdad dei latini, mons. Jean B. Sleiman, dopo gli ultimi assassini, tra domenica e lunedì, di due cristiani a Mosul. “I cristiani sono assassinati a Mosul e lo Stato non fa niente – dice all'agenzia Sir l’arcivescovo - le forze dell’ordine in servizio nei luoghi degli attacchi e degli eccidi non vedono, non sentono, non parlano”. Una cortina di silenzio, secondo mons. Sleiman, alimentata anche dai media: “fatta una o due eccezioni, i mezzi di comunicazione sono pesantemente taciturni su questi assassini”. La paura torna tra i cristiani che riprendono la loro fuga dal Paese: “un nuovo esodo sta per incominciare. Ancora una volta dei cristiani sono sacrificati sull’altare delle politiche radicali di questo Paese”. Dal 7 dicembre 2009 ad oggi a Mosul si sono registrati attacchi a diverse chiese, una studentessa cristiana è stata rapita, gli omicidi sono stati circa dieci, una bomba ha distrutto un bus che trasportava a scuola studenti cristiani, senza contare le autobomba in diversi punti della città abitate da cristiani. (R.P.)

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    Malaysia: a Kuala Lumpur arrestati 8 giovani per l’attacco a una chiesa

    ◊   La polizia malaysiana ha arrestato otto giovani, sospettati di essere i responsabili dell’incendio di una chiesa nella capitale, la prima in una serie di attacchi contro luoghi di culto cristiano. Bakri Zinin, capo degli investigatori della polizia federale ha dichiarato che i giovani, dai 21 ai 26 anni, “sono sospettati di essere implicati nell’incendio criminale della chiesa Metro Tabernacle”. L’edifico, della comunità dell'Assemblea di Dio, si trova nella periferia di Kuala Lumpur. L’8 gennaio scorso - riferisce l'agenzia AsiaNews - alcune persone hanno lanciato oggetti incendiari e pietre creando gravi danni. Bakri Zinin ha anche dichiarato che l’inchiesta determinerà se gli stessi giovani sono legati anche agli altri attacchi. Nelle scorse settimane, dopo quello alla Metro Tabernacle, vi sono stati altri 10 attacchi contro chiese e luoghi di culto nella Malaysia. La serie di violenze sembra essersi scatenata dopo la decisione dell’Alta Corte di autorizzare i non musulmani ad usare la parola “Allah” per definire “Dio”, lo scorso 31 dicembre. Ciò ha provocato la collera di gruppi islamici locali che difendono un uso esclusivo della parola per l’islam, accusando le altre religioni (in particolare i cristiani) di voler fare sottile proselitismo. In realtà la parola “Allah” è usata comunemente dai cristiani in tutto il Medio Oriente e in Indonesia. In Malaysia vi sono prove dell’uso cristiano di questo termine fin dal XVII secolo. (R.P.)

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    Egitto: Mubarak invita alla concordia. Proteste nel mondo contro le persecuzioni dei copti

    ◊   Un appello alla concordia per evitare divisioni e discordie nel Paese. Lo ha lanciato il presidente egiziano Hosni Mubarak, come riferisce “L’Osservatore Romano”. “Siamo un solo popolo. Non siamo fanatici, siamo tutti figli di questa terra – ha dichiarato il presidente – e non c’è differenza tra musulmani, cristiani ed ebrei”. Le parole di Mubarak si riferiscono ai fatti del 7 gennaio scorso a Nagaa Hamadi, la città egiziana dove sono stati uccisi alcuni cristiani copti usciti dalla messa di Natale. Intanto, gli Stati Uniti hanno espresso profonda preoccupazione per gli arresti, in Egitto, di alcuni manifestanti che hanno espresso la loro solidarietà alla comunità copta. Washington ha lanciato un appello al Governo egiziano invitandolo a rispettare i diritti di tutti coloro che esprimono pacificamente le proprie opinioni politiche. Numerose manifestazioni in favore dei cristiani copti si sono svolte e si svolgeranno ancora in tutto il mondo. A Tampa, in Florida, il reverendo Moussa Saleh, della chiesa copta ortodossa, ha guidato la protesta contro la secolare persecuzione della comunità copta egiziana. “Chiediamo a gran voce alle autorità – ha affermato – di fermare ciò che sta succedendo ai cristiani in Egitto”. Dopo il tragico eccidio di Nagaa Hamadi, la polizia ha arrestato tre persone, ma secondo i copti del luogo i veri artefici del crimine resteranno impuniti o saranno condannati, come spesso accade, a pene lievi. Secondo il giornale “The Free Copts”, recentemente vi sono state numerose segnalazioni di decine di attacchi da parte di musulmani contro abitazioni ed attività commerciali di cristiani verificatisi anche in presenza delle forze dell’ordine. Per di più, autorevoli fonti riferiscono che decine di cristiani sono stati ingiustamente presi in custodia da parte del Governo nei giorni successivi all’attacco del 7 gennaio. (F.C.)

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    Vietnam: al via il processo contro quattro attivisti pro-diritti umani

    ◊   È iniziato oggi, nel tribunale popolare di Ho Chi Minh City, il processo a carico dell’avvocato cattolico Paul Le Cong Dinh e di altri tre attivisti per la democrazia. Gli imputati - riporta l'agenzia AsiaNews - sono accusati di sovversione e complotto volto a rovesciare il governo comunista. Essi rischiano una pena che varia da un minimo di 12 anni di galera alla pena di morte. Il processo intentato a carico degli attivisti vietnamiti ha suscitato sdegno all’estero. Gruppi pro diritti umani lo considerano un segno della crescente repressione dei movimenti democratici e di quanti si battono per la libertà di espressione. L’udienza dovrebbe durare due giorni. Da tempo il governo vietnamita non intentava un processo con l’accusa di sovversione, considerato uno dei reati più gravi dal regime comunista. I quattro imputati sono stati arrestati nel giugno scorso con un capo di imputazione meno grave: diffusione di propaganda antigovernativa. Tuttavia, all’inizio di dicembre il pubblico ministero ha aggravato la posizione degli arrestati con accuse più gravi. Paul Le Cong Dinh, avvocato vietnamita cattolico di 41 anni, ha più volte difeso attivisti per i diritti umani ed è autore di pubblicazioni che evidenziano i difetti del sistema economico, sociale e politico del suo Paese. Nel fascicolo depositato dal pm – riferisce l’agenzia governativa Vietnam News Agency (Vna) – si parla inoltre di “legami con gruppi reazionari ed elementi ostili in esilio” per formare “organizzazioni politiche reazionarie”. L’obiettivo sarebbe quello di “minare” la leadership politica attraverso una lotta “non-violenta”. Appare poco probabile che gli attivisti alla sbarra saranno condannati alla pena capitale. Tuttavia, essi rischiano di trascorrere diversi anni in prigione. (R.P.)

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    Cina: settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani nel ricordo dei terremotati haitiani

    ◊   Il mondo cattolico cinese, in comunione con la Chiesa universale e con Papa Benedetto XVI, partecipa alla Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani ricordando i terremotati haitani. Diversi siti diocesani del continente, secondo le informazioni dell'agenzia Fides, hanno pubblicato le preghiere per l'Ottavario e la storia della Settimana di preghiera. Inoltre, seguendo il tema proposto quest’anno - “Di questo voi siete testimoni”(Lc 24,48) – nelle intenzioni di preghiera delle diocesi di San Yuan e Gui Zhou, oltre a pregare per la conoscenza reciproca, il rispetto, il dialogo e la collaborazione tra i cristiani, è stata inserita una intenzione particolare per l’unità interna della Chiesa cinese e una per gli haitani colpiti pesantemente dal terribile terremoto. Una Veglia di preghiera ecumenica per gli haitani promossa dalla comunità cristiana di Hong Kong, si terrà il 25 gennaio, a chiusura della Settimana di preghiera. Secondo quanto riportato dall’annuncio congiunto delle comunità cristiane, in cui fa parte la Commissione Giustizia e Pace cattolica e la Commissione per la pastorale dei lavoratori, “tutti i cristiani e i cittadini sono invitati alla veglia per gli haitani” come segno di solidarietà sociale e comune testimonianza cristiana. Fin dal 16 gennaio la comunità cristiana ha cominciato il suo cammino ecumenico di preghiera per l’unità. Circa 500 fedeli di tutte le comunità cristiane presenti ad Hong Kong hanno preso parte alla preghiera svoltasi nella parrocchia cattolica di Sant'Andrea con la partecipazione di mons. John Tong, vescovo di Hong Kong. I giovani anglicani, cattolici, protestanti e ortodossi hanno condiviso la loro esperienza di unità cristiana che è stata un segno di pace per la società, soprattutto nei momenti di grandi crisi della natura o delle società. Nelle parrocchie cattoliche si pregherà in particolare per l’unità dei cristiani domenica 24 gennaio. (R.P.)

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    Colombia: manifestanti abbandonano le chiese occupate dopo l'accordo con il governo

    ◊   I quasi 300 lavoratori che avevano occupato la cattedrale primate e la chiesa del Voto Nacional di Bogotà per protestare contro la dichiarazione di emergenza sociale, hanno raggiunto un accordo con il governo nazionale. La notizia che arriva all'agenzia Fides da Radio Caracol della Colombia, afferma anche che la direzione dell’Associazione nazionale dei lavoratori ospedalieri della Colombia (Anthoc) è arrivata ad un accordo dopo un incontro con padre Dario Echeverry, Segretario della Commissione nazionale di riconciliazione. Essi avranno un dialogo con il ministero della Previdenza Sociale presso la chiesa del Voto Nacional, dove si discuteranno le loro richieste. Ieri il Presidente della Conferenza episcopale della Colombia (Cec), mons. Rubén Salazar Gómez avevo offerto, attraverso un comunicato, tutta la disponibilità della Chiesa cattolica a risolvere il problema del dialogo dinanzi a una situazione che coinvolge tutto il Paese. Nel comunicato mons. Salazar Gómez chiedeva per prima cosa di lasciare la Cattedrale e l’altra chiesa occupata, cosa che non aiutava a risolvere il problema direttamente. La “Emergencia Social” (misura presa dal governo) non considera la rete di servizio pubblico degli ospedali del Paese. Il comunicato ripropone le dichiarazioni del segretario generale della Anthoc, William Vanegas, secondo il quale dinanzi al deficit economico, alcuni ospedali hanno ritenuto necessario chiudere o ridurre il personale e i decreti andranno solo a pregiudicare la tasca dei colombiani, tenendo conto delle tasse aumentate per alcuni prodotti. (R.P.)

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    Usa: annuale Veglia di preghiera e Marcia per la vita promossa dai vescovi

    ◊   Il 22 gennaio 1973, quindi 37 anni fa, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America stabilì che l’aborto era un diritto garantito dalla Costituzione. Come negli anni passati, - riferisce l'agenzia Fides - il 21 e 22 gennaio migliaia di sostenitori della vita provenienti da tutti gli Stati Uniti d’America, si riuniranno nella capitale per esprimere ancora una volta la loro protesta sulla legalizzazione dell’aborto nel paese, con una Veglia di preghiera domani ed una Marcia per la vita venerdì. La Veglia di preghiera, promossa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti e dalla Basilica tempio nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington, avrà inizio alle ore 18,30 di domani e si concluderà alle ore 7,30 di venerdì. Sarà trasmessa in diretta dall’Eternal Word Television Network (Ewtn). Il cardinale Daniel DiNardo celebrerà la Santa Messa del pomeriggio, cui seguirà la recita del Rosario per la vita, momenti di preghiera in rito bizantino, l’adorazione eucaristica. L’arcivescovo Timothy Broglio presiederà la Messa del mattino. Il 22 gennaio la Marcia per la Vita si snoderà per la Constitution Avenue e si concluderà dinanzi alla Corte Suprema. Altri eventi sul tema della difesa della vita si svolgono in questi giorni nella capitale: Sante Messe, incontri di preghiera, manifestazioni e testimonianze. (R.P.)

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    Olimpiadi di Vancouver: la Chiesa promuove iniziative per atleti, turisti ed operatori

    ◊   La Chiesa di Vancouver si mobilita per le Olimpiadi invernali. Il 12 febbraio si aprirà, infatti, nella città canadese, la XXI edizione dei Giochi olimpici invernali. “Ospitalità radicale” è il motto che l’arcivescovo Michael Miller ha coniato per indicare l’atteggiamento che la comunità cristiana deve assumere verso tutti coloro che convergeranno nella città. “L’arcidiocesi di Vancouver - ha scritto mons. Miller – ha scelto di vivere questo tempo sotto il segno dell’ospitalità radicale”. “Vogliamo trovare – ha aggiunto – il modo di mostrare la presenza visibile di Gesù in mezzo a noi durante i Giochi”. Nella lettera di benvenuto, il presule ha invitato tutti a partecipare alle funzioni del Mercoledì delle Ceneri ed ha ricordato che durante la manifestazione sportiva vi saranno due postazioni di accoglienza e di preghiera, una davanti allo stadio e l’altra in cattedrale. Tutte le parrocchie saranno coinvolte per l’organizzazione di incontri, convegni ed iniziative di preghiera interconfessionale. L’arcidiocesi ha deciso anche di inserirsi nel network delle confessioni cristiane “More than gold”, per parlare a tutti con una sola voce. “Le Olimpiadi devono diventare un’occasione positiva per mandare dei messaggi e non dimenticare i problemi sociali del nostro tempo e di questa parte del mondo” ha dichiarato al quotidiano Avvenire Paul Schratz, direttore di BC-Catholic, il settimanale dell’arcidiocesi di Vancouver. Dan Hahan, direttore dell’Ufficio giustizia e pace diocesano, ha sottolineato l’importanza di sensibilizzare atleti, turisti e delegazioni “sui problemi dei senza casa e del traffico degli esseri umani”. “Vogliamo diventare il volto di Dio per i visitatori” ha affermato. La Chiesa di Vancouver ha sollecitato le famiglie cattoliche a rendersi disponibili per ospitare i volontari che arriveranno in città e ad affittare a prezzi bassi gli appartamenti e le stanze, andando in controtendenza con quanto avviene attualmente a causa di privati e ditte senza scrupoli. (F.C.)

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    Il Meeting di Rimini per la prima volta a New York

    ◊   Per la prima volta nella sua storia, il Meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione è approdato a New York. Nell’ambito del “New York Encounter”, un festival culturale aperto al pubblico ed organizzato da Cl e dal Centro culturale Crossroads, è stato presentato, il 16 gennaio, il Meeting per l’amicizia tra i popoli, in un incontro dal titolo: “Meeting di Rimini. Un esempio straordinario di fede vissuta nella pubblica piazza”. Hanno partecipato all’evento, nel prestigioso Marriot Marquis Hotel, a Times Square, Emilia Guarnieri, presidente del Meeting ed alcuni illustri professori universitari americani che in diverse occasioni sono stati ospiti della rassegna riminese. Il meeting, ha raccontato Emilia Guarnieri, è nato dal bisogno, comune a tutti gli uomini, di “un avvenimento di liberazione” e di “un presente già salvato”, così come insegnava don Giussani. Ad aprire il convegno è stato John Sexton, presidente della New York University. “Se in molti pensano che bisogna avere il buon gusto di praticare la propria fede privatamente senza interferenze con la società – ha affermato il professor Brad Gregory, dell’università di Notre Dame – il Meeting è esattamente l’esempio contrario. È la dimostrazione di una fede vissuta in pubblico”. La gente del Meeting, pieno di famiglie e volontari, “non ha paura del confronto, lo desidera ed è veramente aperta”, ha sottolineato Joseph H.H. Weiler, ebreo e docente di diritto alla New York University. (F.C.)

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    Portogallo: la Comunità di Taizé animerà il Carnevale di Porto

    ◊   In occasione del Carnevale, dal 13 al 16 febbraio, si riuniranno a Porto (Portogallo) migliaia di giovani, animati dalla Comunità di Taizé, per il II Incontro Iberico dei Giovani. In una lettera di convocazione diffusa ieri e ripresa dall'agenzia Zenit, fratel David, della Comunità, afferma che i giovani “cercheranno di approfondire la comprensione del mistero della fede e di impegnarsi per trasformare il mondo e condividere la gioia di vivere”. “Dal nord al sud del Portogallo, da Coimbra a Madeira, da Faro alle Azzorre, e anche nelle comunità emigrate di vari Paesi, ci sono già molte centinaia di giovani portoghesi che si preparano a passare il fine settimana di Carnevale a Porto”. “Anche in Spagna ci sono gruppi che preparano pellegrinaggi in varie città. Dal Brasile alla Polonia, dal Cile alla Lituania, dalla Norvegia alla Slovenia, le iscrizioni non smettono di arrivare al nostro indirizzo di posta elettronica a Taizé”, ha confessato fratel David. I membri della Comunità di Taizé saranno a Porto dal 1° febbraio. Insieme ai giovani volontari, organizzeranno nelle due settimane che precedono l'Incontro Iberico, preghiere quotidiane nel centro di Porto, nella chiesta di S. José das Taipas, alle 19.00. Fratel Alois, priore della Comunità, si recherà in Portogallo per l'Incontro, che tra le altre attività prevede musica, preghiera, laboratori e riflessioni. (R.P.)

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    Presenza francescana in Cina: gli studi di un convegno tenuto all’Antonianum

    ◊   Una presenza significativa e costante quella dei francescani in Cina. Lo ha dimostrato una giornata di studio tenuta, il 15 gennaio, presso la Pontificia Università Antonianum, per ricordare il VII centenario dell’ordinazione di Fra Giovanni da Montecorvino a vescovo di Pechino e patriarca di tutto l’Oriente. Nella circostanza, come riferisce l’agenzia Fides, padre Josè Rodriguez Carballo, Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, ha tenuto un ampio discorso. “La chiamata ad essere annunciatori ed evangelizzatori – ha affermato - Francesco ed i suoi frati la compresero come un atto dovuto di restituzione al Signore del dono del Vangelo ricevuto”. Su questa scia hanno proseguito i primi missionari francescani, tra cui Fra Giovanni da Montecorvino. Padre Carballo ha indicato, nella sua relazione, cinque grandi periodi della presenza francescana in Cina. In un primo momento, dal XIII al XIV secolo, i Frati Minori, come Fra Giovanni da Montecorvino, primo vescovo cinese, furono inviati in Estremo Oriente come ambasciatori di pace e della fede, con il compito di inculturare il Vangelo e la liturgia. Fino ai primi decenni del XIX secolo, le missioni francescane vissero tra momenti di stabilità e momenti di persecuzione da parte della dinastie imperiali che si succedettero. Durante il periodo del neo-colonialismo ottocentesco, le potenze occidentali favorirono ed accrebbero l’evangelizzazione, ma, poiché i missionari venivano protetti diplomaticamente dai Paesi europei, vennero considerati come stranieri e furono vittime di sommosse anticristiane, che culminarono nella celebre rivolta dei Boxers, nel 1900. Il periodo di massima fioritura delle missioni francescane si ebbe con la proclamazione della Repubblica, fino ad arrivare all’istituzione, da parte di Pio XII, della gerarchia episcopale cinese. Nel 1948 la Cina contava 28 conventi francescani e 706 frati minori, dei quali 150 indigeni. Con l’avvento di Mao, le missioni cattoliche vennero attaccate e tutti i missionari, considerati strumenti dell’imperialismo occidentale, furono espulsi. Tuttavia, agli anni più difficili della rivoluzione culturale, dal 1966 al 1976, è seguito un periodo di progressiva, anche se timida, apertura, che ha permesso di ricostituire la presenza francescana in Cina. (F.C.)

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    Riapre il Centro di Animazione Missionaria: il cardinale Dias lo dedica al Beato Manna

    ◊   Il 16 gennaio 2010, giorno della nascita del Beato padre Paolo Manna (1872-1952), missionario del Pime, fondatore della Pontificia Unione Missionaria, è stato riaperto a Roma il Centro Internazionale di Animazione Missionaria (Ciam), dopo una sostanziale opera di ristrutturazione. Tale occasione ha offerto l’opportunità di ripensare e riaffermare le finalità del Centro, comunicarne la programmazione e inserirlo nel contesto della spiritualità e delle attività delle Pontificie Opere Missionarie (Pom). Alla cerimonia di riapertura hanno preso parte quanti lavorano nei Segretariati internazionali delle quattro Pontificie Opere Missionarie. La celebrazione per la consacrazione della cappella e la dedicazione dell’altare è stata presieduta dal Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il cardinale Ivan Dias. Fra i concelebranti anche il Superiore generale del Pontificio Istituto per le Missioni Estere (Pime), padre Gianbattista Zanchi, che ha consegnato le reliquie del Beato padre Paolo Manna che sono state deposte nell’altare. Nella sua omelia il cardinale ha ricordato come il Beato padre Manna abbia seguito nella sua vita missionaria gli esempi di entrambi i patroni delle missioni: prima le orme di San Francesco Saverio, andando missionario in Birmania (Myanmar), e poi la “piccola via” di Santa Teresa del Bambino Gesù dovendo rimpatriare per motivi di salute. Al fondatore della Pontificia Unione Missionario il porporato ha dedicato l’intero Centro per l’Animazione Missionaria. (R.P.)

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    Ogni giovedi Messa in lingua araba nella Basilica romana di Santa Maria in Cosmedin

    ◊   Una Messa in lingua araba a Roma nella basilica di Santa Maria in Cosmedin. L’appuntamento eucaristico avrà cadenza settimanale, ogni giovedì alle ore 16, a partire da domani. L’iniziativa è rivolta ai credenti mediorientali, sono infatti numerosi i cristiani palestinesi, siriani e libanesi che vivono e lavorano nella capitale, specie nella ristorazione, impegnati quindi anche alla domenica. Da qui la scelta del giorno infrasettimanale, ha spiegato all’agenzia Misna, l’archimadrita padre Mtanius Hadad, rettore della bellissima basilica paleocristiane, da secoli affidata alla Chiesa cattolica melkita. “Estendiamo a tutti i romani l’invito a venire ad ascoltare la celebrazione con la liturgia bizantina in lingua araba”, ha aggiunto padre Hadad. L’attuale basilica risale al VI secolo, quando san Gregorio fece costruire sull’antico luogo dell’Ara Massima di Ercole, una piccola chiesa sede di una diaconia – Istituto di assistenza al popolo cristiano bisognoso - che due secoli dopo prese il nome di Santa Maria in Schola Greca dai monaci bizantini, accolti a Roma in fuga dalle guerre iconoclaste in Oriente. A loro fu affidata la basilica, divenuta poi nota come Santa Maria in Cosmedin, dalla parola greca kosmidion (ornamento). La chiesa è situata alle pendici settentrionali del Palatino, dove la leggenda indica furono ritrovati Romolo e Remo allattati dalla lupa nelle vicinanze della riva sinistra del Tevere, che da allora per la densa presenza di “orientali” fu per secoli comunemente chiamata “Ripa greca”. “Le chiese cattoliche orientali, con il loro patrimonio liturgico e linguistico tramandato dai primi secoli - sottolinea mons. Hadad - ricordano a tutti che il cristianesimo giunge dal Medio Oriente, e possono offrire questa ricchezza sia nel dialogo ecumenico sia in quello interculturale e interreligioso”. Da secoli è custodito da questa comunità orientale anche uno dei simboli più famosi di Roma, la ‘Bocca della Verità’, conservata nel portico della chiesa; il noto 'mascherone' dà anche il nome al nuovo centro culturale avviato in questi giorni dai religiosi e laici melkiti presso la basilica, con corsi aperti a tutti di lingua araba, iconografia e canto corale bizantino. (R.G.)

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    Settimana della memoria: la persecuzione degli ebrei raccontata ai bambini

    ◊   “Avevo cinque anni quando nel 1938 furono promulgate in Italia le leggi razziali. La persecuzione antiebraica cominciò anche contro di me”. Così Luciana Tedesco, ebrea nata a Roma nel 1933, racconta nel suo libro cosa fu per lei, bambina, la Shoah. Il volume “I ragazzi nella Shoah” (edizioni Paoline), con le illustrazioni di Anna Dalla Mura, è stato presentato ieri sera a Roma alla Casa della Memoria e della Storia, in apertura del programma di iniziative promosse per la “Settimana della Memoria”, dal 19 al 27 gennaio. Il libro racconta la persecuzione degli ebrei attraverso gli occhi dei bambini cresciuti tra le deportazioni. L’intento del libro, ha spiegato l’autrice, è quello di “presentare il dramma dell’olocausto ai giovanissimi con un linguaggio adatto a loro e per tenere viva la memoria”. Le immagini e le didascalie ricostruiscono i terribili anni: “la promulgazione delle leggi razziali, l’apertura del campo di Auschwitz, i forni crematori dove venivano bruciati circa 1500 corpi alla volta, i lager, lo sterminio dei piccoli zingari…”. Le lettere raccontano il pianto soffocato, l’ansia per i genitori scomparsi, la paura ma anche il calore trovato nelle famiglie di cattolici dove molti ebrei a Roma trovarono rifugio, così come l’ospitalità nell’ospedale “Fatebenefratelli” che, come racconta la stessa autrice, permise a tanti di sopravvivere. (R.P.)

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    Fondazione Migrantes: in Italia il cammino con gli immigrati è un esercizio di ecumenismo

    ◊   “La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani diventa un momento importante per far incontrare il cammino ecumenico con il cammino degli immigrati”. Lo afferma mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes. “L’immigrazione in Italia ha portato anche ad incontrare l’esperienza di fede di cristiani provenienti da oltre 190 Paesi del mondo”. Degli oltre 4 milioni di immigrati, - riferisce l'agenzia Sir - 2.011.000 sono cristiani, di cui 1.105.000 (28,4%) ortodossi, soprattutto provenienti dalla Romania, 739.000 cattolici (19%), 121.000 protestanti (3,1%) e 46.000 (1,2%) altri cristiani. In 12 regioni d’Italia il numero degli immigrati di fede e di tradizione cristiana sono la maggioranza, con percentuali che raggiungono il 67% nel Lazio e l’80% in Sardegna. Le regioni in cui i fratelli ortodossi sono percentualmente più presenti sono, con oltre il 30%, la Calabria, la Basilicata, la Campania, il Friuli, il Lazio, il Molise, il Piemonte, Umbria e Veneto. Questa dispersione territoriale dipende in larga misura dall’insediamento di due collettività numerose a maggioranza ortodossa: rumena e ucraina. I cattolici sono la metà del totale dei cristiani in Sardegna, il 30% in Liguria e oltre il 20% in Lombardia, nel Lazio e nel Molise. “La settimana ecumenica – continua mons. Perego -, nelle nostre comunità può diventare un’occasione ulteriore per momenti di preghiera e di incontro che aiutino una comunità a valorizzare la ricchezza di presenze cristiane, nella consapevolezza di costruire insieme, anche nella parrocchia oltre che nella città, una comunione e un’unità, superando divisioni ed esclusioni”. La settimana di preghiera – ricorda il direttore di Migrantes - aiuta anche a “respirare come cristiani ‘a due polmoni’ – come amava dire Giovanni Paolo II – con l’incontro tra la tradizione cristiana orientale – di cui sono ricchi soprattutto gli immigrati provenienti dall’Est europeo – e la tradizione cristiana occidentale. Al tempo stesso, come hanno sottolineato i due recenti Sinodi africano e mediorientale, la settimana ecumenica è un invito come cristiani a coniugare la fede con la carità e la giustizia, con la pace nella preghiera comune con fratelli cristiani che provengono da Paesi segnati dalla fame, dall’ingiustizia e dalla guerra”. (R.P.)

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    Le iniziative dei gesuiti italiani per il IV centenario della morte di padre Matteo Ricci

    ◊   In occasione del quarto centenario della morte di padre Matteo Ricci (1552 – 1610), i gesuiti italiani vogliono ricordare, con una serie di eventi presentati oggi presso la Sala Marconi della nostra emittente, la figura del missionario di Macerata che contribuì all’evangelizzazione della Cina in un momento storico in cui l’impero del Sol Levante era difficilmente accessibile al mondo occidentale. Si avvicinò ai fratelli cinesi con discrezione e profondo rispetto, imparando a conoscerne e ad amarne la lingua, la cultura e le tradizioni. La sua è ancora oggi una testimonianza di come si possano servire Cristo e la Chiesa in ogni contesto sociale, culturale e religioso, nella ricerca comune del Bene e della Verità. L’anno ricciano coincide con il 470° anniversario della fondazione della Compagnia di Gesù e la concomitanza dei due eventi ha spinto la Provincia d’Italia della Compagnia ad organizzare una serie di iniziative. La prima si terrà sabato 23 gennaio, presso il Centro Culturale San Fedele di Milano: il convegno Dell’Amicizia – titolo della prima opera in cinese scritta da Ricci – che prevede una tavola rotonda sul suo stile missionario, una mostra, un concerto e la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata. Proprio nella città natale del padre gesuita si terrà, dal 31 marzo al 4 aprile, un pellegrinaggio con l’intento di avvicinare i giovani alla sua figura. Stesso scopo avrà, dal 7 al 22 agosto, il campo missionario in Cina. Nel maggio 2010, a Roma, sarà possibile visitare la Chiesa e la Casa del Gesù, che racchiude le origini della Compagnia e che ospitò Matteo Ricci negli ultimi anni della sua vita. Le celebrazioni prevedono anche un Convegno a Napoli organizzato dal Jesuit Social Network e l’inaugurazione, entro la fine del 2010, del nuovo liceo di Scutari, Albania, Paese in cui i gesuiti svolgono un’importante opera di formazione dal 1989. (A cura di Claudio Cavallaro)

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    Vertice mondiale per l'energia: gli Emirati Arabi annunciano trasporti pubblici ‘verdi’

    ◊   Emirati Arabi Uniti impegnati nella tutela dell’ambiente. Verrà inaugurato nel mese di marzo il primo sistema di trasporto pubblico verde, sull’isola di Sir Bani Yas, oggi parco naturale aperto al pubblico. Lo ha annunciato l’Autorità per il turismo del ricco Paese arabo durante i lavori del Vertice mondiale per le energie del futuro, che si sta tenendo nella capitale Abu Dhabi. Gli autobus elettrici che saranno utilizzati, sono caratterizzati da bassi livelli di rumore e di vibrazioni e, soprattutto, da zero emissioni di carbonio. Richiederanno, inoltre, poca manutenzione. Gli Emirati Arabi hanno anche annunciato la costruzione di una rete per la cattura ed il deposito delle emissioni di anidride carbonica prodotta da quattro complessi industriali. Il progetto, operativo tra il 2012 ed il 2014, catturerà cinque milioni di tonnellate di emissioni all’anno. Queste saranno convogliate nel sottosuolo verso due stazioni petrolifere ed impiegate per innalzare la pressione all’interno delle riserve e facilitare così l’estrazione del greggio. (F.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    L'arcivescovo di Jos: in Nigeria scontri etnici e politici più che religiosi

    ◊   Le violenze in Nigeria continuano: anche oggi a Jos e nella sua periferia i militari hanno rafforzato la loro presenza per via degli attacchi che proseguono nei quartieri sud della città. I combattimenti - che nel giro di tre giorni hanno fatto 300 morti - sono scoppiati a causa della costruzione di una moschea a Nassarawa Gwon, un quartiere cristiano di Jos, città nigeriana di 500 mila abitanti. I vescovi della provincia ecclesiastica di Ibadan lamentano la mancanza di misure adeguate per violenze che si potevano prevedere. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos, analizza le cause e - secondo quanto dichiarato all’Agenzia Fides - denuncia fattori etnici e politici, più che religiosi. Secondo il presule, inoltre, le ricostruzioni degli scontri pubblicate finora non sono corrette: “Non è vero che sia stata attaccata e bruciata una chiesa” e - precisa mons. Kaigama - “un’altra versione riportata dalla stampa afferma che la scintilla che ha provocato gli scontri sarebbe stata l’assalto al cantiere di una casa in costruzione di un musulmano. Anche questo fatto va accertato”. Sulla situazione in Nigeria, Giada Aquilino ha intervistato padre Franco Moretti, direttore della rivista comboniana Nigrizia:

    R. – Le violenze registrate nel Nord e anche quelle di Jos, nello Stato del Plateau, sono da considerare come indirettamente legate a quelle che hanno caratterizzato alcuni Stati del Sud: più che alla religione e alle differenze di credo, sono dovute alle condizioni di sottosviluppo, alla mancanza di opportunità, alle frustrazioni per un governo civile incapace o non bramoso di mantenere le promesse fatte. C’è gente povera che cerca sempre un’occasione per poter sfogare la propria rabbia.

     
    D. – L’arcivescovo di Jos, mons. Kaigama, ricorda che ci sono contrasti tra gli “hausa”, di religione musulmana, e le popolazioni indigene, in gran parte cristiane, per il controllo politico della città…

     
    R. – Esatto. Questo, per la Nigeria, è un anno molto critico. Si sta preparando alle elezioni del 2011: elezioni amministrative, parlamentari, locali e anche presidenziali. Le primarie per tale voto si svolgeranno nella seconda metà di quest'anno e, in alcuni Stati, già in febbraio-marzo. Quindi, come sempre quando arriva il turno elettorale, alcuni politici sfruttano questi attriti e li esasperano per motivi personali, politici ed economici. Inoltre, da due mesi il Paese è senza presidente: il capo di Stato, Yar’Adua, è ammalato, è ricoverato in ospedale a Gedda, in Arabia Saudita. Molti non sanno neppure il vero stato di salute del presidente.

     
    D. – Come si può andare oltre queste tensioni, in Nigeria?

     
    R. – La Nigeria è un immenso Stato, molto popoloso: è il più popoloso dell’Africa, con 140-150 milioni di abitanti. Io penso che la Nigeria, questo gigante, saprà rialzarsi e dimostrare di essere un leader non solo nell’Africa occidentale, ma in tutta l’Africa e forse anche sulla scena mondiale. Ho speranza che ciò accada.

     
    Nella regione somala del Puntland ucciso un altro parlamentare
    Ucciso in un agguato nella notte un deputato del parlamento del Puntland, regione semiautonoma a nord est della Somalia. L'uomo, Mohamed Abdi Daqar, è stato colpito a morte a Bosasso, importante porto e capitale economica del Puntland. È il terzo parlamentare assassinato in tre mesi, la stessa sorte ha subito anche un importante giudice. Il Puntland era rimasto a lungo ai margini della guerra civile somala, ma con l'esplosione della pirateria (le sue coste sono la moderna Tortuga dei pirati) si è ormai innescata una spirale di violenze sempre più scatenate. Gli Shabaab, braccio armato somalo di al Qaeda, che controlla già buona parte della Somalia, stanno tentando di penetrare anche in Puntland.

    Raid in Yemen contro presunti rifugi di al Qaeda
    L'aviazione yemenita ha lanciato oggi una serie di raid aerei contro presunti rifugi di militanti di al Qaeda, in particolare contro la casa di un esponente di punta dell'organizzazione terroristica, Ayed al Chabwani. Lo hanno reso noto fonti tribali locali e una fonte militare, secondo la quale gli attacchi aerei sono stati condotti nella provincia di Marib, ad est della capitale Sanaa. Secondo la fonte tribale, vi sarebbero stati dei morti.

    Usa, democratici perdono la maggioranza relativa in Senato
    Lo storico seggio democratico del Massachusetts, che per quasi sei decenni è stato monopolio della famiglia Kennedy, passa ad un repubblicano. Scott Brown ha vinto sulla rivale democratica, Martha Coakley. Una sconfitta che brucia al presidente Usa, Barak Obama, che perde così la maggioranza relativa in Senato. Brown diventa infatti il 41.mo senatore dell'opposizione e rappresenta il voto necessario a montare manovre ostruzionistiche in grado di sabotare l'agenda della Casa Bianca, in particolare la riforma sanitaria, cavallo di battaglia del presidente, alla quale Brown si è sempre detto fortemente contrario. Stefano Leszscynski ha intervistato Paolo Mastrolilli del quotidiano La Stampa:

    R. – Dal punto di vista pratico, significa che in sostanza i democratici non avranno più al Senato la maggioranza di 60 seggi, che era necessaria per evitare l’ostruzionismo da parte dei Repubblicani, in particolare sulla riforma sanitaria che quindi non potrà più passare facilmente come sembrava invece un mese fa. Questo richiederà ai democratici di rivedere completamente la loro strategia, che potrebbe far saltare il progetto che è stato finora il tentativo di riforma più importante del presidente Obama.

     
    D. – La campagna di Brown è stata improntata sullo scontento economico dei cittadini americani. È effettivamente questo il tallone di Achille dell’amministrazione Obama e dei democratici?

     
    R. – Certamente, a livello locale Brown si è presentato come un uomo comune, che girava con il suo camioncino per incontrare gli elettori che erano scontenti, soprattutto per la situazione economica. Il loro problema principale è che vedono che stanno perdendo posti di lavoro e ritengono che l’amministrazione Obama stia invece spendendo molti soldi per delle riforme che, secondo loro, non sono così urgenti. È stata certamente una vittoria della campagna populista condotta da Brown, ma anche un segnale che gli elettori - in particolare nel Massachusetts, che è uno Stato tradizionalmente "liberal" e favorevole ai democratici - hanno mandato all’amministrazione Obama per il malcontento - che evidentemente c’è - su delle questioni fondamentali, come appunto l’economia e l’occupazione. Malcontento forse proprio per la riforma sanitaria avviata dal presidente. Hanno soprattutto lanciato un segnale molto importante in vista delle elezioni di medio termine, che se vanno in questa maniera, rischiano certamente di mettere in discussione la maggioranza democratica al Congresso e, quindi, complicare ancora di più la missione del presidente Obama.

     
    India, il segretario di Stato Usa parla della strategia di al Qaeda in Asia meridionale
    Al Qaeda ha sviluppato in Asia meridionale una sorta di “associazione del terrore”, cui hanno aderito altri movimenti clandestini come il Lashkar-e-Taiba (Let), pronta a realizzare nuovi atti terroristici sulla falsariga di quello di Mumbai, del novembre 2008, e che punta a provocare un conflitto fra India e Pakistan. Lo ha dichiarato oggi a New Delhi il segretario di Stato americano, Robert Gates. Al termine di una visita in India di due giorni, Gates ha sottolineato che questo sodalizio è “pericoloso per l'intera regione di Afghanistan, Pakistan ed India”. Il capo del Pentagono ha detto che la collaborazione dei servizi di intelligence di vari Paesi ha permesso di appurare che questi gruppi terroristici hanno progettato effettivamente altri attacchi anche in India e che “solo la cooperazione dei governi della regione può portare alla riduzione e, se possibile, all'eliminazione della minaccia”.

    Arresti in Malaysia per gli attacchi contro cristiani
    La polizia della Malaysia ha reso noto di aver arrestato otto persone sospettate di essere responsabili dell'incendio doloso di una chiesa all'inizio di gennaio, il primo di una serie di attacchi contro luoghi di culto cristiani. Più di una decina di atti di vandalismo contro luoghi di culto cristiani si sono verificati recentemente in Malaysia. A scatenarli sarebbe la controversia sul diritto o meno dei non musulmani a usare la parola araba "Allah" per definire Dio (cosa abituale in lingua malese, ma che per i religiosi musulmani confonderebbe i fedeli islamici).

    Due morti e numerosi feriti nello Stato indiano dell'Andra Pradesh
    Due suicidi e molti feriti: è questo il bilancio degli scontri avvenuti durante lo sciopero generale che da diverse ore ha bloccato dieci distretti dello Stato indiano dell'Andra Pradesh, tra i quali quello della capitale Hyderabad. Gli studenti universitari protestano contro i ritardi nella formazione del nuovo Stato del Telangaba. Le proteste di piazza sono sfociate in violenze quasi subito. Il campus della Osmania University, che rappresenta il quartier generale dei rivoltosi, è stato dato alle fiamme e la polizia ha dovuto lanciare lacrimogeni e operare diverse cariche per disperdere la folla. Due studenti si sono suicidati, dandosi alle fiamme, in segno di protesta. I trasporti, le scuole, gli uffici pubblici, negozi e attività commerciali sono ferme, per paura di attacchi da parte dei giovani rivoltosi. L'azione dei giovani è stata appoggiata da tutti i partiti politici che chiedono la divisione dello Stato e la formazione del nuovo. Dopo l’accelerata nei mesi scorsi, da alcune settimane rimangono in stallo i colloqui che si tengono a Delhi fra i favorevoli e i contrari alla divisione dell'Andra Pradesh che prevederebbe la formazione del nuovo Stato Telangana.

    Venerdì prossimo sessione all’Onu sul Kosovo con il presidente della Serbia
    Il presidente serbo, Boris Tadic, parteciperà venerdì prossimo a New York a una sessione del Consiglio di sicurezza dell'Onu dedicata alla questione del Kosovo. Come ha riferito l'ufficio stampa della presidenza a Belgrado, Tadic parlerà ai partecipanti per esporre la posizione di Belgrado. Il primo dicembre scorso, la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite all'Aja ha cominciato l'esame del dossier Kosovo per decidere sulla legittimità dell'indipendenza dalla Serbia, proclamata il 17 febbraio 2008. Un verdetto, che non sarà comunque vincolante per gli Stati, è atteso entro la metà di quest'anno. La Serbia respinge l'indipendenza del Kosovo, che è stata riconosciuta finora da 65 Paesi dei quasi 200 rappresentanti all'Onu.

    Fmi: la crisi in Grecia non destabilizzerà l'Unione Europea
    La situazione dei conti pubblici della Grecia “è un problema serio, ma non credo che porterà a una frammentazione di Eurolandia”. Lo ha affermato il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, in un'intervista a Bloomberg television.

    Russia
    Quattro presunti ribelli sono stati uccisi nella notte fra ieri e oggi in Daghestan, Repubblica russa del Caucaso vicina alla Cecenia. La polizia ha fermato un'auto, dove si trovavano dei ribelli. Questi ultimi hanno aperto il fuoco contro i poliziotti, che hanno reagito uccidendoli. Uno dei ribelli morti è stato identificato come Magomedzaguir Vagabov, braccio destro di uno dei capi ribelli locali, Magomedali Vagabov.
     Coree
    La Corea del Sud si dice pronta a sferrare un attacco militare preventivo contro il Nord nella eventualità che il regime comunista si apprestasse a lanciare un'offensiva nucleare reale sulla penisola. Lo ha detto a sorpresa oggi a Seul il ministro della Difesa sudcoreano, Kim Tae-young, per il quale l'azione preventiva sarebbe “l'unica scelta per proteggere la Corea del Sud dai danni incommensurabili" derivanti da un ipotetico lancio nucleare del Nord. Kim, riferisce l'agenzia Yonhap, non è nuovo a questo genere di esternazioni: nel 2008, subito dopo un test missilistico di Pyongyang sulla costa occidentale, l'allora presidente dei Comandi congiunti del personale militare (Jcs) aveva rilasciato analoghi commenti provocando la dura e immediata reazione del regime comunista, che aveva espulso alcuni funzionari sudcoreani impegnati in progetti congiunti. Le dichiarazioni di Kim, inoltre, arrivano proprio mentre è in corso nella città nordcoreana di Kaesong, al confine tra i due Paesi, una nuova tornata di colloqui per dare impulso allo sviluppo della collaborazione economica nella speciale zona industriale, unico progetto congiunto rimasto ancora attivo dopo le tensioni degli ultimi anni. Pyongyang, da parte sua, nei giorni scorsi ha ribadito che non tornerà al tavolo dei negoziati a Sei per l'abbandono dei piani nucleari, se prima non saranno risolti nodi giudicati vincolanti, come lo stop alle sanzioni internazionali e la firma di un trattato di pace che metta formalmente fine alla guerra di Corea (1950-53). (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 20

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