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Sommario del 14/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Haiti: forse 500 mila le vittime del terremoto. Cor Unum rilancia l'appello del Papa: aiuti generosi. Hanno perso la vita anche l'arcivescovo Miot e Zilda Arns, la Madre Teresa dell'America Latina
  • Benedetto XVI agli amministratori locali di Roma e del Lazio: la persona e la famiglia siano al centro dell'azione politica. Educare i giovani ad una visione alta dell'uomo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Accorato appello di pace dei vescovi europei e nordamericani in Terra Santa
  • Presentato a Roma il Codex Pauli, opera miniata che raccoglie l'intero corpus paolino
  • Apre a Roma il Josp Fest promosso dall'Opera Romana Pellegrinaggi
  • Chiesa e Società

  • Realtà ecclesiali, Ong e associazioni cattoliche mobilitate per i soccorsi agli haitiani
  • Iniziative dei cattolici cinesi per i terremotati di Haiti
  • Malaysia: attaccata un'altra chiesa
  • Algeria: integralisti colpiscono una chiesa protestante
  • Egitto: visita dell’imam di al-Azhar ai copti aggrediti nella città di Nagaa Hamadi
  • Vietnam: la collina dove è stato distrutto il Crocifisso, sta diventando un “Monte delle croci”
  • India: sostegno di “Aiuto alla Chiesa che soffre” per una cappella danneggiata da estremisti
  • Pio XII: intervista a don Centioni su H2ONews sulla rete clandestina di aiuto agli ebrei
  • La storia della filmoteca vaticana in un libro di Antonia Pillosio: domani presentazione a Roma
  • Dopo la forte opposizione della Chiesa, il presidente brasiliano Lula ritira la legge pro-aborto
  • Sri Lanka: riaperto ai fedeli il Santuario mariano di Madhu
  • Camerun: mons. Bakot eletto Gran Cancelliere dell'Università cattolica dell'Africa centrale
  • Germania: i vescovi inaugurano a Erfurt il nuovo “Ufficio per la Pastorale missionaria”
  • Regno Unito: intervento della Chiesa sullo status legale dei migranti
  • Irlanda: l’Osce chiede la revoca della legge sulla blasfemia
  • Rapporto sulla cocaina in Europa: ancora sottovalutati gli effetti negativi sulla salute
  • Italia: il Forum delle famiglie contro la proposta di divorzio breve
  • Italia: veglie di preghiera per gli episodi di violenza a Rosarno
  • Ciclo d’incontri in Italia della relatrice speciale dell’Onu sulla violenza alle donne
  • “Voci giovani dal Mediterraneo”: un italiano e un turco riflettono sulla società multietnica
  • 24 Ore nel Mondo

  • Yemen: guerra aperta ad al Qaeda, no all'intervento Usa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Haiti: forse 500 mila le vittime del terremoto. Cor Unum rilancia l'appello del Papa: aiuti generosi. Hanno perso la vita anche l'arcivescovo Miot e Zilda Arns, la Madre Teresa dell'America Latina

    ◊   Dramma e caos ad Haiti dopo il devastante terremoto che ha colpito il Paese martedì scorso: si parla di centomila morti, alcuni ipotizzano 500 mila vittime. La solidarietà internazionale non si è fatta attendere. Il Pontificio Consiglio Cor Unum ha rilanciato oggi l’appello del Papa, ieri all’udienza generale: gli aiuti – afferma un comunicato del dicastero vaticano – “devono essere generosi e concreti per venire incontro alle pressanti necessità dei nostri fratelli e sorelle in Haiti”. “Cor Unum, in diretto contatto con Catholic Relief Services (Crs), l'agenzia umanitaria internazionale dei vescovi degli Stati Uniti, – riferisce il comunicato - ha chiesto all’organismo di coordinare gli sforzi di assistenza in questa fase. Il personale già sul posto, che conta più di 300 membri attivi da tempo in Haiti l'esperienza passata, le capacità e le risorse di Crs, permetteranno pronto ed efficace coordinamento degli sforzi della Chiesa”. In azione anche la Caritas Internationalis guidata dal cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga. Ma le operazioni di soccorso sono purtroppo estremamente difficili: si scava a mani nude in cerca di sopravvissuti sotto le macerie. E la terra oggi ha tremato di nuovo: l’ultima scossa, di magnitudo 4,7 della scala Richter, è stata registrata a 10 chilometri di profondità con epicentro a 50 km dalla capitale. Tra le tante vittime c'è anche l’arcivescovo di Port-au-Prince. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Haiti è un cumulo di macerie. A Port-au-Prince lo scenario è apocalittico. Nelle zone periferiche si moltiplicano anche voci di presunti saccheggi. L’intero Paese è sotto choc come il suo presidente, René Preval, che intervistato dalla Cnn racconta il proprio dramma e quello di una nazione intera:

     
    R. – My Palace collapsed…
    Il Palazzo presidenziale è crollato. Non posso stare nel mio Palazzo e non posso stare nella mia casa, perché entrambi sono crollati. Adesso sto lavorando per salvare le persone. Siamo in una situazione drammatica: bisogna vederla, per poterci credere. Case distrutte, ospedali, scuole crollati. E la gente è per le strade. Non possiamo portarli all’ospedale. Ora, prima di tutto, dobbiamo ripulire le strade perché i soccorritori possano lavorare. Abbiamo bisogno di dottori, di medicine. Gli ospedali che funzionano sono pieni e la gente è fuori, davanti alle strutture sanitarie. C’è il rischio che le case continuino a crollare. C’è il rischio di epidemie. Ma tutti stanno facendo del loro meglio per aiutare. Voglio ringraziare tutti i Paesi che hanno cominciato ad aiutarci.

     
    Il bilancio è pesantissimo anche per la Chiesa locale. Anche l’arcivescovo di Port-au-Prince, mons. Serge Miot, è morto nel sisma. Ieri sera molti sopravvissuti hanno pregato nelle piazze del centro della capitale. Secondo fonti locali sono almeno 100 sacerdoti e seminaristi rimasti uccisi in seguito al terremoto. Ascoltiamo la testimonianza di un sacerdote haitiano, padre Jean Patrick, raccolta da Marie Duhamel:

     
    R. – L’Eglise haïtienne…
    La Chiesa haitiana è stata gravemente colpita da questa catastrofe. Sono crollate numerose chiese, la cattedrale è stata devastata dalle fiamme, anche il seminario è stato colpito, sono morti dei seminaristi e molti, molti fedeli della diocesi hanno perso la vita in questa catastrofe. In giro vediamo e sentiamo grida, dolore, angoscia. Bisogna dire che quando la Chiesa è colpita, è colpita anche la solidarietà perché la Chiesa è il luogo in cui la gente vive la solidarietà. Adesso è la Chiesa stessa qui ad Haiti a trovarsi in difficoltà e fa affidamento sul sostegno degli altri, in particolare sull’aiuto della Chiesa universale: la forza di questo aiuto sta nel fatto che è un aiuto di cuore, è un aiuto che viene dall’amore della Chiesa universale nei riguardi di una piccola Chiesa locale. Ogni Chiesa darà il suo contributo e questo ci consentirà di cambiare la situazione. Noi haitiani siamo abituati alle catastrofi: quando non sono quelle naturali, sono quelle politiche o di altro genere e da sempre scuotono il Paese. Ma il popolo ogni volta riprende a sperare, sempre torna a sperare che il domani sarà migliore. E questa speranza è una speranza cristiana. Questo popolo è convinto che Dio lo accompagni lungo la sua storia e che sia al suo fianco, nonostante tutto. Per gli haitiani l’amore è più forte …

     
    E’ estremamente difficile avere notizie da Haiti. Le comunicazioni telefoniche sono interrotte. Gli unici collegamenti con il Paese caraibico sono attualmente possibili attraverso skype. Ascoltiamo la testimonianza di Tito Ippolito, volontario Avsi che si trova a 100 chilometri da Port-au-Prince, raccolta da Luca Collodi:

     
    R. – Le notizie sono di una situazione evidentemente fuori controllo, nella quale l’unica cosa che si può fare è di attendere l’arrivo delle squadre di soccorso dai Paesi vicini: lo Stato haitiano non è assolutamente attrezzato per affrontare una situazione di emergenza del genere, per cui si procede anche a mani nude alla ricerca di eventuali superstiti tra le macerie. Macerie che hanno completamente invaso la città.

     
    D. – Com’è possibile aiutare dall’Europa e dall’Italia queste persone?

     
    R. – Al momento noi non possiamo che attendere che la situazione si normalizzi. Per poter pensare di organizzare un’azione di aiuto alla popolazione haitiana dovremmo prima di tutto renderci conto di che situazione abbiamo di fronte per poter capire bene cosa fare e in che modo procedere. Credo che per poter fare una valutazione del genere purtroppo saremo costretti ad aspettare qualche giorno.

     
    D. – Anche gli ospedali hanno delle difficoltà, perché si parla di crolli …

     
    R. – Le informazioni che mi sono giunte è che sia rimasto un unico ospedale funzionante rispetto ai quattro normalmente in funzione nella capitale, perché gli altri tre sono crollati. Un ospedale, quindi, che è già oltre la sua capacità di accoglienza e che è ormai costretto a rifiutare l’arrivo di altri feriti in quanto non ha più la possibilità di gestirli.

     
    D. – C’è qualcuno che sta coordinando o quantomeno sta provando a coordinare i soccorsi?

     
    R. – Per il momento, purtroppo, credo di no. Regna il caos, è una situazione assolutamente fuori controllo nella quale ognuno cerca, con i propri mezzi, di riuscire a recuperare eventuali superstiti tra le macerie. Ma senza l’arrivo di squadre organizzate la situazione non può assolutamente volgere ad un miglioramento.
     
    Nel Paese cominciano ad arrivare gli aiuti della comunità internazionale. Sono anche molteplici gli sforzi per mettersi in contatto con i sopravvissuti. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha attivato uno speciale sito Internet per aiutare gli haitiani ad avere notizie dei propri cari dopo il terribile sisma che ha colpito il Paese. L'indirizzo è www.icrc.org/familylinks. Sono almeno 200 i dispersi tra quanti fanno parte del personale dell’Onu nel Paese. Intanto, le organizzazioni presenti sul posto stanno monitorando il territorio per organizzare i soccorsi, come spiega, al microfono di Linda Giannattasio, Francesco Rocca, commissario straordinario della Croce Rossa Italiana:

     
    R. – Sono arrivati i primi aiuti e sono cominciati ad arrivare i primi aerei. Si sta verificando anche dove e come dislocare gli aiuti e si stanno individuando le aree dove poter mettere gli eventuali ospedali da campo, i rifugi, le tende, gli alloggi provvisori. Per fare questo, però, occorre individuare delle aree che siano adatte anche per portare elettricità ed acqua, perché lì le infrastrutture sono venute completamente giù e lavoriamo in un Paese poverissimo, dove già prima la conduzione politica, le infrastrutture di carattere amministrativo, quindi il coordinamento, era difficile. La valutazione sul terreno è fondamentale.

     
    D. – Gli aerei ora riescono a raggiungere la capitale?

     
    R. – Con difficoltà i primi aerei sono arrivati. Si sta lavorando per mettere a posto l’aeroporto.

     
    D. – Quali sono a suo avviso i problemi più urgenti?

     
    R. – Il problema principale è quello sanitario. C’è, però, il problema del cibo, c’è il problema dell’elettricità e dell’acqua, e qui andiamo ad operare su un territorio dove comunque mancano le infrastrutture di collegamento. Mentre con lo tsunami si è operato in zone povere, ma dove c’era uno Stato forte, qui abbiamo una forte difficoltà.

     
    D. – Da più parti sta arrivando l’appello a non inviare cibo. Di che tipo di aiuti ha realmente bisogno la popolazione?

     
    R. – Il cibo inviato, ad esempio, dall’Italia, ora che viene organizzato, che viene stoccato e consegnato! Dai Paesi caraibici vicini possiamo ordinarlo. Quindi, non serve in questo momento inviare cibo, serve sostenere la Croce Rossa o le altre organizzazioni, che operano sul territorio con contributi in denaro, perché lì chi lavora sul posto può fare la valutazione dei bisogni. Non facciamo l’errore di dare beni in natura, che poi possono portare solo difficoltà nella distribuzione e c’è il rischio che non vadano a buon fine.

     
    Dalla comunità internazionale cominciano dunque ad arrivare i primi aiuti. Secondo le Nazioni Unite, almeno tre milioni di persone avrebbero bisogno di soccorsi. Un grande contributo, in particolare, è assicurato in queste drammatiche ore, dalla confinante Repubblica Dominicana. Mons. Józef Wesołoski, nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana:

     
    R. –Si è riscontrata veramente molta solidarietà tra la gente nell’aiutare i nostri fratelli e sorelle che si trovano nella Repubblica di Haiti. In particolare, sono arrivati i primi aiuti da parte degli altri Paesi, come gli Stati Uniti, e si nota la presenza della comunità europea e l’Onu.

     
    D. – Quali sono le priorità in questo momento?

     
    R. – Adesso si devono concentrare tutti gli sforzi nella liberazione di tutte quelle persone che si trovano ancora sotto le macerie delle case cadute. La seconda fase è aiutare la gente con cibo, acqua potabile, organizzare la loro vita quotidiana. Ora la grande preoccupazione riguarda anche le Chiese, perché ci sono anche sacerdoti e seminaristi tra coloro che hanno perso la vita.

     
    D. – Quali iniziative prenderà la nunziatura della Repubblica Dominicana per aiutare la popolazione di Haiti colpita dal terremoto?
     
    R. – In questo momento la nunziatura di Santo Domingo sta preparando gli aiuti. Tanta gente ha chiamato per informarsi su quale sia la situazione nel Paese vicino. Per il futuro pensiamo di mandare aiuti umanitari e nelle Chiese abbiamo pregato per chi ha perso la vita, per tutta quella gente che adesso ha bisogno di coraggio, di amore e di carità.

     
    Iniziative di solidarietà sono state intraprese dalle Chiese di tutti i continenti, Europa, Asia, Africa, Oceania. Ma grande è stata in particolare la commozione per quanto accaduto ad Haiti nelle comunità ecclesiali del Continente americano e soprattutto dell'America Latina. Immediata la mobilitazione delle Conferenze episcopali locali, dopo l’appello di ieri del Papa, a sostegno della popolazione colpita. Lo conferma ai nostri microfoni il nostro collega cileno Luis Badilla:

     
    R. – La risposta delle Chiese latino-americane è stata generosissima e immediata, subito dopo l’appello lanciato ieri da Benedetto XVI, per portare solidarietà, vicinanza e aiuti concreti alle popolazioni haitiane. Dopo le commosse parole del Papa, la quasi totalità delle 22 Conferenze episcopali dell’America Latina ha annunciato, nei limiti delle proprie risorse, sempre scarse, importanti aiuti finanziari ad Haiti. Ovviamente, in prima linea, le diverse Caritas nazionali dell’America Latina, alcune delle quali stanno facendo arrivare già in questo momento i loro primi aiuti. Hanno mandato anche i loro inviati che stanno organizzando l’arrivo di altri urgenti sostegni come per esempio cibo, coperte, medicinali, abbigliamento. La cosa fondamentale è comunque l’appello indirizzato ai popoli cattolici dell’America Latina, a tutti in generale, a donare quello che è possibile per Haiti. I vescovi insistono soprattutto perché si doni quello che serve veramente.

     
    Dietro ogni vittima del terremoto di Haiti si nasconde una singola storia. E’ nel segno della solidarietà quella di Zilda Arns, 75 anni, fondatrice della Pastorale del Bambino, organizzazione legata alla Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile. Sorella del cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo emerito di San Paolo, era in missione a Port-au-Prince, ed è morta nelle vie della capitale haitiana. Un suo ritratto nel servizio di Benedetta Capelli:
     
    Era conosciuta come la Madre Teresa dell'America Latina. Medico pediatra, Zilda Arns aveva 5 figli e nel 1983 fondò la Pastorale del Bambino che nel Paese sudamericano assiste quasi due milioni di bimbi, 95 mila donne incinte in oltre 42 mila comunità. Una vita spesa nell’amore appassionato degli altri, in difesa della vita, della famiglia e dei bambini poveri. Ascoltiamola in un’intervista rilasciata al programma brasiliano della Radio Vaticana:

     
    (parole in portoghese)
    "Conoscere Gesù, essere una sua discepola o un suo discepolo è la nostra gioia. Seguirlo è una grazia così come dare testimonianza; partecipare con solidarietà sostenendo le famiglie povere è la nostra missione perché tutti i bambini possano vivere in abbondanza. Tutti insieme possiamo costruire una società giusta e fraterna a servizio della vita e della speranza".
     
    Punto di riferimento per l’America Latina nella lotta contro la denutrizione e la mortalità infantile: due campi nei quali aveva ottenuto risultati eccellenti vantando una riduzione del 60% nel primo caso, del 50% nel secondo. Per il suo impegno è stata candidata al premio Nobel per la Pace. I vescovi del Brasile, in una nota, hanno ricordato che è morta nel “pieno esercizio della causa in cui credeva”, mettendo in pratica la missione di Gesù: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).

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    Benedetto XVI agli amministratori locali di Roma e del Lazio: la persona e la famiglia siano al centro dell'azione politica. Educare i giovani ad una visione alta dell'uomo

    ◊   La difesa della vita, la promozione della famiglia, l’aiuto ai bisognosi, l’educazione dei giovani: sono i quattro pilastri che Benedetto XVI ha indicato agli amministratori locali di Roma e del Lazio, ricevuti in Vaticano per i tradizionali auguri di inizio anno. Incontro nel quale sono state innanzitutto ricordate le vittime dell'immane tragedia che ha colpito Haiti. Dal Pontefice l’esortazione agli amministratori ad impegnarsi per il bene comune senza egoismi e particolarismi. Gli indirizzi d’omaggio al Papa sono stati rivolti dal vicepresidente della giunta regionale, Esterino Montino, dal sindaco capitolino, Gianni Alemanno, e dal presidente della provincia, Nicola Zingaretti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La persona umana sia sempre al centro delle politiche locali: è l’esortazione rivolta da Benedetto XVI agli amministratori di Roma e Lazio. Ancor più in tempi di crisi economica, ha poi osservato il Papa, lo sviluppo “deve riguardare l’uomo nella sua totalità”, “nella carità e nella verità”:

     
    “La persona umana, infatti, è al centro dell'azione politica e la sua crescita morale e spirituale deve essere la prima preoccupazione per coloro che sono stati chiamati ad amministrare la comunità civile. È fondamentale che quanti hanno ricevuto dalla fiducia dei cittadini l'alta responsabilità di governare le istituzioni avvertano come prioritaria l'esigenza di perseguire costantemente il bene comune”.

     
    Affinché ciò avvenga, ha affermato, è opportuno favorire “una sana dialettica” nelle sedi istituzionali. Solo così, infatti, i provvedimenti presi saranno condivisi e permetteranno “un efficace sviluppo per gli abitanti dei territori amministrati”. Il Papa non ha mancato di esprimere apprezzamento per gli sforzi compiuti dalle amministrazioni locali per venire incontro alle fasce più deboli “in vista della promozione di una convivenza più giusta e solidale”:

     
    “Al riguardo, vorrei invitarvi a porre ogni cura perché la centralità della persona umana e della famiglia costituiscano il principio ispiratore di ogni vostra scelta. Ad esso, in particolare, occorre far riferimento nella realizzazione dei nuovi insediamenti della città, perché i complessi abitativi che vanno sorgendo non siano solo quartieri dormitorio”.
     
    Per questo, ha proseguito, è opportuno che “siano previste quelle strutture che favoriscono i processi di socializzazione”, evitando “la chiusura nell'individualismo” dannosa per ogni convivenza umana. La Chiesa, ha ribadito il Papa, “è lieta di offrire il proprio contributo perché in questi quartieri ci sia una vita sociale degna dell'uomo”. Ed ha fatto riferimento in particolare alla costruzione delle nuove parrocchie, “che oltre ad essere punti di riferimento per la vita cristiana, svolgono anche una fondamentale funzione educativa e sociale”. Né ha mancato di menzionare l’apertura degli “oratori dei piccoli”, che in alcuni nuovi quartieri permettono ai bambini di trascorrere serenamente le ore della giornata mentre i genitori sono al lavoro:

     
    “Auspico, altresì, che possano essere adottati anche ulteriori provvedimenti in favore delle famiglie, in particolare di quelle numerose, in modo che l'intera città goda dell'insostituibile funzione di questa fondamentale istituzione, prima e indispensabile cellula della società”.

     
    Il Papa ha così rivolto il pensiero ad un tema che gli è particolarmente caro: l’educazione delle nuove generazioni, su cui, ha detto, la diocesi di Roma e quelle del Lazio sono particolarmente impegnate:

     
    "È davanti agli occhi di tutti la necessità e l'urgenza di aiutare i giovani a progettare la vita sui valori autentici, che fanno riferimento ad una visione 'alta' dell’uomo e che trovano nel patrimonio religioso e culturale cristiano una delle sue espressioni più sublimi".
     
    “Oggi – ha detto – le nuove generazioni chiedono di sapere chi sia l'uomo e quale sia il suo destino e cercano risposte capaci di indicare loro la strada da percorrere per fondare l’esistenza sui valori perenni”:

     
    “In particolare, nelle proposte formative circa i grandi temi dell'affettività e della sessualità, così importanti per la vita, occorre evitare di prospettare agli adolescenti e ai giovani vie che favoriscono la banalizzazione di queste fondamentali dimensioni dell'esistenza umana. A tale scopo, la Chiesa chiede la collaborazione di tutti, in particolare di quanti operano nella scuola, per educare a una visione alta dell’amore e della sessualità umana”.

     
    Ha così ribadito che quelli che sembrano i “no” della Chiesa sono invece dei “sì” alla vita, all’amore “che si apre alla vita e non si chiude in una visione narcisistica della coppia”. La Chiesa, ha soggiunto, è convinta che “soltanto tali scelte possano condurre ad un modello di vita, nel quale la felicità è un bene condiviso”. Da ultimo, il Papa ha esortato le autorità locali a mostrare un’attenzione “costante e coerente al mondo della malattia e della sofferenza”. Ed ha rammentato che a Roma e nel Lazio, operano da secoli strutture sanitarie cattoliche:

     
    “Ispirandosi al Vangelo, esse si sforzano di accostarsi alle persone sofferenti con amore e speranza, sostenendo anche la ricerca di senso e cercando di fornire risposte agli interrogativi che inevitabilmente sorgono nei cuori di quanti vivono la difficile dimensione della malattia e del dolore. (…) Confido pertanto che, nonostante le persistenti difficoltà economiche, tali strutture possano essere adeguatamente sostenute nel loro prezioso servizio”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina e all’interno, servizi sul terremoto che ha devastato Haiti.

    Un articolo di Simona Verrazzo sulla cooperazione fra Russia e Vietnam.

    In cultura, un articolo di Anna Foa dal titolo “Un’identità dolente tra Auschwitz e Gerusalemme”: il sionismo, la Shoah e lo Stato d’Israele.

    Guide speciali per la catacomba più vasta: Giovanni Carrù sui verbiti nel cimitero romano di Domitilla.

    Claudia Di Giovanni sul volume di Antonia Pillosio “La Filmoteca Vaticana a cinquant’anni dalla nascita. Incontri e curiosità”.

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    Oggi in Primo Piano



    Accorato appello di pace dei vescovi europei e nordamericani in Terra Santa

    ◊   Si è conclusa oggi, a Gerusalemme, con un accorato appello di pace, la visita dei vescovi del Gruppo di Coordinamento di alcune conferenze episcopali europe e nordamericane per il sostegno dei cristiani in Terra Santa. I presuli si sono riuniti in preghiera, nella Basilica del Santo Sepolcro, per i terremotati di Haiti. Poi, nel corso di una conferenza stampa, nella sede del Patriarcato latino, è stata presentata la dichiarazione finale che prende spunto dalle parole di Benedetto XVI, pronunciate il 15 maggio 2009 a Tel Aviv, prima del suo rientro in Italia dopo il viaggio in Giordania, Israele e Territori palestinesi. Da Gerusalemme il servizio di Daniele Rocchi inviato dell’Agenzia Sir.

    “Non più spargimento di sangue! Non più scontri! Non più terrorismo! Non più guerra!”. La soluzione di “due Stati” auspicata dal Pontefice “non sembra essere vicina”, si legge nel testo. Molti esprimono un desiderio di pace, ma ciò di cui c’è bisogno è un impegno per la giustizia che assicura la pace. Le soluzioni sono ben note ai leader, ma c’è bisogno di coraggio e volontà politica”. Tra le minacce a questa soluzione, che prevede “il diritto di Israele all’esistenza e alla sicurezza e del popolo palestinese ad una patria indipendente sovrana” ci sono “la violenza, le demolizioni delle abitazioni, i problemi legati ai visti, l’espropriazione delle terre ed altre politiche”. Nel documento i vescovi invocano “la piena applicazione dell’Accordo Fondamentale e facilitazioni nel rilascio dei visti agli operatori pastorali per consentire alla Chiesa di portare avanti la sua missione”. Una situazione deteriorata “non è buona sia per gli israeliani che per i palestinesi, così come per la regione ed il mondo” sottolinea il Coordinamento che ribadisce l’impegno “a far conoscere ai cattolici sparsi nel mondo ciò che accade qui”. “Facciamo appello ai fedeli di tutte le nazioni perché preghino per la Chiesa Madre e per una giusta pace, perché siano informati su questa situazione e perché vengano in pellegrinaggio e testimoniare la vibrante fede delle pietre vive della chiesa locale, il ‘Quinto Vangelo’”. “Li esortiamo - scrivono i vescovi - a sostenere quelli che nella loro funzione pubblica assumono iniziative coraggiose per la giusta risoluzione del conflitto”. “Nell’attuale situazione - conclude il testo - è difficile sostenere la speranza ma come cristiani siamo tutti nati a Betlemme e tutti siamo morti e risorti a Gerusalemme. Nonostante le ferite di questa terra l’amore e la speranza sono vive. La pace con la giustizia sono a portata di mano ma i leader politici e tutta le persone di buona volontà hanno bisogno di coraggio per raggiungerle”.

     
    Ma come ritornano a casa i vescovi che hanno compiuto questo pellegrinaggio in Terra Santa? La nostra inviata Tracey McClure lo ha chiesto a uno di loro, mons. Riccardo Fontana, arcivescovo-vescovo di Arezzo:

    R. – Con molta speranza. Credo che questi gesti di presenza siano una solidarietà concreta verso la Chiesa locale e siano anche la risposta corretta all’appello del Santo Padre per la giustizia e la pace. Certo, c’è molto da fare, la situazione non è semplice e non si vedono, sotto il profilo tecnico, facili vie d’uscita. Siamo stati ricevuti, insieme al rappresentante pontificio, dal viceministro degli Esteri israeliano. Abbiamo sottolineato alcuni problemi e difficoltà – principalmente i visti per il personale religioso che ha attese terribilmente lunghe – abbiamo chiesto il rispetto dei diritti umani a Gaza ed abbiamo avuto l’occasione di accennare ai negoziati in corso per riaffermare lo status quo e i diritti di tutte le tre religioni che fanno capo ad Abramo in questa città santa per tutti noi.

     
    D. – Quale riscontro avete avuto dal viceministro?

     
    R. – Il riscontro è stato positivo. Il viceministro è stato molto cortese, ha detto che la presenza dei cristiani in Terra Santa è utile non solo ai cristiani ma anche agli ebrei e ai musulmani; ha detto che la riconciliazione tra le diversità è fondamentale per una convivenza pacifica. Noi tutti speriamo che sia possibile ottenere quanto ci è stato detto. Speriamo che prevalga il buon senso. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Presentato a Roma il Codex Pauli, opera miniata che raccoglie l'intero corpus paolino

    ◊   Celebrare San Paolo, Apostolo delle Genti, attraverso un’opera monumentale, una testimonianza perenne delle celebrazioni per il bimillenario della sua nascita, concluse lo scorso giugno. A questo scopo è stato concepito il Codex Pauli, un’opera letteraria che riunisce l’intero corpus paolino, fra cui le Lettere e gli Atti degli Apostoli, e poi scritti apocrifi e contributi dei più noti esegeti di San Paolo, come di autorevoli teologici e biblisti. Un tomo pubblicato in edizione limitata, per iniziativa dell’Abbazia di San Paolo fuori le Mura, in collaborazione con Paulos, presentato ieri presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio, a Roma. C’era per noi Claudia Di Lorenzi:

    Concepito nello stile degli antichi codici monastici, arricchito da una minuziosa selezione di fregi, miniature e illustrazioni, dai cromatismi delicati mescolati ai tratti splendenti dell’oro, il Codex Pauli nasce come tributo all’Apostolo delle Genti, a rendere testimonianza della ricchezza - per i più ancora tutta da scoprire - della sua esperienza, straordinariamente feconda in virtù della sua indubbia attualità. Un’opera riprodotta in sole 998 copie, che per la finitura di ogni pagina e per il tesoro che raccoglie, negli scritti del Protoapostolo e nei commenti dei Padri della Chiesa e di biblisti e teologi contemporanei, si presenta al pubblico come una vera opera d’arte, dove l’elemento puramente estetico è asservito al racconto del sacro. Il pregio dell’opera nelle parole di padre Edmund Power, Abate della Basilica di San Paolo fuori le Mura:

    “Ci sono diversi livelli: il primo, e forse più importante, è quello della presentazione della Parola di Dio, in particolare la parola di Paolo perché lui, in modo particolare, è portavoce della Parola di Dio. Abbiamo cercato, però, non soltanto di esprimerla con parole belle, ma anche con tante immagini artistiche, tutte colorate, miniate, che vengono dai Codici dell’Abbazia di San Paolo fuori le Mura. La fonte più importante, ovviamente, è la Bibbia Carolingia del IX secolo: un sincretismo di bellezza, quindi, a diversi livelli.”

    Un’opera che – ha sottolineato il padre archimandrita Mtanios Haddad, apocrisario del Patriarca dei Greco Melchiti, Gregorio III - in sé riflette la ricchezza delle Chiese cristiane, d’Oriente e d’Occidente, ma soprattutto il prodigio dell’unità nella diversità. Un mosaico armonioso che ben descrive anche la figura dello stesso Paolo, figlio di tradizioni e culture differenti, proteso nel dialogo coi gentili e con fedeli di confessioni e religioni diverse. Ancora padre Power:

     “Paolo era uomo di diverse culture: nato in una città romana, nel contesto degli ebrei ma con una cultura greca; uomo di diverse culture, quindi, molto sensibile al dialogo, al contatto tra queste culture. E questo, in realtà, è il nostro mondo di oggi: la sfida di far dialogare veramente ebrei e musulmani con i cristiani, per capirsi gli uni gli altri. E io credo che Paolo, con la sua esperienza e convinzione, sia un modello per noi”.

     Una fonte alla quale attingono anche i cristiani di oggi, ai quali Paolo – ricorda l’Abate di San Paolo fuori le mura - si presenta sotto molteplici aspetti, ma soprattutto nella sua propensione all’incontro con l’altro:

    “Forse il comunicatore di oggi. Questo è uno dei suoi aspetti. Infatti, lui senz’altro avrebbe usato ogni mezzo possibile – di quelli che noi abbiamo oggi e che lui, ai suoi tempi, non aveva. L’altro aspetto, che mi sembra forse più importante, è quello dell’“amante”: lui si è veramente innamorato di Cristo, e questo è quello che ha trasformato la sua vita. Credo che si sia trattato di vero amore, non di sentimentalismo: e questo è l’unico modo, per tutti, per trasformare il mondo. Tutti noi lo comprendiamo, anche se non siamo poi bravissimi a metterlo in pratica nella nostra vita”.

    Un’eredità che ha inteso raccogliere e rilanciare l’Anno Paolino da poco concluso, generoso di frutti. Ce ne parla il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete emerito di San Paolo fuori le Mura:

    “La prima cosa, è la conoscenza, lo dice San Pietro, nella sua Seconda Lettera. Anche San Paolo scrive su queste cose, ma è difficile e poco conosciuto e anche male interpretato. Il Papa ha insistito molto sull’aspetto tematico di far conoscere meglio San Paolo, penetrare meglio in quella che è stata la sua dottrina, una delle fonti fondamentali della nostra conoscenza della fede. L’Anno Paolino ha avuto manifestazioni in tutto il mondo e in tutti i settori delle attività umane. Qui siamo di fronte ad un esempio di editoria eccezionale, straordinario, di grande valore. E questo manifesta come l’Anno Paolino non sia stato un evento che si è chiuso, ma che ha avuto dei riflessi che si continuano a scoprire sempre di più e sempre meglio, nei modi più diversi.”

     
    Leggete Paolo e pregate con le sue parole giacché nei suoi scritti “troverete Cristo” è infine l’esortazione di padre Power, che ha invitato i fedeli ad essere lettera viva di Cristo, “vergata non con inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivo”.

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    Apre a Roma il Josp Fest promosso dall'Opera Romana Pellegrinaggi

    ◊   Si apre oggi presso la Nuova Fiera di Roma la seconda Edizione di Josp Fest, la rassegna internazionale del viaggio spirituale ideata dall’Opera Romana Pellegrinaggi. Quest’anno il Festival ospita numerosi Paesi latinoamericani - tra cui Argentina, Brasile, Haiti, Messico, Perù e Repubblica Dominicana - che nei loro stand divulgheranno aspetti noti e meno noti del loro patrimonio culturale e religioso. Ma quali sono gli obiettivi del Josp Fest? Al microfono di Luca Collodi risponde l’amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, padre Caesar Atuire:

    R. – La prima edizione ci ha dimostrato che c’è bisogno di questi momenti per riflettere ed anche condividere insieme l’esperienza del pellegrinaggio.

     
    D. – Al centro del Josp Fest è il pellegrinaggio. Quanto è importante il pellegrinaggio per la vita spirituale di una persona?

     
    R. – Credo che sia una dimensione molto importante perché l’esperienza religiosa – e anche quella culturale – è un’esperienza che passa attraverso l’incontro con altre persone, attraverso il vissuto. Pertanto è il pellegrinaggio di per sé che parla non solo alla mente delle persone ma il corpo, tutto l’essere umano è coinvolto; poi ci apre alla possibilità d’incontrare altre persone, altre realtà, come una strada verso Dio. Credo che oggi, soprattutto in un momento di difficoltà e di ragionamento, sia un cammino privilegiato per incontrare Dio e il prossimo.

     
    D. – Come sta cambiando oggi, nel terzo millennio, il pellegrinaggio?

     
    R. – Il cambiamento che noi vediamo, da un punto di vista sociologico, è che il pellegrinaggio inizia a diventare una porta d’ingresso per molte persone verso l’esperienza religiosa. In tempi passati il pellegrinaggio era piuttosto un’esperienza rivolta al credente per compiere un voto o per riconfermarsi nella fede. Oggi continua ad esserci questo tipo di esperienza ma nello stesso tempo c’è una nuova dimensione: il pellegrinaggio diventa anche un momento di ricerca di senso, di significato alla propria vita e per questo motivo stiamo notando che ci sono molte persone - che normalmente verrebbero descritte come lontane dalla fede - che si avvicinano all’esperienza di Dio attraverso il pellegrinaggio. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Realtà ecclesiali, Ong e associazioni cattoliche mobilitate per i soccorsi agli haitiani

    ◊   La Chiesa è sempre stata particolarmente vicina alla popolazione haitiana attraverso organizzazioni e realtà cattoliche che hanno contribuito a sostenere questo Paese tra i più poveri del mondo e oggi sono mobilitate in prima persona per rispondere all’emergenza. Tra queste l’Ong per lo Sviluppo Manos Unidas da oltre 30 anni finanzia progetti ad Haiti. Dal 2007 al 2009 sono stati finanziati 68 progetti, rivolti al sostegno dello sviluppo agricolo a favore dei contadini poveri, alle infrastrutture e all’istruzione. Nel settembre 2008 sono stati approvati otto progetti di emergenza, destinati alla popolazione danneggiata dagli uragani. La Caritas spagnola si è mobilitata per aiutare la Caritas haitiana destinando 175 mila euro da distribuire secondo le principali emergenze. Attraverso “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, la Chiesa cattolica haitiana, potrà distribuire aiuti tramite i suoi sacerdoti e missionari impegnati in loco. Il Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo, Mlfm, è presente nel sud di Haiti, a circa 100 chilometri dalla capitale, con un progetto di ristrutturazione di un acquedotto con l’obiettivo di distribuire acqua potabile a circa 45 mila abitanti di Torbeck. L’ingegnere Andrea Fabiani è sul posto insieme alla moglie Diane. “In quanto nostro referente sul posto - si legge in una nota del Mlfm giunta all’agenzia Fides - ci ha prontamente comunicato stamattina che stavano bene, che la comunità di Les Cayes dove risiedono è stata appena sfiorata dalla tragedia e che non ci sono danni, feriti o morti. Conferma però la devastazione avvenuta a Port-au-Prince. Il panorama è devastante. Danni ingenti si registrano ovunque”. Il Corpo di soccorso internazionale dell’Ordine di Malta sta inviando un’equipe sanitaria composta da medici ed esperti di interventi di emergenza da Francia, Germania e Stati Uniti per aiutare le squadre mediche di soccorso del Malteser già presenti nel Paese. “I nostri colleghi ad Haiti – spiega in una nota inviata a Fides il segretario generale del Malteser International Ingo Radtke - sanno che le priorità in questo momento sono l’assistenza medica di base e la fornitura di acqua potabile.” “A causa dell’erosione del suolo, la capitale manca di strutture solide. Le baraccopoli costruite sulle colline sono state completamente spazzate via dalle frane di fango” racconta Eduard Aimé, uno dei testimoni contattati dal Corpo di soccorso ad Haiti. L’Ordine di Malta è presente nel nord di Haiti, il Paese più povero di tutto il continente americano, con l’ospedale Sacré Coeur, a Milot, che ha 73 posti letto ed un dipartimento di pediatria e di ginecologia. L’ospedale garantisce più di 4.000 ricoveri l’anno ed assiste circa 60.000 pazienti esterni. L’Ordine ha inoltre un programma di assistenza per gli orfani e campagne di vaccinazione, ambulatori mobili e assistenza sanitaria per 225.000 persone che vivono nelle aree montagnose. (R.P.)

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    Iniziative dei cattolici cinesi per i terremotati di Haiti

    ◊   Preghiera intensa, Messe in suffragio delle vittime, profonda vicinanza spirituale e solidarietà espressa in aiuti concreti, una raccolta di fondi per le prime necessità della popolazione colpita dal terremoto di Haiti: è quanto sta caratterizzando la vita di tante comunità cattoliche cinesi da ieri. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, la grande operazione di solidarietà è mobilitata e coordinata da Jinde Charities, il maggiore ente caritativo cattolico cinese, con sede a Shi Jia Zhuang, capoluogo della provincia dell’He Bei, in risposta all’appello lanciato da Benedetto XVI durante l’udienza generale di ieri. I cattolici cinesi hanno pregato in modo particolare per mons. Serge Miot, arcivescovo della capitale Port-au-Prince, trovato morto sotto le macerie della cattedrale, e per la comunità cattolica di Haiti che sta attraversando una durissima prova, invocando l’aiuto della nostra Madre Celeste. Secondo don Han Qing Ping, vice direttore di Jinde Charities, “la nostra raccolta di donazioni on-line, lanciata subito dopo la tragedia, si sta svolgendo a pieno ritmo e con grande partecipazione. Siamo tutti ancora sotto choc per la gravità e la tragicità di questo terremoto. L’80% della popolazione di Haiti è cattolica, quindi ci sentiamo ancora più in dovere di offrire qualcosa a questi fratelli nella fede. Oltre alle donazioni in rete, stiamo collaborando intensamente con i nostri generosi donatori cinesi e dell’estero, per coordinare ed organizzare l’invio dei primi aiuti”. Inoltre, sottolinea il sacerdote, “la preghiera dei fedeli è la forza più grande, lo abbiamo provato durante il terremoto di due anni fa nella regione del Si Chuan, in Cina. Quindi offriamo anche questa nostra esperienza ai fratelli e sorelle di Haiti”. (R.P.)

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    Malaysia: attaccata un'altra chiesa

    ◊   La chiesa cattolica di Sant’Elisabetta a Johor, città del Sud della Malaysia (stato di Malacca), è stata attaccata da vandali durante la notte scorsa. Johor è la città dove è in corso l’incontro della Conferenza episcopale di Malaysia, Singapore e Brunei. E’ quanto l’agenzia Fides apprende da padre Augustine Julian, segretario della Conferenza episcopale. All’alba di oggi, dei vandali si sono introdotti nel complesso della struttura, sporcato con vernice rossa le mura esterne dell’edificio e una statua della Madonna che si trova fuori dalla chiesa. Il parroco ha chiamato la polizia locale che ha steso un rapporto sull’accaduto e avviato le indagini. Si tratta del decimo attacco contro una chiesa cristiana a partire dall’8 gennaio, in seguito alla disputa sul nome “Allah” che ha visto la Chiesa cattolica contrapporsi al governo malaysiano per l’uso del termine nelle pubblicazioni del settimanale Herald in lingua malay. Un altro episodio ha scosso la comunità cristiana in Malaysia: sempre nelle prime ore della notte, a Kuala Lumpur l’ufficio degli avvocati che stanno seguendo il processo sull’uso del termine “Allah” e hanno difeso in tribunale l’Herald è stato saccheggiato da ignoti. Come ha raccontato l’avvocato S. Selvarajah, la porta dell’ufficio è stata forzata e lo studio devastato: i documenti  sparsi per terra, un computer portatile rubato. “Si tratta di atti di intimidazione, che avvengono proprio nel momento in cui si sta cercando una soluzione giuridica e pacifica alla questione dell’uso del termine Allah”, ha commentato a Fides padre Julian. “Sono episodi sporadici e isolati, certo, ma molto fastidiosi, che mirano a far salire la tensione”. La comunità cristiana, afferma “non cadrà in questo tranello” e i vescovi hanno confermato l’invito alla calma e alla preghiera, diffuso nei giorni scorsi. Secondo padre Julian vi è inoltre un collegamento con un altro episodio di aggressione alle minoranze religiose: il lancio di pietre contro un tempio sikh (religione professata da parte delle minoranze etniche indiane in Malaysia) avvenuto ieri: “Accade perché anche i sikh usano il nome Allah nel loro culto”, ha spiegato il segretario della Conferenza episcopale, condannando queste “forme di intolleranza verso le minoranze religiose non islamiche”. (R.P.)

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    Algeria: integralisti colpiscono una chiesa protestante

    ◊   “Il segno inquietante di un sentimento di intolleranza che si manifesta con mille pretesti”: così si è espressa la Lega algerina per i diritti umani commentando l’attacco compiuto il 9 gennaio contro una chiesa protestante a Tizi-Ouzou, città situata a circa cento chilometri ad est di Algeri. La Lega, come riferisce “L’Osservatore Romano”, ha denunciato il fatto definendolo un “atto illegale e violento, che vuole impedire a dei cittadini algerini cristiani di esercitare il loro culto”. Secondo le testimonianze, nella tarda serata di sabato scorso, un gruppo di abitanti di Tizi-Ouzou, guidati da alcuni integralisti islamici, hanno saccheggiato e danneggiato una chiesa protestante. La congregazione alla quale appartiene il luogo di culto ha chiesto protezione al Governo. Secondo il pastore Mustafà Krireche, gli islamici locali non accettano che uomini e donne partecipino insieme alle funzioni ed accusano i protestanti di voler fare proselitismo. “Vogliono che ce ne andiamo – ha dichiarato il pastore – ma non possono distruggere la nostra fede”. La Costituzione algerina garantisce la libertà religiosa e la legge permette a tutti di praticare il proprio credo, purché si rispettino certe condizioni. Tuttavia, a Tizi-Ouzou ci sono tensioni tra la comunità protestante e funzionari locali, secondo cui la chiesa in questione, che si trova in un condominio, non ha l’autorizzazione per l’esercizio del culto. Il portavoce del ministero algerino degli Affari religiosi, Fellahi Ada, ha affermato alla Reuters che nel Paese “esistono leggi che regolano la pratica delle religioni” e che i gruppi protestanti devono rispettare le norme. “Ad esempio – ha sottolineato Fellahi Ada – essi non devono pregare di nascosto, clandestinamente”. Il portavoce ha inoltre accusato ambienti esteri di rappresentare l’Algeria come un luogo dove “le minoranze religiose soffrono e necessitano dell’intervento internazionale per essere protette”. Affermazioni, queste, che cozzano con quanto sostenuto da Mustafà Krim, capo dell’Associazione della Chiesa protestante algerina. “Subiamo da sempre persecuzioni in questo Paese – ha detto – e questo non è accettabile. Le autorità algerine devono fare qualcosa per fermare le aggressioni nei nostri confronti”. (F.C.)

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    Egitto: visita dell’imam di al-Azhar ai copti aggrediti nella città di Nagaa Hamadi

    ◊   Una visita a Nagaa Hamadi, la città dell’Alto Egitto dove si è compiuta la strage di cristiani nella notte del Natale copto: a farla sarà domani il grande imam di al-Azhar, Sheikh Sayyed al-Tantawi, accompagnato dal ministro egiziano per gli Affari religiosi, Mohamoud Hamdi Zaqzouq. Secondo quanto rende noto il quotidiano “Avvenire”, Tantawi e Zaqzouq parteciperanno alla preghiera islamica del venerdì in quella località e porteranno le loro condoglianze ai parenti delle vittime, tutte cristiane fatta eccezione di un agente della polizia, musulmano. Le due autorità saranno accompagnate da una delegazione di personalità islamiche. Intanto, il Consiglio nazionale per i diritti umani ha sottolineato la necessità di far rispettare la legge nei confronti di chi ha commesso l’efferato crimine senza discriminazioni ed ha anche chiesto che le vittime delle violenze dovranno essere risarcite dal governo o da organizzazioni della società civile. Ieri è intervenuto nuovamente il capo della Chiesa copta d’Egitto, Shenuda III, dichiarando ai fedeli radunati nella cattedrale di San Marco al Cairo che “la città di Nagaa Hamadi entra nella storia perché è la città dei martiri”. “Tutti ci sentiamo tristi – ha aggiunto Shenuda – e ci sentiamo come se anche noi fossimo stati colpiti a morte”. (F.C.)

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    Vietnam: la collina dove è stato distrutto il Crocifisso, sta diventando un “Monte delle croci”

    ◊   Dong Chiem è praticamente sotto assedio, con posti di blocco sulle strade e sui ponti, istituiti da nuovi contingenti di polizia fatti affluire in zona. E’ la risposta delle autorità locali alla pacifica protesta di migliaia di cattolici alla distruzione, con l’esplosivo, della Croce che sorgeva sulla collina, all’interno di un terreno che da più di un secolo appartiene alla parrocchia della cittadina nei pressi di Hanoi. Le notizie sulla distruzione della croce e sull'attacco subito da alcuni cattolici - riferisce l'agenzia AsiaNews - tra i quali il giornalista JB Nguyen Huu Vinh e padre Nguyen Van Lien, della parrocchia di Dong Chiem, hanno provocato una manifestazione da parte di 2mila cattolici della vicina parrocchia di Nghia Ai che, insieme a fedeli locali, hanno inscenato una protesta davanti all’ufficio del Comitato del popolo. All’impegno delle forze di sicurezza – e alla violenza delle loro bande di picchiatori - i fedeli rispondono con pellegriaggi, nei quali ognuno cerca di piantare la propria croce accanto al Crocifisso di bambù eretto sul Nui Tho al posto di quello distrutto. ”Faremo di questa collina un Monte delle Croci, come quello che i cattolici crearono in Lituania ai tempi del comunismo”, dice uno studente di Hanoi, dopo che il suo gruppo è riuscito a portare decine di Croci in cima al colle, superando posti di blocco e gli altri accorgimenti della polizia tesi a fermare i fedeli. Ma sono già centinaia le Croci piantate sulla collina. Da quando si è saputo della distruzioine della croce, infatti, cattolici di tutto in nord del Vietnam tentano di recarsi a Dong Chiem. E le autorità, probabilmente sorpese dalla vastità della reazione, fanno di tutto per impedirlo, mentre minimizzano il numero di quanti intraprendono il pellegrinaggio. Ieri, ad esempio, come racconta padre Joseph Pham Minh Trieu, un gruppo di mille persone, da lui condotto, ha dovuto rinunciare al viaggio: “la polizia ha confiscato la patente a tutti i conducenti dei nostri bus”. Centinaia di parrocchiani di Ham Long, invece, hanno usato le loro motociclette, e sono passati. Tra loro c’era anche il gruppo degli studenti di Hanoi. Sono arrivati alla cima del Nui Tho, divenuto “monte della preghiera” dove hanno recitato la Via Crucis. Altri fedeli sono riusciti ad arrivare usando battelli. (R.P.)

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    India: sostegno di “Aiuto alla Chiesa che soffre” per una cappella danneggiata da estremisti

    ◊   Un progetto per salvare una cappella dedicata a Sant’Antonio in India, seriamente danneggiata da estremisti religiosi. È quello finanziato da Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs): l’intero progetto del santuario, che sorge sull’isola di Rameswaram nello Stato di Tamil Nadu, costerà 42.500 euro. La gente del posto ha già raccolto più di 11 mila euro e il sostegno assicurato da Acs è pari a 20 mila euro. In una nota diffusa ieri dall’associazione - di cui riferisce l’agenzia Sir - il parroco, padre Michael Raj, spiega che “nel 2008, da giugno ad agosto, la precedente cappella per due volte fu duramente attaccata e pesantemente danneggiata da elementi anti sociali e anti religiosi non identificati”. Inoltre, aggiunge padre Raj, “questi episodi si sono ripetuti più volte, vi sono intrusi che profanano la Santa Croce” e “il loro progetto è quello di rimuovere i simboli cristiani da questo posto”. La nuova cappella avrà un muro di protezione intorno al complesso e la Chiesa locale intende costruire anche una casa per i pellegrini. Il progetto prevede inoltre l’ampliamento della sala del Santuario. (R.G.)

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    Pio XII: intervista a don Centioni su H2ONews sulla rete clandestina di aiuto agli ebrei

    ◊   Verrà pubblicata oggi, su H2onews, www.h2onews.org, l'intervista esclusiva a don Giancarlo Centioni, l'ultimo testimone ancora in vita che fece parte della rete clandestina creata da Pio XII durante la seconda guerra mondiale per aiutare gli ebrei a sfuggire dalle persecuzioni naziste. “Questa rete consegnava passaporti e soldi alle famiglie ebree per poter fuggire” spiega don Centioni, che dal 1940 al 1945 lavorò come cappellano militare a Roma, precisando che “il denaro e i passaporti venivano dati da padre Anton Weber, uno dei capi della rete, e consegnati alle persone”. Documenti e soldi - riferisce l'agenzia Sir - venivano “direttamente dalla Segretaria di Stato di Sua Santità, per nome e conto di Pio XII”. Secondo don Centioni centinaia di questi ebrei erano a conoscenza che ad aiutarli era “Pio XII, attraverso noi sacerdoti, attraverso la 'Raphael's Verein', attraverso i Verbiti Società Tedesca a Roma”. Il caso di don Centioni è stato scoperto e analizzato, comparando altre testimonianze, dalla Pave the Way Foundation creata dall'ebreo di New York Gary Krupp. Il racconto trova riscontro documentale nella decorazione concessa dal governo polacco in esilio a don Centioni (croce d'oro con due spade “per la nostra e la vostra libertà”). H2onews è un servizio informativo multimediale cattolico, in 9 lingue, sull'attività della Santa Sede e della Chiesa nel mondo. (R.P.)

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    La storia della filmoteca vaticana in un libro di Antonia Pillosio: domani presentazione a Roma

    ◊   La Filmoteca Vaticana ha compiuto 50 anni, istituita il 16 novembre 1959 da Giovanni XXIII, allo scopo di raccogliere e conservare filmati sulla vita della Chiesa. A suggellare l’evento, domani per “I venerdì di propaganda: temi e autori”, presso la Libreria Internazionale Paolo VI a Roma, verrà presentata alle ore 17.30 l’opera “La filmoteca vaticana a 50 anni dalla nascita. Incontri e curiosità” di Antonia Pillosio (Edizioni VivereIn). L’autrice in collaborazione con la Filmoteca Vaticana ha raccolto documenti e riflessioni, schede e interviste per far conoscere ad un più vasto pubblico la storia di questo organismo della Santa Sede e la ricchezza del suo archivio che conta circa 7.000 titoli catalogati. Sono filmati storici sui pontefici e sull’attività della Chiesa, film commerciali di particolare rilievo artistico e tematico. Tra i film in archivio: "Leone XIII", realizzato nel 1896 su pellicola Lumière; "Pio XI e Marconi", sull’inaugurazione della Radio Vaticana del 1931; "Pastor Angelicus", biografia di Pio XII; e "Il Concilio Vaticano II". Nella prima parte del libro, l’autrice ripercorre brevemente l’interesse che la Chiesa ha rivolto al mondo della cinematografia. Nella seconda parte è dedicata ad una serie di interviste. Vi è infine un’appendice fotografica che racchiude un omaggio al cardinale Andrzej Maria Deskur, principale artefice della Filmoteca Vaticana. (R.G.)

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    Dopo la forte opposizione della Chiesa, il presidente brasiliano Lula ritira la legge pro-aborto

    ◊   Dopo la forte opposizione espressa dalla Chiesa cattolica, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha ordinato la modifica di una legge pro-aborto. Il testo, inserito nel terzo Piano nazionale dei diritti umani, prevedeva "l'appoggio all'approvazione del progetto di legge che depenalizza l'aborto, considerando l'autonomia delle donne di decidere sui loro corpi". Nel nuovo testo verrà invece soppressa la parte che parla dell'autonomia della donna, in quanto significherebbe appoggiare la decisione di interrompere la gravidanza e, "questa non è - secondo il quotidiano brasiliano 'Folha' di S. Paulo - la posizione del Governo e di Lula". Il presidente brasiliano aveva firmato la legge alla fine di dicembre, e la norma era stata già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale brasiliana. La legge pro-aborto è stata ritirata dopo che il vescovo di Assis, mons. José Simao, responsabile del Comitato della difesa della vita della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, aveva dichiarato che la Chiesa considera la norma "un'azione autoritaria e antidemocratica del Governo Lula". Il 'presidente-operaio' ha dichiarato di voler "risolvere al più presto la faccenda" poiché la polemica su questo argomento è stata grande ed esagerata. Attualmente la legislazione brasiliana permette l'interruzione di gravidanza solo in caso di stupro o di rischio di morte per la madre, e deve essere praticata esclusivamente da un medico. Per tutti gli altri casi la donna che abortisce rischia fino a tre anni di carcere, e il medico o la persona che pratica l'aborto rischia fino a 20 anni di prigione. (R.G.)

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    Sri Lanka: riaperto ai fedeli il Santuario mariano di Madhu

    ◊   Dopo diversi mesi di chiusura per motivi di sicurezza, il Santuario della Madonna di Madhu, nel Nord Sri Lanka, è nuovamente aperto ai fedeli. Il 12 gennaio, il Ministero della Difesa srilankese ha infatti annunciato che tutta l’area circostante la struttura è stata bonificata dalle mine e ordigni bellici disseminati durante la guerra e che è ora interamente agibile. Un portavoce del Ministero – riferisce l’agenzia Ucan - ha assicurato che non ci sono più pericoli per i pellegrini, anche se la zona continuerà ad essere controllata dalle forze di sicurezza. Sollievo e gioia per la completa riapertura sono stati espressi dall’amministratore del santuario, padre Barnabas Desmond Fred Culas che ora deve peraltro fare i conti con altri problemi di carattere logistico, a cominciare da quello della mancanza di personale laico e religioso per i vari servizi a disposizione dei pellegrini. Finora solo tre suore e cinque operai sono stati autorizzati a rimanere sul posto. Il sacerdote ha contattato l’ordinario locale per chiedere altri sacerdoti e aiutanti. Costruito nel XVII secolo e dedicato alla Madonna del Rosario, il santuario di Madhu è conosciuto in tutto lo Sri Lanka ed è venerato da milioni di fedeli, anche indù e buddisti. Durante i 26 anni di guerra civile esso era stato teatro di scontri tra le forze governative e la guerriglia indipendentista tamil, in cui avevano perso la vita anche diversi pellegrini. Chiuso dalle autorità di Colombo per permettere lo sminamento dell’area, era stato in parte riaperto temporaneamente lo scorso 15 agosto, per la Festa dell’Assunzione. (L.Z.)

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    Camerun: mons. Bakot eletto Gran Cancelliere dell'Università cattolica dell'Africa centrale

    ◊   Mons. Victor Tonye Bakot, arcivescovo di Yaoundé, in Cameroun, è stato eletto nuovo Gran Cancelliere degli ordini accademici dell’Ucac, l’Università cattolica dell’Africa centrale. Il presule è stato scelto dall’Acerac, l’Associazione delle conferenze episcopali regionali dell’Africa centrale, che raggruppa Paesi come Ciad, Repubblica Centrafricana, Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Camerun. Secondo la prassi, - riferisce l'agenzia Apic - la nomina di mons. Bakot è stata confermata dalla Congregazione per l’Educazione cattolica ed avrà la durata di tre anni, rinnovabile per due volte consecutive. Mons. Bakot succede, così, al cardinale Christian Tumi, Gran Cancelliere dell’Ucac fino all’11 gennaio scorso. “Voglio continuare il suo operato – ha detto il presule – In particolare, voglio preservare il livello di qualità della nostra Università, cercando di promuovere la ricerca, reclutando insegnanti di qualità, mettendo in pratica l’etica che è il tratto caratteristico del nostro insegnamento”. “Il mio auspicio – ha aggiunto il presule – è quello di intrattenere un dialogo costruttivo con tutti e di incoraggiare la vita associativa degli studenti”. Tra le sfide future, inoltre, mons. Bakot ha segnalato quella di rendere equivalenti i diplomi emessi dall’Università cattolica. Da ricordare che l’Ucac è già presente nel Congo Brazaville e in Camerun. Prossimamente, si pensa di aprire altre sedi in Gabon e nella Repubblica Centrafricana, ma mons. Bakot guarda con favore anche a gemellaggi con gli atenei dell’America del Nord, dell’Europa e dell’Asia. (I.P.)

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    Germania: i vescovi inaugurano a Erfurt il nuovo “Ufficio per la Pastorale missionaria”

    ◊   Dal 1° gennaio il nuovo Ufficio per la Pastorale missionaria (Katholische Arbeitsstelle für Missionarische Pastoral, Kamp) ha iniziato il suo lavoro nei locali del Seminario maggiore ad Erfurt, nel nuovo Land della Turingia. Fra i compiti del nuovo ufficio della Conferenza episcopale tedesca (Dbk) - riferisce l'agenzia Fides - figurano l’analisi di questioni fondamentali della pastorale missionaria, il monitoraggio e l’interpretazione del ruolo della religione nella società, lo studio delle sette, delle ideologie e dei nuovi movimenti religiosi, nonché il coordinamento e l’accompagnamento della pastorale in internet in Germania. In occasione dell’inaugurazione ufficiale domani del nuovo ufficio, il vescovo di Erfurt e presidente della Commissione episcopale per la Pastorale, mons. Joachim Wanke, illustrerà nel suo discorso d’inaugurazione il tema “Pastorale missionaria come sfida dell’era moderna”. Il Kamp è il primo ufficio dei vescovi tedeschi con sede in uno dei nuovi Länder e la scelta non è avvenuta a caso: i vescovi cattolici intendono infatti sviluppare programmi creativi anche in un contesto di minoranza cattolica. Scopo del lavoro del nuovo ufficio è l’approccio attento alla società moderna, nella consapevolezza del proprio messaggio e della propria missione. Il nuovo ufficio promuove l’incontro della scienza con la prassi della pastorale e collabora con tutte le arcidiocesi e diocesi cattoliche in Germania, gli ordini religiosi e i movimenti ecclesiali. (R.P.)

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    Regno Unito: intervento della Chiesa sullo status legale dei migranti

    ◊   “Il valore di un essere umano è definito e determinato dalla dignità conferitagli da Dio, non dal possesso o meno di documenti”. Lo ha ricordato ieri mons. Patrick Lynch, presidente dell’Ufficio per le migrazioni e le politiche dei rifugiati della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, in occasione della 96ª Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato”che si celebra domenica prossima, 17 gennaio. Il tema scelto quest’anno è “I migranti e i rifugiati minorenni” e vuole richiamare l’attenzione sulla sorte della categoria più vulnerabile tra gli immigrati. Facendo eco alle parole del Papa nel suo messaggio per la Giornata, mons. Lynch ha sottolineato che “l’assistenza alle famiglie immigrate, in particolare alle donne con bambini che si trovano in stato di detenzione, è al tempo stesso una sfida pastorale e politica”. In questo senso - ha aggiunto - oltre a fornire loro l’assistenza pastorale di cui hanno bisogno, uno dei modi per garantire protezione e tutela ai migranti è di informarli sui loro diritti umani e libertà fondamentali. “Al centro della Dottrina sociale della Chiesa – ha ricordato il presule inglese ripreso dall'agenzia Ccn - vi è il principio che ogni essere umano è creato ad immagine di Dio ed è redento da Gesù Cristo. Egli ha quindi un valore inestimabile ed è degno di rispetto in quanto membro della famiglia umana. Questo principio fondamentale impronta il nostro lavoro con i migranti siano essi costretti o liberi, con o senza documenti. Lo status legale di un migrante è una cosa nettamente distinta dalla sua dignità umana”, ha concluso il presule. Nel suo messaggio per la Giornata Benedetto XVI invita tutti a “comprendere le difficoltà di quanti sono lontani dalla propria patria”. L’accoglienza “verso lo straniero, specialmente se si tratta di bambini – scrive il Papa - diviene annuncio del Vangelo della solidarietà” nutrito dalla Parola di Gesù: Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25,35). (L.Z.)

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    Irlanda: l’Osce chiede la revoca della legge sulla blasfemia

    ◊   La nuova legge irlandese contro la blasfemia è una restrizione alla “libertà di comunicazione nella società”. Così denuncia di Mikos Haraszti, rappresentante per la libertà dei mezzi di comunicazione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Haraszti ha definito la normativa “un passo indietro” ed “un segnale negativo” per la comunità internazionale ed ha chiesto a Dublino di revocare immediatamente il provvedimento. La legge contestata è entrata in vigore il 1° gennaio di quest’anno, rinnovando la norma 1936, già aggiornata nel 1961. La norma punisce l’oltraggio e le offese anche alle confessioni non cattoliche con multe che possono arrivare fino a 25mila euro. È definito blasfemo “pubblicare o proferire argomenti fortemente offensivi o insultanti in relazione a questioni ritenute sacre da qualche religione, che pertanto causano intenzionalmente un oltraggio tra un consistente numero di aderenti a quella religione”. (F.C.)

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    Rapporto sulla cocaina in Europa: ancora sottovalutati gli effetti negativi sulla salute

    ◊   La cocaina è responsabile del 3% delle morti improvvise in tutta l’Europa occidentale. Lo rivela uno studio condotto a Siviglia, in Spagna, pubblicato sull’European Heart Journal. I ricercatori della British Heart Foundation hanno evidenziato che chiunque faccia uso di cocaina può andare incontro a conseguenze mortali. Questo tipo di droga, ancora da alcuni sottovalutata, provoca sempre effetti devastanti sull’organismo, “come attacchi di cuore, aritmia, infarto e morte improvvisa, senza differenze fra giovani ed anziani o malati di cuore e sani”, sostengono gli studiosi. I ricercatori spagnoli guidati dal prof. Joaquin Lucena, dell’Istituto di Medicina Legale di Siviglia, hanno appurato che, dal 2003 al 2006, 212 delle 688 morti improvvise analizzate in uomini tra i 21 ed i 45 anni, spesso fumatori ed inclini all’alcool, erano correlate all’uso di cocaina. “La cocaina – ha detto il professore – provoca reazioni avverse da parte di cuore ed arterie che conducono alla morte improvvisa”. (F.C.)

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    Italia: il Forum delle famiglie contro la proposta di divorzio breve

    ◊   “Oggi come negli anni passati ribadiamo il nostro ‘no’”: così Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, riguardo la proposta di ridurre ancora i tempi per il divorzio in Italia. Se già vi è stato un abbreviamento da 5 a 3 anni del periodo tra separazione e divorzio, la nuova iniziativa - ha dichiarato Belletti - è volta a trasformare “sempre più la separazione legale” in una “semplice e scomoda anticamera dello scioglimento del vincolo”. Belletti - riferisce l’agenzia Zenit - ha chiesto, a nome del Forum, “che il Parlamento, se di divorzio si deve occupare, non tenti di introdurre percorsi di ‘facilitazione’ alla rottura dei legami”, “ma costruisca finalmente una rete di servizi di protezione e prevenzione che abbia come obiettivo l’aiuto alle coppie in difficoltà a proseguire il loro cammino di famiglia”. “Non si tratta – ha affermato Belletti – di mettere i bastoni tra le ruote alle coppie che vogliono dividersi definitivamente o, addirittura, di assumere un ruolo punitivo nei loro confronti”, bensì di lottare contro “la privatizzazione delle relazioni familiari”, il vero rischio che sta correndo la società attuale. “E’ evidente – ha sottolineato Belletti – che le scelte personali sono e restano tali, ma è altrettanto evidente, oltre che costituzionale, che esse hanno implicazioni di primaria importanza per la società”. In Italia, un primo esempio di “divorzio rapido” si è avuto a Firenze, dove due sposi, lui spagnolo, lei italiana, hanno ottenuto il divorzio dopo poco più di un anno dal matrimonio. Ciò è potuto avvenire perché la coppia ha vissuto prevalentemente in Spagna, cosa che ha consentito agli avvocati della donna di applicare la legislazione iberica del 2005, che permette di chiedere lo scioglimento del matrimonio già tre mesi dopo le nozze e di ottenerlo in un periodo che va dai tre ai sei mesi. (F.C.)

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    Italia: veglie di preghiera per gli episodi di violenza a Rosarno

    ◊   Una veglia di preghiera sul tema della riconciliazione. L’iniziativa è del Centro diocesano Migrantes di Reggio Calabria-Bova, d’intesa con altri organismi ecclesiali, e si svolgerà domani sera. La veglia è “sollecitata – si legge in una nota inviata a tutte le parrocchie della diocesi - dai fatti tumultuosi e violenti di Rosarno che si sono conclusi, per ora, con la fuga o l’allontanamento di masse di lavoratori dell’Africa subsahariana”. Come Chiesa, si precisa nel testo, in cui si condanna ogni forma di violenza, “non possiamo tacere su quanto da troppo tempo è sotto gli occhi di tutti: che l’immigrato, soprattutto quello del lavoro agricolo stagionale, è oggetto di sistematico sfruttamento, senza alcuna tutela istituzionale e sindacale; oggetto per di più di un trattamento che è al di sotto di tutti i livelli di dignità umana, particolarmente per quanto riguarda l’alloggio, le condizioni igienico-sanitarie e la scarsa retribuzione, sulla quale poi speculano agenti e sub-agenti del lavoro sommerso”. Il lavoro stagionale anche degli stranieri è invece regolato da normale contratto, che assicura lavoro e riposo, adeguata retribuzione e sistemazione logistica. “Prima di qualsiasi altro calcolo – l’ammonimento della nota - sta la dignità della persona umana, richiamata domenica scorsa dal Papa con parole forti e toccanti”. Un'altra veglia di preghiera sul tema: “Il Signore ci aiuti a vivere insieme”, si terrà domani sera alle 19.00 a Roma, promossa dalla Comunità di Sant'Egidio, nella basilica di Santa Maria in Trastevere. Alla veglia sono stati invitati rappresentanti delle Associazioni, della cultura, della politica e della società civile. (R.P.)

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    Ciclo d’incontri in Italia della relatrice speciale dell’Onu sulla violenza alle donne

    ◊   Che l'Italia abbia una legge specifica contro la violenza sessuale è un fatto positivo, ma oltre alla repressione bisogna proteggere le donne e soprattutto prevenire gli abusi. Cosi Rashida Manjoo, relatrice speciale dell'Onu sulla violenza alle donne, in questi giorni in Italia per un ciclo di incontri, ieri a Roma, oggi a Bologna e domani a Ravenna. ''Ci vuole - ha sottolineato la dirigente Onu all'agenzia Ansa - più attenzione alla protezione sociale delle donne che hanno subito violenza, più risorse economiche per sostenere i centri antiviolenza, e sul lato della prevenzione una maggiore tutela della salute femminile e più attenzione ai bisogni di istruzione delle donne''. La stessa relatrice delle Nazioni Unite, ha riscontrato passi avanti in Italia, negli ultimi 5 anni, sul fronte delle pari opportunità. ''Una delle maggiori preoccupazioni del Comitato per l'applicazione della Convenzione per l'eliminazione delle discriminazioni contro le donne (Cedaw) - ha spiegato - è stata la scarsa rappresentatività delle donne nella politica italiana. Ora forse grazie alla legge sulle quote rosa – ha aggiunto Manjoon - le cose sono un po' migliorate, anche se la legge” sembra garantire “la rappresentanza femminile a livello nazionale ma non a quello locale”. (R.G.)

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    “Voci giovani dal Mediterraneo”: un italiano e un turco riflettono sulla società multietnica

    ◊   “Voci giovani dal Mediterraneo. Quale dialogo culturale?” E’ il titolo del libro di due giovani autori, Mustafa Cenap Aydin, nativo di Istanbul in Turchia, e Gabriele Papini, romano, entrambi impegnati in un gruppo di lavoro interculturale, partito dal Rotaract, da cui è scaturito il progetto del volume, supportato dall’Istituto internazionale Jacques Maritain. Il libro, edito da Giulio Perrone, riporta e riflette sui risultati di un’inchiesta condotta tra i giovani in Italia per conoscere e recepire le loro reazioni di fronte all’enigma di una società che segna una svolta epocale, configurandosi sempre più multiculturale, multietnica e multireligiosa. Gli autori che si sono avvalsi della collaborazione di rappresentanti di diverse culture del Mediterraneo sono i primi a ricercare il filo conduttore di una possibile convivenza, che porti ad un arricchimento reciproco, superi le difficoltà di integrazione ed allontani i rischi di uno scontro di civiltà che può rivelarsi anche scontro di ignoranze. (A cura di Roberta Gisotti)

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    24 Ore nel Mondo



    Yemen: guerra aperta ad al Qaeda, no all'intervento Usa

    ◊   Nello Yemen prosegue la lotta senza quartiere contro le cellule di al Quaeda. Oggi una fonte del governo di Sana’a ha dichiarato “guerra aperta” a tutti miliziani della rete terroristica, mentre nel nord del Paese almeno 10 ribelli sciiti sono stati uccisi nel corso di scontri con una tribù filogovernativa. Si registra però la forte contrarietà a qualsiasi cooperazione militare con gli Stati Uniti, espressa in un documento approvato dai leader religiosi yemeniti. Il servizio di Marco Guerra:

    Nello Yemen è “guerra aperta” alle milizie di al Qaeda. L’annuncio è stato dato da una fonte del governo di Sana’a che ha reso nota l’intenzione di eliminare tutti i ribelli della rete internazionale del terrore che si trovano nel suo territorio. Le autorità hanno inoltre ammonito i cittadini a non dare rifugio ai terroristi, “altrimenti ne subiranno le conseguenze”, ed hanno chiesto loro di cooperare con le forze di sicurezza. Nell’attuare la sua offensiva Sana’a dovrà però tenere conto delle forti perplessità espresse dai leader religiosi yemeniti, preoccupati per l'integrità territoriale e la stabilità del Paese. In un documento approvato da oltre 150 ulema si afferma che "la religione islamica obbliga i musulmani alla Jihad nel caso in cui un Paese straniero dovesse invadere il loro territorio, come previsto dalla sharia e da tutte le leggi internazionali". Il testo, letto da un religioso membro del parlamento, proclama inoltre la contrarietà dei dignitari religiosi ''a qualsiasi presenza straniera, qualsiasi accordo militare e qualsiasi cooperazione militare con l'esterno''. Emerge quindi la fermezza di una larga fetta della popolazione contro qualsiasi intervento militare statunitense più volte paventato nelle scorse settimane.

     
    Yemen rapimenti
    I miliziani yemeniti che tengono in ostaggio una famiglia di turisti tedeschi sono tornati a farsi vivi oggi, chiedendo un riscatto di due milioni di euro per la sua liberazione. I sequestratori chiedono anche l'immunità totale. Il ministro degli Esteri di Sana'a, Abubakr al-Qirb, aveva detto alcuni giorni fa che era stato aperto un canale negoziale dopo la visita del capo della diplomazia tedesca, Guido Westerwelle.

    Afghanistan
    Ancora violenza in Afghanistan. Almeno 20 persone sono state uccise e 13 sono rimaste ferite nell'esplosione causata da un attentatore suicida, all'interno di un mercato, in una zona nel sud del Paese. Nelle ultime 24 ore, altre due diverse esplosioni ed uno scontro a fuoco con i ribelli, hanno provocato la morte di quattro soldati statunitensi e di uno francese. Intanto, il presidente del parlamento, Mohammad Yonus Qanuni, ha annunciato l’introduzione di nuove misure di sicurezza ed ha chiesto ai parlamentari di “essere molto cauti e attenti” in previsione di possibili attentati che i talebani starebbero organizzando contro l’assemblea afghana ed alcuni dei suoi membri, “nell'ambito della loro strategia per bloccare il processo di pace”.

    Pakistan
    Almeno dieci talebani sono stati uccisi oggi dai missili di un drone statunitense in un distretto tribale del nord ovest del Pakistan. In un primo momento la Tv pakistana dava per certa la presenza fra le vittime di Hakimullah Mehsud, leader del movimento talebano Tehrik-e-Taliban. La notizia è stata successivamente smentita dal portavoce dello stesso. Mehsud guida la guerriglia dall'agosto scorso, dopo che il suo predecessore, Baitullah Mehsud, fu ucciso in un attacco aereo Usa.

    Iran
    Tensione altissima tra Iran e Norvegia per la nuova pubblicazione delle controverse vignette sul profeta Maometto. Teheran “condanna fermamente la pubblicazione di queste caricature da parte del giornale Aftenposten”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehman-Parast. “Sotto il pretesto della libertà di espressione, non si possono insultare le credenze di un miliardo e mezzo di musulmani”, ha aggiunto. Il quotidiano norvegese ha pubblicato venerdì una copia ridotta di sei dei dodici disegni, per esprimere solidarietà al vignettista danese, vittima di un tentativo di omicidio da parte di un somalo che si era introdotto armato nella sua abitazione. Solo poche settimane fa i due Paesi erano stati protagonisti di un altro scontro diplomatico per il sequestro, deciso da Teheran, del denaro e della medaglia riconosciuti all'avvocato iraniano Shirin Ebadi per la conquista del Nobel per la Pace nel 2003.

    Si attenuano le tensioni tra Israele e Turchia
    Con una lettera di scuse a firma del vice ministro israeliano, Dany Ayalon, si è risolta la crisi diplomatica tra la Turchia e Israele. Ankara aveva minacciato di ritirare il proprio ambasciatore, in mancanza di "scuse formali", dopo che Ayalon aveva convocato il diplomatico turco Celikkol per protestare contro le critiche del premier Erdogan a Israele riguardo Gaza e Libano, ricevendolo in condizioni “umilianti” senza neanche stringergli la mano.

    Russia-Turchia
    Via libera della Turchia al passaggio del gasdotto italo-russo sul suo territorio entro la fine del 2010. E’ uno degli accordi fra i due Paesi siglato ieri a Mosca durante l’incontro fra il primo ministro turco Erdogan, quello russo Putin e il leader del Cremlino Medvedev. Mosca ha assicurato anche di partecipare alla costruzione di un oleodotto e di una centrale atomica in Turchia.

    India
    Circa 250 mila pellegrini di ogni parte dell'India hanno iniziato all'alba la prima 'snan' o immersione sacra nel fiume Gange. Per tutta la durata del tradizionale appuntamento hindu, che si concluderà il 28 aprile, sono attesi oltre 70 milioni di fedeli. Intanto già si registra un incidente per la ressa: almeno sette persone sono morte e altre 12 sono rimaste ferite al momento di salire a bordo di un battello per dirigersi alla cerimonia.

    Scontro Cina-Google
    Prosegue il braccio di ferro tra le autorità cinesi e la compagnia internet Google che, a seguito degli attacchi informatici alle caselle mail di alcuni dissidenti cinesi, ha deciso di non applicare i “filtri” richiesti da Pechino, consentendo l'accesso ad una serie di siti web proibiti. Un portavoce del governo oggi ha ribadito che le imprese straniere “sono le benvenute” su Internet se “agiscono in accordo con la legge” cinese. In un'altra nota del governo si precisa “che internet deve essere gestito secondo la legge che stabilisce esplicitamente quali informazioni e quali contenuti possono essere diffusi nella rete”.

    Grecia
    Il governo greco si è oggi riunito per approvare il 'piano di stabilizzazione', che sarà inviato domani a Bruxelles. Il ministro delle Finanze ellenico ha annunciato l’impegno a tagliare il deficit dall'attuale 12% al 5,6% del Pil nel 2011 e al 2,8% nel 2012. Secondo il cancelliere tedesco Merkel “il caso della Grecia potrà creare forti difficoltà all’euro”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 14

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