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Sommario del 18/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Storica visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma: ebrei e cristiani insieme, in un cammino irrevocabile di amicizia, per testimoniare al mondo l'unico Dio
  • Il rabbino Di Segni: puntare su ciò che è comune per dare un messaggio di pace. Il cardinale Kasper: rafforzato il dialogo
  • Ripresi i colloqui della Commissione per il Dialogo ebraico-cattolico
  • Il Papa riceve i luterani finlandesi all'inizio della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani: rinsaldare i vincoli del dialogo per una piena riconciliazione
  • Altre udienze
  • Mons. Léonard nuovo arcivescovo di Bruxelles
  • Provvedimenti nelle Chiese Orientali Cattoliche
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Haiti: le difficoltà non fermano la solidarietà internazionale
  • Presidenziali in Cile: vince il leader della destra Piñera

  • Chiesa e Società

  • Il terremoto di Haiti: le vittime della Chiesa
  • Il Celam per il sostegno materiale e spirituale al popolo di Haiti
  • La solidarietà dei vescovi d'Australia e Romania per i terremotati di Haiti
  • Afghanistan. Padre Moretti: torna la paura a Kabul ma la Chiesa continua la sua opera
  • Iraq: ucciso a Mosul un commerciante siro-cattolico
  • Pakistan: giovane cristiano condannato all’ergastolo per blasfemia
  • Malaysia: la comunità islamica condanna gli attacchi anticristiani
  • El Salvador: Chiesa soddisfatta per la richiesta di perdono del presidente Funes
  • Brasile: i vescovi respingono il Piano nazionale dei diritti umani
  • Concorso di comunicazione in Ecuador sul tema "Proteggere la natura, un impegno per la vita"
  • Dialogo interreligioso in Burkina Faso
  • Camerun: la Conferenza episcopale celebrerà ad aprile l’Anno Sacerdotale
  • Sud Corea: la "grande opportunità” della Settimana per l’unità dei cristiani
  • L'arcidiocesi dell'Aquila concede una chiesa alla comunità rumeno-ortodossa
  • Nuovi dati ufficiali sulla presenza cristiana in Terra Santa
  • Bari: al via il Meeting Mondiale dei giovani
  • Integrazione europea: il premio Carlo Magno al premier polacco Tusk
  • 24 Ore nel Mondo

  • Attacco a Kabul: almeno 10 i morti. Karzai assicura: la capitale è sotto controllo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Storica visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma: ebrei e cristiani insieme, in un cammino irrevocabile di amicizia, per testimoniare al mondo l'unico Dio

    ◊   Storica visita di Benedetto XVI, ieri, alla Sinagoga di Roma a quasi 24 anni da quella di Giovanni Paolo II. Nella Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei, che in Italia compie 20 anni, il Papa ha ribadito che il cammino di amicizia tra le due comunità è irrevocabile: ebrei e cristiani – ha detto – in virtù delle loro radici comuni e pur nelle differenze, sono chiamati a testimoniare insieme l’unico Dio e il Decalogo, grande codice etico per tutta l’umanità. Anche il rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, ha sottolineato che, malgrado problemi aperti e incomprensioni, sono gli obiettivi comuni che devono essere messi in primo piano. Il servizio di Sergio Centofanti.

     
    (Canto)

     
    Il coro della Sinagoga intona il Salmo 133: “Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!”. Grande clima di amicizia e cordialità in questa storica visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, pur nella sottolineatura di visioni differenti. Il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, ha parlato di un evento che lascerà un segno profondo nelle relazioni fra il mondo ebraico e quello cristiano. Con commozione ricorda come il padre fu salvato dalle persecuzioni antiebraiche:

     
    “Se sono qui a parlare da questo luogo sacro, è perche mio padre e mio zio Raffaele z.l. trovarono rifugio nel Convento delle Suore di Santa Marta a Firenze”.

     
    E anche se ci sono “ferite ancora aperte” – ha detto – il dialogo tra ebrei e cattolici “può e deve continuare”. Quindi, non manca di fare un riferimento ai presunti silenzi di Pio XII di fronte alla Shoàh. Silenzi cui accenna anche il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, che aggiunge:

     
    “Malgrado una storia drammatica, i problemi aperti e le incomprensioni, sono le visioni condivise e gli obiettivi comuni che devono essere messi in primo piano. L'immagine di rispetto e di amicizia che emana da questo incontro deve essere un esempio per tutti coloro che ci osservano”.

     
    Il presidente delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, auspica che “le diversità non siano, mai più, causa di conflitti ideologici o religiosi, bensì di reciproco arricchimento culturale e morale”.

     
    Anche Benedetto XVI rievoca il dramma sconvolgente della Shoàh, vertice dell’odio che nasce quando l’uomo dimentica il Creatore. E ricorda gli ebrei romani strappati dalle loro case per essere deportati e uccisi ad Auschwitz:
     
    “Purtroppo, molti rimasero indifferenti, ma molti, anche fra i Cattolici italiani, sostenuti dalla fede e dall’insegnamento cristiano, reagirono con coraggio, aprendo le braccia per soccorrere gli Ebrei braccati e fuggiaschi, a rischio spesso della propria vita, e meritando una gratitudine perenne. Anche la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso, spesso nascosta e discreta”.

     
    Il Papa ribadisce la irrevocabilità del cammino di amicizia tra ebrei e cattolici intrapreso col Concilio Vaticano II. Ripete, tra gli applausi, le parole di Giovanni Paolo II in Terra Santa nel 2000 allorché domandò perdono per le sofferenze inflitte agli ebrei nella storia:
     
    “La Chiesa non ha mancato di deplorare le mancanze di suoi figli e sue figlie, chiedendo perdono per tutto ciò che ha potuto favorire in qualche modo le piaghe dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo. Possano queste piaghe essere sanate per sempre!”
     
    Quindi ricorda le radici comuni e il profondo rapporto che lega la Chiesa agli ebrei, "scelti dal Signore primi fra tutti ad accogliere la sua parola": e "i doni e la chiamata di Dio - ha ribadito - sono irrevocabili!". Poi ha ricordato il "valore perenne" del Decalogo per ebrei e cristiani, ma anche per i non credenti, quale “grande codice etico per tutta l’umanità”. Indica tre campi di collaborazione tra le due comunità proprio a partire dai Dieci Comandamenti. Innanzitutto il riconoscimento dell’unico Dio “contro la tentazione di costruirsi altri idoli”:
     
    “Nel nostro mondo molti non conoscono Dio o lo ritengono superfluo, senza rilevanza per la vita; sono stati fabbricati così altri e nuovi dei a cui l’uomo si inchina. Risvegliare nella nostra società l’apertura alla dimensione trascendente, testimoniare l’unico Dio è un servizio prezioso che Ebrei e Cristiani possono offrire assieme”.

     
    Il secondo campo di collaborazione è "la protezione della vita, contro ogni ingiustizia e sopruso, riconoscendo il valore di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio"; il terzo è la promozione della “santità della famiglia”, “cellula essenziale della società”, e “in cui il ‘sì’ personale e reciproco, fedele e definitivo dell’uomo e della donna, dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e si apre, al tempo stesso, al dono di una nuova vita”. E sui comandamenti ricorda quanto hanno affermato sia Mosè che Gesù: “si riassumono nell’amore di Dio e nella misericordia verso il prossimo”:

     
    “In questa direzione possiamo compiere passi insieme, consapevoli delle differenze che vi sono tra noi, ma anche del fatto che se riusciremo ad unire i nostri cuori e le nostre mani per rispondere alla chiamata del Signore, la sua luce si farà più vicina per illuminare tutti i popoli della terra”.

     
    Tra ebrei e cattolici - rileva con convinzione - c’è la “comune volontà di continuare un dialogo aperto e sincero”:

     
    “Cristiani ed Ebrei hanno una grande parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore, hanno le stesse radici, ma rimangono spesso sconosciuti l’uno all’altro. Spetta a noi, in risposta alla chiamata di Dio, lavorare affinché rimanga sempre aperto lo spazio del dialogo, del reciproco rispetto, della crescita nell’amicizia, della comune testimonianza di fronte alle sfide del nostro tempo, che ci invitano a collaborare per il bene dell’umanità in questo mondo creato da Dio, l’Onnipotente e il Misericordioso”.

     
    Il Papa, infine, invoca dal Signore “il dono prezioso della pace in tutto il mondo, soprattutto in Terra Santa” e nel Medio Oriente.

     
    Quella al Tempio Maggiore di Roma è stata la terza visita di Benedetto XVI in una Sinagoga, dopo Colonia nel 2005 e New York nel 2008. Ma torniamo all’evento di ieri, con una cronaca dei momenti salienti dell'avvenimento nel servizio del nostro inviato alla Sinagoga di Roma, Alessandro Gisotti:

     
    Un viaggio breve quello che il Papa ha compiuto per raggiungere la Sinagoga sul Lungotevere, cuore della comunità ebraica romana. Eppure un viaggio fondamentale, perché come scriveva Jacques Maritain, “quando la Sinagoga e la Chiesa saranno riconciliate allora soltanto sarà possibile parlare di guarigione dell’umanità”. In questo quartiere dove ogni angolo, ogni pietra racconta una storia, spesso una storia di sofferenza, la visita, che non ha mancato di offrire momenti di viva commozione, è iniziata nel segno della memoria. Il Papa si raccoglie davanti alla lapide che ricorda i 1021 ebrei romani deportati dai nazisti il 16 ottobre del 1943 ed incontra alcuni sopravvissuti al lager di Auschwitz. Quindi, la sosta dinnanzi alla targa che ricorda l’attentato contro la Sinagoga del 1982 nella quale perse la vita un bambino di 2 anni. Toccante fuori programma prima dell’ingresso in sinagoga, l’incontro affettuoso con il 95enne rabbino Elio Toaff, che nonostante le sue condizioni precarie di salute non ha voluto rinunciare ad incontrare il Papa.

     
    (Canti)

     
    Nel Tempio, si vivono momenti di intensa emozione, soprattutto quando il presidente della comunità ebraica Pacifici saluta i sopravvissuti alla Shoah presenti e il Papa, visibilmente commosso, si alza per rendere loro omaggio. Un gesto che suscita un prolungato applauso:

     
    (Applausi)

     
    Dopo i discorsi, accompagnato dall’inno tradizionale ebraico, “Anì Maamin”, è stata la volta dello scambio dei doni:

     
    (Inno “Anì Maamin”)

     
    Il Papa regala al Rabbino una veduta dell’isola Tiberina del Piranesi. Di Segni ricambia con un dipinto dell’artista Tobia Ravà, ricco di simbolismi biblici. Un’opera raffigurante un bosco di pioppi. E un altro albero suggella questo avvenimento a lungo atteso. Un ulivo piantato a ricordo della visita con la speranza che dia molti frutti per la concordia e l’amicizia tra ebrei e cattolici. Ma anche con i musulmani. In Sinagoga, era infatti presente una delegazione della comunità islamica italiana. Ancora nel segno della memoria, un altro momento della visita: l’inaugurazione nel Museo Ebraico della mostra “Et ecce gaudium”, che espone 14 disegni preparati, nel ‘700, dagli ebrei romani per l’incoronazione dei Pontefici. Quindi, prima del ritorno in Vaticano l’incontro con alcuni rappresentanti della comunità, nella Sinagoga spagnola. Una visita durata in tutto due ore, ma che sarà ricordata a lungo.

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    Il rabbino Di Segni: puntare su ciò che è comune per dare un messaggio di pace. Il cardinale Kasper: rafforzato il dialogo

    ◊   La visita del Papa alla Sinagoga di Roma è stato un avvenimento all’insegna della fratellanza: è quanto sottolinea il Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, intervistato da Alessandro Gisotti, all’indomani dello storico evento:

    R. – Io ho voluto insistere su una riflessione biblica sul tema della fratellanza, perché la Bibbia – che è una radice comune – ci spiega che la fratellanza è una cosa molto stretta ma complicata, per cui i rapporti tra fratelli sono tanto importanti quanto difficili ed il percorso biblico porta dalla conflittualità totale tra fratelli alla riconciliazione, alla pacificazione. Questo esprime bene, in senso simbolico, la strada che stiamo percorrendo con tante difficoltà, ma anche con buona volontà.

     
    D. – Nel suo intervento e in quello del Papa è stato messo l’accento sul patrimonio comune di ebrei e cristiani. Quanto questo patrimonio comune può aiutare oggi l’umanità, spesso lacerata da divisioni?

     
    R. – Questa è la sfida del momento attuale, quella nella quale bisogna trovare dimensioni comuni per poter dare un messaggio forte di pace.

     
    D. – Il Papa ha detto che “nonostante le radici comuni, ebrei e cristiani rimangono spesso sconosciuti l’uno all’altro”. C’’è dunque un impegno, una chiamata all’impegno anche ad approfondire la conoscenza reciproca …

     
    R. – Sì, una conoscenza che si esprime su vari piani. C’è la conoscenza personale che, ovunque e comunque siano presenti ebrei in minoranza, si realizza in qualche modo. E poi c’è un problema di conoscenza del patrimonio culturale, che è un problema del tutto aperto, da affrontare.

     
    D. – Benedetto XVI ha visitato tre sinagoghe con la visita al Tempio Maggiore di Roma; si potrebbe dire che dopo Pietro è il Pontefice che ha visitato più sinagoghe. Quanto è importante, secondo lei, che ciò che prima di Giovanni Paolo II era definito “straordinario” con Papa Benedetto stia quasi diventando “ordinario”?

     
    R. – A posteriori, dopo ieri, possiamo dire che sta diventando ordinario. Fino a ieri poteva non esserlo. L’evento di ieri non era affatto scontato. E’ stato difficile realizzarlo, irto di difficoltà e alla fine si è arrivati al risultato. La routine, quindi, in questi casi non esiste mai, c’è sempre necessità di tanto lavoro e tanta buona volontà.

     
    D. – Ma è bello pensare che possa diventare così, anche per il futuro …

     
    R. – Sì, anche se un minimo di movimento rende più vivace le cose, per cui in qualche modo non tutto il male viene per nuocere!

     
    D. – Dopo questo incontro così intenso quali sono le sue aspettative sulla via del dialogo tra ebrei e cristiani?

     
    R. – Credo che il punto fermo sia quello del clima, della possibilità di risolvere i problemi che abbiamo visto in questi giorni. In qualche modo si è profilata questa possibilità e credo che sia questa la cosa più reale ed essenziale che emerge. Non possiamo avere la bacchetta magica ma siamo almeno disponibili reciprocamente.

     
    E di rafforzamento del dialogo tra ebrei e cattolici, dopo la visita alla Sinagoga di Roma, parla anche il cardinale Walter Kasper. Il presidente della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l'ebraismo si sofferma sullo storico avvenimento al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – Io penso che questa visita costituisca un rafforzamento del nostro dialogo, perché le due parti hanno affermato di essere determinate ad andare avanti nel dialogo, non soltanto in senso accademico ma anche come scambio di valori. Penso che sia stato molto importante quello che ha detto il Santo Padre sui Dieci Comandamenti: questa è una eredità comune, ma è in realtà un’eredità dell’umanità tutta e noi dobbiamo dare testimonianza di questi valori, dei Dieci Comandamenti, perché sono ciò di cui il mondo di oggi ha bisogno.

     
    D. – Quindi si può dire che questa visita è stata molto soddisfacente?

     
    R. – Sì, è andata molto bene da tutte e due le parti. Sì, è vero, ci sono differenze tra ebrei e cattolici e ci sono anche problemi concreti … Ma la differenza è data dal fatto che questi problemi possano essere risolti in un contesto di ostilità o di amicizia. Ieri abbiamo costruito fiducia, amicizia e possiamo andare avanti, perché questo dialogo è un segno importante che anche dopo un lungo periodo di contrasti, si può ricominciare, per la grazia di Dio.

     
    D. – Ci sono stati anche dei momenti toccanti, soprattutto quando il Santo Padre ha stretto la mano ad alcuni sopravvissuti dei campi di concentramento …

     
    R. – Questa è sempre una situazione commovente, quando si incontrano i sopravvissuti della Shoàh … E’ stato commovente anche quando ha salutato il rabbino capo emerito Toaff, che ha dato un grande contributo alla riconciliazione. E’ stato grande amico di Giovanni Paolo II … ci sono stati molti segni commoventi ed anche incoraggianti!(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Ripresi i colloqui della Commissione per il Dialogo ebraico-cattolico

    ◊   Tornano a riunirsi da oggi a Roma, per due giornate di incontri, i membri della Commissione per il Dialogo ebraico-cattolico, composta da esponenti del Gran Rabbinato di Israele e della Commissione della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo. Le conversazioni, che si sono aperte questa mattina, vertono sul tema “L’insegnamento cattolico ed ebraico sulla Creazione e sull’Ambiente. Le sfide dell’intervento umano nell’ordine naturale”. Durante i colloqui si parlerà anche della situazione in Terra Santa. Su questa nuova tornata di conversazioni ascoltiamo padre Norbert Hofmann, segretario della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l'ebraismo, intervistato da Philippa Hitchen:

    D. – Negli ultimi due anni non c’erano stati incontri regolari, a causa di alcuni problemi: la preghiera per il Venerdì Santo, la vicenda Williamson … Ora, dopo due anni, ci incontriamo di nuovo, e questo è un buon segno. Questi incontri sono sempre stati caratterizzati da un’atmosfera amichevole; ora parliamo di ecologia dalla prospettiva ebraica e cristiano-cattolica … Mi rallegro di incontrare i miei amici ebrei e di tornare agli incontri ordinari, dopo due anni …

     
    D. – A questi incontri partecipano anche tutti i rappresentanti della Chiesa cattolica in Terra Santa, dal Patriarca latino di Gerusalemme al nunzio apostolico, e quindi si parlerà anche della difficile situazione della Chiesa in Terra Santa. Quanto può influire questo incontro sulla situazione politica e diplomatica?

     
    R. – Durante i nostri incontri, c’è sempre una sessione riservata alle questioni attuali. Certamente parleremo anche della situazione in Terra Santa e della Chiesa cattolica … Però, questo dialogo è un dialogo puramente religioso e quindi non c’entra la politica. Può essere che la situazione politica possa influire un po’, ma il nostro primo scopo è uno scambio di idee religiose, un dialogo a livello religioso.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il Papa riceve i luterani finlandesi all'inizio della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani: rinsaldare i vincoli del dialogo per una piena riconciliazione

    ◊   Il primo giorno dell’82.ma Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha visto Benedetto XVI intrattenersi questa mattina in udienza in Vaticano con i membri della delegazione ecumenica della Chiesa luterana finlandese. Il tema scelto per il 2010 è la frase tratta dal Vangelo di Luca “Di questo voi siete testimoni” e il Papa ha sottolineato nel suo discorso ai luterani l’importanza del cammino di fraternità costruito in 25 anni di incontri, di studio e di dialogo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Le difficoltà del passato come molla per credere a una riconciliazione ecumenica vera e più forte nel presente e nel futuro. Per Benedetto XVI è da questa convinzione che può avverarsi il sogno della piena unità fra le diverse denominazioni cristiane. Centodue anni dopo quel 18 gennaio 1908 - quando il rev. Paul Wattson celebrò negli Stati Uniti il primo “Ottavario di preghiera per l’unità” - e a 25 anni da un tradizionale incontro mai interrotto, come la visita dal Papa di una delegazione luterana finlandese in occasione della festa di Sant’Enrico, Benedetto XVI ha voluto dare particolare rilievo a questo appuntamento annuale, che ha "contribuito in maniera significativa - ha affermato - a rafforzare le relazioni tra i cristiani nel vostro Paese”. Un Paese, ha osservato, nel quale le Chiese d'Oriente e d'Occidente, entrambe presenti, “condividono una reale, anche se ancora imperfetta, comunione”:

     
    “This is a motive to regret…
    Questo è un motivo per rammaricarsi per le difficoltà del passato, ma è certamente anche un motivo che ci spinge a sempre maggiori sforzi di comprensione e di riconciliazione, in modo che la nostra fraterna amicizia e il dialogo possano ancora fiorire all’interno di una perfetta, visibile unità in Cristo Gesù”.
     
    Benedetto XVI ha poi affrontato il capitolo della Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione, che ormai da dieci anni - ha riconosciuto - rappresenta “ un segno concreto della ritrovata fraternità tra luterani e cattolici”. Il Papa ha detto di essere “lieto” per il recente lavoro svolto dal Dialogo Luterano-Cattolico Nordico in Finlandia e in Svezia incentrato su questioni derivanti dalla Dichiarazione congiunta:

     
    “It is greatly to be hoped…
    E’ fortemente auspicabile che il testo risultante dal dialogo contribuirà positivamente al percorso che porta alla ricomposizione della nostra unità perduta”.
    Una unità, tuttavia, ricercata dai luterani con una “perseveranza” che ha suscitato nel Papa la “gratitudine” per, ha detto, “questi venticinque anni di pellegrinaggio insieme”:
     
    “They demonstrate your respect…
    Essi dimostrano il vostro rispetto per il Successore di Pietro, come pure la vostra buona fede e il desiderio di unità attraverso un dialogo fraterno. È mia fervente preghiera che le varie Chiese cristiane e comunità ecclesiali, che voi rappresentate, possano ispirarsi a questo sentimento di fraternità nel quale abbiamo perseverato lungo il nostro pellegrinaggio insieme”.

     
    Sullo sfondo dell’udienza in Vaticano, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2010 propone un nuovo anniversario che sarà celebrato in giugno. Il tema “Di questo voi siete testimoni” si ricollega alla Conferenza missionaria di Edimburgo del giugno 1910, durante la quale oltre mille esponenti del Protestantesimo e dell’Anglicanesimo si riunirono nella città scozzese per riflettere sulla necessità di perseguire e giungere all’unità così da rendere più efficace la comunicazione del Vangelo.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia, accompagnato dal vice-presidente, mons. Hippolyte Simon, arcivescovo di Clermont, e dal segretario generale, mons. Antoine Hérouard; infine ha ricevuto il rabbino Jacob Neusner, con la consorte.

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    Mons. Léonard nuovo arcivescovo di Bruxelles

    ◊   Il Papa ha nominato oggi il nuovo arcivescovo di Malines-Bruxelles (Belgio): si tratta di mons. André-Mutien Léonard, finora vescovo di Namur. Succede al cardinale Godfried Danneels, che lascia, dopo oltre 30 anni, per raggiunti limiti di età. Mons. André-Mutien Léonard è nato il 6 maggio 1940 a Jambes, nella diocesi di Namur. Dopo gli studi secondari presso il "Collège Notre-Dame de la Paix" a Namur, ha compiuto gli studi filosofici presso l’Università Cattolica di Louvain, ottenendone la Licenza, e quelli teologici presso la Pontificia Università Gregoriana fino alla Licenza. Ritornato in Belgio, ha conseguito il Dottorato in Filosofia a Louvain-le-Neuve. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 19 luglio 1964 per la diocesi di Namur. Dal 1970 al 1991 è stato professore di Filosofia all’Università Cattolica di Louvain-la-Neuve. Dal 1978 è stato anche rettore del Seminario Universitario "Saint-Paul" a Louvain-la-Neuve. È stato membro della Commissione Teologica Internazionale. Eletto vescovo di Namur il 7 febbraio 1991, è stato ordinato il 14 aprile successivo.

    Negli Stati Uniti, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Corpus Christi presentata da mons. Edmond Carmody, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. William Michael Mulvey, del clero della diocesi di Austin, finora amministratore diocesano della medesima diocesi. Mons. William Michael Mulvey è nato il 23 agosto 1949 a Houston (Texas). Dopo aver completato la scuola primaria e secondaria, ha frequentato la "St. Edward’s Univeristy" e ha conseguito il BBA. Ha proseguito gli studi teologici a Roma all’Università Angelicum e alla Pontificia Università Gregoriana, dove ha ottenuto una Licenza in Teologia Spirituale nel 1976. E’ stato ordinato sacerdote il 29 luglio 1975 da Paolo VI per la diocesi di Austin. Attivamente coinvolto nel movimento dei Focolari, è stato condirettore della scuola di formazione per sacerdoti diocesani del movimento a Firenze (1995-1997), e poi è stato direttore del Centro della Spiritualità per sacerdoti diocesani del movimento a Hyde Park, New York (1997-1999). Nell’agosto 2009 è stato eletto Amministratore diocesano di Austin. Dal 21 gennaio 2006 è cappellano di Sua Santità.

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    Provvedimenti nelle Chiese Orientali Cattoliche

    ◊   Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Arcivescovile Maggiore Siro-Malabarese, riunitosi a Mount Saint Thomas presso Ernakulam dal 10 al 15 gennaio, dopo aver debitamente consultato la Santa Sede, ha adottato i seguenti provvedimenti ed ha proceduto, col previo assenso del Santo Padre, alle seguenti elezioni episcopali:

    - trasferimento del distretto civile di Chikmagalur dall’Eparchia di Mananthavady all’Eparchia di Bhadravathi;
    - accettazione delle dimissioni dal governo pastorale dell’Eparchia di Irinjalakuda presentate da mons. James Pazhayattil in conformità al can. 210 del CCEO ed elezione del suo successore nella persona di mons. Pauly Kannookadan;
    - accettazione delle dimissioni dal governo pastorale dell’Eparchia di Thamarasserry presentate da mons. Paul Chittilapilly in conformità al can. 210 del CCEO ed elezione del suo successore nella persona di mons. Remigiose Inchananiyil;
    - erezione della nuova Eparchia di Ramanathapuram ed elezione del primo vescovo nella persona di mons. Paul Alappatt;
    - erezione della nuova Eparchia di Mandya ed elezione del primo vescovo nella persona di mons. George Njaralakatt;
    - elezione del vescovo ausiliare per l’Arcieparchia di Trichur nella persona di mons. Raphael Thattil, al quale è stata assegnata la Sede titolare vescovile di Buruni;
    - elezione del vescovo della Curia Arcivescovile Maggiore nella persona di mons. Bosco Puthur, al quale è stata assegnata la Sede titolare vescovile di Foraziana.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita di Benedetto XVI alla Comunità ebraica di Roma dal titolo “Momento di grazia”

    Sul valore simbolico della visita, un articolo di Anna Foa dal titolo “Il più forte segno di riconciliazione”

    All’Angelus il Papa incoraggia l’impegno delle organizzazioni caritative per la popolazione di Haiti colpita dal terremoto

    Nell’informazione internazionale, in evidenza l’Afghanistan: uccisi a Kabul sette attentatori che avevano assaltato edifici governativi e centri commerciali

    La settimana per l’unità dei cristiani: monsignor Eleuterio Fortino sul prossimo incontro a Vienna per riflettere insieme sull’esercizio del ministero petrino. Sul tema anche un intervento di don Andrea Palmieri dal titolo “Fiducia e reciproca collaborazione”

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    Oggi in Primo Piano



    Haiti: le difficoltà non fermano la solidarietà internazionale

    ◊   Ad Haiti sono almeno settantamila i cadaveri seppelliti in fosse comuni dopo il terremoto che ha sconvolto il Paese. Secondo una stima fornita da esperti americani, i morti potrebbero essere oltre 200 mila. Circa 100 bambini sarebbero rimasti sepolti sotto le macerie di una scuola crollata nel villaggio di Leogane. Lo riporta la Cnn. Leogane, a pochi chilometri dall'epicentro del terremoto, è stata completamente distrutta. Intanto, secondo la Croce Rossa aumentano violenze e saccheggi. Ma in questo tragico scenario non mancano segnali di speranza: a Port-au-Prince altre due persone sono state salvate dalle macerie. E nel solco della speranza c'è da sottolineare la vasta solidarietà internazionale per Haiti: in questo contesto si collocano anche le iniziative della Chiesa con il Pontificio Consiglio Cor Unum e le Caritas di tutto il mondo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Ad Haiti si continua a scavare nella speranza di trovare persone ancora in vita oltre cumuli di cemento, mattoni e calcinacci. Finora, 62 persone sono state salvate dalle macerie. Il Paese è un groviglio di rovine e il governo ha dichiarato lo stato di emergenza fino alla fine di gennaio e un periodo di lutto nazionale di un mese. I Paesi che stanno aiutando economicamente Haiti si riuniranno il 25 gennaio a Montreal, in Canada, per pianificare la ricostruzione e affidare all’Onu il compito di coordinare gli aiuti internazionali. La comunità internazionale si è mobilitata in massa per aiutare il Paese più povero del continente americano, ma sono molteplici gli ostacoli per la macchina dei soccorsi: a Port-au-Prince l’aeroporto è ingolfato, il porto è distrutto e molte strade non sono percorribili. Gli Stati Uniti intendono inviare più truppe per partecipare alle operazioni di soccorso. Circa 2.200 i marines - dotati di attrezzature per rimuovere le macerie, aiuti sanitari ed elicotteri - andranno ad aggiungersi agli oltre 5.000 soldati americani già presenti nella regione. Nella capitale i sopravvissuti vivono ammassati in bidonville improvvisate. L’Onu riferisce che sono in corso operazioni di distribuzione di aiuti ma rifugi, impianti igienici, acqua e cure mediche restano “estremamamente limitati”. La priorità è quella di evitare una catastrofe sanitaria, alimentata da colera ed epidemie. A rendere difficili le operazioni di soccorso sono anche i molteplici episodi di violenza e sciacallaggio. La Chiesa è in prima linea per aiutare la popolazione del Paese caraibico. Alla luce della richiesta del Pontificio Consiglio Cor Unum, il Catholic Relief Services (Crs) – l’agenzia internazionale umanitaria dei vescovi degli Stati Uniti, ha promosso una serie di incontri con i presuli di Haiti e diverse agenzie caritative cattoliche per rispondere alla drammatica emergenza provocata dal terremoto. L’agenzia Crs – si legge nel comunicato di Cor Unum – si è immediatamente attivata per fornire cibo, acqua, vestiti, alloggi e assistenza medica. La distribuzione degli aiuti è assicurata in 12 siti. Personale e beni di prima necessità continuano ad arrivare dalla vicina Repubblica Dominicana e da altri Paesi. Come nel caso di disastri precedenti – sottolinea Cor Unum – è di nuovo manifesta “la generosità concreta della Chiesa, di istituzioni e privati in tutto il mondo”. Il nunzio apostolico in Haiti, l’arcivescovo Bernardito Auza, sta visitando le zone colpite dal terremoto, in particolare le comunità ecclesiali. Dalla Caritas della Repubblica Dominicana sono arrivati venti camion e una nave con 80 cointainer di cibo. Le organizzazioni della rete Caritas hanno inviato coperte, tende e taniche d’acqua. Finora la Caritas Haiti ha aiutato oltre 3 mila famiglie. Nelle prossime settimane si prevede di raggiungere 100 mila persone. La Chiesa italiana ha indetto per domenica prossima una raccolta straordinaria in tutte le parrocchie. Iniziative e progetti sono infine promossi, tra gli altri, dall’organizzazione spagnola Manos Unidas, dal Sovrano Ordine di Malta e dall’Avsi.

    Gli operatori dell’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale (Avsi) sono dunque ad Haiti per cercare di sostenere la popolazione in questo drammatico momento. In un Paese dove case ed edifici sono crollati come cartapesta la priorità adesso è di fornire cibo, acqua e rifugi. E’ quanto sottolinea, al microfono di Gabriella Ceraso, il segretario generale dell’Avsi Alberto Piatti:

    R. – Quello che stiamo facendo adesso è creare, per quello che è possibile, dei rifugi improvvisati, gli “shelter”, soprattutto nella baraccopoli di Cité Soleil, dove i bambini possano essere accuditi, rifocillati e rivestiti. La gente in questo momento ha bisogno di avere un materasso dove dormire, un telo con cui coprirsi, qualcosa da mangiare ma soprattutto acqua potabile.

     
    D. – La situazione sul terreno qual è?

     
    R. – Si temono due fattori. Il primo è quello di possibili epidemie e l’altro è quello delle rivolte. Hanno fatto dei blocchi stradali con dei cadaveri; poi è intervenuta la forza delle Nazioni Unite per rimuoverli. Seppur contenuto, comunque qualche episodio di violenza c’è: per questo la nostra è una presenza rassicurante che calma anche gli animi.

     
    D. – Quante persone state riuscendo ad assistere per ora?

     
    R. – In questo momento sono un migliaio di persone, però vorremmo riuscire ad arrivare – appena le possibilità di spostamento saranno più favorevoli – a raggiungere le settemila persone con cui da dieci anni siamo in contatto. Abbiamo già portato tre carichi di coperte e teli per tende improvvisate da Santo Domingo. Cominciamo già a distribuirle.

     
    D. – A proposito degli aiuti, c’è una polemica sul fatto che siano lenti o che non siano ben distribuiti…

     
    R. – Evidentemente questa massa di aiuti deve passare per due strozzature: il porto, che è inagibile e l’aeroporto. Fin quando non aprono, come stanno dicendo, a Les Cayes, e riattivano la pista a sud del Paese, l’unico ingresso in questo momento è l’aeroporto. Il porto di Porte-au-Prince è inagibile. Quindi gli aiuti arrivano con piccole imbarcazioni.

     
    D. – Le cose di cui c’è bisogno per voi quali sono?

     
    R. – La cosa migliore è non mandare materiali, perché – come abbiamo detto prima – c’è una strozzatura. E’ necessario poter disporre di somme di denaro affinché si possa comprare in loco ciò che serve in modo molto mirato e preciso.

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    Presidenziali in Cile: vince il leader della destra Piñera
     

    ◊   Svolta a destra in Cile. Con oltre il 51 per cento dei voti Sebastián Piñera ha vinto il ballottaggio presidenziale di ieri. Imprenditore, miliardario, durante la campagna elettorale ha proposto agli elettori ''una seconda transizione", dopo quella dall'autoritarismo militare alla democrazia. Due gli obiettivi su cui ha puntato: la creazione di un milione di posti di lavoro e la sicurezza. E da più parti si parla di un risultato storico. Sulle motivazioni di questa vittoria, Salvatore Sabatino ha raccolto il commento di Luis Badilla, giornalista ed esperto di America Latina:

    R. – Primo, perché era da 20 anni che governava una coalizione di centro-sinistra, subito dopo il regime militare di Pinochet. Poi, se andiamo indietro, tenendo conto dei governi democratici, era da 46 anni che in Cile non governava un presidente di destra. L’ultimo è stato Jorge Alessandri, che finì il suo mandato nel 1964. Dopo di che vennero regimi democratici-cristiani, quello della sinistra di Salvador Allende e poi tutto il periodo militare. Quindi, si tratta di una data molto rilevante, molto significativa. In secondo luogo, potremmo dire che la ragione del perché si dice che sia storico è perché si tratta di una nuova destra, che non c’entra niente con ciò che in un certo qual modo rappresentò Pinochet per oltre 20 anni.

     
    D. – Chi è Sebastián Piñera, può tracciarne un profilo?

     
    R. – Oltre ad essere un uomo molto ricco, è anche un uomo che in qualche modo ha rifondato la destra cilena, staccandola dal pinochettismo, dandole un volto molto più moderno, tanto che adesso il suo problema al governo, secondo me, sarà di dare seguito a tutte le sue promesse, perché paradossalmente lui ha fatto una campagna quasi di centro-sinistra, con un altissimo contenuto sociale.

     
    D. – La gente cosa si aspetta da lui, dopo questa elezione?

     
    R. – Si aspetta che dia compimento al suo programma. Tra l’altro aveva promesso migliaia e migliaia di alloggi popolari in pochissimo tempo, miglioramento del salario minimo, miglioramento del sistema sanitario... La gente vorrebbe vedere tutte queste promesse realizzate.

     
    D. – Dopo questo voto, come cambiano gli equilibri all’interno dell’America Latina?

     
    R. – Potrebbero cambiare drasticamente. Durante quest’anno, in America Latina, andranno a votare diversi Paesi per un totale di 400 milioni di persone, almeno 250 milioni di elettori dovranno eleggere il presidente: innanzitutto, in Brasile, poi i Parlamenti regionali, statali, e via dicendo, in Messico, poi il presidente colombiano, quindi un gran numero di elezioni presidenziali. Il Cile tradizionalmente ha segnato la pista di quello che può succedere. Non èuna questione meccanica, ma è probabile che quello che si è verificato in Cile si possa registrare in altri Paesi nei prossimi mesi.

     
    D. – Oggi come si può definire il Cile, che Paese è?

     
    R. – Dobbiamo ricordare che il Cile fra poco entrerà a far parte dell’Organizzazione per lo sviluppo economico: sarà il 31.mo Paese che entra a far parte di questa organizzazione. E’ quasi una certificazione che il Cile sarebbe in qualche modo uscito dal sottosviluppo. Il problema del Cile, che tra l’altro è un problema di tutta l’America Latina, è l’iniquità sociale: è un Paese dove le differenze sociali sono scandalose. Questa è l’altra grande sfida del presidente Piñera: sarà in grado, come ha promesso, di ridistribuire la ricchezza?

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    Chiesa e Società



    Il terremoto di Haiti: le vittime della Chiesa

    ◊   La Chiesa di Haiti conta le vittime del terribile sisma del 12 gennaio scorso, tra il personale religioso, studenti e dipendenti delle proprie strutture. Bilancio ancora provvisorio. “E’ l'ora delle lacrime, dappertutto è desolazione, e i Monfortani non sono risparmiati”, scrive padre Maurice, dall’isola caraibica. Qui la Compagnia di Maria opera dal 1871 con una dozzina di comunità, guidate da una cinquantina di sacerdoti, cui si aggiungono una ventina di studenti. E proprio tra i seminaristi si contano 10 morti, tra quanti avevano partecipato ad una conferenza all'Istituto di studi Cifor, crollato sul pulmino nel quale si trovavano gli allievi; rinvenuto morto anche padre Jean Baptiste, che mancava all'appello nella casa d’accoglienza a Baussan. Altre tre suore monfortane, della Congregazione delle Figlie della Sapienza, sono pure decedute nella casa d’accoglienza a Carrefour e per altre tre consorelle ancora si scava tra le macerie, con pochissime speranze di trovarle in vita. Buone notizie dai Redentoristi, presenti sull’isola dal 1984: nessuno fra di loro è perito nel terremoto, mentre si segnala un ferito, oltre il crollo della Chiesa di S. Gerardo, eretta nel 1929 a Port au Prince e così anche della parte nuova della casa degli studenti, rimasti senza alloggio. Notizie luttuose dai Salesiani: sono stati sepolti ieri due studenti, schiacciati nel crollo dell’’Istituto San Francesco di Sales, a Fleuriot-Tabarre, e ben altri 200 insieme ad alcuni dipendenti laici sono da ritenersi morti, sotto le macerie dell’Opera San Giovanni Bosco e l’Opera delle piccole scuole di padre Bonhem, nella capitale. Una suora ferita tra le Figlie di Maria Ausiliatrice, arrivate ad Haiti nel 1935. Fortunatamente tutti incolumi, nella Famiglia Domenicana, nell’isola caraibica da 50 anni, salvo una Sorella della Carità rimasta ferita nel crollo di una delle loro due case. Vivi ma feriti i tre Chierici di San Viatore, dispersi nella loro casa a Gran Goave, dove è rimasta invece uccisa l'incaricata della reception. Chierici arrivati ad Haiti nel 1965 per sostituire i Gesuiti, espulsi dal presidente Duvalier l'anno precedente. Illesi infine tutti i Fratelli delle Scuole cristiane, e cosi anche risparmiate dalla devastazione del terremoto le loro strutture educative e formative, distribuite tra l'Ile de la Tortua, Port de Paix e Port au Prince. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Il Celam per il sostegno materiale e spirituale al popolo di Haiti

    ◊   Il Consiglio episcopale latinoamericano, Celam, rinnova l’appello del Santo Padre in favore del popolo haitiano così duramente colpito dalla più grave catastrofe naturale di cui si abbia memoria nell’America settentrionale e caraibica. In una nota, il coordinamento ecclesiale latinoamericano incoraggia ulteriormente “gli organismi sociali e caritativi” delle 22 Conferenze episcopali della regione a mantenere “vive la presenza solidale della Chiesa con il popolo e la società di Haiti”. In comunione con il Papa, le autorità del Celam, ricordano quanto sia necessaria in quest’ora di tanto lutto e dolore esprimere in ogni modo possibile “la nostra vicinanza umana e spirituale” agli haitiani. “Dai diversi dipartimenti e centri del Celam - prosegue la nota - ci proponiamo dare il massimo slancio a tutti i meccanismi della comunione, della solidarietà e del sostegno materiale nei diversi ambiti dell’emergenza”. I vescovi del Celam inoltre ricordano con dolore - esprimendo sentite condoglianze alla Chiesa e al popolo brasiliano - la morte di Zilda Arns, carissima e prestigiosa cattolica molto conosciuta in tutta l’area latinoamericana per la sua opera, a capo dell’opera per la pastorale infantile. Lo stesso dolore e commozione esprime il Celam per la triste morte dell’arcivescovo di Port au Prince, mons. Joseph Serge Miot. Infine, il coordinamento ecclesiale invoca la protezione di “Nuestra Señora del Perpetuo Socorso, patrona di Haití, e chiede alla Vergine santa di dare “consolazione e forza a tutti gli haitiani, in particolare alle famiglie e a coloro che “hanno perso i loro cari e vivono oggi situazioni di miseria e di dolore”. (L. B)

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    La solidarietà dei vescovi d'Australia e Romania per i terremotati di Haiti

    ◊   Cordoglio e solidarietà alla popolazione di Haiti colpita dal tremendo terremoto, che l’ha devastata, arriva anche dalla Conferenza episcopale australiana (Acbc). L’arcivescovo di Adelaide, mons. Philip Wilson, presidente dell’Acbc, - riferisce l'agenzia Sir - ha chiesto a tutti i fedeli australiani di pregare per le migliaia di vittime del sisma tra le quali anche l’arcivescovo di Port-au-Prince, mons. Joseph Serge Miot, rimasto ucciso, nel crollo della cattedrale. “Il nostro cuore è vicino alla popolazione di Haiti in questo terribile momento” ha detto mons. Wilson che ha mobilitato la Caritas australiana per avviare una raccolta di fondi istituendo un numero verde 1800 024 413 o consultando il sito internet caritas.org.au. Caritas Australia ha già inviato ad Haiti un’unità di crisi per collaborare agli aiuti con altri gruppi presenti nell’isola. In una messa celebrata ieri in cattedrale a ricordo delle vittime del sisma, il presidente dei vescovi australiani ha invocato l’aiuto alla popolazione già segnata dalla povertà ed esortato alla mobilitazione anche le altre organizzazioni umanitarie cattoliche presenti nel Paese. “Non possiamo non offrire anche noi un segno di solidarietà con i nostri fratelli di Haiti”, ha dichiarato dal canto suo l’arcivescovo di Bucarest, mons. Ioan Robu, annunciando l’inizio di una raccolta fondi, in tutta l’arcidiocesi. “Anche se il nostro aiuto è piccolo - ha aggiunto l’arcivescovo -, l’amore e la vicinanza verso quelli rimasti in vita e sofferenti, e verso quelli andati al Signore, sono molto più grandi”. La raccolta è iniziata ieri in tutte le chiese dell’arcidiocesi, e si concluderà sabato prossimo. Le somme raccolte verranno inviate ad Haiti attraverso la nunziatura apostolica a Bucarest. Oggi, quando a Bucarest si apre, nella Cattedrale cattolica San Giuseppe, la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, l’iniziativa è stata proposta a tutti i cristiani romeni. (R.P.)

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    Afghanistan. Padre Moretti: torna la paura a Kabul ma la Chiesa continua la sua opera

    ◊   "Siamo in una situazione di incertezza e precarietà che impedisce lo svolgersi normale della vita". E' la testimonianza resa all’agenzia Fides da padre Giuseppe Moretti, Superiore della Missio sui iuris in Afghanistan, commentando gli attentati kamikaze compiuti oggi a Kabul dai talebani. "Viviamo fra alti e bassi, a seconda dei warning che vengono diffusi.- ha detto. Ieri, ad esempio, alla Messa domenicale celebrata nell’ambasciata italiana, i membri della comunità cattolica internazionale che risiedono a Kabul gremivano la chiesa. Oggi è tornata la paura e molti preferiscono non uscire di casa”. Il Superiore aggiunge: “Vi sono segni di speranza che vogliamo diventino presto una certezza per il popolo afgano. Il Paese ha bisogno di strumenti e vie che esplorino una soluzione politica e diplomatica, non solo militare, nel complesso scenario afgano”. Padre Moretti sottolinea che “occorre restituire il protagonismo alla società civile e operare per costruire i veri fondamenti della democrazia: scuole, ospedali, lavoro, salari equi. Se l’analfabetismo è molto diffuso, se l’assistenza sanitaria è privilegio di pochi, se i salari sono bassi, come è possibile stabilizzare e pacificare un Paese? Da tempo ribadiamo che la comunità internazionale dovrebbe incentivare l’impegno sociale in Afghanistan, per alienare agli estremisti le simpatie della popolazione. La Chiesa, nel suo piccolo, fa la sua parte: abbiamo costruito la ‘Scuola di pace’ in un villaggio alla periferia di Kabul dove oltre 850 ragazzi ricevono un’istruzione. Il lavoro delle Missionarie della Carità con gli orfani, iniziative come ‘Pro bambini di Kabul’ (portato avanti da diverse congregazioni religiose), o gli aiuti umanitari della Caritas, sono il segno della nostra presenza, testimonianza silenziosa dell’amore di Dio per il popolo afgano. Preghiamo per la pace - conclude padre Moretti - e facciamo del bene, guardando all’essere umano, senza etichetta o distinzione di religione, gruppo etnico, provenienza”. (R.P.)

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    Iraq: ucciso a Mosul un commerciante siro-cattolico

    ◊   Nuovo attacco in Iraq, contro la comunità cristiana a Mosul, mentre i fedeli festeggiavano l’arrivo del nuovo arcivescovo diocesano, mons. Emil Shimoun Nona, alla cui cerimonia di insediamento hanno partecipato personalità del governo locale e leader della comunità musulmana. Ieri mattina è stato ucciso a sangue freddo Saadallah Youssif Jorjis, siro-cattolico, 52 anni, sposato e padre di due figlie, proprietario di una frutteria nel quartiere di Taqafa, dove abitava, nei pressi dell’Università. L’omicidio di ieri segue di pochi giorni un’altra “esecuzione mirata”. Il 12 gennaio scorso un gruppo armato ha ucciso Hikmat Sleiman, 75 anni, anch’egli proprietario di un piccolo negozio di verdura. Fonti locali del’agenzia AsiaNews denunciano “una persecuzione che prosegue nell’indifferenza generale”. Il progetto di “pulizia etnica” in atto oggi a Mosul, sarebbe “molto simile a quanto è accaduto nel 2008”, quando morirono diversi fedeli, sacerdoti e l’ultimo arcivescovo diocesano, mons. Paul Faraj Rahho. “Vogliono spingere i cristiani verso la piana di Ninive – spiegano le stesse fonti - e la comunità ha perso la fiducia nel futuro”. Dal 13 marzo 2008 l’arcidiocesi di Mosul era senza pastore, in seguito alla morte di mons. Rahho mentre si trovava nelle mani dei sequestratori. La comunità cristiana aspettava con “ansia e gioia” l’arrivo del nuovo pastore, mons. Emil Shimoun Nona, nominato dal Sinodo dei vescovi della Chiesa Caldea nel novembre scorso, ma “l’ennesimo omicidio ha macchiato la giornata di festa”. (R.G.)

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    Pakistan: giovane cristiano condannato all’ergastolo per blasfemia

    ◊   Il tribunale di Faisalabad ha condannato all’ergastolo Imran Masih, giovane cristiano, per aver oltraggiato e dissacrato il Corano. Il giudice aggiunto Raja Ghazanfar Ali Khan ha emesso la sentenza in base all’articolo 295-B del codice penale pakistano – meglio noto come legge sulla blasfemia – perchè il 26enne avrebbe bruciato “di proposito” versetti del Corano e un libro in arabo, per “fomentare l’odio interreligioso e offendere i sentimenti dei musulmani”. Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e Pace (Ncjp) della Chiesa cattolica, promette battaglia “per salvargli la vita”. Il primo luglio 2009 Masih, commerciante di professione, è stato arrestato dalla polizia con l’accusa – montata ad arte – di aver bruciato pagine del Corano. In precedenza - riferisce l'agenzia AsiaNews - un gruppo di musulmani lo aveva torturato in maniera brutale. L’11 gennaio il giudice lo ha condannato al carcere a vita, che sconterà nella prigione federale di Faisalabad dove è al momento rinchiuso. Peter Jacob, segretario esecutivo di Ncjp, pur non criticando in modo aperto la sentenza annuncia ricorso all’Alta corte e promette che “faremo del nostro meglio per salvargli la vita”, perché tutti questi casi di blasfemia “sono montati ad arte”. La Commissione cattolica chiede anche “serie riforme Costituzionali e legali” per sradicare l’estremismo e l’abuso della religione nella vita politica del Pakistan. “La religione – si legge in un documento di Ncjp – è il maggior pretesto nelle mani dei partiti politico-religiosi, che hanno ricoperto un ruolo di primo piano nel trascinare la nazione sull’orlo del baratro”. Mons. Lawrence John Saldanha e Peter Jacob, presidente e segretario esecutivo di Ncjp, sottolineano che “il Pakistan dovrebbe prendere esempio dal vicino Bangladesh”, dove i giudici hanno messo al bando i partiti che si rifanno alla religione. “Gli affari di Stato e la politica – sottolineano i leader cattolici – vanno trattati in modo indipendente, non coperti dal manto della religione” perché finiscono con l’isolare le minoranze e negare i loro diritti. La legge sulla blasfemia è stata introdotta nel 1986 dal dittatore pakistano Zia-ul-Haq ed è diventata uno strumento di discriminazioni e violenze. La norma del Codice penale pakistano, punisce con l’ergastolo chi offende il Corano e con la condanna a morte chi insulta il profeta Maometto. Secondo dati di Ncjp sono quasi 1000 le persone incriminate. Essa costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite. (R.P.)

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    Malaysia: la comunità islamica condanna gli attacchi anticristiani

    ◊   “Gli attacchi contro le chiese e gli edifici di culto di qualsiasi religione sono contrari agli insegnamenti dell’islam”. Lo ha detto Ustadhz Abdulhadie Daguit, musulmano responsabile del Philippine Center for Halal Awarness, condannando gli assalti contro diversi edifici cristiani avvenuti ultimamente in Malaysia. Dall’8 gennaio i fondamentalisti islamici malaysiani hanno infatti attaccato undici chiese. A scatenare le violenze è stata la decisione dell’Alta Corte del Paese che, il 31 dicembre scorso, ha autorizzato il settimanale cattolico Herald ad usare la parola ‘Allah’ per riferirsi a Dio. Oltre ai musulmani filippini, l’agenzia AsiaNews riferisce che anche l’Organizzazione della conferenza islamica ed il Council of American Islamic-Relation hanno espresso la loro condanna per gli assalti subiti dai cristiani, invitando i fedeli islamici al dialogo ed alla convivenza pacifica. Dal canto loro, i cristiani affermano di voler sposare con decisione la linea della non violenza. “Continueremo a lavorare per il dialogo e per la pace. Stiamo negoziando con il governo per cercare una soluzione alla controversia sul nome Allah, pensando al bene comune del Paese”, ha dichiarato all’agenzia Fides mons. Murphy Pakiam, arcivescovo di Kuala Lumpur e presidente della Conferenza episcopale di Malaysia, Singapore e Brunei. Fra Augustine Julian, segretario della Conferenza episcopale, ha affermato che le violenze sono “piccoli episodi isolati, frutto delle azioni di elementi irresponsabili e fanatici, che mirano a creare paura e tensione” “La Chiesa cattolica e tutta la comunità cristiana – ha continuato il religioso – manterrà la calma e non si farà coinvolgere in un conflitto aperto”. La linea pacifista, secondo il segretario, disorienterà i violenti e farà aumentare il consenso di larghi settori dell’opinione pubblica malaysiana, che già guardano con favore alla comunità cristiana. Una speciale preghiera per la pace e l’armonia nel Paese è stata affidata al monastero delle suore carmelitane di Seremban. In molte chiese di tutte le confessioni cristiane si stanno poi organizzando incontri di preghiera e di digiuno per le stesse intenzioni. (F.C.)

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    El Salvador: Chiesa soddisfatta per la richiesta di perdono del presidente Funes

    ◊   “Sono rimasto molto colpito dalla richiesta di perdono fatta dal presidente Mauricio Funes”. Così, ieri, al termine della Messa l’arcivescovo di El Salvador mons. José Luis Escobar, ha commentato il gesto del governante che a nome dello Stato ha chiesto perdono per tutti i crimini che in passato, nel corso della lunga e tragica guerra interna, sono stati perpetrati contro il popolo salvadoregno e la Chiesa cattolica. Il presidente Funes tra l’altro ha detto che ritiene che anche i militari dovrebbero compiere un gesto simile nei confronti del popolo. Quello del presidente della Repubblica, a giudizio dell’arcivescovo, “è un buon esempio, un buon passo in avanti”, che aiuta alla riconciliazione. Il presule, che nel suo abituale incontro domenicale con i giornalisti era accompagnato dal nunzio apostolico mons. Luigi Pezzuto, ha rilevato anche che il messaggio del presidente in occasione del 18.mo anniversario degli Accordi di pace “dà molte speranze poiché chiama a dare inizio ad un tempo nuovo, lasciando da parte le lotte interne, l’antagonismo e l’odio per vivere un’epoca in cui regni l’amore, l’unità, la pace e la compressione reciproca”. Mauricio Funes, sabato scorso, aveva presieduto una solenne celebrazione del 18.mo anniversario del Trattato che mise fine ad una decennale guerra civile, che ha lasciato sul campo migliaia di vittime ed enorme devastazioni materiali. Tra i morti tutti ricordano l’assassinio dell’arcivescovo della capitale, mons. Oscar Arnulfo Romeo, e dei 6 gesuiti insieme con due donne, loro collaboratrici domestiche. In passato, altri governanti, si erano rifiutati di chiedere perdono per questi crimini e perciò il gesto di Funes è stato accolto con grande sollievo e soddisfazione, poiché dimostra che alla fine è possibile riconoscere gli errori e dunque, dalla verità, tracciare le vie della riconciliazione. Con riferimento alla richiesta che ora siano anche le Forze armate a compiere un gesto simile a quello di Funes mons. Escobar si è dichiarato d’accordo, ricordando che una tale richiesta di perdono, da parte della guerriglia del “Fronte Farabundo Martì”, opposta all’Esercito, è stata già fatta, prima di quella dello Stato. Infine, l’arcivescovo di San Salvador, ha salutato come positiva la promessa del presidente Funes di fare di tutto per adempiere ad un accordo del Trattato di pace che ha stabilto la somma di 13 milioni di dollari da distribuire tra gli ex combattenti rimasti mutilati nel corso del conflitto. Tra l’altro la settimana scorsa un gruppo di queste persone si era impadronito per alcune ore della cattedrale metropolitana per richiamare l’attenzione dell’autorità sulle loro precarie condizioni di vita e per protestare perché diversi governi, in quasi 20 anni di pace, si sono sempre rifiutati di adempiere agli accordi sugli ex combattenti. (A cura di Luis Badilla)

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    Brasile: i vescovi respingono il Piano nazionale dei diritti umani

    ◊   I vescovi del Brasile hanno respinto la legalizzazione dell'aborto, le unioni civili tra omosessuali e il diritto alle adozioni da parte di queste unioni, tre delle proposte contenute nel Piano dei diritti umani approvato dal Presidente Luiz Inácio Lula da Silva. La Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb) ha criticato anche un'altra proposta di questo Piano: la rimozione dei simboli religiosi dai luoghi pubblici, una misura considerata come “intollerante” e con cui si sta “cercando di ignorare le radici storiche” del Brasile. Questi temi - riporta l'agenzia Fides - sono inclusi in un piano del governo, approvato il mese scorso, che ha formulato le raccomandazioni legislative per il futuro sviluppo delle leggi al fine di regolamentare i diritti sociali. Nel testo si suggerisce l'approvazione di una legislazione per “riconoscere” le unioni civili tra persone dello stesso sesso e garantire il “diritto di adozione” di queste coppie. Inoltre si invitano gli organi responsabili al vertice del potere giudiziario a promuovere campagne per sensibilizzare i giudici, con lo scopo di evitare cosiddetti "pregiudizi" nei processi di adozione da parte di coppie omosessuali. Sul tema dell'aborto, secondo il testo, i giudici sono invitati a considerare questa pratica come una questione di “salute pubblica”, e si raccomanda l'approvazione di una legge per depenalizzare l'aborto “considerando l'autonomia delle donne a decidere sul loro corpo”. Il comunicato dei vescovi del Brasile è firmato da mons. Geraldo Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana e presidente della Cnbb. (R.P.)

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    Concorso di comunicazione in Ecuador sul tema "Proteggere la natura, un impegno per la vita"

    ◊   L'Associazione cattolica per la comunicazione, Signis Ecuador, sta organizzando il V Concorso nazionale di comunicazione "Carlos Crespi", che mira a riconoscere e incoraggiare il giornalismo e il lavoro delle comunicazioni in radio, stampa, video, fotografia e comunicazione on-line, con un premio di mille dollari al vincitore di ogni categoria, oltre alla statuetta Carlos Crespi. Il concorso di quest'anno si sviluppa attorno al tema "Proteggere la natura, un impegno per la vita". Il lancio del concorso avverrà il 22 gennaio, alle ore 10 presso l'auditorium Giovanni Paolo II di Radio Cattolica Nazionale, ha riferito all’agenzia Fides César Cárdenas M., Segretario esecutivo di Signis Ecuador. Nella stessa comunicazione si informa che, per iniziativa di Signis Ecuador, il “vescovo degli indiani” mons. Leonidas Proaño, è stato proposto come candidato per il Premio “Comunicatore della Pace”, onoreficenza postuma rilasciata dalla Organizzazione Cattolica LatinoAmericana e dei Caraibi di Comunicazione (Oclacc). Tra i candidati proposti figuravano altri personaggi che hanno dato un prezioso contributo allo sviluppo delle comunicazioni come mons. Proaño. Il riconoscimento della Oclacc verrà consegnato durante l'Incontro latino-americano delle comunicazioni, che si terrà a Porto Alegre, in Brasile, dal 3 al 7 febbraio 2010. Una delegazione di circa 20 comunicatori e studenti dell’Ecuador andrà a Porto Alegre per partecipare al Vertice della comunicazione, nel quale si parlerà anche della situazione di questo paese riguardo alla legge per le comunicazioni. (R.P.)

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    Dialogo interreligioso in Burkina Faso

    ◊   La Federazione internazionale Asalam del Burkina Faso, accogliendo l’invito rivolto due anni fa da Benedetto XVI e dal re Abdallah d’Arabia Saudita al dialogo interreligioso per ridurre la violenza e promuovere la tolleranza e la pace, organizzerà due incontri nel corso di quest’anno. Una Conferenza sulla pace, che radunerà leader religiosi di tutte le confessioni, si svolgerà nel Burkina Faso, mentre a livello internazionale si svolgerà un Forum, in cui ogni Stato africano sarà rappresentato da leader religiosi, pensatori e filosofi che si confronteranno su come raggiungere la pace nel mondo. L’incontro tra Benedetto XVI e re Abdallah d’Arabia Saudita è avvenuto il 6 novembre del 2007 in Vaticano. Si è trattato della prima visita di un re dell'Arabia Saudita al Papa. Una nota pubblicata lo stesso giorno dalla Sala Stampa Vaticana ha informato che durante l’incontro “si sono ribaditi l’impegno in favore del dialogo interculturale ed interreligioso, finalizzato alla pacifica e fruttuosa convivenza tra uomini e popoli, e il valore della collaborazione tra cristiani, musulmani ed ebrei per la promozione della pace, della giustizia e dei valori spirituali e morali, specialmente a sostegno della famiglia”. E proprio queste parole hanno indotto la Federazione Asalam a dar vita ad iniziative concrete per la pace. L’impegno di Benedetto XVI e di re Abdallah per la pace nel mondo, spiega Mohamed Doumi, presidente delle Federazione Asalam e ambasciatore della Federazione per la pace universale, è un segnale forte che induce a prodigarsi per il bene comune. “Se le chiese e le moschee svolgessero pienamente il loro ruolo, ci sarebbe la pace nel mondo – ha detto Mohamed Doumi – se i cristiani e i musulmani educassero i loro fedeli nelle chiese e nelle moschee, non ci sarebbe la fame, l’indigenza, l’arroganza. Le moschee e le chiese sono piene ma i cuori sono vuoti”. Mohamed Doumi ha aggiunto che gli ambasciatori della pace stanno pensando ad un Consiglio religioso mondiale che potrebbe raggruppare tutte gli orientamenti religiosi del mondo e che potrebbe avere un ruolo consultivo nell’ambito delle Nazioni Unite. “Un cittadino, quale che sia la sua religione – ha osservato il presidente della Federazione Asalam – deve poter apportare il proprio contributo alla pace nel suo quartiere con le famiglie e ciò nella misura in cui nessuna religione sproni al male”. La Fondazione Asalam, che ad Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, assiste orfani e distribuisce viveri ai bisognosi, a proposito di dialogo interreligioso ha infine ricordato l’importanza della partecipazione di mons. Philippe Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou, alla grande preghiera musulmana del Tabaski, il 27 novembre dello scorso anno, nella piazza della Nazione di Ouagadougou. Un gesto definito un segno di pace. (T.C.)

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    Camerun: la Conferenza episcopale celebrerà ad aprile l’Anno Sacerdotale

    ◊   Hanno riflettuto sulla vita sacerdotale e sulla formazione presbiterale i vescovi delle 25 diocesi del Camerun riuniti dal 2 all’8 gennaio al centro pastorale Paolo VI di Bamendankwe per il loro 33.mo seminario annuale. All’ordine del giorno la formazione dei sacerdoti nel mondo di oggi e in particolare dei seminaristi. “Nel momento in cui il pluralismo ideologico tende a far scomparire identità specifiche, il nostro seminario di Bamenda ci ha permesso di ripensare alla figura del prete nella Chiesa e nella società - ha detto mons. Victor Tonye Bakot, presidente della Conferenza episcopale nazionale del Camerun, arcivescovo di Yaoundé - Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars, ci invita a riscoprire la nostra dignità e il senso del servizio. Il sacerdote deve aprirsi ad una formazione permanente ed essere pronta ad andare incontro agli altri dinanzi alle numerose sfide del terzo millennio”. Per mons. Bakot, la preghiera, insieme ad una solida formazione spirituale, ad uno studio assiduo della Parola di Dio, sono i migliori strumenti che permettono al sacerdote di essere un buon predicatore della Parola. “Il ministero dei preti è una responsabilità assai impegnativa e che coinvolge tutta la persona” ha commentato mons. Cornelius Fontem Esua, arcivescovo di Bamenda, che ha accennato all’idea di una pubblicazione sul ministero dei sacerdoti. Nel corso dell’incontro padre Giles Ngwa Forteh, segretario nazionale all’educazione cattolica ha informato i vescovi del nuovo meccanismo di ripartizione delle sovvenzioni dello Stato alle scuole; i presuli sull’argomento hanno esortato a vegliare presso le autorità ministeriali preposte all’insegnamento perché nella ripartizione vengano favorite le diocesi rurali. I presuli hanno anche parlato della celebrazione dei 50 anni dell’indipendenza del Camerun il 16 maggio, festa di Maria Regina degli Apostoli, patrona del Camerun, ed ancora di iniziative per l’anno sacerdotale a livello nazionale nel mese di aprile. (T.C.)

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    Sud Corea: la "grande opportunità” della Settimana per l’unità dei cristiani

    ◊   La Settimana per l’unità dei cristiani, che si celebra da oggi al 25 gennaio, costituisce “una grande opportunità per i cristiani per superare le loro divisioni. L’unità comincia sforzandosi maggiormente nel ricercare la fede autentica, eliminando sfiducia e pregiudizi, e ricordando che siamo chiamati ad essere ‘una cosa sola’ per testimoniare la Risurrezione di Cristo”: è quanto afferma in una nota inviata all’agenzia Fides, mons. Hyginus Kim Hee-joong, presidente della Commissione per la promozione dell’unità dei cristiani e per il dialogo interreligioso, in seno alla Conferenza episcopale sudcoreana. Mons. Kim Hee-joong ha scritto un messaggio annunciando il tema dell'Ottavario, “Sarete testimoni di queste cose” (Lc 24,48) e invitando tutti i fedeli nelle chiese locali a organizzare, durante questa settimana, celebrazioni, incontri di riflessione e confronto, momenti di fraternità a livello ecumenico, per rafforzare i legami con le altre comunità cristiane del territorio. Nel messaggio mons. Kim Hee-joong nota che “Maria Maddalena, Pietro e i due discepoli di Emmaus non hanno testimoniato Cristo allo stesso modo. Ma, in ogni caso, la vittoria di Gesù sulla morte è stato per tutti il cuore della loro testimonianza”. Questo vuol dire che “i cristiani - conclude il presule - devono porre maggiore attenzione sulla loro comune professione di fede, al fine di mostrare al prossimo la fede che vivono nella loro vita”. (R.P.)

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    L'arcidiocesi dell'Aquila concede una chiesa alla comunità rumeno-ortodossa

    ◊   “L’arcivescovo di L’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, come segno di una collaborazione concreta e fattiva con i fratelli delle altre confessioni cristiane, concederà per un anno ai rumeni ortodossi presenti in diocesi la chiesa di S. Pietro in Pizzoli”. La comunità rumeno ortodossa, che già si riuniva in un edificio messo a disposizione della curia aquilana, era, infatti, rimasta senza luogo di culto dal giorno dal terremoto abruzzese del 6 aprile scorso. L’annuncio - riferisce l'agenzia Sir - è stato dato dalla stessa arcidiocesi in occasione dell’apertura delle celebrazioni per la Settimana di Preghiera per L’unità dei Cristiani. Il passaggio ufficiale avverrà al termine di una celebrazione ecumenica che si terrà a L’Aquila, il 25 gennaio, alla parrocchia della Torretta, alla presenza dell’arcivescovo e dei rappresentanti di altre confessioni cristiane provenienti da varie parti d’Abruzzo. Tra loro sarà presente anche Sorin, il parroco della comunità rumeno ortodossa della città. La decisione di mons. Molinari, precisa l’arcidiocesi, risponde ad una “richiesta del vescovo rumeno ortodosso d’Italia Siluan Span”. (R.P.)

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    Nuovi dati ufficiali sulla presenza cristiana in Terra Santa

    ◊   È diventata ormai una consuetudine. In prossimità delle festività natalizie l'Ufficio israeliano di statistica pubblica i dati sui cristiani in Israele. Un'occasione per fare il punto su una presenza fragile e alle prese con numerosi problemi di carattere economico e sociale. Le statistiche dicono che al 2009 i cristiani in Israele sarebbero 154 mila, pari al 2,1% della popolazione (7 milioni e mezzo di abitanti). La cifra non include i cristiani palestinesi che vivono nei Territori, ma considera coloro che risiedono a Gerusalemme Est. L'81% di questi cristiani con cittadinanza israeliana è di lingua e cultura araba. Il restante 19% (circa 30 mila persone) è costituito da immigrati dai Paesi dell'ex Unione Sovietica, ufficialmente registrati come cristiani, ma anche dalla minuscola comunità di cattolici ebreofoni radunati in quattro comunità nel Paese. Accanto a questa fetta di cristiani «non arabi» che vive stabilmente in Israele, vanno considerati i circa 300 mila immigrati dall'ex-Urss non ebrei inclusi in una speciale categoria definita «senza confessione». Molti di questi immigrati frequentano in maniera continuativa le parrocchie, specialmente quelle ortodosse. La gran parte dei cristiani (86%) vive in città e il 70% circa in Galilea, nel nord del Paese. Nazaret è oggi la capitale cristiana d'Israele, con 20.100 fedeli. Seguono Haifa (14.100), Gerusalemme (12.800) e Shefaram (9.100). Le statistiche dell'Ufficio governativo, prendendo in esame solo i cittadini israeliani, sottovalutano, di fatto, la presenza cristiana nel Paese. Ai 154 mila cristiani censiti, vanno infatti aggiunte le molte decine di lavoratori immigrati provenienti principalmente dalle Filippine, dall'Africa e dalla Romania. Ma anche i sacerdoti, i religiosi e le suore con passaporto non israeliano appartenenti alle varie Chiese e congregazioni religiose. (T.C.)

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    Bari: al via il Meeting Mondiale dei giovani

    ◊   Un incontro che vedrà protagonisti giovani di tutto il mondo: avverrà a Bari da domani al 21 gennaio prossimi. Si tratta del primo appuntamento internazionale in cui i delegati delle principali reti di giovani che lavorano per un futuro più sostenibile potranno presentare la propria agenda d’azione a varie autorità locali e globali. Il Meeting mondiale dei giovani coinvolgerà 1500 “under trenta”, diplomatici e volontari, esperti di politica internazionale e giornalisti, attivisti e coordinatori di reti nazionali ed internazionali, imprenditori e leader indigeni. L’incontro preparerà la celebrazione, nella prossima estate, dell’Anno dei Giovani, promosso dalle Nazioni Unite. Il Fifth World Youth Congress si terrà, infatti, dal 31 luglio al 13 agosto ad Istanbul e la World Conference for Youth a Città del Messico, dal 24 al 27 agosto. Il Meeting di Bari è un’iniziativa promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ministero della Gioventù e dalla Regione Puglia, in collaborazione con l’Agenzia Nazionale per i Giovani. I delegati presenti all’evento potranno condividere idee ed esperienze e contribuire alla formulazione di progetti comuni attraverso Nmc, il social network globale per giovani leader, che ha facilitato l’organizzazione dell’incontro e che verrà lanciato ufficialmente, nella sua versione definitiva, come laboratorio politico permanente, a Bari nei giorni del Meeting. (F.C.)

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    Integrazione europea: il premio Carlo Magno al premier polacco Tusk

    ◊   “Il primo ministro Tusk ha svolto un ruolo importante per l’integrazione della Polonia nell’Unione europea. Il popolo polacco può essere orgoglioso di questo riconoscimento”: il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, sottolinea con queste parole l’assegnazione del Premio Carlo Magno 2010 al premier di Varsavia Donald Tusk, reso noto dal sindaco della città di Aquisgrana che assegna il premio internazionale. Anche il presidente del Parlamento Ue, il polacco Jerzy Buzek, si “congratula vivamente” per questa decisione e si dice “orgoglioso” dell’assegnazione del Karlpreis a Tusk, il quale “ha operato per l’integrazione della Polonia” nel consesso comunitario. Nella motivazione - riferisce l'agenzia Sir - si sottolinea l’opera di Tusk “al servizio della libertà e della democrazia” e i “suoi particolari meriti a favore della collaborazione della Polonia con i suoi partner europei”. Il premio verrà consegnato il 13 maggio nella città tedesca; in passato è andato fra gli altri a Giovanni Paolo II, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman, Simone Veil, Angela Merkel, frère Roger Schutz, Carlo Azeglio Ciampi, Leo Tindemans, Andrea Riccardi, Jacques Delors. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Attacco a Kabul: almeno 10 i morti. Karzai assicura: la capitale è sotto controllo

    ◊   Smentendo tutte le analisi degli osservatori internazionali che li volevano indeboliti e in difficoltà, i talebani hanno attaccato oggi con armi automatiche e bombe il centro della capitale afghana Kabul, ingaggiando scontri a fuoco con le forze di sicurezza, appoggiate da uomini della missione Nato. Un primo bilancio dell'offensiva, che per due ore ha seminato il terrore nella zona di massima sicurezza della città, è di dieci vittime e una quarantina di feriti. Tra gli obiettivi dei miliziani, i palazzi del governo e un hotel frequentato da stranieri, non lontano dalla residenza del presidente Karzai che si apprestava a far giurare 14 ministri del suo futuro governo. Giada Aquilino ne ha parlato con Elisa Giunchi, docente di Storia e istituzioni dei Paesi islamici all’Università Statale di Milano:

    R. - Questi attacchi fanno parte di una generale escalation di violenze che è avvenuta nel Paese e nella stessa capitale nel corso degli ultimi anni, in maniera costante a partire dal 2002 ed osserverei pure che avvengono in una fase in cui Karzai sta rilanciando l’ipotesi negoziale con i talebani. Si può quindi ipotizzare che questi attacchi potrebbero essere stati voluti e organizzati da elementi talebani e qaedisti contrari al negoziato, al compromesso, poiché qualsiasi accordo con il governo presuppone che i talebani abbandonino gli alleati qaedisti e accettino al struttura politica esistente. C’è poi da osservare che questi attentati avvengono nel contesto del rafforzamento del contingente statunitense. È probabilmente anche una dimostrazione di forza.

     
    D. - Questi attacchi sono giunti nel giorno del giuramento dei 14 ministri del nuovo governo Karzai. Quindi, è una conferma che si punta a destabilizzare le autorità?

     
    R. - Sicuramente. È anche simbolico il fatto che gli attacchi siano avvenuti ai simboli dello Stato - alla sede del governo, alla Banca centrale, ai ministri - e poi anche ad un importante centro commerciale della città. Vogliono dimostrare che si attacca anche la presenza indiretta degli stranieri nel Paese, non solo la struttura politica che ricalca un pò le linee del modello politico occidentale, ma anche la presenza commerciale ed economica dell’Occidente nel Paese. Non credo che si tratti di coincidenze.

     
    D. - Le agenzie internazionali e le tv hanno seguito in diretta la battaglia tra i talebani e le forze di sicurezza. Anche questo rientra in una qualche strategia dei miliziani secondo lei?

     
    R. - È da anni che attacchi di questo tipo, non solo in Afghanistan, cercano l’effetto mediatico, ancor prima degli attentati dell’11 settembre. Si cerca l’effetto immediato sui mass media. Spesso è una rincorsa tra gruppi diversi alla notorietà.

     
    In Pakistan i talebani distruggono una scuola elementare
    I talebani hanno distrutto durante la notte una scuola elementare maschile governativa nel villaggio pakistano di Nadir Khan della Khyber Agency, non lontano dalla frontiera con l'Afghanistan. Soltanto nella Khyber Agency, sono 15 le scuole distrutte dai talebani, che hanno colpito centinaia di istituti di istruzione, soprattutto femminili, su tutto il territorio nazionale.

    Ballottaggio tra Ianukovich e Timoshenko: il risultato delle presidenzial ucraine
    Con il 60,14% dei voti scrutinati delle elezioni presidenziali svoltesi ieri in Ucraina, il leader dell'opposizione filorussa, Viktor Ianukovich, è in testa con circa il 36%, seguito dalla premier filoccidentale, Iulia Timoshenko, con meno del 25%. Le prospettive aperte dal ballottaggio nel servizio Fausta Speranza:

    Tra il leader dell'opposizione filorussa, Viktor Ianukovich, e la premier filoccidentale, Iulia Timoshenko, ieri il distacco è stato di 12 punti a favore del primo, ma secondo i sondaggi il risultato del ballottaggio, che ci sarà il 7 febbraio, non sarà affatto scontato. Ianukovich si gioca la rivincita dopo l'annullamento per brogli della sua elezione a presidente nel 2004. Annullamento sull'onda della rivoluzione arancione filoccidentale, della quale da sempre è paladina proprio la Timoshenko. Oggi, però, si registra già un risultato netto da commentare: la bocciatura del presidente uscente, Viktor Iushenko, che non ha superato il quinto posto. Iushenko un tempo alleato della Timoshenko - che sei anni fa lo aiutò a salire sulla sedia più alta dello Stato - sembra sul punto di uscire di scena. C’è poi un dato sorprendente di queste elezioni: la terza posizione strappata dall'oligarca ed ex presidente della Banca centrale, Serghiei Tighipko, che ha già ribadito che non si schiererà nè per Ianukovich, di cui fu il capo dello staff elettorale nel 2004, nè per la Timoshenko. Questo forse per giocare in ogni caso un futuro ruolo nella politica ucraina: qualche commentatore non esclude possa fare il premier. Stamani, poi, ha scosso il Paese la notizia del crollo di alcuni piani di un ospedale di Lugansk, in seguito all'esplosione di alcune bombole di ossigeno. Almeno cinque i morti. Ancora sconosciute le cause della tragedia, anche se da un primo accertamento sembra che siano state violate le regole di sicurezza. La premier Timoshenko si è recata sul posto.

     
    È tornato libero Ali Agca, il turco che ferì Papa Giovanni Paolo II
    È tornato libero il cittadino turco che il 13 maggio 1981 sparò in piazza San Pietro a Giovanni Paolo II. È uscito oggi dal carcere turco di Sincan diretto a Ankara. Mehmet Ali Agca, 52 anni compiuti il 9 gennaio scorso, è nato a Yesiltepe, in Turchia, nella provincia di Malatya, ai confini del Kurdistan. Militante dell'organizzazione terroristica di estrema destra dei "Lupi grigi"’, il primo febbraio 1979 Agca uccise Abdi Ipekci, direttore del quotidiano liberale 'Milliyet'. Per questo omicidio Agca fu condannato a morte, pena ridotta a dieci anni. Il 25 novembre 1979 riuscì ad evadere dal carcere di massima sicurezza di Kartel Maltepe, aiutato dai suoi compagni dei "Lupi grigi".

    Ancora una brutale lapidazione in Somalia ad opera degli Shabaab
    Un uomo è stato lapidato ieri in Somalia dagli Shabaab (braccio armato locale di al Qaida) per adulterio e stupro. All'esecuzione ha assistito un folto numero di persone. La vittima si chiamava Hussein Ibrahim Mohamed. È avvenuto - informa il sito Mareeg Online - a Baware, città nel sud della Somalia, area quasi completamente controllata dagli Shabaab, come del resto Mogadiscio ed altre ampie zone del Paese. La sentenza era stata emessa da un tribunale islamico ed eseguita da militanti del gruppo. Gli Shabaab predicano l'applicazione radicale (da molti religiosi ritenuta illegittima) della sharia, la legge coranica. Sono stati già numerose le lapidazioni di presunti adulteri, tra essi persino una ragazzina di 13 anni, che secondo gruppi in difesa dei diritti umani in realtà era stata violentata da un gruppo di Shabaab. Frequenti anche le fustigazioni e le amputazioni di braccia o mani per i ladri. Di recente, poi, il gruppo alqaidista ha imposto in molte zone che gli uomini debbano portare la barba, ma non i baffi. Intanto, la petroliera greca Maran Centaurus, sequestrata nella acque somale il 29 novembre con a bordo due milioni di barili di petrolio, è stata liberata dopo che ieri era stato pagato il riscatto - sembra di 5,5 milioni di dollari - il più alto finora ottenuto dai pirati.

    Il FMI avverte: non abbandonare troppo presto le misure anticrisi
    Il direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), Dominique Strauss-Kahn, mette in guardia i governi dai rischi di “una exit strategy prematura” dalle misure straordinarie per contrastare la crisi, a partire dal settore privato, perchè c'è il rischio di dare slancio a una nuova recessione. Incontrando la stampa estera a Tokyo, Struass-Kahn ha detto che se si esce troppo presto dalle misure straordinarie c'è “allora il rischio di tornare in recessione”, con la conseguenza di una nuova crisi”.

    La Corea del Nord fa sapere le sue condizioni per la ripresa del dialogo a Sei
    La Corea del Nord rilancia ancora una volta la sua proposta alla comunità internazionale: allo stato attuale delle cose, non è ipotizzabile alcun ritorno al dialogo a Sei per l'abbandono dei piani nucleari - con contestuale firma di un trattato di pace che metta fine formalmente alla guerra di Corea (1950-53) - se non vengono meno le sanzioni per gli esperimenti militari del 2008. Il messaggio di Pyongyang è partito da un portavoce non identificato del Ministero degli esteri nordcoreano, rilanciato oggi dall'agenzia statale Kcna. Secondo le autorità, “se si vuole che i negoziati a Sei (che interessano le due Coree, Cina, Stati Uniti, Giappone e Russia) ripartano, allora è necessario togliere tutti gli impedimenti”. Inoltre, è stato aggiunto, “per la Corea del Nord non sarebbe dignitoso sedersi allo stesso tavolo con le nazioni che violano la sua sovranità” attraverso il rafforzamento delle sanzioni. Le frizioni tra Pyongyang e Seul, intanto, si ripercuotono concretamente anche sull'esile economia del Paese comunista: secondo i dati diffusi oggi dal Ministero per la riunificazione sudcoreano, l'interscambio commerciale tra le due Coree nel 2009 è sceso del 7,8% su base annua, a 1,68 milioni di dollari, segnando il primo risultato negativo dal 2004. (ANSA).

    Sri Lanka
    Un militante del Partito nazionale unito (Unp), che sostiene in Sri Lanka la candidatura presidenziale dell'ex generale Sarath Fonseka, è stato ucciso a colpi di spranga ieri sera a Ambakadawala, nello Sri Lanka nordoccidentale. Lo riferiscono oggi i media cingalesi. L'uomo - scrive il quotidiano Sunday Times nella sua pagina on line - era intento ad affiggere insieme con altri compagni manifesti di sostegno a Fonseka, quando è stato attaccato da un gruppo di sconosciuti giunti sul posto a bordo di moto. È la terza vittima in gennaio delle violenze politiche in vista delle elezioni presidenziali del 26 gennaio, nelle quali il presidente Mahinda Rajapaksa cerca una riconferma. Sabato scorso, un membro dell'Alleanza per la libertà del popolo unito (Upfa), che sostiene il capo dello Stato, è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco a Madurankuliya (nordovest del Paese), mentre una donna che si trovava a bordo di un autobus di sostenitori di Fonseka è stata uccisa il 12 gennaio scorso a Tangalle, nel distretto sudorientale di Hambantota. Il portavoce presidenziale, Chandrapala Liyanage, ha detto che Rajapaksa ha manifestato dolore per le vittime e chiesto alla polizia di rafforzare la sicurezza su tutto il territorio nazionale. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 18

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