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Sommario del 19/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Creazione di vicariato apostolico
  • Presentati i Lineamenta del Sinodo dei Vescovi sulla Chiesa in Medio Oriente convocato da Benedetto XVI per il prossimo ottobre
  • Il Papa in Sinagoga. Mons. Paglia: ebrei e cristiani chiamati a comunicare insieme la presenza di Dio tra gli uomini
  • Il cardinale Kasper: l'ecumenismo non è accademia, ma testimonianza della forza dei cristiani nel mondo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Paracadutati aiuti Usa su Haiti. Tremila famiglie aiutate dalla rete Caritas
  • Mons. Bruno Forte: il Decalogo luogo comune per ebrei e cattolici. Il rabbino Joseph Levi: differenze utili per comprendere le rispettive identità
  • Il 6 febbraio a Pechino inaugurazione di una mostra dedicata a padre Matteo Ricci, a 400 anni dalla morte del grande apostolo gesuita in Cina
  • Mezzo secolo della Filmoteca Vaticana raccontato nel volume di Antonia Pilloso edito dalla Lev
  • Chiesa e Società

  • Iraq: a Mosul ucciso un altro cristiano
  • Rientrato nelle Filippine padre Sinnott, rapito lo scorso ottobre e liberato dopo un mese
  • Praterie per assorbire CO2: uno studio della Fao
  • Kosovo: l’inchiesta del Consiglio d’Europa sul presunto traffico di organi di prigionieri serbi
  • Sri Lanka: aperto l’anno giubilare per il Beato Joseph Vaz
  • India: a Mumbai dall'inizio dell'anno oltre 20 suicidi fra studenti
  • Burundi: donne mobilitate per essere equamente rappresentate alle prossime elezioni
  • Il 12 febbraio a Roma Conferenza internazionale per fare il punto sul dopo Copenhagen
  • Roma: mostra su Auschwitz per la Giornata della Memoria
  • Economia e ambiente tra i temi in discussione al primo Meeting mondiale della gioventù di Bari
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Nigeria imposto il coprifuoco dopo gli scontri tra cristiani e musulmani. Una trentina le vittime
  • Il Papa e la Santa Sede



    Creazione di vicariato apostolico

    ◊   Benedetto XVI ha elevato la prefettura apostolica di Donkorkrom, in Ghana, al rango di vicariato apostolico, con la medesima denominazione e configurazione territoriale, nominandone come primo vicario apostolico padre Gabriel Edoe Kumordji, dei Verbiti, attuale prefetto apostolico della medesima circoscrizione ecclesiastica.

    La Prefettura Apostolica di Donkorkrom è situata nella zona delle “Afram Plains” nella regione orientale del Ghana, nel bacino del fiume Volta. Costituisce uno dei luoghi più isolati ed economicamente arretrati del Paese. Inizialmente, sotto la giurisdizione della Diocesi di Koforidua, il 28 giugno 2007 fu eretta prefettura apostolica, assumendo il nome di Donkorkrom, con sede nell’omonima capitale, ed affidata alla Società del Verbo Divino. La Circoscrizione si estende su un’area pari a 4.285 kmq. con una popolazione di 160 mila abitanti, in rapido aumento soprattutto a causa dell’immigrazione. I cattolici sono 17 mila, circa il 10% - anch’essi in rapida crescita - distribuiti in 7 parrocchie e 98 mission stations, servite da 12 sacerdoti (3 diocesani fidei donum e 9 religiosi Verbiti), 110 catechisti e 7 religiose. Vi sono anche 34 Istituti di educazione e 1 di beneficenza.

    Padre Gabriel Edoe Kumordji, nato a Accra, ha 53 anni. Ha studiato Filosofia e Teologia presso il Seminario Maggiore St. Victor di Tamale. Successivamente, ha conseguito la Licenza e il Dottorato in Missiologia negli Stati Uniti. Dopo l’ordinazione ha ricoperto, tra gli altri, i ministeri di vicario parrocchiale, vice rettore della Casa di formazione per i Verbiti in Tamale e Professore al Seminario Maggiore di St. Victor. provinciale dei Verbiti e presidente della Conferenza dei Superiori Maggiori in Ghana.

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    Presentati i Lineamenta del Sinodo dei Vescovi sulla Chiesa in Medio Oriente convocato da Benedetto XVI per il prossimo ottobre

    ◊   Presentati stamani, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, i Lineamenta dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre prossimo, sul tema: “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo ed un’anima sola”. Sul contenuto dei Lineamenta il servizio di Fausta Speranza:

    È compito dei cristiani, in Medio Oriente, “far cadere il muro di paura, diffidenza e di odio, con la nostra amicizia con ebrei e musulmani, israeliti e palestinesi”. Sono parole contenute nei Lineamenta in cui si legge di “politiche mondiali” e di “fede”, di “storia” e di “vocazione ad agire come collaboratori di Dio”, ricordando che i cristiani hanno attualmente in Medio Oriente “presenza piuttosto ridotta”. La domanda pesante che si pone nel documento e che si porrà ai padri sinodali è dunque proprio “sull’avvenire dei cristiani del Medio Oriente”. Ed è per questo che si parla del ruolo innegabile delle politiche mondiali nella scelta di tanti cristiani di restare o meno. A proposito di situazioni contingenti, si parla di Iraq affermando che la guerra “ha scatenato le forze del male nel Paese, nelle confessioni religiose e nelle correnti politiche”. “Ha mietuto vittime tra tutti gli iracheni - si ricorda - ma i cristiani sono stati tra le vittime principali in quanto rappresentano la comunità irachena più esigua e debole", per poi aggiungere che “la politica mondiale non ne tiene alcun conto”. Viene sottolineato quindi il peso dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi che “rende difficile la vita quotidiana”. Si deve guardare dunque alle politiche mondiali ma - con estrema chiarezza - si afferma nel documento che se, da una parte, è una “questione di politica”, dall’altra, non si deve dimenticare che è e resta “una questione di fede”. Si tratta di accettare “la vocazione di cristiani nelle e per le nostre società” - si legge - con quella che viene definita “una fede impegnata nella vita della società”. Il Vangelo, si ricorda, dice chiaramente: “Non temere, piccolo gregge”.

     
    È la sfida di sempre per il cristiano: “Nel mezzo delle difficoltà” avere speranza, quella speranza - aggiunge il documento - “che è nata in Terra Santa e anima tutti i popoli e le persone in difficoltà del mondo da 2000 anni”. Dunque, l’invito a riflettere su cosa significhi speranza: significa - si legge - “riporre la propria fiducia in Dio” ma anche “agire con Dio, essere collaboratori di Dio”. E a proposito di violenza, si sottolinea che ogni cristiano deve “denunciare con coraggio la violenza, da qualunque parte provenga, e suggerire una soluzione, che non puo' passare che per il dialogo”. Su tutto questo una raccomandazione: “abbandono alla Provvidenza di Dio significa anche da parte dei cristiani una maggiore comunione”. Guardando ai rapporti tra cristiani e ebrei, si raccomanda di “evitare che le ideologie politiche arrivino ad intaccare “il legame religioso esistente tra Giudaismo e Cristianesimo, fondato sul legame tra Antico e Nuovo Testamento”.

     
    Guardando ai musulmani, si legge che “le relazioni sono, più o meno spesso, difficili, soprattutto per il fatto che i musulmani generalmente non fanno distinzione tra religione e politica, il che mette i cristiani nella situazione delicata di non-cittadini”. E poi si invita a riflettere sul fatto che la crescita dell'Islam politico nelle società musulmane, a partire dagli anni '70, ha prodotto “correnti estremiste” che rappresentano una “minaccia per tutti, cristiani e musulmani”, minaccia da affrontare “insieme”. In un passo più generale, si legge che “la pedagogia della pace è la più realistica, anche se respinta dalla maggior parte: essa ha anche più possibilità di essere accolta, visto che la violenza tanto dei forti quanto dei deboli ha condotto, nella regione del Medio Oriente, unicamente a fallimenti e a un’impasse generale”. Ci vuole “molto coraggio”, si legge: “parlare di pace e operare per la pace, mentre la guerra e la violenza ci sono praticamente imposte, è una sfida”.

     
    La conferenza stampa di presentazione del documento per il Sinodo sul Medio Oriente, moderata da padre Federico Lombardi, ha visto gli interventi di mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, e di mons. Fortunato Frezza, sottosegretario dello stesso organismo vaticano. I Lineamenta constano di tre capitoli, preceduti da un’introduzione. Vi sono inoltre 32 domande che aiuteranno i destinatari, in primis i vescovi, a mettere l’accento su alcuni temi che verranno poi sintetizzati nell’Instrumentum laboris del Sinodo. Sugli argomenti principali, affrontati nella conferenza stampa, ci riferisce Alessandro Gisotti:

    Il Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente sarà “principalmente pastorale”, ma non mancherà di affrontare le sfide attuali poste alla Chiesa cattolica nella regione: è quanto sottolineato da mons. Nikola Eterović, che ha annunciato che i padri sinodali saranno circa 150, tra cui tutti i presuli della regione a rappresentanza dei 17 milioni di cristiani che abitano in Medio Oriente, dall’Egitto all’Iran. Mons. Eterović si è soffermato sulla struttura e i contenuti salienti dei Lineamenta. In particolare, ha indicato alcune emergenze per la Chiesa locale: dai conflitti politici nella regione alla libertà religiosa, alla presenza di alcune correnti estremiste nell’Islam che minacciano i cristiani:

     
    “Di fronte a tale situazione, il documento propone la formazione dei cristiani affinché possano vivere con fedeltà ancora più grande la propria fede nella vita privata e pubblica. Inoltre, essi sono chiamati a continuare a dare il loro prezioso contributo all’edificazione di una società democratica, rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti i suoi membri”.
     
    Ha così sottolineato che il documento si sofferma sulla comunione ecclesiale tra i vescovi e i fedeli delle diverse Chiese locali come anche sul dialogo con le altre Chiese e comunità cristiane. Un dialogo, ha detto mons. Eterović, che “ha bisogno di essere incrementato”. Il dialogo con l’ebraismo, “peculiarità delle Chiese di Gerusalemme”, ha detto, è condizionato dalla “situazione politica che oppone da una parte palestinesi e mondo arabo e dall’altra lo Stato d’Israele”. Ed ha rimarcato la necessità per il popolo palestinese e quello israeliano di vivere in pace ognuno in una propria patria:

     
    “A tal proposito, occorre sempre rammentare la distinzione tra il piano religioso e quello politico, non adoperando la Bibbia a scopi politici né la politica a scopi religiosi. In tale contesto è importante sottolineare il legame religioso tra il Giudaismo e il Cristianesimo, tra l’Antico e il Nuovo Testamento”.
     
    Ha così offerto la sua riflessione sul rapporto con i musulmani ribadendo che i cristiani hanno il diritto di vedere rispettati i propri diritti, peraltro riconosciuti dalle costituzioni della maggior parte dei paesi del medio Oriente:

     
    “Purtroppo, per la mancanza di distinzione tra religione e politica in pratica i cristiani sono spesso in posizione di non-cittadinanza. Per migliorare la situazione, occorre promuovere di più il dialogo anche per conoscersi meglio”.
     
    “Bisogna - ha proseguito il presule - incoraggiare la presentazione oggettiva del cristianesimo e dell’islam tramite i mass media come pure in opuscoli accessibili anche a gente semplice”. Quindi, rispondendo alle domande dei giornalisti, si è soffermato sul delicato tema delle conversioni:

     
    “I musulmani, se da parte loro accettano i cristiani che diventano musulmani, dovrebbero essere poi coerenti ed accettare i musulmani che diventino cristiani. Ora, noi sappiamo che questo è molto difficile e che bisogna fare un cammino assai importante. Noi crediamo che i diritti umani siano universali, che valgano per tutti”.

    Quindi, ha indicato quei temi dalla giustizia alla difesa della famiglia e del diritto alla vita sui quali è possibile una fruttuosa collaborazione tra cristiani e musulmani. “Con tale spirito - è stata la sua riflessione - sarà possibile, emarginando gli estremismi politici e religiosi, aprirsi al processo di edificazione di una umanità nuova” ed ha ribadito che i vescovi della regione sono impegnati a promuovere la via della pace contro ogni forma di violenza. Mons. Eterović ha dunque parlato di un altro tema particolarmente attuale: la diaspora dei cristiani dalla regione:

     
    “Noi vorremmo - non solo con il Sinodo, ma anche in generale con l’attività della Santa Sede e della Chiesa cattolica - avere nella Terra di Gesù non solo pietre così care a noi, ma anche le persone che diano senso di vita, di comunione ecclesiale a queste pietre che da sole parlano, ma che è meglio se parlano insieme con i cristiani nati nel mondo mediorientale che in maggioranza sono arabi, che sono lieti del contributo prezioso che i cristiani arabi hanno dato alla rinascita della nazione araba”.

    Il presule ha dichiarato che il documento di lavoro dell’assise sinodale, l’Instrumentum laboris, sarà consegnato dal Papa ai rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche durante la sua visita apostolica a Cipro, nel giugno prossimo. Infine, rispondendo ad una domanda, il presule ha affermato che si sta vagliando la possibilità di convocare un Sinodo per l’America.

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    Il Papa in Sinagoga. Mons. Paglia: ebrei e cristiani chiamati a comunicare insieme la presenza di Dio tra gli uomini

    ◊   La visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma è stata definita unanimemente come un evento storico. Ma quale eredità lascerà questo avvenimento sulla via del dialogo tra ebrei e cattolici? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e già presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana:

    R. - Io credo che resti un ulteriore passo nell’incontro tra gli ebrei e cristiani. Anzi, vorrei dire che non si è solo confermato un rapporto, ma il Papa e il rabbino Di Segni hanno già iniziato a camminare insieme e lo hanno fatto quando hanno commentato le Scritture: Di Segni ha commentato i passi sulla fraternità e Papa Benedetto XVI le prime parole dei Comandamenti. E’ proprio questa, secondo me, una novità straordinaria dell’incontro avvenuto nella Sinagoga.

     
    D. - Al di là delle difficoltà, si è soprattutto voluto sottolineare, e da tutti, il patrimonio comune…

     
    R. - Non c’è dubbio. L’uno e l’altro hanno ripetuto che ovviamente le differenze ci sono e del resto siamo due religioni differenti, ma è tanto anche il patrimonio che ci unisce. Non c’è dubbio che ebrei e cristiani debbano ripetere la priorità della comunicazione del primato di Dio nella vita degli uomini ed è anche singolare che sia stato ricordato anche l’altro popolo, quello islamico, che è chiamato a testimoniare la presenza di Dio nella vita degli uomini come misericordia, come perdono, come primato dello spirituale.

     
    D. - Cosa fare insieme? È una domanda che è stata in un qualche modo riproposta dal rabbino Di Segni e dal Papa e ora, davvero con nuovo slancio, si cerca di pensare a cosa costruire insieme…

     
    R. - Io direi istintivamente che dobbiamo continuare ad incontrarci così: ovunque nel mondo, dove ci sono ebrei e cristiani: perché gli uomini vivano in pace e non nel conflitto, perché riscoprano la fraternità e non l’odio. Sappiamo che ogni omicidio è sempre un fratricidio. Ecco perché io credo che ci sia chiesto di continuare in quei passi che hanno segnato l'inizio del rapporto.

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    Il cardinale Kasper: l'ecumenismo non è accademia, ma testimonianza della forza dei cristiani nel mondo

    ◊   Quella aperta ieri, con le sue riflessioni e i suoi riti improntati al dialogo ecumenico, è per i cristiani di ogni denominazione la Settimana privilegiata di preghiera per l'unità di tutti i credenti in Cristo. Il tema di questo tradizionale appuntamento annuale, giunto nel 2010 all'82.ma edizione, è ispirato a una frase del Vangelo di Luca "Di questo voi siete testimoni". Philippa Hitchen, della redazione inglese della nostra emittente, ne ha parlato con il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontifcio Consiglio per l'Unità dei cristiani:

    R. - Questo tema è stato preso dal Vangelo di Luca ed abbiamo scelto proprio questo brano del Vangelo perché quest’anno celebriamo il centesimo anniversario della Conferenza missionaria in Edimburgo, nella quale tutti i missionari erano d’accordo sul fatto che il più grande ostacolo per la diffusione del Vangelo del mondo sia la divisione dei cristiani. Quindi ecumenismo e missione sono quasi gemelli, sono legati: come possiamo allora predicare la riconciliazione, l’unità e l’amore se noi stessi siamo divisi? Questo è lo scopo dell’ecumenismo: dare insieme testimonianza del Vangelo e dei valori del Vangelo e il nostro tempo è estremamente bisognoso di questi valori. L’ecumenismo non soltanto un qualcosa di accademico, ma ha una sua importanza ed una impronta anche per il mondo di oggi.

     
    D. - Quindi ci sono concreti segni di speranza per il futuro?

     
    R. - Vorrei soffermarmi anzitutto su due segni. Il primo riguarda il dialogo con le Chiese ortodosse, che sono molto vicine a noi: abbiamo fatto molti e grandi progressi negli ultimi dieci anni. Il secondo segno concreto di speranza è la presenza di gruppi da parte cattolica e da parte protestante che si incontrano regolarmente, pregano insieme, pregano gli uni per gli altri, facendo uno scambio di esperienze spirituali. Questi gruppi rappresentano veramente un ecumenismo di base: prendono ciò che è stato raggiunto nei nostri dialoghi teologici e lo applicano alla loro concreta situazione. Questo permette la crescita di un qualcosa che potrà portare frutti importanti. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La Chiesa in Terra Santa: in prima pagina, l’arcivescovo Nikola Eterovic sui “Lineamenta” del Sinodo speciale per il Medio Oriente.

    Ancora soli: in rilievo, nell’informazione internazionale, la situazione ad Haiti dove, a una settimana dal sisma, resta drammatica la condizione dei sopravvissuti.

    I cattolici ci porgono la mano, sarebbe insensato non afferrarla: in cultura, l’articolo dell’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewi, scritto per il numero di febbraio di “Pagine ebraiche”.

    Il Papa in Sinagoga? Un evento grandioso: Andrea Monda intervista il rabbino Jacob Neusner.

    Il passato come meta: Roberto Pertici sul libro postumo di Marco Tangheroni “Della storia. In margine ad aforismi di Nicolas Gomez Davila”.

    Come Garrincha ma solo per svago: Isabella Farinelli recensisce il film di Luigi Sardiello “Piede di Dio”, che mette a confronto due logiche, interesse e gratuità.

    Come la meraviglia vanificò l’agguato del nulla: il segreto di Gilbert Keith Chesterton secondo Ubaldo Casotto, vicedirettore de “Il Riformista”.

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    Oggi in Primo Piano



    Paracadutati aiuti Usa su Haiti. Tremila famiglie aiutate dalla rete Caritas

    ◊   Ad Haiti sono almeno 70 mila i cadaveri seppelliti nelle fosse comuni, oltre 250 mila i feriti e centinaia di migliaia i senzatetto. In questo drammatico scenario si continua a scavare tra cumuli di calcinacci per trovare qualcuno ancora in vita. Finora, almeno 90 persone sono state salvate dalle macerie. Prosegue anche la distribuzione degli aiuti: i militari statunitensi hanno iniziato a lanciare con il paracadute beni di prima necessità. Prezioso è anche l’intervento delle organizzazioni umanitarie, come sottolinea Fiammetta Cappellini cooperante dell’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale (Avsi), raggiunta telefonicamente a Port au Prince da Gabriella Ceraso:

    R. - Quello che noi cerchiamo di fare è di creare degli spazi protetti per la popolazione più vulnerabile: i bambini che hanno perso entrambi i genitori, le donne incinte e le mamme che hanno bambini da zero a tre mesi. La nostra stima è che la popolazione in situazione di estrema necessità si conti nell’ordine delle decine di migliaia di persone.

     
    D. - Qual è la situazione dell’acqua?

     
    R. - Dal punto di vista dell’acqua, la popolazione sta utilizzando acqua che non è assolutamente potabile: la gente la prende dai canali di scolo. La gente fa fatica a trovare cibo. Ci sono dei supermercati crollati e la gente dalle macerie cerca di estrarre del cibo.

     
    D. - Con quanta rapidità vengono distribuiti gli aiuti?

     
    R. - Molto a rilento. C’è un meccanismo di coordinamento che ovviamente è complicato e anche la logistica. Abbiamo subito molte perdite noi, come le Nazioni Unite.

     
    D. - Si parla di 100 bambini morti sotto una scuola a Leogane…

     
    R. - Non è il solo caso: c’è una scuola professionale in centro a Port-au-Prince, nel quartiere di Carrefour che è crollato e si contano 400 ragazzi morti. Aspettiamo, quindi, un bilancio finale, purtroppo molto, molto pesante.

     
    D. - Lei ha scelto di rimanere. Sappiamo che è rientrato suo figlio...

     
    R. - Siamo venuti in questo Paese per aiutare la popolazione. Non possiamo tirarci indietro in questo momento, con il bisogno che hanno di noi. C’è bisogno di tutto, c’è bisogno di tanto. Invito chiunque sia nella possibilità a sostenerci, perché veramente questa è una catastrofe.

     
    Prosegue dunque senza sosta ad Haiti il lavoro delle organizzazioni umanitarie. Tra queste anche Medici Senza Frontiere. Sulla gravità della situazione a Port-au-Prince e in altre località ascoltiamo, al microfono di Claudio Cavallaro, il direttore generale di Msf Italia, Kostas Moschochoritis:

    R. - L’emergenza più grande è di operare i feriti. Come Medici senza frontiere abbiamo messo a disposizione adesso quattro sale operatorie, ma questo non basta assolutamente. Abbiamo già inviato gli psicologi, perché dobbiamo cominciare a trattare il trauma psicologico, ma dobbiamo anche ripristinare immediatamente il trattamento per i pazienti sieropositivi.

     
    D. - Pochi giorni fa, il vostro capo missione ad Haiti aveva lanciato un allarme sulla scarsità dell’acqua, del cibo e delle medicine. L’allarme sta rientrando?

     
    R. - Molto lentamente perché la macchina degli aiuti è ancora lenta. L’aeroporto di Port-au-Prince funziona lentamente e l’acqua potabile è molto carente ovviamente.

     
    D. - Si parla della situazione drammatica a Port-au-Prince, ma voi state operando anche nelle cittadine vicine, altrettanto devastate dal terremoto...

    R. - Abbiamo cominciato le missioni esplorative per vedere quale sia la situazione all'esterno. Siamo stati a Le Gonâve, dove l’80 per cento della città è stata completamente distrutta. In questo momento stiamo facendo delle missioni esplorative a Gran Goave, Petit Goave, Saint-Marc e Jacmel. C’è anche tanta gente che scappa da Port-au-Prince verso città che sono state meno toccate dal terremoto, come Saint-Marc, dove abbiamo preso in carico una struttura sanitaria. Un’idea chiara, però, sulla situazione fuori Port-au-Prince, l’avremo fra qualche giorno.

     
    Tra enormi difficoltà anche la rete Caritas continua ad assicurare il proprio sostegno alla popolazione di Haiti. Finora sono stati forniti beni di primi necessità ad almeno tre mila famiglie. L’obiettivo, per le prossime settimane, è di aiutare oltre 100 mila persone come conferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza:

    R. - Il lavoro di rete, che da sempre è in atto tra le Caritas nazionali, ci ha permesso nell’immediato del terremoto di collegarci con la Caritas haitiana. Si sta lavorando molto per contattare la popolazione e in particolare le famiglie. Il grosso dell’intervento, in questi primissimi giorni, è stato quello di consegnare alle famiglie un kit che permetta loro di avere cibo, farmaci, acqua potabile e materiale per l’igiene personale.

     
    D. - Quali sono gli obiettivi delle prossime settimane?

    R. - Nell’arco di 2-4 settimane, questo intervento - che al momento attuale ha raggiunto in modo particolare tremila famiglie - vuole arrivare a 25 mila famiglie, circa 100 mila persone.

     
    D. - Cibo, medicinali, acqua e tende sono le priorità nel presente. Di quali beni, di quali doni ha bisogno la popolazione di Haiti per il futuro?

     
    R. - Sono previste, come al solito, fasi successive, cioè la valutazione complessiva dei danni e soprattutto l’individuazione di possibili azioni di riabilitazione. Azioni che certamente vanno calibrate su piani di ricostruzione e di sviluppo pluriennali, che prevedono una serie di progettualità che sono più di sostegno, di sviluppo economico, di sviluppo di protezione umana, di attenzione alle persone, in particolare, a quelle più in difficoltà.
     
    D. - Alla concreta generosità e ai piani di ricostruzione si aggiungono anche percorsi di fede e momenti di preghiera. La Chiesa italiana ha indetto per domenica prossima una raccolta straordinaria in tutte le parrocchie per sostenere le iniziative di solidarietà promosse dalla Caritas…

    R. - La nostra azione logicamente è un’azione di Chiesa: il nostro è un organismo che è fortemente connotato a questa centralità della liturgia, della preghiera, della Parola e che si traduce poi nella vita concreta in una testimonianza. Una testimonianza, che si fa servizio nell’ordinarietà, nella normalità - ma soprattutto nel momento dell’emergenza piccola, locale, nazionale o internazionale - testimonia poi tutta la sua forza di amore che è generata dall’essere parte di questo cammino di fede e di questa esperienza di Chiesa. Una forza sostenuta in modo particolare dalla grazia di Dio, dalla preghiera e dalla parola che illumina e che rende capaci di diventare solidali: realtà di Chiesa che nel loro sintonizzarsi, nel loro stare in comunione non possono fare a meno che diventare prossime. Diventare prossime proprio nelle diverse circostanze, come in questa dove le le 220 chiese diocesane in Italia sottolineeranno in modo particolare domenica prossima l'importanza di compartecipare da parte di tutte le 25 mila parrocchie in Italia ad una solidarietà che diventerà poi progetto, risposta, modo di ricostruire le abitazioni, ma anche la dignità di queste persone.

     
    Per sostenere gli interventi in corso si possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite C/C POSTALE N. 347013 specificando nella causale: "Emergenza terremoto Haiti". Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui:
    UniCredit Banca di Roma Spa, via Taranto 49, Roma Iban: IT 50 H 03002 05206 000011063119
    Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma Iban: IT 19 W 03069 05092 100000000012
    Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113
    CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001

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    Mons. Bruno Forte: il Decalogo luogo comune per ebrei e cattolici. Il rabbino Joseph Levi: differenze utili per comprendere le rispettive identità

    ◊   Raccontare e divulgare la verità senza più tacere, ma anche riscrivere la storia di due popoli, quello cristiano e quello ebraico, a partire dalla riconciliazione. Questo l’obiettivo al centro dell’incontro “La Shoah delle pallottole”, durante il quale padre Patrick Desbois, direttore della Commissione dei vescovi francesi per i rapporti con l’ebraismo, ha illustrato l’olocausto per fucilazione, di migliaia di ebrei in Ucraina. La conferenza è stata anche occasione di dibattito, all’indomani della storica visita di Benedetto XI alla Sinagoga di Roma, sulle prospettive di dialogo tra le due religioni. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Duemiladuecento luoghi di sterminio, fosse comuni, canali, cimiteri, boschi, agghiaccianti testimonianze di un massacro avvenuto in Ucraina tra il 1941 e il 1944. E’ il risultato di anni di ricerca condotti da padre Desbois per far luce su un capitolo dell’Olocausto quasi ignorato, ma di dimensioni spaventose: l’uccisione di oltre un milione e mezzo di ebrei. Uno sterminio sistematico eseguito dalle squadre della morte naziste, mediante fucilazione anziché camere a gas. Villaggio dopo villaggio, padre Desbois ha ritrovato e intervistato i testimoni delle stragi, documentando ogni cosa, ha fatto riemergere dal silenzio parole che restituiscono oggi una giusta sepoltura a coloro che furono travolti dalla furia omicida del progetto nazista. D’altra parte riconoscere il dolore, come spiega il Rabbino Capo di Firenze, Joseph Levi, è oggi il primo passo per ricostruire una storia tormentata, quella del rapporto tra ebrei e cristiani, ma ancora animata dal comune desiderio di camminare insieme. Sentiamo il rabbino Joseph Levi:

    “Solo dal riconoscimento del dolore dell’altro possiamo provare a partire insieme per costruire una nuova umanità, che non deve essere tutta fatta nella stessa maniera, ma deve anzi essere una umanità che riconosce la diversità come un dono divino e che è unita dall’immagine divina che esiste in ogni creatura umana”.

    D’altra parte, per percorrere la via del dialogo, spiega padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, è fondamentale - come auspicato da Benedetto XVI - riscoprire le radici comuni pur nel rispetto delle differenze:

    “Siamo due religioni diverse e, quindi, ci sono e ci devono essere differenze. Dobbiamo parlare anche di questo e non ci devono spaventare. Lo scopo di questo incontro è proprio quello di non appianare le differenze, ma quello di conoscerci meglio e far sì che le differenze non diventino un ostacolo nel dialogo e nell’amicizia tra di noi. Abbiamo bisogno di dare questa testimonianza al mondo, soprattutto in un mondo laico, facendo vedere che le differenze tra le religioni rappresentano una ricchezza e non una difficoltà”.

    Sulla stessa linea mons. Bruno Forte, arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto, che insiste sulla necessità, di testimoniare insieme l’unico vero Dio, ricordando il valore perenne del Decalogo per Ebrei e Cristiani, contro ogni ingiustizia e sopruso, di fronte alle sfide del nostro tempo e a cominciare dalla difesa della vita e della persona umana nella sua totalità. Sentiamo le sue parole:

    “Nel villaggio globale c’è bisogno di un linguaggio comune per poterci ritrovare nel consenso sui alcuni punti e su alcuni temi etici fondamentali. Questo lo offre esattamente il Decalogo, “le dieci parole” - come le chiama la tradizione ebraica - che sono quelle che portano nella nostra coscienza iscritto il disegno di Dio”.

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    Il 6 febbraio a Pechino inaugurazione di una mostra dedicata a padre Matteo Ricci, a 400 anni dalla morte del grande apostolo gesuita in Cina

    ◊   “Matteo Ricci. Incontro di civiltà nella Cina dei Ming”. Con questo titolo, e con un ricchissimo repertorio di opere d’arte e oggetti di grande valore culturale, si appresta a sbarcare a Pechino il prossimo 6 febbraio la mostra itinerante, promossa dalla Regione Marche, in occasione del quarto centenario della morte del grande missionario gesuita del Cinquecento, che si fece “cinese tra i cinesi”. La mostra, che toccherà anche altre città del Paese orientale, è concepita in due parti: la prima espone per la prima volta in Cina grandi opere del Rinascimento italiano - tra cui tele di Raffaello e Tiziano - mentre la seconda parte racconta la Cina di fine ‘500 attraverso alcuni strumenti dell’epoca. Alessandro De Carolis ha parlato del significato della mostra con mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata, città natale di padre Ricci:

    R. - Rappresenta una continuità innanzitutto con la mostra che è stata realizzata a Roma e che chiuderà il 24 gennaio. Abbiamo voluto - come Comitato per le celebrazioni dei 400 anni della morte di padre Matteo Ricci - disegnare l’itinerario che ha caratterizzato la sua missione in Oriente, realizzando quella missione mai riuscita a nessuno fino ad allora di far penetrare in modo stabile e significativo il Vangelo in quel grande popolo cinese che aveva una sua civiltà, una sua cultura, tradizioni religiose. Quindi, una grande impresa che è caratterizzata dalla mostra di Roma e ora da queste tre esposizioni che ci saranno nelle città più significative: Pechino, Shangai e Nankino.

     
    D. - Quello che la Cina non ha mai dimenticato in 400 anni è lo stile missionario di Matteo Ricci, capace di entrare in profonda sintonia con il cuore di chi lo ascoltava, prima ancora che con la sua anima. Che cosa la colpisce, eccellenza, di questo aspetto?

     
    R. - Colpisce di padre Matteo Ricci come sia riuscito a penetrare dentro l’intimo del popolo cinese, non solo per le innovazioni tecnologiche in ambito cartografico, in ambito astronomico, in ambito artistico - ha portato strumenti musicali, ha introdotto la prospettiva facendo conoscere l’arte rinascimentale dell’Occidente - tutti aspetti che sono certamente rilevanti, ma che non danno ragione di quel rapporto così singolare e così intimo, profondo che Matteo Ricci ha saputo stabilire proprio con il popolo e la cultura cinese. Lui, con l’amicizia, con il rispetto, con il dialogo, con quel metodo tutto particolare, innovativo dell’inculturazione, è riuscito a far innestare il Vangelo nella tradizione più consolidata, che aveva la sua matrice nella filosofia e nella mentalità confuciana. Non è un caso che la prima opera scritta in cinese sia l’opera sull’amicizia. Questa è la grandezza di padre Matteo Ricci.

     
    D. - Talvolta, parlando dell’impresa di Matteo Ricci in Cina, si tende a sottolineare tutti i singoli tratti che caratterizzarono l’apostolato del gesuita, un po' meno l'aspetto di essere un inviato da un Ordine e quindi di rappresentare la Chiesa universale sul posto…

     
    R. - Di padre Matteo Ricci la cosa più evidente è che era un gesuita dalla testa ai piedi, nel senso che lui ha fatto sempre e solo quello che era concordato con la Compagnia: lo testimoniano tutte le sue lettere e soprattutto la cronistoria dettagliata che lui ci ha lasciato, con l’ultima e fondamentale opera dell’entrata della Compagnia di Gesù e cristianità in Cina. E’ tutto legato strettamente al grande slancio missionario dei Gesuiti, quindi è assolutamente improprio e fuorviante fare di Matteo Ricci un eroe isolato. E’ tutt’altro: è il testimone di una Chiesa in missione, con grande intelligenza e con grande disponibilità al dialogo culturale.

     
    D. - La Chiesa universale sa bene cosa rappresenti per la sua missione Matteo Ricci, così come la Cina per la sua storia. Cosa rappresenta invece per Macerata?

     
    R. - Per Macerata rappresenta la dilatazione di questa città di provincia sul mondo intero, e quindi impone anche a Macerata di essere all’altezza di questo suo grande figlio. C’è lo sforzo da parte di tutti di avere questa apertura e anche di saper continuare l’opera di Ricci in questo dialogo, in questo scambio, in questo incontro. Lo scorso anno, proprio in concomitanza con la ricorrenza l’11 maggio, abbiamo fatto un grande incontro, invitando i cinesi che sono in Italia, sono venuti in 250, è stata un’esperienza bellissima e quest’anno la ripeteremo, vista la coincidenza con il quarto centenario. E' l’idea di uno scambio e di un’esperienza che è tutt’altro che conclusa e che deve saper continuare sulle orme di padre Matteo Ricci: con lo stesso entusiasmo, con la stessa passione, ma anche con lo stesso metodo di conoscenza, di rispetto e di scambio reciproco.

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    Mezzo secolo della Filmoteca Vaticana raccontato nel volume di Antonia Pilloso edito dalla Lev

    ◊   E’ stato presentato nell’ambito del ciclo di incontri “I Venerdì di Propaganda”, organizzati dalla Libreria Editrice Vaticana, il volume di Antonia Pillosio “La Filmoteca Vaticana a cinquant’anni dalla sua nascita: incontri e curiosità”. In esso, attraverso la storia di questo organismo della Santa Sede legato al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, vengono affrontati e descritti i rapporti che la Chiesa e i Papi hanno instaurato e intrattenuto con il cinema. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Ci sono meravigliose invenzioni tecniche che la Chiesa accoglie con speciale cura: tra queste, quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare. Idea e ottimo proposito espressi dal cardinale Deskur, che della Filmoteca Vaticana, creata il 16 novembre del 1959, ne è stato l’anima, avendone allora scritto lo Statuto fondativo. Sono passati oltre cinquant’anni, la Filmoteca ancora raccoglie, conserva, restaura, studia, organizza, proietta: tutto per amore del cinema, che i Papi successivi all’anno della sua invenzione hanno prima timidamente poi coraggiosamente avvicinato e tenuto sempre più in considerazione. Uno slancio di interesse che ha coinvolto poi tutti i media vaticani e non c’è dubbio quanta attenzione oggi sia la Radio Vaticana che il quotidiano della Santa Sede, l’Osservatore Romano, attribuiscano alla “settima arte”, la più giovane, certo, ma la più diffusa nel mondo. Cinema non solo come divertimento, ma strumento di conoscenza, di riflessione, di condivisione, di dialogo e di moderna, insostituibile circolazione di idee e di cultura. Tutto questo si vive ogni giorno nei locali e cellari della Filmoteca, la cui storia viene raccontata agilmente nel volume che Antonia Pillosio ha scritto con una intenzione particolare:

     
    R. - Voglio dedicarlo soprattutto all’Anno Sacerdotale e quindi ai sacerdoti, ai missionari e alle suore che sono in giro per il mondo. Questo libro è importante e spero che faccia il giro del mondo perché è importante spiegare che esiste un organismo alla Santa Sede che lavora come archivio filmico, al quale si possono donare pellicole e video anche amatoriali che testimoniano il grandissimo lavoro della Chiesa in tutto il mondo.

     
    D. - Che cosa l’ha colpita particolarmente nella vita della Filmoteca Vaticana in questi 50 anni?

     
    R. - Mi ha colpito il fatto che la Filmoteca si può dire sia esistita sin dalla nascita del cinema: ovvero, nel 1896 - quando è nato il cinema con la pellicola Lumière - un fotografo torinese ha filmato Papa Leone XIII e questi ha rivolto così la prima benedizione a tutto il mondo. Questo cosa significa? Significa che in realtà la Chiesa è sempre stata aperta al dialogo, non ha mai avuto paura del mondo cinematografico e dei mass media e possiamo vedere, nella storia della Filmoteca Vaticana, che questo rapporto è migliorato ed è migliorato nel tempo.

     
    D. - Quali sono, secondo lei, le sfide maggiori che dovrà fronteggiare la Filmoteca nel campo dei media e nel mondo del cinema nel prossimo futuro?

     
    R. - La Filmoteca vaticana è tutta digitalizzata e quindi può permettersi un archivio importante, può permettersi di fare proiezioni, Credo quindi che sia molto importante ampliare il rapporto con il mondo del cinema, ovvero ampliare il rapporto con chi fa il cinema nello specifico, creare più occasioni d’incontro. Infatti, abbiamo visto che quella bellissima giornata ”Camminiamo insieme verso la bellezza” - motto che è stato lanciato dopo l’incontro tra Papa Benedetto XVI e gli artisti - è un segnale di come tutta la Chiesa, la Filmoteca Vaticana e l’organismo specifico nei rapporti con il cinema, voglia tornare ad avere un grande dialogo con il mondo degli artisti che forse, in questo momento, è un pochino più difficile.

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    Chiesa e Società



    Iraq: a Mosul ucciso un altro cristiano

    ◊   Continua l’esecuzione mirata dei cristiani in Iraq. Ieri, verso mezzogiorno, un commando armato non identificato, ha freddato a colpi di pistola Amjad Hamid Abdullahad, cattolico siro-ortodosso, di 45 anni, sposato e proprietario di un piccolo negozio di alimentari nella zona nord di Mosul. L’uomo è stato ucciso davanti alla sua abitazione, nell’indifferenza totale delle forze di sicurezza, che non sono intervenute, come hanno riferito alcuni testimoni. Un cattolico di Mosul ha spiegato all’agenzia AsiaNews che “la tattica è assassinare i cristiani, perché i media non ne parlano”. Un’altra fonte ha riferito che “i cristiani vivono nel panico” e la gente ha iniziato “la fuga dalla città”. Dietro agli attacchi contro i cristiani, secondo la stessa fonte anonima, non vi sono “criminali normali”, ma “precisi piani politici” che il governo non contrasta. “È più facile attribuire le responsabilità ad Al Qaeda ed alle frange fondamentaliste – conclude la fonte - in realtà i cristiani sono vittime di una lotta per il potere fra arabi e curdi”. (F.C.)

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    Rientrato nelle Filippine padre Sinnott, rapito lo scorso ottobre e liberato dopo un mese

    ◊   Dopo due mesi di riposo in Irlanda padre Michael Sinnott è ritornato venerdì scorso nelle Filippine. Ad accoglierlo a Manila - riferisce l'agenzia AsiaNews - i confratelli e il superiore padre Patrick O’Donoghue.  “Sono felice di essere tornato e spero di poter continuare il mio lavoro a Pagadian”, ha detto l’ottantenne missionario colombano, rapito lo scorso 11 ottobre, nella sua casa di Pagadian (Zamboanga), da un commando di sette uomini armati. Per sfuggire all’esercito filippino i rapitori hanno costretto padre Sinnott, anziano e malato di cuore, a vagare per un mese nella giungla della provincia di Lanao del Norte, distante 150 km da Zamboanga. Dopo 31 giorni di prigionia il missionario è stato rilasciato lo scorso 12 novembre, grazie all’intervento congiunto di Polizia, Esercito e militanti del movimento ribelle Moro Islamic Liberation (Milf). Durante il sequestro cristiani e musulmani di Zamboanga hanno promosso numerose Veglie di preghiera per chiedere ai rapitori la sua liberazione. “Il giorno del mio rilascio sono rimasto impressionato di vedere così tante persone pregare per me – ha raccontato padre Sinnott – ringrazio tutti i filippini dal profondo del cuore”.  Negli ultimi anni 13 missionari stranieri sono stati rapiti o uccisi nel Paese asiatico. (R.G.)

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    Praterie per assorbire CO2: uno studio della Fao

    ◊   Combattere l’inquinamento con le praterie. Lo afferma la Fao, secondo cui queste aree hanno un vasto potenziale inutilizzato per mitigare i cambiamenti climatici e per assorbire ed immagazzinare l’anidride carbonica (CO2). In base ad alcuni studi, le praterie possono ridurre la vulnerabilità rispetto ai mutamenti del clima di oltre un miliardo di persone, che dipende dall’allevamento di bestiame per la propria sopravvivenza. Una migliore gestione delle pratiche di recupero della materia organica presente nelle praterie, la riduzione dell’erosione e la diminuzione di perdite da incendi, potrebbero portare ad un notevole calo di CO2, addirittura di un miliardo di tonnellate l’anno, secondo alcune stime. Ne trarrebbero giovamento anche la tutela della biodiversità e la capacità di far fronte alla siccità. Questo tipo di interventi, però, ha bisogno di fondi e di uno sforzo coordinato globale. Per gli esperti della Fao, si potrebbe sottoporre tra il 5% ed il 10% delle praterie di tutto il pianeta ad una gestione per il sequestro di circa 184 milioni di tonnellate di carbonio in un anno. Tuttavia, vi sono alcuni ostacoli, come la proprietà privata, il possesso delle terre e la cultura dei pastori nomadi. (F.C.)

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    Kosovo: l’inchiesta del Consiglio d’Europa sul presunto traffico di organi di prigionieri serbi

    ◊   Atteso nella prossima settimana l’arrivo a Pristina di Dick Marty, Inviato del Consiglio d'Europa per indagare sul possibile coinvolgimento dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) in crimini di guerra. Secondo fonti locali, l'obiettivo della missione sarà accertare possibili responsabilità di militari dell'Uck nel traffico di organi prelevati a serbi uccisi durante la guerra del Kosovo. Alla fine di dicembre scorso Marty si era incontrato con il procuratore serbo per i crimini di guerra Vladimir Vukcevic, il quale aveva presentato documenti che a suo avviso rafforzano la convinzione che l'Uck abbia violato i diritti umani dei prigionieri serbi. (R.G.)

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    Sri Lanka: aperto l’anno giubilare per il Beato Joseph Vaz

    ◊   Chiesa dello Sri Lanka in festa quest’anno: si è infatti aperto il 14 gennaio, con una messa solenne, l’anno giubilare del Beato Joseph Vaz, considerato l’apostolo del Paese e beatificato da Giovanni Paolo II. Le celebrazioni si concluderanno il 16 gennaio 2011, in occasione del 300° anniversario della morte dell’unico beato dell’isola. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, la messa è stata celebrata alla presenza di circa 2mila fedeli da mons. Harold Anthony Perera, vescovo di Kurunegala, insieme al vescovo emerito Raymond Peiris ed al sacerdote Tamil padre Reginold Lucien. La celebrazione in onore del Beato Vaz si è svolta nel villaggio di Maha Galgamuwa, nei pressi del santuario a lui dedicato. Mons. Perera ha definito il beato “un perfetto fedele, venuto in una terra a lui sconosciuta, dove gli olandesi avevano soppresso il cristianesimo e dove non c’erano sacerdoti e la popolazione era priva di tutto”. Nello Sri Lanka, “egli – ha proseguito il presule – ha riportato il lume della fede”. Anche nella diocesi di Colombo è stato aperto l’anno giubilare dall’arcivescovo Malcolm Ranjith, che ha officiato la messa presso la chiesa Beato Joseph Vaz, nella parrocchia di Makola. Joseph Vaz nacque nella colonia portoghese di Goa nel 1651. Divenuto sacerdote della Congregazione di San Filippo Neri, giunse nel 1687 nello Sri Lanka, dove rimase fino alla sua morte, nel 1711, contribuendo all’evangelizzazione dell’isola. Secondo una leggenda popolare, il beato donò ai Tamil una croce di legno, ancora conservata nel santuario a lui dedicato, per proteggerli dai molti animali feroci presenti nel Paese. (F.C.)

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    India: a Mumbai dall'inizio dell'anno oltre 20 suicidi fra studenti

    ◊   Dall’inizio del 2010 a Mumbai, capitale finanziaria dell’India, vi sono stati più di 20 suicidi fra gli studenti. L’ultimo caso si è verificato ieri, quando un giovane delle scuole superiori della St. Joseph High School, a Juhu, si è impiccato nella sua abitazione. Il numero crescente di questi suicidi fra gli studenti - riferisce l'agenzia AsiaNews - desta preoccupazione nei vertici della Chiesa cattolica di Mumbai. Mons. Percival Fernandez, vescovo ausiliare e vice-presidente del Consiglio arcidiocesano per l’istruzione, è “rattristato nel vedere questa ondata di suicidi fra i giovani” e parla di “diversi fattori” che concorrono a determinare “una situazione così tragica”. Tra le possibili cause, il prelato punta il dito contro la mancanza di “forza morale e amore” da parte di genitori e insegnanti. Mons. Fernandez guida il Consiglio direttivo dell’ospedale universitario di St. John ed è un’autorità nel campo della sanità. Parlando dei giovani, egli sottolinea che “hanno tutto il mondo nelle loro mani grazie alla tv, internet, telefoni cellulari, ma c’è un assoluto bisogno di ricostruirne la caratura morale: un compito che devono svolgere i genitori fra le mura domestiche e gli insegnanti a scuola”. In riferimento ai metodi di insegnamento, il prelato aggiunge che “le scuole prestano maggiore attenzione ai risultati che alla ‘formazione globale’ del bambino e troppo spesso i genitori sono presi dal lavoro per badare ai figli”. “Mancano anche cura e amore – conclude – che oggi sono ancora più importanti. Per questo le scuole cattoliche hanno avviato programmi per l’insegnamento di questi valori base: un passo eccellente nella giusta direzione”. (R.P.)

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    Burundi: donne mobilitate per essere equamente rappresentate alle prossime elezioni

    ◊   Pianificare una "strategia nazionale" in Burundi, con l'obiettivo di dare maggiore risalto alle candidature di donne nelle prossime elezioni comunali di maggio. L’iniziativa è stata lanciata nel Paese africano dall'organizzazione “Sinergie di partenariato per la promozione dei diritti delle donne” (SPPDF). La lotta per la parità intrapresa dalle donne del Burundi ebbe un primo, importante successo nel 2005, quando Alice Nzomukunda fu eletta vice presidente della Repubblica e Immaculee Nahayo ebbe la poltrona di presidente dell'Assemblea nazionale. (R.G.)

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    Il 12 febbraio a Roma Conferenza internazionale per fare il punto sul dopo Copenhagen

    ◊   Ripartire dal vertice Onu svoltosi nel dicembre scorso a Copenhagen e capire quali sono i margini per un accordo legalmente vincolante a fine anno. Questo l'obiettivo del Convegno annuale organizzato dal KyotoClub dal titolo "Dopo Copenhagen. Le sfide energetiche e ambientali del 2020". L'appuntamento, che si terrà il 12 febbraio a Roma presso la sala della Protomoteca al Campidoglio, prevede la presenza dei Paesi-chiave nella trattativa: Stati Uniti, Cina, India e Regno Unito. L'Accordo di Copenaghen - frutto di un'intesa politica promossa dagli stessi Stati Uniti e Cina, oltre a Brasile, India e Sudafrica - è stato riconosciuto da gran parte dei Paesi con una formula che semplicemente "prende nota" della sua esistenza, ma non lo adotta formalmente. L'Accordo riconosce che l'aumento della temperatura media globale non dovrà superare i 2 gradi rispetto ai valori pre-industriali e può essere considerato un primo passo che dovrà essere poi trasformato in uno strumento legalmente vincolante in Messico nella prossima Conferenza mondiale sul clima, prevista a Cancun, dal 29 novembre al 10 dicembre 2010. Sappiamo tuttavia, si legge in una nota diffusa da KyotoClub, che gli impegni dichiarati oggi dai Paesi industrializzati ed emergenti al 2020 porterebbero a una concentrazione di gas serra in atmosfera tale da provocare un aumento molto superiore ai 3 gradi, con conseguenti notevoli danni ambientali ed economici per tutta la comunità mondiale. (R.G.)

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    Roma: mostra su Auschwitz per la Giornata della Memoria

    ◊   “Auschwitz-Birkenau” è il titolo della mostra che verrà inaugurata il 26 gennaio a Roma, nel complesso del Vittoriano. A 65 anni dalla chiusura del campo di sterminio, l'esposizione rientrerà nel contesto delle manifestazioni per la Giornata della Memoria. La rassegna vuole ripercorrere la storia e lo sviluppo della persecuzione degli ebrei a partire dal 1933, concentrando l’attenzione sull’evoluzione del campo di concentramento di Auschwitz, dalla fondazione per ordine di Himmler il 27 aprile 1940, fino ad arrivare al giorno dell’abbattimento dei cancelli, il 27 gennaio 1945. Tutto ciò attraverso l’esposizione di drammatiche testimonianze, fotografie, mappe, piani di costruzione dei crematori, filmati, lettere, diari, oggetti e materiali di vario genere, alcuni dei quali provenienti dal museo di Auschwitz. All’inaugurazione della mostra parteciperanno il premio Nobel per la pace 2006 Elie Wiesel, il presidente della Camera Gianfranco Fini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi ed il sindaco di Roma Gianni Alemanno. (F.C.)

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    Economia e ambiente tra i temi in discussione al primo Meeting mondiale della gioventù di Bari

    ◊   Continuano i lavori del primo meeting mondiale della gioventù alla Fiera del Levante di Bari, in occasione dell’anno internazionale dedicato ai giovani e promosso, tra gli altri dall’Onu. Questa mattina sono intervenuti il presidente della regione Puglia Nichi Vendola e il ministro della gioventù Giorgia Meloni e per il pomeriggio è atteso un ventaglio di appuntamenti, per costruire un futuro migliore, affidato ai giovani, eredi del presente e del futuro del mondo e possessori della chiave di volta per realizzare un futuro diverso, dove la politica ha fallito. Con il meeting della responsabilità inizia un nuovo percorso che le organizzazioni nazionali ed internazionali se impegnano a sostenere, investendo sulla formazione, la precarietà e sul progetto casa, ha detto il ministro della gioventù, Giorgia Meloni. Altro tema discusso stamani è stato quello della crisi economica, affrontato dalla sociologa della Columbia University, Saskia Sassen, che ha sottolineato che le ragioni della crisi vanno riscontrate nell’abbandono da parte dell’economia della sua funzione, a vantaggio della finanza. Nel pomeriggio, verranno toccati altri temi importanti, come la promozione umana e lo sviluppo, la cittadinanza, la salvaguardia del creato. I lavori procederanno nell’ambito di diversi workshop, che chiuderanno la prima giornata. Al termine della tre giorni, è prevista la presentazione di una bozza di accordo di tutte le organizzazioni presenti al meeting per sottoscrivere concretamente questo progetto. L’obiettivo del meeting è creare un piano di azione globale-locale per raggiungere progressi concreti nella realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite. (A cura di Alessandra De Gaetano)

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    24 Ore nel Mondo



    In Nigeria imposto il coprifuoco dopo gli scontri tra cristiani e musulmani. Una trentina le vittime

    ◊   Il coprifuoco permanente è stato imposto a Jos, in Nigeria, dopo gli scontri fra cristiani e musulmani che nella scorsa fine settimana hanno provocato almeno 26 vittime e oltre 300 feriti. Secondo alcune fonti, il bilancio delle violenze potrebbe essere già salito a 40 morti. La Croce Rossa locale ha fatto sapere che 3.000 abitanti della zona sono stati trasferiti altrove per ragioni di sicurezza. All’origine dei violenti scontri, secondo la polizia nigeriana, la costruzione di una moschea nel quartiere a maggioranza cristiana di Nassarawa Gwom. Un’altra ricostruzione dei fatti parla invece della riedificazione in atto di due case date alle fiamme durante i disordini che, nel novembre del 2008, provocarono almeno 200 vittime nella stessa città di Jos. Sul perché di queste nuove tensioni, Giada Aquilino ha intervistato padre Patrick Alumuku, direttore delle Comunicazioni Sociali dell’arcidiocesi di Abuja:

    R. – E’ iniziato tutto con il problema della crisi tra musulmani e cristiani nel 2008, a Jos. Poi, i musulmani sono andati via: Jos è una città a maggioranza cristiana. Adesso alcuni musulmani hanno cercato di tornare e di ricostruire le loro case. Ma alcuni giovani non volevano queste ricostruzioni. Ecco, quindi, come una piccola cosa può creare una grande crisi come quella in atto.

     
    D. – Come si possono superare le tensioni a sfondo religioso, in Nigeria?

     
    R. – Diversi gruppi e diverse persone stanno cercando di trovare una via di uscita. L’arcivescovo di Jos, mons. Ignatius Kaigama, e i capi musulmani locali stanno lavorando insieme. Ieri, c’è stata una conferenza stampa in cui è stato detto a musulmani e cristiani di fare il possibile per evitare che questa crisi peggiori. Poi, ci sono anche iniziative di altre persone e di altri gruppi che stanno cercando la via del dialogo. Per esempio a Kaduna ci sono un religioso cristiano e un imam musulmano che lavorano insieme: conducono un programma televisivo, ogni domenica, per portare avanti il dialogo tra le rispettive comunità. Esempi del genere si stanno moltiplicando nel Paese per diffondere l’idea che non si può andare avanti con la crisi, mentre si può avere progresso e sviluppo solo se si lavora insieme.

     
    Afghanistan, attacchi talebani. Condanna unanime internazionale
    Ancora violenza in Afghanistan. Oggi quattro poliziotti hanno perso la vita in due diversi attacchi avvenuti ieri sera nelle province meridionali di Helmand e Nimroz. Unanime la condanna della comunità internazionale per l’offensiva dei talebani, che ieri hanno attaccato il centro di Kabul, proprio nel giorno in cui avrebbero giurato 14 ministri del nuovo governo. Il primo bilancio ufficiale è di 10 morti e 32 feriti. Le vittime sarebbero sette guerriglieri e tre civili. Il presidente, Hamid Karzai, ha dichiarato che “tutto è sotto controllo e l'ordine è stato ristabilito”.

    Iran, Khamenei incita il popolo a scendere in piazza
    La Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, ha rivolto oggi un appello al “popolo” perchè partecipi “con tutta la sua forza e saggiamente” alle manifestazioni per il 31.mo anniversario della rivoluzione, l'11 febbraio prossimo, per sconfiggere i complotti del “nemico che cerca di creare instabilità”. Lo ha riferito la televisione di Stato. Dopo le manifestazioni dell'opposizione del 27 dicembre scorso, giorno dell'Ashura, nuove proteste antigovernative potrebbero essere indette in occasione delle celebrazioni. Oggi, intanto, oltre 40 persone che avevano preso parte alle proteste durante l’Ashura sono state arrestate, dopo essere state identificate attraverso fotografie diffuse su Internet.

    Elezioni in Ucraina, Yanukovich in testa ma il ballottaggio resta aperto
    In Ucraina, l’ex presidente filorusso Yanukovich è in vantaggio di 11 punti percentuali sulla premier Tymoshenko. Il ballottaggio del 7 febbraio si profila così incerto. Intanto l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ha promosso il primo turno elettorale, perché ha rispettato gli standard democratici internazionali. Ma lo scenario politico nel Paese può dirsi caratterizzato sempre dagli stessi nomi? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Vittorio Strada, docente di Lingua e letteratura russa all'Università Ca' Foscari di Venezia:

    R. - L’impressione che tutto sia rimasto tale e quale mi sembra sbagliata soprattutto per la comparsa di un terzo personaggio, questo uomo d’affari, Serghei Tigipko, dal cui orientamento dipende ora il ballottaggio.

     
    D. – Proprio Tigipko ha chiesto elezioni parlamentari anticipate. Coma valutare questa sua presa di posizione?

     
    R. – E’ una richiesta, secondo me, legittima perché tra il parlamento e il nuovo presidente, quale esso sia, ci potrebbe essere una forte distanza, ammesso che Yanukovic vinca. Quindi in queste trattative certamente - segrete o palesi che siano – che si svolgeranno in questi settimane prima del ballottaggio, ci sarà una forte pressione da parte di Mosca, naturalmente, e ci saranno delle contrattazioni fra le varie forze. Tutto questo dimostra che i giochi sono aperti e che quindi in un certo senso in Ucraina c’è una vera democrazia politica.

     
    D. – La scelta è sempre fra Occidente ed Oriente e quindi la Russia?

     
    R. – Certamente e non solo perché c’è la parte orientale dell’Ucraina più legata a Mosca che non la parte occidentale; ma anche perché oggettivamente l’Ucraina non può ignorare dal punto di vista economico e politico e geopolitico la vicina potente che è la Russia. Quale che sia il potere che si affermerà, deve avere dei rapporti di collaborazione. Questo anche se si orienterà verso Occidente. Non potrà certo ignorare l’Oriente - questo è chiaro – evidentemente servirà una politica equilibrata. L’importante è che l’Occidente capisca questa situazione e che l’Europa riconosca nell’Ucraina una sua parte essenziale. C’è poi il problema della Nato: questo per il momento non si pone. Yanukovich è certamente contrario al cento per cento, mentre la Tymoshenko è più possibilista.

     
    Ucraina, almeno 7 morti nel crollo di un ospedale
    È salito a 7 morti il bilancio del crollo, ieri, di alcuni piani di un ospedale di Lugansk, nella parte oreintale dell'Ucraina, provocato dall’esplosione di diverse bombole di ossigeno nel reparto di cardiologia. Ancora incerto il numero dei dispersi.

    Usa, voto cruciale in Massachusetts
    C’è grande attesa per l’esito del voto delle elezioni suppletive nello Stato Massachusetts, per il seggio rimasto vacante con la morte di Ted Kennedy. Il risultato potrebbe essere cruciale per i Democratici per mantenere la maggioranza al Senato e al presidente Obama per vedere approvata la riforma del sistema sanitario. Oggi il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs ha annunciato che il 27 gennaio prossimo il presidente Usa pronuncerà il suo primo discorso sullo stato dell'Unione.

    La Bulgaria candida vice-presidente Banca Mondiale a commissario Ue
    La bulgara Rumiana Jeleva ha deciso di ritirare la propria candidatura a commissaria dell'Unione europea alla cooperazione e aiuti umanitari. Lo ha reso noto il capogruppo del Ppe all'Europarlamento, Joseph Daul. Jeleva si è dimessa anche dall'incarico di ministro degli Esteri di Sofia dopo le polemiche nate riguardo alle sue competenze. Il presidente della Commissione, Jose' Manuel Barroso, ha annunciato la sua sostituta: si tratta di Kristalina Georgieva, vice presidente della Banca Mondiale. Il voto finale del Parlamento europeo sul nuovo esecutivo è destinato a slittare oltre il 26 gennaio, data inizialmente prevista.

    La Mongolia annuncia che abolirà la pena di morte
    Il 14 gennaio 2010, con uno storico discorso in Parlamento, il presidente della Mongolia, Tsakhiagiin Elbegdorj, ha solennemente proclamato l'introduzione di una moratoria ufficiale delle esecuzioni, decretando la riduzione automatica di tutte le sentenze capitali in 30 anni di reclusione. Elbegdorj, inoltre, ha manifestato apertamente la sua intenzione di giungere quanto prima all'abolizione totale e incondizionata della pena di morte.

    Guatemala, terremoto di sesto grado
    La terra torna a tremare in America centrale. Un sisma del sesto grado della scala Richter ha colpito la zona al confine tra Guatemala ed El Salvador. L'epicentro è stato individuato a una profondità di 103 km, a 97 km a sud-est di Città del Guatemala. La scossa è stata avvertita in tutto il Paese e nel Sud del Messico, anche se non si segnalano vittime o danni materiali. Essendosi prodotto nell'Oceano Pacifico, il sisma non dovrebbe essere in relazione con quello che 6 giorni fa ha colpito Haiti.

    Somalia, scontri tra pirati per il riscatto del mercantile greco
    Una violenta battaglia che ha causato almeno quattro morti e numerosi feriti è esplosa ieri tra due gruppi di pirati somali per la divisione dell'enorme riscatto ottenuto per la liberazione della superpetroliera greca Maran Centaurus. Lo scontro è avvenuto ad Harardere, sulla costa del Puntland, regione semiautonoma nel nord est della Somalia. La Maran Centaurus, lunga 320 metri e con a bordo due milioni di barili di greggio era stata sequestrata il 29 novembre. È stata liberata ieri mattina, dietro il pagamento di un riscatto milionario, si ritiene superiore ai 5,5 milioni di dollari, comunque il più alto mai pagato. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Rizzo)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 19
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