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Sommario del 15/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Congregazione per la Dottrina della Fede: il Magistero della Chiesa offerto a tutti coloro che cercano la verità
  • Haiti: la forza dell'amore. Editoriale di padre Lombardi
  • Altre udienze
  • Pubblicato il calendario delle celebrazioni pontificie nei mesi di febbraio-aprile 2010
  • Dimesso dall'ospedale il cardinale Etchegaray
  • Domenica la Giornata Mondiale del Migrante sul tema dei minori: intervista con mons. Marchetto
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Aiuti ad Haiti: Cuba apre lo spazio aereo agli Usa. I soccorsi della Caritas
  • Il cardinale Sepe: iniziativa a favore dei bambini poveri di Napoli
  • La vicenda di Rosarno: la riflessione del vescovo Luciano Bux
  • Procreazione assistita. Per Scienza e Vita la sentenza di Salerno scardina la Legge 40
  • La direttrice del Museo Ebraico di Roma: la visita di Benedetto XVI in Sinagoga, tappa importante nel dialogo tra ebrei e cattolici
  • Chiesa e Società

  • Vicinanza delle Chiese del continente americano al popolo haitiano
  • Haiti: la situazione degli Istituti religiosi. I 5 seminaristi camilliani dispersi sono vivi
  • Terremoto ad Haiti: l'impegno della Chiesa della vicina Repubblica Dominicana
  • Per Haiti si mobilita anche la Chiesa in Asia
  • Domani i funerali di Zilda Arns, fondatrice della Pastorale del Bambino, morta nel sisma di Haiti
  • Messaggio di padre Pizzaballa per la Giornata della Pace in Terra Santa
  • Malaysia: il governo autorizza l'uso del nome "Allah" solo per i cristiani del Borneo malaysiano
  • Timori in Indonesia: Yogyakarta prenderà il nome islamico di “Terrazza di Medina”
  • Vietnam: le autorità negano l’attacco ai parrocchiani di Dong Chiem
  • Uzbekistan: ancora persecuzioni contro i cristiani
  • Mongolia: proposta per abolire la pena di morte. Il consenso della Chiesa
  • La Chiesa in Angola condanna l'attacco terroristico contro la nazionale del Togo
  • Messaggio del cardinale Rouco Varela per la Giornata mondiale delle migrazioni
  • Sul web la prima banca di immagini sulla vita della Chiesa
  • All'Aquila il primo cantiere di restauro di un bene artistico: la fontana delle 99 Cannelle
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il presidente Obama: tassa sulle banche Usa responsabili della crisi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Congregazione per la Dottrina della Fede: il Magistero della Chiesa offerto a tutti coloro che cercano la verità

    ◊   Il Magistero della Chiesa è rivolto a tutti coloro che ricercano la verità, credenti e non credenti: così, Benedetto XVI nell’udienza di stamani ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Papa si è soffermato in particolare sul contributo che la fede cristiana può offrire nel campo della bioetica. Il Pontefice ha quindi ribadito che primo impegno del Successore di Pietro è di custodire l’unità dei fedeli. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal cardinale prefetto William Joseph Levada. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il Successore di Pietro è “il primo custode e difensore” della fede: è quanto ribadito da Benedetto XVI nel discorso alla plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede. Tuttavia, ha affermato il Papa, la Chiesa vuole contribuire alla formazione della coscienze di tutti, non solo dei credenti. Il Pontefice ha ricordato che il suo ministero è innanzitutto al servizio dell’unità e che il Vescovo di Roma è chiamato ad obbedire alla fede, “affinché la Verità che è Cristo continui a risplendere” per tutti gli uomini:

     
    “Confermare i fratelli nella fede, tenendoli uniti nella confessione del Cristo crocifisso e risorto costituisce per colui che siede sulla Cattedra di Pietro il primo e fondamentale compito conferitogli da Gesù. È un inderogabile servizio dal quale dipende l’efficacia dell’azione evangelizzatrice della Chiesa fino alla fine dei secoli”.

     
    Di qui l’auspicio “affinché vengano superati i problemi dottrinali che ancora permangono per il raggiungimento della piena comunione con la Chiesa da parte della Fraternità S. Pio X”. Il Santo Padre si è poi rallegrato per l’impegno del dicastero in favore “della piena integrazione” nella Chiesa cattolica di gruppi di fedeli e di singoli già appartenenti all’Anglicanesimo:

     
    “La fedele adesione di questi gruppi alla verità ricevuta da Cristo e proposta dal Magistero della Chiesa non è in alcun modo contraria al movimento ecumenico, ma mostra, invece, il suo ultimo scopo che consiste nel giungere alla piena e visibile comunione dei discepoli del Signore”.

     
    Il Papa ha quindi voluto ricordare il contributo offerto dalla Congregazione per la Dottrina della fede nel campo della bioetica, in particolare con la pubblicazione dell’Istruzione “Dignitas pesonae” del 2008. In temi tanto delicati e attuali come la procreazione e la manipolazione degli embrioni, ha rilevato, l’Istruzione ha ribadito “il rispetto dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza”:

     
    “In tal modo il Magistero della Chiesa intende offrire il proprio contributo alla formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti cercano la verità e intendono dare ascolto ad argomentazioni che vengono dalla fede ma anche dalla stessa ragione. La Chiesa, nel proporre valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, attinge infatti alla luce sia della ragione che della fede (cfr Ibid., n. 3), in quanto è sua convinzione che 'ciò che è umano non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato'”.

     
    “In questo contesto – ha proseguito – viene altresì data una risposta alla mentalità diffusa, secondo cui la fede è presentata come ostacolo alla libertà e alla ricerca scientifica, perché sarebbe costituita da un insieme di pregiudizi che vizierebbero la comprensione oggettiva della realtà”:

     
    “Di fronte a tale atteggiamento, che tende a sostituire la verità con il consenso, fragile e facilmente manipolabile, la fede cristiana offre invece un contributo veritativo anche nell’ambito etico-filosofico, non fornendo soluzioni precostituite a problemi concreti, come la ricerca e la sperimentazione biomedica, ma proponendo prospettive morali affidabili all’interno delle quali la ragione umana può ricercare e trovare valide soluzioni”.

     
    E ciò, ha detto, perché “determinati contenuti della rivelazione cristiana” gettano luce sulle problematiche bioetiche: “il valore della vita umana e la dimensione relazionale e sociale della persona”, e ancora la “connessione tra l’aspetto unitivo e quello procreativo della sessualità, la centralità della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna”:

     
    “Questi contenuti, iscritti nel cuore dell’uomo, sono comprensibili anche razionalmente come elementi della legge morale naturale e possono riscuotere accoglienza anche da coloro che non si riconoscono nella fede cristiana”.

     
    “La legge morale naturale – ha avvertito - non è esclusivamente o prevalentemente confessionale, anche se la Rivelazione cristiana e il compimento dell’uomo nel mistero di Cristo ne illumina e sviluppa in pienezza la dottrina”:

     
    “Fondata nella stessa natura umana e accessibile ad ogni creatura razionale, la legge morale naturale costituisce così la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini che cercano la verità e, più in generale, con la società civile e secolare”.

     
    “Questa legge, iscritta nel cuore di ogni uomo – ha concluso il Papa – tocca uno dei nodi essenziali della stessa riflessione sul diritto e interpella ugualmente la coscienza e la responsabilità dei legislatori”.

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    Haiti: la forza dell'amore. Editoriale di padre Lombardi

    ◊   La tragedia del terremoto ad Haiti sta avvicinando popoli e nazioni in un grande movimento di solidarietà. Di fronte al dolore cadono barriere e inimicizie. Ecco il commento del nostro direttore, padre Federico Lombardi, per il settimanale informativo 'Octava Dies' del Centro Televisivo Vaticano:

    Il mondo è giustamente scosso dalla tragedia del popolo di Haiti, dalle decine di migliaia di vittime, dal numero immenso di sinistrati, dalla difficoltà di organizzare i soccorsi in una situazione di confusione generale, dal dolore straziante di un intero popolo, che già veniva annoverato fra i più poveri della Terra. Anche la Chiesa, che vive con il suo popolo, è stata direttamente e dolorosamente colpita dalla morte di tanti suoi membri, a cominciare dallo stesso arcivescovo della capitale, e dalla distruzione di tante sue attività. Il Papa ha immediatamente levato la sua voce con vibranti parole di partecipazione spirituale e di appello alla solidarietà, e alla sua se ne sono unite innumerevoli altre, da tutti i Paesi, in particolare i più vicini nel continente americano, così che possiamo sperare che anche questa volta – come già spesso in passato - la gravità della tragedia diventi occasione di una vastissima gara di solidarietà e di amore. E questo amore generoso e genuino è forse l’unico vero conforto, l’unica grande risposta a questo mare di dolore, come l’amore di Cristo che muore in croce è l’unica vera risposta alla sofferenza dell’uomo. Un sacerdote ci ha detto: “Noi haitiani siamo abituati alle catastrofi: quando non sono quelle naturali, sono quelle politiche o di altro genere, che da sempre scuotono il Paese; ma il popolo ogni volta riprende a sperare, e questa è una speranza cristiana. Per gli haitiani l’amore è più forte”. Tanti operatori sociali e pastorali, testimoni di solidarietà, sono già morti in questi giorni – diciamo pure “per amore” - con gli haitiani, come la brasiliana Zilda Arns, fondatrice della meravigliosa “pastorale dei bambini”. Dobbiamo continuare ad accompagnare, attraverso la solidarietà e l’amore, il risorgere – ancora una volta – della speranza e dell’amore degli haitiani, dei poveri e dei sofferenti del mondo.

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna; mons. Jean-Pierre Cattenoz, arcivescovo di Avignone (Francia); mons. Gerhard Ludwig Müller, vescovo di Regensburg (Repubblica Federale di Germania); dom Philippe Dupont, abate dell’Abbazia benedettina di Saint-Pierre, di Solesmes (Francia).

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    Pubblicato il calendario delle celebrazioni pontificie nei mesi di febbraio-aprile 2010

    ◊   E’ stato pubblicato oggi il calendario delle celebrazioni presiedute dal Santo Padre nei mesi di febbraio-aprile 2010. Il 2 febbraio, nella Festa della Presentazione del Signore e Giornata della Vita Consacrata, Benedetto XVI presiederà nella Basilica Vaticana, alle 17.30, i Vespri con i membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica. Il 17 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, alle 16.30, Statio e Processione Penitenziale dalla Basilica di Sant’Anselmo, e poi alle 17.00 Santa Messa, benedizione e imposizione delle Ceneri nella Basilica di Santa Sabina. Il 19 febbraio il Papa presiederà il Concistoro per alcune Cause di Canonizzazione. Il 21 febbraio, prima Domenica di Quaresima, inizieranno alle 18.00 nella Cappella Redemptoris Mater, gli esercizi spirituali per la Curia Romana: si concluderanno sabato 27. Il 7 marzo, terza Domenica di Quaresima, il Papa si recherà in visita pastorale alla Parrocchia romana di San Giovanni della Croce, dove presiederà alle 9.00 la Santa Messa. Giovedì 25 marzo, in Piazza San Pietro, alle ore 20.30, il Papa incontrerà i giovani di Roma e del Lazio in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù che sarà celebrata il 28 marzo, Domenica delle Palme e della Passione del Signore: in questa data il Pontefice presiederà la Processione e la Messa in Piazza San Pietro, alle 9.30. Lunedì 29 marzo, alle 18.00, Messa nella Basilica Vaticana, nell’anniversario della morte di Giovanni Paolo II. Il primo aprile, Giovedì Santo, inizia il Triduo Pasquale: in mattinata, alle 9.30, nella Basilica Vaticana, sarà celebrata la Santa Messa del Crisma; alle 17.30 nella Basilica di San Giovanni in Laterano il Papa presiederà la Santa Messa nella Cena del Signore. Il 2 aprile, Venerdì Santo, alle 17.00 nella Basilica Vaticana, la Celebrazione della Passione del Signore. In serata alle 21.15 la tradizionale Via Crucis al Colosseo. Il 3 marzo, Sabato Santo, alle 21.00 il Papa presiederà nella Basilica Vaticana, la Veglia Pasquale nella Notte santa. Il 4 aprile, Domenica di Pasqua, alle 10.15 in Piazza San Pietro, Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa del giorno e, alle 12.00, rivolgerà dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana il messaggio pasquale e impartirà la Benedizione “Urbi et Orbi”. Il 17 e il 18 marzo il Papa compirà il viaggio apostolico a Malta.

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    Dimesso dall'ospedale il cardinale Etchegaray

    ◊   Il cardinale Roger Etchegaray è stato dimesso oggi in buone condizioni dal Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma. Come da programma proseguirà le attività riabilitative al proprio domicilio. Il porporato, presidente emerito dei Pontifici Consigli Giustizia e Pace e Cor Unum, era stato ricoverato la notte del 24 dicembre 2009 per la frattura del collo del femore destro, causata in seguito al subbuglio provocato da Susanna Maiolo, la donna che ha strattonato il Papa nella Basilica Vaticana all'inizio della Veglia di Natale. Il 27 dicembre il cardinale Etchegaray è stato operato di artroprotesi totale dell’anca destra dai professori Lorenzo Aulisa e Carlo Fabbriciani. All’intervento riuscito è seguita la prima fase della riabilitazione in reparto.


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    Domenica la Giornata Mondiale del Migrante sul tema dei minori: intervista con mons. Marchetto

    ◊   Ricorre domenica prossima la 96.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, sul tema ‘I migranti e i rifugiati minorenni’. Nel messaggio per l’occasione, pubblicato il 16 ottobre scorso, Benedetto XVI ricorda che quella della migrazione fu un’esperienza sperimentata da Gesù stesso, quando da bambino dovette rifugiarsi in Egitto. Oggi, nonostante quanto previsto dalla Convenzione dei Diritti del Bambino – ricorda il Papa – di fatto tanti minori ‘sono lasciati in abbandono e, in vari modi, si ritrovano a rischio di sfruttamento’. E’ quindi necessario – prosegue Benedetto XVI - che ‘ai migranti minorenni sia riservata la giusta attenzione per favorire il loro sviluppo fisico, culturale, spirituale e morale’. Sui temi del messaggio del Papa ascoltiamo le riflessioni dell’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, al microfono di Fabio Colagrande.

    R. - Il Santo Padre ricorda che i bambini “sono i più vulnerabili perché i meno capaci di far sentire la loro voce”. Menziona inoltre il fatto che i minori godono dei “diritti fondamentali della persona al pari dell’adulto”, ma purtroppo questo non sempre avviene. Bisogna dunque salvaguardare il miglior interesse del minore, come del resto si afferma nella Convenzione dei Diritti del Bambino (cfr. art. 3). Poi, dal punto di vista più propriamente cristiano, è sempre attuale il monito di Cristo che considera “riferito a Lui stesso tutto ciò che è stato fatto o negato ‘a uno solo di questi più piccoli’ ” (cfr. Mt. 25, 40.45), ed è certamente difficile trovare qualcuno più “piccolo” dei migranti e rifugiati minorenni.

     
    D. - Quali sono le cause che inducono oggi i minorenni a lasciare la loro patria?

     
    R. - I fattori che spingono i minorenni a lasciare la loro terra sono simili a quelli degli adulti. Ci sono motivi che inducono alla fuga come guerre, violenze, persecuzioni etniche o religiose, ecc., ma ci sono anche altri motivi che, seppur non mettono immediatamente in pericolo la vita fisica, non lasciano comunque prospettive per una vita dignitosa per sé e/o per i propri cari, o per un futuro migliore nel proprio Paese. Ci sono inoltre cause più specifiche per i minorenni. Per esempio, quando è difficile accedere ad un Paese di destinazione desiderato, un minorenne potrebbe pensare di tentare di emigrare in modo irregolare. Un minore non accompagnato, infatti, non può essere rimpatriato. In questi casi egli rappresenta la speranza, a volte per tutta la sua famiglia, che può addirittura averlo incoraggiato a lasciare il proprio Paese.

     
    D. - A quali difficoltà vanno incontro i migranti e i rifugiati minorenni?

     
    R. - Ovviamente tutte le difficoltà che incontrano le persone adulte che hanno lasciato la propria patria e si trovano in un Paese straniero, con lingua, usanze, cibo, clima e altresì culture e religione diversi sono sperimentate anche dai minorenni. Tuttavia ci sono difficoltà tipicamente loro. Chi, per esempio, immigra in modo irregolare, per aiutare magari la famiglia, sente il peso psicologico di non poter fallire in questa impresa. Per questo è pronto a subire ingiustizie, violenze e maltrattamenti pur di ottenere il permesso di soggiorno o forse una formazione scolastica superiore, in modo da essere produttivo ed inviare poi aiuto finanziario a casa. Chi invece immigra con la famiglia si trova nella situazione di dover vivere e crescere “tra due culture”, come si suol dire: tra quella dei genitori e la cultura del Paese che l’ospita. In questi casi l’integrazione è particolarmente delicata e difficile. Qui occorre che ci sia un accompagnamento paziente, attento e competente.

     
    D. - E cosa può fare la Chiesa per accompagnarli in questa difficile situazione verso una vita degna di figli di Dio?

     
    R. - Come si sa, il nostro è il Pontificio Consiglio della ‘Pastorale’ per i Migranti e gli Itineranti, e quindi, con visione pastorale, segnalo il dialogo tra la Chiesa locale di provenienza e quella di arrivo di questi minori, in modo che un sacerdote e/o altri operatori pastorali, religiosi e laici, provenienti dai loro Paesi – perciò essi conoscono non solo la loro lingua ma anche la cultura, gli usi e le tradizioni dei ragazzi –, si prendano cura di loro nella terra d’immigrazione. La cura pastorale intende accompagnare questi minorenni, con amore e rispetto, nel loro itinerario personale, nella loro ricerca di risposte alle più profonde domande esistenziali che si pongono. Ovviamente, essa include la prima accoglienza, l’impegno di procurare quanto è necessario per la loro vita quotidiana, e anche la difesa della loro dignità e dei loro diritti umani. Nel Suo Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno, il Santo Padre esprime perciò gratitudine “alle parrocchie e alle molte associazioni cattoliche che, animate da spirito di fede e di carità, compiono grandi sforzi per venire incontro alle necessità di questi nostri fratelli e sorelle”. Al tempo stesso Benedetto XVI invita “tutti i cristiani a prendere consapevolezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei minori migranti e rifugiati”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina e all'interno, servizi sulla situazione di Haiti dopo il terremoto e sulla sfida dei soccorsi.

    Giuseppe M. Petrone sulle presidenziali di domenica in Ucraina.

    Quando Dio trattenne il fiato: in cultura, Luca Miele sulla creazione nella mistica ebraica.

    Un articolo di Raffaele Alessandrini dal titolo: “Le ragioni di Pietro tra Risorgimento e Ancien régime”: centocinquant’anni dall’Enciclica “Nullis certe verbis” di Pio IX.

    Che noia sarebbe non morire mai: anticipazione dell’intervista di Brunetto Salvarani al cantautore Francesco Guccini, che sarà pubblicata nel prossimo numero di “Vita e Pensiero”, il bimestrale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

    Quando il dolore rendeva tangibile il sacro: Alessandro Scafi sull'incontro tra pittura e scultura nell'arte spagnola del Seicento.

    Leopardi studiava l'armeno per capire il greco: Marcello Filotei sui saggi inediti del glottologo Giancarlo Bolognesi.

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    Oggi in Primo Piano



    Aiuti ad Haiti: Cuba apre lo spazio aereo agli Usa. I soccorsi della Caritas

    ◊   Si continua a scavare senza sosta alla ricerca di sopravvissuti sotto le macerie. I feriti e i senzatetto sarebbero più di tre milioni su una popolazione di poco più di nove. Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio, alcune fonti parlano di oltre 100 mila morti, altre ipotizzano addirittura 500 mila vittime. Migliaia di cadaveri sono già stati sepolti in fosse comuni. Camion requisiti dalla polizia continuano incessantemente a trasportare corpi in decomposizione raccolti dalle strade o estratti dalle macerie. Mancano cibo, acqua e mezzi per estrarre dalle case crollate persone ancora vive. Il direttore generale della Fao Jacques Diouf parla di "sofferenza apocalittica". Ascoltiamo alcune drammatiche testimonianze di cittadini haitiani raccolte dalla Bbc:

    “That was my father’s house…
    Quella era la casa di mio padre. Non c’è più, è crollata…qui sotto le macerie c’è qualcuno, ci sono alcune persone, ma non riusciamo a salvarle: non abbiamo una scavatrice per tirarle fuori!”

     
    “Many people died...
    Sono morte molte persone! Abbiamo bisogno dell’aiuto internazionale! Servono aiuti d’emergenza! Non c’è più ospedale, non c’è più l’elettricità, niente! Non c’è telefono, non c’è più cibo, né acqua, niente! Troppe persone sono morte!”

     
    “My daughter is lying ...
    Mia figlia giace come spazzatura, lì per terra, morta, non posso lasciarla così! E’ stata estratta da sotto le macerie di una scuola”

     
    “I’m happy ...
    Io sono felice, sono vivo, ho perso tutto ma sono vivo! Questa è la cosa più importante”.

     
    “I need help...
    Ho bisogno di aiuto. Mia figlia è ferita, sta lottando per sopravvivere ma ho bisogno di aiuto. In quest’ospedale non c’è aiuto. Mia figlia sta morendo. Vuole lottare. Ha bisogno di andare in sala operatoria, ma non c’è più nessuno, non c’è aiuto. Cerco di salvare almeno lei: mia figlia più piccola è morta, sepolta dalle macerie non so dove, così mia nonna, anche lei è sepolta da qualche parte. Ma adesso sto lottando con tutte le forze per salvare questa piccola, per cercare di tenerla in vita.

     
    Il dramma mostra scenari impensati: Cuba ha aperto il proprio spazio aereo agli Stati Uniti per i voli umanitari e il trasporto dei feriti. Nel Paese caraibico intanto agli aiuti della comunità internazionale si aggiungono quelli preziosi della Chiesa, come conferma al microfono di Amedeo Lomonaco Alessandra Arcidiacono, del Dipartimento emergenze della Caritas Internationalis:

    R. – La Caritas Internationalis ha iniziato immediatamente la distribuzione di coperte e tende alla popolazione colpita. Fornisce anche assistenza medico-sanitaria. La prima consegna di alimenti avverrà proprio questo pomeriggio a Port-au-Prince; razioni alimentari vengono preparate proprio in questo momento da volontari, che stanno lavorando però a Santo Domingo. Da Santo Domingo le razioni verranno poi spedite a Port-au-Prince. La Caritas Internationalis cercherà di portare i primi aiuti sanitari e quindi anche cibo ed acqua potabile. Si preoccupa di fornire riparo anche se temporaneo. Il presidente di Caritas Haiti ha lanciato appelli alla calma, alla pace per evitare episodi di violenza.

     
    D. – Ci sono altre iniziative previste in futuro per rispondere anche agli appelli lanciati in questi giorni dal Papa?

     
    R. – Stiamo cercando proprio di organizzare una risposta più forte. Adesso stiamo mobilitando tutta la nostra concertazione. Tutte le Caritas nazionali si stanno muovendo. Stiamo creando anche una squadra di rappresentanti Caritas come appoggio alla Caritas Haiti sul posto. Il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, ha anche lanciato un appello alla Comunità internazionale, richiamando alla solidarietà. La prossima domenica alcune Caritas hanno promosso la lettura di una preghiera speciale durante la Santa Messa per le vittime del sisma, con annessa raccolta fondi.

    Al rischio di epidemie si aggiunge adesso a Port-au-Prince il dramma delle rivolte. Nelle ultime ore si segnalano numerosi saccheggi di negozi. Bande armate sono attive nel cuore del centro commerciale ridotto ora ad un ammasso di macerie. Dalle prigioni sono fuggite migliaia di detenuti e persone esasperate per i ritardi negli aiuti hanno addirittura eretto blocchi stradali utilizzando i cadaveri. Secondo diversi osservatori è anche alto il rischio che qualcuno possa approfittare della situazione per conquistare il potere con le armi. Molti deputati e senatori sono morti, il presidente René Preval ha ammesso di non avere più un ufficio. Al microfono di Amedeo Lomonaco l’addetto stampa delle Nazioni Unite per l’Italia, Fabio Graziosi:

    R. – Il primo ministro haitiano ha espressamente rivolto alle Nazioni Unite la preoccupazione di tutto il governo perché non si riescono a trovare strutture presso le quali iniziare a ricominciare il lavoro. La polizia locale sembra non essere più presente. Naturalmente, vista la latitanza della struttura governativa, di fatto la popolazione si attende azioni da parte della missione Onu.

     
    D. – Come procede il coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite per far fronte all’emergenza?

     
    R. – Le Nazioni Unite stanno già predisponendo, sulla base della struttura esistente, un’attività di coordinamento. Questo è un punto che Ban Ki-moon ha espresso chiaramente fin da subito, basandosi anche sull’esperienza dello tsunami di cinque anni fa. Si tratta cioè di garantire un ruolo di coordinamento per le Nazioni Unite, in modo che si possa il più efficacemente possibile utilizzare tutto quel gran flusso di aiuti che la comunità internazionale ha promesso ai vari livelli: a livello privato, a livello delle organizzazioni non governative, e delle agenzie nazionali per lo sviluppo. Il problema successivo sarà quello di organizzare e dare sicurezza alle attività di distribuzione degli aiuti.

     
    Dopo lo shock e il caos iniziale, ad Haiti cominciano quindi ad arrivare i primi aiuti: generi di prima necessità ma anche soccorritori, team di medici e materiale per ospedali da campo. Il presidente americano Barack Obama ha promesso “uno dei più grandi sforzi umanitari della storia” degli Usa. La macchina dei soccorsi può far affidamento, in particolare, sul prezioso aiuto assicurato dalla confinante Repubblica Dominicana. Ascoltiamo al microfono di Luca Collodi la direttrice ente turismo della Repubblica Dominicana, Neyda Garcia Castillo:

    R. – Già da martedì sera e mercoledì mattina, tutti gli ospedali dominicani si sono messi a disposizione. Il presidente della Repubblica Dominicana ha messo a disposizione tutti i mezzi di trasporto; ha messo a disposizione i militari in modo da aiutare gli haitiani ad attraversare la frontiera e ad andare in ospedale. In questo momento, tutti gli ospedali dominicani sono al servizio dei feriti haitiani, come è nostro dovere, essendo nostri vicini.

     
    D. – Molti haitiani stanno cercando di entrare nella Repubblica Dominicana per avere i primi aiuti...

     
    R. – Siamo noi che stiamo prendendo gli haitiani e li stiamo portando nella Repubblica Dominicana, soprattutto in ospedale per curarli. Tutti quanti siamo vicini ai nostri connazionali e siamo vicini agli haitiani per aiutarli in questa disgrazia, per aiutarli a passare la notte in modo umano.

    Anche dall’Italia è previsto l’invio di aiuti per la popolazione di Haiti. Al microfono di Luca Collodi il generale Vincenzo Camporini, capo di Stato maggiore della Difesa:

    R. – Credo che questa sia una circostanza in cui la piena disponibilità delle risorse umane, tecniche, che le forze armate possono dispiegare, sia più che doverosa. In effetti, abbiamo già risposto alla richiesta della Protezione Civile di mettere a disposizione un velivolo per il trasporto di un ospedale da campo che, tra poche ore, potrà già cominciare ad operare in questa terra devastata. E’ chiaro che, sempre nei limiti delle nostre possibilità siamo a piena disposizione; attendiamo disposizioni ovviamente dal governo per quello che ci verrà chiesto di fare.

     
    D. – Generale Camporini, possiamo dire quindi che la Difesa italiana è pronta ad un eventuale rafforzamento dell’aiuto umanitario in Haiti?

     
    R. – Certo, questo fa parte del nostro dna. Noi siamo sempre pronti in queste emergenze a dare il nostro contributo per cercare di ristabilire quelle condizioni di vivibilità che sono prerequisito essenziale per un positivo sviluppo delle società, in cui ci troviamo ad operare.

     
    Tra le organizzazioni impegnate da anni ad Haiti c’è il Movimento Laici America Latina (Mlal), che ha in corso un programma per la sicurezza alimentare per oltre 4000 persone e in fase di avvio un altro progetto per la ricostruzione del territorio. Se si guarda agli ultimi prestiti della Banca Mondiale per Haiti, con un’economia già piegata da uragani e recessione, si nota come si sia trattato di finanziamenti per la ricostruzione di strade e ponti devastati da eventi naturali disastrosi. Sulla situazione ad Haiti, ascoltiamo Martino Vinci, coordinatore del Progetto Mondo-Mlal in Centro America e Caraibi, raggiunto telefonicamente in Nicaragua da Giada Aquilino:

    R. – Haiti è un Paese che ha problemi di povertà estrema e che, per debolezze strutturali, non è in grado ancora di poter condurre politiche di sviluppo. Credo che in questo momento la gravità della situazione sia legata al fatto che - a differenza di altri disastri che avevano prevalentemente riguardato le zone rurali, come i più recenti uragani - si tratta di un evento che ha colpito la capitale, che ha colpito il Paese nel suo centro più vitale. Non credo che si esageri nelle notizie quando si parla di una situazione catastrofica. E’ un Paese che in questo momento vede seriamente pregiudicata qualsiasi possibilità di intraprendere nuovamente un percorso di sviluppo. La Comunità internazionale dovrà dare un grande aiuto.

     
    D. – Il Movimento Laici America Latina ad Haiti ha due progetti: uno agricolo ed alimentare ed uno, previsto per i prossimi mesi, proprio per la ricostruzione del territorio. Come questi progetti potranno essere utili al Paese nel dopo terremoto?

    R. – Uno dei progetti è stato realizzato, fra l’altro, in una zona prossima all’epicentro. Abbiamo rafforzato delle organizzazioni contadine, le abbiamo dotate di alcune infrastrutture che certamente in una situazione di crisi come questa potranno costituire un punto di riferimento per le comunità in loco. Per quanto riguarda l’altro progetto, si ribadisce l’importanza di continuare a lavorare a programmi che permettano al territorio di essere maggiormente in grado di resistere a qualsiasi tipo di emergenza. Siamo in contatto con una Ong della Repubblica Dominicana, dove si sta cercando di organizzare i soccorsi. Non è disponibile alcun bene di prima necessità; la capacità di Port-au-Prince riguardo alla fornitura di qualsiasi bene è assolutamente nulla. Stessa situazione anche per la mobilitazione di risorse finanziarie: abbiamo in loco dei soldi legati ai progetti e che potremmo utilizzare magari per far fronte a questa emergenza, ma è assolutamente impossibile. Le banche sono crollate, i sistemi di comunicazione non esistono. Sarebbe, quindi, assolutamente impossibile fare qualsiasi operazione.

     
    D. – Al fianco di organizzazioni come la vostra e dell’aiuto della Comunità internazionale, che ruolo possono avere – per esempio – i tanti haitiani che vivono all’estero?

     
    R. – Molte delle Organizzazioni con cui lavoriamo e la società civile sperano che la diaspora haitiana – come viene definita – possa assumere un ruolo più importante nella ricostruzione del Paese. Io credo che la tragedia appena avvenuta possa avere davvero un impatto, almeno a livello psicologico, nei confronti della diaspora e possa ricompattare anche questo settore, che è chiaramente fondamentale. Penso che siano circa 4 milioni gli haitiani che vivono all’estero, tra Stati Uniti, Francia e Paesi limitrofi. Il problema è che ad Haiti deve ricostituirsi una minima capacità di azione e di coordinamento.

     
    L’immane tragedia che ha colpito la popolazione di Haiti chiama tutti alla solidarietà. Raccogliendo l’accorato appello del Santo Padre, la Conferenza Episcopale Italiana ha reso noto che domenica 24 gennaio in tutte le chiese d’Italia si terrà una raccolta straordinaria a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto nell’isola caraibica. Le offerte raccolte dovranno essere integralmente inviate con sollecitudine a Caritas Italiana, Via Aurelia 796 - 00165 Roma, utilizzando il conto corrente postale n. 347013 o mediante bonifico bancario su UniCredit Banca di Roma SpA, via Taranto 49, Roma – Iban: IT50 H030 0205 2060 0001 1063 119 specificando nella causale "Emergenza Terremoto Haiti".

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    Il cardinale Sepe: iniziativa a favore dei bambini poveri di Napoli

    ◊   Trenta euro al mese per fornire beni di prima necessità ai bambini poveri di Napoli: è questo l’appello che l’arcivescovo metropolita, cardinale Crescenzio Sepe, ha rivolto alla cittadinanza e non solo, attraverso la sua Fondazione “In nome della vita”. In una realtà in cui la soglia di povertà non consente a molte mamme neanche di poter acquistare il latte per i neonati e in cui la camorra agisce spesso proprio sui più poveri, l’iniziativa “Aiutami a crescere” permette già a 350 bambini di avere assistenza. Claudio Cavallaro ha chiesto al cardinale Sepe da quali esigenze nasce questa iniziativa:

    R. – Nasce da una constatazione pratica che ho ricevuto dalle tante lettere che chiedono aiuto e nelle quali si faceva presente che questa crisi generalizzata - che a Napoli trova anche dei riscontri ancora più forti - ha evidenziato come tante famiglie non riescono ad arrivare alla fine del mese. E cosa succede? Che nei tagli che queste famiglie fanno, i primi a subirne le conseguenze sono proprio i bambini, che non vengono più mandati a scuola perché non hanno il minimo indispensabile per andare a scuola; nella stessa nutrizione si taglia il latte, si taglia la pappa. Di fronte ad una esigenza così immediata e così presente nel territorio, abbiamo deciso di aiutare questi bambini. “Aiutami a crescere” vuole essere un qualcosa che metta in condizione questi bambini di essere veramente bambini.

     
    D. – Spesso chi è povero ha vergogna ed ha vergogna anche di chiedere aiuto. In quel caso vi rivolgete ai parroci?

     
    R. – Certo, perché sono la fonte più sicura, ma è anche lo strumento per far arrivare loro l’aiuto. Sappiamo che normalmente il parroco è una persona alla quale si dà fiducia e con il quale ci si riesce anche a confidare: facciamo, quindi, di fatto tutto attraverso i parroci.

     
    D. – A che livelli è la soglia di povertà nel napoletano attualmente?

     
    R. – E’ un po’ superiore a quella del resto di Italia ed è proprio per questo che noi vogliamo insistere su questi aspetti per dare il nostro contributo di carità e di solidarietà verso i necessitati.

     
    D. – Chi è il povero di Napoli? Di cosa ha bisogno?

     
    R. – E’ diventato povero anche il professionista medio o il monoreddito, che non riesce più con un mensile o con una pensione ad arrivare alla fine del mese. La fascia si è allargata e, quindi, la carità deve ancora di più allargarsi.

     
    D. – Ed è proprio sui poveri che spesso agisce la criminalità organizzata… Lo stiamo vedendo in questi giorni a Rosarno. Qual è l’impegno della Chiesa di Napoli contro questa piaga?

     
    R. – Noi non abbiamo la 'ndrangheta, ma abbiamo la camorra. Una camorra che negli ultimi tempi ha costituito un vero e proprio sistema di delinquenza, di sopraffazione, di vendetta, di sangue. E’ un fenomeno molto radicato, ma devo dire che soprattutto negli ultimi tempi c’è un forte impegno da parte delle istituzioni ed anche da parte nostra come Chiesa per contrastare questo fenomeno che devasta la società. Si nota una crescita etica di coscienza proprio per contrastare questi fenomeni criminosi.

     
    D. – Questo è certamente un ottimo segnale…

     
    R. – Certamente! La strada è ancora lunga, ma questo rappresenta certamente un buon inizio. Speriamo ora di continuare.

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    La vicenda di Rosarno: la riflessione del vescovo Luciano Bux

    ◊   Con un messaggio da leggere nelle Messe di domenica e prefestive di domani, il vescovo di Oppido Palmi, Luciano Bux, ha voluto ringraziare la diocesi per quanto fatto durante i giorni degli scontri, tra immigrati e cittadini, avvenuti a Rosarno. “La misericordia di Dio praticata dal nostro clero e dai nostri laici mi è stata di grande conforto nelle recenti tristi giornate” è scritto nel messaggio”. Un atteggiamento che mons. Luciano Bux, conferma nell’intervista di Alessandro Guarasci:

     
    R. – Ossequienti al Vangelo e accogliendo non solo come esseri umani, ma come fratelli, la diocesi. Il resto della popolazione, però, non è stato ostile: ha apprezzato quello che le varie parrocchie, oppure i vicariati e la Caritas diocesana, facevano e quello per cui si sono prodigati. E parecchie persone, che pure non frequentano i sacramenti - la domenica non vengono a Messa - hanno contribuito con offerte economiche.

     
    D. – Ma, comunque, lei è rimasto sorpreso della reazione della popolazione o in qualche modo se l’aspettava?

     
    R. – Quando le televisioni nazionali trasmettevano le notizie, i cittadini di Rosarno che hanno occupato il Comune non arrivavano a cento persone, e Rosarno ha più di 15 mila abitanti: erano parole sproporzionate! E' vero che quelli che avrebbero potuto opporsi, hanno avuto paura. C’è stato un intellettuale di Palmi che ha pubblicato un articolo sulla Stampa di Torino affermando: “Abbiamo il diritto di non essere eroi”. Io sono qui da 10 anni e non ci sono mai stati problemi da parte della popolazione nei confronti delle migliaia di immigrati - quei pendolari che poi passano in altre zone del sud per la raccolta dei pomodori e per altri lavori agricoli - e nemmeno, a maggior ragione, nei confronti delle persone che sono diventate residenti.

     
    D. – Per evitare che si ripetano fatti di questo tipo, l’apporto delle istituzioni è fondamentale. Si risolve tutto mandando più polizia a Rosarno?

     
    R. – No, assolutamente. D’altra parte ne hanno deportato, perché questa è la parola che io mi sento di usare dalle relazioni che ho ricevuto – circa duemila in altre zone di Italia. Quindi, ormai a Rosarno di questi pendolari ne saranno rimasti 200, 300, e il grosso non c’è più ormai. Anche sotto questo aspetto, non è prevedibile che si possano ripetere faccende del genere. Sono le istituzioni civili che dovrebbero darsi da fare. E i nostri stessi rappresentanti, quelli della zona, anche loro, o hanno paura oppure addirittura sono collusi.

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    Procreazione assistita. Per Scienza e Vita la sentenza di Salerno scardina la Legge 40

    ◊   Ancora una volta si vuole scardinare la Legge 40 sulla fecondazione artificiale e si rischia una deriva eugenetica. E’ il commento dell’Associazione Scienza e Vita all’indomani del provvedimento del tribunale di Salerno che, appellandosi alla Costituzione e contrariamente alla normativa attuale, ha autorizzato la diagnosi preimpianto e la procreazione medicalmente assistita in una coppia fertile portatrice di una grave malattia genetica. Sulla sentenza, Paolo Ondarza ha raccolto il commento del giurista Luciano Eusebi, consigliere di Scienza e Vita:

    R. – Ovviamente siamo tutti d’accordo sul fatto che sia desiderabile procreare figli non malati: il problema è però sul modo. E qui abbiamo, per la prima volta, una procreazione di più vite umane che avviene a priori ‘sub conditione’: le vite umane non sono volute perché il loro arco esistenziale si compia, ma già programmandone una selezione. Volontariamente si sa di porre in essere embrioni, anche portatori di qualche anomalia, cui si decide a priori di non dare alcuna chance esistenziale.

     
    D. – Può un giudice scegliere percorsi non previste dalla legge 40?

     
    R. – Il giudice non può – a mio avviso – derivare dalla Costituzione una disciplina in contrasto con norme vigente, fra l’altro ciò si pone anche in antitesi con il compito proprio della Corte Costituzionale.

     
    D. – Professor Eusebi, che cosa apre questo pronunciamento?

     
    R. – Di fatto noi veniamo ad avere una prima fase della vita umana trattata come una cosa pienamente disponibile da altri. Questo è in totale contrasto con l’assetto di fondo della legge, che riconosce l’embrione come soggetto e questo ha il suo fondamento proprio nella Costituzione, in quella parte della Costituzione che riconduce la titolarità dei diritti inalienabili alla sola esistenza in vita e non ad un giudizio sulle capacità, sulle qualità di quella vita.

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    La direttrice del Museo Ebraico di Roma: la visita di Benedetto XVI in Sinagoga, tappa importante nel dialogo tra ebrei e cattolici

    ◊   Fervono i preparativi per la visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, domenica prossima. Uno dei momenti forti sarà l’inaugurazione della Mostra “Et ecce gaudium” al Museo Ebraico di Roma, che è stata presentata ieri pomeriggio ai giornalisti. Si tratta di un’esposizione di 14 disegni preparati nel ‘700 dagli ebrei romani per l’incoronazione dei Sommi Pontefici. Per una riflessione su come il mondo della cultura ebraica attende la visita di Benedetto XVI, a 24 anni da quella storica di Giovanni Paolo II, Alessandro Gisotti ha intervistato la dott.ssa Daniela Di Castro, direttrice del Museo Ebraico di Roma:

    R. – Sono passati, appunto, 24 anni e il mondo è completamente cambiato: sono cambiati i rapporti, senz’altro, fra la comunità ebraica di Roma e il mondo cattolico dopo questa dirompente novità di Giovanni Paolo II nell’86; ci sono stati tanti passi in avanti. Questa visita sarà senz’altro un’altra pietra molto, molto importante nel dialogo giudaico-cristiano e proprio in un momento in cui c’è un gran bisogno di dialogo nel mondo.

     
    D. – Con la visita di Benedetto XVI viene inaugurata la mostra “Et ecce gaudium”, che si sofferma proprio sul rapporto tra ebrei e papato…

     
    R. – A metà del Cinquecento gli ebrei perdono i diritti civili e vengono chiusi in un ghetto, ma la loro partecipazione alla cerimonia di insediamento dei Pontefici continua. Questo è fondamentale, perché malgrado siano stati privati dei diritti civili e malgrado siano considerati cittadini di serie b, sono comunque cittadini romani. Questa è una cosa fondamentale, perché lo status di ebrei a Roma è comunque uno status di cittadini che vedono garantita la possibilità di essere ancora presenti qui in città. Sono chiamati a decorare un tratto di strada con dei pannelli contenenti iscrizioni bibliche.

     
    D. – Il Museo ebraico di Roma custodisce la memoria della comunità ebraica della città. Quanto è importante conservare questa memoria, specie per le giovani generazioni?

     
    R. – Il Museo ebraico di Roma è proprio una parte della città ed io penso che le memorie dell’ebraismo a Roma siano talmente intersecate con quelle della città che ritengo non sia veramente possibile conoscere Roma se non si conosce anche il Museo ebraico, se non si conosce la storia dell’ebraismo per esempio nei suoi toponimi. Questa zona che circonda il Museo ebraico, la zona del quartiere ebraico, dove un tempo sorgeva il ghetto, e le vie adiacenti sono così importanti e non solo per la storia dell’ebraismo, ma per la storia della città tutta. Questo è poi anche un museo molto importante per la storia dell’arte, per la storia delle arti decorative.

     
    D. – Il dialogo tra ebrei e cattolici è un dialogo davvero multidimensionale. Quanto è fruttuoso questo dialogo sul terreno della cultura?

     
    R. – Il terreno della cultura – grazie al cielo – è un terreno privilegiato per il dialogo! Non c’è dialogo senza cultura, io direi. Basta aprire un giornale e ci si rende conto che dove manca la cultura, il dialogo muore sempre. Noi cerchiamo, invece, di fare l’opposto: facciamo un grande sforzo per avvicinare al Museo ebraico di Roma le scuole e sempre di più la comunità ebraica a Roma sta potenziando il museo come “zona di dialogo”. Naturalmente quando abbiamo la fortuna di avere una visita così illustre, come quella del Sommo Pontefice, il Museo ebraico di Roma riesce ad arrivare con la propria comunicazione nei posti più sperduti del mondo. Io credo che tutto questo potrà fare soltanto del bene al dialogo.

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    Chiesa e Società



    Vicinanza delle Chiese del continente americano al popolo haitiano

    ◊   Dal Canada al Cile, dal Brasile alla Colombia, l’intero continente americano si sta mobilitando per portare aiuti al popolo haitiano. Un modo per dare concretezza anche materiale a quella solidarietà e vicinanza chiesta mercoledì scorso da Benedetto XVI a poche ore della terribile tragedia che ha sconvolto la vita di una nazione, sofferente già da tempo. L’appello del Papa è stato raccolto e amplificato dalle 22 Conferenze episcopali latinoamericane più quelle dei vescovi cattolici del Canada e degli Stati Uniti. In prima linea, in ogni Paese, a organizzare la raccolta degli aiuti sono le diverse Caritas nazionali, alcune delle quali già sono presenti ad Haiti con i loro emissari per coordinare l’arrivo degli aiuti così necessari e urgenti. I vescovi del Cile, nel loro appello, insistono sull’urgenza di agire presto mentre quelli della Colombia ricordano che si devono donare cose utili e concrete; intanto l’episcopato statunitense realizzerà domani e dopo domani una colletta nazionale per raccogliere fondi da investire nell’acquisto di cibo e tende e anche per finanziare progetti di ricostruzione. La stessa solidarietà si sta sviluppando in due Paesi vicini ad Haiti e con i quali esistono legami storici e geografici particolari: Cuba e Repubblica Dominicana, dove i rispettivi cardinali Jaime Ortega e Nicolas Lòpez Rodriguez si sono rivolti ai cristiani per chiedere gesti di amicizia e condivisione concreti. Insieme a quest’attività umanitaria, espressione anche di comunione ecclesiale, in quasi tutte le nazioni del continente, i siti degli episcopati e più in generale la stampa che fa riferimento al mondo cattolico si sono mobilitati per organizzare la solidarietà spontanea sin dal primo momento. La morte dell’arcivescovo della capitale haitiana, mons. Serge Miot e di Zilda Arns, la brasiliana fondatrice dell’Opera per l’infanzia, molto conosciuta in America Latina, hanno colpito e addolorato i latinoamericani che vedono in queste due vittime un simbolo del dolore di un’intera nazione. I vescovi del Messico e dell’Argentina, ma anche quelli della Bolivia e del Brasile - Paese dove la Caritas ha organizzato un’immediata colletta nazionale - e le Conferenze episcopali centroamericane riflettono anche sul futuro di Haiti e in diversi modi auspicano che la comunità internazionale possa essere capace di trasformare questa solidarietà in un sostegno permanente alla crescita e allo sviluppo degli haitiani sino od oggi mancante. In molti richiamano l’attenzione sul fatto che, se da un parte è vero che si è trattato di una devastazione naturale imprevedibile ed enorme, è anche vero che Haiti, ultimo Paese dell’emisfero occidentale dal punto di vista dello sviluppo, si è trovato ad affrontare un cataclisma senza infrastrutture, senza servizi sanitari, senza mezzi adeguati per il soccorso, senza quel minimo che avrebbe dovuto avere se del suo futuro la comunità internazionale si fosse interessata tempestivamente e in modo duraturo. (A cura di Luis Badilla)

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    Haiti: la situazione degli Istituti religiosi. I 5 seminaristi camilliani dispersi sono vivi

    ◊   L’agenzia Fides ha riferito che i 5 seminaristi camilliani dispersi nel sisma che ha colpito Haiti sono tornati a casa. La situazione è però drammatica nonostante l’ospedale funzioni: sono già stati curati e dimessi più di 500 terremotati mentre sono ancora 100 quelli ancora degenti, collocati in ogni spazio possibile. Mancano acqua, cibo, medicine, c’è bisogno di cibo e farmaci, in particolare antibiotici e anestetici. Si temono saccheggi, violenze, non ci sono forze dell’ordine, il corpo di polizia è stato decimato. Stanno bene le 46 suore della Congregazione delle Missionarie dell’Immacolata Concezione (MIC), presenti ad Haiti, ma purtroppo sono gravi i i danni causati ai loro edifici. Danneggiata anche la sede della casa provinciale dei missionari Oblati di Maria Immacolata, nell’isola dal 1943, e che gestiscono una ventina di parrocchie insieme ad un centro per i malati di Aids ed un orfanatrofio. Per quel che riguarda le case e le opere dei Gesuiti, sono state colpite meno di altre e tutti i religiosi che si trovano ad Haiti sono sopravvissuti al sisma e sono sani e salvi tranne un sacerdote che è stato ferito nel crollo di un edificio. (B.C.)

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    Terremoto ad Haiti: l'impegno della Chiesa della vicina Repubblica Dominicana

    ◊   Mons. Ramon Benito de La Rosa y Carpio, arcivescovo Metropolita di Santiago de los Caballeros, nella Repubblica Dominicana, è stato contattato dall’agenzia Fides per avere aggiornamenti sulla situazione e sugli aiuti verso la Chiesa vicina di Haiti. “In questo momento i nostri fratelli di Haiti hanno bisogno con urgenza di latte, acqua, biscotti, prodotti alimentari in conserva, biancheria e tende dove pernottare” informa il testo inviato all'agenzia Fides dall’arcivescovado. “Il Paese ha aperto le porte di tutti gli ospedali per offrire aiuto alle vittime del terremoto in Haiti – prosegue il messaggio -. Il Ministero della Salute ha inviato nella zona di frontiera specialisti in traumatologia e anestesia. Sono stati istituiti centri mobili per i primi soccorsi ai feriti. E’ stato rafforzato il personale medico in tutti i centri del Paese. Sono state installate delle mense popolari vicino alle frontiere per poter offrire razioni alimentari ai vicini fratelli di Haiti. L’Istituto Dominicano di Telecomunicazioni ha inviato dei tecnici specialisti per potere ristabilire le comunicazione nel paese colpito dal terremoto”. La Chiesa dominicana si sta organizzando a livello di diocesi e di parrocchie in tutta la Repubblica Dominicana. L’arcidiocesi di Santiago de los Caballeros ha già organizzato delle collette per aiutare Haiti e domani è in programma una tele-maratona durante la quale l’istituzione “Santiago Solidario”, corporazione delle istituzioni della città in coordinamento con l’arcidiocesi, promuoverà la raccolta principale degli aiuti per il Paese vicino. (R.P.)

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    Per Haiti si mobilita anche la Chiesa in Asia

    ◊   Anche la Chiesa in Asia si sta mobilitando per aiutare il popolo haitiano travolto dal sisma del 12 gennaio. In Corea l’arcidiocesi di Seoul, tramite la Caritas diocesana, ha stanziato 50mila dollari per l’emergenza e altri aiuti arriveranno presto dalla Caritas nazionale. Anche la Caritas India si sta organizzando per fare arrivare soccorsi alle popolazioni colpite. Un pressante appello alla solidarietà verso il popolo haitiano è stato rivolto ai cittadini filippini dal Nunzio apostolico ad Haiti, mons. Bernardito Auza, miracolosamente scampato al sisma. Dalle antenne di “Radio Veritas” a Manila il presule filippino ha confermato che la situazione a Port-au-Price è assolutamente terribile e che mercoledì sono giunti in nunziatura i vescovi haitiani per organizzare gli aiuti che stentano ad arrivare. Profondo cordoglio e solidarietà con il popolo di Haiti è stato espresso dal nuovo segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, il pastore Olav Fykse Tveit, che mercoledì ha assicurato l’aiuto delle Chiese del mondo attraverso “Act International”, una alleanza mondiale di Chiese e Ong cristiane impegnate nelle emergenze umanitarie. (L.Z.)

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    Domani i funerali di Zilda Arns, fondatrice della Pastorale del Bambino, morta nel sisma di Haiti

    ◊   E’ ancora forte la commozione in tutta l’America Latina per la morte di Zilda Arns, fondatrice della Pastorale del Bambino, scomparsa durante il terremoto di Haiti martedì scorso. La sua salma è tornata in Brasile a bordo di un aereo dell’aviazione brasiliana, accompagnata da numerose autorità del Paese. In giornata il trasferimento a Curitibia, nello stato di Paranà, dove sarà allestita una camera ardente. Domani, alle 14 ora locale, si terranno le esequie, trasmesse anche in diretta televisiva, alle quali prenderà parte anche il presidente brasiliano Lula da Silva insieme a molte altre personalità. Confermata la presenza del cardinale Agnelo Geraldo Majella, arcivescovo di San Salvador de Bahia, co-fondatore della Pastorale del Bambino, mons. Geraldo Lyrio Rocha, presidente della Conferenza episcopale del Brasile. Non potrà partecipare per motivi di salute il cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo emerito di San Paulo, e fratello della dottoressa Zilda.(B.C.)

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    Messaggio di padre Pizzaballa per la Giornata della Pace in Terra Santa

    ◊   Un’iniziativa perché “nasca un concreto impegno per la riconciliazione e la pace”. E’ l’auspicio di padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, nel messaggio per la seconda Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa in programma il prossimo 31 gennaio. Si tratta di un’iniziativa – riferisce Zenit - promossa da un gruppo di giovani della Terra Santa e dell'Italia, in particolare dall'apostolato “Giovani per la Vita”, dall'associazione dei Papaboys, dai gruppi di adunanza Eucaristica e dalle cappelle di Adorazione perpetua. Ricordando il salmo 122 nel quale si chiede pace per Gerusalemme, padre Pizzaballa sottolinea che è “un richiamo antico che ancora oggi desta la nostra attenzione, la nostra partecipazione, come un'urgenza che ci sta a cuore, un dovere che si compie per amore, con amore”. Il raccoglimento, in occasione di questa Giornata, per la pace in Terrasanta vuole “metterci in comunione gli uni con gli altri, per diventare quel noi che fa diventare personale, diretto, il rapporto con Dio: Padre nostro”. Una pace che già ci era stata donata ma che oggi deve diventare “un volersi ritrovare nella sincerità, ognuno davanti a se stesso, gli uni davanti agli altri, tutti insieme davanti a Dio per ri-scoprire il dono della pace, per assumerci la responsabilità della pace, per ri-dare gli uni agli altri il dono che abbiamo così gratuitamente ricevuto”. “La pace – conclude il messaggio - ha bisogno di preghiera, di impegno, di coraggio”.(B.C.)

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    Malaysia: il governo autorizza l'uso del nome "Allah" solo per i cristiani del Borneo malaysiano

    ◊   Il governo malaysiano guidato dall’Umno (United Malays National Organization) ha oggi autorizzato i fedeli cristiani presenti nel Brneo malaysiano (precisamente nei due Stati di Sabah e Sarawak della Federazione malaysiana) a utilizzare i termine “Allah” per il culto. Per spiegare il provvedimento, il dipartimento del Primo Ministro ha detto che “l’utilizzo è corrente e tradizionale per cristiani nativi in Malaysia orientale”, dove vivono la maggioranza dei fedeli malaysiani. La vicenda si complica e diventa ancora più confusa e contraddittoria”, affermano fonti di Fides nella Chiesa malaysiana. Si verifica quindi quella che la comunità cristiana locale definisce “una discriminazione imposta agli stessi cittadini cristiani malaysiani: nel medesimo Stato, la Malaysia, i cristiani dovranno avere comportamenti diversi, a seconda che si trovino nella parte peninsulare del paese o nel Borneo”. La Chiesa cattolica, da parte sua “attende con serenità e speranza gli sviluppi della vicenda, soprattutto l’esito dei negoziati intavolati fra il governo e gli avvocati che hanno difeso l’Herald nel processo”: come comunicato all’agenzia Fides, è questo l’orientamento scelto dai vescovi, che oggi hanno terminato l’assemblea della Conferenza episcopale di Malaysia, Singapore e Brunei a Johor. La comunità cristiana ha scelto di mantenere “un profilo basso”, di non reagire, nemmeno con manifestazioni pacifiche, e di restare in preghiera. I cristiani e le altre minoranze religiose, però, non nascondono i timori di una progressiva islamizzazione del Paese, imposta dall’agenda dell’Umno per motivi ritenuti di natura politica. Intanto oggi, nella preghiera del venerdì, gli imam delle moschee di Kuala Lumpur hanno ribadito il sostegno al governo: non si deve permettere ai cristiani di utilizzare il nome “Allah” in quanto questo sarebbe “un tentativo di minare la posizione dell’islam nella nazione” (dove l’islam è religione di Stato). Il sermone preparato e diffuso in numerose moschee dal Selangor Islamic Department (Jais) afferma che “la decisione dell’Alta Corte è stata scioccante” e che permettere l'uso del termine “Allah” ai cristiani “creerebbe ulteriore tensione religiosa”. Il sermone ricorda una decisione del governo del 1986 che ha vietato l'uso di quattro parole arabe ai non musulmani, fra le quali Allah. Fra i provvedimenti adottati dal governo per smorzare la tensione, vi è l'annuncio di un risarcimento di 500mila ringgit (dollari malaysiani) per ricostruire la “Metro Tabernacle Church” di Kuala Lumpur, chiesa pentecostale danneggiata negli attacchi dell’8 gennaio. E’ stato inoltre arrestato uno studente di 25 anni, accusato di aver lanciato una delle bottiglie incendiarie contro le chiese. Mohamad Tasyrif Tajudin è stato identificato grazie a un colloquio rintracciato sul social network Facebook. (R.P.)

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    Timori in Indonesia: Yogyakarta prenderà il nome islamico di “Terrazza di Medina”

    ◊   La società civile indonesiana è preoccupata perchè la leadership di Yogyakarta – sull’isola di Java – intende cambiare il nome della città in Seramabi Madinah, la “Terrazza di Medina”, dal sapore più islamico. La diatriba ha suscitato turbamento nell’opinione pubblica, secondo cui - riferisce l'agenzia AsiaNews - il cambio causerà solo “danni” a una città pluralista, dove convivono in modo pacifico centinaia di etnie. Yogyakarta è considerata la località simbolo della “lotta dell’Indonesia per l’indipendenza”, accoglie migliaia di studenti universitari “migranti”, provenienti da tutto il Paese per frequentare le accademie d’eccellenza. Per questo viene anche soprannominata Kota Pelajar, la “città degli studenti”. Capitale della nazione tra il 1945 e il 1949, durante gli anni della rivoluzione, Yogyakarta è suddivisa in 14 distretti, ha una popolazione superiore ai 500mila abitanti ed è una meta turistica assai popolare per indonesiani e stranieri. I suoi abitanti hanno fatto del pluralismo e dell’apertura un motivo di vanto. Essa contiene alcuni fra i patrimoni culturali più importanti del Paese: il tempio buddista di Borobudur e il tempio indù Prambanan, nei dintorni della città. La decisione della leadership di Yogyakarta di ribattezzare la città “Terrazza di Medina” ha scatenato dure prese di posizione da parte di editorialisti, attivisti per il dialogo interreligioso e membri della società civile. L’iniziativa è partita dal principe Joyokusumo (alias Gusti Joyo) fratello minore del governatore. Essa è sostenuta dal potente Consiglio indonesiano degli ulema (Mui) e tra le giustificazione addotte vi è il fatto che l’antica Medina – ai tempi del profeta Maometto – era celebre per “ospitalità e pluralismo”. Introdotta per la prima volta il 19 agosto 2009, la mozione è stata resa pubblica nel mese di ottobre, su iniziativa del Mui. Il 28 settembre il Consiglio degli ulema, la famiglia reale di Yogyakarta e leader locali hanno firmato un memorandum di accordo. Il cambio di nome dovrebbe avvenire entro marzo 2010. (R.P.)

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    Vietnam: le autorità negano l’attacco ai parrocchiani di Dong Chiem

    ◊   Il vicepresidente del Comitato del popolo di My Duc, Nguyen Van Hau, ha negato alla ufficiale agenzia Vna che “le autorità locali abbiano attaccato i fedeli”. Hau ha dato una sua ricostruzione della vicenda, affermando che la croce fatta saltare con l’esplosivo era stata “illegalmente eretta” sulla collina detta Nui Tho. “La costruzione viola la legge sulla terra” e la collina, a suo dire, non sorge nel terreno della parrocchia, ma è del Comitato del popolo di An Phu. “La costruzione della croce senza il permesso delle autorità responsabili - infine – costituisce una violazione dell'ordinanza sulle credenze e la religione”. Nella ricostruzione del funzionario, “le autorità locali hanno tentato di risolvere la questione con una serie di colloqui con la parrocchia da marzo a dicembre, ma non hanno trovato cooperazione”. In risposta alle affermazioni delle autorità, padre John Le Trong Cung, vicecancelliere dell’arcivescovado di Hanoi, ha riaffermato che “la collina è sempre stata della parrocchia, fin dalla sua creazione, più di cento anni fa”. “Il crocefisso - ha aggiunto il parroco, padre Nguyen Van Huu – è lì da anni. L’anno scorso lo abbiamo solo consolidato, ma era già lì”. Molto significativo, nella vicenda, - sottolinea l'agenzia AsiaNews - anche quanto scritto dal capo del Partito comunista di Dong Chiem, Lieu, che ha confermato l’attacco ai parrocchiani ed espresso il suo disaccordo sulla distruzione della croce. (R.P.)

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    Uzbekistan: ancora persecuzioni contro i cristiani

    ◊   Continua la persecuzione della polizia uzbeka contro i cristiani. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, durante il periodo di Natale le forze dell’ordine hanno fatto irruzione durante incontri e funzioni religiose, comminando pesanti multe. Per i cosiddetti “recidivi” è prevista anche la prigione. Il 3 gennaio la polizia ha interrotto un incontro di circa 40 fedeli protestanti della chiesa Holiness Full Gospel, situata in un’abitazione privata nel villaggio di Umid. Il luogo di culto è riconosciuto dalle autorità governative e può svolgere attività religiose, ma l’ufficiale della polizia che ha bloccato le celebrazioni ha spiegato che si tratta di una chiesa non registrata. Ora per i leader del gruppo protestante è probabile una condanna a multe salatissime. Come segnala l’agenzia Forum 18, nel 2009 la situazione dei cristiani è peggiorata e molti fedeli hanno scontato tra i 5 ed i 15 giorni di carcere per aver tenuto o partecipato ad incontri religiosi. Sono finiti in carcere anche alcuni Testimoni di Geova. In Uzbekistan la legge sulla libertà religiosa, inasprita negli ultimi anni, prevede che ogni gruppo di fedeli può svolgere attività solo se registrato nella zona. La norma è interpretata in modo ancora più restrittivo dalla polizia, che spesso chiede uno specifico riconoscimento per ogni piccola città e villaggio. Senza questa approvazione, si considera illecito persino riunirsi per pregare o parlare della propria fede, anche in una casa privata. (F.C.)

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    Mongolia: proposta per abolire la pena di morte. Il consenso della Chiesa

    ◊   Una moratoria permanente sulla pena di morte. Lo ha deciso la Mongolia, con un decreto presidenziale, come riporta l’Agenzia Misna. Il presidente del Paese dell’Asia centrale, Tsakhia Elbegdorij, ha annunciato la sua decisione al Parlamento ed ha chiesto di approvare entro l’anno una norma per abolire definitivamente la pena capitale e sostituirla con una pena fino a 30 anni di carcere. Si tratta senza dubbio di una novità per la Mongolia, dove il numero dei condannati a morte è protetto dal segreto di Stato e non vi sono dati ufficiali in materia. Secondo Amnesty International, che ha commentato positivamente la decisione, almeno una persona è stata giustiziata nel 2008 e nove potrebbero subire la stessa sorte. “La maggior parte dei Paesi del mondo – ha dichiarato Elbegdorij – ha stabilito di abolire la pena capitale. Dovremmo seguire questo esempio e cancellare dal codice penale una punizione che umilia la dignità umana”. “Siamo ben felici di questa moratoria e accoglieremo con gioia l’eventuale abolizione della pena di morte. Sosteniamo ogni provvedimento che va in direzione del rispetto e della tutela della vita. Cercheremo la collaborazione delle altre Chiese cristiane presenti in Mongolia per sostenere questa proposta”, ha commentato in un colloquio con l’agenzia Fides padre Ernesto Viscardi, Missionario della Consolata e vice-Prefetto Apostolico di Ulaan Bataar. (F.C.)

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    La Chiesa in Angola condanna l'attacco terroristico contro la nazionale del Togo

    ◊   Una netta condanna del terrorismo ed un invito al dialogo. Questa la posizione della Chiesa in Angola riguardo i fatti dell’8 gennaio scorso, quando il pullman che trasportava la nazionale di calcio del Togo è stato colpito da un attacco terroristico nella regione di Cabinda. Come riferisce l’agenzia Fides, diversi esponenti della Chiesa angolana hanno criticato con forza il gesto del Fronte di Liberazione dell’Enclave di Cabinda. “Il terrorismo non sarà mai la soluzione, è sempre un atto vile, barbaro, assassino, criminale”: questa la dichiarazione rilasciata al quotidiano cattolico “O Apostolado” da padre João Domingos, sacerdote portoghese che dal 1981 opera nel Paese, dove dirige l’Istituto di Scienze Religiose d’Angola. Per il sacerdote, il terrorismo “è sempre un atto di vigliaccheria, non funziona, causa solo altra violenza”. “I problemi – ha aggiunto – devono essere risolti con il dialogo”. Padre Domingos ha poi invocato il perdono di Dio verso i responsabili di questo crimine ed ha chiesto l’assistenza divina perché fatti simili non si ripetano. L’Angola ospita il Campionato Africano delle Nazioni e l’arcivescovo di Luanda, mons. Damiao Antonio Franklin, ha sottolineato il ruolo sociale dello sport. “I giochi – ha affermato il presule – hanno una funzione sociale molto importante” e quindi la violenza è in contraddizione con lo spirito sportivo. (F.C.)

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    Messaggio del cardinale Rouco Varela per la Giornata mondiale delle migrazioni

    ◊   Convertire la società in uno spazio d’accoglienza. E’ l’esortazione del cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, nella lettera “Gli immigrati e i rifugiati minori di età”, resa nota in occasione della Giornata mondiale delle migrazioni, che si celebra domenica. Il porporato invita a riconoscere la dignità dei lavoratori stranieri e chiede alla sua comunità di “farsi carico con generosità dell'accoglienza e del servizio non solo ai uomini e donne immigrati e rifugiati, ma anche e soprattutto ai loro figli minorenni, senza dimenticare i minori non accompagnati”. Nel messaggio, reso noto dall’agenzia Sir, il cardinale invita anche a combattere “contro le remore, i pregiudizi e le pratiche contrarie alla legge dell'accoglienza del fratello”. Pertanto esorta a sviluppare una cultura dell’accoglienza, che favorisca l’integrazione dei minori immigrati e rifugiati e delle loro famiglie.(B.C.)

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    Sul web la prima banca di immagini sulla vita della Chiesa

    ◊   Sono almeno 200 mila le immagini a disposizioni di “Imagines Ecclesiae”, la prima banca di fotografie sulla vita della Chiesa cattolica in Internet. Promossa dalla società “Flashes de la Iglesia”, l’iniziativa intende mostrare la straordinaria bellezza e ricchezza della Chiesa e il bene che questa apporta alla società. Fornire una documentazione sull’attività del Papa, i grandi avvenimenti della Chiesa nel mondo, i dibattiti e gli eventi è la finalità di “Imagines Ecclesiae” che con i suoi servizi fotografici – riferisce Zenit – intende dare un particolare rilievo a temi sensibili come la difesa della vita e della famiglia, l'educazione, la giustizia sociale, le tradizioni, le questioni bioetiche, l'eutanasia, l'aborto, la contraccezione, il rispetto dei diritti umani e l'esercizio della libertà religiosa. Per ogni informazione si può accedere al sito internet:www.imaginesecclesiae.com ma anche il portale www.flashdelaiglesia.es per poi cliccare sul collegamento diretto alla banca di immagini, che pubblica i suoi servizi in spagnolo, inglese, francese, tedesco, portoghese e italiano. (B.C.)

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    All'Aquila il primo cantiere di restauro di un bene artistico: la fontana delle 99 Cannelle

    ◊   Una luce di speranza e di futuro nel cuore di una città duramente ferita dal terremoto del 6 aprile 2009. Ma anche un segnale concreto per mettere in evidenza la necessità di interventi immediati per salvare il patrimonio storico e artistico dell’Aquila. Partiranno a fine gennaio i lavori di restauro della fontana delle 99 Cannelle, luogo simbolo del capoluogo abruzzese, profondamente danneggiata dal sisma. Si tratta del primo cantiere di restauro di un bene storico-architettonico curato dal Fai (Fondo dell’Ambiente Italiano) che investirà oltre 750 mila euro provenienti dalla raccolta fondi della campagna “Sos monumenti Abruzzo” e dalla partecipazione solidale delle imprese e sponsorizzazioni tecniche. Per gli aquilani e gli abruzzesi la fontana rappresenta uno dei monumenti più significativi della città. La leggenda narra che i 99 mascheroni che la ornano rappresentano 99 castelli da cui, nel XIII secolo, arrivarono le popolazioni chiamate a formare una nuova “città madre”. Il monumento si trova nel borgo Rivera, accanto all’antica cinta muraria della città. Il Fai si è impegnato a recuperare anche il tratto delle mura dove poggia la fontana e Porta Rivera, anch’essa semi distrutta dal sisma. “Entro la fine dell’estate - ha assicurato il vice-presidente del Fai, Marco Magnifico - il cantiere dovrebbe essere chiuso e la fontana e il tratto della cinta muraria verranno restituite agli aquilani e a tutti gli italiani”. Il restauro verrà eseguito tenendo in considerazione le tecniche antisismiche per evitare che un altro evento metta a repentaglio uno dei monumenti simbolo della città. (R.R.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il presidente Obama: tassa sulle banche Usa responsabili della crisi

    ◊   Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha proposto una nuova “tassa sulla responsabilità” della crisi economica da imporre alle maggiori società finanziarie americane salvate dalla recessione con il denaro pubblico. Il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss Khan, ha accolto con grande favore l'annuncio. Mentre i grandi istituti bancari si preparano a dare battaglia prima che l’imposta riceva il via libera dal congresso. Il servizio di Marco Guerra:

    ''Vogliamo recuperare i nostri soldi e li recupereremo''. Ha il tono della sfida l’annuncio del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, del suo progetto di tassa sulla crisi rivolta alle grandi banche americane. Nel suo intervento, il presidente Usa ha spiegato di avere preso la decisione spinto dagli enormi profitti e i bonus, definiti “osceni”, generati e versati ai manager dei colossi finanziari salvati grazie al denaro pubblico. Obama ha inoltre ricordato che i responsabili della maggiore crisi finanziaria del dopoguerra sono proprio molti di questi istituti che, prima di aver beneficiato dell’assistenza statale, hanno avuto “comportamenti rischiosi”. La cosiddetta “tassa di responsabilità” riguarderà soltanto le maggiori istituzioni finanziarie, quelle con asset superiori ai 50 miliardi di dollari. Il 60% del’imposta, in base ai calcoli della Casa Bianca, sarà fornita dalle 10 maggiori banche del Paese. E si calcola in un massimo di circa 117 miliardi di dollari in 12 anni le somme da recuperare. Ma le banche sono già passate al contrattacco fornendo previsioni catastrofiche per tutto il settore del credito. Molti analisti mettono poi in guardia sulle possibili pressioni che le lobby eserciteranno sul Congresso che sarà presto chiamato ad esprimersi sul provvedimento.

     
    Iran scarcerazioni
    Le autorità iraniane hanno liberato la sorella del premio Nobel per la pace Shirin Ebadi, e le 30 madri in protesta da mesi per la scomparsa dei loro figli, arrestate giorni fa in un parco di Teheran. Secondo alcuni siti web vicini all’opposizione, ieri sono stati rilasciati anche tre esponenti riformisti arrestati nel corso delle manifestazioni del 27 dicembre nella capitale. Si tratta di Chapour Kazemi, cognato del riformatore Hossein Mussavi, Hassan Abedi Jafarim uno dei suoi consiglieri, e Morteza Haji, Ministro del lavoro durante la presidenza di Mohammad Khatami.

    Iran nucleare
    Sale l’attesa per la riunione di domani a New York del gruppo “5+1” sul dossier nucleare iraniano. La Cina - scettica verso l’ipotesi di nuove sanzioni contro Teheran - parteciperà al summit con un semplice delegato e non con il rappresentante del ministero degli Esteri come gli altri Paesi.

    Afghanistan
    Almeno nove militanti talebani si sono arresi nelle ultime ore nell'Afghanistan orientale. Lo rende noto oggi a Kabul il comando dell’Isaf . “Le prime informazioni disponibili – si legge nel comunicato dell’Isaf - indicano che ex membri talebani si sono presentati alle autorità governative per avviare un processo di reintegrazione nella società”. Intanto, il Giappone ha annunciato la fine della missione navale di supporto logistico e di rifornimento alla coalizione internazionale impegnata in Afghanistan. La decisione fa seguito al proposito espresso dal Partito Democratico nipponico tornato al potere nell’agosto scorso.

    Pakistan
    Il primo ministro pakistano Gilani ha criticato i frequenti raid missilistici dei droni statunitensi. “Fomentano la rivolta degli estremisti – ha detto - e minano il controllo del territorio”. Gilani ha puntato il dito contro gli Stati Uniti anche per le restrizioni imposte ad Islamabad sul nucleare. Parlando di “deficit di fiducia tra i due Paesi” il premier pakistano ha infine detto che gli americani possono escludere la vittoria in Afghanistan senza l'aiuto di Islamabad.

    Iraq
    Nuova ondata di attacchi in Iraq. Almeno 12 persone ieri hanno perso la vita e altre 20 sono rimaste ferite nel triplice attentato compiuto nella città santa di Najaf, a sud di Baghdad. Tre autobomba sono esplose in sequenza in tre luoghi diversi del centro della città, nei pressi del mausoleo dell'imam Ali e di un mercato di frutta e verdura.

    Cina-Google-Stati Uniti
    Non accenna a placarsi la polemica tra la Cina e la compagnia Google che, dopo alcuni attacchi informatici, si rifiuta di applicare agli utenti cinesi i filtri della censura imposti dal governo di Pechino. Sulla questione è intervenuto anche un alto funzionario del Dipartimento di Stato americano, chiedendo “spiegazioni” a diplomatici cinesi durante un incontro a Washington. Intanto, il ministero cinese del Commercio getta acqua sul fuoco spiegando che “qualsiasi decisione presa da Google non influirà sulle relazioni economiche tra la Cina e gli Stati Uniti”.

    Malaysia
    Pericolo di attacchi terroristici contro gli stranieri in Malaysia, già teatro in questi giorni di azioni anti-cristiane. A diffondere l’allarme è l’ambasciata americana nel Paese che, in un messaggio sul proprio sito Internet, parla di rischio elevato nel Borneo. Si raccomanda dunque la massima cautela nei viaggi e negli spostamenti nella regione.

    Giordania
    In Giordania, ancora nessuna rivendicazione per il fallito attentato di ieri ad Amman contro due diplomatici israeliani, mentre erano a bordo delle loro auto in viaggio verso lo Stato ebraico. Il convoglio è stato colpito solo di striscio dallo scoppio una mina, probabilmente azionata a distanza.

    Sudan
    In Sudan si discute delle elezioni presidenziali del prossimo mese di aprile, le prime multipartitiche degli ultimi 24 anni. I ribelli del sud hanno scelto di candidare un musulmano laico nella sfida il presidente Omar el-Bechir, su cui pende un mandato di arresto internazionale. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 15

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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